domenica 24 novembre 2019

Deutsche Bank e Commerzbank difendono l'unione bancaria, le casse di risparmio e le banche cooperative non ne vogliono sapere

Per i tedeschi ormai è chiaro che il salvataggio di Deutsche Bank e Commerzbank dovrà passare attraverso una fusione bancaria europea, e questo probabilmente è il motivo dietro la recente accelerazione del ministro Scholz sull'unione bancaria. Leggendo le cronache tuttavia si capisce che il mondo bancario tedesco sul tema è molto diviso. Ne scrive Die Welt


Gli istituti finanziari tedeschi sono divisi sulla proposta del ministro delle finanze Scholz per la creazione di un'assicurazione europea sui depositi. A battersi per la sua creazione è soprattutto Deutsche Bank - con il supporto di una grande banca straniera.

(...) I rappresentanti di alto livello dell'industria finanziaria tedesca ed europea si sono incontrati la scorsa settimana a Francoforte in occasione della Euro Finance Week per discutere di alcuni temi attuali. Uno di questi temi, che il primo giorno ha suscitato notevoli controversie fra i banchieri presenti, è stata proprio la recente iniziativa del ministro delle finanze tedesco Olaf Scholz per l'unione bancaria e il mercato comune dei capitali in Europa.

Scholz circa due settimane fa aveva segnalato la disponibilità della parte tedesca a fare qualche concessione su questo tema. Finora l'assicurazione europea comune sui depositi, infatti, era sempre fallita a causa della resistenza tedesca. Scholz con la sua proposta di istituire un Fondo europeo di assicurazione sui depositi, in gergo noto come EDIS, ha voluto rompere questa situazione di stallo. Si tratterebbe di un fondo che dovrebbe entrare in funzione se i sistemi di garanzia nazionali dovessero andare in crisi.

I prerequisiti per la sua istituzione sarebbero: la standardizzazione delle regole di insolvenza e di risoluzione delle crisi bancarie in Europa, la riduzione dei crediti in sofferenza, in particolare quelli delle banche del sud, e il cambio di status dei titoli di Stato nei bilanci delle banche i quali non dovrebbero essere più trattati come obbligazioni prive di rischio.

Jörg Kukies, Sottosegretario di Stato presso il Ministero delle finanze, a Francoforte ha difeso con forza i piani del suo ministro. "Il mercato bancario europeo è troppo frammentato, ci sono dei grandi svantaggi", ha affermato. La situazione deve cambiare. Kukies ritiene inoltre che le banche dell'Europa del sud nella riduzione dei loro crediti inesigibili siano sulla buona strada.

A dargli supporto anche la consigliera della Bundesbank Sabine Mauderer. "La proposta del ministro delle finanze Olaf Scholz porta un nuovo slancio nella discussione - e questo è esattamente ciò di cui abbiamo bisogno", ha affermato. L'Europa deve integrarsi di più, soprattutto in un momento in cui altri mercati si stanno progressivamente allontanando. E' importante pertanto un'unione del mercato bancario e dei capitali. "Ma una vera unione bancaria richiede anche un'assicurazione comune sui depositi".

Banche cooperative e casse di risparmio contro la responsabilità condivisa

Anche Felix Hufeld, capo dell'organo di supervisione finanziaria BaFin, si è unito a Scholz. "Accolgo con favore l'iniziativa del ministro delle finanze, il quale sta cercando di rilanciare una discussione ormai arenata", ha detto. 

Con la necessaria volontà politica, tuttavia, è possibile raggiungere una soluzione, anche per quanto riguarda l'istituzione di una unione del mercato dei capitali. "È uno dei progetti più importanti dell'Unione europea", ha affermato Huffeld. "E' giusto e meritevole sforzarsi per questo obiettivo".

Ma ci sono state anche forti critiche e queste sono arrivate soprattutto dal lato delle banche cooperative. Uwe Fröhlich, amministratore di DZ Bank, l'istituto di vertice del settore cooperativo, ritiene che le proposte di Scholz siano molto poco attraenti dal punto di vista tedesco. "Nessun cliente tedesco alla fine ne beneficierà", ha affermato. E per il settore sarà piuttosto un peso aggiuntivo. In una direzione simile sono andate anche le critiche del rappresentante delle casse di risparmio: l'industria finanziaria tedesca non ha bisogno dell'Unione bancaria europea.

Tuttavia ciò ha fatto arrabbiare Karl von Rohr, vicepresidente di Deutsche Bank. "Ognuno dovrebbe sapere da sé, se accontentarsi di contare gli gnomi nel giardino del proprio cortile o pensare in grande", ha detto. L'unione bancaria contribuisce a creare un mercato più grande in Europa e questo è cruciale per la sua competitività con America e Cina.

