mercoledì 10 aprile 2019

Intervista al leader del movimento per l'esproprio degli immobili a Berlino

Nelle città tedesche la lunga stagione dei tassi a zero e l'enorme afflusso di migranti stanno alimentando la nuova frattura sociale: l'aumento incontrollato degli affitti. In un paese in cui la maggioranza delle famiglie non possiede una casa, senza dubbio un problema molto serio. A Berlino l'iniziativa di legge popolare per l'esproprio degli immobili sta raccogliendo un ampio consenso, ne parla uno dei promotori intervistato da DLF

referendum esproprio immobili a Berlino

Michael Prütz è uno dei due promotori dell’iniziativa di legge popolare denominata "Deutsche Wohnen und Co. enteignen“, partita oggi e con la quale a Berlino si vorrebbero espropriare le grandi società immobiliari e agire contro le grandi società in possesso di più di 3.000 appartamenti.
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DLF: Herr Prütz, in questa prima fase avrà bisogno di almeno 20.000 firme, il che non dovrebbe essere un problema. Cosa si aspetta, riuscirà a raccoglierle tutte già oggi?

Prütz: è possibile che già oggi si riesca  a raccoglierle tutte, ma forse ci vorrà un altro giorno o due. Il supporto che stiamo ricevendo in città è enorme, non sarà affatto un problema.

DLF: ma se la raccolta firme avesse successo e si arrivasse fino agli espropri, non ci sarebbe comunque un solo appartamento in piu’ - abbiamo sentito questo argomento. Vale la pena tutto questo sforzo?

Prutz: non abbiamo mai detto infatti che in questo modo sarebbero sorte delle nuove abitazioni, ma diciamo che con l'esproprio in città avremo 400-500.000 inquilini in piu’ protetti, avranno una maggiore possibilità di pianificare la loro vita e più sicurezza per il futuro, e come risultato di questa espropriazione anche i proprietari più piccoli si atterranno maggiormente alle regole ragionevoli che tutti noi vogliamo.
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DLF: ma le grandi aziende, ad esempio Deutsche Wohnen, sostengono di essere sensibili alla situazione attuale. L‘azienda dice che i suoi affitti sono relativamente economici. È così falso?

Prütz: tutte le società dicono che i loro affitti sono intorno ai 6,60 euro al metro, è naturale, ma non dicono - o lo scrivono solo nei loro rapporti annuali - che l’aumento potenziale degli affitti nei prossimi anni a Berlino sarà del 50%. Vale a dire tre o quattro euro di affitto in piu’ al metro quadrato, ecco a cosa aspirano, e questo la maggioranza dei berlinesi non se lo puo’ proprio permettere.

DLF: a cosa serve ora raccogliere le firme, se poi il Senato di Berlino non dà seguito alla richiesta? Il sindaco Müller ha detto chiaramente che non crede in questi espropri.

Prütz: nel senato ci sono tre opinioni diverse, i tre partiti di governo hanno un'opinione diversa in merito alla questione. E non ci saranno obiezioni da parte del Senato nei confronti dell'iniziativa di legge, perché tutti e tre i partiti del Senato dovranno essere d’accordo nel respingere la petizione e a quel punto andremo davanti alla Corte Costituzionale. Non lo faranno.

DLF: la SPD, o il sindaco, tuttavia, ritengono che Berlino sia una città già altamente indebitata che non può permettersi una simile socializzazione degli appartamenti. Ci sarebbero da pagare miliardi di euro di indennizzi.

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Prütz: pensiamo che il risarcimento sarà ben al di sotto del valore di mercato. Ci aspettiamo dai 7 ai 14 miliardi, il Land Berlino dovrà farsene carico fino al 20 %, ci sarebbero da versare tra i 2 e i 2,5 miliardi e mezzo di capitale proprio e il resto verrebbe finanziato attraverso un prestito di una nuova società di edilizia popolare, e questo credito verrebbe ripagato con i canoni mensili. Abbiamo anche calcolato che gli affitti potrebbero diminuire di circa 80-90 centesimi al metro quadrato. Quindi, nessun problema per il bilancio statale di Berlino.

DLF: ma da dove dovrebbero venire questi miliardi? Berlino già ora dipende dalla perequazione finanziaria regionale, un Land come la Baviera dovrebbe davvero finanziare gli espropri a Berlino?

Prütz: non credo che 1 o 2 miliardi di euro sarebbero un grosso problema. Si tratta di denaro di cui Berlino effettivamente dispone, e come ho detto, il resto viene preso in prestito da una nuova società per l’edilizia residenziale, quindi non vedo alcun problema. Naturalmente i bavaresi non saranno entusiasti, ma si tratta di una questione regionale, e sarà decisa a Berlino, e in nessun altro luogo.

DLF: il Senato di Berlino ha venduto quegli stessi appartamenti, che Lei ora vorrebbe espropriare, non molto tempo fa, proprio a queste società immobiliari, e ora chiede di farseli restituire ad un prezzo ben al di sotto del valore di mercato, un prezzo fissato dal legislatore - c'è qualcosa di perfido, o la vede in maniera diversa?

Prutz: beh, non è proprio qualcosa di perfido, ma in effetti le cose stanno così, e lei ha ragione, il Senato nel 2003-2004 ha venduto grandi stock di edilizia residenziale pubblica, presumibilmente a causa di una crisi di bilancio. È successo anche in altre città. Oggi tutti dicono che è stato un grande errore, anche all’epoca ci fu una grande protesta contro questa decisione, ma il Senato non volle ascoltarla. E ora, naturalmente, si cerca di riportare indietro lo stato delle cose, vale a dire ammettere l'errore, per questo ora ci si dà molto da fare.

DLF: chi dovrà decidere l'importo dell'indennizzo, che lei ipotizza relativamente basso?

Prütz: il risarcimento naturalmente sarà definito dal tribunale. Supponiamo naturalmente che Deutsche Wohnen, Vonovia, Akelius o come si chiamano, semplicemente non si arrendano senza combattere. Andranno dal giudice, e poi alla fine ci sarà un compromesso, può esserne sicuro.

DLF: Herr Prütz, a Monaco e in altre città della Germania, gli affitti sono ancora molto, molto più alti che a Berlino, e altrove gli espropri non sono un tema, lo sono solo a Berlino. È ancora il vecchio spirito della DDR?

Prütz: no, non è il vecchio spirito della DDR. Berlino è una città di soli inquilini. L'85% della popolazione vive in affitto, da un lato, dall'altro invece, il livello dei salari a Berlino è del 25% piu' basso rispetto, ad esempio, ad Amburgo o a Monaco di Baviera, e le persone sono con le spalle al muro semplicemente perché non possono gestire l'aumento degli affitti - ovvero aumenti del 50% negli ultimi cinque anni.

DLF: manifestazioni di inquilini, lo abbiamo detto all'inizio o sentito, ci sono già oggi in più di 20 città tedesche, i piani per l'esproprio, tuttavia, si vedono solo a Berlino. Pensa che a Berlino ci sia come un terreno di coltura speciale, che non può essere confrontato con il resto del paese?

