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mercoledì 16 ottobre 2024

BMW e Mercedes in grave Crisi in Cina, Mentre Tesla e BYD Volano

Il mercato dell’auto si sta trasformando rapidamente, e per i giganti tedeschi come BMW e Mercedes-Benz, la sfida è sempre più complessa. Nel terzo trimestre del 2023, entrambe le case automobilistiche hanno registrato un calo significativo nelle vendite, con la Cina, il loro mercato chiave, che sta diventando sempre più difficile da conquistare. Ne scrive Welt.de

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Le Difficoltà del Mercato Cinese per BMW e Mercedes

Le vendite di BMW tra luglio e settembre sono scese del 30%, fermandosi a poco meno di 148.000 veicoli. Non è andata meglio a Mercedes-Benz, che ha registrato una riduzione del 13%, vendendo 170.700 veicoli. La Cina, solitamente il motore delle vendite globali per i produttori premium tedeschi, è diventata improvvisamente un mercato problematico.

Le case automobilistiche hanno spiegato che il contesto di mercato è particolarmente “difficile” e “sfidante”, con una domanda ridotta per i beni di lusso e sconti che penalizzano soprattutto il segmento dei veicoli elettrici. Mercedes-Benz ha sottolineato che la combinazione di bassa domanda e sconti prolungati ha inciso pesantemente sulle vendite in Cina.

Il Boom dei Veicoli Elettrici in Cina: Tesla e BYD in Crescita

Mentre BMW e Mercedes lottano, Tesla e il produttore cinese BYD stanno registrando risultati opposti. BYD ha aumentato le vendite di veicoli elettrici puri e ibridi del 45%, raggiungendo quasi 418.000 unità a settembre. Tesla, dal canto suo, ha annunciato un incremento del 66% nelle vendite, con 72.000 auto vendute nello stesso mese.

Questa crescita è alimentata dagli incentivi statali per l’acquisto di veicoli elettrici in Cina, che hanno generato un vero e proprio boom del mercato elettrico. Tuttavia, i produttori tedeschi sembrano essere rimasti fuori da questo trend, poiché le case automobilistiche cinesi offrono veicoli più economici e modelli più adatti al pubblico locale.

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Problemi di Fornitura e Frenate Improvvise

Un altro colpo per BMW è arrivato sotto forma di un problema di fornitura legato al sistema frenante di Continental, che ha costretto l’azienda a fermare la consegna di circa 320.000 veicoli già pronti. Nel terzo trimestre, le vendite globali di BMW sono scese del 13% (poco più di 540.000 auto), mentre nei primi nove mesi del 2023, il calo è stato del 4,5%, con un totale di 1,75 milioni di veicoli venduti.

Mercedes-Benz, nonostante un trimestre difficile con 503.600 consegne, rimane indietro rispetto a BMW, con una flessione delle vendite del 4% rispetto all’anno precedente, totalizzando 1,46 milioni di auto consegnate fino ad ora.

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La Battaglia dei Veicoli Elettrici: BMW in Crescita, Mercedes in Crisi

Nel segmento dei veicoli elettrici, BMW sta ottenendo risultati positivi, con una crescita del 10% nel terzo trimestre e un aumento del 19% nelle vendite annuali, totalizzando 294.000 veicoli elettrici. “I nostri veicoli completamente elettrici stanno conquistando i clienti in tutto il mondo”, ha affermato Jochen Goller, responsabile delle vendite di BMW.

D’altro canto, Mercedes-Benz ha visto un crollo nel suo settore elettrico: le vendite dei modelli EQ sono diminuite del 31%, con solo 42.500 veicoli venduti nel terzo trimestre. Da gennaio a settembre, il totale dei veicoli elettrici venduti si attesta a 136.000, un calo del 20% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Tuttavia, il marchio ha visto una crescita del 10% nei plug-in ibridi, trainata dalla forte domanda negli Stati Uniti.

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Conclusione: Un Mercato in Evoluzione

Il terzo trimestre del 2023 ha messo in luce una trasformazione significativa nel mercato automobilistico globale. Mentre Tesla e BYD continuano a crescere nel segmento dei veicoli elettrici, BMW e Mercedes-Benz stanno lottando per mantenere il loro primato in un mercato che si sta rapidamente elettrificando.

Il futuro per i produttori tedeschi dipenderà dalla loro capacità di innovare nel segmento dei veicoli elettrici e di adattarsi a un mercato in cui i consumatori cercano sempre più soluzioni sostenibili e a prezzi competitivi.

domenica 13 ottobre 2024

Crisi economica in Germania: Un 2024 segnato dalla recessione?

La crisi economica in Germania sembra ormai inevitabile, con l’economia del paese che si trova in “acque difficili” secondo la Deutsche Bundesbank. Le previsioni del governo, considerate da molti analisti “troppo ottimistiche”, stanno venendo ridimensionate man mano che ci si avvicina al nuovo anno. Già il Ministro dell’Economia Robert Habeck e il Consiglio degli esperti economici avevano previsto per il 2023 una crescita del PIL reale di appena lo 0,3%, ma la realtà economica potrebbe essere ancora più cupa. Ne scrive Junge Welt

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Segnali di una nuova recessione in Germania

Già nell’estate del 2023, molti osservatori economici hanno iniziato a prevedere una recessione imminente. I principali istituti economici tedeschi hanno adeguato le loro stime: l’Ifo-Institut di Monaco e il DIW di Berlino prevedono ora un calo del PIL dello 0,4%, mentre l’RWI di Essen parla addirittura di -0,6%. Questi dati confermano come l’economia tedesca si stia avviando verso il secondo anno consecutivo di recessione, con il 2024 destinato a seguire la stessa tendenza negativa del 2023.

Sentimento economico negativo e dati preoccupanti

Il sentimento economico in Germania è ai minimi storici. Il 23 settembre, mentre il Ministro Habeck si riuniva con i leader del settore automobilistico e i rappresentanti di IG Metall per discutere come incentivare le vendite di auto elettriche, nuovi dati negativi hanno colpito l’economia tedesca. L’indice dei direttori degli acquisti (PMI), che riflette le aspettative di domanda nell’industria e nel commercio, è sceso a settembre a 40,3 punti nel settore industriale (valori sotto i 50 indicano contrazione), un minimo preoccupante. Anche l’Ifo-Geschäftsklimaindex (indice del clima economico Ifo) è sceso per la quarta volta consecutiva a 85,4 punti.