Ovviamente si tratta anche del futuro di Deutsche Bank. Perché dopo il fallimento dell'ultima fusione con Commerzbank, la più grande banca privata tedesca evidentemente ha scelto di orientarsi in maniera diversa. "Per noi, il consolidamento avrà luogo a livello europeo", ha affermato von Rohr. Questo è un altro motivo per cui è importante avere un mercato bancario europeo unico.

Ottenendo peraltro il supporto di un concorrente, Carola von Schmettow, portavoce di HSBC Germany, la quale sostiene la proposta del Ministro federale delle finanze, e anche lei lo considera un prerequisito per la competitività delle banche europee a livello globale. "Abbiamo bisogno di campioni europei", ha detto.

Chi alla fine farà parte di questo scenario ancora non è chiaro, come non sono chiare le prospettive per l'unione bancaria e il mercato dei capitali. Perché il progetto del ministro delle finanze della SPD ha altri oppositori agguerriti fra le fila dei partner di coalizione.

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sabato 23 novembre 2019

Isabel Schnabel - L'unione bancaria è nel nostro interesse

Isabel Schnabel è membro del prestigioso Consiglio dei Saggi economici e prenderà il posto della Lautenschläger nel direttorio della BCE. Intervistata da Mark Schieritz su Die Zeit ci spiega perché l'assicurazione europea sui depositi è fondamentale per favorire la fusione di Deutsche Bank e Commerzbank con qualche altra grande banca europea, ma soprattutto ci dice una cosa interessante, di cui apparentemente anche i tedeschi sono a conoscenza: senza l'introduzione di un safe asset europeo, ad esempio gli eurobond, difficilmente i sud-europei accetteranno l'unione bancaria recentemente proposta da Scholz. Ne scrive Die Zeit



ZEIT ONLINE: Frau Schnabel, il Ministro delle finanze Olaf Scholz ha smesso di opporsi a una garanzia europea sui risparmi. Cosa ne pensa?

Isabel Schnabel: penso si tratti di un tentativo molto importante. Porta un po' di movimento in un dibattito che si era fermato e affronta delle questioni importanti per la stabilità dell'unione monetaria. Fra queste c'è anche l'assicurazione sui depositi, che in Germania non è molto popolare .

ZEIT ONLINE: fino a che punto?

Schnabel: una garanzia sui depositi ha lo scopo di evitare che i risparmiatori in preda al panico corrano a ritirare il loro denaro nel caso in cui dovessero presentarsi dei dubbi sulla solvibilità della banca. I sistemi di garanzia sui depositi, tuttavia, coprono solo una parte dei depositi presso le banche. La credibilità della garanzia sui depositi dipende anche dal fatto che dietro, a sostegno della banca, vi sia lo stato con il suo potere finanziario.

ZEIT ONLINE: perché è un problema?

Schnabel: perché l'assicurazione sui depositi crea un legame fondato sul rischio tra le banche e gli stati. Se la credibilità dell'assicurazione sui depositi risente del fatto che un paese è fortemente indebitato, questo allora può destabilizzare le banche. Un'assicurazione europea sui depositi potrebbe impedirlo.

ZEIT ONLINE: allora si potrebbe anche dire: perché in fondo in Germania dovrebbe interessarci cosi' tanto se una banca in Italia fallisce?

Schnabel: è un'illusione pensare che non siano affari nostri. Le nostre economie e i nostri sistemi finanziari sono fra loro troppo intrecciati. Siamo membri di un'area valutaria comune. Abbiamo visto il danno che una crisi può causare in un piccolo stato membro dell'unione monetaria come la Grecia. È nel nostro interesse che ciò non accada di nuovo.

ZEIT ONLINE: ma i critici dicono: tramite l'assicurazione sui depositi i risparmiatori tedeschi alla fine dovranno pagare per le banche italiane in difficoltà.

Schnabel: in questa affermazione c'è il presupposto che le banche tedesche stiano andando alla grande e quelle italiane vadano male. Nel complesso le cose non stanno necessariamente cosi'. Anche nel nostro paese ci sono banche che non sembrano essere molto brillanti. Inoltre, secondo i piani del ministero delle finanze tedesco, l'assicurazione europea sui depositi funzionerà come una polizza di riassicurazione. In questo modo il rischio viene ridotto al minimo

ZEIT ONLINE: come?

Schnabel: come accade in una compagnia di assicurazioni per auto, ci sarebbe una specie di franchigia. In caso di incidente sarebbero i fondi di garanzia nazionali a dover intervenire. Solo se i fondi nazionali dovessero esaurire le risorse, i soldi arriverebbero dal fondo europeo, ma solo come prestito. A questo punto, vorrei aggiungere, dovrebbe anche essere possibile farsi carico delle perdite.

ZEIT ONLINE: come si finanzierebbe il fondo europeo di assicurazione sui depositi?

