martedì 12 marzo 2013

C'è bisogno di una "Agenda 2020"?


Schröder non si rende conto dei danni fatti con la sua "Agenda 2010". Convinto della bontà dei suoi provvedimenti e supportato dagli applausi dei conservatori propone nuove riforme per garantire la competitività tedesca. Un commento di Claus Heinrich da Tagesschau
Le ferite causate da Gerhard Schröder con la sua "Agenda 2010" non si sono ancora rimarginate, che ora per il decimo anniversario della riforma propone un supplemento e lo chiama "Agenda 2020". L'ex Cancelliere è in stato confusionale? Non è stato Schröder a portare il suo partito, la SPD, ai limiti della propria identità e ai confini della sopravvivenza? Schröder è personalmente corresponsabile per cio' di cui oggi la SPD si lamenta a gran voce:  la svalutazione e lo svilimento del lavoro onesto.

Alle riforme del mercato del lavoro del 2003 mancavano i paracarri. Chi dopo decenni di duro lavoro si trova ad essere disoccupato, dopo solo 12 mesi finisce al livello dei sussidi sociali - Hartz IV. Cio' è umiliante. Milioni di posti di lavoro a tempo pieno sono stati smontati in tanti piccoli e sottopagati Minijobs, Part time e lavori interinali.

Molte persone che lavorano 40 ore la settimana e anche di piu' ricevono sussidi con il denaro dei contribuenti per poter  sopravvivere. Sociale è quello che crea posti di lavoro? Per niente! Aufstocker (lavoratori che ricevono un sussidio), Ein-Euro-Job, privatizzazione del collocamento - la lista dei peccati di Schröder, Clement e Steinmeier è lunga. Hanno relativizzato i presunti successi di questa politica e sostenuto il suo ruolo decisivo nell'aver accompagnato durante gli anni zero l'economia tedesca verso un cambiamento strutturale. Quale sia stato esattamente il ruolo di questa riforma nella riduzione della disoccupazione strutturale, nessuno lo puo' dire esattamente. Una cosa è certa: il bilancio dell'Agenda ha molte ombre.

Solo con un grande sforzo, il nuovo segretario della SPD Sigmar Gabriel, dopo il prezzo pagato alle elezioni del 2009 per la politica di Schröder, ha potuto salvare l'essenza del marchio della socialdemocrazia: la giustizia sociale. Le risposte programmatiche si chiamano ad esempio salario minimo e regole per limitare il lavoro temporaneo. Ci si chiede: perché non lo hanno fatto subito? In ogni caso: il partito si é riconciliato solo in parte con se stesso, i sindacati e i tanti elettori delusi. Lo stesso candidato indisciplinato alla Cancellieria Peer Steinbrück ha evitato la parola troppo carica di significati "Agenda".

Un po' di umiltà e di autocritica farebbe bene anche all'ex Cancelliere. Al contrario sembra pieno di orgoglio. Sguazza fra gli applausi della parte sbagliata: funzionari economici, professori liberisti ed editorialisti schierati. Per far loro piacere propone addirittura un'Agenda 2020.

Una provocazione, che tuttavia sembra condividere. Non chiede solamente piu' denaro per l'istruzione e le scuole materne. Questo lo fanno tutti. Prepara i tedeschi a considerarsi finalmente un paese di immigrazione. Abbiamo bisogno di immigrati per poter avere successo nella competizione internazionale di lungo periodo. Questa è una risposta completamente diversa alla sfida demografica rispetto alla pensione a 70 anni e all'abolizione della tutela contro i licenziamenti, proposte dei professori liberali.

Con l'immigrazione e contro l'impoverimento - sarebbe un bel tema ad esempio per la noiosa campagna elettorale. Peccato che Schröder questi pensieri interessanti abbia deciso di metterli sotto l'etichetta consumata "Agenda". Possibilità sprecata?

10 anni di Agenda 2010


A dieci anni dalla presentazione dell'Agenda 2010 dei rosso-verdi, Bild.de intervista l'ex Cancelliere Gerhard Schröder. Il dibattito sugli effetti delle riforme resta aperto. Da Bild.de

Dieci anni fa, il 14 marzo 2003, il cancelliere Gerhard Schröder annuncio' al Bundestag l'Agenda 2010 - secondo molti esperti alla base della crescita odierna e della competitività della Germania. Bild ha intervistato l'ex Cancelliere

BILD: Immaginava allora di dover perdere il suo posto di Cancelliere a causa delle riforme, Herr Schröder?