Prütz: si può fare un paragone senza alcun problema. Riceviamo richieste da tutte le città tedesche, tra l'altro anche richieste internazionali, per presentare la nostra iniziativa. Certo, la situazione legale è diversa: una città come Monaco non può decidere da sola una legge sull'esproprio, a farlo deve essere almeno un Land, ad esempio città come Amburgo o Brema potrebbero anche farlo. La risposta, anche a livello nazionale, alla nostra iniziativa è enorme, a nostro avviso, e non siamo in grado di gestire tutte le richieste.
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lunedì 8 aprile 2019

Il ritorno della questione tedesca

La NATO festeggia i 70 anni di vita ma per la stampa tedesca non si tratterebbe di una festa fra amici, sarebbero ormai troppe infatti le divergenze fra gli americani e gli europei: Nord stream 2, la spesa militare troppo bassa, il multilateralismo franco-tedesco e il riaprirsi della questione tedesca. Per German Foreign Policy lo scenario europeo attuale sarebbe molto simile a quello del 1871 e le élite politiche americane iniziano ad essere preoccupate. Ne scrive il sempre ben informato German Foreign Policy


"Non è una festa tra amici"

La celebrazione del 70 ° anniversario della fondazione della NATO è stata accompagnata da notevoli tensioni interne all'alleanza nord-atlantica. I commentatori sui media tedeschi vicini al governo di Berlino (Deutsche Welle) scrivono che il "compleanno della NATO" non sembra essere "una festa tra amici". [1] Diversamente dalla maggior parte delle alleanze militari terminate in tempi relativamente brevi, la NATO ha già raggiunto un'età quasi "biblica", scrivono invece i giornali apertamente transatlantici (FAZ), i quali parlano di festeggiamenti con il "freno a mano tirato" [2]. L'alleanza militare occidentale è stata rinominata “l‘alleanza degli svogliati", e si trova "nella più grave crisi dalla sua fondazione". [3] Fra le élite politiche americane cresce "la frustrazione nei confronti di Berlino", ha detto un ex ambasciatore USA presso la Nato: la Germania deve "assumersi le responsabilità che le spettano" e "riempire il vuoto" lasciato dall'amministrazione Trump nelle relazioni transatlantiche.


Le spese militari

Apparentemente lo scontro tra Berlino e Washington, tornato ad accendersi nei giorni delle celebrazioni, riguarderebbe il bilancio militare tedesco, che l'amministrazione Trump in piu' occasioni ha criticato pubblicamente in quanto considerato troppo basso. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump insiste affinché Berlino aumenti le spese militari fino al 2% del PIL, obiettivo fissato dalla NATO nel 2014 come parametro per gli Stati membri. Berlino a sua volta si è impegnata ad aumentare il budget della difesa fino all'1,5 % del PIL entro il 2024, per poi aumentarlo ulteriormente negli anni successivi [4]. Gli Stati Uniti nel 2018 per le proprie forze armate hanno speso 643 miliardi di dollari, due volte e mezzo la spesa di tutti i paesi europei della NATO i cui bilanci per la difesa ammontano a 264 miliardi di dollari. La Germania, la più grande economia della zona euro, ha speso per la difesa 45 miliardi di dollari, la Francia 53 miliardi, la Gran Bretagna addirittura 56 miliardi [5]. L'affermazione secondo cui l'aumento della spesa sarebbe necessaria per difendersi dalla minaccia di potenziali attacchi da parte degli avversari è smentita dalle dimensioni della loro spesa per la difesa: il bilancio militare russo, con un volume di 63 miliardi di dollari, è solo leggermente più grande dei singoli bilanci di Francia o Gran Bretagna, e anche la spesa militare della Cina nel 2018, con un equivalente di 168 miliardi di dollari, è rimasta ben al di sotto della spesa totale dei paesi europei della NATO.


"L'aggressione russa"

Nell'ambito delle celebrazioni per il 70° anniversario della NATO, il vice presidente degli Stati Uniti, Mike Pence, alla critica sulla inadeguatezza dello sforzo della Germania in termini di spesa militare, ha aggiunto un nuovo attacco relativo alla cooperazione energetica fra Berlino e Mosca [6]. Non si può "garantire la difesa dell'Occidente", ha dichiarato Pence, riferendosi al gasdotto Nord Stream 2, il quale rafforza le forniture dirette di gas dalla Russia verso la Germania, "se i nostri alleati sono sempre più dipendenti dalla Russia." La Germania, "la più grande economia europea", non dovrebbe "ignorare il pericolo di un’aggressione russa" e quindi "trascurare la sua autodifesa e la nostra difesa comune". Washington da tempo ha intensificato la pressione in merito a Nord Stream 2 e chiede al suo posto una maggiore disponibilità ad acquistare Fracking-gas liquefatto americano [7]. Se Berlino dovesse aderire al Nord Stream 2, "l'economia tedesca si trasformerebbe letteralmente in un ostaggio della Russia", ha detto Pence durante le celebrazioni della NATO.


"Multilateralismo" tedesco

A Washington le aperte ambizioni egemoniche di Berlino nella UE vengono registrate con una certa preoccupazione, come del resto i crescenti sforzi tedesco-europei per raggiungere l’autonomia strategica "nei confronti degli Stati Uniti”. Grazie a Nord Stream 2, infatti, la Germania in definitiva otterrebbe il ruolo di distributore centrale del gas naturale russo in Europa occidentale [8]. Ciò vale, ad esempio, per l'iniziativa franco-tedesca finalizzata a rafforzare il "multilateralismo" in diversi ambiti politici, annunciata all'inizio di aprile. [9] Berlino e Parigi stanno dimostrando che "il multilateralismo e le Nazioni Unite" sono sostenuti da una maggioranza di Stati, hanno dichiarato i ministri degli Esteri di Germania e Francia dando cosi' una stoccata alla politica unilaterale dell'amministrazione Trump. Stiamo combattendo "insieme" contro il cambiamento climatico, l'ineguaglianza e le conseguenze negative delle nuove tecnologie. Si tratta di "mostrare al mondo quali sono le conseguenze dell’unilateralismo, dell’isolazionismo e del nazionalismo", ha affermato il ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian.


