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venerdì 18 agosto 2017

Anche la sinistra tedesca contro la BCE

Siamo ormai in piena campagna elettorale e Sahra Wagenknecht, il candidato della Linke alla Cancelleria, in un'intervista a Deutschlandfunk non risparmia critiche alla BCE a guida italiana e al suo programma di acquisto titoli. Per Wagenknecht la BCE è direttamente responsabile della silenziosa espropriazione ai danni del risparmiatore tedesco e l'unica soluzione possibile resta una tassa patrimoniale europea. Da deutschlandfunk.de
DF: Frau Wagenknecht, lei è sempre stata molto critica nei confronti del programma di acquisto titoli della BCE. Si sente confermata nelle sue opinioni dopo la decisione della Corte Costituzionale? 

Wagenknecht: si', il verdetto è di fatto una condanna nei confronti del governo federale e della sua linea politica che negli anni ha sempre implicitamente approvato questo corso. Trovo inoltre molto importante che nella decisione della Corte Costituzionale sia stato ribadito in maniera chiara il fatto che la BCE ha oltrepassato il proprio mandato e si è intromessa nella politica economica dei singoli paesi. E questo non è il suo compito. Vorrei tuttavia mettere l'accento su un altro punto rispetto a quanto fatto da chi ha presentato il ricorso: il problema, dal mio punto di vista, è che non si tratta tanto di finanziamento statale, ma soprattutto di finanziamento delle banche.

DF: ancora non abbiamo una sentenza della Corte Costituzionale, ma la questione è stata inoltrata ai giudici europei. La Corte Europea dovrà decidere se nei fatti cio' è corretto. La Corte Europea, e ora arrivo al punto, si è già pronunciata una volta sul programma di acquisto della BCE. Lo ha giudicato, in determinate circostanze, perfettamente legittimo. Perché questa volta dovrebbe andare diversamente?

Wagenknecht: io non ho detto che mi aspetto che la Corte Europea decida di fermare gli acquisti della BCE. Non credo accadrà e non credo che la Corte Europea intenda bloccare il programma di acquisto. La Corte Costituzionale tedesca puo' effettivamente dettare le regole alla Bundesbank, ma non puo' farlo nei confronti della BCE. Io trovo tuttavia importante che la discussione possa ricominciare e che finalmente si parli della sensatezza della politica della BCE e del livello di appoggio che i governi europei, compreso quello tedesco, hanno sempre garantito. Non dovremmo far finta che sia solo Draghi a volere gli acquisti, se la BCE adotta queste politiche è perché ci sono la benevolenza e il sostegno del governo tedesco. Anche la Germania alla fine ne trae vantaggio. Anche i Bund tedeschi sono oggetto degli acquisti. Per questo i tassi sono cosi' bassi, e se Schäuble ogni anno puo' presentare il suo bilancio pubblico in pareggio, dovrebbe scrivere una lettera di ringraziamento a Herr Draghi: questo è il motivo principale per cui i tassi di interesse sono cosi' bassi. Il risparmiatore tedesco, ma il problema riguarda soprattutto i piccoli risparmiatori tedeschi, di fatto viene espropriato, perché i tassi di interesse sono ampiamente al di sotto dell'inflazione attualmente registrata in Germania. Ma il problema principale è che non stiamo risolvendo nulla. Questo programma ha causato un flusso incredibile di denaro. Ci sono bolle in molti mercati, in particolare sul mercato immobiliare. La BCE non compra solo titoli di stato, ma anche obbligazioni societarie. Compra praticamente tutto, e questo significa che una incredibile quantità di denaro viene pompata nel ciclo finanziario, senza che vi sia una creazione di valore corrispondente. Cosi' facendo ci stiamo avviando verso il prossimo crash e verso la prossima crisi finanziaria. Questa è la diretta conseguenza.

DF: Frau Wagenknecht, se guardiamo ai dati di Eurostat, la crescita del PIL europeo nel trimestre passato è stata dello 0.6%, e se guardiamo alla crescita economica in Europa, nel 2016 era all'1,9% - non sono numeri positivi?

Wagenknecht: bisogna guardare a qual'è stata la dimensione del crollo economico precedente, soprattutto per i paesi in crisi. In teoria questo programma dovrebbe stimolare gli investimenti abbassando i tassi di interesse, ma in un clima di crisi, in molti paesi, non si fanno investimenti. Il livello degli investimenti, tra l'altro anche in Germania, molto peggio in Italia e nei classici paesi in crisi dell'Europa meridionale, resta estremamente basso. La disoccupazione in parte diminuisce anche perché le persone scelgono di emigrare. Bisognerebbe guardare al numero di persone giovani e qualificate che negli ultimi anni hanno lasciato la Grecia, la Spagna e il Portogallo. In questo modo si puo' ridurre la disoccupazione dal punto di vista formale, ma non è possibile rianimare un'economia. E resta soprattutto una enorme montagna di debito, e questo è cio' che Draghi in realtà ha ottenuto. Grazie ai bassi tassi di interesse è stato possibile rifinanziare piu' e piu' volte un enorme quantità di debito. Anche le banche si sono potute rifinanziare ad un tasso molto basso, sebbene abbiano dei portafogli crediti disastrosi, ma non è una politica sostenibile. Il problema è che la BCE da sola non puo' risolvere il problema. Se si vuole risolvere il problema del debito, e se non lo si vuol fare a scapito del ceto medio, ed è cio' che invece sta accadendo, bisognerebbe allora avere il coraggio di ridurre l'eccesso di debito con una tassa patrimoniale da applicare ai super-ricchi. La politica non ha il coraggio di farlo, per questo si continua a rimandare il problema, ma un giorno tornerà a manifestarsi in forma estrema, perché con questo fiume di denaro viene solo amplificato.

DF: se ho capito bene, i contribuenti tedeschi con un patrimonio elevato dovrebbero pagare per la ricostruzione in Portogallo, Italia e Grecia.

Wagenknecht: i percettori di un reddito, nel senso di ceto medio, stanno già pagando, perchè di fatto con i tassi a zero vengono semplicemente espropriati dei loro risparmi.

DF: quindi lei si riferisce ai redditi piu' alti?