Gerhard Schröder: Guidare politicamente un paese significa anche correre il rischio di non essere rieletti a causa di una decisione necessaria. Bisogna avere il coraggio. Nella politica di oggi sembra mancare. Una cosa è certa: allora l'Agenda era indispensabile, nel vero senso del termine!

Senza l'Agenda la Germania si sarebbe trovata in emergenza?

C'era il pericolo. La situazione economica stava peggiorando, avevamo 5 milioni di disoccupati. Per questo motivo dovevamo modificare i sistemi di sicurezza sociale, affinché potessero restare sostenibili per il contribuente. Dovevamo rendere l'economia piu' competitiva, perché i posti di lavoro si creano solo se riusciamo ad esportare i nostri prodotti. E abbiamo speso di piu' per l'istruzione, solo per lo sviluppo delle scuole a tempo pieno 4 miliardi di Euro.

Qual'è stata la parte piu' importante dell'Agenda?

Abbiamo creato un nuovo equilibrio fra la responsabilità individuale per la propria vita e l'aiuto dello stato. Ciascuno deve fare il possibile per se stesso. Lo stato in cambio deve aiutare affinché un disoccupato possa tornare indipendente e trovare un lavoro ragionevolmente pagato, ad esempio con la formazione. Questo pensavamo con il motto "esigere e promuovere".

Lei sapeva quale ondata di proteste avrebbe causato?

Era chiaro che questa decisione sarebbe stata dolorosa per molte persone. Ma non c'era modo di sottrarsi. Sapevamo anche che gli effetti positivi della decisione sarebbero arrivati dopo anni. In questo spazio di tempo puo' venire meno la legittimazione democratica di una politica. Soprattutto se ogni elezione regionale viene considerata come una piccola elezione federale.

Nell'est erano in migliaia con le "manifestazioni del lunedi'" a protestare contro la sua politica. Ne fu colpito?

Certo, naturalmente! Fui molto colpito. Ma le manifestazioni rappresentano l'essenza della democrazia. E' comprensibile che le persone coinvolte decidano di manifestare in strada.

Hartz IV doveva essere una misura provvisoria. Ma la maggior parte degli oltre 4 milioni di destinatari riceve gli aiuti per mesi o addirittura anni. Il concetto "esigere e promuovere" è fallito?

No. Milioni di persone sono tornate sul mercato del lavoro. Coloro che ancora ricevono i sussidi, dovranno essere formati affinché possano avere una possibilità sul mercato del lavoro. E coloro che sono in grado di lavorare, ma si rifiutano, devono fare i conti con le sanzioni. Questa è una buona cosa.

Lei ha contribuito all'estensione massiccia del lavoro interinale. Un errore?

Naturalmente abbiamo fatto degli errori. Non esiste una politica perfetta. Bisogna riconoscere gli errori e fare il possibile per correggerli. E in tema di lavoro a tempo servono delle correzioni. Un lavoratore a tempo non deve guadagnare meno del suo collega con un posto fisso. A proposito: abbiamo cercato di introdurre il salario orario minimo, parallelamente all'Agenda, ma non avevamo la maggioranza nella camera federale (Bundesrat). Chi lavora, deve poter vivere del suo lavoro manuale o intellettuale. Non si puo' certo dare ad una parrucchiera meno di 4 € l'ora. Considero 8.5 € l'ora un salario minimo adeguato.

Il suo lavoro di riforma è stato sufficientemente valorizzato nel nostro paese?

Non mi posso lamentare per una mancanza di apprezzamento nei confronti dell'Agenda. Si dice anche che le riforme abbiano avuto successo. Lo si vede adesso: la Germania è uscita dalla crisi meglio degli altri paesi europei.

Vale anche per il suo partito, la SPD?

Il rapporto fra il mio partito e l'Agenda resta sempre un po' difficile. E rimarrà tale.

Perché?

La SPD non è mai soddisfatta - anche se è stata lei a fare le riforme. Per questo motivo ne sono un membro e restero' tale per tutta la vita. Il motore che spinge la SPD è rendere migliore la società. Per questa ragione non potrà mai sentirsi soddisfatta con lo status quo. Alla SPD mancherà sempre qualcosa.

La Germania ha bisogno di un'agenda 2020?

Si'. La Germania potrà difendere il suo vantaggio nei confronti delle potenze economiche emergenti come il Brasile e la Cina solo se lavoreremo duramente sulla nostra competitività. Solo se ce la facciamo, avremo lavoro a sufficienza, potremo pagare le pensioni, ci potranno essere strade e scuole buone.

Che cosa propone?