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Cause profonde della crisi economica in Germania

Le cause della crisi economica in Germania sono molteplici. Da un lato, la crescita più lenta dell’economia mondiale ha ridotto la domanda per le esportazioni tedesche, un settore chiave per l’economia del paese. Dall’altro lato, l’aumento dei costi, in particolare l’inflazione e l’aumento dei prezzi dell’energia, hanno messo a dura prova le imprese e i consumatori. Nonostante alcuni segnali positivi, come il tasso di inflazione sceso sotto il 2% ad agosto, i costi di finanziamento elevati continuano a frenare gli investimenti.

L’Istituto dell’economia tedesca (IW), finanziato dalle associazioni industriali e datoriali, sottolinea che le incertezze economiche e politiche continuano a pesare sugli investimenti, con una stima prudente di una diminuzione degli investimenti fissi di circa il 3% nel 2023.

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L’andamento del PIL: Segnali di stagnazione

Il PIL della Germania ha mostrato un andamento molto fiacco nel 2023: +0,1% nel primo trimestre, -0,1% nel secondo trimestre e un leggero rimbalzo del +0,2% nel terzo trimestre. Tuttavia, il quarto trimestre ha segnato un calo significativo del -0,4%, confermando che il 2023 è stato un anno di recessione per l’economia tedesca. Le previsioni per il 2024 indicano che la Germania affronterà il suo secondo anno consecutivo di recessione, un fenomeno raro dal 1951.

Un futuro incerto per l’economia tedesca

Le speranze di una rapida ripresa dei consumi, attese da molti economisti e dal governo, si sono rivelate illusioni. Dopo due anni di crescita stagnante dei consumi, è difficile immaginare un rimbalzo significativo nel 2024. Gli aumenti salariali ottenuti dai sindacati hanno solo parzialmente compensato le perdite di salario reale, contribuendo a mantenere bassi i livelli di consumo.

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La crisi economica in Germania non sembra destinata a risolversi rapidamente. Anche se il calo del PIL previsto per il 2024 sarà relativamente modesto (intorno allo 0,3%), la situazione complessiva indica una fase di stagnazione prolungata. Gli anni di recessione sono spesso seguiti da periodi di ripresa economica, ma, come dimostrano le esperienze passate, queste fasi di ripresa sono diventate sempre più deboli nel tempo.

Conclusioni

La crisi economica in Germania sta entrando in una fase critica. Dopo un 2023 segnato dalla recessione, anche il 2024 sembra destinato a essere un anno di contrazione economica. Le sfide strutturali, come la debole crescita del PIL, l’inflazione e l’incertezza globale, continuano a pesare su una delle economie più forti d’Europa. I segnali di ripresa, per ora, sembrano lontani, lasciando la Germania in un periodo di stagnazione e incertezza economica.

La parola d’ordine per il prossimo anno sarà quindi prudenza, mentre il paese cerca di adattarsi a una crisi economica che sta mettendo a dura prova la sua struttura economica e sociale.

sabato 12 ottobre 2024

Volkswagen in Crisi: La Verità sulle Retribuzioni dei Top Manager

Volkswagen…la casa automobilistica in grave crisi che deve risparmiare miliardi di euro per non sprofondare! Ma uno dei motivi di questa crisi è che, per anni e anni, hanno pensato di risolvere tutto a colpi di buonuscite milionarie, comprese le dimissioni dei loro top manager. Una marea di milioni di euro per far stare buoni gli ex top-manager, che adesso sta tornando indietro con gli interessi. Un articolo molto interessante da Business Insider

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Pagamenti per Milioni di euro

Il rapporto sulle retribuzioni per il 2023 mostra che, nonostante molti ex-capi di VW non facciano più nulla per l’azienda, continuano a ricevere stipendi anche anni dopo aver lasciato il loro incarico. Le somme pagate arrivano a milioni. Ad esempio, per il 2023 Volkswagen ha dichiarato pagamenti per un totale di circa 100 milioni di euro a dirigenti che hanno lasciato l’azienda da più di dieci anni.

La Situazione Attuale

La crisi di Volkswagen si è aggravata. Il più grande produttore di automobili d’Europa ha annunciato all’inizio di settembre di voler intensificare ulteriormente il proprio piano di risparmio. Oltre a misure di risparmio come pensionamento anticipato e indennità di fine rapporto, VW ha revocato la garanzia di occupazione in vigore dal 1994 e l’obbligo di assunzione per gli apprendisti. Inoltre, il gruppo non esclude più la chiusura di stabilimenti in Germania. Il CEO di VW, Oliver Blume, ha descritto la situazione economica come allarmante.

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Il Modello di Remunerazione

Una delle ragioni della situazione precaria è che Volkswagen ha risolto molti problemi finanziari con il denaro, trasformando Wolfsburg in un paradiso per i lavoratori. Le uscite dall’azienda sono state generosamente compensate, con le retribuzioni che aumentano con il livello manageriale. Solo per i dirigenti che hanno lasciato l’azienda più di dieci anni fa, Volkswagen ha dichiarato pagamenti per il 2023 pari a circa 100 milioni di euro. Alcuni top manager continuano a ricevere somme annuali nell’ordine di sei o otto cifre.

Le Retribuzioni dei Top Manager di VW

Ecco un elenco di alcune delle retribuzioni dei top manager di Volkswagen:

  • Herbert Diess: Presidente del consiglio di amministrazione di Volkswagen AG da aprile 2018 ad agosto 2022. Anche se ora è in pensione, riceve ancora uno stipendio da VW, pari a 2,6 milioni di euro solo lo scorso anno. La sua retribuzione totale per il 2023 ammonta a 12,8 milioni di euro, includendo bonus e benefici accessori.
  • Markus Duesmann: Ex presidente di Audi, ha lasciato il consiglio di amministrazione di VW a fine agosto 2023, ma continua a ricevere uno stipendio base di 500.000 euro. Fino a marzo 2025, continuerà a ricevere una compensazione mensile che porterà il totale a 2,25 milioni di euro.
  • Martin Winterkorn: Ex presidente di Volkswagen e Porsche SE, nel 2023 ha ricevuto pensioni e benefici accessori per un totale di 1,35 milioni di euro.
  • Matthias Müller: Ex presidente di VW, ha ricevuto pensioni superiori a 1,2 milioni di euro nel 2023, arrivando a quasi due milioni di euro con bonus e benefici.
  • Jochem Heizmann: Ex membro del consiglio di Volkswagen, ha ricevuto nel 2023 una retribuzione di circa 800.000 euro.

