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mercoledì 9 agosto 2023

L'ombra di Jan Marsalek, l'uomo dei servizi segreti: tutti lo cercano ma in realtà nessuno vuole rivederlo in Germania

CHE FINE HA FATTO JAN MARSALEK? SONO ORMAI 3 ANNI CHE L'EX NUMERO 2 DI WIRECARD HA FATTO PERDERE LE TRACCE. UNA FUGA ANCORA OGGI AVVOLTA NEL MISTERO, PERCHE' SENZA L'AIUTO DEI SERVIZI SEGRETI AUSTRIACI E TEDESCHI PROBABILMENTE NON CE L'AVREBBE FATTA. NE SCRIVE L'OTTIMO FABIO DE MASI SULLA BERLINER ZEITUNG

Poco piu' di tre anni fa, la società tedesca di servizi di pagamento, Wirecard AG, è stata rivelata per quello che era: un ampio sistema di riciclaggio di denaro e un sistema di frode. Il dirigente di Wirecard, Jan Marsalek, circondato dai servizi segreti, è scomparso e sembra che le autorità tedesche non abbiano alcun interesse ad ottenere un'estradizione, secondo l'editorialista Fabio De Masi. Quest'ultimo è stato il primo membro del Bundestag a criticare Wirecard ancora prima dell'insolvenza.

Marsalek è sulla lista dei ricercati da parte dell'Interpol ed è stato presentato nel programma "Aktenzeichen XY... Ungelöst" su ZDF nel giugno del 2020, quando Wirecard è andata in insolvenza. Le forze politiche e quelle di sicurezza sembrano voler simulare la ricerca frenetica di un uomo che non vogliono riportare in Germania: Jan Marsalek, ex Chief Operating Officer e responsabile per l'Asia di Wirecard AG, che ha lasciato indisturbato la Germania tre anni fa, il 19 giugno 2020.

Jan Marsalek ha una storia affascinante. Sebbene sia il nipote di Hans Marsalek, un combattente antifascista sopravvissuto ai campi di concentramento e diventato poliziotto in Austria, Jan ha abbandonato la scuola, imparato la programmazione ed è diventato poi membro del consiglio di amministrazione di un'azienda che in futuro sarebbe arrivata sul DAX. Si è circondato di servizi segreti dell'est e dell'ovest.

È convinzione sempre più radicata che Jan Marsalek fosse collegato alle agenzie di intelligence, inclusi i nostri servizi di sicurezza. Ha gestito progetti di pagamento per stati rivali dell'Occidente come la Russia e per paesi di rilevanza strategica come l'Arabia Saudita. La Cancelliera tedesca Angela Merkel ha persino fatto pressione personalmente per Wirecard presso il presidente cinese Xi Jinping, nonostante ci fossero già state in precedenza le critiche dei media.

Le connessioni di Marsalek con la Russia e altre reti non sembrano preoccupare le autorità di sicurezza tedesche. Nonostante le numerose prove, le autorità insistono nel sostenere di non aver mai saputo chi fosse in realtà Marsalek. È probabile che i servizi di intelligence siano coinvolti in questa manovra, avendo avuto contatti con Marsalek tramite intermediari non ufficiali.

Le prove documentate rivelano legami tra Wirecard e i servizi segreti. Ad esempio, il servizio federale di intelligence (BND) utilizzava carte di credito di Wirecard. Inoltre, ex funzionari dei servizi segreti tedeschi e austriaci sono stati coinvolti in consulenze e rapporti con Wirecard.



L'ex coordinatore dell'intelligence tedesca per conto del governo federale, Klaus-Dieter Fritsche (CSU), ha fornito consulenza a Wirecard e all'ex Ufficio austriaco per la difesa della Costituzione (BVT), con l'approvazione della Cancelleria federale, durante lo scandalo BVT relativo all'influenza russa sui servizi segreti austriaci. Due figure chiave in questo scandalo, gli agenti austriaci Martin W. ed Egisto O., erano strettamente legati a Marsalek. Martin W. aveva addirittura un ufficio nella villa di Marsalek, entrambi sono stati poi accusati dai pubblici ministeri di aver aiutato Marsalek a fuggire.

L'ex coordinatore dei servizi segreti tedeschi Bernd Schmidbauer (CDU) ha ripetutamente aiutato pubblicamente entrambi gli agenti. Ha anche cercato Marsalek dopo che questi avrebbe mostrato documenti altamente riservati dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche davanti agli investitori britannici nel 2018, a seguito dell'attacco all'ex agente segreto russo Sergei Skripal. Il documento avrebbe negato un legame russo con l'attacco e avrebbe contenuto la formula dell'agente nervino Novichok. Ciò ha presumibilmente spinto i servizi britannici ad agire. Schmidbauer ha anche discusso con Marsalek della riforma dei servizi segreti. Un'area di interesse insolita per un dirigente di una società del DAX e un pensionato. Schmidbauer, infatti, afferma inoltre di aver scambiato idee con un "ex allievo" dei servizi di sicurezza e che avrebbe voluto affrontare più spesso missioni delicate.

Marsalek era anche interessato allo spionaggio informatico e alle tecnologie di sorveglianza. Ha partecipato alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera a un "Forum sull'innovazione politica" organizzato dal miliardario tedesco della tecnologia Christian Angermayer, a cui hanno partecipato anche Jens Spahn (CDU) e l'ex ambasciatore di Donald Trump, Richard Grenell. Alla conferenza sulla sicurezza bisogna superare un controllo di sicurezza

Marsalek aveva anche un appuntamento con un ex politico e dirigente automobilistico della CDU, il presidente del consiglio di sorveglianza della società di consulenza Agora Strategy, fondata dall'ex presidente della Conferenza sulla sicurezza di Monaco, l'ex segretario di Stato e diplomatico Wolfgang Ischinger. Questo perché Marsalek cercava nuovi business per l'elaborazione dei pagamenti in Arabia Saudita dopo l'omicidio del membro dell'opposizione saudita Jamal Kashoggi e aveva bisogno di contatti, ad esempio con i principi sauditi. 

Tramite Agora Strategy, le aziende produttrici di armi e le dittature venivano messe in contatto con i sistemi per il trasferimento di denaro nell'ambito della Conferenza sulla sicurezza di Monaco, ad esempio, come riportato da Der Spiegel. In questo modo sipotevano concludere accordi con discrezione. In seguito, Der Spiegel ha anche riferito che l'azienda bavarese di armi Hensoldt AG riforniva i servizi segreti sauditi, nonostante gli embarghi sulle armi e la partecipazione del governo tedesco nell'azienda di armi. Marsalek sarebbe stato interessato a creare un'infrastruttura di pagamento per la futuristica megalopoli Neom, che la famiglia reale saudita vorrebbe costruire nel deserto con i suoi petrodollari. Le autorità di sicurezza tedesche non avrebbero avuto nulla in contrario nel tenere un piede nella porta dell'Arabia Saudita attraverso Marsalek, nonostante l'embargo, e ad acquisire informazioni sui flussi finanziari. Dopo l'inizio della guerra in Ucraina, il governo tedesco ha cercato un riavvicinamento con il regime. Scholz ha recentemente visitato l'Arabia Saudita. Con lui, sull'aereo del governo, c'era un'azienda che si occupa di tecnologie di pagamento e che voleva creare una cosiddetta carta per rifugiati con Wirecard.