Abbiamo bisogno di piu' denaro per la ricerca e l'istruzione. Abbiamo bisogno di piu' scuole a tempo pieno, per dare maggiori possibilità a chi a casa non ha delle buone condizioni. A causa del nostro basso tasso di crescita abbiamo troppi pochi operai specializzati. Per questo l'istruzione e l'educazione sono cosi' importanti.

La carenza di forza lavoro qualificata dovrà essere colmata con l'immigrazione?

L'incredibile dibattito se siamo un paese di immigrazione oppure no ci ha danneggiato notevolmente. Possiamo essere soddisfatti se lavoratori qualificati decideranno di emigrare da noi. E' chiaro da molto tempo: a causa del declino demografico abbiamo bisogno di immigrati.

Le piacerebbe partecipare alla redazione di un'Agenda 2020?

No, dovranno farlo coloro che sono ai vertici del paese. Non è il compito di un pensionato. Tuttavia è importante non dimenticare una cosa: i sistemi sociali in una società che sta invecchiando, statisticamente non potranno essere mantenuti. Per questo avremo sempre bisogno del coraggio di cambiare.

lunedì 11 marzo 2013

Dai poveri ai ricchi, da chi rispetta le regole a chi le infrange


Secondo Holger Steltzner, condirettore di FAZ, i salvataggi Euro vanno nella direzione sbagliata. Lo mostrano i dati sulla  distribuzione dei patrimoni nei paesi europei. Dati che invece la BCE vorrebbe tenere nascosti, almeno fino al prossimo salvataggio. Da FAZ.net 
Distribuzione dei patrimoni privati in Europa in migliaia di Euro per ogni abitante adulto. Valori medi (rosso) e mediana (blu). Il coefficiente di Gini a destra indica le diseguaglianze. Fonte: Credit Suisse

I dati della BCE sui patrimoni privati mostreranno quello che molti già sanno benissimo: nella crisi Euro la redistribuzione non è dai ricchi ai poveri, ma da chi rispetta le regole a chi le infrange.

Perché la BCE vuole pubblicare i risultati del suo studio sulla distribuzione della ricchezza in Europa solo dopo la decisione sugli aiuti a Cipro? A quanto pare la BCE teme le proteste nei paesi donatori; se perfino le cifre ufficiali della BCE dovessero mostrare che i presunti ricchi tedeschi, austriaci, olandesi o finlandesi non devono tirare fuori i loro soldi per salvare i poveri ciprioti. E cosa dovrebbero pensare i poveri slovacchi o estoni, che già da tempo stanno pagando per i ben piu' ricchi debitori europei come ad esempio gli spagnoli, i greci, i portoghesi e gli irlandesi? I dati sulla distribuzione dei patrimoni della BCE mostreranno quello che molti già sanno, ma che gli Eurosalvatori preferiscono tacere: nella crisi Euro la redistribuzione non è dai ricchi ai poveri, ma da chi rispetta le regole a chi non lo fa.

La BCE aspetta a diffondere i dati anche perché essa stessa è diventata un attore politico. Idealmente vorrebbe pubblicare i dati sulla distribuzione dei patrimoni solo se accompagnati da istruzioni politicamente corrette per la loro interpretazione. E cio' danneggia la sua credibilità. Anche perché a differenza del governo tedesco e del FMI, non vorrebbe far partecipare i creditori delle banche cipriote al pacchetto di aiuti per Cipro. In questo modo la BCE conferma la percezione generale, secondo cui le banche e gli investitori vengono salvati - a spese dei contribuenti nei paesi donatori.

Le differenze sono maggiori proprio nei paesi in cui i sistemi sociali sono piu' forti

Se la BCE fosse neutrale, potrebbe semplicemente riportare la distribuzione dei patrimoni in Europa cosi' come si presenta. Secondo i dati di Credit Suisse, i lussemburghesi, i francesi, i belgi, gli italiani e gli austriaci sono in media piu' ricchi dei tedeschi, con un vantaggio sorprendentemente ampio dei francesi e uno prevedibile dei lussemburghesi. Particolarmente interessante è il fatto che in Francia, Germania e Olanda la ricchezza è distribuita in maniera ineguale; proprio nei paesi in cui i sistemi sociali sono cosi' ben sviluppati.

