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sabato 29 luglio 2017

Un giorno all'Arbeitsamt nella ricca Monaco di Baviera

Hartz IV dovrebbe essere un sistema di sicurezza sociale pensato per aiutare le persone in stato di necessità. Per molti disoccupati e sottooccupati invece si è trasformato in un sistema vessatorio ed inutilmente burocratico dove l'unico scopo sembrerebbe essere quello di scoraggiare le persone che effettivamente hanno bisogno di aiuto. La Abendzeitung racconta un giorno qualsiasi in un Jobcenter della ricchissima Monaco di Baviera. Da abendzeitung-muenchen.de


Sono le dieci al Job-center di Monaco Pasing. Dalla sala riunioni esce una donna sulla cinquantina, schiena curva, le mani serrate intorno ad un bastone da passeggio. Piange. 

La donna si chiama Alaya e da quasi un anno vive senza soldi. Durante il suo lavoro come donna delle pulizie è scivolata nella doccia e da allora non riesce piu' a camminare correttamente. L'AOK (cassa malattia) e l'associazione di categoria non riescono a mettersi d'accordo se si tratta di un incidente sul lavoro e sulla responsabilità. 

Fino a quando questa problema non viene risolto, Alaya non riceverà un sussidio di disoccupazione, sebbene ne abbia diritto. La scorsa settimana le è stato consigliato di fare domanda per Hartz IV. E per questa ragione oggi è venuta al Jobcenter.

Ma il certificato del medico relativo alla sua sua impossibilità di lavorare non è ancora arrivato al Jobcenter. Per questo le hanno dato un appuntamento per l'inserimento lavorativo. Se non si presenta sarà sanzionata. E' al suo settimo appuntamento in un ufficio questo mese. Sulla guancia di Alaya scorre una lacrima.

4.3 milioni di persone in Germania percepiscono un sussidio Hartz IV. Quasi il 10% di loro lo scorso anno è stato sanzionato dal Jobcenter. Essere sanzionati significa una decurtazione parziale o totale dell'indennità. Ogni mese a circa 7.700 persone viene tagliato l'intero sussidio di disoccupazione. Devono farcela senza soldi. Se questa pratica dal punto di vista costituzionale sia legale o meno è un tema ancora controverso.

E' possibile tagliare "un salario di sussistenza? Nell'agosto del 2016 il Tribunale Sociale di Gotha ha portato la questione davanti alla Corte Costituzionale. Ci sarà un giudizio nei prossimi mesi: le sanzioni ledono la dignità delle persone?

E' un triangolo delle Bermuda per i documenti

Michael Kuhn - 31 anni, andatura goffa, voce nervosa - è seduto su una delle panche di legno nel corridoio del Jobcenter e aspetta che il suo numero sia chiamato. Per l'ennesima volta questo mese. Deve presentare un documento, ancora una volta. 

Fino a quando non ci sono tutti i documenti il Jobcenter non può trattare la sua richiesta. E fino a quando la sua richiesta non viene elaborata, non riceverà nessuna indennità di disoccupazione. Ma c'è sempre un documento che manca. "Ogni volta", dice Kuhn, "chiedono documenti, che io ho già consegnato da tempo".


L'avvocato Sonja Hein-Schneide definisce i Jobcenter tedeschi come un "triangolo delle Bermuda". Un "triangolo delle Bermuda" per i documenti. "Quando chiediamo l'accesso agli atti", racconta, "negli atti troviamo spesso proprio quei documenti che secondo i Jobcenter sarebbero mancanti".

C'è bisogno dell'estratto conto del mese di dicembre, dice la signora del centro per l'impiego. "Io non ce l'ho", risponde Michael Kuhn. Si guarda le mani. "E' un conto Wirecard, non è possibile stampare gli estratti". Cosa si puo' fare? La signora del Jobcenter non è sicura. Kuhn vorrebbe chiedere a Herr L. (impiegato del Jobcenter). Dovrebbe essere qui in poche ore. "Va bene", dice Kuhn.

Una volta un'impiegata del Jobcenter gli ha anche detto di capire perché la gente qui impazzisce. Sempre in attesa. Porta i documenti. Porta altri documenti. Aspetta. "Non c'è da meravigliarsi se le persone impazziscono e prima o poi si danno fuoco", gli ha risposto - e la signora del Jobcenter ha subito chiamato la sicurezza. 2 uomini grandi e robusti "che sembravano i muppets", dice Michael Kuhn.

"Il problema", afferma Martin Steidl, "di solito non è la malafede dei lavoratori dei Jobcenter, ma il sovraccarico di lavoro". Steidl è stato per quasi 30 anni impiegato in diversi Jobcenter in Germania. Da quando nel 2015 è andato in pensione lavora come volontario per il centro di consulenza per i disoccupati di Ver.di.

"L'intero sistema Hartz IV è stato progettato per fare in modo che per i disoccuppati sia il piu' difficile possibile ottenere soldi dallo stato", spiega Steidl. "Si chiama aiuto auto-repellente". Questo significa che "per ricevere l'aiuto dello stato è necessario superare degli ostacoli  cosi' alti che molte persone sono scoraggiate anche solo dal provarci".

Gli impiegati sono pochi e hanno troppo da fare

Quello di cui ci sarebbe davvero bisogno è una maggiore attenzione per gli utenti dei Jobcenter. "Ma i dipendenti sono pochi e hanno troppo da fare - e per farlo non hanno molto tempo".

Ci sarebbe bisogno dell'estratto conto bancario di dicembre, dice Herr L. del Jobcenter. "Non ce l'ho", risponde Michael Kuhn. "Oh" dice Herr L. Non è possibile chiarirlo in qualche altro modo, chiede Kuhn. Herr L. non è sicuro: "ho inoltrato il suo caso all'ufficio legale", e dice. "Io stesso non posso piu' nemmeno visionarlo". "Va bene" dice Kuhn.

"Questo sistema è stato progettato in maniera cosi' complicata, che non si riesce nemmeno a capire come funziona", dice Tina Mayer - riccioli castani, occhi truccati di nero - si trova davanti al Jobcenter di Monaco Pasing e guarda con occhi socchiusi verso l'edificio. "Mi sto veramente arrabbiando".

Mayer è una madre single e lavora part-time. Poiché i suoi 830 euro mensili non sono sufficienti per sbarcare il lunario insieme alle sue due figlie, ha diritto ad integrare il suo salario con un sussidio Hartz IV.

Almeno fino a tre mesi fa, visto che la sua figlia piu' grande è diventata maggiorenne. "E secondo l'Arbeitsamt ora dovrebbe essere in grado di contribuire al bilancio familiare con il proprio reddito, per questa ragione mi hanno tagliato il sussidio", ci dice.

"Ogni volta che vengo qui, c'è sempre qualcosa che manca"

Sua figlia ha appena finito il liceo, non lavora e quindi non puo' contribuire al bilancio familiare: ha dovuto provarlo al Jobcenter. "Ma ogni volta che vengo qui c'è sempre qualcosa che manca", dice Mauer. Nei mesi scorsi ha fatto debiti, molti debiti: "con 830 € al mese per 3 persone è impossibile pagare l'affitto, i vestiti e il cibo".

Il vero nome di Tina Mayer è un altro. Come per Alaya. Uscire sui giornali con il loro vero nome o la loro foto per entrambe non è proprio possibile. Hanno paura di essere sanzionate dal Jobcenter se si lamentano.

"Non si sa mai quello che puo' succedere", dice Mayer. "Una cosa che ho imparato in questi mesi: quelli del Jobcenter hanno sempre ragione". Sempre."

mercoledì 15 marzo 2017

Il trauma dell'Agenda 2010 (seconda parte)

Riforma necessaria per rilanciare l'economia tedesca oppure progetto neo-liberista fondato sulla svalutazione del lavoro e sulla povertà diffusa? Quali sono stati i risultati dell'Agenda 2010 e delle riforme Hartz? Seconda parte dell'analisi di Die Zeit sugli effetti dell'Agenda 2010. Si arriva da qui-->>


Quali cambiamenti ha portato l'Agenda 2010 per i disoccupati di lunga durata e per le persone bisognose?

