giovedì 1 aprile 2021

E se invece la Corte di Karlsruhe stesse preparando la vendetta?

E se invece la Corte di Karlsruhe dopo lo smacco della scorsa estate sugli acquisti di titoli di stato da parte della BCE questa volta stesse cercando una rivincita contro la Corte di Giustizia europea e contro la Commissione? Improbabile ma non impossibile, almeno secondo alcuni economisti di spicco, ne scrive la FAZ.net

Prima di maggio non sarà possibile capire se la Corte costituzionale federale accoglierà il ricorso contro l'emissione di debito da parte dell'UE per finanziare il Fondo per la ricostruzione post-Corona da 750 miliardi di euro. Tanto più che da quando la Corte venerdì scorso ha chiesto al presidente tedesco di non firmare la corrispondente legge tedesca, almeno temporaneamente, la Commissione UE continua a fare il possibile per mantenere una certa compostezza. La ratifica della risoluzione in merito alle risorse proprie necessarie per l'assunzione di debito sta procedendo come previsto, si ripete quasi come se fosse una preghiera. 16 stati hanno ratificato la risoluzione e altri sei vogliono farlo entro la fine di aprile. Quale sarà la data di ratifica non è ancora chiaro per Ungheria, Polonia, Paesi Bassi e Austria. Ma i diplomatici dell'UE sostengono che questa situazione non rappresenti una grave minaccia in termini di ritardo. La Germania potrebbe restare da sola. (...)

Nessuno tuttavia vuole affrontare la questione cruciale e cioè se la Corte Costituzionale voglia effettivamente fermare o meno il Fondo per la ricostruzione. Secondo Guntram Wolff, direttore del think tank Bruegel di Bruxelles,  potrebbe trattarsi di un pericoloso errore. "Dopo le critiche feroci alla decisione azzardata sul programma di acquisto di titoli di stato della Banca centrale europea, i giudici ora potrebbero essere in cerca di una vendetta", avverte l'economista tedesco. Lars Feld, economista ed ex presidente del Consiglio degli esperti economici del governo tedesco,  a sua volta mercoledì su Twitter ha sottolineato che alla fine tutto ruoterà intorno alla questione della garanzia data dalla Germania, almeno teorica, sui debiti degli altri stati nell'ambito del Fondo per la ricostruzione - anche se il default di un altro stato dell'UE alla fine resta alquanto irrealistico.


Leggi anche: Per la politica tedesca è arrivata l'ora della verità




Karlsruhe sta drammatizzando

Lucas Guttenberg del Centro Jacques Delors di Berlino, invece ipotizza che Karlsruhe stia solo drammatizzando e che alla fine eviterà un serio scossone alla politica dell'UE. E un "NO" di Karlsruhe lo sarebbe sotto due aspetti. In primo luogo, il denaro del fondo non sarebbe piu' erogato nei tempi previsti. È vero che l'UE potrebbe spostare il fondo su di una nuova base giuridica, in quel caso probabilmente intergovernativa, come ha già ipotizzato di fare nella disputa con l'Ungheria e la Polonia sul meccanismo dello stato di diritto. Ma questo richiederebbe molto tempo e gli stati membri dovrebbero poi nuovamente ratificare la decisione. In secondo luogo, la capacità complessiva dell'UE nel suo insieme di agire politicamente verrebbe ancora una volta fondamentalmente messa in discussione.

