mercoledì 30 gennaio 2013

La presunta sistemicità di Cipro


Thomas Mayer, ex capo-economista di Deutsche Bank, sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung si scaglia contro l'ennesimo Eurosalvataggio: Cipro non è sistemica e il contribuente europeo non puo' essere chiamato in causa. Da FAZ.net
Fino ad ora gli Eurosalvataggi sono sempre stati giustificati ipotizzando presunti rischi sistemici per l'intera Eurozona. In quest'ottica il salvataggio di Cipro potrebbe sembrare solo una consuetudine. Con la stessa motivazione si sono finanziati i deficit di bilancio di Grecia e Portogallo, si è convinto il governo irlandese a sostenere in maniera permanente le sue banche, e aiutato la Spagna a ricapitalizzare le casse di risparmio. Per Cipro, che ora ha bisogno di aiuti finanziari, lo stesso ragionamento è difficile da giustificare. Probabilmente anche in questo caso il contribuente europeo sarà chiamato ad intervenire. Nel frattempo, la pretesa dei  paesi Euro in difficoltà di ricevere aiuti finanziari si è trasformata in consuetudine.

Dopo le perdite causate dalla ristrutturazione del debito pubblico greco e quelle derivanti dai crediti concessi al settore privato greco, le banche cipriote lo scorso anno sono finite nei guai. I fondi necessari per la loro ricapitalizzazione, pari a 10 miliardi di Euro, hanno messo in difficoltà il bilancio pubblico e ora Cipro chiede di entrare sotto la protezione del fondo di salvataggio ESM. Il ministro delle finanze cipriota si aspetta dall'Europa la stessa solidarietà che Cipro ha mostrato in occasione del taglio del debito greco. Nel frattempo, si stima che il governo abbia bisogno di 6.5 miliardi di Euro aggiuntivi per rifinanziare i titoli di stato in scadenza e di altri 1.5 miliardi di Euro per tappare i buchi di bilancio. Con 17.5 miliardi di Euro il pacchetto di salvataggio sarebbe uguale al valore del PIL del paese, e sempre in relazione al PIL segna il record fra i prestiti concessi fino ad ora.

Con il salvataggio europoeo il debito di Cipro salirebbe al 190 % del PIL

Secondo la Commissione il rapporto debito/PIL già lo scorso anno aveva raggiunto il 90%. Con il nuovo piano di auti si arriverebbe al 190% del PIL. Sarebbe davvero un miracolo se il paese fosse in grado di rimborsare tutto il debito con le proprie forze. Ma il salvataggio non è lontano, se come nelle intenzioni dei paesi del sud Europa il fondo ESM si accollerà i costi dei salvataggi bancari, e se la BCE dal prossimo anno avrà anche il controllo bancario. Cipro potrebbe scaricare 10 miliardi di Euro di debiti bancari sul fondo ESM  in cambio di una partecipazione senza alcun valore nelle banche, lasciando al contribuente europeo l'onere di saldare il conto.

L'intera operazione viene motivata sostenendo che dalla crisi delle banche cipriote potrebbero nascere rischi sistemici per l'intera Eurozona. Bisogna avere un bel po' di fantasia per vederla in questo modo. Il totale degli attivi delle banche nazioniali nel 2011 era di circa 110 miliardi di Euro - pari all'1.2 % del PIL dell'Eurozona o al 5% del totale degli attivi di Deutsche Bank. Poichè gli attivi sono finanziati per il 72% dai depositi bancari, i collegamenti con le altre banche europee non sono cosi' importanti - i debiti verso le altre banche sono circa 15 miliardi di Euro. A cio' si aggiunge il fatto che solo 32 miliardi di Euro di depositi bancari appartengono ai ciprioti. Il resto appartiene a clienti greci (17 miliardi) e altri stranieri (23 miliardi), la maggior parte russi o di altre repubbliche ex sovietiche. Con una tale struttura di finanziamento sarebbe molto sorprendente se una partecipazione dei creditori al risanamento delle banche in misura del 10%, pari ai 10 miliardi necessari, mettesse in pericolo l'intera zona Euro.

Oneri a carico degli stranieri

I fautori del bail-out sostengono che se si decidesse di far pagare i creditori delle banche, negli altri paesi si scatenerebbe il panico. Secondo le leggi europee sono assicurati solo i depositi fino a 100.000 €. Per gli importi che superano questa soglia, deve essere ragionevolmente previsto un rischio. Sarebbe pertanto coerente con le condizioni vigenti se almeno i depositi superiori a questo importo fossero chiamati a partecipare. Poiché probabilmente la maggior parte dei conti degli stranieri rientrano in questa classe, alla fine si potrebbe raccogliere una somma considerevole. Si potrebbe quindi coprire la mancanza di capitale delle banche, convertendo in azioni i crediti dei depositanti e degli obbligazionisti coinvolti.