Prima dell'Agenda 2010 i disoccupati con almeno un periodo di lavoro alle spalle si trovavano senza dubbio in condizioni migliori. Anche chi non aveva piu' diritto all'indennità di disoccupazione vera e propria, otteneva comunque un sussidio sociale: chi era senza un lavoro in teoria aveva diritto per tutta la vita ad un massimo del 53% dell'ultimo salario netto. Le famiglie ricevevano il 57%, lo stato pagava al massimo 1.500 euro netti al mese.

Le riforme dell'Agenda hanno cambiato questa situazione. A partire dal primo gennaio 2004 a chi è senza un lavoro, al massimo dopo 2 anni di disoccupazione, spetta solo un sussidio Hartz IV. Nell'Est erano 331 € al mese, nell'Ovest 345 € al mese. "Naturalmente per molti c'è stato un peggioramento delle condizioni di vita", dice Eric Seils, ricercatore sul tema della povertà presso la Hans-Böckler-Stiftung. Ad essere colpiti sono stati prima di tutto i disoccupati di lunga durata, che in precedenza guadagnavano abbastanza bene: nel nuovo sistema, diversamente dal sistema precedente, i redditi dei partner si sommano nel calcolo delle prestazioni sociali.

"Ci sono stati anche casi di persone che percepivano un piccolo sussidio di disoccupazione e che grazie ad Hartz IV alla fine hanno avuto piu' denaro a disposizione", aggiunge Michael Löher, direttore del Deutsches Verein für öffentliche und soziale Fürsorge, che fra le altre cose è un consigliere del governo federale per il calcolo delle prestazioni Hartz IV. Secondo uno studio ciò' è accaduto prima di tutto tra le famiglie con molti figli.

Fra i cambiamenti piu' rilevanti c'è stato sicuramente l'aumento delle sanzioni. Senza dubbio anche prima dell'Agenda 2010 era possibile che ad un disoccupato fosse tagliato il sussidio di disoccupazione in caso di rifiuto di un'offerta di lavoro ragionevole. Tuttavia era una scelta a discrezione del singolo impiegato. Con l'Agenda 2010 è stato introdotto invece il principio del "sostenere e dell'esigere". La gamma dei corsi di qualificazione e le offerte di consulenza sono state ampliate, ma per coloro che non collaborano pienamente la legge prevede sanzioni obbligatorie. "Le prestazioni vengono prima drasticamente ridotte, e poi completamente negate", dice Löher del Deutsches Verein für öffentliche und soziale Fürsorge. Il disoccupato resta praticamente senza nulla, l'ufficio del lavoro non paga piu' nemmeno l'affitto e il riscaldamento. Da anni la politica discute del rigido sistema sanzionatorio, soprattutto per i giovani sotto i 25 anni. Sono in molti a chiederne una modifica.

La situazione di chi deve fare affidamento sull'assistenza sociale pubblica si è fatta senza dubbio piu' difficile. Tuttavia molti esperti ritengono che il generoso sistema di assistenza sociale degli anni ottanta e novanta, anche senza l'Agenda 2010, avrebbe avuto comunque bisogno di una riforma. Era semplicemente troppo ingombrante e molto costoso. Anche Seils, ricercatore ed esperto sul tema della povertà, non è favorevole ad un sussidio di disoccupazione basato sul reddito, come accadeva nel sistema precedente. Probabilmente fornisce gli incentivi sbagliati a coloro che lo percepiscono. Sarebbe importante invece un prolungamento dell'attuale sussidio di disoccupazione ad almeno 20 mesi. "Chi diventa disoccupato deve avere la possibilità di ricevere una somma di denaro che gli permetta di mantenere il tenore di vita precedente, e che non lo trasformi immediatamente in una persona bisognosa", dice Seils.

L'Agenda spinge le persone verso un rapido declino sociale?

E' un paradosso: l'economia in Germania continua a crescere, la disoccupazione è bassa come non accadeva da molto tempo. Eppure sono in molti a temere una riduzione del proprio tenore di vita e della propria posizione sociale - seguendo quanto detto pochi giorni fà da Martin Schulz: "Cresce la paura di perdere il proprio status sociale", ha dichiarato il candidato alla Cancelleria della SPD. E cosi' intende motivare la sua proposta di correzione dell'Agenda 2010.

Cresce fra i tedeschi la paura di perdere la propria posizione sociale, lo mostrano molte indagini. Tuttavia fra gli esperti non c'è accordo su quale sia stato il ruolo dell'Agenda 2010. "La perdita reale è molto inferiore rispetto a quella percepita", dice il sociologo Oliver Nachtwey. "Soprattutto nel ceto medio c'è stabilità. Ma è nella parte piu' bassa della società che ci sono molte preoccupazioni".

Nachtwey descrive la situazione attuale come una scala mobile che va verso il basso. "Chi non corre abbastanza in fretta verso l'alto, finisce in fondo alla scala". Puo' accadere ad esempio ad un lavoratore specializzato, che dalla disoccupazione finisce in Hartz IV, oppure ad un giovane che ottiene solo un contratto a tempo determinato e non sa se prima o poi sarà assunto a tempo indeterminato. "L'Agenda 2010 è stato il catalizzatore di un processo che sicuramente era iniziato anni prima", dice Nachtwey.

Le riforme hanno tuttavia accelerato questo processo. Non solo è aumentata la pressione sui disoccupati affinché accettino un posto di lavoro al di sotto della loro qualifica. Ma è stato creato un settore a basso salario che oggi impiega piu' del 20% di tutti gli occupati. La minaccia della povertà non è molto lontana. "Si cade piu' in fretta e piu' a fondo. Solo l'idea di poter cadere verso il basso ha terrorizzato molti", dice Nachtwey.

Allo stesso tempo oggi circa 7.5 milioni di persone lavorano in condizioni precarie - come lavoratori interinali, a tempo parziale, con contratti a tempo determinato oppure con una catena di contratti temporanei. Anche questo è un risultato dell'Agenda 2010.

Markus Promberger, ricercatore presso l'Institut für Arbeitsmarkt- und Berufsforschung (IAB) ritiene che il motivo principale della paura di perdere il proprio status sociale sia stato il taglio dei sussidi di disoccupazione, legati allo status del lavoratore, e la riduzione della loro durata. "Un cambiamento che ha toccato la convinzione dei lavoratori di essere parte del ceto medio della società. Ora sanno che è possibile cadere velocemente".

Al momento la paura è smorzata dalla buona congiuntura economica. "Ma alla prossima crisi tornerà probabilmente a manifestarsi con forza" Il sociologo Heinz Bude parla di ansia latente.

Che cosa ha fatto l'Agenda 2010 per la competitività? 

La disputa è antica quanto l'Agenda 2010. E ruota attorno ad una domanda apparentemente semplice: le riforme hanno migliorato la competitività delle imprese tedesche? Una risposta chiara non c'è - come spesso accade, quando sono gli economisti a discutere.

Hans Werner Sinn ha una posizione chiara sul tema. L'ex presidente dell'IFO di Monaco, uno degli economisti piu' influenti del paese, già da diversi anni criticava lo stallo delle riforme in Germania, prima che il governo di Gerhard Schröder riformasse in maniera radicale il mercato del lavoro. Il suo libro "La Germania puo' essere ancora salvata?" è uscito nel 2003 - esattamente nell'anno in cui Schröder ha annunciato il suo piano di riforme. Lo si puo' considerare un modello.

All'epoca l'economia tedesca non aveva ancora digerito la riunificazione e dopo lo scoppio della bolla delle "dot.com" e gli attentati dell'11 settembre soffriva le conseguenze di una crisi economica globale. Nell'Europa dell'est i salari erano piu' bassi, i lavoratori pero' ugualmente qualificati - molte imprese industriali avevano deciso di trasferire i loro impianti in quei paesi. Le barrriere commerciali erano cadute, e la concorrenza si era fatta piu' difficile. 

Per tenere il passo, in Germania i salari dovevano crescere piu' lentamente, cosi' chiedeva Sinn. Le differenze salariali dovevano accentuarsi e il mercato del lavoro aveva bisogno di piu' flessibilità. "La scelta migliore (...) sarebbe quella di lasciare le forze di mercato libere di determinare il livello dei salari". La sua proposta corrispondeva allo spirito del tempo. "Per i lavori piu' semplici, il salario in molti casi sarà piu' basso di quanto possiamo ritenere accettabile dal punto di vista sociale", scriveva Sinn. Per compensare queste differenze lo stato dovrà pagare delle integrazioni salariali.