In Francia negli ultimi anni i salari sono cresciuti con forza, e lo stato ha ancora un ruolo molto importante nell'economia; entrambi i fattori sono decisivi nella mancanza di competitività dell'economia francese. Inoltre in Francia la quota di case di proprietà è sensibilmente piu' alta, mentre le tasse sui beni immobili e sui patrimoni sono elevate. Misure che i rosso-verdi vorrebbero introdurre anche nel nostro paese. Tuttavia le ineguaglianze nella distribuzione dei patrimoni restano le stesse della fredda e neoliberale, ma  economicamente forte Germania.

domenica 10 marzo 2013

Intervista a Konrad Adam di "Alternative für Deutschland"


WirtschaftsWoche, il settimanale di economia piu' diffuso, intervista Konrad Adam, uno dei leader della nuova formazione eurocritica „Alternative für Deutschland“. Da WirtschaftsWoche.
Il pubblicista Konrad Adam è uno dei fondatori del nuovo partito „Alternative für Deutschland“. Il movimento guidato dai professori di economia che alle elezioni politiche vuole competere contro il partito unico degli Eurosalvataggi. Non sarà pero' un movimento monotematico.

Wiwo: I nuovi partiti in Germania da tempo vengono considerati senza grandi possibilità di successo, soprattutto se cercano di fare concorrenza alla CDU-CSU. Con „Alternative für Deutschland“ lei e i suoi colleghi tuttavia ci state provando. Perchè?

Konrad Adam: Per noi è stata decisiva l'impressione che con gli Eurosalvataggi si fosse superato un limite che non doveva essere superato, senza chiedere il parere dei cittadini. A tale proposito ci affidiamo a quanto detto dalla Corte Costituzionale sul tema. Si sta decidendo su un argomento di grande importanza, e su questo siamo d'accordo con la Cancelliera. Tuttavia  in Parlamento non è ancora rappresentato un sentimento di scetticismo cosi' diffuso. Tutti i partiti su questo argomento hanno la stessa posizione: siamo per i salvataggi. E questo lo troviamo sbagliato.

C'è stata una causa scatenante che vi ha portato a questa decisione?

Si', è stata la deliberata e pianificata violazione del Trattato di Maastricht. I criteri nel corso del tempo sono stati ignorati da tutti i firmatari. Non si puo' certo dire dall'oggi al domani all'elettore: "Pesce di aprile, le vecchie regole non valgono piu', da oggi ce ne sono di nuove che ci siamo date fra di noi, senza chiedere la vostra opinione", è un modo di procedere inaudito e senza precedenti. Se non vogliamo che questa violazione diventi la prassi a livello internazionale, dobbiamo agire ora.

Da chi è partita l'iniziativa per il vostro movimento?

Ci sono stati diversi contatti, tuttora attivi. Durante l'ultimo anno il livello di rischio è salito. E questo ci ha portato ad una conclusione: nonostante tutte le difficoltà, su cui non ci facciamo alcuna illusione, è necessario osare. Sono uno di quelli che già da tempo sbatteva i piedi per terra. L'iniziativa è partita prima di tutto da Bernd Lucke, con il quale abbiamo lavorato molto, ma anche dal mio vecchio amico Alexander Gauland. E molti altri hanno dato il loro contributo. C'è inoltre un gran numero di persone che considerano la nostra causa giusta, ma che per diverse ragioni si rifiutano di entrare in un partito formale.

Sarete presenti alle elezioni federali del settembre 2013?

L'abbiamo in programma e faremo il possibile per superare gli ostacoli. Facciamo naturalmente i conti con la resistenza dei partiti politici concorrenti.

Svilupperete un programma politico che si occupa anche di altre questioni europee problematiche?

Sicuramente. Non vogliamo restare un partito con un solo tema. La nostra priorità è la preoccupazione per la moneta -  e per me personalmente ancora piu' importante - la proccupazione per il futuro della democrazia. Se il cittadino va a votare, vuole avere anche una scelta. Al momento per i motivi sopra menzionati non ce l'ha.

Dove vi posizionate nello spettro politico?

Io credo che la suddivisione fra destra, sinistra e centro non possa piu' spiegare molto. A causa dell'azione della Cancelliera queste parole sono diventate cosi' sfumate che ormai ci dicono poco. Abbiamo consapevolmente rinunciato al nome "Centro civile" e scelto al suo posto „Alternative“. Al centro sono in molti ad affollarsi.

In passato „alternativ“ era una parola per la sinistra e i movimenti ecologisti.

Personalmente, poiché mi considero un liberale-conservatore, da sempre ho una grande simpatia per le tematiche ambientali dei Verdi. Non riesco ancora a capire perché Helmut Kohl abbia escluso questo tema.

Vuole diventare segretario del partito?

No

Sarete in grado di inserire nel partito nuove strutture, diverse da quelle dei partiti tradizionali?

Su questo ancora non abbiamo deciso. Naturalmente abbiamo bisogno di un'organizzazione e senza un minimo di gerarchia non riusciremo a sopravvivere. Fino ad ora la nostra struttura preliminare è stata volutamente piatta. Abbiamo 3 portavoce, Bernd Lucke, Dagmar Metzger e il sottoscritto, a questi si aggiungono 3 membri di una commissione etica. Io credo che dovremmo mantenere un'organizzazione piatta e consapevolmente democratica anche in futuro.