Nonostante lo Scandalo delle Emissioni

Alcuni ex-dirigenti rimangono nella lista paga nonostante il noto scandalo delle emissioni:

  • Rupert Stadler: Ex presidente di Audi, condannato per il suo ruolo nello scandalo, continua a ricevere una retribuzione dal gruppo, pari a circa 23.000 euro per il 2023.

Conclusione

La situazione di Volkswagen solleva interrogativi sulla sostenibilità delle pratiche di retribuzione dell’azienda, specialmente in un momento in cui è necessario risparmiare e ristrutturare. Resta da vedere come la casa automobilistica affronterà le sue sfide future.

Germania in una crisi economica strutturale: Intervista ad Achim Truger sullo Stato dell’Economia tedesca

Il governo federale tedesco ha nuovamente abbassato le sue previsioni di crescita. Anche quest’anno, l’economia dovrebbe contrarsi, e la gravità della situazione è evidente se si confronta con alcuni anni fa. Achim Truger, economista e membro del Consiglio dei saggi per la valutazione dello sviluppo economico, ci offre un’analisi approfondita in un’intervista con ntv.de.

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Situazione Economica Attuale

Truger afferma che l’economia tedesca sta vivendo una fase di debolezza insolitamente lunga. Negli ultimi due anni, le previsioni di ripresa sono state continuamente rinviate, mostrando un andamento più debole del previsto.

“Secondo le attuali previsioni, per quest’anno ci aspettiamo un segno negativo davanti al dato di crescita e solo una debole ripresa per il prossimo anno”, commenta Truger. La crisi economica tedesca è amplificata dal fatto che, dal 2019, l’economia praticamente non è cresciuta. Abbiamo subito lo shock del coronavirus e la crisi energetica, portando a una situazione in cui siamo oltre il cinque percento al di sotto della tendenza di crescita prevista.

Achim Truger – Membro del Consiglio dei saggi economici

Congiuntura vs. Struttura

Quando si parla di crisi, si possono distinguere elementi congiunturali e strutturali. Truger evidenzia che la crisi attuale è influenzata principalmente da:

  • Consumo privato stagnante: A causa dell’alta inflazione, i redditi reali sono diminuiti, portando i consumatori in una “modalità subacquea”.
  • Debolezza delle esportazioni: Nonostante un miglioramento dell’economia globale, la domanda di prodotti industriali tedeschi sembra cambiare strutturalmente. Aumentano le preoccupazioni riguardo alla competitività della Germania, specialmente a causa dell’alto costo dell’energia e della crescente concorrenza dalla Cina.
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Fattori Strutturali di Crisi

Truger non esclude la questione dei costi elevati del lavoro e della burocrazia, ma avverte che questi temi ricorrenti non spiegano la crisi acuta attuale. “Sarebbe importante accelerare le procedure di autorizzazione e migliorare gli incentivi al lavoro”, afferma, ma questi non sono i principali fattori di crisi.

Prospettive per il Futuro

Il governo federale deve affrontare una situazione molto difficile, secondo Truger. Ha presentato un’iniziativa di crescita, ma ciò che propone ha un impatto notevole sui bilanci pubblici. “Non aiuta nessuno se i comuni, i principali investitori, riducono gli investimenti pubblici”, avverte.

Truger suggerisce che il governo dovrebbe dichiarare nuovamente uno stato di emergenza e sospendere il freno all’indebitamento. “Se la produzione economica è più di cinque punti percentuali al di sotto della tendenza pre-crisi, si può giustificare l’impegno di denaro per rilanciare l’economia”, sostiene.

Conclusione

La situazione politica attuale rende difficile l’implementazione di queste misure. Tuttavia, Truger è ottimista riguardo alla possibilità di una riforma della regola di bilancio, indipendentemente dalle future maggioranze politiche.

“Il dibattito acceso e avvelenato in corso non aiuta. L’opposizione ha scelto di addossare le colpe al governo, ma molte azioni positive sono state compiute durante la crisi energetica”. È fondamentale mantenere un spirito di collaborazione per affrontare le sfide economiche che ci attendono.

Germania Sotto Pressione per la rapida deindustrializzazione: La Grande Fuga delle Aziende

Il numero di aziende industriali che stanno valutando il trasferimento della produzione fuori dalla Germania è in rapido aumento. Molte imprese stanno riducendo drasticamente i posti di lavoro, come confermato da un sondaggio della Camera di Commercio e Industria Tedesca (DIHK). Anche diversi economisti esprimono forti preoccupazioni riguardo alla situazione attuale e alla possibile deindustrializzazione in Germania. Ne scrive Agrarheute.com

Che cos’è la deindustrializzazione?

La deindustrializzazione in Germania descrive un cambiamento strutturale in un’economia, in cui il settore industriale perde peso rispetto ai settori dei servizi. Questo fenomeno si manifesta con:

  • Riduzione del numero di lavoratori nell’industria.
  • Diminuzione della quota del PIL del settore industriale.
  • Delocalizzazione delle sedi produttive all’estero.

Secondo Harald Müller, direttore dell’Accademia Economica di Bonn (BWA), “la deindustrializzazione della Germania è in pieno svolgimento”, affermazione fatta già a inizio anno.

Crescente incertezza tra le aziende

Müller spiega che l’incertezza nel mondo industriale è tale che molte aziende hanno già preparato o implementato trasferimenti di produzione all’estero. Questo è confermato da un recente sondaggio della Camera di Commercio e Industria Tedesca (DIHK). “Non si tratta più della questione se trasferirsi, ma solo di come e quanto velocemente”, ha sottolineato Müller.

Le cause principali della deindustrializzazione in Germania, secondo il direttore della BWA, sono legate a scelte sbagliate nella politica energetica.

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Interi settori economici a rischio

Müller prevede che interi settori dell’economia tedesca si trasferiranno all’estero, tra cui:

  • L’industria chimica.
  • L’industria della lavorazione dei metalli.
  • La produzione automobilistica, inclusa la rete di fornitori.