Schnabel: tramite i contributi delle banche. Si dovrebbe collegare l'entità di questi contributi al rischio: le banche con un modello di business rischioso o le banche di paesi con istituzioni deboli, ad esempio un regime di insolvenza inefficiente, dovrebbero quindi versare contributi più elevati rispetto alle banche solide dei paesi con istituzioni solide.

ZEIT ONLINE: Scholz propone anche di inasprire le regole che regolano i titoli di stato detenuti dalle banche. Cosa succederebbe?

Schnabel: molte banche nei loro bilanci hanno un livello elevato di titoli di stato nazionali. Ciò rafforza la connessione problematica tra gli stati e le banche, perché se uno stato è nei guai, anche le banche di quel paese avranno difficoltà a detenere obbligazioni. Ciò comporta anche il pericolo che il rischio di un default sovrano venga trasferito a livello europeo attraverso un sistema europeo di assicurazione sui depositi. L'assicurazione europea sui depositi dovrebbe essere pertanto accompagnata da una regolamentazione più rigorosa dei titoli di stato.

ZEIT ONLINE: Wolfgang Schäuble, quando era ancora ministro delle finanze, suggerì di obbligare le banche a garantire i titoli di Stato con il capitale proprio come accade per gli altri attivi. Finora non hanno dovuto farlo.

Schnabel: politicamente è ancora molto controverso, in Europa e soprattutto a livello internazionale. Bisogna stare attenti che il nuovo regolamento non porti a una destabilizzazione del mercato dei titoli di Stato.

ZEIT ONLINE: cosa propone lei?

Schnabel: la copertura con il capitale proprio dovrebbe essere orientata soprattutto alla concentrazione. Su questo tema nel Consiglio dei Saggi abbiamo fatto dei calcoli con diversi modelli. Avrebbe senso se le banche potessero detenere le obbligazioni del loro paese di origine fino a un certo limite, senza dover garantire con del capitale azionario aggiuntivo. Se questo limite viene superato, le partecipazioni obbligazionarie all'aumentare della concentrazione e del rischio di insolvenza dovranno essere garantite da una maggiore partecipazione azionaria. La mia impressione è che Scholz abbia in mente qualcosa di simile. Nel dibattito non dovremmo comunque dimenticare: in nessun altro paese europeo la condivisione del rischio tra stati e banche è cosi' grande come in Germania, perché molte delle nostre banche sono di proprietà statale.

ZEIT ONLINE: gli amministratori di Deutsche Bank e Commerzbank hanno accolto con favore la proposta di Scholz. Come lo spiega?

Schnabel: un'assicurazione europea sui depositi faciliterebbe le fusioni transfrontaliere, che per le principali banche tedesche sono una grande opportunità. Sarebbe un passo importante per ottenere finalmente un vero mercato bancario europeo. Un altro passo essenziale sarebbe una legge uniforme sull'insolvenza bancaria, richiesta anch'essa da Olaf Scholz, per fare in modo che tutte le banche europee siano soggette alle stesse regole.

ZEIT ONLINE: molti economisti dicono: è un problema il fatto che in Europa non vi siano "safe assets", cioè un titolo di debito a prova di fallimento per l'intera unione monetaria.

Schnabel: ciò darebbe alle banche l'opportunità di investire con un'ampia diversificazione in titoli di stato europei senza doversi fare carico di accettare rischi di insolvenza più elevati. Molto dipenderà dalla forma finale del progetto, in modo che non vi siano problemi di incentivi sbagliati. Forse l'unico modo per ottenere un ampio consenso sulle riforme proposte è introdurre dei titoli di debito sicuri.



mercoledì 2 ottobre 2019

Il crescente successo della "quota 98" tedesca

Anche nell'operosa Germania, sono sempre di piu' i lavoratori che non ne vogliono sapere di lavorare fino a 67 anni e che quindi provano a sfruttare la possibilità di andare in pensione a 63 anni con 35 anni di contributi (Frührente). Per evitare le penalizzazioni previste dalla legge (0.3% al mese), occorre tuttavia versare un conguaglio. Ne scrive la Süddeutsche Zeitung


- Sono sempre di piu' i lavoratori che versano volontariamente denaro nelle casse della previdenza sociale pubblica in modo da poter andare in pensione in anticipo senza alcuna penalizzazione.

- Dal 2015, la somma annuale versata con questo scopo è aumentata di otto volte passando a 207 milioni di euro.

- Si può iniziare a pagare i contributi aggiuntivi già dall'età di 50 anni. Una possibilità usata principalmente da chi ha già un buon stipendio, in quanto è costosa.


Per molti è un sogno difficilmente realizzabile: andare in pensione in anticipo, senza subire penalizzazioni per le prestazioni di vecchiaia. Sono soprattutto i redditi piu' alti che da qualche tempo hanno la possibilità di realizzare questo sogno - per niente economico. Per molto tempo è stato un segreto conosciuto solo dagli esperti, recentemente tuttavia è diventato sempre più popolare. In Germania, i lavoratori versano - su base volontaria - somme sempre più elevate alla previdenza sociale pubblica, in modo da poter andare in pensione già a 63 anni, senza tuttavia dover subire per anni delle penalizzazioni finanziarie .