Inoltre, come nel caso della sentenza della BCE, la Corte costituzionale federale fornirebbe a paesi come Polonia e Ungheria un argomento contro il riconoscimento delle decisioni della Corte di giustizia europea (CGCE) - proprio perché Karlsruhe rimetterebbe ancora una volta in discussione il fatto che solo la CGCE è responsabile dell'interpretazione del diritto comunitario. L'intervento dei giudici di Karlsruhe non è problematico, a condizione che entro la fine di giugno si riesca a liberare la strada. La Commissione poi potrà emettere obbligazioni come previsto nella seconda metà dell'anno. Da qui al 2026, infatti, la Commissione vuole raccogliere tra i 150 e i 200 miliardi di euro all'anno con questo scopo. Diventerebbe così il più grande emittente di obbligazioni sul mercato dell'eurozona. Quest'anno, tuttavia, il volume delle obbligazioni emessse inizialmente sarebbe molto più basso. Nel 2021 andrà agli stati solo il 13% del denaro del Fondo per la ricostruzione. Il grosso del denaro rimanente è riservato ai tre anni successivi.



Perchè il ricorso costituzionale contro il Recovery fund in Germania non fa paura

Se questa settimana l'indice Dax di Francoforte ha segnato l'ennesimo record storico è evidente che in Germania il mondo degli affari e della finanza non sta prendendo troppo sul serio il ricorso costituzionale del fondatore di AfD Bernd Lucke contro il Recovery fund. Per Handelsblatt, il quotidiano dell'economia e della finanza, Bernd Lucke sarebbe addirittura un piantagrane in cerca di vendetta e visibilità che in Germania rappresenterebbe al massimo se stesso e il suo piccolo gruppo del "Bündnis Bürgerwille". Ne scrive Handelsblatt.de

Sul tema non è stato deciso ancora nulla. Ma il modo in cui la Corte costituzionale federale venerdì ha messo un freno temporaneo al Fondo per la ricostruzione dell'UE lascia una certa sensazione di disagio. "La motivazione vera sarà presentata in seguito", scrivono i giudici, come se le argomentazioni in una questione così delicata fossero facoltative. 

La Corte costituzionale con la sua ordinanza priva di commenti ha reagito all'adozione della cosiddetta risoluzione sulle risorse proprie da parte del Bundestag e del Bundesrat. Per la prima volta nella sua storia, la risoluzione permetterà all'UE di prendere molto denaro in prestito..

Questi mezzi finanziari a loro volta, serviranno per alimentare il fondo di ricostruzione da 750 miliardi di euro, il quale dovrà curare le cicatrici economiche lasciate dalla pandemia e fornire un importante finanziamento di partenza per la modernizzazione digitale ed ecologica dell'Europa.

Accordandosi sul fondo per la ricostruzione, i capi di stato e di governo dell'UE l'anno scorso hanno voluto inviare un segnale importante: l'Europa, nell'affrontare la peggiore crisi del dopoguerra, è unita. Da allora, il ministro delle finanze tedesco Olaf Scholz parla di "momento Hamilton": come nell'America di 230 anni fa, infatti, l'Europa si sta trasformando in uno stato federale. 

Questa retorica ora però potrebbe tornare a vendicarsi. La base giuridica per un salvataggio una tantum in tempi di emergenza è molto più solida delle basi europee e costituzionali di un'unione fiscale. Per quanto quest'ultima sia auspicabile, non è saggio confondere il dibattito con il Fondo per la ricostruzione. 


Karlsruhe non vuole farsi dettare la linea da Bruxelles

Ma il tempo stringe. Solo se tutti gli stati membri entro maggio avranno ratificato le decisioni sull'allocazione delle risorse proprie, allora l'UE entro luglio potrà iniziare a pagare gli aiuti.

Questo calendario però ora è in pericolo. I giudici di Karlsruhe hanno temporaneamente vietato al presidente federale Frank-Walter Steinmeier di firmare la legge costituzionale. La Corte costituzionale, che tiene molto alla sua indipendenza, non è incline a lasciarsi dettare le decisioni da Bruxelles.

Il gruppo dei querelanti riunito intorno al fondatore di AfD Bernd Lucke si sentirà confermato e vendicato, ma stanno giocando un gioco pericoloso. Se l'Europa economicamente non vuole restare ancora più indietro rispetto a Stati Uniti e Cina ha bisogno di un impegno in termini di solidarietà molto più ampio dei 750 miliardi di euro concordati. 