L'ex manager di Wirecard Burkard Ley, che a tutt'oggi non è stato perseguito nonostante fosse una figura centrale nello schema di frode di Wirecard, ha a sua volta aiutato l'ex coordinatore dei servizi segreti Fritsche per consentire a un investitore francese di entrare nel capitale del produttore di armi tedesco Heckler & Koch. Ciò ha richiesto la creazione di una complicata struttura di società di comodo, poiché l'azienda faceva parte delle infrastrutture critiche e l'approvazione era soggetta all'approvazione del governo tedesco.... Il governo federale ha dato il via libera all'affare.

In un'altra iniziativa, Marsalek avrebbe sviluppato dei piani per formare una milizia di difesa dei rifugiati in Libia in collaborazione con le truppe mercenarie russe della Wagner, in stretta collaborazione con funzionari conservatori di alto livello dei ministeri della Difesa e dell'Interno austriaco. Questo piano è emerso in un momento in cui l'intervento militare occidentale aveva gettato il paese nel caos e il dibattito sulla crisi dei rifugiati infervorava, facendo arrivare al potere in Austria Sebastian Kurz (ÖVP). Marsalek e il vicecancelliere austriaco dell'ÖVP stavano seguendo un progetto relativo a una carta digitale per i rifugiati, inclusa successivamente nell'accordo di coalizione bavarese. Marsalek è stato direttamente coinvolto in queste consultazioni, il che solleva ulteriori interrogativi sulla portata del suo coinvolgimento. E ci sono molti altri dettagli da esplorare.

Il ruolo del gioco d'azzardo online

Wirecard nasce dalla fusione tra EBS e Wire Card, crescendo inizialmente attraverso la gestione dei pagamenti per il gioco d'azzardo online e il settore del porno nei primi anni del nuovo millennio. In quel periodo, i pagamenti su Internet stavano appena iniziando a svilupparsi. Il panorama online era ancora inesplorato, caratterizzato da velocità ridotte e dipendenza dalla connessione telefonica. Era un'epoca senza Amazon e smartphone.

Tuttavia, questa era anche un'era di avventura e sfide, simile al Far West. Wirecard all'epoca conduceva pratiche ingannevoli indirizzando gli utenti verso numeri a pagamento 0190 durante la visualizzazione di contenuti per adulti attraverso dialer nascosti, senza il consenso degli utenti. Questo percorso ridefinito "superstrada dei dati" spesso portava a bollette telefoniche esagerate, causate da adolescenti curiosi o da coniugi imbarazzati, almeno fino a quando gli esperti di difesa dei consumatori non sono intervenuti. Inoltre, la gestione dei pagamenti è stata associata a rischi legali significativi, dato che si sospettava che venissero elaborati pagamenti per contenuti legati all'abuso minorile.

Verso la fine del mandato di George W. Bush negli Stati Uniti, il gioco d'azzardo online è stato oggetto di pesanti sanzioni tramite l'"Unlawful Internet Gambling Online Act". Questo settore, infatti, veniva visto come un possibile magnete per il riciclaggio di denaro da parte della criminalità organizzata e per il finanziamento del terrorismo, poiché i ricavi potevano essere facilmente manipolati. Inoltre, i servizi segreti erano interessati a monitorare flussi finanziari sospetti e a coinvolgere personaggi discutibili in questo ambito.

Fabio De Masi, ex deputato della Linke al Bundestag


Un esempio di tale coinvolgimento è rappresentato da Hans-Georg Maaßen, ex capo dell'ufficio tedesco per la difesa della Costituzione, e August Hanning, ex capo del BND, entrambi coinvolti con il gruppo aziendale svizzero Pluteos AG e la sua controllata System 360 Deutschland, come riportato da Hans-Martin Tillack su Stern. Pluteos si autodefinisce come una "agenzia di intelligence privata", mentre System 360 offre "consulenza aziendale nel campo delle azioni legate al crimine economico". Si è sollevata l'ipotesi che Pluteos AG fosse collegata al fondatore della catena di scommesse sportive Tipico, il cui franchising è stato oggetto di indagini per riciclaggio di denaro legato alla criminalità organizzata. Hanning è stato anche membro del consiglio di sorveglianza di una banca lettone insieme all'ex capo della NATO Anders Fogh Rasmussen, inizialmente di proprietà di un magnate russo. Un informatore avrebbe segnalato reti criminali all'interno di questa banca alle autorità di polizia lettone, portando all'intervento della Banca Centrale Europea (BCE) e dell'ente di vigilanza bancaria lettone, con conseguente divieto delle operazioni bancarie. A Hanning è stata minacciata la confisca di proprietà immobiliari, quote societarie e parte della sua pensione. Hanning ha quindi trasferito quote aziendali alla famiglia e ceduto parte dei beni immobili alla moglie, secondo quanto riportato dal giornale Welt.

Wirecard sotto pressione

La società britannica di pagamento Neteller si è trovata in difficoltà, rischiando pesanti condanne a causa delle leggi sempre più stringenti sulla gestione dei pagamenti per il gioco d'azzardo online negli Stati Uniti. Questa pressione ha portato l'azienda a ritirarsi dal mercato americano. Inoltre, l'aumento dei contenuti per adulti gratuiti online ha ulteriormente inciso sul modello di business di Wirecard, dato che gli Stati Uniti rappresentavano un mercato chiave per l'azienda. Nonostante ciò, il consiglio di amministrazione sembrava esitante a intraprendere azioni negli Stati Uniti, forse temendo possibili conseguenze legali.

Da quel momento in poi, Wirecard ha cercato di ridefinirsi come un'azienda che, partendo da una posizione marginale nella new economy, si è affermata come un vero e proprio miracolo tecnologico, attraverso una trasformazione radicale. I ricavi e i profitti hanno mostrato una crescita costante anno dopo anno, quasi in maniera impeccabile. Tuttavia, nel 2015, gli Stati Uniti hanno sollevato una richiesta di assistenza giudiziaria riguardante la controllata di Wirecard, Click2Pay, che gestiva pagamenti per il poker online negli Stati Uniti. La Procura di Monaco ha condotto perquisizioni in relazione a questa indagine, e Jan Marsalek è stato coinvolto come indagato.

Quando in seguito è arrivato Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, Jan Marsalek ha cercato il supporto di un ex funzionario della CIA con collegamenti con Trump. Questi sforzi hanno portato a una sospensione delle indagini su Wirecard in seguito a intensi negoziati con le autorità statunitensi. Wirecard in seguito ha ottenuto il contratto per il settore delle carte prepagate di CitiGo negli Stati Uniti, consentendo ricariche di denaro per somme importanti. Le carte prepagate erano considerate strumenti chiave per la criminalità organizzata, in quanto davano la possibilità di occultare flussi di denaro illeciti. La comunicazione con l'ex funzionario della CIA suggerisce un possibile accordo con le autorità statunitensi: Wirecard avrebbe potuto operare senza restrizioni, mentre le autorità avrebbero avuto accesso a informazioni sui flussi finanziari di criminali e terroristi.

Poco dopo due ex governatori della CDU, Ole von Beust e Peter Harry Carstensen, hanno sostenuto attivamente Wirecard e la liberalizzazione del gioco d'azzardo online in Germania. Questo impegno è culminato con la liberalizzazione stessa, che avrebbe dovuto consentire a Wirecard di diventare il principale operatore nei servizi di pagamento nel settore. Questi sforzi hanno coinvolto incontri con il primo ministro dell'Assia, Volker Bouffier, e il commissario europeo Guenther Oettinger, quest'ultimo noto anche per la sua relazione con un presunto membro chiave della mafia italiana. La collaborazione tra CDU e Verdi ha contribuito alla spinta verso la liberalizzazione del gioco d'azzardo online.