I motivi fondativi della NATO

In considerazione di ciò, le élite della politica estera americana - anche quella parte che si pone criticamente nei confronti dell'amministrazione Trump, formulano delle importanti riserve [10]. Sulla rivista "Foreign Affairs", la principale rivista di politica estera degli Stati Uniti, pochi giorni fa si parlava infatti del ritorno della "questione tedesca". Sin dalla fondazione del Reich tedesco nel 1871, infatti, la Germania è sempre stata una potenza troppo grande e troppo popolosa nel cuore d'Europa; ciò al'epoca aveva distrutto l'equilibrio dei poteri interno all'Europa e prodotto "due guerre mondiali", scrive "Foreign Affairs". La NATO nasce non solo a causa della "sfida sovietica", ma anche per risolvere la "questione tedesca": si trattava di mantenere "l’Unione Sovietica al di fuori, gli americani dentro, e la Germania sotto". Il processo di integrazione europea sotto l'egemonia statunitense sarebbe stata "l'unica soluzione convincente al problema delle relazioni tedesche con l'Europa". Un'Europa che si integra, che mette al bando i nazionalismi, deve essere in primo luogo un'Europa che mette al bando il "nazionalismo tedesco" – perché questo notoriamente ha avuto un importante "ruolo distruttivo nel sanguinoso passato europeo."


La costellazione del 1871

L’erosione dei pilastri su cui si fondava l’ordine sorto nel dopoguerra e il crescente nazionalismo, ripropongono in Europa la stessa costellazione del 1871, scrive "Foreign Affairs" - questa volta però ad un livello "geo-economico" [11]. Dopo lo scoppio della crisi dell'euro, si sono sviluppati dei fronti simili a quelli presenti alla fine del 19° secolo, perché “l’egemonia economica ha dato alla Germania la possibilità" di imporre la sua politica di austerità "al resto d'Europa". In molte parti dell'UE è cresciuto il risentimento nei confronti della Repubblica federale. Fuori dalla Germania “si è parlato spesso di costituire un comune fronte anti-tedesco", mentre in Germania si è fatto largo un "sentimento di vittimismo" - la Repubblica Federale infatti ritiene di essere circondata da "economie deboli". In passato si era riusciti a seppellire in profondità la "questione tedesca" grazie ad una favorevole costellazione storica: prosperità e libero scambio, egemonia degli Stati Uniti, integrazione europea. Di fronte alla crisi e al nazionalismo, quelle "circostanze favorevoli" tuttavia non esistono piu’. La domanda è: "quanto tempo ancora potrà resistere la quiete se il resto del mondo e gli Stati Uniti continueranno sulla rotta attuale?" L'UE attualmente, secondo la rivista statunitense, può essere descritta come una bomba della seconda guerra mondiale inesplosa. In questa analogia, il presidente degli Stati Uniti Trump si comporterebbe come un "bambino con il martello", che vivace e spensierato continua a colpire un dispositivo esplosivo. Quella stessa bomba che dal punto di vista di Washington, indipendentemente da Trump, rappresenta un problema.


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[1] NATO-Geburtstag: Kein Fest unter Freunden. dw.com 04.04.2019.
[2] Lorenz Hemicker: Feiern ohne Trump. faz.net 04.04.2019.
[3] Robert Birnbaum, Malte Lehming, Susanne Güsten, Claudia von Salzen: Allianz der Unwilligen. tagesspiegel.de 03.04.2019.
[4] Daniel Brössler, Hubert Wetzel: Maas: "Wir beabsichtigen, unser Wort zu halten". sueddeutsche.de 03.04.2019.
[5] Lucie Béraud-Sudreau: On the up: Western defence spending in 2018. iiss.org 15.02.2019
[6] Pence calls Germany stance in NATO "unacceptable". yahoo.com 03.04.2019.
[7] S. dazu Die Macht der Röhren.
[8] S. dazu Berlins Kampfansage
[9] Edith M. Lederer: France and Germany launch alliance to back multilateralism. foxnews.com 04.04.2017
[10], [11] Robert Kagan: The New German Question. foreignaffairs.com 02.04.201
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Thomas Mayer - Perché potrebbero essere proprio i populisti e i partiti di protesta a salvare l'Europa

Interessante riflessione del grande economista Thomas Mayer sulla FAZ il quale analizzando le profonde differenze socio-economiche fra i paesi europei e il disastro causato dalla camicia di forza dell'integrazione europea giunge ad una conclusione semplice, ma non scontata: saranno i populisti e i partiti di protesta a salvare l'Europa. Dalla Faz.net Thomas Mayer


Se i sondaggisti non stanno sbagliando, in vista delle prossime elezioni europee di maggio, saranno proprio i partiti euroscettici a raccogliere i maggiori profitti. I sostenitori dell'Unione Europea spesso rispondono a questa ascesa con incomprensione o con aria di sfida. Proprio in questa fase, secondo loro, sarebbe importante portare a compimento una "unione sempre più stretta" per riuscire a neutralizzare le forze centrifughe. Nel fare ciò tuttavia trascurano il fatto che è stata proprio la pressione verso un'integrazione sempre più stretta a rafforzare questi movimenti.

Con la fondazione della Comunità Economica Europea nel 1957, sei paesi europei si unirono in una unione doganale. Con la creazione del mercato unico europeo del 1993, venne poi realizzata la libera circolazione dei servizi, dei capitali e delle persone, oltre alla libera circolazione delle merci. E con l'Unione Monetaria Europea infine venne introdotta una moneta unica. Dopo ogni passo verso l'integrazione, è venuta meno la protezione dei mercati nazionali ed è aumentata la concorrenza. Con la libera circolazione delle persone è aumentata la competizione tra i lavoratori nazionali e i migranti, e con la moneta unica è stata eliminata la protezione contro la concorrenza straniera realizzata attraverso la svalutazione della moneta. Dal punto di vista economico, "l'unione sempre piu' stretta" è stata una ricetta per accrescere la prosperità. Ma la realtà economica può essere rappresentata sulla tavola da disegno dell'economia con estrema difficoltà. Le differenze nelle strutture socioeconomiche dei singoli paesi hanno fatto sì che l'integrazione crescente agisse come un "ancoraggio sempre più stretto", che alla fine ha innescato delle difese.

L'economia politica del populismo

Lo scienziato politico Philip Manow nei paesi europei distingue fra tre modelli di organizzazione socio-economica ("L'economia politica del populismo"). Nel nord e nel centro prevale lo stato sociale generoso ed accessibile a tutti,  nel sud vi è lo stato sociale particolaristico e spesso clientelare, e nei paesi anglosassoni ad economia liberale e con un mercato del lavoro liberalizzato prevale uno stato sociale residuale. Una sempre più stretta integrazione significa che i paesi dell'Unione europea, secondo il loro modello organizzativo  - come scriveva Dostoevskij - saranno tutti "infelici a modo loro". Il modello di stato sociale nordico può convivere con il libero scambio perché provvede a compensare i cittadini per le perdite subite, ma viene sopraffatto da una forte immigrazione. Nel sud lo stato assistenziale clientelare esclude gli immigrati dai suoi benefici, ma i membri soffrono per la concorrenza commerciale e l'austerità fiscale. E nello stato sociale residuale, i lavoratori non specializzati perdono la guerra contro gli immigrati.

