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martedì 1 agosto 2017

Jakob Augstein su Der Spiegel: "l'industria automobilistica tedesca come la criminalità organizzata"

Jakob Augstein è un commentatore storico di Der Spiegel nonché direttore di Der Freitag. Questa volta sul prestigioso settimanale di Amburgo se la prende con l'industria automobilistica e con la politica tedesca: lo scandalo delle emissioni diesel rappresenta il fallimento della politica tedesca, la commistione fra l'industria dell'auto e la politica è totale, i metodi sono quelli usati dalla criminalità organizzata. Da Der Spiegel.

La definizione ufficiale per descrivere la criminalità organizzata secondo il Ministero degli Interni e della Giustizia tedesco è la seguente: "per criminalità organizzata sono da intendersi quei reati commessi sistematicamente e finalizzati al profitto o all'acquisizione di potere, che singolarmente o nel complesso sono di notevole importanza, e che prevedono la cooperazione di almeno 2 persone per un lungo periodo di tempo...anche esercitando influenza sulla politica, i media, l'amministrazione pubblica, la giustizia o l'economia".

Secondo questa definizione una larga parte dell'industria automobilistica tedesca potrebbe essere ricondotta al crimine organizzato. "Reati commessi sistematicamente" - cosa altro sarebbero le menzogne sui gas di scarico, e cioè la simulazione di valori di emissione estremamente favorevoli grazie ad un software truffa appositamente sviluppato? E cosa altro sarebbero gli accordi di cartello fra le 5 case automobilistiche tedesche, se le recenti notizie pubblicate da Der Spiegel dovessero essere confermate?

Prima la carriera nel governo, poi nei gruppi automobilistici

Probabilmente la quantità e la durata delle violazioni, quasi sistematiche, operate dall'industria automobilistica tedesca è cosi' grande che se le aziende decidessero da un giorno all'altro di voler adempiere alla legge, di fatto sarebbero costrette a fermare la produzione. Dopo tutto i dipartimenti di comunicazione dei gruppi automobilistici non dovranno piu' pensare ad un nuovo slogan pubblicitario: "il piacere di guidare" (BMW), lo si puo' provare anche con un auto a cui non è stata vietata la circolazione. Oppure "all'avanguardia della tecnica" (Audi), era corretto nella misura in cui a quanto pare tutti i mezzi tecnici disponibili erano utilizzati per la frode commerciale.

"Il nostro interesse principale è un business onesto", aveva detto il CEO di Daimler, Zetsche, all'inizio del 2013. Le cose non stanno proprio cosi'. Ci sono affari sporchi, dai quali tutti i partecipanti hanno tratto profitto. La truffa dei gas di scarico, ad esempio, è un sistema di mutua complicità che unisce industria, governo e gli acquirenti delle auto. E tutti vivono felici secondo il motto della vecchia canzone di Doris Day: "Que sera, sera" - sarà quel che sarà, e nessuno pensa al domani.

Gli scandali dell'industria automobilistica rappresentano il fallimento della politica tedesca. Nessuna meraviglia: l'industria automobilistica è una filiale esterna del governo federale - e forse anche il governo federale è un ramo del settore auto.

In ogni caso Daimler dà lavoro come capo-lobbista all'ex Ministro della Cancelliera. Per VW lavora un ex-portavoce del governo federale, nonché ex-capo dell'ufficio di Merkel. L'associazione dei produttori di auto è guidata da un ex Ministro dei Trasporti federale. E il suo successore, attualmente in carica, il politico Dobrindt, si comporta  come se anche lui dopo la politica mirasse ad una brillante carriera nel settore.

C'è bisogno di un giudice per obbligare i Verdi a difendere l'ambiente

Quando la politica fallisce, la magistratura è l'ultima linea di difesa. Lo scorso venerdì il Tribunale Amministrativo di Stoccarda ha stabilito che il piano locale per il controllo dell'inquinamento è insufficiente e che il governo regionale dovrà emanare dei divieti di circolazione per le auto diesel. E in questo caso la città e la regione sono saldamente nelle mani dei Verdi. Solo per la cronaca: c'è bisogno di un tribunale per obbligare i Verdi a rispettare le leggi per la protezione delle persone e dell'ambiente.