Uno dei vostri sostenitori, Hans Olaf Henkel, è legato anche ai "Freie Wähler". Pensa ad alleanze elettorali o a collaborazioni simili con i "Freie Wähler".

Non si puo' escludere. Alle elezioni regionali in Niedersachsen abbiamo corso con i "Freie Wähler" perché sapevamo quanto difficile fosse la fondazione di un nuovo partito. Il risultato è stato deludente e l'esperienza ambivalmente. I "Freie Wähler" sono giustamente felici per le loro radici comunali. Dicono pero': ci interessiamo per la palestra locale, restiamo fuori dai temi di Berlino e di Bruessel. E' una posizione legittima, ma difficilmente conciliabile con i nostri temi. Se i "Freie Wähler"  sull'argomento non si mostreranno aperti, vedo grandi difficoltà per una ulteriore forma di collaborazione.

I "Freie Wähler"  sotto la guida di Hubert Aiwangers hanno fondato un'associazione federale.

Adesso avrà il compito di convinvere i circoli locali dei "Freie Wähler" di quanto siano importanti i grandi temi. Non saranno decisivi il livello comunale e quello regionale, piuttosto il livello federale e sempre piu' quello europeo.

I "Freie Wähler" e i "Pirati" sono cresciuti dal basso, il vostro partito invece nasce dall'alto. Una formazione fondata da professori di fama, giornalisti e alti funzionari.

Siamo solo all'inizio. Ma non siamo certo un partito nato dall'alto. Io sono pensionato

Ma come giornalista non certo sconosciuto

Abbiamo una piccola imprenditrice di Leipzig, varie persone dal settore IT che hanno appena aperto la loro attività. C'è una certa sovrarappresentazione dei professori di economia, ma è dovuto al tema trattato. Per ottenere l'attenzione delle masse, cercheremo di avere una militanza piu' ampia e rappresentativa. Abbiamo gettato una rete molto ampia.

Brüderle: è possibile che l'Italia esca dall'euro


Rainer Brüderle, candidato FDP alla Cancelleria, dopo aver votato a favore di tutti gli eurosalvataggi, torna a fare campagna elettorale a basso costo bulleggiando gli eurodeboli: è possibile che l'Italia esca dall'Euro. Da Reuters Deutschland


Dopo le elezioni in Italia il candidato FDP Rainer Brüderle ritiene possibile un'uscita dell'Italia dall'Eurozona.

E' possibile "che escano", ha detto Brüderle giovedì sera sulla ZDF. L'Italia deve decidere se intende adeguarsi alla moneta unica. "E se non intende farlo, devono trarre le necessarie conseguenze", ha aggiunto il capogruppo della FDP. La decisione resta esclusivamente nelle mani dell'Italia.

Restiamo fermamente convinti che l'euro sia un importante strumento di sviluppo europeo, ha detto Brüderle, aggiungendo tuttavia: "Non dovranno necessariamente restare tutti i membri che ci sono oggi". Le regole del gioco devono essere rispettate. L'alternativa ad un'uscita dall'Euro potrà esserci solo se l'Italia adotterà misure drastiche. I problemi principali del paese restano la mancanza di competitività, il lungo stallo delle riforme e una mancanza di capacità di agire del governo.

Cosi' in Italia la spesa pubblica non è stata ancora ridotta in termini nominali e il mercato del lavoro non è stato ancora reso piu' flessibile, ha criticato Brüderle. La Germania con le riforme Hartz IV ha sostenuto un percorso molto difficile. "Anche l'Italia dovrà farlo", ha continuato. "Non fare nulla e lamentarsi solamente per quello che non va, è troppo facile".

In generale Brüderle ha avvertito: "La crisi non è ancora superata". Il limite della resistenza tedesca è stato già toccato: non è possibile che i lavoratori tedeschi con le loro tasse possano pagare per gli errori commessi in tutti i paesi d'Europa. "Non possiamo farlo. Il bilancio pubblico tedesco non puo' diventare il self-service di tutta l'Europa", ha detto Brüderle.

