giovedì 3 gennaio 2013

Weidmann-pensiero


Jens Weidmann, nell'ultima intervista del 2012 alla conservatrice Wirtschaftswoche conferma la sua visione: la difesa della stabilità monetaria è il solo obiettivo della BCE, tutto il resto è secondario. Da Wirtschaftswoche.de.
Il presidente Weidmann chiede una politica monetaria senza compromessi. Se la stabilità dei prezzi dovesse essere in pericolo, si dovrà tirare la briglia, anche se ad alcuni paesi non dovesse piacere.

WiWo: Herr Wedimann, la cancelliera Merkel con un cauto ottimismo sostiene che nella eurocrisi il peggio è alle spalle. E' d'accordo?

JW: Abbiamo fatto un bel pezzo di strada, ma non dobbiamo sottovaluture la strada ancora da fare. Il processo di aggiustamento nei paesi in crisi non è ancora concluso e i lavori per la definizione di un quadro istituzionale nell'unione monetaria devono andare avanti. Soprattutto si deve ancora chiarire se i nuovi accordi, come il Fiskalpakt, saranno applicati.

WiWo: Lei vede un miglioramento delle economie in crisi?

JW: Ci sono luci. L'approccio "aiuti a certe condizioni" mostra successi: la competitività in molti paesi è migliorata, i deficit delle partite correnti e nei bilanci pubblici si sono ridotti. Cio' avviene in un contesto di recessione, il che non significa che dietro non ci siano anche miglioramenti strutturali. A un estremo dello spettro c'è l'Irlanda, all'altro la Grecia. Poiché davanti a noi c'è ancora un lungo cammino, non dobbiamo indebolire gli incentivi per il raggiungimento delle condizioni concordate.

WiWo: Non indebolirli ulteriormente?

JW: Le misure di aiuto finanziario con il tempo sono diventate sempre piu' generose. Cio' ha ridotto la pressione ad affrontare con decisione i problemi di competitività e di bilancio pubblico.

WiWo: Come farà la Grecia a tornare competitiva e a camminare sulle proprie gambe?

JW: Con il processo di adeguamento dovremo raggiungere esattamente questo obiettivo. Alla fine ogni economia dovrà essere in grado di reggersi sulle proprie gambe, senza trasferimenti dall'esterno. Una economia non puo' consumare costantemente piu' di quanto essa stessa produca. Se la politica europea dovesse decidere di ignorare questo principio e finanziare in maniera duratura uno stato membro, allora dovremmo essere consapevoli delle conseguenze.

WiWo: Questo è tecnocraticamente vero, ma funzionerà anche politicamente? L'irrompere sulla scena di Berlusconi, secondo cui la Germania starebbe conducendo una terza guerra mondiale, mostrano che la moneta unica in realtà divide i paesi.

JW: Chi utilizza gli altri come capro espiatorio vuole solo sfuggire dalle proprie responsabilità. Naturalmente gli adeguamenti economici rappresentano una grande sfida per la politica e soprattutto per le economie coinvolte. Ma i confini di accettazione politica non esistono solamente nei paesi in crisi.

WiWo: La sua scala va dall'Irlanda fino alla Grecia. Dove si trova l'Italia?

JW: L'Italia soffre di bassa crescita, scarsa produttitività e mancanza di innovazione. Ma con il governo Monti il paese si è dato degli ambiziosi obiettivi di riforma per poter riconquistare la fiducia degli investitori, e ha avuto successo. Sarebbe fatale, se si avesse l'impressione che questo nuovo corso puo' essere messo in discussione dopo le elezioni 

WiWo: Chi vota Berlusconi rende un salvataggio piu' probabile?

WiWo: Non vorrei speculare sul risultato delle elezioni. Il governo attuale ha riconosciuto il bisogno di riforme, che sono state avviate in importanti ambiti. Se il processo di riforma dovesse fermarsi, l'Italia perderebbe la fiducia degli investitori.

JW: Ma se i tassi dovessero salire e non ci fosse un governo in grado di gestire la situazione, tutto comincierebbe di nuovo da capo, oppure?

WiWo: Ci sono troppi "se, allora" E' chiaro che è nell'interesse dell'Italia evitare tutto cio'.  Non sarà piu' permesso esercitare pressione sulla banca centrale. In quanto autorità monetaria, deve essere chiaro che dobbiamo esclusivamente osservare il nostro obiettivo primario: la stabilità monetaria. Non siamo qui per ripulire dai fallimenti della politica.

WiWo: Su questo c'è consenso all'interno della BCE?

JW: Questo è chiaramente il nostro mandato.

WiWo: La BCE è il sorvegliante degli stati oppure il suo finanziatore?

JW: Il ruolo del finanziatore è vietato, quello di sorvegliante lo svolge molto bene l'unione monetaria. Se noi banchieri centrali iniziassimo a comportarci come i domatori dei governi nazionali regolarmente eletti, allora giustamente ci si dovrebbe chiedere se la banca centrale non abbia ampiamente superato il suo mandato.

WiWo: L'annuncio del programma di acquisto (OMT) ha portato un po' di tranquillità, i suoi colleghi lo hanno festeggiato come un grande successo.

JW: Naturalmente i banchieri centrali con i loro annunci possono influenzare i mercati nel breve periodo. Ma la domanda è la seguente: si tratta del giusto metro per valutare il successo della nostra azione? Ci troviamo su un piano inclinato, dove il freno previsto dal sistema, la condizionalità, sarà molto difficile da azionare. La pressione dei mercati aumenta quando un paese si allontana dal suo programma di riforme. O ci si rifiuta di acquistare e si prende in considerazione l'escalation della crisi, oppure si lascia cadere la condizionalità. Dobbiamo interpretare il nostro mandato in maniera restrittiva, e non trovarci in una tale situazione. 