L’opinione di Hans-Werner Sinn: una “deindustrializzazione forzata”

Anche Hans-Werner Sinn, ex direttore dell’Ifo-Institut di Monaco, condivide una visione critica della situazione. Secondo Sinn, la transizione energetica sta portando a una deindustrializzazione forzata a causa della chiusura delle centrali nucleari, del divieto di riscaldamenti a olio e della fine dei motori a combustione. Questi cambiamenti, afferma, stanno costringendo tutto a elettrificarsi, preferibilmente con energia verde.

Sinn si riferisce anche a un rapporto della Corte dei Conti federale del marzo 2024, che avverte di un “rischio significativo di carenza di capacità energetica garantita entro la fine del decennio”.

Inoltre, critica che la legge sull’efficienza energetica prevede che il consumo finale di energia debba diminuire del 45% entro il 2045. Anche se tutta l’energia fosse prodotta da fonti rinnovabili, il consumo di elettricità dovrebbe essere quasi dimezzato entro quella data, un processo che Sinn definisce “un programma di deindustrializzazione”.

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Le aziende automobilistiche a rischio di fuga

Secondo un sondaggio della Camera di Commercio e Industria Tedesca (DIHK), più della metà delle grandi aziende industriali sta considerando di ridurre la produzione o di trasferirla all’estero. Il sondaggio, condotto tra circa 3.300 aziende, mostra che il 51% delle aziende con oltre 500 dipendenti sta già pianificando restrizioni produttive o una delocalizzazione, rispetto al 43% dell’anno scorso.

I prezzi elevati dell’energia stanno influenzando gravemente la capacità delle aziende di investire e innovare, con due terzi delle imprese che vedono la loro competitività minacciata.

Il richiamo alla politica energetica

Achim Dercks, vice direttore generale della DIHK, ha avvertito che “i freni alla crescita causati dalla politica energetica possono essere risolti solo con un cambiamento di prospettiva”. Le aziende, sottolinea, hanno bisogno di una fornitura energetica affidabile e a prezzi competitivi. Circa l’80% delle imprese ritiene che la riduzione delle tasse e dei tributi sull’energia sia essenziale per affrontare la crisi.

Questa situazione evidenzia una transizione critica per l’industria tedesca, con ampie conseguenze per il futuro della competitività economica del Paese.

mercoledì 9 ottobre 2024

Contratti a Tempo Determinato in Germania: Giovani e meno Giovani Intrappolati nella Precarietà del Lavoro

In Germania mancano lavoratori qualificati, eppure ottenere un contratto a tempo indeterminato resta un’eccezione, specialmente per i giovani. Una nuova indagine del Wirtschafts- und Sozialwissenschaftliches Institut (WSI) della Hans-Böckler-Stiftung fa luce sulla precaria situazione lavorativa che coinvolge non solo scuole e università, ma anche altre industrie. Ne scrive die Zeit

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Un Problema Diffuso: I Contratti a Tempo Determinato in Germania

Secondo lo studio, nel 2023 quasi il 40% dei nuovi lavoratori soggetti a contribuzione sociale in Germania ha ricevuto un contratto a tempo determinato. Tra i giovani sotto i 25 anni, questa percentuale sale a quasi la metà. Un dettaglio rilevante è che le donne sono leggermente più spesso soggette a contratti temporanei rispetto agli uomini (38,8% contro 36,9%).

I dati non distinguono tra contratti a termine con o senza giustificazione, ma si sa che in generale un contratto può essere limitato fino a due anni senza motivo specifico. In presenza di una giustificazione, come la copertura di un congedo parentale o fondi di progetto a scadenza, i contratti a tempo determinato in Germania possono essere estesi più volte con lo stesso datore di lavoro, per molti anni.

Nonostante la percentuale di contratti a termine sia diminuita rispetto alla pandemia da COVID-19 (quando il 42% delle nuove assunzioni era a tempo), il livello rimane comunque elevato.

Le Conseguenze per i Lavoratori, in Particolare per le Donne

Secondo l’Istituto per la Ricerca sul Mercato del Lavoro e le Professioni, i contratti a tempo determinato hanno effetti negativi su molti lavoratori. In particolare, le donne sentono un forte peso a causa di questa instabilità, spesso influenzando il loro futuro professionale.

Città Universitarie e Altre Zone con Alte Percentuali di Contratti Temporanei

Nelle città universitarie la situazione è ancora più grave. A Heidelberg, ad esempio, due terzi delle nuove assunzioni l’anno scorso avevano una scadenza. Questo è in gran parte attribuibile all’università e al grande ospedale universitario, che dominano il mercato del lavoro locale.

Altre città, come Colonia e Potsdam, vedono rispettivamente oltre il 62% e il 59% di contratti a tempo determinato per i nuovi assunti. Queste città ospitano importanti settori dei media, della pubblicità e dell’industria cinematografica, noti per utilizzare contratti temporanei.

Al contrario, in alcune regioni come i distretti di Tirschenreuth, Neustadt an der Weinstraße e Coburg, la percentuale di contratti a tempo determinato è molto più bassa, grazie a un’economia più stabile e una domanda elevata di lavoratori qualificati.

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Berlino e il Caso Peculiare della Scienza

Berlino, con il suo vasto ecosistema di università, istituti di ricerca, startup e il mondo politico, ha una delle più alte percentuali di contratti temporanei: oltre il 50%. Anche le posizioni nei gabinetti parlamentari, ad esempio, sono spesso legate a contratti a scadenza.

Particolarmente critica è la situazione per i giovani ricercatori nelle università tedesche: il 94,6% dei contratti accademici nel semestre invernale 2023/2024 è stato a tempo determinato. Questo alto tasso è legato a posizioni di qualificazione e progetti finanziati con fondi a scadenza, secondo le norme del Wissenschaftszeitvertragsgesetz. Tuttavia, molti ricercatori vedono questa precarietà come un fardello, e alcuni decidono di lasciare la Germania.

La Situazione nelle Scuole: Anche qui Contratti a Termine

Lo studio del WSI ha rivelato che i contratti a tempo determinato sono sempre più comuni anche nel settore dell’insegnamento. Nel 2023, l’85,9% dei nuovi insegnanti nelle scuole generali è stato assunto con contratti temporanei. Nonostante la carenza di insegnanti in Germania, non c’è stato un aumento delle assunzioni a tempo indeterminato negli ultimi anni. Questo fenomeno si spiega in parte con la necessità di coprire temporaneamente le assenze e l’assunzione di studenti di pedagogia ancora durante il loro percorso di studio.