Da molti anni Sinn loda l'Agenda 2010. Avrebbe aumentato la competitività tedesca creando un settore a basso salario e garantendo una crescita moderata dei salari, anche nel ceto medio. Soprattutto per le persone poco qualificate è stato piu' facile trovare un impiego. "La disoccupazione di massa, che all'epoca era dilagante, è scomparsa".

La moderazione salariale dei sindacati ha sostenuto il trend. Nel complesso i costi per le aziende tedesche sono cresciuti piu' lentamente rispetto ad altri paesei - anche grazie all'Euro, che già prima della sua introduzione, sin dagli anni '90, aveva fatto scendere i tassi in Italia, Spagna e Portogallo sostenendo aumenti salariali molto al di sopra della crescita della produttività, soprattutto nel settore pubblico e nelle costruzioni.

Peter Bofinger, professore di economia a Würzburg e da molti anni membro nel Consiglio dei Saggi economici ritiene invece che le valutazioni di Sinn sulla crisi di quegli anni fossero una "diagnosi chiaramente errata". L'economia tedesca all'epoca non era gravemente malata, scriveva nel 2013 sulla Taz. "Percio' non c'era fondamentalmente nulla da cui guarire". La Germania è competitiva grazie alle sua forte industria, alla leadership nella meccanica, alla  indipendenza finanziaria delle aziende dal mercato dei capitali - oggi come allora.

I salari tuttavia non sarebbero cosi' importanti per avere successo nell'esportazione delle auto di lusso, dice Bofinger "Sono solo una piccola parte dei costi di produzione". E anche se non fosse cosi': il trend verso un abbassamento dei salari in verità è iniziato verso la fine degli anni '90, chiaramente prima dell'Agenda 2010. "Era una strategia dei sindacati per difendere i posti di lavoro". Oggi Bofinger nel suo giudizio è chiaro come Sinn, solo che arriva alla conclusione opposta: "dell'Agenda 2010 non ho mai avuto una grande opinione".

La domanda chiave nella disputa sull'Agenda 2010: le riforme hanno davvero avuto un ruolo importante nell'abbassare il costo del lavoro per le imprese? Oppure la pressione sui salari è aumentata molto tempo prima? La verità probabilmente sta nel mezzo. "La fase di moderazione salariale è iniziata prima dell'Agenda 2010", dice Stefan Kooths, capo del centro per le previsioni economiche dell'Institut für Weltwirtschaft di Kiel. "Tuttavia l'Agenda aveva elementi che hanno spinto verso il basso soprattutto i salari delle persone meno qualificate".

E anche secondo Achim Wambach, presidente del Zentrum für Europäische Wirtschaftsforschung di Mannheim, la competitività economica non è migliorata solo grazie alla moderazione salariale. Una ulteriore condizione favorevole è stata creata dal governo Schröder quando nel 2000 ha permesso alle società di capitali di vendere esentasse le partecipazioni incrociate che le tenevano legate fra loro. In questo modo sono stati resi disponibili per gli investimenti miliardi di Euro. Era la fine del vecchio modello Deutschland AG - una "riforma che ha portato un grande dinamismo", dice Wambach. "E con l'Agenda 2010 non aveva nulla a che fare"

domenica 12 marzo 2017

Il trauma dell'Agenda 2010

Riforma necessaria per rilanciare l'economia tedesca oppure progetto neo-liberista fondato sulla svalutazione del lavoro e sulla povertà diffusa? Quali sono stati i risultati dell'Agenda 2010 e delle riforme Hartz? Sarà il tema centrale della campagna elettorale, Die Zeit prova a fare un'analisi delle riforme introdotte dal governo rosso-verde guidato da Gerhard Schröder. Da Die Zeit - (prima parte)


L'Agenda 2010 ha precarizzato il mercato del lavoro?

Uno degli obiettivi del governo rosso-verde era quello di ridurre la disoccupazione, all'epoca intorno al 10%. In particolare erano i disoccupati di lungo periodo e i lavoratori con una bassa qualifica a dover trovare un nuovo lavoro - anche se mal pagato. Il governo ha semplificato l'assunzione dei lavoratori con un orario ridotto ed ha deregolamentato il lavoro interinale. E' diventato possibile impiegare i lavoratori interinali a tempo indeterminato ed è stato eliminato il principio secondo il quale i lavoratori interinali devono essere pagati come quelli a tempo indeterminato.

Tuttavia, secondo l'economista Holger Schäfer dell'Institut der Wirtschaft (IW) di Colonia, "l'Agenda e il boom del settore a basso salario spesso sono erroneamente messi in collegamento fra loro". Il settore a basso salario in Germania ha avuto una lunga fase di crescita - soprattutto fra il 1997 e il 2007. "La crescita era iniziata ben prima dell'Agenda 2010, che invece è entrata in vigore nel 2003/2004".

Secondo la definizione internazionale, chi ha un salario orario lordo inferiore al 60% del salario mediano è considerato un lavoratore a basso salario. In Germania, verso la metà degli anni '90, circa il 15% dei lavoratori rientrava in questo gruppo. Secondo il calcolo fatto dal Deutsches Instituts für Wirtschaftsforschung (DIW) la percentuale oggi è cresciuta fino a superare il 20% di tutta la forza lavoro. Anche secondo i dati del DIW la crescita è iniziata negli anni che hanno preceduto l'Agenda.


Piu' lavoro temporaneo, piu' minijobs

Le riforme dell'Agenda sarebbero la risposta ad un problema che di fatto la Germania all'epoca non aveva, vale a dire una bassa competitività. Già all'inizio degli anni 2000 la Germania aveva raggiunto un surplus commerciale, dice Gerhard Bosch dell'Institut Arbeit und Qualifikation dell'Università di Duisburg. La ripresa economica è arrivata tuttavia a partire dal 2004, quando le riforme dell'Agenda erano da poco entrate in vigore. "L'effetto delle leggi Hartz è stato proprio quello di impedire un aumento dei salari nella fascia media e bassa. Nonostante la crescita economica di quegli anni, il settore a basso salario ha continuato a crescere".

Sono state soprattutto le nuove leggi relative al lavoro interinale ad aver avuto un forte impatto. Il numero dei lavoratori in questo settore è piu' che triplicato, dai 300.000 di allora agli oltre 900.000 di oggi; negli anni è cresciuto e si è sviluppato un duraturo settore a basso salario. Le cifre ufficiali lo confermano: secondo la Bundesagentur für Arbeit nel 2014 il reddito mediano di un lavoratore dipendente a tempo pieno era di 3.024 € lordi al mese, quello di un lavoratore interinale era di 1.758 € lordi al mese. L'aumento del lavoro interinale ha quindi contribuito ad una ulteriore estensione del settore a basso salario, anche se questa tendenza era già iniziata negli anni novanta.


La seconda grande riforma dell'Agenda era indirizzata ai lavori a tempo ridotto - meglio conosciuti come minijob. Dal 2003 è infatti possibile guadagnare fino a 400 € mensili con un minijob, prima erano 325 €. In questo modo anche i lavori con un numero ridotto di ore sono diventati attraenti. "A partire dal 2004 è iniziato il boom dell'occupazione a tempo parziale", conferma Schäfer dell'IW di Köln. 

I dati della Bundesagentur für Arbeit indicano che nel novembre 2016 in Germania c'erano circa 4.7 milioni di minijobber. Secondo una recente ricerca della Hans-Böckler-Stiftung, circa la metà dei minijobber guadagna meno del salario minimo fissato dalla legge: i datori di lavoro semplicemente chiedono ore aggiuntive di lavoro senza che queste vengano retribuite.

L'agenda 2010 è stata la causa del boom nel mercato del lavoro?

Secondo la Bundesagentur für Arbeit  (BA) il numero dei disoccupati nel febbraio 2017 era di 2.762.000 persone. In termini percentuali è pari al 6.3%. I numeri lo mostrano chiaramente: a piu' di dieci anni dall'entrata in vigore delle cosiddette riforme Hartz, la situazione sul mercato del lavoro tedesco è molto buona. Nel gennaio 2005, quando sono entrati in vigore gli ultimi provvedimenti dell'Agenda, c'erano 4.8 milioni di disoccupati.