WiWo: Basta un annuncio per calmare i mercati?

JW: Anche se un annuncio fosse sufficiente, non cambierei la mia opinione sul programma

WiWo: Che cosa la disturba nel programma di acquisto?

JW: Prima di tutto il programma contiene la disponibilità a redistribuire fra i contribuenti dei singoli paesi i rischi illimitati di insolvenza. In una unione monetaria con 17 stati sovrani cio' dovrebbe essere deciso dai parlamenti nazionali. Come banca centrale dovremmo inoltre tenerci a distanza da ogni forma di finanziamento monetario degli stati. Infine c'è l'azzardo morale: lo zelo riformatore dei governi si riduce quando con le nostre misure eliminiamo la pressione ad agire.

WiWo: La BCE irrigidirà di nuovo la politica monetaria - anche in presenza di rischi per la stabilità finanziaria?

JW: Il nostro compito principale è occuparci della stabilità dei prezzi. Se dovesse crescere il pericolo di inflazione, saremmo costretti ad agire. Cio' potrebbe avere effetti anche sulla stabilità finanziaria. Vediamo che alcuni stati si stanno ancora finanziando a breve termine. Le condizioni del loro bilancio pubblico sono legate al livello dei tassi a breve. Ma il fatto che la politica finanziaria si trovi in questo stato di dipendenza, non signfica che la politica monetaria dovrà sottrarsi al suo compito principale, la stabilità dei prezzi.

WiWo: Questo significa in parole semplici: se la BCE dovesse alzare i tassi, per combattere l'inflazione, porterebbe gli stati di nuovo in deficit e la crisi del debito ricomincerebbe dall'inizio.

JW: Grazie alle riforme le condizioni del bilancio dovrebbero migliorare radicalmente. E se l'accesso al mercato dei capitali si facesse piu' difficile, con l'ESM ci sarebbe un meccanismo di salvataggio, creato proprio con questo obiettivo. Di fondo i diversi paesi dovrebbero trovarsi nella condizione di poter andare d'accordo con la stessa politica monetaria. Strutture economiche competitive e finanze pubbliche solide sono un presupposto per una unione monetaria stabile. La politica monetaria non puo' creare queste condizioni. Sarebbe eccessivo. E questo era chiaro fin dall'inizio dell'unione monetaria.

WiWo: Un convoglio di navi viene sempre influenzato dalla piu' lenta.

JW: L'immagine è sbagliata. Non si tratta di andare tutti alla stessa velocità, ma del fatto che tutti dovranno essere in grado di navigare, per non rischiare di affondare alla prossima emergenza - e quindi dover chiamare la banca centrale per restare a galla. Nell'unione monetaria sarà sempre cosi', alcune economie saranno piu' dinamiche di altre.

WiWo: Sembra invece che la Germania continui ad andare avanti, mentre gli altri si allontanano

JW: In questo preciso momento le distanze stanno aumentando, perchè i paesi periferici sono frenati dalle misure di consolidamento fiscale. Ma questo dovrà necessariamente cambiare - molti hanno già dimenticato che alcuni anni fa la Germania era il fanalino di coda. Dall'altro lato l'Europa non è un'isola. Facciamo concorrenza al mondo intero. La soluzione non puo' essere frenare il paese piu' competitivo. Per usare un'altra immagine: non si dovrebbe mettere un peso al piede del giocatore piu' forte di una squadra.

WiWo: Abbiamo imparato che l'unione monetaria non funziona, perchè le differenze di competitività e forza economica sono molto grandi. Adesso arriva la politica e dice: dobbiamo lavorare in maniera piu' stretta, e tutto funzionerà. Nessuno vuole una politica economica e fiscale comune, e nessuna politica di bilancio unitaria.

WiWo: Condivido la sua affermazione, manca la disponibilità politica e il sostegno del popolo per rinunciare alla sovranità. Almeno in quei paesi che chiedono una maggiore condivisione delle garanzie. Io percio' non vedo il grande salto in direzione della unione fiscale. Questo significa tuttavia tornare a cio' che avevamo concordato alla fondazione dell'unione monetaria: il trattato di Maastricht dove ogni stato membro è responsabile per se stesso. Dovremmo tuttavia essere molto attenti a mettere in comune i rischi, senza aver messo in discussione la sovranità nazionale. Perchè se il potere di controllo e le garanzie offerte non sono allineate, le fondamenta stesse dell'unione monetaria saranno compromesse.

WiWo: La BCE diverrà un superpotere se dal 2014 non si occuperà piu' solamente di stabilità dei prezzi ma anche del controllo delle 200 banche piu' importanti?

JW: Prima di tutto, noi della Bundesbank consideriamo l'unione bancaria un passo giusto e importante, per rendere piu' solido il quadro istituzionale dell'unione monetaria del futuro. Si tratta fra l'altro di sciogliere, attraverso un controllo piu' severo, lo stretto collegamento fra le finanze di un paese e le condizioni del sistema bancario locale. Di fronte ad una decisione cosi' importante, l'approfondimento delle condizioni dovrebbe essere piu' importante della velocità. Dal nostro punto di vista è importante evitare conflitti di interesse fra il controllo bancario e la politica monetaria. E' un punto importante che non vedo ancora risolto.

JW: La commissione prevista puo' risolvere il problema?