Marsalek e la Procura

La Procura di Monaco e il coinvolgimento di Jan Marsalek meritano un'attenzione particolare. La Procura ha adottato un divieto di vendita allo scoperto per le azioni di Wirecard AG, nell'intento di prevenire potenziali manipolazioni di mercato da parte di speculatori anglosassoni. Questa decisione rappresentava un precedente, dato che era la prima volta che un divieto di vendita allo scoperto veniva applicato per una singola azienda nella storia della Repubblica Federale. Il divieto si basava su una narrativa insolita, secondo la quale l'agenzia di stampa Bloomberg avrebbe cercato di ottenere sei milioni di euro da Wirecard minacciando di pubblicare notizie negative attraverso il Financial Times. Il testimone chiave di questa storia era un trafficante di droga britannico. Questa versione dei fatti è stata presentata da Jan Marsalek, già coinvolto nelle indagini giudiziarie statunitensi. Contestualmente, l'autorità di vigilanza ha presentato una denuncia penale presso la Procura di Monaco contro il giornalista del Financial Times Dan McCrum, che aveva rivelato in anticipo le irregolarità di Wirecard a Singapore. A McCrum è stato attribuito il ruolo di complice con i venditori allo scoperto. Le indagini sono state concluse solo nel 2020, quando il presidente uscente dell'autorità di vigilanza, Felix Hufeld, aveva difeso queste accuse durante un summit economico della Süddeutsche Zeitung, suscitando uno scandalo.

All'inizio del 2020, venne effettuata una perquisizione nell'appartamento di Jan Marsalek. Tuttavia, a causa di una presunta carenza di forze di polizia, non furono in grado di sequestrare tutte le prove cruciali. Il 16 giugno 2020, l'autorità di vigilanza ha informato la Procura che i presunti estratti conto bancari che attestavano l'esistenza di 1,9 miliardi di euro di fondi in conti fiduciari nelle Filippine erano falsi. Questo è accaduto dopo che gli ispettori speciali di KPMG avevano sollevato dubbi sull'esistenza di tali fondi, i quali rappresentavano un terzo del totale del bilancio della società quotata in DAX.

Questo aspetto era sotto la diretta responsabilità del Chief Operating Officer e del responsabile per l'Asia Jan Marsalek. La Procura tuttavia ha lasciato che Jan Marsalek lasciasse il paese senza ostacoli, supportato da un ex agente austriaco del BVT e da un membro del partito FPÖ. La Procura ha persino aspettato prima di emettere un mandato di arresto internazionale, almeno fino a quando Marsalek non si è recato a Monaco per un appuntamento con il suo avvocato, il quale aveva dichiarato che Marsalek intendeva "seguire" i soldi nelle Filippine.

Alla mia domanda sul perché la Procura non abbia convocato Marsalek immediatamente dopo l'informazione da parte della BaFin sull'inesistenza dei fondi fiduciari (dopo aver già effettuato una perquisizione), la procuratrice ha risposto davanti alla commissione d'inchiesta del Bundestag tedesco che ciò non avrebbe avuto senso, poiché la consegna della posta a Monaco era così lenta e Marsalek sarebbe comunque già fuggito.

È importante notare che la procuratrice non poteva conoscere in anticipo l'intenzione di Marsalek di fuggire tre giorni dopo, quindi la sua spiegazione non ha senso. Questo perché non giustifica l'omissione di convocare o arrestare Marsalek sulla base di questa spiegazione. In effetti, pochi giorni dopo, è stato emesso un mandato di ricerca attraverso l'Interpol. Ma in maniera alquanto sorprendente, la registrazione audio dell'insolita testimonianza del procuratore davanti al Bundestag tedesco sembra non funzionare a causa di un errore tecnico. Tuttavia, l'inattività della Procura rappresenta solo una delle tante "coincidenze" o "strane coincidenze" che hanno permesso di archiviare le indagini sui complici della fuga di Marsalek nell'ambito dei servizi austriaci. E questo è avvenuto perché al momento della partenza di Marsalek dall'Austria non era ancora stato emesso alcun mandato di arresto.

Nel frattempo, Henry O'Sullivan, braccio destro di Marsalek, viene arrestato a Singapore. Fino a oggi, la Procura di Monaco, stando alle autorità di Singapore, non ha avanzato alcuna richiesta di assistenza giudiziaria per interrogare O'Sullivan. Anche contro gli altri indagati, come l'ex partner d'affari di Marsalek nel fondo di investimento privato IMS Capital, l'ex manager di Tui Aleksandr Vucak o l'ex direttore finanziario Burkhard Ley - che ha effettuato donazioni per la campagna di Christian Lindner e che è stata una figura chiave - fino ad oggi non è stata presentata alcuna accusa, almeno secondo le mie conoscenze. (...)

Lo scandalo Wirecard e la figura di Jan Marsalek possono sembrare un caso criminale complesso. Tuttavia, alla base c'è un concetto molto semplice: l'affermazione secondo la quale le agenzie di sicurezza tedesche non sapevano chi fosse Marsalek deve essere considerata falsa. E se le agenzie di sicurezza hanno mentito davanti alla commissione d'inchiesta del Bundestag, deve esserci una ragione di fondamentale importanza per farlo. Una cosa è certa: sembra che non ci sia alcun interesse a riportare Jan Marsalek in Germania e a farlo testimoniare, in quanto in possesso di molti segreti oscuri.


Leggi i precedenti articoli sullo scandalo Wirecard-->>


martedì 8 agosto 2023

Fabio De Masi - Cosi' la Ampelkoalition e i Verdi peggiorano la crisi economica della Germania

L'OPPORTUNISMO POLITICO DEI VERDI E L'AUSTERITA' DEL MINISTRO DELLE FINANZE LINDNER NON FANNO ALTRO CHE PEGGIORARE UNA SITUAZIONE GIÀ DIFFICILE A CAUSA DELLA RECESSIONE IN CORSO. L'OTTIMO FABIO DE MASI SULLA BERLINER ZEITUNG CI SPIEGA PERCHÈ LE AMBIGUITÀ DEI VERDI IN MATERIA DI POLITICA DI BILANCIO E' UNA DELLE PRINCIPALI CAUSE DELLA CRISI ECONOMICA DELLA GERMANIA. DALLA BERLINER ZEITUNG

Selfie durante le consultazioni per la formazione del governo

La recente politica economica dei Verdi tedeschi, all'interno della cosiddetta Ampelkoalition, sembra contraddittoria e potenzialmente dannosa per l'economia tedesca. Mentre il mondo si sta riprendendo dall'incertezza economica causata dalla pandemia, le decisioni prese dai Verdi da quando sono al potere stanno suscitando dubbi e preoccupazioni sul futuro economico della Germania.

La più recente previsione del Fondo Monetario Internazionale (FMI) indica una crescente ripresa dell'economia globale. Negli Stati Uniti, l'"Inflation Reduction Act" sta stimolando notevoli investimenti nelle tecnologie del futuro. Una svolta storica nella politica economica. In Cina, secondo lo storico economico Adam Tooze, si sta costruendo più capacità solare di quanto la Germania abbia fatto in un quarto di secolo. Anche l'economia russa sta crescendo. Il Cancelliere Olaf Scholz aveva recentemente promesso un nuovo "German Tempo" e tassi di crescita paragonabili all'era del miracolo economico grazie alla trasformazione verde. Tuttavia, la realtà è diversa: recentemente la Germania è finita in recessione e secondo il FMI il nostro Prodotto Interno Lordo (PIL) quest'anno dovrebbe contrarsi.