Allo stato attuale l'assistenza finanziaria a Cipro è congelata. L'Eurogruppo si riunirà il 24 febbraio e prima di decidere preferisce aspettare il secondo turno delle elezioni presidenziali. Si spera che al presidente uscente Christofias, un comunista dichiarato, possa succeddere il candidato conservatore Anastasiades. Il suo compito sarà eliminare gli ostacoli sulla strada che separa l'isola dal salvataggio europeo. E cosi' cio' che per gli altri paesi è stato giusto e opportuno, per Cipro sarà  solo a buon mercato

domenica 27 gennaio 2013

I migliori come esempio


Merkel a Davos illustra la sua Agenda per l'Europa. Il punto centrale resta lo stesso: non siamo noi a dover alzare i salari, siete voi a dover deflazionare. Solo in questo modo l'Unione monetaria tornerà ad essere competitiva. Qualcuno avrà il coraggio di sfidarla su questo terreno? Da NachDenkSeiten, sito di analisi politica ed economica critico verso il rigorismo Merkeliano.
Al Forum di Davos la Cancelliera è stata finalmente chiara e ha illustrato i concetti di base della sua agenda per l'Europa. Merkel non sembra aver capito granché e vuole approfittare della situazione per attuare un cambiamento radicale in Europa. In maniera molto garbata ha ammesso che la crisi offre la possibilità di applicare all'intera Europa la sua agenda economica. Un'analisi

Quando Angela Merkel tiene discorsi importanti si serve sempre della stessa struttura testuale. A Davos tuttavia ha fatto un ulteriore passo in avanti. Anche se il suo discorso - come sempre - resta manipolatorio e caratterizzato dal solito politichese, ieri nella descrizione della sua Agenda Europea è stata un po' piu' concreta. La sua richiesta principale è stata riassunta nel modo seguente:

"In Europa vogliamo - e su questo nell'Unione Europea c'è accordo - trasformare l'Unione monetaria e quella economica in una unione di stabilità. E' il contrario di una piccola operazione d'emergenza. Piuttosto è un percorso permanente - una strada, le cui idee guida sono da un lato le riforme strutturali per una maggiore competitività  e dall'altro il consolidamento delle finanze statali. Voglio qui sottolineare ancora una volta: per me le due cose sono strettamente connesse. Consolidamento e crescita sono due facce della stessa medaglia, quando si tratta di ripristinare la fiducia".

La domanda è spontanea: di quale fiducia sta parlando Merkel? Si tratta della fiducia del popolo? Oppure della fiducia dei mercati? Naturalmente la seconda, è stata la Cancelliera stessa ad aver indicato come guida dell'azione politica la "democrazia basata sui mercati". Da un punto di vista economico Merkel racconta una bugia intenzionale: crescita e consolidamento delle finanze pubbliche vanno mano nella mano. Fatto recentemente smentito anche dal FMI nella discussione sul moltiplicatore fiscale - e il FMI non puo' essere certo sospettato di fare del romanticismo sociale. Frau Merkel questo la sa bene. Ma non si tratta solo del consolidamento delle finanze statali, per lei questo è solo la leva con cui puo' costringere gli altri stati sovrani ad adottare la sua Agenda:

"Si pone anche la domanda, quanto è forte la volontà politica di tenere insieme la zona Euro,  quanto è vera la disponibilità alle riforme e quanto è grande la solidarietà nella zona Euro. Io credo che negli ultimi 12 mesi su questi punti abbiamo fatto passi in avanti significativi (...)

La situazione in cui ci troviamo in questo momento, in realtà, è caratterizzata dal fatto che il fattore tempo gioca un ruolo decisivo. Abbiamo preso misure di consolidamento (...) e realizzato un'ampia varietà di riforme strutturali (...)

Ora è necessario utilizzare il tempo, affinché la situazione politica non abbia una escalation, e affinché non si crei nuova instabilità".

La crisi Euro per la Cancelliera rappresenta una possibilità, limitata nel tempo, durante la quale i nostri vicini di casa saranno disponibili a fare le riforme. C'è da meravigliarsi se Merkel si è opposta ai tentativi di disinnescare l'Eurocrisi attraverso una politica attiva della BCE? No, la strategia di Merkel è quella che Naomi Klein chiamerebbe Schock Strategy - l'uso di una crisi per far passare riforme che non sono volute né dai parlamenti né dal popolo. A Davos su questo punto si è espressa in maniera ancora piu' chiara:

"L'esperienza politica ci dice che spesso per ottenere riforme strutturali è necessario esercitare pressione. Ad esempio anche in Germania i disoccupati sono dovuti arrivare fino a 5 milioni, prima di ottenere la disponibilità all'attuazione delle riforme strutturali. La mia conclusione è questa: se l'Europa oggi è in una situazione difficile, è necessario introdurre riforme strutturali, affinché domani si possa vivere meglio".

Se Angela Merkel e il suo pubblico a Davos potranno vivere meglio con le loro "riforme strutturali", resta una questione aperta. Milioni di tedeschi, che vivono di Hartz IV oppure sono occupati con un basso salario (Niedriglohnsektor),  vedono la questione in maniera diversa. Se si considera l'effetto negativo del settore a basso salario sulla struttura salariale complessiva, si puo' dire che le riforme hanno avuto un solo risultato: a pochissimi oggi va molto meglio, e a tantissimi oggi va molto peggio. I rappresentanti di questa grande maggioranza purtroppo non erano presenti a Davos. Quale ironia della storia, il predecessore di Merkel,  Schröder, aveva candidamente presentato 8 anni prima le motivazioni delle sue riforme strutturali esattamente nello stesso luogo:

"Dobbiamo e abbiamo già liberalizzato il nostro mercato del lavoro. Abbiamo dato vita ad uno dei migliori settori a bassa salario in Europa". Gerhard Schröder durante il suo discorso del 28.01.2005 al World Economic Forum di Davos.