Wagenknecht: la mia soluzione per l'Europa sarebbe quella di far passare dalla cassa tutti i possessori di un patrimonio consistente. Basta guardare alla Grecia: i multimilionari in Grecia oggi sono piu' ricchi che all'inizio della crisi. Anche nei paesi in crisi, anche in Italia, anche in Spagna c'è un ceto superiore che è ancora estremamente ricco. Ha fatto profitti prima e durante la crisi e continua a trarre vantaggio dal programma di acquisto delle obbligazioni. Si tratta di patrimoni investiti principalmente nel mercato dei capitali, i cui valori sono stati spinti verso l'alto. C'è un chiaro effetto redistribuivo. Il piccolo risparmiatore invece con il suo deposito bancario continua a perdere soldi. Chi pero' ha dei grossi investimenti sul mercato dei capitali, sta facendo dei profitti elevati. Le grandi aziende stanno guadagnando molto piu' delle piccole imprese, perché ottengono condizioni di finanziamento migliori. La BCE non sta comprando titoli emessi da medie o piccole aziende. Compra i titoli emessi dalle grandi società, che in questo modo ottengono dei tassi di finanziamento molto molto bassi, e quindi un enorme vantaggio competitivo. Ci sono distorsioni in moltissimi settori. Le disuguaglianze si allargano. Io non sto dicendo che il risparmiatore tedesco, oppure il ceto medio italiano o greco devono pagare per il disastro, piuttosto sostengo che a pagare devono essere coloro che prima e durante la crisi hanno continuato a fare profitti. La politica non vuole che accada, non ha il coraggio di farlo, e per questo tutto viene rimandato, e proprio per questa ragione è importante che proprio ora ci sia questo campanello d'allarme e questo colpo d'avvertimento. Purtroppo non si tratta di molto di piu'. La Corte Costituzionale non puo' fare molto, ma almeno è una sveglia, un colpo d'avvertimento e dovrebbe far capire che non si puo' piu andare avanti in questo modo, e che ci saranno delle conseguenze.

lunedì 14 agosto 2017

Prosegue il boom del lavoro interinale che continua ad essere pagato molto meno rispetto al lavoro dei dipendenti diretti delle aziende

Il governo risponde ad una interrogazione parlamentare della Linke sul lavoro interinale. Dai dati emerge che in Germania il boom del lavoro a tempo prosegue indisturbato e che il salario dei lavoratori interinali resta molto piu' basso rispetto a quello dei lavoratori dipendenti assunti dalle aziende. Anche con le nuove leggi il principio della "parità di retribuzione per lo stesso lavoro" sarà valido solo dopo nove mesi. L'obbligo di assunzione dopo 18 mesi è destinato a restare solo sulla carta e probabilmente non avrà alcun effetto. Da deutschlandfunk.de


Un lavoratore interinale riceve solo il 58% del salario mediano generale. Per frenare l'abuso delle forme di lavoro temporaneo la Grande Coalizione nei mesi scorsi ha introdotto una riforma del lavoro interinale. Secondo la Linke, per la maggior parte dei lavoratori questa legge non servirà a nulla.

E' probabilmente la parola tabu' per eccellenza nel mercato del lavoro moderno: lavoro interinale. Nessuno vorrebbe finirci, ma sono sempre di piu' le persone che lavorano per un'agenzia interinale, come indicato da una risposta del governo federale ad una interrogazione parlamentare della Linke. 

Nel dicembre 2016 in Germania c'erano 990.000 lavoratori interinali, il 4% in piu' rispetto all'anno precedente. La risposta del governo evidenzia in maniera chiara che il trend continua ad andare verso l'alto. Perchè è cosi'?

"Le agenzie di lavoro sono come uno scalda acqua istantaneo"

Karl Brenke, esperto di mercato del lavoro presso il Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung di Berlino: "l'industria assume sempre piu' spesso lavoratori interinali, attualmente è un business in pieno boom, soprattutto per quanto riguarda gli ordini legati alle esportazioni. A cio' si aggiunge un altro aspetto, e cioè che i centri per l'impiego fungono da "scalda acqua istantaneo" per le agenzie interinali: le agenzie di lavoro temporaneo hanno bisogno di lavoratori poco qualificati, e i centri per l'impiego glieli inviano subito".

Nel lavoro temporaneo il lavoratore dipendente viene prestato dalla società di lavoro interinale ad un datore di lavoro in cambio di denaro. Indipendentemente da luogo in cui si svolge il lavoro, il lavoratore in prestito viene pagato dal fornitore di lavoro a tempo. Secondo la risposta del governo nel 2016 la retribuzione mediana mensile di un lavoratore interinale era pari al 58% di quella mediana di tutti i lavoratori con assicurazione sociale.


Riforma del lavoro interinale

Per cercare di frenare l'abuso di questa forma di occupazione, la Grande Coalizione (CDU e SPD) ha introdotto una riforma del lavoro interinale entrata in vigore nell'aprile 2017. La legge tuttavia non sembra aver avuto alcun effetto sui numeri reali.

Secondo la nuova legge, un lavoratore temporaneo al massimo dopo nove mesi dovrebbe ricevere la stessa retribuzione dei dipendenti dell'azienda con la stessa qualifica. Inoltre il lavoratore temporaneo puo' essere dato in prestito alla stessa azienda per un massimo di 18 mesi. Dopodiché dovrà cambiare azienda oppure essere assunto dall'azienda per la quale ha lavorato. Gli accordi fra le associazioni dei datori di lavoro e i sindacati possono derogare la legge.

Katja Mast, portavoce della SPD sui temi del lavoro e degli affari sociali, considera la legge un passo giusto e importante, ai microfoni di DF ha detto:

"Possiamo già vedere i primi effetti positivi della riforma, ci sono infatti dei nuovi contratti collettivi nel metalmeccanico, nell'elettronica e nella chimica che già ora recepiscono le nuove leggi e prevedono una migliore regolamentazione del lavoro interinale. Nel complesso, il numero complessivo degli occupati coperti da assicurazione sociale è cresciuto, e se lo si confronta con il lavoro interinale, la crescita è costante".

"La legge non riguarda la maggior parte dei lavoratori interinali"

Secondo la Linke invece con la nuova legge le condizioni dei lavoratori interinali sono peggiorate, come sostenuto dal vice capo-gruppo Klaus Ernst ai nostri microfoni.

"Il problema con la nuova legge è che il principio dello "stesso lavoro, stesso salario" vale solo dopo 9 mesi, ma solo il 25% dei lavoratori temporanei resta cosi' a lungo presso la stessa azienda. La nuova legge non li riguarda affatto. Continueranno ad essere pagati meno degli altri".

Quali saranno i prossimi cambiamenti che interesseranno il lavoro interinale lo si potrà capire solo dopo le elezioni politiche di settembre. Di promesse sull'argomento ne sono state fatto abbastanza.

La Linke chiede nel lungo periodo una abolizione totale del lavoro interinale: nel breve periodo una retribuzione identica a quella del personale permanente, piu' una indennità di flessibilità. I Verdi la vedono allo stesso modo. Anche la SPD promette che in futuro il lavoro interinale, sin dal primo giorno, debba essere pagato tanto quanto il lavoro del personale dipendente dell'azienda con la stessa mansione. Inoltre chiede che i consigli di fabbrica abbiano una maggiore possibilità di intervento. L'Unione nel suo programma elettorale scrive invece che in  merito al lavoro interinale e ai contratti d'opera, grazie alla regolamentazione esistente, sono già stati raggiunti degli importanti miglioramenti.

martedì 16 maggio 2017

Oskar Lafontaine: l'export-nazionalismo tedesco distrugge l'Europa

Ottima traduzione appena ricevuta da Claudio. Oskar Lafontaine su The European partecipa al dibattito sul futuro dell'UE e in occasione del discorso tenuto pochi giorni prima da Sahra Wagenknecht al Bundestag attacca il governo di coalizione e chiede un cambio di paradigma economico. Da theeuropean.de


L'auto-elogio della stupidità


La sciocchezze a volte costano care. Soprattutto quando accompagnate dai sorrisetti e dai sogghigni. Un dibattito in Parlamento ci offre un esempio calzante. Che si tratti di Merkel, Gabriel, Oppermann, Kauder o Göring-Eckardt, non vuole proprio entrare in testa che l'export-nazionalismo distrugge l'Europa. Costoro non conoscono la differenza tra competizione leale e sleale.