Questa situazione tuttavia è aggravata dalla coalizione Ampel, che sembra voler tagliare ulteriormente la spesa pubblica in piena crisi economica. Questo approccio è non solo irrazionale ma suscita anche preoccupazioni a livello internazionale. La Germania è ancora la quarta economia del mondo in termini di Pil. Tuttavia, l'Ampel sta facendo di tutto per cambiare questa situazione.

Un esempio eloquente è la proposta di tagliare i finanziamenti per la digitalizzazione amministrativa da 377 milioni a 3 milioni di euro. Una riduzione drastica dal 100% a meno dell'1%. Questo equivale a un vero e proprio massacro alla velocità tedesca nei confronti dell'infrastruttura digitale. Ma questo fa anche sorgere una domanda: presto ci chiederanno di tirare fuori i nostri fax dal seminterrato?

Andamento della spesa pubblica secondo il documento di programmazione


Ridurre la spesa pubblica equivale a ridurre le entrate del settore privato, sia attraverso minori commesse nel campo delle costruzioni che attraverso salari più bassi, influenzando le aspettative economiche e la volontà di investire. Rimane un mistero in che modo una riduzione degli investimenti e della domanda interna possa rilanciare l'economia di una grande nazione. La quota del commercio estero della Germania (la percentuale di esportazioni e importazioni rispetto al PIL) è già pericolosamente alta per un'economia delle dimensioni della Germania, con un gran numero di consumatori.

Ovviamente, negli anni passati si è voluto puntare su una politica di dumping dei prezzi (bassi investimenti, maggiore disoccupazione, bassi costi salariali rispetto alla produttività) per espandere l'eccedenza commerciale e "scroccare" domanda estera. Questo presuppone che gli altri paesi siano disposti ad indebitarsi e a comprare da noi piu' di quanto noi compriamo da loro. Tuttavia, in tempi di crisi globali e rivoluzioni tecnologiche, dalla fornitura di energia all'intelligenza artificiale, sembra irragionevole voler creare ancora più dipendenza dall'economia mondiale. Soprattutto dato che la strategia del governo tedesco nei confronti della Cina suggerisce che la Germania potrebbe perdere quote significative in un mercato cruciale in oriente a causa della crescente tensione tra USA e Cina.

Il Ministro delle Finanze è un economista spericolato. 

Il Ministro delle Finanze Lindner sostiene che la recessione sia il risultato di anni di perdita di competitività tedesca, che ora invece starebbe emergendo improvvisamente. Se esistesse un rilevatore di menzogne economiche, il Ministro delle Finanze dovrebbe finire immediatamente in prigione, come nel gioco da tavolo Monopoly. Lindner sta praticamente agendo come un macellaio nel macello, che si lamenta del troppo sangue versato.

Il surplus commerciale tedesco è sempre stato elevato negli ultimi anni e proprio per questo la Germania è stata criticata a livello internazionale. Tuttavia, il vero problema è che abbiamo investito troppo poco negli ultimi anni, vivendo sugli introiti o esaurando il capitale pubblico. Questo ci rende più vulnerabili alle crisi globali. I dati parlano chiaro: il PIL è diminuito a causa della domanda debole.

Un alto surplus con l'estero è indice di una notevole competitività a livello dei prezzi, ottenuta ad esempio attraverso un vasto settore a basso salario. Il cosiddetto "costo unitario del lavoro" (ovvero la quantità di salario nei nostri beni e servizi), infatti, in Germania è cresciuto meno rispetto a quanto accaduto ad altri paesi negli ultimi anni. Gli stipendi dovrebbero aumentare ogni anno di circa il 2% in più della produttività media, per soddisfare il tasso d'inflazione obiettivo di circa il 2% e preservare la quota dei salari sul reddito nazionale. Se gli stipendi rimangono indietro rispetto alla produttività, non c'è domanda per il surplus dei beni prodotti. Questo è stato regolarmente il caso nelle ultime decadi, specialmente prima della crisi dell'euro.

Sebbene questa tendenza si sia in parte corretta piu' di recente, i vantaggi competitivi cumulati non sono stati eliminati. Nonostante il basso livello di disoccupazione prima della pandemia e dell'eurocrisi, gli stipendi non hanno registrato una crescita adeguata, a causa anche delle riforme del mercato del lavoro attuate dai precedenti governi. Un quarto dei lavoratori tedeschi guadagna meno di 14 euro lordi l'ora, approssimativamente il valore di riferimento tedesco per la direttiva europea sul salario minimo. L'attuale dinamica dell'inflazione non è dovuta a salari troppo alti, ma al temporaneo shock dei prezzi dell'energia, alla rottura delle catene di approvvigionamento e all'inflazione causata dai profitti, come riconosciuto anche dalla Banca Centrale Europea.

La Ampel ora si trova in una posizione difficile, poiché ha rinunciato alla possibilità straordinaria di non rispettare lo Schuldenbremse, che avrebbe consentito investimenti finanziati a debito. Nel settore della difesa, è stato creato un fondo speciale per aggirare il freno al debito, ma non è stato fatto nulla di simile per gli investimenti cruciali per rilanciare la nostra economia. Ma questo era già prevedibile prima delle elezioni federali, quando il governo federale aveva stabilito che i miliardi stanziati per la pandemia dovessero essere restituiti entro 20 anni. A titolo di paragone, l'Austria ha emesso obbligazioni statali a 100 anni, sfruttando i bassi tassi di interesse.

Fabio De Masi


Le Bugie di Habeck

Il Ministro dell'Economia Habeck, che è stato individuato come figura simbolo della crisi economica tedesca, ora sta cercando di dissociarsi dal Ministro delle Finanze Lindner, fingendo che i Verdi siano vittime di un ricatto da parte del loro partner di coalizione più piccolo, la FDP. Ma questa è una falsità.

I Verdi, infatti, il 16 marzo 2022, nel Consiglio dei ministri federale, hanno approvato senza grossi ostacoli i parametri del bilancio per il 2023 e la pianificazione finanziaria fino al 2026. Già in quell'occasione era evidente che porre fine alla situazione straordinaria dello Schuldenbremse sarebbe stato completamente irrazionale. Mentre per il buco nero della corruzione negli appalti delle forze armate è stato creato un fondo speciale da 100 miliardi di euro al di fuori dello Schuldenbremse, il quasi totale divieto di indebitamento sta nuovamente limitando drasticamente la flessibilità per gli investimenti a lungo termine. Lo sviluppo dell'industria tedesca non sarebbe mai partito senza i prestiti bancari. Fin dall'inizio, la Ampel ha gestito la politica finanziaria tedesca ad un livello paragonabile ad una setta degli Amish!