Insieme al suo "Bündnis Bürgerwille" Lucke vuole presentarsi come il campione di una maggioranza silenziosa ancora presente in Germania. Per fortuna la volontà dei cittadini che Lucke crede di incarnare è un fenomeno minoritario. 

La Corte costituzionale dovrebbe esaminare la decisione sulle risorse proprie con la massima attenzione, ma in fretta. Non deve lasciarsi strumentalizzare da un piantagrane.



lunedì 29 marzo 2021

Perché il progetto di un caccia franco-tedesco è ad un passo dal fallimento

Doveva essere il progetto di punta del nuovo militarismo franco-tedesco, invece il progetto FCAS per lo sviluppo di un caccia europeo di ultima generazione sembra essere già fallito prima di partire. La notizia è molto importante anche per l'Italia visto che il progetto "Tempest" al quale partecipano italiani, britannici e svedesi sembra essere già sulla buona strada e in una fase di sviluppo molto piu' avanzata.  Ne scrive il sempre ben informato German Foreign Policy



Fino a 300 miliardi di euro

Il FCAS (Future Combat Air System) attualmente è il progetto di riarmo di punta a livello UE. Il nucleo del progetto è un Next Generation Fighter (NGF), un ulteriore sviluppo dell'attuale quinta generazione ma ancora più moderno, una generazione di aerei che comprende tra gli altri anche lo statunitense F-35, il russo Sukhoi Su-57 e il cinese Chengdu J-20. I più moderni jet europei da combattimento, come lo Eurofighter o il Rafale francese, fanno invece parte della quarta generazione. La quinta generazione è caratterizzata in particolare dal fatto che i jet in questa categoria hanno caratteristiche stealth, mentre la sesta viene ulteriormente definita come parte di un complesso sistema di combattimento, collegato in rete tra l'altro con droni e sciami di droni. Berlino e Parigi già nel luglio 2017 avevano concordato a livello governativo lo sviluppo e la produzione congiunta del nuovo jet da combattimento (NGF) e dell'intero sistema di combattimento aereo (FCAS); l'anno scorso nel progetto era stata ufficialmente inserita anche la Spagna. Il progetto viene finanziato principalmente da Dassault (Francia) e Airbus (Germania, Spagna). Il costo dello FCAS, che sarà operativo dal 2040, viene stimato tra gli 80 e i 300 miliardi di euro.



La nuova costellazione a tre 

Anche se tra i gruppi partecipanti al progetto FCAS ci sono sempre state delle rivalità e delle lotte intestine per l'influenza, alla fine dello scorso anno queste si sono intensificate [1], specialmente a partire dal febbraio 2021. Un fattore rilevante è stato il coinvolgimento della Spagna nel progetto, fortemente voluto da Berlino, ma contro la volontà di Parigi. Per il governo tedesco, infatti, la nuova costellazione a tre è tatticamente vantaggiosa: dato che i principali partecipanti tedeschi e spagnoli al progetto FCAS - rispettivamente Airbus Defence and Space di Taufkirchen vicino Monaco e la filiale di Airbus in Spagna - appartengono allo stesso gruppo, questi avrebbero un vantaggio sul principale partecipante francese Dassault. E questo aspetto sembra avere avuto un grande peso sul governo francese. Parigi tradizionalmente attribuisce grande importanza alla capacità di agire in modo indipendente dell'industria della difesa; il Rafale, ad esempio, proviene esclusivamente dalla produzione francese, mentre l'Eurofighter è prodotto in una cooperazione multinazionale. Di conseguenza Dassault contribuisce con la maggior componente di know-how al nuovo jet da combattimento (NGF) - e ora dovrà controllare il modo in cui la concorrenza tedesco-spagnola cercherà di sottrarre la conoscenza accumulata assicurandosi parti lucrative della produzione. Alla Dassault, infatti, hanno "l'impressione ... di avere più da perdere che da guadagnare" dal progetto FCAS, ha spiegato recentemente l'esperto militare francese Jean-Charles Larsonneur: "Non stiamo forse sprecando le nostre conoscenze tecnologiche?"[2]