Schröder puo' essere orgoglioso del suo successore e della sua sorella nello spirito. Quello che Schröder ha applicato in Germania, sarà applicato da Merkel in tutta Europa:

"Come possiamo essere sicuri di poter raggiungere nei prossimi anni una coerenza in termini di competitività anche all'interno dell'Unione monetaria? E a tale proposito non considero un livello di competitivà medio, piuttosto una competitività misurata dal fatto che avremo accesso ai mercati mondiali (...) Io immagino - e di questo stiamo parlando nell'Unione Europea - che sottoscriveremo un patto analogo al Fiskalpakt, con il quale gli stati membri si impegneranno ad aumentare il proprio livello di competitività su determinati punti che in questi paesi non raggiungono un livello sufficiente. Si tratterà di temi come il cuneo fiscale, il costo del lavoro per unità di prodotto, le spese per la ricerca, le infrastrutture e l'efficienza amministrativa".

L'Europa dovrà quindi seguire il modello tedesco, tagliare lo stato sociale e comprimere il costo del lavoro. L'Europa perde quindi credibilità in quanto mercato e sceglie invece di impegnarsi in una competizione sui salari con i paesi in via di sviluppo. La cancelliera ha inoltre chiarito che cosa intende per armonizzazione a livello europeo dei costi del lavoro per unità di prodotto.  La Germania, secondo il messagio di Merkel, avrebbe fatto tutto bene. Cosi la Cancelleria di Berlino ha pubblicato in rete il discorso di Merkel con il titolo provocatorio: "I migliori come esempio". Quindi siamo i migliori, eh si'.

E' sorprendente quanto sia difficile imparare per la Cancelliera. Fra gli economisti amici di Merkel non vi è alcun dubbio : l'Eurozona potrà avere un futuro solo se i costi del lavoro per unità di prodotto e la produttività all'interno dell'Unione monetaria potranno convergere. Alla convergenza appartengono naturalmente entrambi i lati. La Germania dovrebbe necessariamente muoversi verso i suoi vicini, ad esempio attraverso salari piu' alti, indispensabili  per una convergenza economica. Ma di cio' la Cancelliera non ne vuol sapere. Se fosse per lei, l'Europa avrebbe una sola strada - la via verso il basso, il percorso della moderazione salariale, della riduzione dei diritti dei lavoratori e della scomparsa dello stato sociale. Imparare dalla Germania significa imparare a vincere, i migliori come esempio.

Come i nostri vicini abbiano interpretato il messaggio, è abbastanza chiaro. La domanda centrale dovrebbe essere: quale diritto vorrebbe avere Angela Merkel? Già Brecht sapeva che solo i vitelli piu' stupidi si scelgono da soli il loro macellaio. I vitelli tedeschi devono essere abbastanza stupidi, non sarebbe possibile spiegare altrimenti il successo di Merkel. Ma su questo i nostri vicini di casa non possono fare nulla. L'Europa non è un protettorato tedesco, piuttosto l'unione di diversi stati sovrani e la Cancelliera non ha alcun mandato per dettare la sua politica agli altri stati sovrani. Tuttavia, se pretende di avere "in Europa un ruolo molto proattivo",  come scritto sul sito internet della Cancelliera, Merkel non ha fondamentalmente capito che cosa esattamente significhi la democrazia.

Per raggiungere i suoi obiettivi, procede mano nella mano con la Commissione Europea. Qualcuno si meraviglia che gli europei siano stanchi di questa Europa? Un Europa che serva solo a limitare la democrazia, la sovranità e la partecipazione degli europei non ha futuro e nessuna ragione di esistere. Se gli europei vogliono salvare l'Europa e il pensiero europeo, devono liberarsi da questo abuso.  Devono sfidare Merkel. E' arrivato il momento, nonostante tutto!



sabato 26 gennaio 2013

Weimar puo' insegnare qualcosa agli eurocreditori?


La situazione della Germania dopo la prima guerra mondiale ci puo' insegnare molto sulla crisi debitoria attuale: è sufficiente vincere, non è necessario  stravincere. Da Handelsblatt.de
Quando gli stati perdono la speranza di poter ripagare i debiti, la situazione si fa pericolosa. Questo ci mostra la storia: fra la Repubblica di Weimar e la Grecia di oggi ci sono molte similitudini.

La situazione dei paesi in crisi del sud Europa è sempre piu' simile a quella della Germania dei primi anni '30. Il parallelo inizia con i fatti antecedenti: prima di entrambe le crisi c'è stato un periodo di inflazione in discesa e una fase di stabilizzazione economica. A cui è seguito un massiccio afflusso di capitale privato straniero, in parte utilizzato per investimenti produttivi. Con la crisi arrivata dagli USA il gioco è finito, causando un forte rallentamento economico - aggravato da una enorme montagna di debito estero. Nel 1932 la disoccupazione in Germania era su livelli simili a quelli odierni di Spagna e Grecia.