L'euro e le crisi migratorie degli anni fra il 2010 e il 2015 hanno portato a diversi movimenti di protesta nei diversi gruppi di paesi, movimenti politici raggruppabili in base alla loro organizzazione socio-economica. Laddove l'immigrazione viene percepita come un problema importante, sono stati i partiti di protesta di destra a trarne un vantaggio elettorale (stato di welfare nordico e stato sociale residuale). D'altra parte, dove la concorrenza e l'austerità fiscale vengono percepite come oppressive, a trarne un vantaggio politico sono stati i partiti di protesta di sinistra. L'Italia rappresenta ancora una volta questa divisione all'interno dei suoi confini: nel nord, organizzato molto meglio in termini di stato sociale, domina la lega anti-immigrati, politicamente di destra; nel sud invece, organizzato sulla base delle clientele, sono i Cinque Stelle a dominare, politicamente di sinistra e in favore di una maggiore spesa pubblica.

Sempre più partiti di protesta al Parlamento europeo

Se l'analisi di Manov è corretta allora la Brexit è solo la punta dell'iceberg formato da tutti i problemi creati dalla politica "dell'unione sempre più stretta". A dire il vero, il caos attuale in Gran Bretagna sembrerebbe scoraggiarli dal risolvere questi problemi attraverso "l'uscita". Ma secondo Albert Hirschmann ci sarebbe ancora "Voice", vale a dire resistenza, ad affrontare i problemi. Ed è  su questa linea che i partiti di protesta di destra e di sinistra che cercano seggi nel Parlamento europeo sembrano essersi insinuati. Secondo le ultime indagini di "Eurobarometro" della Commissione europea, nel nuovo parlamento, questi partiti potrebbero diventare il secondo partito più forte dopo il Partito popolare (conservatore).

Coloro a cui sta a cuore l'Unione Europea dovrebbero considerare l'ascesa dei partiti di protesta come il sintomo di una malattia sorta a causa di una politica di sempre maggiore integrazione pensata sulla tavola da disegno dell'economia. I politici che si definiscono "europeisti ferventi" tuttavia non sembrano averlo capito. Sarebbe proprio un'ironia della storia se proprio i partiti di protesta riuscissero involontariamente a salvare l'UE rompendo la camicia di forza di un'integrazione sempre più stretta.


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domenica 7 aprile 2019

Intervista a Sahra Wagenknecht: "dobbiamo aiutarli nel loro paese"

"Non puoi pretendere di avere uno  stato sociale forte e allo stesso tempo dare la possibilità ad ogni abitante della terra di poter ricorrere alle sue prestazioni", dice Sahra Wagenknecht, capogruppo della Linke al Bundestag e leader del movimento Aufstehen, intervistata dalla Neue Osnabrücker Zeitung.


NOZ: Frau Wagenknecht, Lei recentemente ha annunciato il suo ritiro dalla prima linea del gruppo parlamentare della Linke in quanto si sentiva "esausta". Quanto si sente liberata oggi dopo questa scelta? 

Wagenknecht: mi sento molto meglio, non soffro piu' per l'estrema pressione, anche se ho ancora un numero relativamente grande di appuntamenti, ovviamente, perché per ora resto il capogruppo. E anche dopo di ciò resterò attiva politicamente, perché ovviamente non mi è indifferente in quale direzione si sviluppa la politica del nostro paese. Voglio solo essere coinvolta su un altro livello, tornare a scrivere di più, portare nuove idee nel dibattito.

NOZ: perché lo stress è diventato così grande? E' stato per la leadership del gruppo parlamentare e per la contemporanea fondazione di "Austehen"? O le lotte di potere interne le sono costate uno sforzo eccessivo?

Wagenknecht: tutto è arrivato insieme. "Austehen" per me è stata un'esperienza molto emozionante, è stato qualcosa di completamente nuovo e ho visto come molte persone che fino ad allora non erano mai state coinvolte dalla politica, improvvisamente si sono impegnate con una grande passione. Ecco perché questo movimento, nonostante tutte le difficoltà iniziali, ha una prospettiva per il futuro. Naturalmente c'è stato molto lavoro, oltre alla presidenza del gruppo parlamentare. E a ciò si aggiungono gli estenuanti conflitti nel partito. Ad un certo punto ero così esaurita da non poter piu' andare avanti.

NOZ: dicono che lei intenda restare una "donna impegnata in politica". Dove sarà il baricentro del suo lavoro?

Wagenknecht: se si guarda allo sviluppo della nostra società, bisogna avere paura del futuro, a causa del modo in cui molte questioni vengono trascurate e per la quantità di temi su cui ci si muove nella direzione sbagliata. Ciò riguarda ad esempio le tecnologie digitali utilizzate per spianare la strada al pericoloso capitalismo della sorveglianza. Oppure il continuo spreco di risorse naturali da parte dell'economia usa e getta. E riguarda anche la questione sociale in maniera abbastanza centrale. Tutti sanno che la società è profondamente divisa, socialmente, ma anche culturalmente. Ci sono ambienti diversi che non si incontrano quasi mai e hanno sempre meno da dirsi. Cosi' crollano la coesione sociale e la democrazia.

NOZ: recentemente ha chiesto che ad Amburgo i proprietari di immobili vengano espropriati. Perché è così radicale?

Wagenknecht: il termine espropriazione richiama alla mente l'arbitrarietà dello stato e l'ingiustizia. Ma se si guarda più da vicino, oggi nel settore immobiliare  abbiamo già ogni giorno degli espropri, cioè quelli degli inquilini. Gli investitori finanziari acquistano centinaia di migliaia di case e aumentano i canoni di affitto per pagare rendimenti a due cifre agli azionisti. Per "Deutsche Wohnen", ad esempio, il rendimento attuale è del 18%. Negli immobili invece, gli investimenti necessari spesso vengono omessi e le modernizzazioni di lusso vengono utilizzate per sfrattare migliaia di famiglie a basso reddito. Il diritto elementare all'abitazione è diventato un oggetto speculativo. Tutto ciò deve essere fermato. I beni di base come l'alloggio, la salute e l'assistenza non appartengono ai cacciatori di rendite senza remore. Questi sono beni pubblici. E laddove la proprietà è utilizzata a scapito della collettività, la Legge fondamentale prevede espressamente la possibilità di un'acquisizione da parte del settore pubblico.

NOZ: un altro problema oggetto di discussione: nel dibattito sui rifugiati lei hai parlato dei limiti dell'accoglienza. A differenza di molti altri uomini e donne di sinistra, lei continuerà a lottare per un corso più restrittivo in materia di politica migratoria?

Wagenknecht: i perseguitati hanno diritto alla protezione e il diritto di asilo non deve essere toccato. Ma quella di voler combattere la povertà nel terzo mondo promuovendo la migrazione è una grande bugia. Accade esattamente il contrario. Perché non sono i più poveri a lasciare i loro paesi, ma piuttosto la classe media e i più istruiti. In quei paesi ciò accresce la povertà locale, mentre da noi viene fornita alle imprese una manodopera a basso costo e quindi si mettono sotto pressione i salari.

NOZ: e quindi?