I "realisti" verdi stanno collaborando con Olaf Scholz per diffondere la leggenda secondo cui Lindner avrebbe insistito per diventare Ministro delle Finanze durante i negoziati di coalizione. Tuttavia, personalmente ritengo che sia un mito creato da Robert Habeck e Annalena Baerbock per distrarre dall'effettivo obiettivo dei Verdi, vale a dire ottenere il Ministero degli Esteri, eliminando l'ala del partito orientata alla politica sociale e non supportando adeguatamente la Ministra per la Famiglia Lisa Paus durante i negoziati per la definizione del bilancio. Non è forse Annalena Baerbock quella che ha giustificato l'approvazione della vendita di armi alla dittatura saudita al congresso dei Verdi, sostenendo che altrimenti non ci sarebbe stato abbastanza denaro per il "reddito minimo per i bambini" di "Lisa"? E anche se Lindner avesse voluto affermarsi in modo aggressivo e diventare Ministro delle Finanze, dopo il fallimento dei negoziati per la coalizione Giamaica, la sua posizione era comunque precaria. I Verdi si sono fatti sfuggire il ministero chiave.

Non solo i Verdi sono sempre stati in prima fila quando si è trattato di chiedere sanzioni più severe, nonostante i dubbi legittimi sull'efficacia delle sanzioni per contenere la guerra in Ucraina. Inoltre, il bilancio non viene approvato solo dai Verdi, ma dai 3 partiti della coalizione di governo, giusto? Se Habeck vede cinque anni difficili per l'economia tedesca a causa della politica dei tagli al bilancio, e teme la deindustrializzazione, come ha dichiarato di recente, allora non dovrebbe minacciare di votare contro il bilancio e, se necessario, di abbandonare la coalizione per responsabilità verso il Paese? Quando la Ampel ha deciso di non fare più affidamento sul regime provvisorio dello Schuldenbremse, cosa che sarebbe stata giustificata alla luce della guerra in Ucraina e della recessione, non c'è stata una protesta significativa da parte dei Verdi.

In realtà, Habeck si è inizialmente opposto a un limite sul prezzo del gas e ha cercato di agevolare i consumatori con una sovrattassa sul prezzo del gas, invece di opporsi con fermezza a questa politica finanziaria folle. Il Ministro dell'Economia e dell'Energia non ha davvero toccato i profitti straordinari dei beneficiari della crisi, come RWE ad esempio. E prima delle elezioni, Habeck aveva scritto un articolo sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung contro una tassa patrimoniale per i multimilionari e i miliardari, solo per poi riscoprire la questione dopo le elezioni, quando il Ministro delle Finanze Lindner è entrato in carica, evitando così che l'1% più ricco della popolazione dovesse fare sacrifici. Un approccio simile era già stato adottato per l'imposta di successione e i privilegi eccessivi per chi ereditava un'impresa, che la Corte Costituzionale Federale ha ripetutamente criticato. Chiunque erediti una casa in affitto deve pagare l'imposta di successione. Tuttavia, chi eredita più di 300 appartamenti e li trasforma in una società immobiliare, è agevolato da un decreto del Ministro delle Finanze Scholz. I Verdi nel Consiglio Federale, guidati dal Ministro-Presidente del Baden-Württemberg Winfried Kretschmann, hanno approvato senza alcun motivo questo accordo sleale sulle eredità aziendali. E questo ha causato tensioni tra i ministri verdi e Robert Habeck, allora ministro dello Schleswig-Holstein, il quale ha sostenuto Kretschmann nonostante avesse dei "dubbi".

La strategia dell'opportunismo verde si sta ritorcendo contro di loro. Nel frattempo, i deputati verdi cercano di convincere il pubblico della necessità di fare sacrifici. Non sorprende quindi che i Verdi non stiano riscuotendo simpatie. Habeck ha sostenuto prima delle elezioni che la giustizia fiscale non fosse un argomento valido, affermando che la questione principale era riformare lo Schuldenbremse. La critica corretta allo Schuldenbremse è stata scoperta da Habeck solo quando le richieste di una tassa sul patrimonio sono diventate più forti, date le restrizioni imposte da questa regola di bilancio assurdamente rigida.

Non dimentichiamo che è stato un gruppo di influenti politici in materia finanziaria dei Verdi vicini a Habeck, tra cui la sua sottosegretaria di stato ad Amburgo Anja Hajduk, che hanno contribuito a far sembrare che la politica finanziaria tedesca fosse paragonabile alla cassa di un club di appassionati di colombi viaggiatori o alla "casalinga sveva" alquanto parsimoniosa. Nel 2007, la Hamburger Abendblatt citava la sottosegretaria di stato di Habeck nel seguente modo:

"La situazione dovrebbe funzionare come in una casa privata. Lì si guarda innanzitutto a quanto denaro c'è, prima di decidere come spenderlo. (…) E chiede l'introduzione di un "freno al debito che colleghi le spese alle entrate" Sette anni dopo, la Frankfurter Allgemeine Zeitung titolava: "I Verdi vogliono risparmiare più di Schäuble". Un gruppo di politici finanziari verdi del filone di Habeck ha richiesto in un documento della Fondazione Heinrich-Böll, vicina al partito, non solo il rispetto dello Schuldenbremse, ma addirittura la generazione di un surplus di bilancio permanente. Volevano abbandonare i concetti di Jürgen Trittin, ex candidato alla Cancelleria dei Verdi, come la tassa patrimoniale. In quel periodo, i presunti "realisti" verdi cercarono infatti di attribuire il fallimento del partito alle elezioni federali del 2013 ai piani fiscali di Trittin, nonostante la campagna elettorale fosse stata oscurata da una discussione sull'approvazione dell'abuso sui minori.

Se i Verdi saranno ritenuti responsabili della miseria dell'economia tedesca nella prossima campagna mediatica da parte del gruppo Axel Springer & Co., ciò avrà a che fare anche con la "strategica ambivalenza" costante che Habeck ha reso la sua cifra distintiva. Questa può a volte nascondere delle contraddizioni interne, ma si rivela una strategia fallimentare quando un paese deve prendere decisioni cruciali e affrontare conflitti distributivi.

I Verdi dovrebbero riflettere sul fatto che ora è proprio il sindaco di Berlino  della CDU, Kai Wegner, a sostenere la sospensione dello Schuldenbresme, dando in questo modo una spinta sia all'Ampel tedesca che al proprio leader di partito, Friedrich Merz. I Verdi non fanno che sottolineare il loro disagio per le decisioni del proprio governo. Forse la prossima coalizione progressista dovrebbe invece essere chiamata "coalizione del disagio"? Quasi quasi vorrei regalare una borsa d'acqua calda ai Verdi, Robert e Annalena, mentre si trovano a disagio sui banchi del governo. Sarebbe in linea con le pompe di calore e con la legge sul riscaldamento e ci risparmierebbe questa insopportabile autocommiserazione.


lunedì 13 agosto 2018

Fabio De Masi: "dobbiamo aiutarli a casa loro!"

Fabio De Masi è una personalità di spicco della Linke tedesca nonché uno dei promotori, insieme a Oskar Lafontaine e Sahra Wagenknecht, del nuovo raggruppamento politico "Austehen!" il cui obiettivo è contrastare l'ascesa di AfD cercando di recuperare terreno sui temi sociali cari agli ex-elettori di sinistra passati ad AfD. In una recentissima intervista a Deutschlandfunk non ha paura di dire quello che anche nella sinistra tedesca sono in molti a pensare: "aiutiamoli a casa loro!". Da deutschlandfunk.de


DLF: Sahra Wagenknecht ha scritto che dopo le elezioni politiche si è ampliata la crisi di fiducia fra i politici e il loro elettorato e addirittura le elezioni sarebbero diventate una farsa e i diritti democratici inconsistenti. Herr De Masi, la Linke prende parte al tentativo di screditare la democrazia e lo stato di diritto? Non è puro populismo?