Il leader dei Verdi in Baden-Württemberg è Winfried Kretschmann, Presidente della Regione, ma anche il politico di maggior successo e il piu' popolare all'interno del suo partito - e questo fatto, nei confronti dell'industria automobilistica, è l'incarnazione della miseria politica.

Kretschmann è esattamente il simbolo di cio' che è andato storto nel corporativismo tedesco. Si è davvero sforzato. Voleva tenere tutto sotto uno stesso tetto: una industria automobilistica fiorente, proprietari di auto felici, aria pulita, e garantirsi anche delle buone chance di essere rieletto. "Che cosa pensa, come sarebbe possibile altrimenti arrivare al 30%?" aveva detto in un'intervista, e: "solo se siamo forti e al governo possiamo davvero cambiare qualcosa". Ma è già da molti anni al potere - e la nuvola carica di sporco sopra Stoccarda non si è ancora spostata.

Perché? Perché Kretschmann è diventato l'utile idiota dei Verdi al servizio dell'industria automobilistica. Prima ha promosso un vertice, poi fatto una proposta di compromesso e poi alla fine ha concesso un altro periodo di tempo. Non poteva immaginare tutta l'arroganza e l'avidità del settore automobilistico. Il Ministro dei Trasporti si è sempre dato da fare per i boss del settore - e ogni volta l'hanno lasciato appeso al gancio. Come nel caso dell'installazione di un catalizzatore sui diesel piu' vecchi e sporchi dove nessuno gli è andato incontro. E anche dei presunti accordi di cartello fra le case automobilistiche è venuto a conoscenza solo dai giornali. 

Sono evidenti i tipici sintomi della malattia dell'intero sistema. Corruzione, oligarchia e una sfera politica paralizzata; tutti appartengono ad un capitalismo in fase di declino. E' un po' come accadeva con le banche fino ad un po' di tempo fa: le aziende automobilistiche pensano ancora oggi di essere troppo grandi per fallire - ma la loro dissolutezza morale danneggia tutti noi.

E anche un'altra cosa: quando si tratta di giudicare Donald Trump, i tedeschi potrebbero risparmiarsi tutta la loro superbia.

martedì 26 marzo 2013

Augstein: Merkel e Schäuble stanno incatenando gli altri popoli alla schiavitu' del debito


Jakob Augstein, columnist progressista di spicco, su Der Spiegel commenta la crisi del debito cipriota alla sua maniera: il desiderio di egemonia tedesco sta distruggendo l'Europa, dei tedeschi non ci si puo' fidare. Da Der Spiegel
Il dramma del salvataggio di Cipro ci mostra: l'Euro-conflitto è sempre piu' una battaglia per l'egemonia in Europa. Superficialmente sembra una questione economica. In verità Merkel e Schäuble stanno incatenando gli altri popoli alla schiavitu' del debito.

Nella crisi di Cipro i tedeschi hanno voluto mostrare la loro forza - ma l'hanno utilizzata per un obiettivo sbagliato, e non sono stati capaci di gestirla. I ciprioti pensavano di far pagare ai piccoli risparmiatori i costi del fallimento delle loro banche, i tedeschi hanno acconsentito perché volevano imporre il loro principio del "delitto e castigo".

Tutto il mondo era in ascolto. La garanzia sui depositi scompare, arrivano le promesse di Merkel: nel dubbio saranno i piccoli risparmiatori a dover pagare? Il piano è stato ritirato. Ora saranno i russi facoltosi a dover pagare il conto. Ma il danno è stato fatto, la fiducia minata: che valore ha la parola della Cancelliera? Il caso Cipro mostra ancora una volta: dei tedeschi in Europa non ci si puo' fidare.

Fortunatamente l'Eurogruppo si è deciso a fare il passo giusto: i piccoli risparmiatori sono garantiti, una banca fallirà, un'altra sarà ridimensionata. Ma lo spettacolo delle scorse settimane si poteva descrivere in questo modo: banchieri irresponsabili giocano e perdono il denaro dei ricchi riciclatori e i politici aiutano entrambi a salvarsi, a spese della gente comune che non ha i mezzi e le risorse per mettere in sicurezza i risparmi. E tutto questo sotto la gestione tedesca.