WiWo: In futuro per il controllo bancario dovranno esserci 3 organismi: in primo luogo la Commissione di vigilanza, con sede presso la BCE e con il compito di preparare le decisioni del consiglio BCE. Il consiglio BCE dovrà solamente accettare o bocciare queste decisioni, senza poterle modificare. Lo trovo strano: se ne sono responsabile politicamente, devo essere anche nella condizione di definire il provvedimento. Non è abbastanza: se il consiglio BCE dovesse respingere una proposta del Comitato di controllo, e un paese non è d'accordo, allora entrerebbe in scena un terzo organismo: il comitato di mediazione (Vermittlungsausschuss). Decide con maggioranza semplice. Le sue decisioni non possono essere vincolanti - a causa del diritto EU in vigore il consiglio BCE deve essere sempre l'ultimo organo decisore.

WiWo: Suona come una costruzione priva di senso, ma molto complicata. Perchè si fa questo?

JW: Si cerca, senza un corretto fondamento giuridico, di creare una muraglia cinese fra i compiti di politica monetaria e quelli di controllo. Di fatto è solo una parete giapponese o un paravento. Sarebbe preferibile a mio parere, attraverso un cambiamento dei trattati, istituire una robusta separazione fra i compiti di politica monetaria e le strutture di controllo bancario.

WiWo: Questa separazione della BCE è solo teoria: a cosa serve la muraglia cinese nei piani operativi, se poi i  controllori del sistema bancario e della politca monetaria si incontrano alla mensa durante il pranzo?

JW: Uno scambio di opinioni e la condivisione della conoscenza sono sempre ben voluti. Per questo la Bundesbank già oggi fa parte del controllo bancario. Il problema sorge potenzialmente quando lo stesso organismo diventa responsabile per due ambiti decisionali vincolanti. Inoltre il sistema tedesco ha un vantaggio in quanto la Bundesbank assicura una vigilanza continua mentre la BaFin di Bonn prende decisioni sovrane.

WiWo: I francesi vorrebbero iniziare già dall'inizio del prossimo anno (2013). Ci si è messi d'accordo sul marzo 2014. Sarà sufficiente questo per creare un'autorità di controllo funzionante con personale sufficiente?

JW: Le necessità pratiche relative al controllo, anche se dovesse occuparsi solo dei grandi istituti sistemici, non devono essere sottovalutate. I controllori dovranno conoscere le lingue, i sistemi legislativi nazionali, le strutture delle imprese e le particolarità dei diversi mercati nazionali. E dovranno portare una grande conoscenza nel sistema di controllo. Per questo il controllo degli istituti sistemici potrà essere efficace solo con un forte collegamento con gli attuali controllori nazionali.

WiWo: Che cosa succede se l'autorità europea di controllo dovesse riconoscere che una banca ha bisogno di ulteriore capitale?

JW: La banca dovrà trovare il capitale. Se non ci riuscirà, dovrà essere ristrutturata o dismessa. Per questi casi abbiamo bisogno di un meccanismo europeo di ristrutturazione. Dovrà assicurarsi che prima di tutto siano gli azionisti della banca interessata a garantire, poi gli obbligazionisti, poi uno dei fondi finanziati dalle banche, e poi alla fine e solo in casi straordinari il contribuente. Dobbiamo creare questo meccanismo rapidamente, senza di esso l'unione bancaria è incompleta. E anche allora l'unione bancaria non dovrà essere la scusa per spostare a livello europeo le eredità nazionali. I buchi, attualmente nascosti nei bilanci delle banche, dovranno essere ricondotti alla errata gestione nazionale e agli errori dei controllori nazionali e percio' dovranno essere coperti dagli azionisti e dagli obbligazionisti delle rispettive banche o eventualmente dal contribuente nazionale.

WiWo: Ha senso aver introdotto il criterio secondo cui la BCE è responsabile a partire dai bilanci superiori ai 30 miliardi di Euro?

JW: Dopo tutto è un criterio con il quale si possono separare facilmente le banche da controllare a livello europeo dalle altre. Tuttavia si sarebbe potuto restringere il cerchio a meno delle 200 banche previste. Secondo i piani, la BCE avrà la facoltà di controllare anche istituti minori, se lo ritiene opportuno.

WiWo: Il compromesso è il primo passo verso una unione bancaria europea. Il prossimo sarà una garanzia comune sui depositi, con la quale il risparmiatore tedesco sarà chiamato a garantire anche per le banche spagnole?

JW: No, il prossimo passo sarà un meccanismo di ristrutturazione europeo. Non ritengo necessaria un'assicurazione sui depositi. Ad una ulteriore garanzia, dovrebbero corrispondere ulteriori diritti di accesso nelle finanze e nella politica economica dei paesi.

WiWo: Non pensa sia ingiusto che le banche abbiano degli alti costi di rifinanziamento solo perché provengono da un paese con finanze pubbliche non solide?

JW: Giusto o ingiusto come nella responsabilità civile delle auto, se lei abita in una regione con molti incidenti. Per gli stati ci sono rischi di insolvenza diversi. Che il rischio di insolvenza pubblica e la forza economica si rispecchino anche nei bilanci delle banche e nei loro costi di rifinanziamento, non è uno sviluppo sbagliato, ma logico. La conseguenza non puo essere che questi rischi siano negati oppure suddivisi in tutta Europa. Piuttosto è necessario obbligare gli stati ad applicare le regole, ad avere bilanci solidi e a ripristinare la loro competitività. Bisogna affrontare le cause delle differenze di competitività, non i sintomi, che invece sono visibili nei bilanci bancari.

WiWo: Presto nuovi paesi entreranno nell'Euro, e allora i rappresentanti nel consiglio BCE dovranno rotare. A un certo punto la Germania non sarà nel consiglio, proprio quando si dovrà decidere.