Anche il ministro degli esteri lussemburghese Jean Asselborn, durante la trasmissione ZDF "Maybrit Illner", si è mostrato preoccupato per la situazione italiana: "se un paese come l'Italia diventasse ingovernabile, per l'Italia e l'Euro sarebbe una situazione molto difficile". Bisogna anche riflettere sui motivi del successo elettorale dei populisti. L'Europa non puo' essere associata solo con l'austerità.

sabato 9 marzo 2013

L'Europa di Merkel (prima parte)


Prima parte di una riflessione sulla leadership Merkeliana pubblicata da Telepolis, interessante rivista on-line tedesca di analisi politica ed economica. La Cancelliera non ha il coraggio per fare un passo in avanti, riesce solo a difendere lo status quo. 
La Cancelliera è titubante? Pragmatica? Entrambi gli aggettivi non vanno bene. Di fatto la sua politica consiste nell'aggressiva e continuativa difesa dello status quo.

L'egemonia tedesca in Europa si fonda sulla forza economica - e la volontà politica di utilizzarla a proprio favore. Durante la crisi la Cancelliera ha indicato le priorità. Prima di tutto si è preoccupata del modello di export tedesco, dei profitti delle banche tedesche e del - presunto o reale - risentimento del contribuente tedesco.

Lo stato di salute dell'Euro, il volto futuro dell'Unione Europea e le prospettive della Grecia vengono dopo la difesa degli interessi economici nazionali. La responsabilità tedesca per il malessere europeo lasciano indifferente il governo Merkel. Jürgen Habermas descrive questo atteggiamento, in maniera prudente, quando scrive:

"La riunificazione in Germania ha messo in moto un cambio di mentalità (...) anche l'identità e l'orientamento della politica estera tedesca è cambiato e si è spostato in direzione di una maggiore concentrazione sugli interessi della Germania. Dagli anni '90 cresce a poco a poco la consapevolezza di essere una "media potenza" con una forza militare, che agisce come un attore sulla scena politica internazionale".

All'estero il nuovo ruolo della Germania provoca preoccupazione e disapprovazione. I giornali greci, i tabloid inglesi e la stampa di Berlusconi propongono paragoni con i nazisti e raccontano di un ipotetico "Viertes Reich": questa volta la Germania lo costruirebbe con le banche invece dei panzer. Anche i giudizi dei media con una  reputazione  migliore non sono diversi: un'analisi di Reuters identifica la Germania come "la piu' grande minaccia per l'Europa".

Invece di adattarsi ad un tentativo di dominio tedesco condannato al fallimento, gli altri stati, se necessario, dovrebbero formare un "fronte comune" contro la Repubblica Federale e costringerla a sottomettersi alle regole europee. In caso estremo si dovrebbe garantire la sopravvivenza della zona Euro senza la Germania. Anche secondo l'Economist, il governo tedesco ha le responsabilità maggiori nella crisi Euro, non da ultimo per la sua fissazione sui programmi di risparmio. Merkel tuttavia sembra ipotizzare che anche in caso di rottura dell'Euro, la Germania riuscirebbe comunque a cavarsela.

Un racconto opportunista

Mentre Merkel in Europa a causa della sua insistenza sull'austerità viene considerata ideologica e dominante, qui in Germania molti critici considerano il suo corso  pragmatico e un po' titubante. Le sue decisioni politiche sono molto spesso delle misure ad-hoc. Su questo punto è esemplare l'opinione di Jürgen Habermas, secondo cui, le elite tedesche stanno seguendo "senza vergogna il corso politico opportunista di una pragmatica di potere guidata dai sondaggi, che priva di ogni legame normativo" è scivolata verso "una politica senza bussola orientata dal breve termine".

Di fatto Merkel durante la crisi ha agito come perfetta rappresentante del dogma neoliberale. Se l'azione politica significa rispondere alle emergenze economiche oppure seguire i condizionamenti economici, non c'è piu' bisogno di giustificazioni normative. In questo senso Merkel ha evitato il pathos politico con cui Helmut Kohl proponeva il suo "progetto di pace europeo".

Generalmente Merkel lascia ad altri membri del governo il dibattito sulla crisi Euro. Ha scelto di rinunciare anche alla retorica roboante del suo predecessore Gerhard Schröder e al risentimento nazionalista contro la Grecia tipico di alcuni membri della coalizione. Puo' quindi passare per una pragmatica, che in realtà non è.

Ma cio' non puo' nascondere che è lei a definire le linee principali della crisi politica in Europa: prestiti in cambio di programmi di risparmio e lo stabile insediamento della politica di risparmio a livello europeo, fra questi il Fiskalpakt. Merkel si mostra determinata anche nella difesa del modello tedesco. Sulle questioni strategiche la Cancelliera in Europa è irremovibile e dominante, affidandosi pienamente a proposte neoliberiste.

Piccoli passi verso l'unione politica EU?