Recentemente gli storici dell'economia si sono occupati molto di questo periodo storico e degli anni precedenti. E lo storico economico tedesco piu' famoso, Albrecht Ritschl, professore alla London School of Economics, su questo tema ha presentato uno studio dal titolo ""The German Transfer Problem, 1920-1933".

Ritschl ritiene che le possibilità di recuperare in maniera pacifica i crediti verso uno stato sono limitate. Già allora John Maynard Keynes aveva avvertito che le esose riparazioni imposte alla Germania dopo la prima guerra mondiale avrebbero portato ad una nuova guerra.

Secondo Ritschl il rimborso non dipende solamente dalle possibilità che uno stato ha di ripagare i debiti. Ma anche dalla determinazione dei creditori nel recuperare il denaro prestato - e soprattutto dal fatto che il paese debitore ritenga ancora possibile rimborsare i  propri debiti. Il grande errore fatto allora fu il superamento di questo limite nella definizione delle riparazioni. 

Il primo esempio di incentivo sbagliato proposto da Ritschl è del 1920 e riguarda il livello delle riparazioni: all'inizio di quell'anno - quando ancora non era certo quanto il vincitore avrebbe preteso dallo sconfitto, e mentre in Germania si ipotizzavano delle richieste molto alte ma tuttavia ripagabili - la leadership politica di Berlino si comportava in maniera ancora molto costruttiva. 

Al fine di pagare le riparazioni si provvedeva a centralizzare l'amministrazione fiscale, ad aumentare le tasse e ad estendere la base imponibile. Non appena si seppe che le riparazioni avrebbero portato il debito pubblico ad essere pari a tre volte la ricchezza annua prodotta in Germania, la cooperazione si arresto' immediatamente. Come risultato, i cittadini iniziarono a non pagare piu' le tasse o a farlo in ritardo, e l'amministrazione fiscale lascio' che questo accadesse. La speranza di potersi liberare dal debito con i propri sforzi, semplicemente era venuta meno.

Per cercare di ottenere quello che spettava loro, Francia e Belgio decisero di occupare il bacino della Ruhr. Dovettero imparare a loro spese che anche con la forza militare non si poteva ottenere molto. Il governo tedesco chiese ai lavoratori una resistenza passiva e insieme alla Reichsbank fece in modo che le imprese e i loro dipendenti - nonostante la caduta della produzione - fossero in grado di pagare con denaro fresco della banca centrale. L'iperinflazione che segui' fu accettata pacificamente. Alla fine ci fu un positivo effetto collaterale: aver reso funzionante il sistema finanziario creato per il servizio del debito alle potenze vincitrici.

Il successivo presidente della Reichsbank Hjalmar Schacht nelle sue memorie scriveva che l'inflazione e gli eccessivi debiti di guerra agli occhi dei responsabili erano collegati: "I vertici della Reichsbank hanno ritenuto inutile tentare di stabilizzare il Marco, fino a quando non sarebbe stato chiaro, quale tributo di guerra la Germania sarebbe stata capace di pagare, e fino a quando non si sarebbe raggiunto un accordo con i vincitori su questo tema". Questa tesi sarebbe stata condivisa anche dal governo federale, ipotizza Schacht.

La strategia ebbe effetto, ma solo temporaneamente. Di fatto le potenze vincitrici tramite il piano Dawes, avevano trovato un modo per lasciare che la Germania continuasse a pagare con il denaro che loro stessi gli avrebbero prestato - sotto forma di crediti privati. La Germania ebbe una ripresa economica e visse la breve fase dei "Goldenen Zwanziger".

Il trucco non poteva durare a lungo. Tanto piu' che l'afflusso di crediti già nel 1929 si era prosciugato, allorché il cosiddetto piano Young entro' in vigore. Ma soprattutto il piano non toccava le esose riparazioni. Di fatto nel 1932 venne sospeso e in seguito cancellato. E di cio' fu solo Hitler ad approfittare. La decisione purtroppo arrivo' troppo tardi per la democrazia.

La lezione: quando un paese è cosi' indebitato da non poterlo obbligare a ripagare i debiti con mezzi pacifici, è nell'interesse del creditore ristrutturare il debito e riportarlo ad un livello di sostenibilità.

Tutta colpa dei sud europei


Fra le tante responsabilità dei sud europei, secondo Klaus-Peter Willsch, deputato al Bundestag della CDU, c'è anche quella di aver causato l'allontanamento della Gran Bretagna dall'Unione Europea. Da Handelsblatt.de
Che la Gran Bretagna stia tirando il freno è comprensibile, alla luce dei costi dell'Eurocrisi. Se non si interviene adesso sarà l'intera Europa a esplodere, secondo il deputato della CDU Klaus-Peter Willsch.

Il discorso di Cameron dovrebbe farci riflettere. Lo si è visto al varo di ogni nuovo pacchetto di salvataggio: la Gran Bretagna non intende assistere in silenzio all'impiego di tutte le risorse finanziarie dei 27 per il servizio del debito dei paesi del sud Europa. Dal fondo EFSM, un fondo EU originariamente previsto per l'assistenza ai paesi con difficoltà nella bilancia dei pagamenti, anche al di fuori dell'Eurozona, solo per il salvataggio di Portogallo e Irlanda sono usciti 48.5 dei 60 miliardi complessivi. 