Fabio de Masi: no, piuttosto è vero che una larga maggioranza della popolazione vuole affitti abbordabili, cure ad un prezzo accessibile, è contro la povertà in vecchiaia, a favore di una tassazione equa, contro le missioni estere della Bundeswehr ma che questa maggioranza di persone non ha una maggioranza in Parlamento. E questo la sinistra da sola non puo' cambiarlo.

DLF: se gli elettori scelgono diversamente e non danno il loro voto alla Linke, non è forse questa la democrazia?

De Masi: il problema  è che molte persone si stanno allontanando dalla democrazia perché non si aspettano piu' nulla dai partiti. Cioè non vanno piu' nemmeno a votare oppure vengono raggiunte dai demagoghi di AfD. E noi lo possiamo capire dal fatto che ad esempio subito dopo l'arrivo di Martin Schulz, nei sondaggi della SPD c'è stato un rapido picco ma poi tutti questi elettori sono di nuovo scomparsi. Anche loro non sono andati a sinistra. E cioè, sono state evidentemente risvegliate aspettative che poi subito dopo sono andate deluse quando si sono accorti che davanti a loro non c'era alcun cambiamento.

DLF: lei mette in discussione il risultato delle elezioni democratiche quindi...

De Masi: no, non metto in discussione il risultato delle elezioni democratiche, piuttosto, lo abbiamo sperimentato in America con il movimento intorno a Bernie Sanders, lo abbiamo vissuto con gli sviluppi del Labour party in Gran Bretagna e Jeremy Corbin: se fai un'offerta convincente, ci sono ancora migliaia di persone pronte ad entusiasmarsi per la politica. Nel complesso stiamo dando un grande contributo alla democrazia. Quello che Frau Baerbock (Verdi) afferma non è importante, e non è nemmeno decisivo quello che dice Herr Stegner (SPD) su Aufstehen! Cio' che importa è cosa ne pensano i tassisti, gli infermieri o i lavoratori interinali che incontriamo ogni giorno e che ci parlano di questo movimento. In 3 giorni abbiamo avuto piu' ingressi in questo nuovo movimento di quanti sono tutti gli iscritti ad AfD. Questo è un buon segnale per la democrazia.

DLF: ora lei sostiene che non è importante quello che Annalena Baerbock dice. Tuttavia mi piacerebbe citarla. Ha detto che la Linke dovrebbe prima chiarire se intende rinunciare ai suoi toni nazionalisti. La Linke lo vuole?

De Masi: non so cosa intenda esattamente Frau Baerbock con cio'. Io vedo invece che abbiamo una politica europea, ad esempio, che con il taglio dei salari e delle pensioni in tutta Europa ha distrutto la coesione sociale e che la politica economica tedesca nei confronti dei greci ad esempio è stata un disastro. Questo è ciò che io chiamo una forma di nazionalismo. Anche i leader dei Verdi per inciso hanno preso parte a queste decisioni sulle politiche europee. Quando però diciamo che non vogliamo pensioni da fame in Germania, o che vogliamo ad esempio che ci sia un determinato numero di infermieri negli ospedali, come accade negli altri paesi europei, questo non è nazionalismo, ma si tratta solo di difendere lo stato sociale e la democrazia. E con questa terminologia da combattimento non riesco proprio a fare nulla, e mi sembra anche un po' ridicola. Ad esempio chi conosce la storia della mia famiglia, come nipote di un combattente della resistenza italiana, saprà che non devo nessuna giustificazione a Frau Baerbock (...)

DLF: ci sono alcune dichiarazioni, ad esempio di Sahra Wagenknecht, in cui l'attentato di Ansbach viene messo in collegamento con la politica dei rifugiati della Cancelliera, dichiarazioni che hanno suscitato anche le critiche del suo stesso partito. Non si tratta di qualcosa campato in aria...

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De Masi: Frau Wagenknecht ritiene, come anche i socialdemocratici e i Verdi che attualmente si stanno unendo al nostro movimento che al centro della nostra politica dobbiamo mettere le vere cause che spingono le persone a fuggire e cioè le armi tedesche che vengono esportate in tutte le aree di tensione del mondo oppure le politiche commerciali inique. Non è certo una buona cosa quando le persone sono costrette ad abbandonare i loro rapporti sociali e la loro patria. E non è affatto giusto che alle persone che si trovano qui da noi dobbiamo garantire una buona integrazione. Bisogna anche dire che quando le persone arrivano da noi dobbiamo mettere mano al portafoglio per investire nelle scuole e negli ospedali, e questo Frau Merkel non l'ha fatto. Il risultato è che sono rimaste senza prospettive e che sono sorti dei ghetti in quanto non è stato possibile finanziare l'integrazione e fare tutti gli investimenti di cui avevamo bisogno in Germania. Tutto questo non è giusto.

DLF: e lei in questo modo non sta mettendo gli interessi dei rifugiati contro quelli della popolazione tedesca nativa?

De Masi: no al contrario, perché sia i rifugiati sia le persone che già vivono qui sono interessate ad avere buone scuole, buone università e buoni ospedali. E coloro che fanno in modo che da noi ad esempio i rifugiati vengano sfruttati per un basso salario e li usano mettendoli contro gli altri dipendenti, si stanno servendo dei rifugiati. Questo è il motivo per cui ad esempio la Confederazione delle industrie tedesche (BDI) ha chiesto che certi livelli di salario minimo non si applichino ai rifugiati. Queste sono le persone che avvelenano il clima politico, non sono i profughi o chi si preoccupa per il loro salario.


DLF: Herr de Masi, Sara Wagenknecht afferma di voler unire il campo della sinistra. Nei fatti però sta facendo il contrario, da quanto si puo' osservare o almeno interpretare, poiché come pre-condizione pretende che la SPD modifichi il suo corso politico, ad esempio rimetta in discussione l'Agenda 2010. Non si tratta proprio dell'opposto di una guida congiunta?

De Masi: la questione è: cos'è il campo della sinistra? Se fai una politica come l'Agenda 2010 che ci ha portato al lavoro interinale, ai contratti a tempo determinato senza causale, ad Hartz IV, alla distruzione della riforma delle pensioni, allora non fai piu' parte della sinistra. Altrimenti concetti come "sinistra" o "destra" sono completamente privi di senso. Ed è per questo che molte migliaia di socialdemocratici che non sono d'accordo con il corso di Olaf Scholz o Andrea Nahles ora hanno la possibilità di impegnarsi in un nuovo movimento insieme ai militanti della Linke e dei Verdi dove non si tratta di eleggere un segretario nel retro di una Kneipe, ma di un movimento in cui ci si impegna su dei temi. Perché i partiti non sono fini a se stessi. E noi vogliano convincere tutte le persone che ritengono di avere qualcosa in comune. Questo tuttavia non esclude che sull'Europa o sulla politica dei rifugiati nel dettaglio ci possano anche essere delle opinioni diverse. C'è bisogno di un elevato livello di tolleranza interna. Ma siamo d'accordo sul fatto che questi temi sociali dovranno essere rimessi al centro della politica, percio' non mi interessa se il progetto si adatta alle aspettative del signor Scholz. Fintanto che va bene all'artigiano, all'infermiera, al tassista, e questi mostrano le reazioni che abbiamo visto, io sono molto felice.

martedì 8 maggio 2018

La nuova politica migratoria della Linke: aiutiamoli a casa loro!