I cambi di posizione di Merkel riguardano questioni tattiche, come ad esempio nel dibattito sulla data di entrata in vigore del fondo ESM. Anche l'esitazione sui crediti promessi alla Grecia - con gravi conseguenze - aveva solo un motivo tattico: attendere le elezioni nel Land decisivo del Nordrhein-Westfalen. Quando si tratta del futuro d'Europa, Merkel segue una politica dei piccoli passi. La tanto propagandata unione politica rimane vaga. L'EU deve essere uno stato federale con un parlamento forte e un proprio governo? Oppure Bruessel deve ottenere solo qualche potere in piu' in materia di politica economica e sociale?

Un tale dibattito per lei è materia esplosiva, anche perché il suo partito non è unito sul trasferimento a Bruessel di ulteriori competenze. Il suo ministro degli esteri Guido Westerwelle nel settembre 2012 ha presentato un documento realizzato insieme ad un gruppo di ministri degli esteri EU. Nel gruppo erano rappresentati 11 membri, fra loro gli stati non Euro Polonia e Danimarca, ma non c'erano Grecia e Irlanda; la Francia si è unita solo piu' tardi con lo status di osservatore.

Il gruppo proponeva fra le altre cose una priorità della zona Euro, ulteriori controll sui bilanci pubblici ed un ruolo piu' importante del Parlamento europeo. Alcuni membri sostenevano un presidente EU eletto direttamente, altri un esercito europeo comune. Non è chiaro se il documento resterà un gioco intellettuale oppure sarà la linea guida per una riforma globale della EU.

Crediti a buon mercato e la concorrenza sotto prezzo della Germania

Nel complesso sotto la guida Merkel il governo federale ha offerto un quadro contraddittorio. Si è mostrato deciso quando si trattava di fare tagli oppure monitorare i bilanci nazionali. E' stato invece esitante e poco chiaro sul futuro istituzionale ed economico dell'EU. Il suo corso politico consiste in una difesa aggressiva dello status quo.

E cio' riguarda prima di tutto il ruolo economico della Germania nella EU. Mentre nel Sud Europa prima della crisi il credito facile alimentava i consumi, in Germania il governo e le imprese esercitavano una forte pressione sui salari. La Germania ha cosi' iniziato una concorrenza sul prezzo a spese dei suoi vicini di casa approfittando dell'aumento di domanda nel sud del continente. Le partite correnti di questi paesi sono andate in deficit, sul lato tedesco c'è stato invece un avanzo.

All'inizio della crisi il ministro francese dell'economia Christine Lagarde aveva richiamato l'attenzione su questo problema. Il governo federale avrebbe dovuto ridurre i suoi avanzi con un aumento della domanda interna, facendo crescere il livello dei salari e riducendo il lavoro precario. In questo modo la Germania avrebbe contribuito alla crescita nel sud Europa, ma avrebbe anche dovuto correggere la politica economica filoimprenditoriale fatta negli ultimi anni. La coalizione di Berlino ha negato ed ha insistito nello scaricare la responsabilità sui paesi in deficit, i quali hanno ora l'obbligo di diventare piu' competitivi attraverso programmi di austerità sul modello tedesco.

Il governo federale ha cosi' garantito il mantenimento del proprio modello e la vittoria dell'export tedesco su ogni possibilità di risolvere la crisi. La stessa industria dell'export ha sentito gli effetti del crollo della domanda nel sud Europa, riuscendo pero' a compensarla con i nuovi mercati extraeuropei. Soprattutto per le aziende operanti su scala globale la stabilità dell'Euro come moneta di riserva internazionale è di particolare importanza.

CONTINUA...


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giovedì 7 marzo 2013

Augstein: e se i veri clown d'Europa fossero i nostri leader politici?


Jakob Augstein, columnist progressista, su Der Spiegel ribalta le offese di Steinbrück e attacca la leadership tedesca: dell'Europa non abbiamo ancora capito nulla. 

Un voto svizzero contro l'avidità e un voto di protesta in Italia: l'Europa è stanca di questo capitalismo. Solo i tedeschi non l'hanno ancora capito. Steinbrück sicuramente no.

In Svizzera i cittadini hanno votato contro l'arricchimento illimitato dei manager. In Italia un governo di tecnocrati è stato bocciato dagli elettori. C'è un populismo della ragione che si chiama democrazia. La gente è stanca del capitalismo che distrugge la società. L'indignazione è cresciuta, e monta la rabbia. Prima di tutto contro i tedeschi. Ma questi continauno a preoccuparsi solo dei loro soldi e offendono.

La storia del clown ci mostra: ancora una volta il candidato cancelliere della SPD non capisce che cosa sta succedendo in Europa. La Germania è diventata un problema europeo - e Peer Steinbruck non è la soluzione.