La Gran Bretagna non è mai stata Euroentusiasta, ma il paese è chiaramente uno dei partner europei piu' importanti. Non solo nel campo delle politiche di sicurezza, ma anche sui temi del libero scambio e della libertà economica resta un partner della Germania. Il suo rapporto speciale con gli Stati Uniti rafforza inoltre l'asse atlantico. 

La mia paura piu' volte espressa deve purtroppo essere confermata: l'adesione forzata alla moneta unica nella sua forma attuale sta scavando un solco fra i paesi Euro e i membri EU con una propria valuta, mentre la convivenza pacifica è messa a rischio.

La Gran Bretagna sta cercando di tirare il freno d'emergenza. Lo considero comprensibile alla luce del duraturo tentativo dei paesi periferici del sud Europa di scaricare i loro debiti sulle istituzioni europee. Alla fine anche la Gran Bretagna si trova a combattere con dei deficit eccessivi e con un elevato livello di indebitamento.

Sarebbe molto piu' importante se Londra si sforzasse di riportare gli altri stati verso un percorso di sussidiarietà - a fianco della Germania. Perché la crisi attuale è da ricondurre ad un passo troppo affrettato verso l'integrazione - l'introduzione dell'Euro con un numero eccessivo di paesi membri e con livelli di competitività molto diversi. 14 anni dopo l'introduzione della moneta unica, pensata come la "corona dell'integrazione europea", da una parte all'altra del continente l'Europa è attraversata da tensioni che la spingono verso la disintegrazione. 

Non si puo' reinventare l'Europa dando ogni mattino uno sguardo spaventato al corso delle azioni quotate in borsa. Nel caso del brutale rifiuto di tenere un referendum in Grecia, ancora una volta i funzionari europei hanno mostrato di temere il voto popolare piu' di ogni altro pericolo. Cosa c'entra tutto cio' con un'Europa libera e dell'autodeterminazione, se i protagonisti temono il voto popolare come il diavolo teme l'acqua santa?

Dobbiamo lottare per l'unione politica europea. Per questo dobbiamo riflettere su cio' che tiene unita l'Europa e su cio' che ne ha moltiplicato il benesssere. Le 4 libertà nei principali mercati europei sono conquiste che le altre regioni del mondo ci invidiano.

Il centralismo di Bruessel deve  tuttavia essere frenato dalla diversità europea e dalla libertà dei suoi stessi popoli auto-determinati. Con la sussidiarietà abbiamo per questo lo strumento adeguato: solo cio' che a livello nazionale non puo' essere gestito e controllato in maniera adeguata, potrà essere accessibile al legislatore europeo. 

venerdì 25 gennaio 2013

Non disturbate il contribuente tedesco


Deutsche Mittelstands Nachrichten, ci spiega perché i salvataggi greci sono scomparsi dai giornali tedeschi e perchè i politici della CDU e della FDP  hanno smesso di bulleggiare gli eurodeboli.  
Alla Grecia servono ancora altri miliardi. La Troika ha tuttavia deciso di non imporre ulteriori misure di austerità in modo da evitare nuovi disordini ad Atene.  E Bruessel non intende in alcun modo compromettere la rielezione di Angela Merkel. Per questa ragione non si parlerà di aiuti finanziari per un po' di tempo.

La Grecia avrà un'altra possibilità per applicare le riforme già negoziate. Nei mesi scorsi di fatto non è successo nulla. Per poter dare una veste di ufficialità a questa situazione di stallo, i rappresentanti del FMI, della BCE e della EU (Troika), hanno deciso di non chiedere al governo Samaras ulteriori misure di austerità.

Ufficialmente la Troka ha concesso la moratoria sul risparmio per dare ai greci la possibilità di mantenere gli impegni sottoscritti. Cosi' scrive il quotidiano greco Kathimerini. I creditori internazionali sono particolarmente insoddisfatti per il sistema fiscale. Lo scorso anno infatti il fisco greco è riuscito a raccogliere appena il 30% delle imposte dovute. Con la pausa sui programmi di risparmio, il governo greco potrà elaborare una possibile soluzione per il problema dell'evasione. 

Di fatto l'intenzione dell'EU è influenzare gli sviluppi in Germania. A Bruessel si teme che i tedeschi, prima delle elezioni politiche, possano rendersi conto che il salvataggaio greco non sta funzionando come dovrebbe. Per poter risanare le finanze greche, infatti, dovranno essere applicati ulteriori programmi di risparmio oppure nuovi miliardi dovranno essere pompati verso Atene, affinché il governo greco possa continuare a servire il debito. Recentemente è emerso che la Grecia per poter raggiungere gli obiettivi di risparmio concordati, avrà bisogno di ulteriori miliardi di aiuto e di un taglio del debito del 25%.

Le forze politiche piu' estreme in Grecia uscirebbero rafforzate da nuove misure di risparmio. E questo è cio' che si teme maggiormente a Bruessel, visto che tali sviluppi non sarebbero controllabili.