Dietro questi dati  tuttavia c'è un trucco statistico. Ma anche se al numero dei disoccupati fossero aggiunte, ad esempio, le persone sottoposte ad una misura dell'ufficio del lavoro oppure che si trovano in una situazione di pre-pensionamento - e la BA parla di sottooccupazione invece che di disoccupazione - il trend resterebbe positivo. A febbraio 2017 c'erano 3.76 milioni di sottooccupati, all'inizio del 2005 erano circa 6.1 milioni. Tra il 1992 e il 2005  sono scomparsi circa tre milioni di posti di lavoro con un'assicurazione sociale. Dal 2005, tuttavia, sono stati creati diversi milioni di nuovi posti di lavoro.


E' allora possibile considerare le riforme Hartz come la forza trainante del boom nel mercato del lavoro. E' davvero cosi'? "Alla domanda, quali sono i veri meriti dell'Agenda 2010, probabilmente non potremo mai rispondere al 100%", dice Schäfer dell'IW Köln. Il motivo: non c'è uno scenario di confronto. Nessuno può' dire come si sarebbe sviluppato il mercato del lavoro senza le riforme.

E' aumentata la paura di perdere la posizione sociale.

Secondo Schäfer ci sono indizi abbastanza chiari per poter parlare di un successo dell'Agenda. Un indicatore importante sarebbe la soglia di occupazione. Descrive quale deve essere la crescita economica minima affinché possano essere creati nuovi posti di lavoro. Nel 2000, per poter mantenere costante la disoccupazione, era ancora necessaria una crescita del PIL dell'1.9%. Nel 2011 questa soglia è scesa all'1.4%.

In particolare Hartz IV unificando le prestazioni sociali e le indennità di disoccupazione ha aumentato l'incentivo ad accettare un lavoro, dice Schäfer. Lo si vede statisticamente nel passaggio ad Hartz IV: "poco prima che finisca il sussidio di disoccupazione, in molti accettano un lavoro", dice Schäfer. C'è molta paura di diventare Hartz IV, senza poi riuscire ad uscirne. Prima delle riforme, invece, i disoccupati erano finanziati dai sussidi di disoccupazione in maniera quasi indeterminata.

Ma Schäfer dice anche: non è solo merito dell'Agenda 2010: "la crescita economica, lo sviluppo demografico e non ultima la moderazione salariale hanno contribuito alla riduzione della disoccupazione". Le riforme sono arrivate al momento giusto, e hanno contribuito a ridurre la crescente disoccupazione tedesca.

"Il mercato del lavoro oggi funziona meglio", dice Enzo Weber, dell'Institut für Arbeitsmarkt und Berufsforschung (IAB). In uno studio si è occupato del cosiddetto matching fra domanda e offerta sul mercato del lavoro. Vale a dire: disoccupati e lavoro riescono ad incontrarsi? "Dal 2005 sono aumentate in maniera significativa le possibilità di uscire dalla disoccupazione", scrive Weber in uno studio sull'Agenda 2010. Con l'Agenda è diminuito il rischio di una cronicizzazione della disoccupazione - con i rischi connessi per la partecipazione al mercato del lavoro e alla vita sociale.


Che cosa ha fatto l'Agenda 2010 per i disoccupati di lunga durata?

Un obiettivo chiave delle riforme Hartz consisteva nel riportare rapidamente i disoccupati sul mercato del lavoro. Per ottenere questo risultato le riforme cercavano di fare pressione prima di tutto dal punto di vista finanziario: chi è disoccupato da oltre un anno in maniera continuativa - disoccupati di lungo periodo - dal 2005 ha diritto solo al sussidio di base Hartz IV. I sussidi di disoccupazione, in precedenza erogati a tempo indeterminato e decisamente più' alti, sono stati aboliti.

Allo stesso tempo le riforme Hartz hanno perseguito l'obiettivo di riportare sul mercato del lavoro i percettori di un sussidio sociale. Chi è in grado di lavorare almeno 3 ore al giorno è considerato disoccupato e deve essere intermediato dai Jobcenter oppure riqualificarsi, esattamente come accade a tutti gli altri disoccupati.

Nel 2006, un anno dopo l'introduzione di Hartz IV, il numero dei disoccupati di lungo periodo ha raggiunto il livello massimo di circa 1.86 milioni. Nel 2016 erano scesi invece a 993.073.

Forte calo nei primi anni

Particolarmente evidente è il calo dei disoccupati di lunga durata fra il 2006 e il 2009, oltre 700.000 in meno. Tim Obermaier, ricercatore presso l'Institut für Sozialpolitik und Arbeitsmarktforschung di Koblenz (ISAM) è convinto che questo drastico calo nei primi anni delle riforme Hartz sia dovuto soprattutto al fatto che i destinatari di un sussidio sociale, che inizialmente erano stati dichiarati erroneamente in grado di lavorare, in seguito sono scomparsi dalle statistiche. Ulrich Walwei, vicedirettore dell'Instituts für Arbeitsmarkt- und Berufsforschung, contraddice questa interpretazione. Le riforme Hartz avrebbero reso il mercato del lavoro piu' ricettivo. E questo avrebbe aiutato anche i disoccupati di lunga durata.

Tuttavia è evidente che il trend positivo dei primi anni si è arrestato: fin dal 2011 il numero dei disoccupati di lunga durata è rimasto relativamente costante intorno a un milione. E' necessario considerare che anche una malattia oppure un periodo di occupazione di poche settimane puo' essere sufficiente per far ripartire dall'inizio il calcolo sulla disoccupazione. Il numero delle persone che da oltre un anno è senza un lavoro in realtà sarebbe nettamente superiore.

Il giudizio sulle riforme Hartz non puo' dipendere solo dal numero di disoccupati di lunga durata che hanno trovato un nuovo lavoro, secondo Walwei, ma anche dal numero di coloro che non lo sono ancora diventati. L'introduzione del reddito di base (Hartz IV) si è trasformato in un importante incentivo che ha spinto molte persone a cercarsi e ad iniziare quanto prima un nuovo lavoro.


>>Continua<<

venerdì 9 settembre 2016

AfD è il figlio tardivo dell'Agenda 2010

Christoph Butterwegge, professore all'Università di Colonia, politologo e ricercatore sul tema della povertà, politicamente vicino alla Linke, intervistato da deutschlandfunk.de prova a spiegare le ragioni della rapida ascesa di AfD. Da deutschlandfunk.de



AfD in forte ascesa, la SPD perde voti. Per il politologo Christoph Butterwegge c'è un collegamento diretto. "AfD è il figlio tardivo dell'Agenda 2010", ne parla il professore di Colonia in un'intervista a Deutschlandfunk (DLF). Il salario minimo o la pensione a 63 anni non cambieranno la situazione, queste riforme molto spesso non raggiungono le persone per le quali erano state pensate.

DLF: La SPD nei sondaggi raggiunge il minimo storico del 21 %. Questo dato esprime probabilmente gli effetti di una politica sociale sbagliata, di questo parlero' con il professor Christoph Butterwegge, politologo e ricercatore sul tema della povertà all'Università di Colonia che recentemente ha pubblicato anche un libro sul tema: "Reichtumsförderung statt Armutsbekämpfung". La SPD celebra se stessa per i suoi successi politici - è stato introdotto un salario minimo, la pensione a 63 anni e recentemente sono stati proposti miglioramenti per i contratti interinali. Anche questa è politica sociale - perché il messaggio non arriva agli elettori?

Butterwegge: Sono miglioramenti solo marginali. Il salario minimo ad esempio non cambia la situazione per la maggior parte dei percettori di un sussidio Hartz IV. Riesce forse a migliorare le condizioni in alcuni casi, nelle fasce salariali piu' basse, ma il cosiddetto settore a basso salario (Niedriglohnsektor) comprende ormai quasi un quarto dei lavoratori. E questa situazione non è cambiata con il salario minimo, per questa ragione non c'è fiducia nella SPD e nella sua capacità di fare qualcosa per i piu’ bisognosi. Anche le politiche di contenimento degli affitti (Mietpreisbremse) sono modeste, la pensione a 63 anni di cui lei parlava è un provvedimento che riguarda i lavoratori con 40 anni di contributi, vale a dire persone che sono state impiegate continuativamente per 40 anni, con tutti i contributi previdenziali pagati per decenni, e che non sono minacciate dalla povertà. Per evitare che nella nostra società aumenti il rischio povertà, soprattutto fra gli anziani, la SPD non ha fatto niente. Al contrario, con la riforma delle pensioni questa paura si è ulteriormente diffusa. Per me AfD è il figlio tardivo di questa agenda di riforme.