Come annunciato dalla Deutsche Rentenversicherung (DRV Bund), nel 2018 la previdenza sociale pubblica ha incassato circa 207 milioni di euro sotto forma di "contributi volontari per compensare le future riduzioni pensionistiche". Si tratta di un "aumento di oltre otto volte" rispetto al 2015; all'epoca, infatti, erano stati solo 24 milioni di euro. E con una certa soddisfazione, Dagmar König, presidente della Bund DRV, aggiunge: l'aumento dei contributi volontari, non solo "ha un effetto positivo sulle finanze delle casse pensionistiche pubbliche", ma è "anche un segno dell'elevata fiducia dei contribuenti nella sicurezza e nella redditività della pensione pubblica obbligatoria".

Gli esperti finanziari parlano di aspettative di rendimento tra il 2 e il 4 %

Chi l'avrebbe mai pensato? Proprio la tanto vituperata previdenza sociale pubblica in Germania è diventata una  gestione patrimoniale molto ambita. In tempi di tassi di interesse a zero ciò non dovrebbe sorprendere, soprattutto se si considera un fatto importante: in nessun'altra forma di investimento il guadagno consiste nella possibilità di andare in pensione con diversi anni di anticipo.




La tendenza è diventata da tempo evidente. Nel 2018 oltre 100.000 persone assicurate si sono rivolte alla Bund DRV al fine di informarsi sulle condizioni alle quali sarebbero potute andare in pensione anticipatamente. Con la nuova "legge Flexirent", entrata in vigore a luglio 2017 e a lungo ignorata dalla grande maggioranza del pubblico, è stata introdotta una possibilità vantaggiosa per poterlo fare. Da allora, chiunque sia assicurato con la previdenza sociale pubblica e vuole andare in pensione anticipatamente senza penalizzazioni, può versare dei contributi aggiuntivi al fondo pensione. E' particolarmente attraente per i nati nel 1964, o dopo. Per loro, dal 2030 in poi, infatti, verrà applicata l'età pensionabile standard di 67 anni.

Questo limite tuttavia può essere considerevolmente anticipato grazie alle opportunità offerte dalla cosiddetta legge Flexirent: questa "pensione per assicurati a lungo termine" è prevista a partire dai 63 anni, a condizione però che si abbiano almeno 35 anni di contributi versati - compresi maternità, servizio di leva o servizio civile.

Il calcolo di base piu' o meno funziona cosi': ogni mese di anticipo della pensione corrisponde a un - 0,3 %. Calcolato su un anno corrisponde ad una riduzione del 3,6 % (0,3 X 12 mesi). Se vuoi andare in pensione 4 anni prima, devi accettare un meno 14,4 %. Oppure semplicemente aver versato prima alle casse pensionistiche pubbliche una somma, di solito a cinque cifre. Questo pagamento può iniziare già dall'età di 50 anni, ed è possibile il pagamento rateale.

Gli ultimi dati esemplificativi della Bund DRV - chiariscono le dimensioni della questione: se ti aspetti una pensione mensile di 2.400 euro e vuoi andare in pensione due anni prima, avrai una riduzione di  172,80 € al mese, e quindi una pensione ridotta a 2.227,20 €. Chi vuole evitare questa penalizzazione, può pagare in una sola volta 40.766 euro alla previdenza sociale pubblica, oppure rateizzare l'importo.


Gli esperti finanziari citano un'aspettativa di rendimento compresa tra il 2 e il 4%. Cosa rende la questione ancora più attraente: gli aumenti futuri delle pensioni non sono inclusi, tuttavia nessuno dovrebbe aspettarsi che il recente aumento delle pensioni (3,18 % nella Germania occidentale e 3,91 % nell'est) diventi la regola, ancor di piu' se l'attuale rallentamento economico dovesse continuare.

Una domanda completamente diversa: cosa significano la pensione a 63 anni e i relativi pagamenti per le casse pubbliche? Il sistema di previdenza sociale in questo modo verrà indebolito? È a spese dei contribuenti? Le penalizzazioni dal punto di vista del calcolo attuariale sono corrette? Secondo Bert Rürup, il più noto esperto pensionistico in Germania, le penalizzazioni applicabili sono state "definite sulla base delle tabelle di mortalità fissate a metà degli anni '80", da allora sono rimasti invariati. Il fatto è che con queste riduzioni, secondo Rürup, la Germania "nel confronto internazionale si trova in fondo alla classifica". Le penalizzazioni dovrebbero essere impostate in modo "da rendere irrilevante per il sistema pensionistico il pensionamento anticipato o posticipato". Se questo dovesse essere il caso, sarà tanto piu' problematico quanto piu' popolare sarà la pensione a 63 anni.