La situazione rimane critica, nonostante la coalizione di governo avesse promesso di ridurre significativamente il numero di contratti a tempo determinato. Solo una limitata riforma riguardante i contratti accademici è stata discussa, ma finora non è stata ancora attuata. Per molti lavoratori, la prospettiva di un impiego stabile rimane lontana.

giovedì 3 ottobre 2024

Crisi VW e Futuro dell'Industria Tedesca: Flassbeck Svela gli Errori del Governo

Se si chiede a Heiner Flassbeck se la crisi di VW sia un cattivo presagio, non esita. Cosa dovrebbe fare il governo “Ampel” non solo per salvare il colosso automobilistico, ma anche per aiutare l’intera industria tedesca a uscire dalla crisi? Da der Freitag

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der Freitag: Signor Flassbeck, lei è fondamentalmente un ottimista?

Heiner Flassbeck: In linea di massima sì. Ma al momento sono piuttosto dalla parte dei pessimisti. Osservo l’economia da 50 anni e non ho mai visto un governo così ignorante rispetto agli sviluppi attuali come il governo Ampel. Siamo in recessione da due anni e mezzo.

Il governo prevede per il 2024 una crescita dello 0,3%.

Questo non significa molto. Guardate i dati industriali concreti, quelli rilevanti. Sono semplicemente una catastrofe. Un esempio: gli ordini nell’intero settore manifatturiero sono in calo da due anni e mezzo. Non l’ho mai visto in tutta la mia carriera. Nel settore della meccanica gli ordini oggi sono quasi del 20% inferiori rispetto all’inizio del 2022. Anche gli investimenti in beni strumentali, che sono assolutamente cruciali per il futuro, probabilmente crolleranno del 7% quest’anno. Sapete come si sarebbe chiamato in passato tutto questo? Una grave recessione.

heiner flassbeck
Heiner Flassbeck

La crisi di VW è una sorta di presagio per il declino economico della Germania?

Certo. Non sono un insider della politica di VW, non so cosa abbia sbagliato il management. Ma il quadro generale nell’industria automobilistica è molto difficile. Nessuno sa: elettrico o non elettrico? Entro quando devo convertire?

VW quest’anno ha venduto l’1,4% in meno di auto elettriche rispetto al 2023. E già prima non erano molte.

Sì, i clienti non le accettano. Tanto più importante sarebbe una buona gestione macroeconomica: se aziende e famiglie risparmiano, come sta accadendo ora, lo Stato deve indebitarsi. Finora, con enormi surplus nella bilancia dei pagamenti, siamo riusciti a far sì che l’estero si indebitasse, compensando così il divario di domanda. Ma a lungo termine non può funzionare. Se Trump torna al potere, comunque finirà. Dobbiamo riorientarci radicalmente. Lo Stato deve investire: in ponti, nella sanità, nelle infrastrutture, nell’istruzione. Così la gente avrà di nuovo abbastanza denaro in tasca, magari per comprarsi un’auto elettrica.

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A giugno si è letto che VW investirà 60 miliardi di euro nei prossimi anni in nuovi motori a combustione. Gli ambientalisti saranno forse contenti delle difficoltà del gruppo. Lei lo è in segreto?

No, pensare che si possa salvare il clima se VW fallisce o l’economia tedesca si piega è assurdo. Forse a Berlino c’è chi, vestito di verde, non la trova una cosa così grave, pensando che sia “buona per il clima”. Ma è uno dei più grandi malintesi. Abbiamo bisogno di un’economia dinamica che cresca e si orienti verso la neutralità climatica, e questo su scala globale. Ma non sta accadendo. I produttori di petrolio e gas continuano a estrarre allegramente. Bisogna intervenire su questo. Ieri ho fatto il pieno di diesel a 1,46 euro al litro. In termini reali è molto più economico che negli anni ’60. Pensateci! Cosa cambierebbe una bancarotta di VW in questa situazione?

Il produttore di auto BYD ha ricevuto nel 2022 dallo Stato cinese l’equivalente di 2,1 miliardi di euro in sussidi. La Germania dovrebbe, nei limiti del diritto europeo, sostenere finanziariamente Volkswagen?

No, sarebbe di nuovo microgestione, non macromanagement. Inoltre, lo Stato dovrebbe allora sovvenzionare anche l’industria della meccanica, l’elettronica e chissà cos’altro.

Intel dovrebbe ricevere fondi statali generosi per stabilirsi a Magdeburgo: 9,9 miliardi. Tuttavia, l’azienda ha recentemente annunciato il rinvio di due anni della costruzione della fabbrica di chip.

Sì, sembra che il governo fatichi a attrarre imprese in Germania. Anche il loro approccio, quello di selezionare singole aziende e aiutarle, è sbagliato. Quali sono i criteri? Perché Olaf Scholz va a Papenburg ad annunciare che il cantiere Meyer verrà salvato dallo Stato, mentre altre aziende affondano nel silenzio? Dobbiamo finalmente passare da una prospettiva microeconomica a una macroeconomica.

Nel suo nuovo libro lei scrive che la Cina è riuscita a creare condizioni di investimento ottimali. Come ci è riuscita?

L’obiettivo di un paese deve essere quello di mantenere la stabilità monetaria senza alzare troppo i tassi di interesse, evitando così il crollo degli investimenti. La Cina ci è riuscita benissimo negli ultimi 30-40 anni. È l’unico paese al mondo ad aver capito che l’inflazione non si combatte alzando i tassi, rallentando la crescita, ma facendo in modo che anche lo Stato garantisca che i salari aumentino in linea con la produttività, ma non oltre. Questo è il segreto per uno sviluppo economico di successo. In Occidente, da Reagan e Thatcher in poi, abbiamo combattuto l’inflazione con tassi più alti. E dove va meglio oggi? In Occidente? O in Cina?

Negli Stati Uniti non va così male: Joe Biden si vanta che nei tre anni della sua presidenza ci siano state 16 milioni di richieste di nuove imprese.