JW: Considero una tale critica eccessiva. Sarebbe meglio, invece di parlare del sistema di voto, se l'Eurosistema potesse tornare ai suoi veri compiti: una politica monetaria finalizzata alla stabilità dei prezzi. La distribuzione dei rischi è un compito della politica fiscale, che per fare questo è legittimata democraticamente e alla fine dovrà giustificarsi davanti agli elettori

WiWo: Questo è un capitolo dal libro di testo dei banchieri centrali. Ma in realtà i rischi vengono condivisi, e il nostro rappresentante resta fuori dalla porta.

JW: Si tratta della partecipazione al voto, alla discussione sono presenti tutti i membri del consiglio BCE. E la preoccupazione che agita molti - quali conseguenze avrebbero le misure dei banchieri centrali per noi come contribuenti e per la stabilità dei prezzi - non si possono lenire certo con un diverso sistema di voto.

WiWo: Su certe decisioni si è trovato isolato nel consiglio BCE. Perchè non è riuscito ad imporsi?

JW: In un dibattito sul ruolo della politica monetaria molti fattori sono in campo: senza dubbio la tradizione, con la quale si è stati formati. E non ci si puo' sempre liberare dalle influenze delle condizioni economiche del proprio paese. C'è una certa differenza, se nel proprio paese il 50 % dei giovani è disoccupato oppure vi è la piena occupazione. Nella discussione tuttavia non ho l'impressione che i miei argomenti non siano stati compresi. Molte delle mie preoccupazioni sono condivise dai colleghi nel consiglio BCE.

WiWo: Ma nelle votazioni lei resta da solo!

JW: Non accade certo per tutte le votazioni. Se si tratta di misure che possono essere considerate finanziamento agli stati, penso sia molto importante avere un atteggiamento intransigente. Ma anche allora, vedo che la maggioranza in seno al consiglio direttivo accoglie concetti che io stesso avevo proposto.

WiWo: E quando lei chiederà di riassorbire la montagna di liquidità offerta ai mercati, gli altri diranno: meglio il 5% di inflazione che il 5% di disoccupazione?

JW: In questo modo lei presume che i miei colleghi non si attengono al nostro mandato. Tutti noi ci sentiamo vincolati dal nostro mandato di difesa della stabilità dei prezzi. E secondo le nostre previsioni piu' recenti il tasso di inflazione nei prossimi 2 anni dovrebbe restare sotto il 2%. Per poter garantire la stabilità dei prezzi, dovremo poter irrigidire la politica monetaria eccessivamente espansiva. Ma nessuno puo' dire quando sarà arrivato il momento per questo.

WiWo: E il padre di famiglia dell'Assia Weidmann, come si difende dall'inflazione? Ha già comprato oro?

JW: No, non ho comprato oro. Per inciso, le mie opzioni di investimento sono deliberatamente molto limitate, in modo da evitare ogni forma di possibile conflitto di interessi.

WiWo: Suona rassicurante. Ma la Bundesbank è stata accusata di fomentare disordini con il suo allarmismo.

JW: Le nostre posizioni sono ben fondate, il popolo tedesco è ben informato, e apprezza la chiarezza della condotta della Bundesbank. In una situazione così insolita, in cui il consiglio BCE opera ai confini del suo mandato, devono esserci anche delle differenze di opinione - non siamo un Politburo.

WiWo: La politica tuttavia si lamenta di lei

JW: Una volta un politico mi ha detto che entrambe le fazioni nel consiglio BCE sono come delle guide di montagna. E quando si vedono litigare fra loro due guide, tutta la cordata ha paura e ansia. Gli ho risposto: trovo singolare che la politica, che invece dovrebbe guidare e prendere decisioni, si sia messa in fila dietro di noi e si lasci guidare da noi. E se questo dovesse accadere, è un bene che le guide in un territorio inesplorato si mettano a discutere. Sempre meglio che scegliere in maniera decisa una strada che porta al baratro.

sabato 29 dicembre 2012

Wagenknecht contro Weidmann

Sahra Wagenknecht, capogruppo della Linke al Bundestag, compagna di Oscar Lafontaine, con un commento su Handelsblatt, quotidiano del mondo economico, attacca le posizioni Bundesbank e lancia una proposta alternativa: patrimoniale europea per abbattere i debiti degli stati. Da Handelsblatt.de
Il presidente Bundesbank Weidmann si lamenta per il denaro prestato ai paesi in crisi. Dovrebbe invece criticare la discutibile finanza derivata, i bilanci truccati e una regolamentazione bancaria eccessivamente permissiva.

Il presidente della Bundesbank Weidmann critica le banche. La massima autorità monetaria - oppure un attivista di "Occupy" mascherato? No, non sta criticando i pericolosi strumenti di finanza derivata che nel bilancio di Deutsche Bank sono centinaia di volte superiori al capitale proprio e ticchettano come una bomba a orologeria. Non sta parlando della contabilità creativa con cui molti istituti di credito hanno mentito su "Basilea III" - fatica inutile, visto che le nuove regole per il momento non entreranno in vigore. Non si lamenta affatto della troppo permissiva "Basilea III" e della ulteriore integrazione fra il sistema bancario ombra e le normali attività delle banche commerciali. Herr Weidmann non è mosso da tutto questo. Si lamenta per la concessione di credito agli stati in crisi. 

Le banche hanno in portafoglio titoli pubblici per un valore di 1.6 trilioni di Euro. Ed è vero: ci sarebbe un rischio concreto se gli stati Euro dichiarassero insolvenza. Weidmann, nel quadro delle riforme Basilea, vorrebbe obbligare le banche a garantire i titoli di stato con il capitale proprio. Il credito concesso agli stati diverrebbe in questo modo ancora piu' costoso. 