DLF: di questi dubbi, di queste paure, sta beneficiando AfD, almeno questo è quanto lei ci fa intendere. La SPD è quindi il principale responsabile dell'ascesa di AfD?

Butterwegge: Se non è colpevole è comunque responsabile, assistiamo a due curve che si muovono in maniera opposta, da un lato l’ascesa di AfD e dall’altro la caduta della SPD. E’ evidente che una parte degli elettori della SPD si sono spostati verso AfD: persone senza un lavoro, lavoratori non specializzati, persone che non hanno più fiducia nella SPD e nella sua capacità di garantire la giustizia sociale e di contrastare le disuguaglianze sociali. A causa della loro delusione si rivolgono ad AfD, sebbene io non credo che questa forza politica sia per una maggiore giustizia sociale.

DLF: volevo chiederle anche questo, se c’è un legame con il voto dei poveri, dei disoccupati e degli Hartz IV – si puo’ dire che votano per AfD?

Butterwegge: soprattutto se e quando vanno a votare – e questo fra gli Hartz IV e fra gli indigenti delle grandi città non accade spesso. La partecipazione al voto è scesa di molto, ma se e quando vanno a votare, sono naturalmente molto frustrati, e guardando al risultato elettorale in Sachsen-Anhalt, è facile capire che i disoccupati e i lavoratori non specializzati hanno votato anche per AfD, e che la SPD, che un tempo era il partito dei lavoratori, oggi non lo è piu’. E’ un trend naturalmente presente anche in altri paesi europei. Se penso all’Austria, anche la FPÖ a Vienna, da sempre la capitale della socialdemocrazia, prende molti voti dai lavoratori. E’ ormai evidente: dalla SPD o dalla SPO in Austria gli elettori non si aspettano molto. A causa di questa delusione ci si rivolge a una forza nuova, AfD, perché si spera che possa opporsi all’establishment. Io non credo che questi elettori possano realmente credere ad una effettiva capacità di AfD di difendere i loro interessi, perchè leggendo il programma politico, è chiaro che non c'è nulla per gli indigenti, per i disoccupati e per le persone socialmente svantaggiate.

DLF: ma leggendo il programma AfD potrebbe anche sembrare un partito per le persone svantaggiate? Per quanto riesco a capire, propongono ad esempio un salario minimo, la difesa dello stato sociale, l'ammodernamento di Hartz IV con ulteriori possibilità di guadagno - non suona poi cosi' male.

Butterwegge: se si guardano le altri parti del programma, si nota subito l'abolizione della tassa di successione. Si tratta di un punto evidentemente a favore delle persone abbienti, non certo dei nullatenenti. Soprattutto per gli imprenditori, che potranno ereditare aziende intere senza dover pagare alcuna tassa. Sono punti del programma che mi fanno pensare che AfD è il partito di chi ha paura di perdere la propria situazione privilegiata. Un partito della piccola borghesia che nella crisi teme di finire schiacciata dall'alto e dal basso. Posso fare un parallelo storico con la Repubblica di Weimar, senza voler fare un paragone con l'ascesa dei nazisti, è evidente che la piccola borghesia in Germania, quando è travolta dalla paura, si sposta politicamente a destra. Io penso che nell'Ovest, mi riferisco alle elezioni regionali del Baden-Württemberg, non sono stati i disoccupati a dare slancio elettorale alla AfD, sono stati soprattutto gli elettori della classe media, della piccola borghesia, che temono di perdere il loro benessere.

DLF: ma le paure sono veramente così grandi? Se guardiamo agli ultimi dati, l'economia tedesca e i consumi crescono, i timori non dovrebbero essere poi cosi' fondati.

Butterwegge: beh ma queste statistiche e queste indagini ci dicono che le prospettive per l'economia e per l'industria sono positive. Ma lo stato d'animo personale e la paura di una vecchiaia in povertà, dovuta all'indebolimento del sistema pensionistico, questi timori sono presenti. E' piu' probabile che le persone votino secondo il loro stato d'animo che non secondo le stime sugli utili di Siemens, di Allianz o Daimler. Probabilmente è cosi'...

DLF: e questo secondo le sue valutazioni significa che AfD ha ancora un grande potenziale ed è qui per rimanere a lungo.

Butterwegge: temo di sì, anche perché si stanno muovendo in maniera molto professionale. Basta guardare al modo in cui con la loro politica anti-euro sono riusciti a raccogliere consenso sulla paura che i paesi in crisi ci portino via i nostri risparmi e il nostro benessere, oppure la campagna anti-rifugiati e la capacità di catalizzare le paure di una invasione straniera. Oppure in primavera quando hanno avviato un nuovo corso politico anti-islam dopo aver preso atto che la politica anti-rifugiati non tirava piu' come prima, visto che ne arrivavano sempre meno. E' evidente che la politica viene fatta in maniera professionale, per questo credo che AfD non sia un partito effimero destinato a scomparire in fretta.

martedì 19 novembre 2013

Il tentativo di Merkel di imporre l'Agenda 2010 a tutta l'Eurozona è destinato a fallire

Eric Bonse, columnist della Tageszeitung ed esperto di affari europei, ci annuncia che il primo fallimento della Grosse Koalition sarà in Europa: non riusciranno ad estendere l'Agenda 2010 all'Eurozona per mancanza di risorse, ma soprattutto per mancanza di soliderietà. Da TAZ.de


Angela Merkel sta fallendo nel suo tentativo di imporre agli altri paesi UE le riforme strutturali ispirate al modello tedesco. Senza un incentivo finanziario nessun paese imboccherà questa strada  - e i soldi semplicemente non ci sono.


La trasformazione dell'Eurozona in una "vera unione monetaria" si sta arenando. Dopo che la Grosse Koalition ha preso definitivamente le distanze dagli Euro-bond, anche un'altra iniziativa alquanto controversa portata avanti da Angela Merkel rischia di fermarsi ancora prima di partire: per i cosiddetti trattati di riforma, con i quali tutti i paesi della zona Euro dovrebbero impegnarsi in maniera formale ad introdurre riforme strutturali sul modello dell'Agenda 2010, semplicemente non ci sono i soldi.

Merkel circa un anno fa aveva tirato fuori dal cilindro i nuovi trattati per spingere sulla strada delle riforme paesi riluttanti come Italia e Francia. Dopo una lunga esitazione il presidente francese Hollande aveva accettato, chiedendo pero' in cambio la messa a disposizione di risorse finanziare per sostenere le riforme. Recentemente il presidente socialista ha chiesto un'assicurazione comune contro la disoccupazione per tutti i 17 paesi Euro. Il Parlamento europeo e la Commissione hanno messo al lavoro i gruppi di esperti per la preparazione del progetto.

Ma ora è arrivato lo stop al progetto - almeno per il momento: di una cassa comune contro la disoccupazione a Bruxelles non si parla piu', come riportano gli esperti della Commissione. Anche il "meccanismo di solidarietà" annunciato al vertice UE di ottobre, con il quale si dovrebbero sostenere finanziariamente le riforme, non fa passi avanti. Fino ad ora non si è nemmeno accennato ad una somma per finanziare il progetto.

Anche per il prossimo vertice di dicembre non possiamo aspettarci nessuna decisione, come riportano le fonti TAZ negli ambienti UE. Da un lato Merkel vorrebbe che la Francia e gli altri paesi dell'Eurozona dessero avvio alle riforme. Nel vertice di dicembre si cercherà di trovare un accordo sui punti fondamentali di questi accordi, si dice a Bruxelles. Da un altro lato molto semplicemente non c'è abbastanza denaro. Il budget UE 2014-2020, che il Parlamento europeo finalmente approverà questa settimana dopo una lunga battaglia, non lascia spazi di manovra. Finora nessun paese europeo si è dimostrato disponibile a mettere sul piatto denaro extra per finanziare un meccanismo europeo di solidarietà.