"Discussioni difficili"

In febbraio, nonostante le energiche pressioni politiche seguite al Consiglio di difesa franco-tedesco del 5 di febbraio, non era stato possibile trovare una soluzione alle lotte intestine: "Ci sono state discussioni difficili", sono state le parole pronunciate dell'entourage vicino al presidente francese Emmanuel Macron alla fine del mese scorso. [3] In seguito, a inizio marzo, è sembrato che le tensioni iniziali si allentassero: "FCAS non è più in pericolo di vita", aveva detto il capo di Dassault Eric Trappier. [4] Nel frattempo, però, i dubbi sono tornati a farsi sentire. Oltre alle differenze industriali, Parigi continua a chiedere che il nuovo jet da combattimento sia in grado di trasportare armi nucleari e che possa decollare da una portaerei; Berlino, che non ha né armi nucleari né una portaerei, invece, non vi attribuisce alcuna importanza. Al contrario, dalla capitale tedesca recentemente hanno fatto sapere che il FCAS potrebbe diventare troppo costoso: dato che "i costi operativi delle forze armate stanno passando dal 2 al 3 per cento annuo" e visto che l'aumento della Bundeswehr a 203.000 soldati costa "due miliardi di euro in più all'anno", potrebbe essere necessario stabilire "nuove priorità nel settore degli armamenti", ha spiegato l'ex commissario del Bundestag per le forze armate (dal 2015 al 2020) Hans-Peter Bartels. Egli chiede infatti: "La Germania ha bisogno di un piano B" [5].

"Piano B"

E il "piano B" è stato messo in campo all'inizio di questo mese anche dal capo di Dassault Trappier. Trappier afferma che è ancora favorevole al "piano A" - lo sviluppo e la produzione del nuovo caccia e dell'intero FCAS insieme ad Airbus Defence and Space e Airbus Spagna. A causa delle divergenze per ora rimaste irrisolte, tuttavia, non si può evitare di pensare a possibili alternative. Trappier spiega: "Per quanto riguarda la tecnologia, Dassault è in grado di costruire un aereo da sola." [6] I gruppi francesi Safran e Thales sono senza dubbio in grado di costruire motori per aerei da combattimento e garantirne l'elettronica; MBDA, con sede a Le Plessis-Robinson, un sobborgo di Parigi, può produrre i missili. L'industria francese dispone quindi del know-how necessario. Anche gli esperti lo confermano: la Francia  "quasi certamente" è in grado di produrre almeno il jet da combattimento di sesta generazione, secondo una recente valutazione del Royal United Services Institute (RUSI) di Londra. [7] Il top management di Airbus Defence and Space, a sua volta ammette apertamente di non avere un "piano B": se il "Piano A" dovesse fallire, in quel caso gli F-35 degli Stati Uniti conquisteranno completamente il mercato europeo della difesa, ha detto recentemente il manager di Airbus Antoine Bouvier. [8]

Modello concorrente "Tempest"

Le controversie sul FCAS e l'opzione dei francesi di andare avanti da soli con il progetto, se necessario, sono ancora piu' spiacevoli per Berlino dato che il progetto europeo rivale, il sistema di combattimento aereo britannico "Tempest", non solo sta facendo progressi, ma ora ha anche coinvolto atri paesi dell'UE. Il progetto "Tempest" è stato lanciato ufficialmente nel luglio 2018, un anno dopo che FCAS aveva ricevuto il via libera; l'obiettivo è quello di costruire un jet da combattimento di sesta generazione con un sistema di scorta di droni e sciami di droni. Due stati dell'UE non coinvolti nel FCAS stanno ora partecipando al progetto - l'Italia con la sua azienda del settore difesa Leonardo e la Svezia con Saab. Gli esperti confermano che "Tempest" sta facendo notevoli passi in avanti. Il governo britannico ha deciso di ridurre significativamente l'acquisto originariamente previsto di 138 F-35 statunitensi e di investire i fondi liberati nel progetto "Tempest"; recentemente Londra ha messo a disposizione due miliardi di sterline per i prossimi quattro anni. [9] Secondo i piani, il sistema di combattimento aereo britannico dovrebbe essere operativo dal 2035 - quattro anni prima del FCAS, se mai si riuscirà a realizzarlo.