Wagenknecht: invece di dire: chiunque vuole può venire in Germania, dobbiamo aiutare le persone in quei paesi. Dobbiamo smettere di danneggiare le economie dei paesi in via di sviluppo con le nostre politiche agricole e commerciali. Per inciso, non puoi pretendere di avere uno  stato sociale forte e allo stesso tempo dare la possibilità ad ogni abitante della terra di poter ricorrere alle sue prestazioni. I problemi connessi con l'elevata immigrazione, inoltre, devono essere discussi apertamente invece di essere considerati un tabù. E' ciò ha reso forte AfD.

NOZ: e il suo partito è d'accordo?

Wagenknecht: qualcosa è cambiato. Sulla questione dell'asilo c'è comunque consenso. E sulla questione della migrazione di manodopera condividiamo le critiche della DGB (confederazione sindacale) in merito al fatto che l'immigrazione nel settore a bassa retribuzione è un problema, perché facilita la compressione salariale. Questo è esattamente ciò che è accaduto con la cosiddetta "legge per l'immigrazione dei lavoratori qualificati", perché al di sopra di un certo reddito, l'immigrazione nel mercato del lavoro già oggi è possibile senza problemi.

NOZ: ma ci sono dei critici all'interno del suo stesso partito. Lei viene accusata di essere vicina ad AfD.

Wagenknecht: questo genere di diffamazioni impediscono un dibattito oggettivo. Si tratta di un fenomeno ampiamente diffuso anche in altri partiti, non solo nel nostro. Se metti nell'angolo dei nazisti tutti coloro che sull'immigrazione chiedono una visione diversa, allora non capisci che questo è esattamente il modo migliore per rafforzare i partiti di destra. Molte persone in tali dibattiti si sentono trattate con un certo disprezzo. E se gli ripeti più e più volte che a causa delle loro opinioni sono dei "razzisti", allora a un certo punto si identificheranno con questa opinione e alla fine per rabbia voteranno effettivamente AfD.

NOZ: i partiti di sinistra sono ancora abbastanza vicini alla loro base? Oppure hanno perso il contatto?

Wagenknecht: la politica di sinistra deve in primo luogo essere una politica per le persone comuni e per i piu' poveri: per i lavoratori qualificati, per i piccoli lavoratori autonomi, ma soprattutto per i milioni di lavoratori del settore a basso salario - ma anche per chi ha una bassa pensione, o per chi ha paura di riceverne una molto bassa. Se la sinistra perde questa base, perde il suo diritto ad esistere. Essere di sinistra significa combattere i mali sociali, e non prendersi cura di un particolare Lifestyle che potrebbe anche essere abbastanza elitario. Il negozio di alimenti biologici se lo può permettere solo chi guadagna bene, e chi può pagarsi un appartamento in una zona costosa del centro città, per il quale di solito è anche facile andare a lavoro in bicicletta. E' piu' facile vivere in maniera "cosmopolita" se conosci il mondo, perché puoi permetterti di viaggiare. Se i tuoi figli vanno in una scuola in cui l'80% degli alunni della prima classe non parla una parola di tedesco, allora probabilmente penserai che la diversità non sia necessariamente un arricchimento.

NOZ: i Verdi hanno appena dimostrato quanto possa avere successo un partito quando conduce compatto una guerra di trincea e quando si concentra su obiettivi comuni. Anche le sinistre hanno bisogno di nuove figure al vertice che ne favoriscano l'integrazione?

Wagenknecht: i Verdi conducono le loro lotte, che come tutti i partiti hanno, al loro interno: questa è una decisione saggia, e su questo punto la sinistra può imparare molto da loro. Allo stesso tempo però, i Verdi dal punto di vista programmatico sono diventati completamente irrilevanti. Il loro picco nei sondaggi non deriva dal successo del loro profilo politico, ma soprattutto dalla debolezza degli altri partiti. Per molte persone la SPD e l'Unione semplicemente non sono più votabili, e per i milieau metropolitani, i Verdi rappresentano una valida alternativa. Se la SPD si fosse riorganizzata con delle personalità convincenti ai vertici, e se si impegnasse in maniera credibile in favore del progresso sociale, il boom dei Verdi finirebbe alla svelta.

NOZ: finora lei è stata scettica o addirittura ostile nei confronti di una cooperazione rosso-rosso-verde. Vede ora qualche spazio di manovra in piu', visto che la SPD sta portando avanti la pensione di base e una riforma delle leggi Hartz?

Wagenknecht: ho sempre desiderato un governo con un profilo maggiormente sociale. E sì, la SPD  finalmente ha fatto dei passi nella direzione giusta. A proposito, la pensione di base proposta era già esistita, e allora si chiamava "pensione sulla base dei punti di reddito minimo". In tal senso il teatro messo in piedi dall'Unione è abbastanza disonesto. È anche positivo che la SPD stia finalmente discutendo del superamento di Hartz IV, il quale ha brutalmente espropriato milioni di persone. Tuttavia, per molti elettori, la SPD diventerà credibile in termini di una maggiore giustizia sociale solo se riuscirà a portare al vertice persone che non sono legate ad anni di collusione nella grande coalizione.

NOZ: se si guardano i numeri dei sondaggi della SPD e della Linke, lo Zeitgeist attuale è tutto fuorché di sinistra...

Wagenknecht: abbiamo sicuramente uno Zeitgeist sociale. C'è un'ampia maggioranza in favore di più uguaglianza sociale, salari migliori, pensioni più alte. I socialdemocratici tuttavia per molti anni nella realpolitik hanno fatto il contrario. E la Linke si è parzialmente allontanata dalle classi più povere perché ha smesso di parlare la loro lingua e viene percepita come professorale e altezzosa. Entrambi i partiti devono cambiare in modo da poter riconquistare una maggioranza di sinistra al Bundestag.

NOZ: che ne sarà di "Austehen" ora? Recentemente c'è stato uno scontro e i vertici del movimento sono stati accusati di aver fallito

Wagenknecht: alcuni mi hanno incolpato di non aver discusso il mio ritiro con i vertici. Ma quello è stato il risultato della mia malattia prolungata, semplicemente non c'è stato modo di farlo. E a prescindere dalla mia situazione personale, resto sulle mie posizioni: i politici di professione ora devono ritirarsi e affidare la responsabilità della guida agli attivisti della base. Nel frattempo è diventato chiaro: le migliaia di persone attive in "Austehen" credono nel progetto e vogliono continuare. E naturalmente anche io continuerò a sostenere il movimento.

NOZ: Oskar Lafontaine ha lamentato la mancanza di apertura da parte degli altri partiti nei confronti del movimento. Non è forse l'inizio della fine per Aufstehen?

Wagenknecht: no. Abbiamo bisogno di un movimento sociale. I progetti non sono finiti, al contrario. Certo, è stato deludente il fatto che i partiti si siano chiusi ermeticamente. Invece di approfittare dell'opportunità implicita in un movimento di 160.000 persone, i leader di partito ovviamente non hanno sentito alcun bisogno di riposizionarsi, sebbene non riescano piu' a raggiungere gran parte del loro ex-elettorato. È triste.