Sì, almeno gli Stati Uniti hanno capito che lo Stato deve colmare il divario di domanda di cui parlavamo. Senza spendere denaro non funziona. Biden ha investito 738 miliardi di dollari. Il risultato è positivo. Guardate il debito pubblico americano e quello europeo: il debito americano è in aumento, quello europeo rimane stabile. Ma noi abbiamo tagliato l’economia fino a distruggerla, mentre gli Stati Uniti prosperano.

Non è la burocrazia a frenare anche la nostra economia? La domanda di costruzione per la fabbrica Intel era lunga 2.000 pagine ed è stata esaminata per mesi dalle autorità.

La burocrazia sicuramente è un ostacolo. Ma non è il problema principale. L’Europa non può funzionare senza burocrazia: senza le leggi sulla concorrenza, per esempio, non esisterebbe il mercato unico europeo.

Guardando nella sfera di cristallo: quale sarà il futuro di VW?

Non sono un profeta. La mia ipotesi è che i problemi cresceranno. Dobbiamo eliminare questa grande incertezza e decidere: portiamo avanti la politica dell’elettromobilità a ogni costo? Se puntiamo tutto sulle auto elettriche mentre il resto del mondo può fare l’una o l’altra cosa, l’industria automobilistica tedesca andrà presto in rovina.

Che auto guida lei privatamente?

Un moderno diesel. Nei viaggi di 650 chilometri che facciamo regolarmente, non voglio diventare nervoso ogni 200 chilometri perché la batteria si sta scaricando.

lunedì 30 settembre 2024

Perchè i dati sulla Disoccupazione in Germania ci dicono che La Crisi Non è Ancora Finita

Il numero di disoccupati in Germania è leggermente diminuito a settembre, ma nonostante questo piccolo segnale positivo, la situazione rimane tutt’altro che rosea. Anzi, secondo l’esperto del mercato del lavoro Holger Schäfer, siamo di fronte a una “situazione pericolosa”.

La situazione attuale della disoccupazione in Germania

Settembre ha visto un calo di 66.000 disoccupati rispetto al mese precedente, portando il totale a 2,806 milioni di persone. Tuttavia, se confrontiamo questo dato con lo stesso periodo dell’anno scorso, ci sono 179.000 disoccupati in più. A peggiorare le prospettive è la debolezza dell’economia tedesca: il paese si avvicina pericolosamente alla soglia dei tre milioni di disoccupati.

La presidente dell’Agenzia Federale per l’Occupazione, Andrea Nahles, prevede che questo limite potrebbe essere superato nei prossimi sei mesi, a meno che non ci siano stimoli economici significativi.

Ma cosa significano veramente questi numeri? E come si concilia questa situazione con la cronica carenza di manodopera qualificata di cui soffrono molti settori?

Un’apparente ripresa e una realtà più dura

t-online ha intervistato Holger Schäfer, economista del mercato del lavoro, per fare chiarezza. Quando gli è stato chiesto se il lieve calo della disoccupazione a settembre potesse indicare un miglioramento, Schäfer ha risposto che la situazione è in realtà molto peggiore di quanto sembri.

“La disoccupazione diminuisce sempre a settembre, grazie alla ripresa autunnale,” spiega Schäfer. Tuttavia, se si considerano i dati destagionalizzati, la disoccupazione è in realtà aumentata di 17.000 unità. Questo non è affatto un segnale incoraggiante, poiché dall’inizio dell’anno il numero di disoccupati è aumentato costantemente di 10.000-20.000 persone al mese. “Tutti i progressi fatti dal 2015 sono ora persi.”

buonauscita in germania

Verso i tre milioni di disoccupati?

Andrea Nahles prevede che la disoccupazione possa raggiungere i tre milioni già entro la primavera del prossimo anno. Schäfer ritiene che sia possibile e avverte che la disoccupazione potrebbe aumentare ulteriormente nel 2025.

Ma perché la situazione del mercato del lavoro è così preoccupante? Secondo Schäfer, il problema principale è la debolezza economica, anche se non ci sono molti licenziamenti in corso.

“Non possiamo misurare direttamente i licenziamenti,” dice Schäfer, ma i dati relativi alle nuove assunzioni sono allarmanti: il numero di offerte di lavoro è ai minimi storici. Le aziende sono riluttanti ad assumere, viste le incerte prospettive economiche. “Le persone in cerca di lavoro, che sia per scadenza del contratto o per una nuova direzione professionale, faticano a trovare un impiego,” spiega Schäfer.

Settori in difficoltà e la carenza di manodopera qualificata

I settori più colpiti sono l’edilizia, il commercio e l’industria, dove si registrano poche nuove assunzioni, in particolare per i lavoratori temporanei. Tuttavia, ci sono alcune eccezioni: settori come l’amministrazione pubblica e il settore sanitario e sociale continuano a cercare personale.

Ma come si concilia la crescente disoccupazione con la cronica mancanza di manodopera qualificata in molti settori? Schäfer chiarisce che a prima vista sembra un paradosso, ma in realtà non lo è: le posizioni disponibili non corrispondono alle qualifiche delle persone in cerca di lavoro.

“Il numero di posti di lavoro vacanti è leggermente diminuito, ma rimane alto,” spiega Schäfer. Le aziende non trovano candidati adatti per i posti che devono essere coperti, perché i disoccupati hanno qualifiche diverse o inferiori rispetto a quelle richieste.

Il futuro del mercato del lavoro: una previsione pessimistica

Secondo Schäfer, senza la carenza di manodopera qualificata, la situazione sarebbe molto più grave. Tuttavia, lo sviluppo demografico e l’immigrazione di manodopera qualificata stanno attenuando in parte l’impatto della crisi. La generazione dei baby boomer sta andando in pensione, e contemporaneamente non ci sono abbastanza nuovi lavoratori a sostituirli.

Guardando al futuro, Schäfer si dice pessimista. Il problema della manodopera qualificata si aggraverà e la “onda demografica” porterà grandi difficoltà. “Non raggiungeremo più facilmente i tassi di crescita economica elevati degli anni d’oro,” spiega.

Una delle soluzioni proposte da Schäfer è l’integrazione delle donne immigrate nel mercato del lavoro, superando le differenze culturali. Un’altra soluzione potrebbe essere l’innalzamento dell’età pensionabile, anche se Schäfer riconosce che mancano sia il tempo che la volontà politica per farlo.