La prima è il sale dell'economia di mercato. Richiede produttività più alta, procedure più efficienti, prodotti migliori, maggiore eco-compatibilità e invenzioni innovative. Tale tipo di competitività è l'elisir di lunga vita del nostro benessere.

La concorrenza sleale poggia invece sul dumping salariale, fiscale, sociale e monetario. E attraverso una politica economica così sbagliata il governo Merkel distrugge l'Europa.

Dumping salariale

Rispetto ai vicini europei i salari tedeschi sono cresciuti di meno, subendo una forte pressione attraverso la creazione di un vasto settore sottopagato, il lavoro interinale, lavori in appalto mal pagati e contratti a tempo determinato e procurando all'export tedesco dei vantaggi sleali.

Dumping fiscale

Tramite l'abbassamento delle aliquote d'imposta più alte e delle tasse a carico delle imprese, grazie a una tassa di successione che rende esentasse patrimoni del valore di diversi miliardi, attraverso l'abrogazione dell'imposta patrimoniale e tramite il sodalizio con i paradisi fiscali tipo il Lussemburgo (Juncker) la Germania ha innescato una concorrenza fiscale all'interno dell'Europa, indebolendo le casse statali a discapito degli investimenti e dei contributi sociali. 

Dumping sociale

L'Agenda 2010 ha comportato il più radicale smantellamento dello stato sociale a partire dal Dopoguerra (FAZ). Attraverso le famose “riforme” Merkel e Schäuble hanno provato innanzitutto a sottoporre anche gli altri Paesi europei – Grecia in primis – a questo modello che favorisce l'aumento dei profitti per le aziende.

Dumping monetario

Il surplus dell'export tedesco cresce sempre più anche per via dell'Euro che è una moneta troppo debole per l'economia tedesca e troppo forte per molti Paesi europei. La Germania esporta disoccupazione e costringe i vicini europei ad indebitarsi. 

(L'auto-elogio della stupidità sghignazzante lo si può osservare in una foto recente scattata in Parlamento e anche nel seguente video - il banco del governo viene inquadrato due volte – in cui Sarah Wagenknecht prova a spiegare gli effetti deleteri per l'Europa dell'export-nazionalismo tedesco)








giovedì 4 maggio 2017

Potente e impenetrabile

Ottima traduzione appena ricevuta da Claudio, che pubblichiamo molto volentieri. Chi controlla la BCE? Quali sono i confini fra politica monetaria e politica economica? Il blocco della liquidità di emergenza per le banche greche nell'estate del 2015 era in linea con il mandato della banca centrale? La Frankfurter Rundschau dedica un articolo alla battaglia per avere accesso ai documenti della BCE portata avanti dall'eurodeputato della Linke Fabio De Masi. Dalla Frankfurter Rundschau



Il potere della Banca Centrale Europea è cresciuto enormemente negli ultimi anni. Ma chi sorveglia veramente i controllori della Frankfurter Tower?

Se è vero che la mancanza di trasparenza è all'origine di tanti vizi, dobbiamo forse pensare che la Banca Centrale Europea (BCE) stia procedendo su un sentiero scosceso? Le critiche nei suoi confronti sembrano destinate a crescere quantomeno nella stessa misura del potere che esercita. Le reprimende provengono da molteplici direzioni: la Corte dei Conti Europea lamenta il fatto che la BCE non fornirebbe i documenti necessari per una verifica. L'organizzazione non governativa Transparency International (TI) reclama una sorveglianza più stretta nei confronti della BCE. Le varie Sinistre invece la ritengono responsabile dell'acuirsi della crisi debitoria greca.

Era l'estate del 2015 quando un intero popolo fu tagliato fuori dall'approvvigionamento monetario. Migliaia di greci si ritrovarono in fila davanti alle banche reclamando i propri risparmi. In quell'occasione non solo furono imposti dei limiti per i prelievi agli sportelli, ma furono anche decretati alcuni “giorni festivi” speciali per le banche in modo da far fronte all'assalto dei correntisti. Ancor più grave fu la decisione del Consiglio della BCE del 28 giugno 2015: alla Banca Centrale Greca fu negata la possibilità di aumentare il proprio livello di liquidità di emergenza (ELA). In questo modo le banche greche restavano di fatto all'asciutto. Infatti nel febbraio del 2015 l'organo decisionale superiore della BCE aveva revocato il waiver, ossia la possibilità per le banche greche di vedersi garantiti i propri titoli di Stato dalla BCE stessa. A quel punto alla Banca Centrale Greca non restava altra possibilità che ricorrere a prestiti di emergenza, una forma di liquidità particolarmente gravosa, il cui volume – inoltre – non può essere ulteriormente ampliato. In precedenza il Consiglio della BCE aveva decretato che le obbligazioni bancarie greche coperte dalla garanzia statale non potessero essere più contabilizzate come depositi.

Inizialmente la BCE si era avvalsa di pareri giuridici esterni. Yannis Varoufakis, in quel momento Ministro delle Finanze greco, e Fabio De Masi, eurodeputato della Linke, ora si chiedono: c'è stato un conflitto di interessi? La decisione della BCE può essere considerata legale e in linea con gli obiettivi del suo mandato? Forse lo stesso Mario Draghi non si sentiva così sicuro e richiese pertanto dei pareri legali indipendenti? Dopo tutto la BCE non rappresenta soltanto la Banca Centrale Greca bensì fa anche parte, assieme al Fondo Monetario Internazionale e all'Unione Europea, della Troika che stipulò con la Grecia un programma di prestiti e che, in seguito all'allargamento di quest'ultimo al Meccanismo di Stabilità Europea, prese il nome di Quadriga. 

La disputa sui pareri legali va avanti già da diversi anni ma ora potrebbe surriscaldarsi ancor di più: sembrerebbe che lo staff di De Masi voglia presentare una cosiddetta “petizione per la libertà d'informazione”. In caso di rifiuto verrebbe inoltrata al Direttorio della BCE una seconda richiesta di accesso alla documentazione in loro possesso; in caso di un ulteriore giudizio negativo ci si rivolgerebbe alla Corte di Giustizia Europea.