Weidmann tocca in questo modo dei punti importanti: il "patto diabolico tra banche e stati" (Spiegel) e la possibilità di una bancarotta dello stato. Le banche prendono a prestito   dalla BCE allo 0.75 % e prestano agli stati a quasi l'8%. E' un ottimo affare e una polizza assicurativa sulla vita delle banche in difficoltà: le obbligazioni emesse dagli stati iper-indebitati, infatti, restano nel campo delle garanzie accettate per i prestiti di emergenza. 

In questo modo le disastrate banche greche si assicurano un accesso alla liquidità. Nel mondo finanziario gira la battuta: la banca centrale greca in caso di necessità accetterebbe come garanzia anche le sedie d'ufficio. La BCE ha inoltre annunciato l'acquisto illimitato di obbligazioni in caso di sottoscrizione da parte degli stati delle condizioni dettate dal fondo ESM. I paesi coinvolti, con ulteriori misure di taglio, saranno spinti in depressione e sprofonderanno sotto il peso dell'alto indebitamento. 

Le misure necessarie. 

Invece di liberare gli stati dalla loro dipendenza dalle banche, Weidmann vuole esonerare le banche dalla concessione di credito agli stati. La sua proposta avrebbe il "vantaggio" di ridurre il tempo necessario per arrivare alla bancarotta di Spagna, Italia e di altri stati. C'è tuttavia una via piu' sensata. E dovrebbe contenere le seguenti misure: 

1. Un taglio del debito almeno pari all'importo dei debiti pubblici causati dai salvataggi bancari, prima che i crediti inesigibili finiscano nel bilancio BCE oppure siano scaricati sul contribuente europeo. Il settore finanziario ha volontariamente finanziato l'indebitamento degli stati e in parte - basta vedere Spagna e Irlanda - ne è la causa stessa. Dovrebbe pertanto subirne le conseguenze. 

2. Saranno prima di tutto gli azionisti e i creditori a dover garantire per le banche in difficoltà a causa del taglio del debito. Il denaro dei contribuenti dovrà essere utilizzato esclusivamente per garantire i depositi dei piccoli risparmiatori e per la concessione responsabile di credito. Nel bilancio di Deutsche Bank è solo il 4%, il resto è casino'. 

3. Deve fermarsi la speculazione con il debito pubblico. La BCE dovrebbe concedere credito agli stati in maniera limitata e al tasso ufficiale di sconto: la sola condizione è la tassazione ordinaria dei patrimoni e dei redditi piu' alti nei paesi coinvolti. Il rischio inflazione generato dal finanziamento diretto della BCE è decisamente inferiore rispetto all'acquisto di titoli sul mercato secondario o dalla concessione di credito al settore finanziario. In questo modo gli stati potrebbero rilanciare importanti investimenti, mentre le banche cesserebbero di speculare con le materie prime o con le bolle immobiliari. Entrambi portano i prezzi verso l'alto, senza nessuna crescita reale. 

Non esistono pasti gratis! Piu' della metà dei patrimoni finanziari europei è posseduto da circa l'1% della popolazione. Se fossero considerate le attività off-shore, saremmo all'80% dei patrimoni finanziari. Il patrimonio dei miliardari europei è superiore all'indebitamento pubblico europeo di oltre 11 trilioni di Euro. Chi vuole ridurre i debiti, alla fine dovrà ridurre anche i patrimoni. Dalla politica europea degli ultimi 15 anni, dai regali fiscali e dai salvataggi bancari, i ceti medi non hanno avuto alcun vantaggio, a differenza delle poche migliaia ai vertici. E' legittimo che ora siano proprio gli stessi a dover garantire per i danni causati. Una tassa europea sui patrimoni dei miliardari ridurrebbe sensibilmente l'indebitamento pubblico. Allora anche Herr Weidmann potrebbe dormire sonni tranquilli.

giovedì 27 dicembre 2012

E' davvero un Jobwunder?

Krisenvorsorge.com e jjahnke.net ci ricordano le dimensioni della politica di moderazione salariale tedesca e i suoi effetti sociali. Dati certificati da Eurostat.


Secondo quanto comunicato da Eurostat il 20 dicembre 2012, la Germania con il 22.2 % ha la quota piu' alta di lavoratori con un basso salario di tutta l'Europa occidentale. In Francia sono solo il 6.1 %, nei paesi scandinavi fra il 2.5 % e il 7.7 % mentre la media dell'Eurozona è del 14.8 %. 


La precaria situazione dei lavoratori tedeschi è confermata anche dai dati sui lavoratori a basso salario con un'istruzione media. E' evidente che non si tratta solo di un fenomeno legato alla bassa istruzione.


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Il rifiuto da parte del governo di introdurre un salario minimo, presente in altri paesi occidentali, la crescita del settore del lavoro in affitto, caratterizzato da precarietà e bassi salari, lo sfruttamento del lavoro femminile, grazie alla piu' grande differenza in europa occidentale fra il salario femminile e maschile, la disponibilità del governo a sovvenzionare i bassi salari con i sussidi Hartz IV, sono tutte parti di uno sandalo sociale che non ha eguali in altri paesi europei. 

In questo scenario non c'è da meravigliarsi, se il costo del lavoro per unità di prodotto, decisivo per la competitività, ha avuto uno sviluppo decisamente migliore rispetto ai nostri vicini europei. La Germania non ha alcun motivo di esserne orgogliosa, come il governo vorrebbe dare ad intendere. 


