"Un presidente francese competente avrebbe ringraziato educatamente per la disponibilità dei super-ricchi a sostenere la ricostruzione di Notre Dame, ma avrebbe immediatamente respinto l'offerta. Avrebbe detto che proprio alla luce di questa disponibilità, l'abolizione della tassazione sui patrimoni è stato un grande errore che sarà immediatamente corretto", cosi' il grande economista Heiner Flassbeck commenta le politiche di Macron e il tentativo del presidente francese di copiare dai vicini di là dal Reno. Un commento molto interessante di Heiner Flassbeck su Makroskop
Lo stato francese a fine 2018 aveva esonerato i ricchi e i super ricchi del paese dal pagamento della tassa sui patrimoni e ora sono proprio gli stessi ricchi a sollevare lo stato dal peso della ricostruzione di Notre Dame. Si stima che gli sgravi fiscali per i ricchi applicati a partire da gennaio 2018 siano stati di almeno tre miliardi di euro all'anno. Ora vorrebbero restituire qualcosa allo stato e al "loro presidente". Non è questa la vera giustizia?
I super-ricchi hanno già donato quasi un miliardo di euro. Sembra grandioso, ma quanti anni servono per compensare lo sgravio di tre miliardi di euro all'anno e per giustificare il miliardo donato una tantum? Cento anni o addirittura 200? La cosa è fondamentalmente semplice e i Gilet Jaunes lo dicono altrettanto chiaramente: quelli che fanno di tutto per non pagare le tasse, quando si tratta di misericordia e generosità, semplicemente non hanno alcuna credibilità.
La fortuna dei ricchi
A volte la lingua aiuta a identificare in maniera chiara i fatti. In tedesco, la parola patrimonio (Vermögen) ha qualcosa a che fare con l'abilità. Si dice che qualcuno "fa" (vermöge) qualcosa quando si ritiene che sia in grado di fare qualcosa. In francese, per indicare un patrimonio (così come in inglese) si usa la parola "fortuna" (fortune). Ed è la stessa parola usata per indicare la fortuna. Sarà molto piu' facile quindi per la società chiedere a coloro che hanno avuto "fortuna", anche senza essere stati in grado di "fare qualcosa", di condividere una parte della loro fortuna con gli altri.
A tale riguardo, il presidente Macron non ha saputo spiegare la sua decisione di ridurre drasticamente la tassa sulla ricchezza (esiste solo una tassa sulla proprietà immobiliare, i patrimoni ne sono completamente esenti) ai suoi compatrioti. Ha sostenuto che bisognava ridurre le tasse a coloro che garantiscono delle prestazioni elevate. Ma chi dispone di una fortuna, non deve necessariamente essere un "top performer". In Germania, puoi rivendere un concetto come questo senza che la gente scenda per strada in massa, perché la lingua aiuta ad occultare i fatti. In Francia ovviamente non è così facile.
La comunicazione non basta
La sera del 15 aprile, il giorno in cui Notre Dame è andata in fiamme, Macron, con un grande discorso televisivo avrebbe dovuto spiegare ai suoi connazionali il risultato del suo lungo viaggio fatto di incontri e discussioni attraverso il paese. Il presidente ha speso ore e giorni a discutere dei problemi della Francia con i sindaci e gli esperti per trovare delle nuove soluzioni ai problemi. Probabilmente avrebbe voluto annunciare di aver fatto ancora una volta delle correzioni alle "riforme", per cercare di calmare gli animi surriscaldati emersi dal movimento dei giubbotti gialli.
Ma probabilmente anche questo non avrebbe avuto grandi effetti. La Francia semplicemente non capisce cosa ha fatto di sbagliato. L'inflazione non c'è più, sin dai tempi di Hollande si fanno le riforme, i redditi della massa da anni non crescono, lo stato continua a risparmiare, ma il paese non fa un passo in avanti. Solo i super ricchi diventano sempre più ricchi.
Il fatto che il Paese venga messo sotto sopra senza migliorare la propria situazione economica ha una semplice ragione: la Francia vive in un ambiente macroeconomico inadeguato. Questo ambiente è chiamato "unione monetaria europea". Se vivi in un simile ambiente, anche la migliore volontà e la migliore "politica di riforma" non ti aiuteranno.
Il ruolo del sistema
Ma proprio laddove si dovrebbe riflettere seriamente sul sistema, in Francia come nella maggior parte degli stati membri dell'unione monetaria, affiora un riflesso semplice. Si guarda al grande vicino e si dice, sì, se con questo sistema a loro le cose vanno bene, allora probabilmente non può dipendere dal sistema. Ed è esattamente su questo punto che non si riesce a venirne fuori intellettualmente. Anche se è ovvio chiedersi se le condizioni di un paese si possano applicare anche ad un altro. Ma - lo si può constatare con facilità - non si riesce a porre questa domanda logica ad un livello politico. (...)
Le viti di regolazione decisive
Ci sono esattamente tre leve macroeconomiche che possono essere utilizzate per stimolare un'economia stagnante in chiave espansiva. Una è il tasso di interesse, la seconda è il tasso di cambio reale, cioè la competitività internazionale, e la terza è la politica fiscale. Naturalmente, il peso di questi fattori varia da paese a paese. Ma è anche chiaro che colui che non ha a disposizione nessuna delle tre leve si trova in una situazione difficile.