Dopo alcune indicazioni De Masi è venuto a conoscenza dell'esistenza di questi pareri legali solamente all'inizio del 2015, in occasione di un discorso a quattr'occhi con Yves Mersch, membro del Direttorio della BCE. Questi, nell'ottobre 2014, durante un viaggio con la Commissione a cui aveva preso parte, aveva lasciato intendere che la BCE avrebbe chiuso i rubinetti alle banche greche qualora il partito di sinistra Syriza fosse andato al potere – così riferisce De Masi. È documentato che nel settembre del 2015, durante un colloquio di politica monetaria avvenuto a Bruxelles, De Masi pose la questione dei pareri legali direttamente a Draghi. Secondo quanto riportato dal verbale la risposta di Draghi fu: “Non sono sicuro se possediamo un parere legale circa la bocciatura delle obbligazioni greche”. Alcuni giorni dopo una richiesta parlamentare scritta di De Masi risalente a luglio 2015 e riguardante l'accesso a questi pareri legali fu respinta da Draghi. Nella lettera è scritto che “la BCE non ha intenzione di pubblicare i pareri legali riguardanti la separazione tra politica monetaria e politica economica” cui De Masi fa riferimento. Inoltre veniva tirato in causa il principio di riservatezza della consulenza legale.

In seguito a ciò la coalizione Sinistra Unitaria Europea – Sinistra Verde Nordica del Parlamento Europeo ha incaricato l'esperto di problemi giuridici Andreas-Fischer Lescano di esaminare le possibilità per un'azione di rivendicazione dei documenti. Nel settembre del 2016  Andreas-Fischer Lescano è giunto alla conclusione che in riferimento ai pareri giuridici relativi alle decisioni del Consiglio della BCE del 4 febbraio 2015 e del 28 giugno 2015 di non accettare più i titoli di stato greci come depositi e di bloccare la liquidità di emergenza (ELA) ad un determinato livello “sussista un interesse pubblico predominante in favore della loro pubblicazione”. Il segreto professionale, inoltre, varrebbe solo per lo studio legale e non per la BCE.

All'inizio di quest'anno Varoufakis e De Masi hanno iniziato una “campagna per la libertà d'informazione”, che annovera tra i vari sostenitori Gustav Horn, direttore dell'Istituto di macroeconomia e ricerca economica della fondazione Hans-Böckler vicina al sindacato, e la socialdemocratica Gesine Schwan. Il movimento DiEM25 (Democracy in Europe Movement 2025), di cui Varoufakis è cofondatore, ha inoltre promosso una petizione pubblica su Change.org, che è stata già sottoscritta da più di 26000 persone. Prima di Pasqua a Bruxelles, De Masi ha richiesto al vice-presidente della BCE Vitor Constancio di poter esaminare i pareri legali, vedendosi però negata tale possibilità a causa della riservatezza legale, come già avvenuto con Draghi. Constancio si trovava alla presentazione del rapporto annuale della BCE davanti alla Commissione competente del Parlamento Europeo. 

Il fatto che la BCE impedisca l'accesso ai pareri legali con lo scopo di occultare una valutazione critica sul piano giuridico della sua decisione è una possibilità ma non è l'unica spiegazione plausibile. La BCE ha affermato alla Frankfurter Rundschau che pareri legali indipendenti non rappresentano certo la regola, però in “circostanze complesse” sono stati già occasionalmente richiesti senza essere in seguito pubblicati. Per ciò che riguarda il controverso innalzamento del waiver la BCE si appellò già all'epoca alle regole del sistema Euro: se una Paese desidera giovare di un regime speciale deve necessariamente concordare un programma di aiuti economici con l'obbligo di attenersi alle conseguenti prescrizioni – questo è quanto precisò Draghi durante il colloquio di politica monetaria del 2015.   

D'altronde la BCE rivendica anche la propria indipendenza: secondo quanto previsto dai trattati europei è tenuta a rendere conto innanzitutto al Parlamento Europeo in qualità di rappresentante dei cittadini europei. Inoltre deve tenere regolarmente informato il Consiglio Europeo in cui sono presenti i governi dei vari Paesi membri. Il suo obiettivo prioritario è quello di garantire la stabilità dei prezzi. 

Critiche rivolte alla BCE di oltrepassare il proprio mandato non sono nuove. L'Outright Monetary Transactions della BCE – l'acquisto di titoli di Stato sul mercato secondario – e' già' finito in tribunale. Sulla domanda se ciò “debba ancora essere considerata politica monetaria o se invece rappresenti già politica economica” - quest'ultima è infatti prerogativa esclusiva dei Paesi membri – si è espressa l'anno scorso la Corte di Giustizia Europea (in sintonia con Karlsruhe): la BCE può ma entro certi limiti.

“La BCE si è già da tempo spinta nell'ambito politico” afferma tuttavia Leo Hoffmann-Axthelm che coordina il lavoro di Transparency International sull'Eurozona. Il suo team ha analizzato l'indipendenza e l'obbligo di rendiconto della BCE. La Banca Centrale ha sfruttato la crisi debitoria per ampliare il proprio potere. Ciò è stato possibile solo grazie al “vuoto politico” presente. Sarebbe opportuno ridurre il ruolo della BCE all'interno della Quadriga a mero livello consultivo. Inoltre sarebbe il caso di istituire una sorveglianza bancaria separata.

Da novembre 2014 è ingente il numero degli istituti di credito finiti sotto la sorveglianza della BCE e in futuro saranno sempre meno quelli controllati dalle rispettive istituzioni nazionali. Da allora i compiti di revisione riguardanti le attività di sorveglianza bancaria della BCE sono stati trasferiti dalla Corte dei Conti Tedesca alla Corte dei Conti Europea. Da ciò deriverebbe una “lacuna nelle verifiche” a cui sarebbe necessario porre rimedio, scrive la Corte dei Conti Tedesca a Gesine Lötzsch, presidente della commissione per il bilancio nel Parlamento tedesco. La Corte dei Conti Europea afferma che la BCE si rifiuterebbe di fornire una serie di documenti di cui la Corte dei Conti avrebbe bisogno per svolgere correttamente il proprio lavoro. 

“Le richieste della Corte dei Conti sono più che legittime. Se la BCE non permette di esaminare la propria scatola nera per ciò che riguarda la sua funzione di vigilanza bancaria, ciò deve essere disciplinato in modo inequivocabile. Una carente sorveglianza bancaria è già costata parecchio denaro ai contribuenti europei” ha detto Gesine Lötzsch di Linke. La questione non riguarda soltanto dove cessa l'indipendenza e dove comincia la trasparenza bensì anche chi in fin dei conti controlla i controllori – e magari anche se qualcuno compie degli intrallazzi alle spalle dei contribuenti.

Vanno infine ricordate le intercettazioni del 2008, pubblicate in prima pagina dalla BBC ad inizio aprile. Queste registrazioni inducono a pensare che le banche private non siano state le sole ad essere implicate nelle manipolazioni dei tassi di riferimento Libor protrattesi per diversi anni. “Abbiamo ricevuto forti pressioni da parte del governo britannico e della Bank of England al fine di tenere bassi i nostri tassi Libor” rivela nelle intercettazioni un manager della Barclays ad un trader.


domenica 2 aprile 2017

I consigli di Oskar Lafontaine per la SPD e per Schulz

A quasi venti anni dalle dimissioni dal governo Schroeder, sulla stampa tedesca continua il botta e risposta fra Oskar Lafontaine e l'ex/Cancelliere. Schroeder attacca: fino a quando sarà la famiglia Lafontaine a dettare la linea della Linke è improbabile un'alleanza di governo con la SPD. Lafontaine risponde: la SPD e Schulz devono cambiare radicalmente la loro politica. Da Welt am Sonntag


L'obiettivo iniziale dei partiti operai europei era il superamento del capitalismo. Il rifiuto fondamentale di questo sistema aveva portato il francese Jean Jaurès a dire: "il capitalismo porta in sé la guerra, come le nubi portano la pioggia". Da molto tempo ormai i partiti socialdemocratici hanno abbandonato questo obiettivo. Vogliono domare il capitalismo, dicono di voler controllare le forze economiche.