La Germania si è allontanata da cio' che un tempo si definiva economia sociale di mercato. Insieme alla Cina è diventata il Pariah dell'economia mondiale: compete in maniera sleale con i suoi partner, rubando posti di lavoro fino a quando questi non saranno costretti a elemosinare gli aiuti finanziari tedeschi. Fino a 20 anni fa una simile situazione sarebbe stata impensabile. La divisione della Germania e la paura del comunismo costringevano il capitalismo tedesco ad avere un maggiore orientamento sociale.

mercoledì 26 dicembre 2012

Qualche Euro in piu'

Inizia la stagione dei rinnovi contrattuali e si accende il dibattito sugli spazi di manovra per le parti sociali. Una cosa è certa: un paese con oltre 100 miliardi di avanzo commerciale, se lo vuole, puo' lasciar correre le retribuzioni e aiutare i vicini di casa. Da Der Spiegel

2%, 3% o addirittura il 4? Si accende il dibattito sui margini di aumento salariale. Mentre il presidente DIW, Gert Wagner, propone "il 4% o anche di piu'", il membro del Comitato dei Saggi economici Franz è a favore di "politiche contrattuali amiche dell'occupazione". 

Quanto dovrebbero guadagnare i tedeschi nei prossimi anni? Sul tema in Germania è inizato un dibattito. Il presidente del Deutschen Instituts für Wirtschaftsforschung (DIW), Gert Wagner, lunedi ha proposto aumenti salariali "in media del 4% o anche di piu". Cio' "servirebbe a stimolare la domanda interna e a ridurre l'eccessiva dipendenza dall'export". 

Wolgang Franz, il presidente del Consiglio dei saggi economici, al contrario si è pronunciato in favore di aumenti salariali piu' contenuti. E' necessaria "una politica contrattuale che aiuti l'occupazione". Il "margine di aumento" per il 2013 sarebbe intorno al 2%. 

Sulla "Rheinischen Post" Franz si è detto convinto che le parti contrattuali non dovranno utilizzare fino in fondo lo spazio di negoziazione. In questo modo si darà un contributo alla creazione di nuovi posti di lavoro. Il presidente dei Saggi economici ha aggiunto: "prima di arrivare alla piena occupazione, c'è ancora un bel pezzo di strada da fare". 

"La Germania vive al di sotto delle sue possibilità" 

Wagner ha criticato la moderazione salariale: "E' arrivato il momento per le parti sociali di essere piu' coraggiose". La politica salariale "per un lungo periodo non ha utilizzato in pieno i margini di negoziazione che gli aumenti di produttività e l'inflazione hanno creato". Anche per l'anno in corso, se misurati in relazione all'aumento della produttività, gli accordi tariffari sono stati molto contenuti. 

Il numero uno di DIW ha aggiunto: "Lo so: elevati aumenti salariali hanno un rischio - ma anche accordi modesti, poiché viviamo in Europa e non in un'isola". La Germania vive al di sotto delle sue possibilità, e questo mette in pericolo l'Eurozona, avvisa Wagner: "Se qui in Germania consumassimo di piu', importeremmo di piu' dai nostri vicini. E questo potrebbe essere uno stimolo alla crescita, urgente e necessario se si vogliono ridurre i debiti". 

Bsirske: 6.5 % per il settore pubblico 

Il segretario di Ver.di (organizzazione sindacale nel terziario) Frank Bsirske difende la richiesta di un aumento del 6.5% fatta dai sindacati per i dipendenti dei Länder. "Le regioni hanno registrato un significativo aumento delle entrate fiscali". E' convinto che al tavolo delle trattative si arriverà ad un accordo. 

Bsirske avverte: "Se la trattativa si arenasse, ci saranno effetti sulle normali attività produttive. I lavoratori sono pronti a impegnarsi a fondo per le loro richieste, e lo hanno già dimostrato due anni fa in diverse ondate di scioperi". Le contrattazioni sindacali iniziano il 31 gennaio a Berlino. 

Secondo uno studio del Deutschen Gewerkschaftsbundes sono sempre piu' i tedeschi qualificati a finire nella fascia dei lavoratori a basso salario. Nel 2010 erano 2.2 milioni i tedeschi con uno stipendio modesto, nonostante una formazione professionale completata e un lavoro full time. Circa 150.000 in piu' rispetto al 1999, come mostrano le statistiche.

lunedì 24 dicembre 2012

Münchau: ricorderemo il 2012 con nostalgia

Wolfgang Münchau su Der Spiegel, in un grande slancio di ottimismo ricorda ai tedeschi: il 2012 non è stato un bell'anno, il 2013 sarà peggio. Buon Natale!
Un altro anno di crisi è finito allo stesso modo in cui iniziato: con uno stato d'animo migliore rispetto alla situazione reale. Che cosa ci possiamo aspettare per il 2013? Le bugie dei politici nei prossimi mesi si riveleranno per quello che sono.

Le ragioni della calma autunnale sui mercati è senza dubbio l'annuncio di Mario Draghi di questa estate e l'intenzione della BCE di acquistare titoli di stato in maniera illimitata. In molti hanno visto in questo annuncio la fine della crisi. 

La BCE per ora ha solo fatto "Buh" e non ha acquistato nessun titolo. Ma per i mercati è stato sufficiente l'annuncio. In estate un investitore mi ha detto che non sapeva piu' come scommettere contro l'Euro: Draghi gli aveva reso la vita difficile. Complimenti! E' stata la mossa di un maestro della politica monetaria.

Ma se ci stropicciamo gli occhi e ci chiediamo che cosa effettivamente nel corso di questo anno sia cambiato, si arriva esattamente alla conclusione opposta. A causa della recessione la sostenibilità dei debiti privati e pubblici in molte parti della zona Euro è peggiorata. La crisi Euro dopo tutto non è stata partorita dalla mente degli speculatori. Sappiamo dalla storia economica e dall'applicazione della logica elementare che una unione monetaria non puo' funzionare se ci sono grandi differenze fra le diverse economie reali, se non ci sono trasferimenti di denaro e senza la messa in comune dei debiti. Qualcosa nell'impalcatura dovrà crollare.