NOZ: quindi Aufstehen potrebbe ancora contribuire a formare una nuova maggioranza politica?

Wagenknecht: io lo spero e spero anche che "Aufstehen" riesca a portare più gente nelle strade, come accade in Francia con i Gillet Jaunes. Allora la pressione sarebbe molto più forte - sia sui partiti che sulla politica.

NOZ: un altro sguardo oltre i confini. L'immigrazione e il nazionalismo restano grandi questioni anche in vista delle elezioni europee. Quali strategie consiglia di seguire?

Wagenknecht: l'Unione europea deve finalmente interrogarsi. Se molte persone considerano l'Unione europea prima di tutto come un'associazione per le grandi aziende e le banche, non sorprende allora che in molti le stiano voltando le spalle. Abbiamo bisogno di un'Unione europea che promuova la sicurezza sociale e un'economia sostenibile piuttosto che essere un motore per le privatizzazioni, i tagli al welfare e il lobbismo. L'UE nell'ultima crisi ha sostenuto le banche con miliardi di euro, ma se un piccolo comune vuole sovvenzionare i prezzi dei biglietti del trasporto locale, viene sanzionato perché è considerato un aiuto di stato. Molti politici tuttavia non hanno capito niente. L'onorevole Kramp-Karrenbauer, ad esempio, recentemente ha affermato che ciò di cui la coesione europea oggi ha bisogno è una bella portaerei franco-tedesca per le future guerre comuni. Tanta perdita di contatto con la realtà può farti restare senza parole...
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sabato 6 aprile 2019

La scienza economica come ideologia per la legittimazione del mercantilismo

Come sia possibile utilizzare la "scienza economica" per legittimare l'ideologia mercantilista e gli interessi degli esportatori tedeschi, secondo Michael Wendl, lo fornisce il recente esempio del Consiglio consultivo incaricato dal Ministero dell'economia di Berlino. Per Wendl, economista, sindacalista e politico della SPD, l'obiettivo del comitato di studiosi incaricato dal governo tedesco probabilmente era proprio quello di dare un supporto scientifico ai tradizionali argomenti mercantilisti. Ne scrive un ottimo Michael Wendl su Blickpunkt-Wiso


La  legittima critica al surplus commerciale estero tedesco continua a essere sminuita da piu' parti. Un esempio particolarmente discutibile è stato recentemente fornito dal Consiglio Consultivo del Ministero Federale dell'Economia.

A fine marzo è stato pubblicato un rapporto del Consiglio scientifico del Ministero Federale dell'Economia (BMWi), con il quale i membri del Consiglio consultivo si sono espressi in merito alle elevate (e croniche) eccedenze commerciali tedesche. La critica di Donald Trump al surplus commerciale estero tedesco verso gli Stati Uniti è ben nota, ma oltre a Trump anche l'OCSE, il Fondo Monetario Internazionale, i politici degli altri paesi della zona euro, alcuni economisti di fama internazionale e non da ultimo la Commissione europea si sono espressi in maniera critica sui permanenti eccessi di conto corrente tedeschi. L'UE  inoltre ha formulato una norma di stabilità intesa a garantire che le eccedenze delle partite correnti nazionali non superino il 6 % del PIL. Sebbene le eccedenze tedesche negli ultimi anni siano sempre state tra il 7,2 e l'8,6 % del PIL, la Commissione europea non ha osato avviare le misure concordate.

La reazione del governo federale tedesco e della maggior parte degli economisti su questo tema è stata quella di sostenere che la forte domanda di esportazioni tedesche è un segno dell'elevata qualità della produzione tedesca e di un'elevata competitività, e quindi va oltre la responsabilità della politica. I critici ovviamente non sono così ingenui da accontentarsi solo di così poco - e forse questo è proprio il motivo per cui il Comitato di esperti economici ha dovuto ribadire il concetto "dal punto di vista scientifico". A tal fine si è formato un comitato consultivo di economisti che ideologicamente può essere attribuito in maniera prevalente all'ordoliberalismo tedesco.
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Comanda il conto capitale o il saldo commerciale?

Il comitato consultivo, per giustificare le eccedenze di conto corrente tedesche, presenta due argomenti. Il primo è l'argomento secondo il quale una società che invecchia (come quella tedesca) deve accumulare grandi risparmi per potersi fare carico in futuro di un'alta percentuale di persone non occupate. L'esportazione dei risparmi tedeschi sarebbe quindi un'assicurazione per il futuro. La tesi secondo cui una società che invecchia tende a risparmiare e che i risparmi spingono verso l'esportazione di capitali ha due precondizioni. In primo luogo, che il saldo del conto capitale venga prima del conto corrente, e che la bilancia commerciale ne segua i risultati. Questa era la visione dell'economista austriaco Eugen von Böhm-Bawerk (1914), il quale ancora oggi ha molti seguaci. Sotto la condizione che l'oro rappresenti la moneta mondiale, questa tesi potrebbe essere ancora valida. Oggi tuttavia le importazioni sono finanziate dalla creazione di moneta e credito senza alcuna copertura aurea. In questo senso ad essere un problema non è il fatto che i risparmi delle famiglie e delle imprese statunitensi siano relativamente bassi. I risparmi (il conto capitale) equivalgono agli acquisti e agli investimenti (partite correnti) solo nell'ideologia neoclassica, ma non nella realtà economica. La bilancia commerciale è la dimensione piu' rilevante, ed è seguita dal conto capitale. In secondo luogo, la teoria dell'esportazione di capitali presuppone che le banche siano solo intermediari di denaro, che raccolgano risparmi ed erogano dei prestiti. Nella realtà invece creano denaro dal nulla - e i loro prestiti finanziano gli investimenti, che a loro volta generano reddito e risparmi. Questa è stata una scoperta chiave di Keynes nella sua critica alla dottrina classica, la quale ipotizzava che i risparmi servissero semplicemente a finanziare gli investimenti. Entrambi i presupposti della tesi secondo cui, una società che invecchia tende a risparmiare di piu', e che i risparmi spingono all'esportazione di capitali non sono quindi veri.

Il secondo argomento per giustificare l'avanzo delle partite correnti tedesche è quello secondo il quale la liberalizzazione del mercato del lavoro e la conseguente riduzione del costo del lavoro sarebbero state la correzione necessaria dopo un eccessivo apprezzamento del Marco causato dalla riunificazione tedesca e quindi solo un riflesso necessario di un corso errato. Questa tesi è falsa, anche perché nel periodo immediatamente successivo alla riunificazione c'era stato un surplus commerciale significativo e pertanto non vi è alcuna ragione per parlare di una sopravvalutazione del Marco. La fase di moderazione salariale generale in Germania inizia nel 1996. La stessa liberalizzazione del mercato del lavoro è responsabile dell'espansione del settore a basso reddito, ma non per la crescente competitività internazionale delle aziende tedesche. L'avanzo corrente elevato si fonda su una debole domanda interna, in quanto la moderazione salariale e la deflazione hanno funzionato doppiamente: in primo luogo, come un vantaggio competitivo aggiuntivo grazie all'effettiva diminuzione del costo unitario del lavoro, in secondo luogo, come indebolimento della domanda interna. Per questa ragione l'inflazione tedesca è rimasta piu' bassa rispetto a quella dei paesi importatori, fatto che si è tradotto in una vera e propria svalutazione reale dei prodotti tedeschi - che di fatto sono diventati più economici rispetto ai prodotti degli altri paesi.