Nel frattempo gli esperti di Bruxelles cercano una soluzione creativa. In discussione c'è un mix di sovvenzioni e di crediti con il quale riempire il "meccanismo di solidarietà". Ma la solidarietà si ferma immediatamente davanti  alla fatidica domanda: chi dovrebbe finanziare i prestiti agli stati intenzionati ad avviare le riforme? Senza un budget europeo la disponibilità di Italia e Francia ad impegnarsi formalmente su di un programma di riforme potrebbe essere vicina a zero.

Cosi la Grosse Koalition conoscerà il suo primo fallimento proprio sulla politica europea. Nel capitolo dedicato all'Europa dell'accordo di coalizione attualmente in discussione, CDU/CSU e SPD si pronunciano unanimemente a favore del progetto di riforma proposto da Merkel. Al contrario, le voci che arrivano dalla società civile parlano di "un'estensione dell'Agenda 2010 a tutta l'Europa". Dopo i paesi in crisi del sud, ora saranno tutti i paesi della zona Euro a dover ridurre le garanzie sociali e ad impegnarsi in una concorrenza senza limiti.

Senza il Parlamento

Anche i Verdi prendono le distanze. Merkel con il suo tentativo di imporre una riforma a livello europeo avrebbe avviato un "corso pericoloso", scrivono in un documento comune il deputato dei Verdi al Bundestag Manuel Sarrazin e il parlamentare europeo Reinhard Bütikofer. In questo modo "la Commissione UE è stata messa in secondo piano e il Parlamento europeo completamente scavalcato". Senza considerare che un paese come la Polonia fuori dall'area Euro resterebbe completamente escluso.

La Grosse Koalition rischia il suo primo fallimento sulla politica europea.

mercoledì 16 ottobre 2013

Il sogno del salario minimo e la Grosse Koalition

Le consultazioni per formare un nuovo governo vanno avanti senza successo, la Grosse Koalition è ancora lontana. Al centro delle trattative fra SPD e CDU resta il salario minimo: sarà la volta buona? Bert Rürup, economista ed ex membro della commissione dei saggi, su Die Zeit.
Finalmente c'è la possibilità di mettere mano ai difetti congeniti dell'Agenda 2010: ovvero, come la politica potrebbe finalmente trovare un accordo sul salario minimo.

Il risultato delle elezioni federali ha dato alla politica tedesca un'opportunità storica. Otto anni dopo il grande sconvolgimento nel mercato del lavoro, probabilmente al Bundestag c'è una maggioranza per rimuovere il difetto di nascita delle riforme: la mancanza di un salario minimo fissato dalla legge. Negli ultimi 8 anni la sua assenza ha screditato l'intero impianto dell'Agenda 2010 e ha fatto sì che il nucleo delle riforme - l'Arbeitslosengeld II - abbia funzionato peggio di quanto avrebbe dovuto.

L'Arbeitslosengeld II (ALG II) - diversamente da quanto ritiene l'opinione pubblica - è un "salario combinato" (Kombilohnmodell). Vale a dire: se i lavoratori non riescono a vivere del loro salario, non è corretto definirli "Aufstocker". Di fatto lo stato non sta pagando un sostegno al reddito, ma contribuisce al salario del lavoratore. A voler essere precisi, il contributo puo' essere considerato anche una rinuncia: nel momento in cui lo stato calcola il contributo dovuto al lavoratore, non sta prendendo in considerazione il salario definito dal mercato del lavoro.

L'OCSE già da tempo ha sottolineato che un "salario combinato" senza un salario minimo ha una debolezza cruciale: i datori di lavoro, praticando dei bassi salari, avranno sempre maggiori incentivi ad appropriarsi di una parte del sostegno al reddito originariamente pensato per il lavoratore. Un salario minimo fissato dalla legge, sostengono gli esperti OCSE, invece, lo impedirebbe. Ed hanno perfettamente ragione.

Affiancare un salario minimo all'Arbeitslosengeld II tedesco sarebbe utile anche per un altro motivo: chi riceve ALG II e guadagna piu' di 100 € al mese aggiuntivi, subisce una detrazione sui trasferimenti sociali. Un destinatario di ALG II percio' non ha nessun incentivo a chiedere un salario piu' alto, oppure a cercarsi un lavoro meglio retribuito. Un salario minimo ridurrebbe questo effetto.

Gli oppositori del salario minimo sostengono invece che in questo modo si finirà per distruggere posti di lavoro. Ma la letteratura scientifica non chiarisce in maniera univoca l'effetto che l'introduzione di un salario minimo ha sull'andamento dell'occupazione. Pertanto la politica dovrebbe basarsi su di una legge ferrea dell'economia: ogni occupato deve guadagnarsi il costo del suo lavoro attraverso la propria produttività. In caso contrario sarebbe licenziato oppure non assunto. Sarà quindi decisivo il livello del salario minimo.

L'obiettivo centrale della politica tedesca dovrebbe pertanto essere quello di migliorare il reddito del maggior numero possibile di lavoratori - senza metterne in pericolo il posto di lavoro. Un salario minimo un po' piu' alto puo' ridurre i divari salariali. Ma se poi alla fine ci saranno piu' individui senza un lavoro, crescerà di fatto la diseguaglianza.

Le negoziazioni in corso fra SPD e CDU offrono la possibilità di un buon compromesso. La SPD vuole un salario minimo di 8.5 € l'ora per tutta la Germania, da adeguare periodicamente secondo le raccomandazioni di un comitato di esperti. L'Unione invece si affida a dei salari minimi specifici per ogni settore, che dovranno essere fissati dalle parti sociali per ogni differente settore e per ogni regione.

Entrambe le posizioni hanno delle debolezze. Contro la proposta dell'Unione gioca il fatto che la Germania verrebbe ricoperta da un complesso mosaico di salari minimi regionali e di categoria. L'impatto di un tale provvedimento sulle contrattazioni salariali sarebbe incalcolabile. Lo svantaggio della proposta SPD sarebbe invece: con un salario di 8.5 € l'ora per tutta la Germania, uno strumento di per sé corretto, perderebbe credibilità soprattutto nei nuovi Länder. Con un salario minimo di questo livello ci sarebbero molti licenziamenti.

Un compromesso sensato e che puo' salvare la faccia ad entrambe le parti potrebbe essere quello di iniziare con un salario minimo di 7.5 € l'ora nella Germania dell'ovest, e di 7 € al massimo nella Germania dell'est. Il presidente dell' Institut für Arbeitsmarkt-und Berufsforschung, Joachim Möller, ipotizza che un salario minimo di questo livello possa migliorare la situazione di almeno 1.5 milioni di lavoratori - senza che sia necessario arrivare a dei licenziamenti.

Se il salario minimo dovrà essere ridotto oppure aumentato - secondo l'esempio britannico - potrebbe poi essere una apposita commissione a deciderlo. Gli inglesi con la loro "Low Pay Commission", composta da esperti, datori di lavoro e rappresentanti sindacali, hanno avuto una buona esperienza. Una tale commissione indipendente potrebbe anche assicurare che la definizione del salario minimo resti depoliticizzata. Anche il rischio che la politica possa aumentare il salario minimo solo per ragioni di tattica elettorale, in questo modo verrebbe meno.

E' auspicabile che l'Unione e la SPD possano utilizzare la finestra appena aperta, e finalmente decidano di completare l'Agenda 2010.

mercoledì 11 settembre 2013

Le leggi Hartz, la svalutazione interna e il boom dell'export: ovvero, quando una diagnosi sbagliata diventa l'opinione dominante

Che ruolo hanno avuto le leggi Hartz nella svalutazione interna degli ultimi 15 anni? Risponde Gerhard Bosch, direttore dell'Institut Arbeit und Qualifikation dell'Università di Duisburg. La lunga fase di moderazione salariale è il risultato di un'analisi sbagliata, diventata poi opinione dominante. Da NachDenkSeiten.de, rivista on-line di analisi politica ed economica.


Quando una diagnosi sbagliata diventa l'opinione dominante

La Germania sin dagli anni '50, anno dopo anno e con pochissime eccezioni, ha registrato degli avanzi commerciali con l'estero. Prima dell'introduzione dell'Euro, gli squilibri commerciali venivano regolarmente corretti con la rivalutazione del Marco. Ma la moneta unica corrisponde, di fatto, all'impossibilità di utilizzare l'aggiustamento dei tassi di cambio come misura correttiva. L'industria dell'export tedesca in questo modo trae profitto dalla mancanza di una pressione verso una rivalutazione dell'Euro, conseguenza del consistente numero di paesi Euro in disavanzo con l'estero.