martedì 1 ottobre 2019

Il grande successo del salario minimo per legge

Nonostante le gufate dei soliti economisti alla H.W. Sinn, il salario minimo per legge, introdotto quasi cinque anni fa, è stato un grande successo e ha dato un importante contributo al boom dell'occupazione degli ultimi anni, soprattutto nelle fasce salariali piu' basse.  Ne scrive il General Anzeiger 


Cosa avevano previsto i critici prima dell'introduzione del salario minimo per legge? Hans-Werner Sinn, uno dei più importanti economisti tedeschi, all'epoca aveva profetizzato fino a 900.000 disoccupati aggiuntivi. Dopo che nel 2015 è stato introdotto il salario minimo di 8,50 euro l'ora, in realtà non è successo nulla di simile - al contrario: l'occupazione è esplosa, anche e soprattutto nelle fasce salariali più basse. La Germania di oggi ha  cinque milioni di occupati e tre milioni di posti di lavoro soggetti a contributi previdenziali in piu'. I salari orari delle categorie a basso reddito sono decisamente saliti.

Quasi cinque anni dopo l'introduzione del salario minimo, il bilancio degli esperti è positivo, le sirene delle cassandre si sono placate. "Noi economisti abbiamo dovuto ammettere che le nostre previsioni erano completamente sballate. I nostri allarmi erano completamente esagerati", afferma Alexander Spermann, esperto di mercato del lavoro di Colonia. La fortunata Germania ha avuto un timing perfetto per l'introduzione del salario minimo: il 2015 si è trovato esattamente nel bel mezzo di una ripresa economica durata quasi dieci anni, e il salario minimo non ha frenato la  crescente domanda di lavoro.

Soprattutto nei settori a basso salario come la ristorazione, la vendita al dettaglio e i servizi di assistenza si è registrato un costante aumento dell'occupazione. Philipp vom Berge studia le implicazioni del salario minimo per conto dell'Institut für Arbeitsmarkt und Berufsforschung (IAB) e conferma che non sono stati rilevati effetti negativi sull'occupazione. "La diminuzione maggiore si è osservata nei mini-job, parzialmente compensata dalle conversioni in lavori part-time soggetti a contributi previdenziali".

Rilevata una crescita aggiuntiva

Contemporaneamente i salari orari nelle fasce piu' basse sono decisamente aumentati. Già ad inizio 2015, la Commissione sul salario minimo aveva registrato un balzo in avanti di oltre il 7 % rispetto al 2014 nei settori in cui il salario minimo era particolarmente diffuso. "Nella parte bassa della distribuzione dei salari dopo l'introduzione del salario minimo per legge, ci sono stati dei chiari aumenti salariali" ricorda Jan Zilius, capo della Commissione per il salario minimo.

In particolare, a trarne maggiore vantaggio sono stati i dipendenti della Germania orientale, i mini-jobber, i lavoratori scarsamente qualificati e le donne. Il salario minimo tuttavia non ha risolto il problema della povertà: perché le persone non erano a rischio povertà, oppure perché gli aumenti salariali non sono stati sufficienti a far aumentare i redditi netti delle famiglie, afferma l'esperto IAB vom Berge. "Una caratteristica che il salario minimo per legge, come strumento di politica del mercato del lavoro, non può soddisfare, è la protezione complessiva dalla povertà", afferma Zilius.

Ora invece si stanno moltiplicando i segni di recessione, e la vera prova del nove per il salario minimo deve ancora arrivare. Le aspettative economiche del Zentrums für Europäische Wirtschaftsforschung (ZEW) sono scese al livello più basso dalla fine del 2011.

Molto dipenderà dalla sopravvivenza del ben sperimentato metodo per la definizione del salario minimo al duro scontro politico. In Germania, diversamente da quanto accade in Francia o nel Regno Unito, è una commissione indipendente a fissare l'aumento annuale del salario minimo, non è compito del governo. Allo stesso tempo, la commissione, composta dai datori di lavoro e dai rappresentanti dei dipendenti, è legalmente vincolata da standard molto precisi. Il salario minimo pertanto deve seguire l'evoluzione della contrattazione collettiva, tenendo conto dell'inflazione e della situazione economica. Fino ad ora il salario minimo di conseguenza è cresciuto solo moderatamente. In Germania si attesta attualmente a € 9,19 l'ora, nel confronto UE si trova a metà classifica.

Per il 2020 la Commissione ha fissato, prima del previsto, un ulteriore aumento a 9,35 euro, che in fase di recessione potrebbe rappresentare un  doloroso aumento dei costi per molte aziende. Ma i datori di lavoro lodano il sistema del salario minimo. "È positivo che il salario minimo segua lo sviluppo dei salari collettivi e quindi una dinamica di costante aggiustamento", afferma Steffen Kampeter, presidente della Confederazione delle associazioni dei datori di lavoro. I sindacati e i partiti alla sinistra del centro la vedono in maniera diversa. Vogliono imporre un salario minimo di almeno dodici euro o anche di più, e alcuni ritengono che la Commissione sia un ostacolo.