Ma soprattutto la Troika vuole evitare che in Germania il malcontento per i pagamenti senza fine verso i paesi in crisi possa sfociare in un movimento euro-scettico. Angela Merkel a Bruessel non è molto apprezzata, tuttavia resta un fattore calcolabile. La cancelliera è infatti nota per la sua capacità di reagire in maniera flessibile alle diverse situazioni.

Negli ambienti internazionali si teme anche che la SPD possa seguire un percorso simile a quello di Francois Hollande e con misure contro le banche e i milionari possa introdurre nel paesaggio europeo un nuovo scenario di lotta di classe. Per i francesi le cose non vanno poi cosi' male: la loro economia è ancora in larga parte controllata dallo stato e il progetto di Hollande è il prototipo di una comunità del debito europea. Dalla Germania, il cassiere dell'EU, a Bruessel ci si aspetta una gestione dell'economia solida.

Se le preoccupazioni sulla lotta di classe, di fronte ai milioni di Euro di onorari di Peer Steinbruck sembrano infondate, a Bruessel si preferisce affidarsi a cio' che è stato già testato. Percio' la moratoria sul risparmio in Grecia significa prima di tutto: il contribuente tedesco per alcuni mesi non dovrà piu' essere disturbato con temi spiacevoli come i pagamenti miliardari o i pacchetti di salvataggio.

La EU da tempo ha un occhio molto vigile sui governi nazionali: in Grecia, il non eletto Lucas Papademos è diventato il salvatore, in Italia l'alunno di Goldman Mario Monti. E' quindi solo una logica conseguenza il fatto che a Bruessel si prenda in considerazione con la stessa attenzione il paesaggio politico interno tedesco.

giovedì 24 gennaio 2013

Il vero discorso di Cameron


Hans-Olaf Henkel, euroscettico della prima ora, ex presidente della BDI (Confindustria tedesca), si diverte a riscrivere il discorso di Cameron sull'Unione Europea. Da Handelsblatt.de
Sotto la pressione di Merkel e Hollande il premier britannico Cameron ha dovuto rinviare il suo tanto atteso discorso sull'Europa - niente doveva interferire con le celebrazioni per il Trattato dell'Eliseo. Che cosa avrebbe potuto dire?

Quando i circa 1.000 deputati del Bundestag e dell'Assemblea nazionale francese festeggeranno al Reichstag il cinquantesimo anniversario del Trattato dell'Eliseo, non mancherà certo il Pathos. Il caso ha voluto che il premier britannico David Cameron abbia rinunciato a tenere lo stesso giorno il suo tanto atteso discorso sull'Europa. L'ha dovuto rimandare su pressione di Angela Merkel e Francois Hollande. Sarebbe stato meglio se l'avessero anche invitato. Forse avrebbe potuto dire qualcosa:

"Madame Chancellor, Mr. President, Deputies of the German and French Parliament!

Vi ringrazio per questo invito che mi dà non solo la possibilità di congratularmi per le vostre nozze d'oro, ma anche l'opportunità di descrivere lo stato della nostra famiglia europea, dal punto di vista di un lontano parente.

Onestamente, a parte i patetici giuramenti di fedeltà che vi siete appena fatti, sono molto sorpreso, perché né a me né alla mia parentela europea è sfuggito il fatto che voi due sempre piu' spesso litigate. Ovviamente le ragioni sono dovute ai diversi punti di vista dei genitori sull'educazione del bambino avuto insieme, a cui avete dato il nome Euro. La madre vuole insegnare al bambino la disciplina tedesca, il padre invece è piu' per il lassez-faire francese.

La parentela del nord Europa è sempre piu' preoccupata perché lei signor Presidente, ogni volta sembra avere la meglio. L'ingresso della Grecia nell'Eurozona fu accettato dal genitore tedesco solo sotto pressione di quello francese. La clausola di "no bail-out", che doveva essere un muro di difesa fra il contribuente tedesco e i politici spendaccioni del sud Europa, è stata rimossa per la pressione francese. L'indipendenza della banca centrale, combattuta dai francesi, si è dissolta dopo le dimissioni dei rappresentanti tedeschi Axel Weber e Jürgen Stark. I meccanismi automatici di sanzione per la mancanza di una disciplina di bilancio, richiesti dalla madre tedesca dopo la passeggiata a due sulla spiaggia di Deauville, sono stati bocciati dal padre francese. Uno ama risparmiare, mentre l'altro preferisce gettare il denaro dalla finestra, e per questo ci si puo' aspettare un ulteriore logoramento del vostro matrimonio. A meno che i risparmi messi da parte durante il matrimonio non siano ridistribuiti sulla base dell'unione bancaria, tanto desiderata dai francesi.

L'Euro tuttavia non porta solo ad uno scontro fra di voi. Quando lei, sig.ra Cancelliera, ha visitato poco tempo fa il nostro zio comune di Atene, ha avuto bisogno della protezione di 7000 poliziotti. E l'Euro sta spaccando a metà la nostra famiglia: paesi Euro e non Euro. Al di fuori dell'Eurozona, solo la Romania vuole  ancora avere a che fare con la moneta unica. Ma c'è una cosa che mi rattrista: noi, i britannici, siamo cosi' stanchi delle continue discussioni alle vostre feste di famiglia chiamate "Euro vertici", che io ora sono totalmente impegnato ad impedire che una maggioranza dei miei concittadini decida di lasciare la famiglia EU. Alcuni di noi vorrebbero addirittura farsi adottare dai parenti sull'altra sponda dell'Atlantico. 