Protetta all'interno dell'Eurozona da ogni forma di rivalutazione, la posizione competitiva tedesca è migliorata ulteriormente a partire dalla seconda metà degli anni '90. E stato il risultato di una crescita salariale inferiore a quella media dell'Eurozona, equivalente ad una svalutazione interna. Cio' ha portato ad un aumento dell'avanzo con l'estero, nel 2012 pari al 6.5 % del PIL tedesco. In altre parole, in un periodo di 3 anni, la Germania deve reinvestire circa il 20% del proprio PIL all'estero. I surplus tedeschi sono lo specchio dei deficit negli altri paesi dell'Eurozona. E l'economia tedesca, per le dimensioni e l'importanza delle sue relazioni commerciali con l'estero, ha un ruolo unico all'interno dell'Europa. L'apertura dell'economia (export + import come percentuale del PIL) in Germania, Francia, Spagna e Italia nel 1995 era di circa il 50%. Ma nel 2008 il dato tedesco raggiunge il 90%, mentre negli altri paesi si ferma al 60%.


Uno dei paradossi nel dibattito economico tedesco è che le carenze piu' gravi sono percepite proprio in quelle aree in cui la Germania è particolarmente forte, mentre il rafforzamento della domanda interna è scomparso dall'agenda politica. Da 20 anni ormai la politica economica tedesca si  concentra unicamente sull'export e sul miglioramento della competitività. La potente ed influente associazione degli imprenditori è dominata dai rappresentanti dell'industria manifatturiera, il cui obiettivo è incrementare le quote di mercato tenendo bassi i salari. Una campagna mediatica su larga scala centrata sulla "Initiative Neue Soziale Marktwirtschaft" (Nuova economia sociale di mercato) - finanziata sin dal 2000 dall'organizzazione dei datori di lavoro nella meccanica ed elettronica - ha diffuso con successo l'immagine di una Germania che soffre per un elevato costo del lavoro, e per un mercato eccessivamente regolamentato, e che di conseguenza non è competitiva.

La lista di coloro che hanno abbracciato questa visione comprende anche il primo governo rosso-verde. Le leggi Hartz del 2004 avevano infatti l'obiettivo di introdurre in Germania un settore a basso salario. Riducendo i sussidi di disoccupazione per i disoccupati di lungo periodo e ridefinendone i criteri di accesso, le leggi Hartz di fatto hanno aumentato la pressione sui disoccupati spingendoli ad accettare lavori con un salario inferiore del 30% rispetto alla media della zona. La deregolamentazione delle agenzie temporanee e i cosiddetti mini-job hanno permesso di sostituire i lavoratori dipendenti a tempo pieno mediante nuove assunzioni precarie. Nel caso delle agenzie interinali, ai contratti sono stati eliminati i vincoli temporali, e grazie ai nuovi accordi contrattuali i datori di lavoro hanno potuto eludere il principio dell'eguaglianza di trattamento economico fra interinali e dipendenti. Quanto ai mini-job, la soglia minima di reddito è stata aumentata, e ora i mini-job possono essere considerati un secondo lavoro, inoltre, il limite massimo di ore settimanali è stato aumentato, consentendo una riduzione del costo del lavoro. L'accettabilità politica di questi provvedimenti si basava sull'assunto secondo cui i lavoratori poco qualificati e a bassa produttività si sarebbero avvantaggiati dall'ampliamento del settore a basso salario. 

Il settore a basso salario in Germania

Sin dalla fine degli anni '90 i salari tedeschi sono cresciuti piu' lentamente rispetto al resto dell'unione monetaria. La ragione principale è stata la rapida espansione del settore a basso salario, già in corso prima delle riforme Hartz. La quota di lavoratori con un basso salario (meno di 2/3 del salario mediano orario) è passata dal 17.7% nel 1995 al 23.1% nel 2010, passando dai 5.6 milioni del 1995 ai 7.9 milioni del 2010. Una particolarità del settore a basso salario tedesco è la sua dispersione verso il basso, dato che non sono previsti minimi salariali. Nel 2010, 6.8 milioni di tedeschi erano pagati meno di 8.5 € lordi, vale a dire il minimo salariale richiesto dalla federazione dei sindacati tedeschi, mentre 2.5 milioni guadagnavano meno di 6.00 € lordi l'ora.

La maggior parte della crescita in termini assoluti è stata nella Germania dell'ovest, in aree tradizionalmente protette da un'elevata adesione ai contratti collettivi. L'esame della distribuzione dell'evoluzione dei salari adeguati all'inflazione mostra come fin dal 1995 la concentrazione al centro tende a sgretolarsi, mentre molte attività in precedenza ben retribuite si muovono verso il basso. Il lavoro a basso salario non è distribuito ugualmente fra tutti i lavoratori dipendenti: nel 2010 ad essere particolarmente colpiti dai bassi salari erano i giovani sotto i 25 anni (50.8%), i lavoratori con contratto a tempo determinato (45.7%), chi è senza una formazione professionale (39.3%), le donne (30.0%), gli stranieri (31.9%). Nel 2010 il 30% di tutte le donne occupate riceveva un basso salario, ma rappresentavano quasi i due terzi di tutti i lavoratori a basso salario. Un'altra particolarità del settore a basso salario tedesco, rispetto a quello americano, è la bassa quota di lavoratori senza una qualifica professionale: circa l'80%  ha una formazione professionale o un'istruzione superiore. L'obiettivo che le riforme Hartz si ponevano, migliorare le opportunità di impiego per i lavoratori con basse competenze, non è stato raggiunto. 

Fattori che hanno causato l'espansione del settore a basso salario.

L'espansione del settore a basso salario è iniziata 10 anni prima delle riforme Hartz. La causa è stata la diversa politica dei datori di lavoro: da un lato i datori di lavoro hanno approfittato degli alti tassi di disoccupazione per uscire  dalle associazioni datoriali e non essere quindi piu' vincolati dai contratti collettivi. Dall'altro la liberalizzazione di molti servizi pubblici (poste, ferrovie, trasporto locale) ha portato sul mercato molti fornitori privati, non vincolati dai contratti collettivi, che hanno iniziato a fare concorrenza con pratiche di dumping salariale. 

Le riforme Hartz non sono state la causa di questo processo, ma hanno impedito una riduzione del numero di lavoratori a basso salario a partire dalla fase di ripresa del 2005. Le due forme di lavoro deregolamentate, interinale e mini-jobs, nel frattempo sono diventate sempre piu' diffuse: i lavoratori interinali sono cresciuti dai 300.000 del 2003 fino ai 900.000 del 2011,  nello stesso periodo il numero di persone impiegate con un mini-job è cresciuto da 5.5 milioni fino a 7.5 milioni. Fra gli occupati con un mini-job, la quota di lavoratori a basso salario nel 2010 era dell'86%, fra gli interinali era pari a due terzi. La quota elevata di lavoratori a basso salario fra i minijobber puo' essere spiegata dal fatto che in generale, chi lavora con questi contratti, contrariamente a quanto previsto dalla direttiva europea sull'uguaglianza di trattamento economico dei lavoratori a tempo determinato, viene pagato meno rispetto agli altri part-timer. Per i lavoratori interinali, invece, il principio della parità di retribuzione previsto dalla direttiva europea sul lavoro temporaneo, è stato abrogato dagli accordi collettivi, equiparabili a dumping salariale, sottoscritti dal Sindacato Cristiano, vicino alle imprese e praticamente senza iscritti.

Si pensava che la diffusione del lavoro a basso salario potesse rendere piu' facile l'ingresso nel mercato del lavoro ai disoccupati, ed accrescere le possibilità di impiego dei lavoratori meno qualificati. Alle metà degli anni '90, l'OCSE ancora lodava il mercato del lavoro tedesco per le buone opportunità di avanzamento che offriva ai lavoratori con basso salario. Analisi piu' recenti mostrano invece come il lavoro a basso salario sia sempre piu' una trappola. Kalina (2012) mostra come le possibilità di avanzamanto, nel periodo fra il 1975-76 e il 2005-06, siano scese. Mosthaf et al. (2011) mostrano come ogni sette lavoratori a basso salario nel 1998-9, solo uno era stato in grado di uscire da questo settore prima del 2007.