[1] S. dazu Der digital-militärische Komplex.

[2], [3] Thomas Hanke: Steht Europas Mega-Rüstungsprojekt vor dem Aus? handelsblatt.com 01.03.2021.

[4] Thomas Hanke: Rüstungskonzerne Airbus und Dassault bemühen sich um Rettung von Mega-Projekt. handelsblatt.com 08.03.2021.

[5] Hans-Peter Bartels, Thomas Raabe: Berlin braucht einen Plan B. tagesspiegel.de 05.03.2021.

[6] Christina Mackenzie: Dassault boss Trappier floats 'Plan B' considerations for the troubled FCAS warplane. defensenews.com 05.03.2021.

[7] Justin Bronk: FCAS: Is the Franco-German-Spanish Combat Air Programme Really in Trouble? rusi.org 01.03.2021.

[8] Sebastian Sprenger: Airbus tells French lawmakers there's no 'Plan B' for FCAS. defensenews.com 18.03.2021.

[9] Aaron Mehta: New British plan looks to boost F-35 numbers, but is it still aiming for 138? defensenews.com 23.03.2021.


mercoledì 24 marzo 2021

Un altro ricorso alla Corte Costituzionale tedesca, questa volta contro il Recovery fund...

In Germania agli avvocati specializzati in diritto costituzionale non manca mai il lavoro: il professore di Amburgo Bernd Lucke, fondatore di AfD, sta preparando infatti un altro ricorso costituzionale contro la legge per l'approvazione del fondo europeo per la ricostruzione post-corona. Ne scrive la FAZ.net


l fondo europeo per la ricostruzione post-Corona (NGEU) nato per cercare di compensare i danni causati dal Coronavirus sarà oggetto di un nuovo caso di ricorso alla Corte costituzionale federale - ancora prima che la corrispondente legge entri in vigore. Se ne sta occupando il "Bündnis Bürgerwille" intorno al quale ruota il professore di economia di Amburgo Bernd Lucke.

Con una mossa insolita, il gruppo lunedì ha inviato a Karlsruhe un annuncio per la presentazione di un reclamo costituzionale e una richiesta di ingiunzione temporanea per impedire al presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier di firmare la legge. Temono infatti che diversamente i regolamenti potrebbero entrare in vigore già questa settimana. Ciò significherebbe che la Germania sarebbe vincolata dal trattato ancora prima che la Corte costituzionale federale lo abbia esaminato.

L'annuncio è stato quindi combinato con una richiesta fatta al presidente del secondo senato responsabile, Doris König, di informare Steinmeier in merito al reclamo costituzionale e alla richiesta. Chiederà al Presidente federale, "secondo la prassi istituzionale consolidata", di non approvare la legge fino a quando i giudici di Karlsruhe non si saranno pronunciati sull'ingiunzione provvisoria o sul procedimento nella causa principale, secondo l'annuncio fatto dal professore di diritto di Marburg Hans-Detlef Horn, a disposizione della F.A.Z.

Lucke ha sottolineato che l'iniziativa non riguarda un attacco ai fondi anti-Corona per gli stati dell'UE in quanto tali, ma riguarda le modalità di finanziamento. Secondo i piani attuali, infatti, l'UE intende raccogliere fino a 750 miliardi di euro di debito sul mercato dei capitali per poter aiutare gli stati UE in difficoltà sotto forma di sovvenzioni e prestiti.

