"L'output gap e il prodotto potenziale...e mi dispiace, sono solo una stupidaggine, una specie di economia da scuola materna che non migliora anche se si fa accompagnare da un grande frastuono e se si dà un rivestimento scientifico con degli enormi calcoli matematici", scrive il grande economista tedesco Heiner Flassbeck in riferimento allo scontro in corso fra governo italiano e commissione europea. Per Flassbeck i dogmi europei dell'output-gap e del prodotto potenziale sono pura ciarlataneria al servizio di un preciso obiettivo politico. Ne scrive Heiner Flassbeck su Makroskop.
L'Italia è il nemico preferito della Germania. È mera gelosia, sono solo pregiudizi oppure è semplicemente la stupidità che impedisce un'analisi ragionata della politica italiana e dei suoi problemi di integrazione in Europa?
Non vi è alcun dubbio che i media tedeschi e la politica tedesca su nessun'altro tema si siano sbagliati collettivamente cosi' tanto come è accaduto con il caso dell'Italia. Ogni volta che si riaccende la discussione sul nostro vicino del sud si alza una marea di pregiudizi che minaccia di travolgere chiunque provi ad usare la propria testa. Sì, è esattamente come avevo già sottolineato qualche mese fà in una serie di articoli (qui la prima parte) e non è esagerato dire che nei confronti dell'Italia sembra non esservi alcuna remora, mentre contro il "nemico storico" francese nessuno osa mostrare così apertamente i propri risentimenti nazionalisti.
La situazione italiana non è molto cambiata rispetto a quella descritta la scorsa estate in dettaglio (qui). Ma la netta vittoria alle elezioni europee della Lega (dai media tedeschi regolarmente etichettata come "populista" o "nazionalista") e le rinnovate richieste di un allentamento delle regole del Patto di stabilità e crescita, in Germania hanno scatenato una nuova ondata di prese di posizione alquanto assurde o stupide (come qui e qui).
La Commissione ha completamente fallito
Sembra che, soprattutto nel caso dell'Italia, le forze appena un po' più razionali presenti all'interno della Commissione vengano completamente marginalizzate. Vi è un tentativo violento per impedire alla Lega (e ai "populisti") di assestare un colpo liberatorio (nel senso di una modifica fondamentale al Patto di stabilità e crescita) che potrebbe servire da modello anche per gli altri paesi. Poiché le cose stanno così, non si può certo escludere che "i paesi nordici interessati", come ad esempio la Germania e i Paesi Bassi, abbiano posto la Commissione sotto una forte pressione in modo da non farla retrocedere di un millimetro sull'argomento.
Nella sua relazione, la Commissione scrive infatti:
“Italy’s potential growth is estimated to have increased in 2018, to 0.5% (up from 0.2% in 2017), but to slow down again to 0.3% in 2019 before picking up to 0.5% in 2020. Overall, it remains very low. As a result, Italy’s negative output gap is estimated by the Commission to have closed in 2018, to -0.1% of potential GDP, from -0.5% in 2017, but to widen again to -0.3% in 2019 due to the starker deceleration in actual GDP growth, before closing again in 2020. Despite progress achieved in some reform areas (e.g. labour market and public administration, fight against tax evasion, banks‘ balance sheet repair), the legacy of the crisis and persistent structural weaknesses keep weighing on Italy’s growth potential. …Italy’s real GDP has hardly recovered to the pre-crisis level, while real GDP in the rest of the euro area is now 21% higher than in 2004. More in detail, Italy’s average annual growth rate was 0.1% over 2004-2018, compared with 1.5% in the euro area excluding Italy.”
Questo è veramente troppo anche per gli standard delle grandiose sciocchezze del mainstream economico. La Commissione calcola una "crescita potenziale" che varia di anno in anno e si adatta alla situazione economica. Nel 2019, tuttavia, vi sarà una battuta d'arresto puramente ciclica per tutta l'Europa, che interesserà quasi tutti i paesi e che in nessun paese potrà incidere sul tasso potenziale di crescita.
Non vi è alcun prodotto potenziale e nessun gap di output
Ma il concetto di un "gap di output" (un gap di produzione) sarebbe un'idea inutile anche se si riferisse a un periodo di tempo più lungo. Il concetto di output-gap implica infatti che esista un tasso di crescita potenziale determinato dalle condizioni strutturali di un'economia. La capacità risultante sarà utilizzata in maniera piu' o meno forte su "base ciclica". L'output-gap dovrebbe valutare se un'economia può ancora essere stimolata con delle misure economiche (ovvero la politica della domanda) senza tensioni reali (come il surriscaldamento dei prezzi), che potrebbero innescare l'inflazione.