E' stato un segnale. La Cancelliera ha concesso a se stessa e ai tedeschi il lusso dell'ostentazione. Le esperienze storiche sono state cancellate. Sono buone solo per le tranquille serate davanti al televisore quando avvolti dalle coperte assistiamo a bocca aperta a "Unsere Mütter, unsere Väter" (serie tv sulla guerra) e al loro fallimento morale. Ma non sono importanti per il presente. Come è già accaduto due volte nella storia recente i tedeschi stanno sprofondando in un nuovo conflitto con i loro vicini. Indipendentemente dai costi e con un solo obiettivo, che fa paura: l'egemonia politica tedesca sul continente.

L'idea di Merkel di integrazione europea è la seguente: l'Europa deve piegarsi alla visione politica tedesca.

Chi crede di essere circondato da idioti, è un idiota

Nell'aggravarsi della crisi, per un momento la politica tedesca si è rivelata per quello che è:  caratterizzata da testardaggine, rietichettata fedeltà ai principi, ma che in verità è solo prepotenza. Nella politica europea Merkel ha rotto con ogni tradizione della Germania occidentale.  Non è andata diversamente con le tradizioni del suo stesso partito. Il consigliere di Merkel sulle questioni europee Nikolaus Meyer-Landrut nell'estate 2011 scriveva: tutto cio' di cui è responsabile Bruessel funziona. Cio di cui sono responsabili gli stati nazionali non funziona. Sarebbe stato logico trasferire a Bruessel piu' poteri. Merkel ha deciso diversamente. Il giornalista Stefan Kornelius ha descritto questo momento decisivo nella politica europea di Merkel.

Sotto la guida di Angela Merkel è tornata in vita l'Europa degli stati nazionali. L'ex cancelliere Schmidt ha avvisato: "La Corte costituzionale, la Bundesbank e ancora prima la Cancelliera Merkel, con grande dispiacere dei nostri vicini, si comportano come se fossero il centro d'Europa". Una parte dell'opinione pubblica tedesca si fonda su di una "prospettiva nazional-egoista". Il vecchio leader, che ha vissuto la guerra, non ha usato queste parole con leggerezza: nazional-egoista.

Nikolaus Blome sulla Bild-Zeitung ha rinominato i parlamentari di Nicosia "Zypr-Idioten" (Cipridioti) perché hanno votato contro il piano di esproprio dei risparmi degli Euro-salvatori. Ma dalla lettura del best-seller per bambini "il diario di Greg" sappiamo: chi crede di essere circondato da idioti, di solito è un'idiota. Questo Euro-conflitto si delinea sempre piu' come un conflitto per l'egemonia tedesca in Europa. Sembrerebbe una questione economica. In verità è solo lotta per il potere. I tedeschi stanno incatenando i popoli europei alla schiavitu' del debito. "Se la storia ci mostra qualcosa, è che il metodo migliore per difendere relazioni fondate sulla violenza e dargli una giustificazione morale, è usare lo strumento del debito - soprattutto perché si ha l'impressione che sia la vittima ad avere torto", cosi' scrive l'etnologo americano e attivista di Occupy  David Graeber.

Sono i piu' deboli a pagare il prezzo piu' alto

Come sempre in passato, anche oggi i perdenti vengono insultati. Chi ha debiti, è necessariamente colpevole.

E cio' offre spazio per le accuse e per l'autocommiserazione: "Senza garanzie tedesche non ci sarebbero fondi di salvataggio. Ma è proprio contro noi tedeschi che si rivolgono le critiche dei paesi in crisi, piu' spesso l'odio aperto. La Cancelliera viene denigrata con i baffi alla Hitler, le bandiere tedesche abbattute, noi tedeschi siamo i cattivi, i colpevoli di tutta la miseria", ha scritto recentemente il commentatore conservatore Hugo-Müller Vogg. E nei circoli piu' popolari come in quelli degli intellettuali si discute del partito populista di destra "Alternative für Deutschland" e della sua possibilità di ottenere un brillante successo alle elezioni federali di settembre.