Anche la sorveglianza bancaria, su cui nelle scorse settimane ci si è riusciti a mettere d'accordo, non cambierà molto. Ogni paese continuerà a garantire per il proprio settore bancario. Per la Spagna significa: il riallineamento durerà ancora molto, molto tempo, piu' a lungo che in Giappone - e li' la crisi va avanti da oltre 20 anni.

Accanto ai problemi strutturali, che resteranno ancora, per il 2013 vedo altri due meccanismi di fondo che renderanno difficile la situazione nella zona Euro. Il primo e piu' importante è l'effetto della politica di risparmio sulla congiuntura e indirettamente sul livello di indebitamento. I modelli di previsione attuali hanno radicalmente sottovalutato gli effetti di una politica di austerity in una fase recessiva. Già da 5 anni questi modelli pronosticano per la Grecia un'inversione di tendenza a partire dall'anno successivo. Anche per quest'anno dicono la stessa cosa. 

Questi modelli hanno fallito perché tutta una serie di stabilizzatori non sta funzionando: tutti gli stati stanno contemporaneamente risparmiando; il settore finanziario è in difficoltà; la politica monetaria ha esaurito il suo spazio di azione.

La crisi tornerà il prossimo anno.

Il secondo pericolo riguarda la spirale di svalutazione globale. E questo aumenterà gli effetti dei programmi di risparmio congiunturali. La banca centrale americana (FED) ha recentemente annunciato di voler lasciare i tassi vicini allo zero, fino a quando la quota di disoccupazione non sarà scesa al 6.5 %. E' la prima volta che una banca centrale definisce il suo obiettivo in termini di disoccupazione. Un annuncio cosi' chiaro in Europa sarebbe impensabile.

Ma la Fed sta dettando il trend. Mark Carney, il governatore della Bank of England appena nominato, pensa ad un obiettivo in termini di PIL nominale. Cio' spingerebbe la banca centrale a generare inflazione, se la crescita reale dovesse essere troppo bassa - come ora. E il capo di governo giapponese appena eletto, Shinzo Abe, pretende che la banca centrale acquisti titoli pubblici per aumentare l'inflazione. Ovunque intorno a noi la politica monetaria viene allentata, solo nella zona Euro questo non succede.

La BCE invece deve continuare a rendere omaggio al solito obiettivo della stabilità dei prezzi. Cosi' è scritto nei trattati europei. Quotidianamente la Bundesbank e tutti i piu' importanti editoriali tedeschi la esortano in questa direzione. Le conseguenze di questa discrepanza di politica monetaria fra BCE e tutte le altre banche centrali non sono ancora state percepite dai mercati. Mi aspetto una forte rivalutazione dell'Euro, che aggraverà ulteriormente la situazione economica dell'Eurozona.

La Spagna non solo dovrà ridurre il debito e allo stesso tempo riallinearsi alle altre economie, ma dovrà fare tutto questo sotto il peso di un cambio che si rafforza. Per uscire dalla trappola dell'indebitamento la Spagna ha bisogno di un taglio del debito, di trasferimenti di denaro oppure di una svalutazione della moneta. Poiché la Germania rifiuta le prime 2 varianti e la BCE la terza, per la Spagna non è possibile alcun riallineamento.

Secondo le mie previsioni la crisi tornerà il prossimo anno - probabilmente prima delle elezioni politiche per il Bundestag. Non sono affatto certo che la Grecia riuscirà ad applicare politicamente e giuridicamente le proprie riforme. Spagna e Portogallo sono allo stesso modo in pericolo. E in Italia il 2013 sarà sicuramente un anno critico.

Ricorderemo con nostalgia il 2012...

venerdì 21 dicembre 2012

La Transferunion e i socialisti di Brüssel


La Transferunion agita il sonno della stampa conservatrice: il contribuente tedesco è sotto assedio, stiamo andando verso una nuova forma di socialismo. Da WirstschaftsWoche

Brüssel vuole estendere l'unione di trasferimento. Il piano è eclatante. Gli oneri per la Germania nei prossimi anni cresceranno ulteriormente.

E' difficile da capire. Dopo lunghe trattative il bilancio EU non è ancora operativo e già a Brüssel si lavora a un nuovo programma di redistribuzione. Questa volta pero' in ballo c'è molto di piu' e il presidente Van Rompuy ha già un piano per il contribuente tedesco.

La parola chiave è "capacità fiscale" (Fiskalkapazität). Sotto questo pseudonimo a Brüssel si discute sull'ampliamento della già ben avviata unione di trasferimento europea. E si procede alla svelta. Uno per tutti, tutti per uno. Ovviamente Brüssel non è ancora soddisfatta degli enormi effetti redistributivi di lungo periodo dell'unione di trasferimento. Un'altra parte del gettito fiscale tedesco dovrà essere redistribuito in Europa.

Secondo un documento preparato da Van Rompuy sulla trasformazione dell'unione monetaria, dal 2014 la cosiddetta "capacità fiscale" dovrà funzionare come ammortizzatore per gli shock economici. Le somme in discussione sono ancora modeste. Ma potrebbero crescere in futuro a seconda delle necessità. Per la capacità fiscale sono in discussione due modelli di base. In un modello i trasferimenti dipendono dalla rispettiva posizione nel ciclo economico. Uno stato in boom paga, uno in recessione riceve denaro.

I criteri di trasferimento sono decisi a Brüssel. Anche all'ultimo eurofilo dovrebbe essere chiaro come ragionano i burocrati di Brüssel. Gli unici capaci di trasformare l'europa in un parco giochi per la creazione di una società socialista. Gli imprenditori in questo modello diverrebbero una specie in via di estinzione.