Le misure attuali e i limiti del sistema

Nel frattempo, il governo tedesco sta investendo miliardi nella formazione e riqualificazione dei lavoratori meno qualificati, ma Schäfer avverte che non bisogna aspettarsi miracoli. “Non si possono costringere le persone a seguire una formazione,” sottolinea, e inoltre il governo non sa quali lavori saranno richiesti in futuro.

Un’altra possibile soluzione è l’immigrazione di lavoratori qualificati dall’estero, e in questo Schäfer elogia le regole liberali del governo attuale. Tuttavia, la vera sfida sta nella loro implementazione, poiché i tempi di attesa per i visti e il riconoscimento delle qualifiche sono ancora troppo lunghi.

sabato 28 settembre 2024

BASF fra Tagli al personale e Dividendi Ridotti: La Nuova Strategia che Preoccupa Investitori e Lavoratori

La più grande azienda chimica d’Europa, BASF, ha annunciato significative modifiche che impatteranno sia i suoi azionisti che i dipendenti. A partire dal 2025, l’azienda prevede di ridurre i dividendi annuali, preparandosi a ulteriori tagli operativi in Germania. Questo è solo l’ultimo passo in una serie di trasformazioni che hanno scosso il colosso chimico tedesco negli ultimi anni. Ne scrive Der Spiegel

Dividendi in calo: Cosa cambia per gli investitori

In occasione del Capital Markets Day, tenutosi giovedì scorso, BASF ha comunicato che i dividendi per azione saranno ridotti a 2,25 euro all’anno per il periodo 2025-2028. Si tratta di un notevole calo rispetto ai 3,40 euro per azione distribuiti nel 2023. Questo taglio rappresenta una brusca inversione di tendenza per l’azienda, che fino ad ora aveva promesso di mantenere i dividendi almeno stabili.

Per gli investitori, questa notizia segna un duro colpo, soprattutto considerando che BASF è una delle aziende di punta del DAX, l’indice delle principali società quotate in borsa in Germania. Il taglio dei dividendi riflette le difficoltà operative e finanziarie che l’azienda sta affrontando a causa dei costi energetici crescenti.

Un gigante del gas al centro delle polemiche

BASF è la società del DAX con il più alto consumo di gas, una risorsa diventata sempre più scarsa e costosa dopo che la Russia ha interrotto le forniture di gas tramite gasdotto verso la Germania. Di conseguenza, l’azienda si è trovata al centro delle discussioni politiche ed economiche legate all’aumento dei prezzi dell’energia e ai timori di una possibile deindustrializzazione del Paese.

Già nel 2022, BASF aveva annunciato piani per ridurre le operazioni nel suo storico sito di Ludwigshafen, dove prevede di chiudere il 10% degli impianti, con una perdita stimata di circa 2500 posti di lavoro.

Competitività e chiusure: Il futuro di Ludwigshafen

Secondo Katja Scharpwinkel, direttrice dello stabilimento di Ludwigshafen, la maggior parte degli impianti è ancora competitiva nei mercati di riferimento. Tuttavia, ci sono alcune linee di produzione che non generano più profitti sufficienti a causa di problemi di competitività o di sottoutilizzo strutturale.

Queste difficoltà hanno portato BASF ad annunciare, lo scorso agosto, la chiusura di ulteriori impianti a Ludwigshafen. Ulteriori misure di razionalizzazione sono attualmente allo studio.

Ristrutturazioni in vista: Il piano di Markus Kamieth

Sotto la guida del nuovo CEO Markus Kamieth, BASF si sta preparando a una più ampia ristrutturazione del gruppo. Il piano prevede la creazione di quattro core business e di quattro divisioni autonome. Le attività principali si concentreranno su prodotti chimici di base e plastiche, settori in cui BASF punta a crescere e fare acquisizioni.

Per quanto riguarda altre aree, come rivestimenti, agrochimica, materiali per batterie e catalizzatori, Kamieth ha dichiarato che BASF perseguirà opzioni di portafoglio attive solo se queste creeranno valore aggiunto per gli azionisti. Questo potrebbe tradursi in cessioni parziali, offerte pubbliche o fusioni.

Nonostante questi piani di trasformazione, l’annuncio non è stato accolto con entusiasmo dai mercati: nella mattinata di giovedì, le azioni di BASF hanno perso circa il 2% del loro valore.

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La reazione dei sindacati: “Strategia troppo unilaterale”

Non mancano le critiche da parte del sindacato IGBCE e del consiglio di fabbrica di BASF, che considerano la nuova strategia aziendale “troppo unilaterale”. Risparmiare sui costi, sostengono, non è sufficiente per garantire un futuro solido all’azienda.

Il presidente del consiglio di fabbrica, Sinischa Horvat, ha espresso preoccupazione per l’impatto dei continui tagli sui lavoratori, affermando che «i numerosi programmi di risparmio fanno sentire i dipendenti di BASF impotenti» e che per loro «è un periodo di grande incertezza».

Al momento, un accordo in vigore fino al 2025 esclude licenziamenti per motivi aziendali nella sede di Ludwigshafen. Tuttavia, il consiglio di fabbrica ha già chiesto un’estensione dell’accordo fino al 2030, e le negoziazioni con il management sono in corso.


Conclusioni

Con i costi energetici in aumento e un contesto economico sfidante, BASF si trova di fronte a un periodo di grandi cambiamenti. Le ristrutturazioni in atto e i tagli previsti segneranno un nuovo capitolo per il gigante chimico tedesco, che dovrà affrontare sfide significative per mantenere la sua posizione di leadership. Tuttavia, queste decisioni stanno creando un clima di incertezza sia per gli azionisti che per i dipendenti, che guardano con preoccupazione al futuro.

martedì 17 settembre 2024

Crolli e Disuguaglianze: Perché i Ponti della Germania Stanno Cadendo a Pezzi

Nell’era moderna, i ponti non sono solo infrastrutture vitali; sono simboli di progresso e connessione. Tuttavia, in molte città tedesche, questi simboli stanno cadendo a pezzi sotto il peso dell’inefficienza e della mancanza di investimenti. Il motto “creare rovine senza armi” sembra più che mai applicabile. Ma non è solo una questione di ponti crollati. La crisi dell’infrastruttura pubblica è anche un riflesso di una più ampia disuguaglianza economica. Ne scrive Junge Welt

Una Crisi Annunciata

Nel 2015, la “Commissione Gabriel” lanciò l’allerta: le infrastrutture pubbliche erano in declino. Gli esperti avevano richiesto 90 miliardi di euro di investimenti per evitare il collasso. Tuttavia, il rigido pareggio di bilancio imposto da Schäuble bloccò questi fondi essenziali. Nel 2016, Verdi denunciava che 3,8 milioni di metri quadrati di superficie di ponti necessitavano di ristrutturazione, ma molti erano ormai irrimediabilmente danneggiati.