Ma è tutta una bugia. Fino ad ora i tedeschi non hanno solo pagato, ma anche guadagnato. Ad esempio i risparmi sugli interessi che la Germania ha potuto realizzare dall'inizio della crisi, solo nell'ultimo anno 10 miliardi di Euro. E poi c'è il pagamento degli interessi da parte degli stati debitori. Questa è la realtà dell'Eurocrisi: i poveri di Atene stanno pagando per i ricchi in Germania.

Tutti questi tentativi in passato sono falliti. E falliranno anche in futuro. Perché gli europei non lo permetteranno. I tedeschi stanno ancora festeggiando la loro cancelliera.  Dovrebbero invece pensare alle parole dell'ex ministro lussemburghese Jean-Claude Juncker: "Chi pensa che l'eterna questione della pace e  della guerra in Europa non sia piu' attuale, potrebbe sbagliarsi. I potenti demoni non sono scomparsi, stanno solo dormendo".
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mercoledì 13 marzo 2013

Ricchezza e povertà in Germania


Jakob Augstein, commentatore progressista, su Der Spiegel attacca il rapporto del governo sulla povertà in Germania: hanno provato ad abbellire i dati ma non ci sono riusciti, le diseguaglianze sono troppo evidenti. Da Der Spiegel.
Il governo federale ha cercato di abbellire il "Rapporto sulla povertà" - tuttavia i dati ci mostrano ugualmente la miseria sociale nel nostro paese. Dieci anni dopo il lancio dell'Agenda 2010, dell'economia sociale di mercato non c'è piu' traccia.

"La ristrutturazione dello stato sociale e il suo rinnovamento sono diventati inevitabili. Non si tratta di dare il colpo di grazia, piuttosto di conservare l'essenza dello stato sociale".   Parole pronunciate da Gerhard Schröder nel suo discorso del 14 marzo 2003 con il quale annunciava l'Agenda 2010.

Dieci anni dopo è chiaro: l'obiettivo è stato mancato, lo stato sociale colpito duramente. La Germania sta diventando una società di classe. Dovremo riabituarci al concetto. Sono finiti i tempi in cui il capitalismo sociale faceva almeno credere possibile il "benessere per tutti" (Ludwig Erhard). L'era dell'economia sociale di mercato è finita.

C'è stato un grande esproprio. Ma in Germania non sono stati i ricchi ad essere espropriati. Piuttosto il popolo.

Il "Rapporto del governo federale sulla ricchezza e la povertà in Germania", presentato la scorsa settimana (qui un riassunto e qui una verifica dei fatti) ce ne dà una testimonianza. Bisogna guardare da vicino per decifrare il triste messaggio. Nei mesi che hanno preceduto la pubblicazione il governo si è sforzato molto per abbellirlo e manipolarlo.

Ma in verità non hanno potuto fare nulla per cambiarlo: la Germania è un paese con grandi ingiustizie. Nel 1970 il decile piu' alto dei tedeschi dell'ovest possedeva il 44% delle attività finanziarie nette. Nel 2011 erano il 66%. Le imposte sui salari, i redditi e i consumi - sostenute dalla massa - sono pari all'80% del totale delle entrate fiscali, le imposte sui redditi d'impresa e i profitti sono solo il 12%. Quasi 8 milioni di tedeschi ricevono un cosidetto basso salario (Niedriglöhn). 12 milioni di individui vivono al limite o sotto la soglia di povertà. Il 25% degli occupati in Germania ha un lavoro precario: lavoro interinale, lavoro a tempo, contratti d'opera, tirocini. Il 50% dei nuovi posti vacanti è a tempo determinato.

Chi ne approfitta si crea la propria rappresentazione della realtà

Si potrebbe andare avanti con altre statistiche, alcune sono nel rapporto, altre sono state compilate dagli scienziati sociali. Ma tutto cio' in realtà è risaputo da tempo. La maggioranza delle persone continua ad alzare le spalle con indifferenza. "Resta aperta una sola domanda: perché non c'è nessuna resistenza nei confronti dei redditi troppo elevati o verso gli aumenti di ricchezza eccessivi?", si chiede lo storico Hans-Ulrich Wehler.

Wehler dovrebbe conoscere la risposta: che cosa sono i numeri rispetto agli interessi? E che cos'è la verità rispetto alle strutture del potere? L'industria, i partiti di governo, una larga parte dei media, ricercatori e istituti di ricerca docili - tutti aiutano a negare i fatti, a relativizzare, a ignorare. Il cartello di chi ne approfitta è cosi' forte che non si deve piu' nemmeno prendere in considerazione la realtà dei fatti. Hanno creato una nuova realtà.