Il ruolo della tassa sul valore aggiunto

L'importo delle imposte sulle vendite o dell'IVA incide sul saldo della bilancia commerciale, in quanto questa imposta deve essere pagata sulle importazioni verso la Germania, ma non viene pagata sulle esportazioni tedesche. A tale riguardo il Consiglio consultivo esamina l'effetto di una possibile riduzione dell'IVA sulla bilancia commerciale. Attraverso la riduzione dell'IVA dal 19 % al 16 % e alla compensazione delle relativa riduzione delle entrate fiscali mediante un aumento delle imposte sul reddito, le importazioni verso la Germania diverrebbero più convenienti, e in tal modo si ridurrebbe lo squilibrio fra esportazioni e importazioni. Il Consiglio pertanto suggerisce implicitamente che con l'aumento dell'IVA del 2007 e con la contemporanea riduzione dei contributi per l'assicurazione contro la disoccupazione si è verificata una correzione politica delle ragioni di scambio in favore dell'export tedesco. Il Consiglio tuttavia respinge tali misure in quanto ritiene che maggiori imposte sul reddito limiterebbero l'offerta di manodopera più produttiva e allo stesso tempo smorzerebbero la domanda di lavoro di manodopera poco qualificata. Non è chiaro tuttavia se il governo con l'aumento dell'IVA del 2007 abbia intenzionalmente mirato ad influenzare politicamente un aumento dell'eccedenza delle partite correnti. Se così fosse, allora sarebbe vero il contrario.

Il rifiuto del comitato consultivo non è supportato da argomenti; resta un segreto come possano aver definito la produttività dei singoli lavoratori. La loro tesi si basa sul dogma secondo il quale il livello dei salari equivale alla produttività dei lavoratori. Questa produttività tuttavia non può essere misurata empiricamente in un'economia basata sulla divisione del lavoro. A tale proposito la riflessione del Consiglio consultivo finalizzata alla riduzione dell'IVA e all'aumento della progressività dell'imposta sul reddito è una proposta sensata. Combinare tutto ciò con un aumento dei contributi previdenziali aumenterebbe il costo del lavoro, che a sua volta ridurrebbe il surplus delle partite correnti. Anche qui è chiaro che il Consiglio consultivo in realtà non vuole una riduzione di queste eccedenze. Viene respinto anche il rafforzamento della domanda interna da realizzare attraverso la spesa pubblica espansiva in quanto il moltiplicatore della spesa del governo sarebbe inferiore rispetto al moltiplicatore fiscale, il che significa che i tagli fiscali avrebbero effetti di crescita più elevati rispetto agli aumenti della spesa pubblica. Qui il comitato consultivo fa riferimento alla "letteratura più recente" del 2009 (!), sebbene calcoli più recenti (ad esempio di Olivier Blanchard) sulla effettiva dimensione del moltiplicatore della spesa pubblica e la conseguente discussione che ne è nata abbiano portato a risultati opposti.

Effetti della politica salariale

In merito alla questione della politica salariale il Consiglio consultivo ha discusso gli effetti dell'aumento del livello dei salari nel settore pubblico, il quale verrebbe immediatamente seguito da un aumento dei salari nel settore privato. Ciò è tuttavia irritante in quanto nella politica di contrattazione collettiva tedesca, la gestione delle tariffe, degli stipendi e l'orario di lavoro nel settore delle esportazioni è in mano alla IG Metall. Invertire questo rapporto di forza non è realistico, dato il potere di sciopero esistente nei vari settori dell'economia. Ciò dimostra anche che il Consiglio consultivo non comprende la politica contrattuale tedesca e le sue particolarità. Il Consiglio consultivo, inoltre, rifiuta anche di riconoscere il fatto che un aumento degli stipendi sarebbe un mezzo per la riduzione degli avanzi delle partite correnti. Senza dubbio salari più elevati comporterebbero un apprezzamento del basso tasso di cambio reale tedesco, ma allo stesso tempo vi sarebbero effetti recessivi nell'economia che ridurrebbero la domanda di importazioni mettendo a repentaglio l'occupazione. Su questa base teorica pertanto è anche logico che il Consiglio non discuta di un aumento del salario minimo legale. Per loro l'aumento dei salari in genere è una minaccia per l'economia tedesca e porta alla recessione.

Il Consiglio consultivo inoltre non si preoccupa di confrontarsi con le eccedenze finanziarie nette delle società tedesche non finanziarie e di riequilibrare l'economia secondo le eccedenze e i disavanzi dei diversi settori.


Poiché in un'economia ogni credito è sempre accompagnato da una passività dello stesso importo, il saldo di tutte le attività e delle passività in un'economia è sempre pari a zero. Questi crediti e queste passività sono distribuiti in maniera non uniforme fra i diversi settori economici. In Germania, le famiglie, le aziende e il settore pubblico hanno accumulato dei crediti riducendo i corrispondenti debiti. Il surplus del commercio estero resterà tale finché i saldi dei tre settori nazionali nel loro complesso resteranno positivi. Probabilmente non vogliono capire una tale analisi macroeconomica, perché questa contraddice con i loro dogmi ordoliberali.

Conclusione

Che gli elevati e permanenti surplus commerciali e di conto corrente con l'estero costituiscano per la zona euro un rischio significativo e che per i partner commerciali implichino degli svantaggi permanenti, in quanto questi paesi resteranno cronicamente indebitati, e che la strategia dell'export tedesco porta ad una de-industrializzazione di questi paesi, per il comitato consultivo apparentemente non è un problema. Vengono discusse anche alcune proposte molto sensate per ridurre queste eccedenze, ma vengono tutte rifiutate in maniera più o meno decisa. Ciò dimostra che il Consiglio stesso ha cercato di supportare le argomentazioni in favore del mercantilismo tedesco. Il rapporto, pertanto, aveva la funzione principale di respingere le critiche provenienti dall'estero e dalle istituzioni economiche di fama internazionale.