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lunedì 30 settembre 2019

Un'autostrada per il populismo tedesco

Le dimissioni di Sabine Lautenschläger dal direttorio BCE e il progressivo allontanamento dalla tradizione della Bundesbank, secondo Anja Ettel, sono il terreno perfetto su cui far crescere e fiorire il populismo tedesco. Ne scrive Anja Ettel su Welt


Mario Draghi nel 2012 probabilmente è riuscito ad impedire il collasso dell'eurozona, ma a causa della sua politica monetaria i tedeschi ora si sentono espropriati della loro previdenza integrativa. Le dimissioni del membro tedesco dal direttorio BCE, Sabine Lautenschläger, sono l'espressione di una crescente alienazione dalla banca centrale europea.

La Banca centrale europea (BCE) fin dalla sua nascita ha sempre sottolineato che la nazionalità, all'interno dell'autorità di controllo della moneta unica, non gioca alcun ruolo. Ancora più notevole è il fatto che nei due decenni dall'avvio della BCE, i tedeschi in piu' di un'occasione abbiano gettato la spugna. Le dimissioni del membro del board della BCE Sabine Lautenschläger sono solo l'ultimo esempio ed espressione di una crescente alienazione. Il divario tra ciò per cui la Bundesbank si era distinta e ciò che la BCE, modellata sull'esempio della banca centrale tedesca, sotto la pressione delle numerose crisi è riuscita a fare, si è ampliato.

La famosa promessa del 2012 del presidente della BCE Mario Draghi di fare "tutto il necessario" per salvare l'euro avrà impedito il crollo imminente dell'unione monetaria. Ma allo stesso tempo ha rappresentato l'addio all'eredità della Bundesbank e al suo attenersi a delle regole ferme e affidabili in materia di politica monetaria. Una valuta che funziona si basa sulla fiducia. Vi sono quindi delle ottime ragioni per stabilire dei confini molto chiari tra la politica fiscale e quella monetaria e per non praticare il finanziamento monetario agli stati.

Negli ultimi anni questa fiducia tuttavia ha sofferto molto. Soprattutto in Germania, dove molti risparmiatori, dopo anni di interessi negativi, si sentono deprivati delle loro pensioni integrative. E tutto ciò da parte di un'istituzione che, per una buona ragione, è separata dal processo democratico e quindi in grado di agire e governare in maniera indipendente. Se i banchieri centrali si allontanano dai cittadini, si crea il terreno fertile per far prosperare i populisti. Anche la BCE dovrebbe prendere sul serio queste preoccupazioni, invece di mettere a tacere queste legittime preoccupazioni fra le proprie fila.

Deve essere chiaro: con le dimissioni di Lautenschläger la Germania non dovrà in alcun modo rinunciare a un posto nel direttorio. La Germania con un buon 26 %, resta il principale azionista. Sarebbe un segnale fatale se il maggiore azionista in futuro non fosse più rappresentato nel direttorio. Pertanto ora si dovrà cercare un guardiano della moneta di alto livello professionale e con una forte tolleranza alla frustrazione. E già questo restringe il numero dei possibili candidati. Il governo federale farebbe bene a non ridimensionare l'importanza della selezione, senza restringere i criteri sulla base del partito o del sesso. C'è troppo in ballo.

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domenica 29 settembre 2019

"Un incarico alla persona sbagliata"

"Lautenschläger non avrebbe dovuto attaccare Draghi, ma Scholz. Le sue dimissioni ci mostrano che non ha mai veramente capito quale fosse il suo compito. La sua uscita di scena pertanto non è un peccato. Si trattava comunque di un incarico assegnato alla persona sbagliata". L'ottima Ulrike Herrmann sulla Taz commenta le dimissioni di Sabine Lautenschläger.


È un danno di immagine per la Banca centrale europea: il membro tedesco del direttorio, Sabine Lautenschläger, ha dato le dimissioni dal suo incarico. Ufficialmente non vengono indicate le ragioni, ma ufficiosamente è chiaro che intende protestare contro la politica monetaria del presidente della BCE Mario Draghi.

Draghi recentemente ha imposto l'acquisto di nuove obbligazioni: a partire da novembre dovranno essere investiti ogni mese 20 miliardi di euro. Le penali per le banche, inoltre, sono state ridotte. In futuro le banche dovranno pagare lo 0,5 % di interessi sui depositi presso la Banca centrale europea, rispetto allo 0,4 % di oggi.