Ma c'è ancora di piu'. Nel secondo modello i pagamenti in entrata e in uscita dipendono dal mercato del lavoro. La capacità fiscale funziona come integrazione alle assicurazioni nazionali contro la disoccupazione. In altre parole: chi si trova in crisi a causa di una politica economica sbagliata, riceve denaro. Chi invece applica politiche economiche di successo, dovrà pagare. Un sistema simile l'abbiamo visto all'opera una volta soltanto, fino ad ora.

Evidentemente a Brüssel nessuno ha intenzione di imparare dalla Eurocrisi. E perchè il contribuente tedesco dovrebbe essere arrabbiato e lamentarsi con Brussel?  E' Berlino stessa  ad essere responsabile. Anche se ora la Cancelliera impaurita cerca di fare marcia indietro. E' stata proprio lei ad aver sostenuto in ottobre il concetto di capacità fiscale, dopo la  presentazione della prima relazione. Il suo principio di "solidarietà europea e controllo" a Brüssel è stato solo reinterpretato in maniera nuova. 

Van Rompuy troverà sicuramente nel 2013 un numero sufficiente di sostenitori per i suoi piani. I vantaggi sono cosi' evidenti. La Germania pagherà per la solidarietà europea, mentre le decisioni sull'utilizzo del denaro saranno prese nella socialista Brüssel. Ebbene: Fröhliche Weihnachten und ein gutes neues Jahr!

lunedì 17 dicembre 2012

Italia, ufficiale pagatore d'Europa.


Un articolo su Der Spiegel ci ricorda che il nostro martoriato paese, in rapporto al PIL, paga il contributo piu' alto al bilancio EU. Basteranno questi dati a scalfire i soliti pregiudizi?
Prendere solamente, e non dare niente? L'Italia è considerato il piu' grande beneficiario della UE. Errore. Non sono Germania o Francia a pagare il contributo piu' alto - almeno in relazione al PIL del paese.

Ad Alexander Dobrindt piace usare parole drastiche: "Chi mette i risultati in secondo piano rispetto alle politiche lassiste del sud-Europa, minaccia l'idea stessa di Europa", scriveva il segretario generale della CSU in giugno sulla sua pagina Facebook. Parole a conferma di quello che molti pensano: nel sud amano solamente oziare, noi al nord lavoriamo duro e paghiamo anche per i loro debiti.

Tanto piu' il gioco si fa duro, tanto piu' cattivi si fanno i pregiudizi. In queste settimane si sta discutendo del bilancio EU dei prossimi anni. I presunti pigri hanno buone possibilità per pretendere piu' trasferimenti. Ma quando i capi di stato e di governo si incontreranno, sarà già chiaro chi si merita il titolo di ufficiale pagatore: l'Italia.


--> In rapporto al PIL, nel 2011 nessun'altro paese ha contribuito al bilancio EU quanto l'Italia. Il suo contributo lo scorso anno è stato pari allo 0.38 % del PIL, circa 5.9 miliardi di Euro. Stiamo parlando di contributi netti: cio' che l'italia riceve da Brussel è già calcolato nel contributo italiano, siano sovvenzioni per gli olivicoltori toscani o fondi strutturali per la disastrata economia siciliana.

Proprio l'Italia, il cui capo di governo Mario Monti nel fine settimana ha annunciato le dimissioni, ormai senza sostegno per la sua politica di risparmio. Proprio l'Italia, che da tempo paga alti tassi sul debito pubblico e che in passato ha sempre dovuto smentire di avere bisogno di aiuti.

Nessun dubbio sul perchè la quota italiana sia salita: il suo PIL a causa della crisi si riduce, si potrebbe argomentare. Non è cosi'. Nel 2009 in Italia, come in Germania, c'è stato un crollo del PIL. Nei 2 anni successivi - anche nel 2011 - la ricchezza prodotta è di nuovo tornata a crescere. Questo è il primo anno in cui l'economia italiana dovrebbe di nuovo tornare indietro.

E dov'è la Germania nella classifica? Anche il Belgio e l'Olanda in rapporto al loro PIL hanno una quota maggiore rispetto alla Repubblica Federale. La Germania segue con Finlandia e Danimarca in terza posizione. Certo, se si guardano i numeri assoluti, la Germania è ancora il piu' grande contribuente di Brussel - dopo tutto la Germania resta l'economia piu' grande, e anche una piccola percentuale è sempre un bel po' di denaro. Il contributo netto tedesco è di circa 9 miliardi di Euro, vale a dire lo 0.34 % del PIL.

Ma la Germania è sempre stato il piu' grande contributore netto, potrebbe essere l'obiezione. Per niente. Dal 2000 in poi a guidare la classifica sono stati i Paesi Bassi, o addirittura il Belgio, che con un debito pubblico di oltre il 100% del PIL appartiene al gruppo dei paesi problematici.

Il titolo di ufficiale pagatore segreto - e involontario - lo merita l'Italia, che dopo Germania e Francia, resta il terzo contribuente ai fondi di salvataggio. E nonostante il suo alto indebitamente non ha ancora ricevuto un cent dal fondo salva stati.

L'esempio italiano mostra che l'ammontare dei contributi netti all'EU si basa molto piu' sulle capacità di negoziazione che sulle dimensioni dell'economia. O si potrebbe anche dire: sulla sfacciataggine. Alcuni paesi hanno negoziato sconti generosi, primo fra tutti la Gran Bretagna. Altri ricevono sconti dovuti ai costi aggiuntivi causati dallo sconto britannico - l'Italia non appartiene né all'uno né all'altro gruppo.

Le condizioni speciali britanniche fanno si' che lo UK contribuisca per una piccola parte del suo PIL (0.32 %),  molto meno dell'Italia. Questo è ingiusto, secondo Mario Monti, il quale insieme alla Francia chiede di abolire per intero lo sconto britannico