E quando non si hanno piu' argomenti, arriva l'affermazione: il denaro non rende veramente felici. Come recentemente ha detto il deputato Matthias Zimmer (CDU) durante il dibattito al Bundestag: "l'intero dibattito viene condotto pensando solo ai fattori materiali".

Un sistema della menzogna

Nel frattempo possiamo assistere al declino di questa società con i nostri occhi. Le scuole cadono a pezzi, le città si sgretolano, le strade sono fatiscenti, agli incroci ci sono persone che tirano fuori dalla spazzatura i vuoti a rendere. Ma ci hanno insegnato a non fidarci piu' dei nostri occhi e a considerare le ingiustizie necessarie e le assurdità ragionevoli. Tutto serve ad uno scopo: lasciar fluire verso l'alto i redditi che vengono prodotti in basso e allo stesso tempo fare il possibile per nascondere quello che accade. Le leggi, la struttura delle tasse, i valori - il sistema.

E' un sistema della menzogna. Gli ideologi del liberalismo parlano volentieri di obiettivi da raggiungere. Ma non viviamo in una società meritocratica, piuttosto in uno stato corporativo. Nel suo discorso sull'Agenda, 10 anni fa Schröder aveva detto: "Non è accettabile che in Germania le possibilità di iscriversi ad un liceo siano per un giovane della borghesia da 6 a 10 volte piu' alte rispetto a quelle di un giovane proveniente da un famiglia di lavoratori". Ed oggi Sigmar Gabriel al Bundestag ancora una volta ha detto: "Lo stato sociale deve fare in modo che le origini non diventino un destino. Non vogliamo che siano le origini a determinare il destino degli individui".

Gli obiettivi di politica sociale sono stati mancati. Quelli di politica economica raggiunti. L'agenda politica introdotta da Schröder e portata avanti da Merkel, ha rafforza l'economia tedesca, ma ha indebolito i tedeschi.

Il rapporto sulla povertà nel suo punto piu' sconvolgente mostra quante poche illusioni si facciano ancora i cittadini sulla realtà tedesca. Quando si chiedono le cause della ricchezza nella società, un quarto nomina le capacità e il duro lavoro. Un numero molto piu' grande la riconduce alle origini (46 %) o alla rete sociale (39 %). Quelli molto delusi considerano la disonestà (30%) e le ingiustizie del sistema economico (25%) come le ragioni principali del benessere economico.

Che cosa è piu' spaventoso: il realismo delle persone oppure la loro passività?
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giovedì 7 marzo 2013

Augstein: e se i veri clown d'Europa fossero i nostri leader politici?


Jakob Augstein, columnist progressista, su Der Spiegel ribalta le offese di Steinbrück e attacca la leadership tedesca: dell'Europa non abbiamo ancora capito nulla. 

Un voto svizzero contro l'avidità e un voto di protesta in Italia: l'Europa è stanca di questo capitalismo. Solo i tedeschi non l'hanno ancora capito. Steinbrück sicuramente no.

In Svizzera i cittadini hanno votato contro l'arricchimento illimitato dei manager. In Italia un governo di tecnocrati è stato bocciato dagli elettori. C'è un populismo della ragione che si chiama democrazia. La gente è stanca del capitalismo che distrugge la società. L'indignazione è cresciuta, e monta la rabbia. Prima di tutto contro i tedeschi. Ma questi continauno a preoccuparsi solo dei loro soldi e offendono.

La storia del clown ci mostra: ancora una volta il candidato cancelliere della SPD non capisce che cosa sta succedendo in Europa. La Germania è diventata un problema europeo - e Peer Steinbruck non è la soluzione.

Fortunata la Svizzera! A volte bisogna invidiare il paese e la sua democrazia. In un referendum popolare gli svizzeri lo scorso fine settimana hanno fermato la follia crescente dei bonus, delle buone uscite e degli stipendi: in futuro saranno gli azionisti a decidere, e non piu' i manager. Saranno vietat iI bonus all'ingresso e le buonauscite milionarie. Hanno avuto il coraggio di fare qualcosa, gli svizzeri.