Sebbene lei con la Gran Bretagna, la Polonia e altri alleati non vi troviate in guerra con la Germania, continua a sostenere che l'Euro assicura la pace. Ma proprio oggi qualcuno le deve dire che l'effetto dell'Euro è esattamente il contrario. Sta danneggiando pesantemente l'Europa, e la sta dividendo politicamente.

Vi ringrazio per l'attenzione".

mercoledì 23 gennaio 2013

Jacques Attali sui 50 anni del Trattato dell'Eliseo


Jacques Attali, ex consigliere di Mitterand, intervistato da FAZ,  con grande realismo descrive lo stato delle relazioni franco-tedesche e i passi necessari per ridare vita ad un legame indebolito dalla crisi. Da FAZ.net
Cinquanta anni dopo la firma del Trattato dell'Eliseo il rapporto fra Francia e Germania è in una fase di stallo. Un'intervista con l'ex consigliere presidenziale Jacques Attali.

FAZ: Quale coppia franco-tedesca negli ultimi 50 anni è stata la migliore?

JA: Senza dubbio il duo Mitterand-Kohl. Andavano molto d'accordo, lo posso attestare. La coppia aveva i prerequisiti per non intendersi, e invece sin dall'inizio fra i due è scoppiata la scintilla. Erano ossessionati dalla costruzione dell'Europa. Helmut Kohl è un uomo ammirevole, un uomo molto grande. Insieme hanno fatto cose importanti: l'unione monetaria, lo spazio Schengen, la brigata franco-tedesca e l'inizio dell'integrazione militare fra i due paesi, Frontex- l'agenzia europea per la gestione delle frontiere esterne dell'Unione Europea, il programma di scambio Erasmus. Mitterand e Kohl hanno costantemente contribuito con nuove idee, anche se solo una su dieci poi è diventata realtà. In quel periodo l'integrazione europea procedeva con passi da gigante.

FAZ: Come considera la coppia Merkel-Holland rispetto alla mitica coppia franco-tedesca?

JA: La loro relazione è appena iniziata, è troppo presto per dare un giudizio. Di fatto il rapporto franco-tedesco sarà paralizzato fino alle elezioni del nuovo cancelliere in ottobre.

FAZ: Ma come giudica le relazioni franco-tedesche degli ultimi 10 anni?

JA: Diciamolo, Francia e Germania sono condannate ad andare d'accordo. Dai tempi di Mitterand e Kohl non c'è piu' la stessa vicinanza fra i 2 paesi. Già da molto tempo non vengono lanciate nuove idee. Sul lato francese Chirac, Sarkozy e Jospin non erano degli europeisti convinti. Sul lato tedesco non si è abbandonata l'Europa, ma ci si è rivolti ad altri partner; ad esempio con Gerhard Schröder alla Gran Bretagna di Tony Blair.

FAZ: Nicolas Sarkozy e Angela Merkel, dopo tutto, hanno lavorato a stretto contatto

JA: Si', ma a causa dell'Eurocrisi. In un primo momento si sono guardati con sospetto. Poi hanno iniziato a lavorare insieme, perché volevano evitare un fallimento, le cui conseguenze potevano essere drammatiche. Di fatto le relazioni franco-tedesche da 15 anni vanno avanti ad un livello minimo.

FAZ: Perché?

JA: E' prima di tutto una questione di generazioni. I politici di oggi non hanno vissuto la guerra in prima persona. E non hanno preso al programma di scambio europeo Erasmus. L'Europa per loro non è una necessità assoluta. In questo momento ci troviamo in una fase pericolosa. L'Europa non è governata da europeisti. Angela Merkel in fondo è una prussiana, e per i prussiani l'Europa non ha mai contato molto. Alla fine pero' ha capito che senza l'Europa, la Germania sarebbe crollata.

FAZ: E la Francia?

JA: La Francia ha capito che l'Europa è destinata a sparire se l'integrazione europea non va avanti, e che cio' sarebbe una catastrofe per il paese. La Francia e la Germania hanno un complesso di superiorità. La Germania a causa del suo peso in alcuni importanti settori, la Francia per via della sua demografia. In un certo senso e senza ammetterlo, entrambi i paesi pensano di essere  dipendente l'uno dall'altro molto meno che in passato. L'Eurocrisi ha un vantaggio: ricorda a francesi e tedeschi che sono condannati a lavorare insieme.

FAZ: Quali sono i principali successi del duo franco-tedesco negli ultimi 50 anni?