Si tratta di un pacchetto di salvataggio di "proporzioni storiche", come viene sempre sottolineato. Si basa su di una decisione del Consiglio europeo che deve essere ratificata da tutti gli Stati membri dell'UE. In Germania, ciò viene fatto attraverso la "Eigenmittelbschluss-Ratifizierungsgesetz" (ERatG), discussa al Bundestag questa settimana.



domenica 21 marzo 2021

Il mistero di Breitscheidplatz resta irrisolto

Ci sono nuovi elementi nelle indagini sull'attentato di Breitscheidplatz a Berlino che lasciano ipotizzare la non presenza del tunisino Anis Amri quella sera alla guida del camion. In particolare il sospetto attentarore in piu' occasioni avrebbe smentito a conoscenti ed amici ogni coinvolgimento nell'attentato terroristico, mentre nella versione "ufficiale"  dei fatti si parlava addirittura di una sua plateale rivendicazione. Era abbastanza difficile del resto credere alla versione ufficiale del terrorista solitario che in un normale giorno lavorativo, in una normale periferia industriale di Berlino da solo fa fuori un corpulento autista polacco e poi con il suo camion gira per la città indisturbato fino a sera. Una ricostruzione molto interessante da Telepolis


Il tunisino Anis Amri, ufficialmente considerato l'autore dell'attentato di Breitscheidplatz a Berlino, dopo l'attacco terroristico avrebbe ripetutamente negato a conoscenti e amici di avere a che fare con l'attentato. Una prima indicazione di ciò si trova nei documenti sull'interrogatorio dell'Ufficio federale di polizia criminale (BKA), di cui Telepolis aveva riferito nel dicembre 2020.

Ora c'è un secondo esempio, secondo il quale Amri in una conversazione personale avuta con una persona vicino alla moschea Fussilet, subito dopo l'attentato, avrebbe sostenuto di non essere coinvolto nell'attacco e di essere stato accusato ingiustamente.

La questione nel 2020 era ancora oggetto di indagine. L'ufficio del procuratore federale aveva classificato il dossier su questo argomento come segreto tenendolo nascosto sia alle vittime che ai loro avvocati, i quali avrebbero effettivamente il diritto di ispezionarli, oltre che ai membri eletti del parlamento. Una delle ragioni è che nella vicenda sarebbe coinvolto un informatore dello Stato.


Il dubbio che Amri non fosse l'uomo alla guida del camion lanciatosi sul mercato di Natale il 19 dicembre 2016 che ha ucciso in totale di dodici persone è presente ormai da tempo ed è supportato da una serie di piste oggettive. Alcuni di questi elementi sono emersi anche nella commissione d'inchiesta del Bundestag: impronte digitali mancanti e frammenti di DNA di Amri inconsistenti all'interno del camion che ha commesso il crimine. Sono state invece trovate tracce di una "persona sconosciuta 2" non ancora identificata.

Il fatto che lo stesso presunto assassino neghi il suo coinvolgimento è rilevante perché, stando all'interpretazione ufficiale, si sostiene addirittura che abbia confessato il crimine. Ad esempio, si ipotizza che abbia mostrato in maniera plateale il saluto islamista a una telecamera di sorveglianza della stazione della metropolitana dello Zoo pochi minuti dopo l'attacco.

Lasciando deliberatamente il suo portafoglio con un permesso di soggiorno, così come i suoi due telefoni cellulari all'interno del camion, avrebbe dato un segno della sua confessione in merito al crimine.