Fortunata la Svizzera! A volte bisogna invidiare il paese e la sua democrazia. In un referendum popolare gli svizzeri lo scorso fine settimana hanno fermato la follia crescente dei bonus, delle buone uscite e degli stipendi: in futuro saranno gli azionisti a decidere, e non piu' i manager. Saranno vietat iI bonus all'ingresso e le buonauscite milionarie. Hanno avuto il coraggio di fare qualcosa, gli svizzeri.

L'austerità di Merkel è un inferno

Lo mostrano anche le reazioni alle elezioni italiane. Le "condizioni non sono chiare", è stata la prima risposta dei mercati. Sono i veri sovrani e si comportano come tali. Moody's ha minacciato un declassamento del merito di credito. E anche il mercato obbligazionario ha reagito: "l'Italia in cambio del caos elettorale ha ricevuto una fattura con interessi piu' alti da pagare", ha riferito la Deutsche Presseagentur. Perché per molti giornalisti è normale che siano "i mercati" a rilasciare una ricevuta alla politica.

Una domanda: perché allora non sono i mercati finanziari a eleggere direttamente i governi? In verità succede già da molto tempo. Il professore di economia Mario Monti in Italia e il banchiere centrale Loukas Papademos in Grecia erano tecnocrati insediati dai mercati - e da Angela Merkel.

La cancelliera tedesca ha incatenato alla sua disastrosa ideologia del risparmio l'intero continente. "Austerità", suona bene e sembra ragionevole. Ma in verità è l'inferno. Le misure di austerità fanno crollare l'economia. In questo modo si aumenta il peso del debito. E non si crea fiducia. Il denaro pero' è una questione di fiducia. Il saggio Wolfgang Münchau qualche giorno fa sempre su Der Spiegel ha scritto: "viene chiamata anche trappola del debito. Non se ne esce senza l'aiuto esterno. E piu' ci si dimena, piu' si scivola in profondità".

Non è solo il "nostro Euro"

Gli europei sono sempre piu' stanchi di Merkel e dei mercati. "Il sogno tedesco è l'incubo europeo", ha scritto il quotidano "Le Monde". Appena 25 anni dopo aver riconquistato la piena sovranità, la Germania in Europa si ritrova sulla via dell'isolamento politico.

Questa è l'eredità politica di questa cancelliera. Merkel non ha capito che l'Europa è un progetto politico. Non un progetto contabile. Non ha saputo spiegare ai tedeschi che cosa l'integrazione significhi: non solo gli altri dovranno integrarsi. Anche noi. "Schock dopo le elezioni italiane. Distruggeranno il nostro Euro?", scriveva l'edizione online della Bild-Zeitung. E qui c'è proprio un malinteso. Non è solo il "nostro" Euro.

Probabilmente il quotidiano popolare riesce a intercettare lo stato d'animo dei cittadini. E' come se i tedeschi non capissero che cosa c'è attualmente in gioco. Assistono all'indebolimento morale del loro sistema sociale con una strana indifferenza. Il movimento Occupy, che due anni fa ha avuto un forte successo, si è spento rapidamente, e nessuno sente la loro mancanza. La tassa sulle transazioni finanziarie, di forte importanza simbolica, viene frenata dal piccolo partito della FDP.

Ma anche lo sfidante di Merkel, Peer Steinbrück, non è certo colui che spiegherà ai tedeschi l'importanza dell'Europa. Non riesce nemmeno a comprendere che cosa sta succedendo intorno a lui. Steinbrück ha offeso il vincitore delle elezioni Grillo chiamandolo "Clown", ma non ha nessuna idea delle condizioni italiane.

Dove dominano la corruzione, la criminalità e la cleptocrazia il clown probabilmente è la sola alternativa ragionevole. Ma Grillo non è un clown. E' un moralista. Nella politica italiana non si è abituati - e nemmeno in quella tedesca. Le sue richieste - limite al numero di mandati, riduzione dei parlamentari, legge contro il conflitto di interesse dei politici - sono tutt'altro che clownesche. E i "grillini" che stanno per entrare in Parlamento, non sono tecnocrati o lobbysti, piuttosto eletti nel senso migliore del termine. 

Se Steinbrück fosse un socialdemocratico, avrebbe almeno un po' di simpatia per questi uomini e donne e augurerebbe loro un po' di fortuna per il difficile cammino che li attende.

Il sociologo Oskar Negt ha scritto: "Il presente soffre di una cronica malnutrizione dell'immaginazione produttiva". Per la Germania è una frase perfetta. Ma per fortuna non per tutta l'Europa.
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