L'austerità di Merkel è un inferno

Lo mostrano anche le reazioni alle elezioni italiane. Le "condizioni non sono chiare", è stata la prima risposta dei mercati. Sono i veri sovrani e si comportano come tali. Moody's ha minacciato un declassamento del merito di credito. E anche il mercato obbligazionario ha reagito: "l'Italia in cambio del caos elettorale ha ricevuto una fattura con interessi piu' alti da pagare", ha riferito la Deutsche Presseagentur. Perché per molti giornalisti è normale che siano "i mercati" a rilasciare una ricevuta alla politica.

Una domanda: perché allora non sono i mercati finanziari a eleggere direttamente i governi? In verità succede già da molto tempo. Il professore di economia Mario Monti in Italia e il banchiere centrale Loukas Papademos in Grecia erano tecnocrati insediati dai mercati - e da Angela Merkel.

La cancelliera tedesca ha incatenato alla sua disastrosa ideologia del risparmio l'intero continente. "Austerità", suona bene e sembra ragionevole. Ma in verità è l'inferno. Le misure di austerità fanno crollare l'economia. In questo modo si aumenta il peso del debito. E non si crea fiducia. Il denaro pero' è una questione di fiducia. Il saggio Wolfgang Münchau qualche giorno fa sempre su Der Spiegel ha scritto: "viene chiamata anche trappola del debito. Non se ne esce senza l'aiuto esterno. E piu' ci si dimena, piu' si scivola in profondità".

Non è solo il "nostro Euro"

Gli europei sono sempre piu' stanchi di Merkel e dei mercati. "Il sogno tedesco è l'incubo europeo", ha scritto il quotidano "Le Monde". Appena 25 anni dopo aver riconquistato la piena sovranità, la Germania in Europa si ritrova sulla via dell'isolamento politico.

Questa è l'eredità politica di questa cancelliera. Merkel non ha capito che l'Europa è un progetto politico. Non un progetto contabile. Non ha saputo spiegare ai tedeschi che cosa l'integrazione significhi: non solo gli altri dovranno integrarsi. Anche noi. "Schock dopo le elezioni italiane. Distruggeranno il nostro Euro?", scriveva l'edizione online della Bild-Zeitung. E qui c'è proprio un malinteso. Non è solo il "nostro" Euro.

Probabilmente il quotidiano popolare riesce a intercettare lo stato d'animo dei cittadini. E' come se i tedeschi non capissero che cosa c'è attualmente in gioco. Assistono all'indebolimento morale del loro sistema sociale con una strana indifferenza. Il movimento Occupy, che due anni fa ha avuto un forte successo, si è spento rapidamente, e nessuno sente la loro mancanza. La tassa sulle transazioni finanziarie, di forte importanza simbolica, viene frenata dal piccolo partito della FDP.

Ma anche lo sfidante di Merkel, Peer Steinbrück, non è certo colui che spiegherà ai tedeschi l'importanza dell'Europa. Non riesce nemmeno a comprendere che cosa sta succedendo intorno a lui. Steinbrück ha offeso il vincitore delle elezioni Grillo chiamandolo "Clown", ma non ha nessuna idea delle condizioni italiane.

Dove dominano la corruzione, la criminalità e la cleptocrazia il clown probabilmente è la sola alternativa ragionevole. Ma Grillo non è un clown. E' un moralista. Nella politica italiana non si è abituati - e nemmeno in quella tedesca. Le sue richieste - limite al numero di mandati, riduzione dei parlamentari, legge contro il conflitto di interesse dei politici - sono tutt'altro che clownesche. E i "grillini" che stanno per entrare in Parlamento, non sono tecnocrati o lobbysti, piuttosto eletti nel senso migliore del termine. 

Se Steinbrück fosse un socialdemocratico, avrebbe almeno un po' di simpatia per questi uomini e donne e augurerebbe loro un po' di fortuna per il difficile cammino che li attende.

Il sociologo Oskar Negt ha scritto: "Il presente soffre di una cronica malnutrizione dell'immaginazione produttiva". Per la Germania è una frase perfetta. Ma per fortuna non per tutta l'Europa.
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