Di questo dilemma ha recentemente scritto la Süddeutsche Zeitung: "come si comporta un movimento politico che ormai da tempo non sostiene piu' il superamento del capitalismo, ma il suo addomesticamento, di fronte all'evidenza che questo sistema economico ogni volta si dimostra limitatamente addomesticabile?"

"Limitatamente addomesticabile" è tuttavia alquanto riduttivo. In verità è il capitalismo a domare i suoi politici. La famosa frase di Danton nel dramma di Georg Büchners: "Lo so bene - la rivoluzione è come Saturno, uccide i propri figli", si applica in senso figurato e in una forma diversa anche al capitalismo: mangia i propri figli.

Dopo la seconda guerra mondiale la scuola di Friburgo di Walter Wucken aveva riconosciuto il dilemma del capitalismo. A differenza della socialdemocrazia del dopoguerra non credeva nella possibilità di un controllo democratico delle forze economiche. Gli economisti di Friburgo ritenevano invece che il potere economico, una volta formatosi e cresciuto, non puo' piu' essere controllabile.

In occasione dell'inizio del secondo mandato presidenziale di George W. Bush, lo storico Fritz Stern aveva avvertito che gli Stati Uniti si stavano avvicinando "ad una plutocrazia di stampo cristiano-fondamentalista". E' probabile che ci troveremo di fronte ad un nuovo tipo di autoritarismo. 

Trump, al contrario di Bush, sicuramente non fa piu' pregare il suo governo, mentre Putin, anche se in maniera solo dimostrativa, prende parte ad una messa in una chiesa ortodossa, tuttavia le nuove forme di autoritarismo previste da Fritz Stern si stanno diffondendo in tutto il mondo. 

Con una sola frase Papa Francesco è riuscito a riportare l'attenzione sul militarismo intrinseco al capitalismo, causa principale del terrorismo e della crisi dei migranti: "questa economia uccide".

Ma anche i politici americani confermano il rischio di guerra collegato al capitalismo. Il candidato democratico alla presidenza americana John F. Kerry il 24 febbraio del 2004 affermava: "quando sarò presidente faro' ogni sforzo per sviluppare carburanti alternativi per le auto del futuro, in modo che questo paese nel giro di 10 anni possa diventare indipendente dal petrolio del Medio Oriente e i nostri figli e le nostre figlie non dovranno piu' morire per questo petrolio".

I figli e le figlie dell'America continuano a morire nelle guerre per il petrolio. In Medio Oriente, a causa di queste guerre, hanno perso la vita oltre un milione e mezzo di persone.

La SPD deve avere piu' coraggio in politica estera

Sebbene Martin Schulz fra i socialdemocratici venga festeggiato come un Papa, probabilmente non ci si sbaglia di molto nel pensare che il punto di vista del Papa, "questa economia uccide", gli sia completamente estraneo. Proprio come la Cancelliera cristiano-democratica, che al contrario dell'allora Cancelliere social-democratico Schröder, nel suo ruolo di segretario della CDU appoggiava la guerra in Irak di George W. Bush.

Ma la SPD dovrà inevitabilmente riallacciarsi alla Ostpolitik di Willy Brandt e alla sua politica di buon vicinato, se veramente vuole continuare a credere nella sua missione: affrontare e domare le forze distruttive del capitalismo.

Se anche il grande maestro della politica estera americana George Kennan considera l'accerchiamento della Russia, portato avanti dagli Stati Uniti, come "il piu' grande errore della politica americana nel dopoguerra", allora la SPD dovrebbe avere il coraggio di schierarsi contro una politica che mette in pericolo la pace.

Willy Brandt si rivolterebbe nella tomba se sapesse che anche con il voto della SPD sono state inviate delle truppe tedesche al confine con la Russia, e se sapesse che la sua eredità politica, e cioè che in Europa ci puo' essere pace solo con la Russia e non contro la Russia, non viene piu' osservata nemmeno dai socialdemocratici.

Nazionalismo dell'export invece di buon vicinato

La politica europea del buon vicinato portata avanti da Brandt, Schmidt fino a Helmut Kohl, con il consenso della socialdemocrazia tedesca, è stata sacrificata in nome di uno spietato nazionalismo dell'export tedesco.

Sebbene i popoli europei continuino ad allontanarsi fra di loro e la supremazia economica tedesca sia sempre piu' un problema, Schulz e i socialdemocratici tedeschi appoggiano i diktat di Merkel e Schäuble sui tagli al welfare e sono corresponsabili del fatto che, soprattutto nel sud Europa, i giovani non hanno piu' un futuro.

Una politica di buon vicinato in Europa ha bisogno di un nuovo ordine economico e valutario, che possa dare a tutti i paese europei la possibilità di uno sviluppo economico sostenibile.

Accanto ad una nuova Ostpolitik, fondata sulla pace e la distensione, secondo la tradizione di Willy Brandt, ed una politica europea che possa superare il nazionalismo dell'export tedesco e si ricolleghi allo spirito dei padri fondatori dell'Europa, se vuole ancora avere una chance, la socialdemocrazia tedesca dovrà modificare radicalmente la sua politica sociale. Il suo obiettivo originario era quello di "difendere lo stato sociale ed estenderlo", non quello di distruggerlo e smantellarlo.

L'Agenda 2010 non nasceva dal programma socialdemocratico, era piuttosto l'acquisizione delle posizioni delle associazioni dei datori di lavoro da parte di un Cancelliere socialdemocratico.

La Frankfurter Allgemeine Zeitung ha definito l'Agenda 2010 "la piu grande riduzione dei diritti sociali dalla seconda guerra mondiale". Cio' non ha pero' impedito a Schulz di dire, nel primo discorso al Congresso della SPD, che  Gerhard Schröder "ha riformato la Germania in modo che tutti noi oggi possiamo trarne beneficio".

Con quel "tutti noi" Schulz fa lo stesso grave errore di Angela Merkel, che ogni volta ripete: "la Germania sta bene". Se per milioni di lavoratori è programmata una vecchiaia in povertà, se in Austria il pensionato medio riceve 800 € al mese in piu' che in Germania e se il 40% dei tedeschi oggi ha un reddito familiare inferiore rispetto a quello del 1999, come riportato dal DIW, allora frasi come "tutti noi oggi possiamo trarne beneficio", oppure "la Germania sta bene" sono solo una presa in giro.

Fino a quando la SPD non tornerà ad una politica sociale e fiscale in grado di arrestare la crescita della disuguaglianza e capace di redistribuire la ricchezza in maniera più equa, un cambio alla Cancelleria sarebbe solo un cambio di volti.