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venerdì 5 aprile 2019

La petizione per l'esproprio immobiliare a Berlino

La lunga stagione dei tassi a zero e l'enorme affluso di migranti e profughi degli ultimi anni ha alimentato un interminabile boom immobiliare che ha spinto sul mercato i grandi gruppi immobiliari in cerca di facili profitti. In un paese in cui la proprietà immobiliare fra le famiglie non è così diffusa come nel tanto criticato sud-Europa, non è certo un problema secondario. Ora a Berlino un movimento spontaneo di inquilini lancia una proposta di legge di iniziativa popolare per espropriare i grandi gruppi immobiliari. Ne parla Deutschlandfunk


Più di 30.000 persone ogni anno si trasferiscono a Berlino. Gli investitori fanno salire i prezzi, gli inquilini storici vengono buttati fuori. Per questa ragione l'iniziativa che raccoglie le firme per una proposta di legge di iniziativa popolare fa tanto scalpore. Si chiede l'esproprio dei grandi gruppi proprietari di appartamenti.

"Qual è lo slogan? Restiamo tutti qui! A chi appartiene Hasenheide? Hasenheide è nostra! "

Berlin-Neukölln, Hasenheide 70/71. Gli inquilini si sono organizzati per protestare davanti alle loro case. "Insieme contro la sostituzione e contro la follia degli affitti" è scritto sugli striscioni appesi alla recinzione davanti al palazzo in stile Gründerzeit. Alle finestre sono appesi i manifesti con la scritta: "Restiamo tutti". Oggi cantano contro gli sfratti e la sostituzione, bevono sidro fatto in casa.

"A Stoccarda, Friburgo, Potsdam, Colonia e Bochum. Sappiamo che anche lì si discute degli stessi temi esattamente come a Berlino, l'affitto ormai costa più di quanto si riesca a guadagnare".

"Vogliamo solo sottolineare che le cose stanno così, ed è per questo che siamo qui e cantiamo cose un po' strane"

Dice Friederike Schönebach. Attualmente, il suo affitto non ha rivali. Il designer grafico paga poco meno di 500 euro per un appartamento ristrutturato di 96 metri quadrati con riscaldamento a stufa. Ma il grande condominio di Neukölln alla fine dell'anno scorso è stato venduto, ora tutti temono una ristrutturazione di lusso e lo sfratto.

Gli inquilini si organizzano contro la sostituzione

Daniel Diekmann alla protesta di Neukölln oggi canta con tutta la sua voce, rappresenta l'iniziativa degli inquiliini di Habersaatstraße.

"Dei 106 appartamenti, 80 appartamenti sono ancora vuoti, ottanta appartamenti tenuti vuoti con finalità speculative, e venti sono ancora abitati. Siamo il villaggio gallico di mezzo, stiamo resistendo e abbiamo già fatto molto. Ci sono già stati molti tentativi di intimidazione, cassette postali aperte, posta rubata, eccetera. "

In tutta Berlino gli inquilini si organizzano contro la sostituzione e gli affitti irraggiungibli. Le proteste culmineranno sabato in una grande manifestazione. In quel giorno parte anche la raccolta delle firme per l'iniziativa di legge popolare finalizzata all'espropriazione di „Deutsche Wohnen und Co.".

No, no, dice il promotore Rouzbeh Taheri e scuote il capo - non vogliamo il socialismo, ma:    

"Vogliamo liberare un certo ambito, liberare gli appartamenti, dalla dittatura del mercato. E dire che i bisogni esistenziali degli esseri umani, come quello della casa, non devono essere un giocattolo sul mercato borsistico. Non puoi speculare con gli appartamenti sul mercato azionario, come faresti con la carne di maiale"

L'obiettivo sono le aziende con oltre 3.000 appartamenti

Il quarantacinquenne aspira rapidamente il fumo dalla sua sigaretta fatta a mano, e poi pazientemente risponde alle stesse domande. L'iniziativa vuole espropriare tutte le società immobiliari profit-oriented con oltre 3.000 appartamenti a Berlino, sulla base dell'articolo 15 della Legge fondamentale. Nella sinistra politica di Berlino questa iniziativa colpisce un nervo scoperto, le  20.000 firme necessarie per la prima fase dell'iniziativa saranno raccolte in pochi giorni.

"Dimostra che il vecchio detto di Victor Hugo, lo scrittore francese, è ancora vero. Che nulla è più potente di un'idea, il cui momento è arrivato. "

David Eberhardt invece sospira. Il portavoce dell'associazione di categoria delle società immobiliari tedesche BBU da settimane riceve richieste da ogni parte della Germania. Il settore immobiliare si domanda: per l'amor di Dio, cosa sta succedendo a Berlino? Sembra la DDR. Eberhardt sospira di nuovo e dice:  

"Il fatto è che gli affitti in confronto alle altre altre grandi città sono ancora molto competitivi, con 6,40 euro in media per metro quadro, per questa ragione è davvero difficile spiegare ad una persona che vive a Monaco di Baviera, Colonia o Amburgo, che questa follia dell'espropriazione è scoppiata proprio qui".

Il Senato rosso-rosso-verde non è riuscito a costruire il numero di nuove abitazioni che si era dato come obiettivo

L'affitto medio è di 6,40 euro, ma quello per le nuove locazioni è almeno il doppio. In nessun'altra città tedesca le rendite sono aumentate così velocemente come a Berlino - perché l'immigrazione è enorme, e allo stesso tempo il Senato rosso-rosso-verde della città non ha raggiunto i suoi nuovi obiettivi. La Linke, che appoggia il governo della città, sostiene il referendum, i Verdi sono ancora indecisi.

E la SPD? La petizione di espropriazione mette in difficoltà il sindaco della città Michael Müller e i suoi socialdemocratici. Dopo un acceso dibattito al congresso regionale di sabato scorso, la SPD ha rinviato la decisione in merito all'esproprio.

"Per molte persone in città usare parole come espropriazione ha un significato molto importante. E ci sono molte persone in città che con essa hanno già fatto esperienza. E non sempre delle migliori". "A volte si pensa di essere tornati a 30 anni fa e di essere spostati verso est". "La questione del ruolo che la proprietà privata dovrebbe svolgere in questa società è una questione di sinistra, ma anche social-democratica". "Inoltre chiediamo che i terreni edificabili vengano espropriati in modo da poter costruire più rapidamente dei nuovi appartamenti e che non vengano più  considerati un oggetto speculativo".

Michael Müller, sindaco della città e leader regionale della SPD, si pronuncia contro l'espropriazione, ma per ragioni pragmatiche: 

"Perché presenta molti rischi. È una cosa legalmente discutibile. Ed è qualcosa che avrebbe pesanti ripercussioni finanziarie sul bilancio dello stato".

Molti firmeranno la petizione

"Perciò svegliatevi, dannati di questa terra, non ci lasceremo sostituire così facilmente ..."

Tornando alla protesta degli inquilini sulla Hasenheide a Neukölln. Espropriare le società di costruzioni residenziali? Non sono in molti a volerlo. Firmeranno comunque per l'iniziativa di legge popolare.

"La storia dell'esproprio? Penso che non sia la strada giusta. Anche se lo firmerò per principio e protesta". "In linea di principio, non trovo che la proprietà sia sbagliata. Ma il modo in cui nella pratica la proprietà viene gestita porta a dei problemi che alla fine rendono la vita democratica impossibile".


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