La deregolamentazione del mercato del lavoro non ha avuto effetto sui livelli occupazionali.

La copertura garantita dai contratti collettivi raggiungeva l'80% prima del 1990, ma nel 2010 era scesa al 60% nella Germania dell'ovest, e al 48 % nell'est. Di fatto la contrattazione salariale fra le parti sociali non funziona piu'. In molte piccole e medie imprese e nei servizi, i salari sono determinati unilateralmente dai datori di lavoro, visto che i contratti collettivi non si applicano e i comitati di fabbrica non sono stati istituiti.

Come risultato, i sindacati hanno riconsiderato il loro rifiuto di un intervento dello stato nel processo di contrattazione dei salari, e sin dalle leggi Hartz hanno sostenuto l'introduzione di un minimo salariale. Al momento i minimi salariali sono stati concordati con 12 associazioni datoriali in 12 settori e sono stati dichiarati vincolanti dal governo federale. Gli effetti dell'introduzione del salario minimo sono stati analizzati in otto settori: non sono stati riscontrati effetti negativi sull'occupazione Bosch/Weinkopf (2012). Tuttavia, un cambiamento di tendenza verso una riduzione del numero di lavoratori a basso salario ancora non c'è stato, ed i principali settori che vi fanno ricorso, il commercio al dettaglio, gli alberghi e la ristorazione, non hanno ancora un minimo contrattuale. I tentativi di introdurre un salario minimo nazionale e di riformare le leggi sulla contrattazione collettiva, al fine di rendere gli accordi vincolanti per l'intera categoria, sono falliti a causa dell'opposizione esercitata dal governo federale.

Gli effetti piu' controversi delle leggi Hartz sono quelli sui livelli occupazionali. Gli effetti positivi sull'occupazione sono spiegati dall'aumento del flusso in uscita dalla disoccupazione a partire dal 2005. Tuttavia, poiché  il flusso in entrata verso la disoccupazione nello stesso periodo è aumentato, nonostante la fase di crescita economica, possiamo dire che il flusso tra occupazione e disoccupazione sia aumentato. La ragione per questa crescita del flusso, durante una fase di ripresa economica, è il ricorso a contratti a tempo determinato e interinale, che spesso conducono solo ad un breve periodo di lavoro.

La normativa Hartz è entrata in vigore mentre la Germania stava uscendo da una profonda recessione. Nella successiva fase di ripresa c'è stato un aumento congiunturale dell'occupazione. La domanda centrale è se le leggi Hartz abbiano effettivamente influenzato in maniera positiva la dinamica occupazionale. Horn/Herzog-Stein (2012) hanno confrontato l'intensità occupazionale in tre cicli economici (1999/Q1 – 2001/Q1, 2005/Q2 – 2008/Q1 e 2009/Q2 fino al 2012). Nella prima ripresa, l'intensità occupazionale (la percentuale di aumento dell'occupazione quando il pil aumenta dell'1%) era dello 0.43%, nelle due riprese successive è stata dello 0.35 % e dello 0.39%. Di fatto dopo l'introduzione delle leggi Hartz l'intensità occupazionale è diminuita. I due periodi di ripresa dopo la loro entrata in vigore sono stati quasi interamente trainati dall'export. Le leggi Hartz hanno avuto un effetto di dumping sull'evoluzione dei salari, soprattutto nel settore dei servizi, affondando la domanda interna e l'import, ma hanno avuto un effetto minimo sull'economia orientata all'export. La domanda interna è stata inoltre frenata dal taglio degli investimenti pubblici: gli investimenti pubblici netti in Germania per molti anni sono stati negativi. Il conseguente deterioramento delle infrastrutture avrà un effetto negativo sulla crescita futura.

La Germania condivide la responsabilità di stimolare la crescita economica europea.

Le ragioni della favorevole evoluzione dell'occupazione in Germania non possono essere ricondotte alle leggi Hartz. Sono il risultato della specializzazione del manifatturiero tedesco, nel corso di molti anni, in prodotti di alta qualità, con un tasso di innovazione elevato, investimenti in ricerca e sviluppo superiori alla media ed un buon sistema di formazione professionale. Inoltre, il portafoglio prodotti tedesco, con la sua enfasi sui beni strumentali e le auto, si abbinava alla domanda proveniente dai BRICS e dagli altri paesi in via di sviluppo, e cio' significa che l'economia tedesca non era del tutto dipendente dal mercato europeo. Le leggi Hartz hanno permesso al paese, anche durante la fase di crescita dal 2005 al 2008, di continuare la sua politica di svalutazione interna all'Eurozona, fatta di aumenti salariali e costi unitari inferiori alla media dei paesi Euro Stein/ Stephan/ Zwiener (2012). Poiché la domanda domestica, e di conseguenza l'import, non hanno tenuto il passo dell'export, gli squilibri commerciali nell'Eurozona sono aumentati, creando le condizioni per la crisi Euro. Cosi' l'impatto delle leggi Hartz ha finito per avere una dimensione europea.

La politica economica tedesca continua ad essere caratterizzata dalla sua eccessiva focalizzazione sull'export. Come mezzo per affrontare la crisi Euro, il governo federale ha chiesto agli altri paesi europei di introdurre riforme del mercato del lavoro simili alle leggi Hartz. Questa politica, tuttavia, non può e non sarà applicata a tutti gli altri paesi, poiché solo abolendo le leggi della matematica è possibile che tutti i paesi abbiano dei surplus commerciali. Senza dubbio i paesi del sud hanno bisogno di aumentare la loro competitività. Ma la crisi che inghiotte l'Eurozona potrà essere superata solo se la Germania, l'economia piu' forte in Europa, si assume la responsabilità di creare crescita. E ci sono già dei buoni suggerimenti per fare cio': il primo è la riforma del sistema retributivo con l'introduzione dei minimi salariali e con il rafforzamento degli accordi di categoria esistenti. Un altro è l'aumento degli investimenti pubblici in Germania, preferibilmente sotto l'egida di un programma di investimenti europei.


Further reading
  • Bosch, G. / Weinkopf, C. (eds.) (2008), Low-wage work in Germany, New York: Russell Sage Foundation.
  • Bosch, G. / Weinkopf, C. (2012), Wirkungen der Mindestlohnregelungen in acht Branchen, Expertise im Auftrag der FES, Bonn (Effects of minimum-wage regulations in eight sectors. Expert report commissioned by FES, Bonn)
  • Horn, G. A. / Herzog-Stein, A. (2012), “Erwerbstätigenrekord dank guter Konjunktur und hoher interner Flexibilität“ (Record employment figures owed to upswing and high internal flexibility), Wirtschaftsdienst, no. 3, pp. 151 -155
  • Joebges, H. / Logeay, C. / Stephan, S. / Zwiener, R. (2010), “Deutschlands Exportüberschüsse gehen zu Lasten der Beschäftigten“ (Germany’s export surpluses are being paid for by the workforce), WISO Diskurs, pp. 1-35.
  • Kalina, T. (2012), Niedriglohnbeschäftigte in der Sackgasse ? – Was die Segmentationstheorie zum Verständnis des Niedriglohnsektors in Deutschland beitragen kann (Low-wage workers at a dead-end? How segmentation theory can contribute to understanding the low-wage sector in Germany). Diss. Duisburg, Univ. DU-E.
  • Mosthaf, A. / Schnabel, C. / Stephani, J. (2010), Low-wage careers: are there dead-end firms and dead-end jobs? (Universität Erlangen, Nürnberg, Lehrstuhl für Arbeitsmarkt- und Regionalpolitik. Diskussionspapiere, 66), Nürnberg.
  • OECD (1996), Employment outlook, Paris.
  • Stein, U. / Stephan, S. / Zwiener, R. (2012), Zu schwache deutsche Arbeitskostenentwicklung belastet Europäische Währungsunion und soziale Sicherung, Arbeits- und Lohnstückkosten in 2011 und im 1. Halbjahr 2012 (Weak German labour costs development is putting strain on European Monetary Union and social security. Labour and unit wage costs in 2011 and first half 2012). Reihe IMK Report, Nr. 77.