Per poter migliorare le condizioni di vita di milioni di persone, il sistema pensionistico tedesco dovrebbe essere rifondato. La riforma delle pensioni è stata solo una frode e la pensione aziendale integrativa, in cui non vengono nemmeno garantiti gli importi versati, è una truffa ancora piu' grande.

Cambiate la legge e alzate la mano al Bundestag

Quando poco tempo fa all'aeroporto un deputato socialdemocratico, dopo aver concordato con la mia analisi, mi ha chiesto: "ma allora cosa dobbiamo fare?" io gli ho risposto: "copiate la legge austriaca e alzate la mano al Bundestag. Non dovrebbe essere troppo difficile".

Altrettanto importante sarebbe realizzare la richiesta che l'ex presidente AfA Ottmar Schreiner prima della sua scomparsa prematura aveva sempre portato avanti: rimuovere la clausola  di ragionevolezza dalla legge Hartz IV e ripristinare quella vigente fino ad allora. Oggi un disoccupato che non vuole vedersi ridotto il sussidio Hartz IV deve accettare qualsiasi lavoro, indipendentemente dalle sue qualificazioni e dal salario.

Questa clausola devastante non solo ha portato ad una continua espansione del cosiddetto settore a basso salario nell'economia tedesca, ma ha messo in moto una politica di dumping salariale, con i conseguenti danni per i nostri vicini europei, interrompendo la politica di buon vicinato.

L'avvertimento di Willy Brandt vale ancora oggi: "riflettete sulle vostre forze e assicuratevi che ogni volta possiate essere all'altezza delle vostre risposte, se volete fare del bene". Se l'obiettivo è fare del bene, allora il compito imprescindibile della SPD sarà quello di migliorare le condizioni di vita di quella metà della popolazione tedesca che a causa delle riforme dell'Agenda 2010 ha sofferto duramente.

sabato 18 febbraio 2017

Oskar Lafontaine sul pericolo di un'Europa tedesca

Riflessione molto interessante di Oskar Lafontaine sull'evoluzione dell'egemonia tedesca in Europa e sulle nuove ambizioni militari di Berlino: dopo la moneta unica un ruolo di primo piano nell'integrazione degli eserciti europei. Dal profilo FB di Oskar Lafontaine.

oskar lafontaine


L'Europa tedesca, la nuova nazione guida,

presto avremo l'Europa da cui Thomas Mann ci aveva messo in guardia: l'Europa tedesca. Senza mostrare il minimo imbarazzo, qualche tempo fa i media hanno celebrato Merkel come la nuova regina o imperatrice d'Europa. I fatti: nella politica economica la Germania domina i paesi europei, e l'euro - per la Germania una moneta troppo debole, per i paesi del sud troppo forte - garantisce la supremazia dell'industria dell'export tedesca in Europa e nel mondo. E quando un paese come la Grecia per un po' di tempo cerca di opporsi alle richieste tedesche, il Feldmaresciallo di Merkel, Wolfgang Schäuble, ci fa sapere la data in cui la sua pazienza finirà: e quel giorno "isch over".

Ora la nazione guida tedesca ha scoperto un nuovo terreno di gioco. La FAZ con un certo orgoglio scrive: "La Bundeswehr sta diventando l'esercito guida in Europa all'interno della NATO". Una brigata della Repubblica Ceca ed una rumena saranno portate sotto il comando di una divisione tedesca, in modo da poter aumentare il potenziale di combattimento congiunto. Le forze armate olandesi hanno dato il buon esempio ed hanno di fatto già subordinato due terzi delle loro unità alle strutture di comando tedesche. Anche con la Polonia sono in corso sforzi analoghi per creare strutture comuni nelle forze armate, trattative che il governo polacco sta portando avanti in silenzio. La FAZ non dimentica di sottolineare che ciò' aprirà "nuove prospettive di business per i produttori di armi tedeschi ed europei". Contemporaneamente fra le forze politiche conservatrici e i giornalisti cresce la richiesta di un'arma nucleare tedesca. E naturalmente, almeno cosi' si dice, dovremmo ampliare il bilancio militare per arginare la "minaccia russa", sebbene la Nato spenda in armi 13 volte quanto spende la Russia. 

Senza rendersene conto, gli "exportnazionalisti tedeschi" e i sostenitori di un "esercito àncora" tedesco in Europa stanno lavorando per danneggiare ulteriormente il progetto europeo. Gli europei non vogliono essere governati da Berlino. Thomas Mann aveva ragione: i tedeschi non dovrebbero battersi per "un'Europa tedesca", ma per una "Germania europea".



martedì 22 novembre 2016

Oskar Lafontaine: un'altra volta Merkel

Oskar Lafontaine su FB commenta la ricandidatura di Merkel alle elezioni del 2017


Hurra, Merkel un'altra volta!

Ora è ufficiale, quello che i passeri da tempo fischiettavano e qualsiasi osservatore politico ragionevolmente informato sapeva già: Merkel lo farà un'altra volta.

Dal momento che domani sulla "stampa di qualità" ci saranno molti applausi e numerosi commenti favorevoli che cercheranno di nascondere la realtà, è opportuno ancora una volta elencare le performance di Merkel. E' riuscita a danneggiare gravemente le 3 colonne portanti della politica tedesca nel dopoguerra: lo stato sociale, l'integrazione europea e la politica di riappacificazione verso l'est (Ost-politik). Già da segretario della CDU si era adoperata affinché i tagli operati dall'Agenda 2010 di Schroeder fossero ancora piu' duri. Milioni di persone hanno un posto di lavoro precario con un basso stipendio e in vecchiaia non avranno una pensione adeguata. 2.5 milioni di bambini vivono in condizioni di povertà.

Il suo unilateralismo e i suoi diktat di risparmio hanno messo i popoli europei l'uno contro l'altro. La sua caotica politica sui rifugiati e l'opposizione al finanziamento di questa con un tassa sui ricchi hanno di fatto negato ogni forma di giustizia sociale. Su questo punto 3 opinioni:

Lo scrittore Navid Kermani scrive: "E' possibile sviluppare una politica europea comune in materia di rifugiati, che protegga i confini, distribuisca lo sforzo e che sappia veramente proteggere i piu' bisognosi, invece di operare una selezione dei piu' forti, vale a dire principalmente giovani uomini senza famiglia, poiché questi sono i soli che riescono a superare le difficoltà delle rotte clandestine".

Il politico SPD e teologo  Prof. Dr. Richard Schröder è ancora piu' chiaro: "in Europa non arrivano i piu' poveri. Che possono essere aiutati solo in loco perché non riescono a racimolare le migliaia di Euro necessarie per pagare i trafficanti"

Mentre il premier per l'economia Joseph Stiglitz commenta: "La libera circolazione delle persone in Europa significa anche che i paesi che hanno avuto piu' successo nella lotta alla disoccupazione, dovranno fare i conti con una parte piu' che congrua dei profughi in arrivo. I lavoratori in questi paesi dovranno sopportare automaticamente i costi dei bassi salari e un piu' alto livello di disoccupazione, mentre i datori di lavoro potranno beneficiare di piu' manodopera a basso costo. Non sorprende che a sopportare il peso dei rifugiati saranno proprio coloro che meno sono in condizioni di farlo".