Il concetto di conseguenza implica che un'economia non possa essere stimolata ad investire di più e quindi a crescere di piu' con delle misure economiche. Tutto cio, e mi dispiace, è solo una stupidaggine, una specie di economia da scuola materna che non migliora anche se accompagnata da un grande frastuono e se si dà un rivestimento scientifico con degli enormi calcoli matematici. Non vi è separazione tra andamento dell'economia e crescita. È vero esattamente il contrario, solo chi ha una congiuntura positiva potrà registrare un miglioramento della crescita e dello sviluppo economico. Una radicale ripresa dell'attività dell'economia nel suo complesso, che può essere raggiunta solo attraverso una buona congiuntura economica, accresce le opportunità di crescita e allo stesso tempo l'utilizzo della capacità dell'economia.
Dopotutto questa parte della critica è evidente anche nella discussione anglosassone (come riporta il Financial Times). È assolutamente ridicolo che la Commissione europea per Germania e Italia calcoli un output-gap quasi identico, sebbene la disoccupazione in Italia sia molto più alta. Questo, a sua volta, è assurdo anche sotto le condizioni ordinarie dettate dal mainstream, perché è necessario considerare che un possibile rischio di inflazione è legato al livello di disoccupazione. E ciò rende impossibile lo stesso rischio di inflazione per Germania e Italia, soprattutto se si crede nel mercato del lavoro neoclassico.
L'Italia nella trappola tedesca
L'Italia - come abbiamo più volte dimostrato - a causa della politica tedesca di dumping salariale all'interno dell'eurozona è stata spinta verso il basso e di conseguenza ha perso quote di mercato. Questi effetti negativi sullo sviluppo economico non sono stati compensati dall'andamento interno, in quanto le condizioni dettate dall'Unione monetaria europea hanno imposto alla politica del paese una massiccia pressione sui salari con l'obiettivo di non perdere altro terreno nei confronti della Germania. Ciò non ha nulla a che fare con la "struttura" nel suo senso abituale, e le cui conseguenze nel breve periodo possono essere compensate solo attraverso una politica fiscale espansiva.
Se scegliamo di argomentare sulla base dei saldi finanziari possiamo risparmiarci tutti questi discutibili esercizi con i gap di produzione e il potenziale di crescita. In Italia, come evidenziato dai suoi saldi finanziari (figura 1), non vi è alcuna possibilità di stimolare l'economia dal punto di vista del mercato. Se anche in presenza di tassi di interesse estremamente bassi, le imprese continuano a risparmiare così tanto come stanno facendo in Italia, tutti gli argomenti tradizionali contro un maggior debito pubblico, usati e presupposti dalla Commissione, diventano obsoleti. In altre parole, gli argomenti lungo le tradizionali linee del Trattato di Maastricht o del Patto di stabilità e crescita sono fin dall'inizio inutili, poiché le condizioni necessarie per la validità di tali argomentiazioni semplicemente non sono date.
L'Italia semplicemente non può ampliare il suo surplus di conto corrente, perché in una unione monetaria ciò è possibile solo con dei tagli salariali nei confronti della Germania. Ma ciò significherebbe solo che - come è già accaduto in Grecia - la domanda interna crollerebbe ulteriormente causando dei danni di gran lunga maggiori rispetto a quello che si potrebbe ottenere con i guadagni nel commercio estero. La sola possibilità di conseguenza è fare in modo che con un aumento del debito pubblico la domanda non continui a scendere a causa del risparmio delle famiglie e delle imprese. Lo Stato deve sopperire alle oscillazioni della domanda in ogni periodo, indipendentemente dal livello del proprio debito corrente. Le "misure strutturali" non cambiano questa logica, nella misura in cui non sono in grado di modificare radicalmente il comportamento delle imprese. Le misure strutturali non sono nemmeno finalizzate a ciò, motivo per cui non c'è nemmeno bisogno di parlarne.
Gli economisti hanno fallito
Sfortunatamente bisogna affermare che la maggior parte degli economisti italiani formati e cresciuti dal pensiero mainstream stanno fallendo nel tentativo di valutare e comprendere la situazione del loro paese. Un'analisi macroeconomica coerente è presente solo in alcuni piccoli circoli, per questo la politica, ogni volta che lancia una proposta nella giusta direzione, viene pesantemente criticata, anche nel proprio paese. E questo ancora una volta apre porte e portoni a coloro che non apprezzano la direzione politica complessiva del paese e che fin dall'inizio non hanno mai inteso muovere una critica all'Europa o a un paese vicino.
Dato che anche per la Francia si può fare una diagnosi simile, l'Europa è ormai paralizzata e incapace di liberarsi da questa miseria che continua a crescere. La figura 2 mostra che le aziende in Francia hanno una situazione meno problematica, ma il paese ha un deficit di conto corrente che costringe lo stato a intervenire.
Coloro che ricorrono a questo tipo di analisi non possono mai commettere l'errore di trattare un paese come se fosse un'economia perfettamente chiusa e limitare le terapie solo alle misure nazionali. Anche le aziende, che nell'analisi del mainstream tradizionale semplicemente non compaiono perché si ritiene si siano comportate nel senso tradizionale (come debitore e investitore) e quindi correttamente, non possono più essere trascurate. Chiunque - come ad esempio la Commissione o i politici responsabili dei "paesi interessati" - fa finta che tutto ciò non esista, è il vero becchino dell'Europa.
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