Breve traduzione di alcuni passaggi significativi dal recente documento della Linke con il quale alcuni esponenti di spicco del partito di sinistra, in linea con Oskar Lafontaine Sahra Wagenknecht, prendono posizione contro le "frontiere aperte" e dicono quello che sono in molti a pensare ma che fino ad ora a sinistra non si poteva dire: aiutiamoli a casa loro! Documento completo dal sito di Fabio De Masi


Legge sull'immigrazione e diritto d'asilo

Nel dibattito attuale, l'immigrazione e l'asilo spesso sono stati confusi fra di loro, a volte involontariamente, altre volte per scopi politici. Entrambi devono tuttavia restare distinti, non solo dal punto di vista giuridico-amministrativo, ma anche dal punto di vista normativo e della teoria dell'azione. La fuga da un paese e l'immigrazione non sono solo formalmente e amministrativamente diversi fra di loro, ma sono anche azioni con diverse condizioni di scelta, diversi moventi e diversi obiettivi, che  devono percio' essere considerate e classificate differentemente dal punto di vista politico ed etico.

La protezione illimitata garantita alle persone bisognose è qualcosa di molto diverso rispetto all'immigrazione illimitata, che invece include tutti coloro che desiderano guadagnare un po' di piu' oppure migliorare il proprio tenore di vita. Nel primo caso si tratta di misure di protezione o di salvataggio indirizzate a persone in una situazione di emergenza o potenzialmente pericolosa. Nell'altro caso la migrazione è un atto motivato dal punto di vista socio-economico, che non è né senza alternative, né rappresenta l'ultima possibilità, ma che piuttosto è una scelta fatta fra le varie opzioni possibili. I paesi riceventi in questo caso hanno il diritto di regolare l'immigrazione.

Sebbene la Carta dei diritti umani delle Nazioni Unite sancisca un diritto universale all'emigrazione, tuttavia non è in alcun modo previsto un corrispondente diritto universale all'immigrazione. Non esiste di fatto un diritto alla libertà di movimento globale e alla libertà di stabilirsi ovunque e non ci sarà nulla di simile nel prossimo futuro. Mettere sullo stesso piano il diritto d'asilo con quello "all'immigrazione" è totalmente infondato dal punto di vista dei fatti, delle norme e della teoria. In definitiva cio' indebolirebbe la forza politica e morale della legge sull'asilo che verrebbe reso superfluo e svalutato da una legge sull'immigrazione illimitata.

Politica sull'immigrazione e stato

Il modello delle frontiere aperte in un mondo solidale e pacifico è una visione per il futuro a cui miriamo. Allo stato attuale tuttavia le condizioni non sono soddisfatte. Abbiamo bisogno di soluzioni realistiche intermedie e transitorie che ci avvicinino a questo obiettivo. Devono essere praticabili nelle attuali condizioni ed essere accettabili da quella parte della popolazione composta da lavoratori dipendenti e dalla parte meno privilegiata della società. In un ordine mondiale dominato dal capitalismo neoliberista globalizzato e organizzato in stati territoriali puo' farlo solo lo stato sociale, inevitabilmente organizzato su base nazionale, il quale agisce come istanza pratica per una politica migratoria umanitaria e sociale. Solo su questa base sarà realisticamente possibile costruire una posizione seria. Dovremmo pertanto orientarci alle nazioni unite in cui sono rappresentati sia i paesi di emigrazione che di immigrazione, come i paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo. Li' si discute dal 2016 di un "patto globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare". L'Onu riconosce esplicitamente la sovranità nazionale nel plasmare la politica di immigrazione, a condizione che siano rigorosamente rispettate tutte le norme e gli standard umanitari, legali e sociali.

Puntata precedente sullo stesso tema

giovedì 4 maggio 2017

Potente e impenetrabile

Ottima traduzione appena ricevuta da Claudio, che pubblichiamo molto volentieri. Chi controlla la BCE? Quali sono i confini fra politica monetaria e politica economica? Il blocco della liquidità di emergenza per le banche greche nell'estate del 2015 era in linea con il mandato della banca centrale? La Frankfurter Rundschau dedica un articolo alla battaglia per avere accesso ai documenti della BCE portata avanti dall'eurodeputato della Linke Fabio De Masi. Dalla Frankfurter Rundschau



Il potere della Banca Centrale Europea è cresciuto enormemente negli ultimi anni. Ma chi sorveglia veramente i controllori della Frankfurter Tower?

Se è vero che la mancanza di trasparenza è all'origine di tanti vizi, dobbiamo forse pensare che la Banca Centrale Europea (BCE) stia procedendo su un sentiero scosceso? Le critiche nei suoi confronti sembrano destinate a crescere quantomeno nella stessa misura del potere che esercita. Le reprimende provengono da molteplici direzioni: la Corte dei Conti Europea lamenta il fatto che la BCE non fornirebbe i documenti necessari per una verifica. L'organizzazione non governativa Transparency International (TI) reclama una sorveglianza più stretta nei confronti della BCE. Le varie Sinistre invece la ritengono responsabile dell'acuirsi della crisi debitoria greca.

Era l'estate del 2015 quando un intero popolo fu tagliato fuori dall'approvvigionamento monetario. Migliaia di greci si ritrovarono in fila davanti alle banche reclamando i propri risparmi. In quell'occasione non solo furono imposti dei limiti per i prelievi agli sportelli, ma furono anche decretati alcuni “giorni festivi” speciali per le banche in modo da far fronte all'assalto dei correntisti. Ancor più grave fu la decisione del Consiglio della BCE del 28 giugno 2015: alla Banca Centrale Greca fu negata la possibilità di aumentare il proprio livello di liquidità di emergenza (ELA). In questo modo le banche greche restavano di fatto all'asciutto. Infatti nel febbraio del 2015 l'organo decisionale superiore della BCE aveva revocato il waiver, ossia la possibilità per le banche greche di vedersi garantiti i propri titoli di Stato dalla BCE stessa. A quel punto alla Banca Centrale Greca non restava altra possibilità che ricorrere a prestiti di emergenza, una forma di liquidità particolarmente gravosa, il cui volume – inoltre – non può essere ulteriormente ampliato. In precedenza il Consiglio della BCE aveva decretato che le obbligazioni bancarie greche coperte dalla garanzia statale non potessero essere più contabilizzate come depositi.

Inizialmente la BCE si era avvalsa di pareri giuridici esterni. Yannis Varoufakis, in quel momento Ministro delle Finanze greco, e Fabio De Masi, eurodeputato della Linke, ora si chiedono: c'è stato un conflitto di interessi? La decisione della BCE può essere considerata legale e in linea con gli obiettivi del suo mandato? Forse lo stesso Mario Draghi non si sentiva così sicuro e richiese pertanto dei pareri legali indipendenti? Dopo tutto la BCE non rappresenta soltanto la Banca Centrale Greca bensì fa anche parte, assieme al Fondo Monetario Internazionale e all'Unione Europea, della Troika che stipulò con la Grecia un programma di prestiti e che, in seguito all'allargamento di quest'ultimo al Meccanismo di Stabilità Europea, prese il nome di Quadriga. 

La disputa sui pareri legali va avanti già da diversi anni ma ora potrebbe surriscaldarsi ancor di più: sembrerebbe che lo staff di De Masi voglia presentare una cosiddetta “petizione per la libertà d'informazione”. In caso di rifiuto verrebbe inoltrata al Direttorio della BCE una seconda richiesta di accesso alla documentazione in loro possesso; in caso di un ulteriore giudizio negativo ci si rivolgerebbe alla Corte di Giustizia Europea.