Un grido di protesta ha attraversato la Germania. Ancora una volta si è parlato di un "esproprio" dei risparmiatori tedeschi i quali sarebbero stati privati dei tassi di interesse sui loro risparmi. Le banche si lamentano del fatto che presto finiranno tutte in bancarotta, e molti tedeschi ancora una volta ritengono che la Germania sia "l'ufficiale pagatore d'Europa". La Bundesbank e la Lautenschläger ovviamente hanno fatto del loro meglio per gonfiare ulteriormente questa isteria collettiva presentandosi sulla scena come i critici di Draghi.

Ma questa eccitazione collettiva è chiaramente esagerata. Draghi non è un "Conte Draghila", come è stato soprannominato dalla Bild Zeitung, che succhia il sangue dei tedeschi. La sua politica monetaria è sostenuta da una maggioranza all'interno del Consiglio direttivo della BCE ed è un compromesso: sebbene le banche stiano pagando un tasso di interesse negativo dello 0,5 % - recentemente sono state introdotte molte eccezioni, con le banche che nel complesso devono pagare alla BCE meno di quanto non accadesse fino ad ora. Anche gli acquisti di obbligazioni sono modesti: ci sono stati tempi in cui la BCE spendeva 60 miliardi di euro al mese per rilanciare l'economia dell'Eurozona.

Soprattutto, va ricordato che la congiuntura dell'economia tedesca non è affatto robusta come invece ritengono la Lautenschläger e la Bundesbank. Nel secondo trimestre, l'economia del paese si è fermata, mentre l'umore ai piani alti è pessimo. Non c'è alcun spazio per aumentare i tassi di interesse.

Cosa c'è di vero: la politica monetaria di Draghi non è stata particolarmente efficace. Sebbene la BCE sia stata in grado di impedire il collasso dell'Eurozona, l'economia europea tuttavia non ha mai fatto realmente progressi.

E nessuno lo sa meglio di Draghi stesso. In ogni discorso non manca di sottolinearlo: il potere della banca centrale è limitato. La sua politica sui tassi di interesse può essere efficace solo se i principali paesi dell'eurozona fanno la loro parte. Draghi ha ripetutamente fatto appello alla Germania: i salari nel paese sarebbero dovuti crescere piu' in fretta e il governo tedesco avrebbe dovuto investire di più. Come sappiamo, le cose sono andate diversamente. Il ministro delle finanze della SPD Olaf Scholz continua a insistere sullo "schwarze Null" .

Lautenschläger quindi non avrebbe dovuto attaccare Draghi, ma Scholz. Le sue dimissioni ci mostrano che non ha mai veramente capito quale fosse il suo compito. La sua uscita di scena pertanto non è da considerarsi un peccato. Si trattava comunque di un incarico assegnato alla persona sbagliata.

sabato 28 settembre 2019

Welt - Tempi sempre piu' duri per il risparmiatore tedesco

Prosegue la retorica del risparmiatore tedesco tradito ed espropriato da una BCE ormai saldamente in mano ai latini, questa volta è Die Welt a incensare il contributo di Sabine Lautenschläger e a rammaricarsi per la sua partenza anticipata dalla BCE. Ne scrivono su Die Welt i soliti Anja Ettel e Holger Zschäpitz


Sabine Lautenschläger, membro del board della BCE, si dimette in anticipo sulla scadenza del suo mandato. È già la terza tedesca a gettare la spugna. Secondo le informazioni disponibili a Die Welt, era sempre più frustrata per lo stile autoritario della leadership di Draghi.

Può sembrare paradossale, ma ad inizio anno la quota tedesca della Banca Centrale Europea è salita dal 25,5 al 26,4 %. Dal punto di vista dei contenuti, tuttavia, continua a ridursi l'influenza del maggiore azionista. Il fatto che la Germania al momento all'interno della BCE si trovi sulla difensiva, lo si può  leggere anche nella recente decisione.

Sabine Lautenschläger, il rappresentante tedesco nel consiglio di amministrazione della BCE, ha dato le dimissioni. La ex vicepresidente della Bundesbank lascerà l'incarico a fine di ottobre, due anni prima di quanto previsto dal suo mandato.

Le ragioni della sorprendente decisione, nel secco comunicato stampa della BCE, non sono state indicate. Secondo quanto risulta a Die Welt, tuttavia, Lautenschläger non era più d'accordo con il corso della BCE e apparentemente sempre più frustrata a causa dello stile di leadership autoritario del presidente Mario Draghi. La recente decisione del Consiglio direttivo di tagliare ulteriormente i tassi di interesse e rilanciare il controverso programma di acquisto delle obbligazioni sarebbe stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

"Le dimissioni non sono state una sorpresa, Sabine Lautenschläger da molto tempo ormai nella BCE si trova in un ruolo di opposizione interna e per questo è stata emarginata nella comunicazione", afferma l'ex capo-economista della BCE Jürgen Stark, il quale aveva lasciato prematuramente la banca centrale nel 2011. "Se con i propri argomenti alla lunga non si riesce ad incidere, si può restare fedeli e accettare la situazione. Ma poi devi anche essere in grado di guardarti allo specchio".