JA: Al primo posto: è stata definitivamente sepolta l'ascia di guerra fra i due paesi. Il destino dell'uno è indissolubilmente legato a quello dell'altro. Ma è una coppia fragile. Nelle loro teste il legame non ha fatto passi avanti. In Francia, la letteratura, il cinema o la musica della Germania contemporanea non sono conosciuti. C'è poco desiderio di Germania. La coppia franco-tedesca vive da decenni di due brutti ricordi: il comportamento mostruoso dei tedeschi durante la seconda guerra mondiale e la debolezza della Francia nel 1940. Oggi questi ricordi sono sbiaditi. Giustificano tutt'al piu' un matrimonio di convenienza. Storicamente parlando, la Francia si sente molto piu' attratta dalla Russia che non dalla Germania. E lo stesso per la Germania. Questo rapporto ha bisogno di un nuovo spirito.

FAZ: E come lo si potrebbe trovare?

JA: Io credo in primo luogo con dei grandi progetti. Una integrazione delle reti ferroviarie francesi e tedesche. Come sarebbe ad esempio una fusione fra SNCF e Deutsche Bahn?  Io penso ci si dovrebbe orientare all'esempio di EADS. Prima di tutto nel settore farmaceutico e nell'industria automobilistica. In ambito culturale si potrebbero fondare case editrici comuni. Si potrebbe pensare anche a canali televisivi franco-tedeschi

FAZ: Ma c'è già Arte.

JA: Arte è una stazione francese, trasmessa anche in Germania, come una vera joint-venture. Fondamentalmente nell'ambito della cultura e dell'integrazione universitaria resta molto da fare. La dimensione franco-tedesca del programma Erasmus è insufficiente.

FAZ: Negli ultimi tempi a Parigi e Berlino sono cresciute le preoccupazioni per le diverse posizioni in ambito politico, economico e culturale. Anche lei ha questa impressione?

JA: François Mitterrand una volta disse: temo il giorno in cui la Germania sarà guidata da un prussiano. Il momento è arrivato. La Prussia non si è mai interessata all'Europa.

FAZ: Nemmeno Federico il Grande?

JA: Nemmeno Federico il Grande. Ho scritto una biografia di Denis Diderot e le posso assicurare che Federico il Grande era un dittatore terribile. Ha impedito a Voltaire di fare delle pubblicazioni mentre si trovava presso di lui. A un livello piu' profondo le relazioni franco-tedesche sono diventate vittime di una caricatura, vale a dire: la Germania se la sta cavando molto meglio della Francia. Questo è falso. Fra 30 anni ci saranno piu' francesi che tedeschi. I tedeschi non hanno nessuna politica per la famiglia. Le politiche per la famiglia non sono un Club Mediterranée. Riguardano la sopravvivenza di un paese. Senza una politica per la famiglia un paese si suicida a piccoli passi. In questo senso il modello francese è migliore. Io credo che gli stranieri in Francia siano anche molto meglio integrati rispetto alla Germania...

FAZ: Lei sostiene un nuovo federalismo europeo. Quale ruolo dovrebbero avere la Germania e la Francia?

JA: Io credo che l'Unione Europea nel frattempo sia diventata un legame fin troppo debole. Una federazione di 27 stati non puo' funzionare. I parlamentari europei dei 27 stati membri servono a votare le dimensioni delle barre di cioccolato. A Strasburgo invece, gli stessi parlamentari, cioe' quelli dei 17 membri dell'Eurozona, dovrebbero dar vita ad una vera e propria assemblea costituzionale. Ma questo processo non puo' essere guidato né dalla Commissione europea né dai diplomatici nazionali. I diplomatici vivono per Brussel, e la Commissione non ha alcun interesse a lavorare a un progetto che limiti i suoi poteri. Per fare questo c'è bisogno di una forte volontà politica dei rappresentanti eletti e di politici motivati. 

FAZ: Si dice, l'Europa con ogni crisi fa un piccolo passo in avanti. Data la portata dell'ultima crisi non ci si sarebbe potuti aspettare qualcosa di piu' di una unione bancaria, anche se si tratta di un passo importante?

JA: Ci troviamo in una fase di transizione verso un'Europa federale o almeno di un Europa un po' piu' federale. La trasformazione della BCE nel 2012 ha dato ai politici un po' piu' di tempo. La BCE ha spento il fuoco che minacciava di incendiare tutta l'Europa. Ma in un certo senso ha introdotto uno schema piramidale. Assumerà rischi finanziari, se è convinta che i politici intendano agire per ridurre gli squilibri nell'Eurozona. Di fatto nel 2012 in Europa abbiamo vissuto un colpo di stato tecnocratico. La BCE si è sostituita ai politici indecisi, e ha preso il comando dell'aereo europeo. Ma in realtà non si è risolto ancora nulla.

FAZ: Come possono fare i politi europei per tornare al comando?

JA: Con convinzione e una chiara visione. Torno a Mitterand e Kohl. Entrambi avevano un'energia europea enorme. E potevano fare affidamento su un terzo uomo: Jacques Delors al vertice della Commissione. Kohl e Mitterand non avevano paura di nominare un uomo forte per la Commissione. Da allora al vertice della Commissione ci sono stati solo politici deboli. Sono state decisioni suicide. Barroso lascerà presto il suo posto. Se lo si riuscirà a sostituire con un uomo forte come Mario Monti o Pascal Lamy, le carte potranno essere di nuovo mischiate. Presto vedremo se i politici attuali hanno il coraggio politico necessario.