Dopo alcune indicazioni De Masi è venuto a conoscenza dell'esistenza di questi pareri legali solamente all'inizio del 2015, in occasione di un discorso a quattr'occhi con Yves Mersch, membro del Direttorio della BCE. Questi, nell'ottobre 2014, durante un viaggio con la Commissione a cui aveva preso parte, aveva lasciato intendere che la BCE avrebbe chiuso i rubinetti alle banche greche qualora il partito di sinistra Syriza fosse andato al potere – così riferisce De Masi. È documentato che nel settembre del 2015, durante un colloquio di politica monetaria avvenuto a Bruxelles, De Masi pose la questione dei pareri legali direttamente a Draghi. Secondo quanto riportato dal verbale la risposta di Draghi fu: “Non sono sicuro se possediamo un parere legale circa la bocciatura delle obbligazioni greche”. Alcuni giorni dopo una richiesta parlamentare scritta di De Masi risalente a luglio 2015 e riguardante l'accesso a questi pareri legali fu respinta da Draghi. Nella lettera è scritto che “la BCE non ha intenzione di pubblicare i pareri legali riguardanti la separazione tra politica monetaria e politica economica” cui De Masi fa riferimento. Inoltre veniva tirato in causa il principio di riservatezza della consulenza legale.

In seguito a ciò la coalizione Sinistra Unitaria Europea – Sinistra Verde Nordica del Parlamento Europeo ha incaricato l'esperto di problemi giuridici Andreas-Fischer Lescano di esaminare le possibilità per un'azione di rivendicazione dei documenti. Nel settembre del 2016  Andreas-Fischer Lescano è giunto alla conclusione che in riferimento ai pareri giuridici relativi alle decisioni del Consiglio della BCE del 4 febbraio 2015 e del 28 giugno 2015 di non accettare più i titoli di stato greci come depositi e di bloccare la liquidità di emergenza (ELA) ad un determinato livello “sussista un interesse pubblico predominante in favore della loro pubblicazione”. Il segreto professionale, inoltre, varrebbe solo per lo studio legale e non per la BCE.

All'inizio di quest'anno Varoufakis e De Masi hanno iniziato una “campagna per la libertà d'informazione”, che annovera tra i vari sostenitori Gustav Horn, direttore dell'Istituto di macroeconomia e ricerca economica della fondazione Hans-Böckler vicina al sindacato, e la socialdemocratica Gesine Schwan. Il movimento DiEM25 (Democracy in Europe Movement 2025), di cui Varoufakis è cofondatore, ha inoltre promosso una petizione pubblica su Change.org, che è stata già sottoscritta da più di 26000 persone. Prima di Pasqua a Bruxelles, De Masi ha richiesto al vice-presidente della BCE Vitor Constancio di poter esaminare i pareri legali, vedendosi però negata tale possibilità a causa della riservatezza legale, come già avvenuto con Draghi. Constancio si trovava alla presentazione del rapporto annuale della BCE davanti alla Commissione competente del Parlamento Europeo. 

Il fatto che la BCE impedisca l'accesso ai pareri legali con lo scopo di occultare una valutazione critica sul piano giuridico della sua decisione è una possibilità ma non è l'unica spiegazione plausibile. La BCE ha affermato alla Frankfurter Rundschau che pareri legali indipendenti non rappresentano certo la regola, però in “circostanze complesse” sono stati già occasionalmente richiesti senza essere in seguito pubblicati. Per ciò che riguarda il controverso innalzamento del waiver la BCE si appellò già all'epoca alle regole del sistema Euro: se una Paese desidera giovare di un regime speciale deve necessariamente concordare un programma di aiuti economici con l'obbligo di attenersi alle conseguenti prescrizioni – questo è quanto precisò Draghi durante il colloquio di politica monetaria del 2015.   

D'altronde la BCE rivendica anche la propria indipendenza: secondo quanto previsto dai trattati europei è tenuta a rendere conto innanzitutto al Parlamento Europeo in qualità di rappresentante dei cittadini europei. Inoltre deve tenere regolarmente informato il Consiglio Europeo in cui sono presenti i governi dei vari Paesi membri. Il suo obiettivo prioritario è quello di garantire la stabilità dei prezzi. 

Critiche rivolte alla BCE di oltrepassare il proprio mandato non sono nuove. L'Outright Monetary Transactions della BCE – l'acquisto di titoli di Stato sul mercato secondario – e' già' finito in tribunale. Sulla domanda se ciò “debba ancora essere considerata politica monetaria o se invece rappresenti già politica economica” - quest'ultima è infatti prerogativa esclusiva dei Paesi membri – si è espressa l'anno scorso la Corte di Giustizia Europea (in sintonia con Karlsruhe): la BCE può ma entro certi limiti.

“La BCE si è già da tempo spinta nell'ambito politico” afferma tuttavia Leo Hoffmann-Axthelm che coordina il lavoro di Transparency International sull'Eurozona. Il suo team ha analizzato l'indipendenza e l'obbligo di rendiconto della BCE. La Banca Centrale ha sfruttato la crisi debitoria per ampliare il proprio potere. Ciò è stato possibile solo grazie al “vuoto politico” presente. Sarebbe opportuno ridurre il ruolo della BCE all'interno della Quadriga a mero livello consultivo. Inoltre sarebbe il caso di istituire una sorveglianza bancaria separata.

Da novembre 2014 è ingente il numero degli istituti di credito finiti sotto la sorveglianza della BCE e in futuro saranno sempre meno quelli controllati dalle rispettive istituzioni nazionali. Da allora i compiti di revisione riguardanti le attività di sorveglianza bancaria della BCE sono stati trasferiti dalla Corte dei Conti Tedesca alla Corte dei Conti Europea. Da ciò deriverebbe una “lacuna nelle verifiche” a cui sarebbe necessario porre rimedio, scrive la Corte dei Conti Tedesca a Gesine Lötzsch, presidente della commissione per il bilancio nel Parlamento tedesco. La Corte dei Conti Europea afferma che la BCE si rifiuterebbe di fornire una serie di documenti di cui la Corte dei Conti avrebbe bisogno per svolgere correttamente il proprio lavoro. 

“Le richieste della Corte dei Conti sono più che legittime. Se la BCE non permette di esaminare la propria scatola nera per ciò che riguarda la sua funzione di vigilanza bancaria, ciò deve essere disciplinato in modo inequivocabile. Una carente sorveglianza bancaria è già costata parecchio denaro ai contribuenti europei” ha detto Gesine Lötzsch di Linke. La questione non riguarda soltanto dove cessa l'indipendenza e dove comincia la trasparenza bensì anche chi in fin dei conti controlla i controllori – e magari anche se qualcuno compie degli intrallazzi alle spalle dei contribuenti.

Vanno infine ricordate le intercettazioni del 2008, pubblicate in prima pagina dalla BBC ad inizio aprile. Queste registrazioni inducono a pensare che le banche private non siano state le sole ad essere implicate nelle manipolazioni dei tassi di riferimento Libor protrattesi per diversi anni. “Abbiamo ricevuto forti pressioni da parte del governo britannico e della Bank of England al fine di tenere bassi i nostri tassi Libor” rivela nelle intercettazioni un manager della Barclays ad un trader.