Lautenschläger lascerà la BCE esattamente insieme a Draghi. Il mandato del terzo presidente della BCE durerà regolarmente fino al 31 ottobre. Sebbene il successore Christine Lagarde sia considerata piu' conciliante nei modi e nella comunicazione, si può tuttavia supporre che Lagarde  - la cui permanenza dal punto di vista temporale supera di gran lunga la partenza di Draghi - sia probabilmente d'accordo con la decisione presa a settembre. Lagarde, soprattutto, durante la sua audizione al parlamento europeo, ha lasciato intendere che vede ancora spazi di azione aggiuntivi nella politica monetaria della BCE.

Una comprensione completamente diversa della politica monetaria

Il fatto che Lautenschläger per il prossimo futuro non potesse sperare in alcun modo in un cambiamento sostanziale della politica monetaria potrebbe aver contribuito alla decisione. Il modo in cui la decisione è stata comunicata fornisce una visione più profonda dei fatti. Alle 19:45, dopo il normale orario di ufficio, la banca centrale ha informato della decisione di Lautenschläger con sette brevi righe di comunicato.



Lautenschläger è il terzo membro tedesco che in soli due decenni di storia della BCE sceglie di lasciare prematuramente il lavoro nel board della BCE. Nel dicembre 2011, era stato l'allora capo economista Stark a lasciare il consiglio in quanto non voleva sostenere il corso di salvataggio dei paesi in difficoltà avviato dall'allora presidente Jean-Claude Trichet.

In particolare, la frattura allora si era consumata sul programma di acquisto di obbligazioni SMP. Stark come Segretario di Stato presso il Ministero delle finanze aveva svolto un ruolo chiave nella redazione del Patto di stabilità dell'UE tra il 1995 e il 1998 e in qualità di capo economista della BCE non voleva partecipare allo smantellamento del suo lavoro.

"Il problema che spinge i rappresentanti tedeschi a lasciare la BCE mostra chiaramente quanto siano cambiate l'unione monetaria e la BCE", afferma Stark. Chiunque sia cresciuto nella Bundesbank ha una comprensione completamente diversa della politica monetaria e di cosa faccia parte del mandato della banca centrale - e di cosa no.

Nel 2011 si era dimesso anche il capo della Bundesbank Axel Weber. Weber all'epoca era considerato il candidato più probabile per la successione di Trichet, il cui mandato terminava nel 2011. In quell'occasione tuttavia fu l'italiano Draghi a diventare il capo della BCE. Persino il successore di Stark, Jörg Asmussen, trasferitosi dal Ministero delle finanze al Comitato esecutivo della BCE, ha resistito solo 2 anni a Francoforte. La sua partenza, tuttavia, aveva probabilmente a che fare con dei motivi di carriera. Asmussen nel 2014 è tornato nella politica di Berlino.

La BCE perde una sostenitrice della politica monetaria più dura

Lautenschläger, invece, che aveva preso il suo posto nel board, lascia dopo soli cinque anni. La giurista è considerata una profonda conoscitrice delle banche. Si era occupata di vigilanza bancaria già presso la Bundesbank, compito per il quale era stata responsabile anche a livello europeo, fino a febbraio di quest'anno, in qualità di vicepresidente della supervisione bancaria della BCE .

Anche i risparmiatori ne subiranno le conseguenze. La possibile inversione nella tendenza dei tassi di interesse potrebbe essere ulteriormente rimandata. Con la partenza di Lautenschläger, la BCE perde un sostenitore convinto di una politica monetaria più dura. Il predominio delle cosiddette colombe continuerà ad espandersi.

Le prime reazioni del mercato sono state abbastanza chiare: l'euro è sceso al livello più basso dal 2017, in quanto le attese di una politica monetaria più conciliante rendono la moneta unica meno attraente. Allo stesso tempo anche i rendimenti dei titoli di stato a lunga scadenza sono fortemente diminuiti, è probabile infatti che i tassi di interesse rimangano bassi a lungo. In borsa invece hanno perso valore i titoli degli istituti di credito che vivono di interessi. Le azioni di Deutsche Bank sono scese dell'1,5 per cento.

Ora ci si inizia a chiedere chi sarà il successore di Lautenschläger. La Germania, come la Francia e l'Italia, tradizionalmente ambisce ad avere uno dei sei seggi del Consiglio Direttivo. La variante più probabile è che il governo federale invii nel direttorio un'altra donna. Tra i possibili candidati vi sono l'attuale vicepresidente della Bundesbank Claudia Buch o l'economista di Bonn Isabel Schnabel, che è anche un membro del cosiddetto Consiglio dei saggi economici.

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