Nel 2022, il ministro dei Trasporti Volker Wissing (FDP) si era dichiarato pronto ad affrontare la situazione, ma la Corte dei conti federale ha dimostrato che il piano non funzionava. Mancano sia soldi che personale. Nel 2023, erano previsti lavori su 271.200 metri quadrati di ponti, ma solo 160.776 metri quadrati sono stati completati. Il divario tra i desideri e la realtà si amplerà ulteriormente, con una gestione delle priorità discutibile: il 62% dei ponti ristrutturati l’anno scorso non avevano la massima urgenza.

Il Freno al Debito e il Vero Problema

Anche se il “pareggio di bilancio” non è più la priorità assoluta del governo, i fondi per le infrastrutture civili rimangono scarsi. Gran parte del bilancio è destinato all’ampliamento delle forze armate. Nel prossimo anno, secondo le norme NATO, sono previsti 89,43 miliardi di euro per il riarmo. A partire dal 2028, ulteriori 28,1 miliardi di euro saranno destinati al settore militare per raggiungere l’obiettivo del 2% della NATO. Per mettere le cose in prospettiva: per il 2024, solo 31,9 miliardi di euro sono stati stanziati per le infrastrutture stradali e ferroviarie federali. La ristrutturazione dei ponti rischia di essere ulteriormente trascurata.

ponte di dresda crollato

Il Divario Sociale e l’Urgenza di Una Tassazione Giusta

Questa discussione sul freno al debito maschera un problema ancor più grave: l’aumento della disuguaglianza. Mentre una parte significativa della società tedesca diventa sempre più povera, il numero dei super-ricchi cresce esponenzialmente. Attualmente, 3.300 super-ricchi possiedono un patrimonio finanziario superiore ai 100 milioni di dollari. È ora di introdurre una tassa patrimoniale sui miliardari e milionari per garantire che la prossima generazione non debba pagare un prezzo insostenibile.

Conclusione

L’attuale crisi delle infrastrutture e l’aumento della disuguaglianza sono problemi strettamente connessi. È essenziale che il governo affronti entrambe le questioni con urgenza e responsabilità, per evitare che le future generazioni si trovino a dover affrontare rovine non solo economiche, ma anche fisiche e sociali.

domenica 15 settembre 2024

Il Crollo di Dresda: Un Ponte Svela il Fallimento di un Sistema

A Dresda, un disastro inaspettato ha scosso la città: il Carolabrücke è crollato improvvisamente nell’Elba durante la notte tra martedì e mercoledì. Un segmento di circa 100 metri è precipitato senza preavviso, evidenziando un problema più profondo del semplice deterioramento strutturale. Questo evento ha messo in luce un fallimento sistemico, politico e gestionale, che potrebbe avere conseguenze ben peggiori in futuro se non si interviene rapidamente. Ne scrive Ralf Wurzbacher sulle Nachdenkseiten.de

Un Crollo Inaspettato?

La caduta della Carolabrücke non è attribuibile a esplosivi, sabotaggi o agenti esterni. Le condizioni meteorologiche erano normali, così come il livello dell’Elba. L’ingegnere Manfred Curbach ha descritto l’incidente come un “fallimento incontrollato della struttura”, ma questa è solo una parte della storia. Il vero problema è stato il fallimento politico e amministrativo, rimasto “sotto controllo” fino a quando non è esploso in modo tragico.

Una Fortuna nella Sfortuna

Paradossalmente, il disastro è stato anche una fortuna: nessuna vittima è stata registrata. Ma la situazione potrebbe peggiorare presto, poiché l’arrivo di grandi masse d’acqua dalla Repubblica Ceca rischia di inondare Dresda. I detriti del ponte ostruiscono il deflusso del fiume e l’intero sistema infrastrutturale tedesco mostra i segni di decenni di abbandono.

Se il ponte fosse crollato in pieno giorno, sotto il peso di un tram o con pedoni e ciclisti presenti, il bilancio delle vittime avrebbe potuto essere devastante. In effetti, un tram aveva attraversato il ponte solo 18 minuti prima del crollo, sfiorando la tragedia. Il primo ministro della Sassonia, Michael Kretschmer, ha commentato: “Non oso immaginare cosa sarebbe successo se fosse accaduto di giorno”.

Un Paese che Cade a Pezzi

Questo crollo non è un caso isolato, ma il segno di una crisi più profonda. Da decenni in Germania si è trascurata la manutenzione di infrastrutture cruciali come strade, ponti, scuole e ospedali. Il deterioramento è così avanzato che alcune parti del sistema, come la Deutsche Bahn, sembrano essere arrivate al punto di rottura. Molti servizi essenziali sono stati chiusi o distrutti per far posto a complessi di lusso e templi del consumismo, mentre la manutenzione delle infrastrutture esistenti è stata sistematicamente rimandata per mancanza di fondi.

I Profitti del Saccheggio

Il paradosso è che, quando il governo deciderà finalmente di agire e di lanciare un grande piano di ricostruzione, gli stessi attori che hanno beneficiato della svendita del settore pubblico – grandi industriali, banchieri e costruttori – saranno quelli che trarranno vantaggio dai contratti miliardari per la riparazione dei danni. Le riforme fiscali favorevoli ai ricchi e le privatizzazioni hanno creato un sistema in cui il degrado delle infrastrutture è inevitabile, ma la loro ricostruzione genererà profitti enormi.

La Necessità di un Cambiamento

I cittadini non possono più tollerare che il loro bene comune, le infrastrutture pubbliche e i servizi essenziali vengano trascurati e saccheggiati. Lo Stato deve essere rinforzato e deve ottenere i fondi necessari da coloro che hanno accumulato ricchezze immense. L’introduzione di una tassa sui patrimoni e un aumento delle imposte sulle grandi aziende non è solo auspicabile, ma ormai urgente.

Il crollo del ponte di Dresda ci offre un avvertimento chiaro: la prossima volta, potrebbero esserci vittime. È ora di agire.