Se la situazione è quella comune alla maggior parte dei paesi occidentali - in cui lo strumento del tasso di interesse è stato ridimensionato, senza alcun effetto, dato che l'andamento dei salari è deflattivo e nessuno vuole intervenire in questo ambito - rimangono solo due viti. Uno è il tasso di cambio reale, il cui utilizzo nell'unione monetaria europea è stato completamente abbandonato. Qui, paesi come l'Italia e la Francia non possono ottenere nessun effetto, perché qualsiasi tentativo di migliorare la propria competitività attraverso la moderazione salariale contribuisce ad affondare l'economia interna e provoca più danni di quanti non se ne possano compensare con le esportazioni.
La Germania, invece, grazie ai suoi lunghi anni di dumping salariale praticati sin dall'inizio dell'unione monetaria si è assicurata un vantaggio che non è piu' possibile recuperare. Sebbene la moderazione salariale abbia almeno inizialmente indebolito il mercato interno, grazie ai lunghi anni della svalutazione reale interna il settore dell'esportazione è diventato così grande che l'elevato livello di competitività (un basso tasso di cambio reale) è un fattore con un effetto costantemente positivo, sebbene i salari, e con essi la domanda interna, abbiano leggermente recuperato. Negli altri paesi, tuttavia, l'elevato tasso di cambio reale influisce in maniera costantemente negativa, senza che questi paesi abbiano alcun mezzo per compensarlo.
... non esiste in Europa
Rimane la politica fiscale. Qui i paesi dell'unione monetaria sono vincolati dai trattati, incluso il trattato di Maastricht. Se si parla di questi problemi nei negoziati e nelle conferenze internazionali, si ottiene una risposta incredibilmente semplice: i trattati non possono essere modificati, anche se ci fosse la volontà di farlo, perché è necessaria l'unanimità, che come possibilità politica è da escludere. Poiché dopo il referendum sulla Brexit l'uscita dalla moneta unica agli occhi di un normale politico è diventata ancora piu' insensata di quanto non non fosse in precedenza, resta solo la politica piccola-piccola, alla quale si lavora nella speranza che in qualche modo prima o poi possa accadere un miracolo "tedesco".
Macron giustamente a causa del suo stile e del suo comportamento presidenziale ha ricevuto molte critiche. Ma sostanzialmente si è solo unito alla lunga schiera di politici che dopo tutto non sanno cosa fare. Il fatto che abbia voluto aiutare i ricchi con un'enorme riduzione dell'imposta sulla ricchezza è anche logico: sono stati proprio loro, infatti, a spianargli la strada verso il potere. Il fatto che abbia fatto riferimento alla quasi-abolizione della tassa sulla ricchezza in Germania, ha reso naturalmente più facile rivendere questa forma di pura (e inutile) redistribuzione come una misura di politica economica per stimolare gli investimenti.
Dal momento che la maggior parte degli economisti accademici non ha alcuna comprensione dei rapporti macroeconomici generali, e la stragrande maggioranza dei media, a causa dei loro editori, sono appiattivi sul neoliberismo, mentre i politici stessi e una gran parte dei loro staff sono composti da giuristi, si può ritenere che su molti punti cruciali semplicemente non esista un rigoroso pensiero macroeconomico. Ovviamente a fronte di difficili ostacoli istituzionali puoi anche trovare delle soluzioni, ma devi sapere di cosa si tratta veramente e cosa c'è in gioco. Le cose in Europa dovranno andare molto peggio, anche solo prima di tentare soluzioni del genere.
Solo una coerente riflessione macroeconomica può impedire che nuove manipolazioni e contraffazioni, come ad esempio la riduzione delle tasse per i ricchi o per le imprese, possano essere seriamente prese in considerazione come un antidoto alla crisi economica. Ma è esattamente quello che accadrà ancora una volta in Germania. Il ministro federale delle finanze e quello dell'economia sono classici esempi di politici completamente sopraffatti da questa situazione, probabilmente circondati da alti funzionari con la loro stessa polarizzazione.
La misericordia non è politica
La filantropia può certamente esistere in una società funzionante. Ma non deve, come invece oggi sembra essere la norma, sostituire la politica sociale e giustificare la rinuncia a politiche redistributive. La coesione della società non è garantita dalle donazioni volontarie o da quelle basate per lo piu' sull'interesse dei ricchi, ma solo da una politica che fin dall'inizio fa in modo che le differenze tra i ricchi e i poveri non siano troppo grandi. Per riequilibrare la "fortuna", non bisogna lasciarla solo nelle mani di chi l'ha ottenuta.
Un presidente francese competente avrebbe ringraziato educatamente per la disponibilità dei super-ricchi a sostenere la ricostruzione di Notre Dame, ma avrebbe immediatamente respinto l'offerta. Avrebbe dovuto dire che proprio alla luce di questa disponibilità, l'abolizione della tassazione sui patrimoni è stata un grande errore che sarà corretto immediatamente. La società, avrebbe dovuto dire, è disposta ed è in grado di guidare la ricostruzione in un modo tale che alla fine ogni francese potrà dire di aver fatto tutto quello che era nelle sue possibilità, e che tutto quello che ci si aspettava da un governo democraticamente eletto è stato fatto.
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