L'espansione verso est della NATO, che il grande diplomatico americano George Kennan ha definito "l'errore piu' grande della politica americana nel dopo guerra fredda", è stata portata avanti con convinzione anche da Merkel. Ora abbiamo di nuovo soldati tedeschi al confine russo.

Ma "la Germania sta facendo bene", ha continuato a ripetere la Cancelliera, riferendosi al record occupazionale. Una frase post-verità. Se i lavori regolari e ben pagati vengono sostituiti da impieghi nel settore a basso salario, mini-jobs, lavori part-time, lavori temporanei, contratti d'opera mal-pagati e lavoro temporaneo, allora le statistiche saranno eccezionali: molti posti di lavoro!

mercoledì 7 settembre 2016

Oskar Lafontaine sul successo elettorale di AfD

Da FB l'interessante commento di Oskar Lafontaine sul successo elettorale di AfD alle elezioni regionali nel Mecklenburg-Vorpommern




Le elezioni regionali nel Mecklenburg-Vorpommern sono state un voto di protesta nei confronti delle politiche sui rifugiati di Merkel e contro i tagli al welfare. Molti degli elettori di AfD hanno voluto esprimere il loro dissenso nei confronti delle politiche di accoglienza di Merkel e verso le politiche neo-liberiste degli ultimi anni e i conseguenti tagli allo stato sociale. Sarebbe un errore fatale considerare questo voto di protesta come un voto di destra.

I corresponsabili del successo di AfD sono invece i politici di tutti i partiti e i giornalisti che hanno definito come “vicina alla AfD” ogni forma di critica alla politica dominante. Hanno involontariamente aiutato i populisti di destra. Ogni critica alla globalizzazione, all’Euro, all’UE, all’interventismo militare degli Stati Uniti, oppure le richieste di riconciliazione con la Russia sono ogni volta etichettate come una “politica vicina alla AfD”. In questo modo consegnano ad AfD il monopolio su ogni forma di critica verso la politica dominante. Secondo questa logica gli studenti che negli anni ’60  protestavano contro la guerra in Vietnam sarebbero vicini alla AfD.  Willy Brandt e Egon Bahr, che hanno promosso un riavvicinamento alla Russia, dovrebbero difendersi dalla stessa accusa. I critici della globalizzazione dovrebbero ricevere lo stesso distintivo, sebbene fossero attivi ben prima della fondazione di AfD. Critiche all’Euro e alle istituzioni UE ce ne sono da molti anni, ma per gli involontari gregari della AfD ogni critica è diventata populismo di destra.

Grazie a questa propaganda involontaria è stata nascosta la natura neoliberista di AfD, un partito che rifiuta una giusta tassazione dei redditi, dei patrimoni e delle eredità dei milionari, che sostiene il dumping salariale e le basse pensioni, e considera una buona cosa l’interventismo militare se finalizzato alla difesa degli interessi tedeschi. Chi vuole combattere la AfD, deve prima impegnarsi a ricostruire lo stato sociale partendo dalle sue macerie e rifiutare le politiche neoliberali degli ultimi anni.

lunedì 23 settembre 2013

Flassbeck: ma perché non provate con un rosso-rosso-verde?

Heiner Flassbeck dal suo blog commenta le elezioni tedesche: esiste una maggioranza a sinistra della CDU, perché non tentare un rosso-rosso-verde con i temi europei al centro del programma? Ovviamente non ci crede nemmeno lui.  Da flassbeck-economics.de
Prima la cattiva notizia: ieri il 50% degli elettori votanti ha scelto un partito che secondo i nostri standard puo' essere ricondotto alla coalizione della cosiddetta "casalinga sveva". Un dato molto alto, se consideriamo che una partecipazione del 72 % equivale al 36% di tutti i cittadini con diritto di voto. E' solo grazie alla soglia del 5%, una particolarità della legge elettorale tedesca, che un 8% di questi cittadini non avrà alcuna rappresentazione, visto che la FDP e la AfD non sono riuscite ad entrare al Bundestag. Lo si puo' considerare un fatto positivo. Ma soprattutto il risultato di AfD ci mostra quale livello di mobilitazione sia possibile quando su un tema importante si assumono delle posizioni molto chiare, invece di evitarlo tenendolo fuori dalla campagna elettorale. Se i partiti meno intaccati dalla mentalità della "massaia sveva" avessero messo i temi Euro ed Europa al centro della loro campagna elettorale, sarebbero stati capaci di recuperare molti voti dall'astensione migliorando in modo signficativo il loro risultato elettorale. Il dato relativamente buono della Linke, che piu' di tutti gli altri ha messo in risalto il tema eurocrisi, lo mostra chiaramente. Cosa avrebbero potuto ottenere, se il partito, invece di perdere tempo con delle ridicole risse interne, avesse capito l'importanza di una forte distinzione dalle altre forze su questo tema?

Ed è un bene che il partito della casalinga sveva, incarnato da Herr Schäuble, non abbia una maggioranza. Potranno festeggiare la grande vittoria di Angela Merkel. Ma l'obiettivo principale alla fine resta la maggioranza in parlamento, e questa manca. Ora Merkel dovrà mettersi in cerca di un partner, perché il compagno naturale, quello che vota di tutto, tiene la bocca chiusa e si preoccupa solamente che i suoi elettori siano adeguatamente ricompensati, non c'è piu'. Addio FDP, non verseremo certo le nostre lacrime per voi. Presto questo partito resterà senza la possibilità di distribuire posti di potere e di comparire sui media main-stream nel ruolo di forza di governo.

Si', in parlamento di fatto c'è una maggioaranza a sinistra della CDU. Di conseguenza si potrebbe scegliere un cancelliere o una cancelliera che allontani la Gemania dal "weiter-so" merkeliano, affinché l'Europa possa vincere l'immensa sfida che ha dinanzi a sé. Un governo senza la CDU potrebbe apertamente e onestamante riposizionare il ruolo della Germania in Europa e nel mondo, lontano dall'ideologia della "casalinga sveva", rinunciando contemporaneamente al mercantilismo e al merkelismo. Cosi' Frau Merkel non potrebbe crogiolarsi a lungo sotto il sole della sua vittoria elettorale - nell'Uckermark (regione di provenienza di Merkel) troverebbe sicuramente dei luoghi soleggiati e piacevoli per farlo.

Ma il congiuntivo in questo caso è troppo debole per indicare quanto poco probabile sia una tale possibilità. Nella SPD e fra i Verdi, ma anche nella stessa Linke, ci sono aree politiche la cui paura piu' grande è quella di dover governare con un programma diverso da quello del main-stream economico. Si', hanno paura! Non è un'esagerazione parlare di paura. L'ho vissuto in prima persona dopo la storica vittoria dei rosso-verdi 15 anni fa. Ho visto la paura nei loro volti rosso-verdi, quando Oskar Lafontaine, Claus Noé oppure il sottoscritto prendevano anche solo in considerazione la possibilità di opporsi alla cosiddetta "posizione del mondo economico". Inorridivano quando ci schieravamo a favore di soluzioni macroeconomiche ragionevoli, che non potevano essere afferrate immediatamente dalla casalinga sveva o dal piccolo imprenditore del Baden.

Ma i neo-liberisti rosso-verdi non lo diranno mai. Se scelgono di non coalizzarsi con la Linke, diranno invece che stanno mantenendo solo le promesse. Ripeteranno che la Linke ha delle posizioni irrealistiche. Diranno che con la Linke non si puo' parlare. Si rinchiuderanno nelle loro ridicole posizioni e cercheranno di rivenderle come quelle di uno statista. In tutto cio' c'è del metodo. Già dopo la storica vittoria del 1998 e la breve parentesi di un approccio alternativo, si sono messi subito a rincorrere le posizioni con le quali non si viene presi in giro dalla Bild-Zeitung oppure non si ricevono gli attacchi dei media main-stream.

E chi deciderà di avviare una coalizione con la CDU in modo rapido e senza discuterne in maniera approfondita, dovrà sopportarne le conseguenze. I Verdi non sarebbero piu' considerati un partito di centro-sinistra credibile, mentre la SPD farebbe un altro passo verso la marginalizzazione. All'interno della SPD ci sono sicuramente forze che sperano di poter giocare un ruolo governativo come accadde all'indomani delle elezioni del 2005, ma adesso le condizioni sono radicalmente diverse. Allora si poteva parlare di una Große Koalition, oggi sarebbe solo una coalizione un po' meno piccola, perché una debole SPD con solo il 25% dei voti dovrebbe confrontarsi con una CDU rafforzata con oltre il 42% dei consensi. La CDU è cosi' vicina alla maggioranza assoluta, che la SPD finirebbe per passare 4 anni sull'orlo del precipizio. I conservatotori fra le proprie fila eviteranno qualsiasi serio scontro con i partner di coalizione, perché in parlamento, come del resto anche alcuni verdi conservatori, potranno ricattare il partito in qualsiasi momento minacciando di votare con la CDU sulle questioni economiche fondamentali. 

La novità positiva di queste elezioni è che in linea di principio ora c'è un'opzione. La campagna elettorale ha prodotto due campi politici molto chiari. E' un'opportunità significativa. Tutte le parti dovrebbero prendere un po' di tempo e riflettere. Finalmente ci sarà il tempo per recuperare quello che in campagna elettorale è stato trascurato, e porre le domande strategiche che in Germania aspettano ancora una risposta. La piu' importante è il ruolo della Germania in Europa. Chi vuole evitare il patto per la competitività di Merkel e quindi salvare l'unità europea dovrà avviare un corso economico completamente diverso. Ma con la CSU purtroppo non è possibile. Anche con una larga parte della SPD e dei Verdi sarà molto difficile, ma in questo caso dobbiamo sperare piu' nella loro comprensione e nell'apprendimento, che non nei seguaci della "casalinga sveva".

La domanda decisiva in politica è: chi dovrebbe farlo? C'è una persona che all'ultimo secondo riuscirà a capire quello che è in gioco? C'è una persona che una volta compresa la situazione, prenderà la guida politica e porterà gli altri con sé? Onestamente non la vedo. Ma non dobbiamo perdere la speranza proprio ora. "Dove c'è un pericolo, crescerà anche chi ci salva", scriveva Hölderin

domenica 1 settembre 2013

La Germania non ha una soluzione

Dopo le speranze di W. Münchau, una riflessione interessante arriva da Lost in Europe: la SPD non accetterà mai di allearsi con la Linke, di fatto le elezioni tedesche non potranno offrire una soluzione ai problemi europei. Da Lost in Europe
Rot-Rot-Grün sarebbe la migliore soluzione per l'Europa. A questa sorprendente conclusione arriva W. Münchau dopo aver analizzato i programmi elettorali dei partiti tedeschi. Ma che cosa propongono esattamente i partiti su questo tema? Una panoramica.

CDU: Il partito della Cancelliera propone un convinto "continuiamo cosi'". No agli Eurobond, no alla Transferunion e nessun ulteriore trasferimento di competenze a Bruxelles. Ma anche nessuna soluzione per la crisi economica - e non una parola sui problemi di democrazia. I cristiano-democratici intendono posticipare questo tema alle elezioni europee.

SPD: I compagni, sulla carta - diversamente dalla realtà - hanno una loro sfumatura. Propongono iniziative per la crescita e una unione sociale europea. Vorrebbero colpire duramente le banche e avviare un fondo comune per la redenzione del debito. La commissione UE dovrebbe essere trasformata in un governo europeo eletto.

Grüne: I Verdi oppongono all'"Europa dei governi" una UE democratica. Per fare cio', al Parlamento europeo dovrebbe essere conferito il potere legislativo e la possibilità di votare le leggi. Ai cittadini europei dovrebbe invece essere dato un maggiore spazio di iniziativa, e si dovrebbe avviare una nuova convenzione europea. Sul tema Euro i Verdi restano alquanto vaghi: criticano le politiche di austerità e chiedono un "New Deal Verde".

FDP: I liberali cercano di distinguersi a spese degli altri - e se la prendono con il programma elettorale della CDU. Il loro "programma civile", tuttavia, contiene poco di concreto. Da un lato i liberali sono contro gli Eurobond e gli aiuti della BCE agli stati in crisi, dall'altro vorrebbero fondare uno "stato federale europeo". Ma solo nel lungo periodo...

Linke: E' il solo parito a prendere le distanze dal trattato di Lisbona e dal suo impianto neoliberale. Al suo posto dovrebbe naschere un'Europa fondata sulla democrazia. In concreto i compagni chiedono una tassa sulle banche, una tassa sui ricchi e una patrimoniale. Oltre a cio' dovrebbero essere introdotti degli standard sociali minimi.

Pirati: piu' democrazia, anche nel fondo ESM: cosi' si puo' riassumere l'Europrogramma dei Pirati. Hanno perfino un capitolo per "l'Agenda Digitale", chiedono una banda larga per tutti e la promozione dei beni collettivi

Se si confrontano questi programmi con cio' che viene attualmente discusso a Bruxelles, si percepisce quanto la coalizione attualmente al governo ne sia lontana. Soprattutto la FDP è molto distante dalle posizioni dei liberali europei (da leggere "I liberali amano gli Eurobond").

Al contrario, la Linke e i Verdi vanno ampiamente oltre ciò che attualmente l'UE puo' e vuole fare. Una coalizione rosso-rosso-verde ben presto andrebbe a scontrarsi con la realtà di Bruxelles.

Ma la SPD rifiuta una tale coalizione. Che alla fine significa: la Germania al momento non ha alcuna soluzione per i problemi dell'UE e dell'Euro.

Non c'è da stupirsi, l'attuale coalizione nero-gialla è una parte del problema. E' stata lei a portare l'Europa nelle condizioni in cui si trova attualmente...




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