La prima smentita di Amri

La prima smentita di Amri sulla sua presunta perpetrazione del criminie si trova nei protocolli dell'interrogatorio della BKA del 2017, secondo i quali un certo Mohamed A., fratello di Khaled A., con il quale Amri aveva condiviso una stanza fino al giorno dell'attentato, aveva ricevuto un messaggio di Anis Amri sul suo cellulare, insieme ad una fototessera e ad un testo con la seguente dicitura:

"Ragazzi, non posso mostrarmi in pubblico, non ho niente a che fare con quanto accaduto. Non farei mai una cosa del genere nella mia vita. Tutte bugie!!! Per favore, condividete TUTTI questo post e non credete a questi media. Aiuto!!! Dio vi benedica tutti miei fratelli e sorelle".

Non dice quando o dove il messaggio sia stato inviato. Gli investigatori della BKA vi si sono imbattuti perché un altro testimone aveva rivelato loro la sua comunicazione via Whatsapp con Mohamed A. Il 31 dicembre 2016 gli era stato trasmesso il messaggio di Amri.

La BKA deve essere stata consapevole della natura esplosiva dei fatti, perché li ha riassunti in una nota supplementare. Non è infatti chiaro come gli investigatori abbiano potuto gestire la pista. Mohamed A., la prima fonte conosciuta, non è nemmeno piu' stato interrogato sull'argomento. Il fratello di quest'ultimo, Khaled A., dopo l'attacco ha dichiarato immediatamente di essersi liberato dei suoi due cellulari. Sostiene di averne venduto uno e di aver buttato via l'altro. Se abbia effettivamente ricevuto il messaggio non è stato quindi accertato.

Lo stesso vale per Bilel Ben Ammar. Egli sostiene, infatti, di aver cancellato tutti i messaggi Whatsapp di Amri dopo l'attacco, aveva riferito agli interrogatori nel gennaio 2017 - ammettendo quindi involontariamente la possibile conoscenza del colpevole. A quel punto, il piano per deportare Ben Ammar in Tunisia era già in atto da tempo, anche se il soggetto veniva considerato come un sospettato. E questo poi è stato portato a termine il 1° febbraio 2017.

La seconda smentita

Ora emergono diverse pagine di un file che documentano una seconda smentita da parte del presunto colpevole, le quali sarebbero state aggiunte alle indagini della Procura federale e dell'Ufficio federale di polizia criminale nel maggio 2020.

Secondo quanto riferito nel novembre 2019, infatti, un "informatore" avrebbe comunicato quanto segue: Amri aveva detto a Semsettin E., conosciuto alla moschea di Fussilet, in una "conversazione personale" subito dopo l'attentato, che non era coinvolto nell'attacco e che era stato accusato ingiustamente. Lui, Amri, diversi mesi prima aveva già consegnato la carta d'identità trovata nel camion usato per il crimine alla polizia di Berlino.

A fine aprile 2020, Semsettin E. era stato chiamato a comparire come testimone davanti alla polizia. Perché ciò sia accaduto così tardi non è chiaro. La persona convocata tuttavia faceva comunicare al suo avvocato che intendeva esercitare la sua facoltà di non rispondere. Non si è presentato per l'interrogatorio. Fatto già di per sé insolito.

Ancora più insolito, tuttavia, è il fatto che la Procura Federale, come autorità principale, abbia accettato tutto ciò. Il procuratore senior responsabile aveva riferito alla BKA di essersi astenuto dall'applicare "misure coercitive per effettuare l'esame dei testimoni".

A differenza delle persone accusate, i testimoni non hanno il diritto corrispondente e completo di rifiutarsi di fornire informazioni. In linea di principio, devono presentarsi all'interrogatorio e spiegare e giustificare il loro rifiuto per ogni domanda.


È forse per proteggere quell'informatore del novembre 2019? Quali informazioni aveva esattamente? Non c'è una risposta a questa domanda, perché l'intero file, come hanno appreso gli avvocati delle vittime e i membri della commissione d'inchiesta del Bundestag è bloccato. Il procuratore generale lo ha classificato come segreto. Se non viene rilasciato nemmeno al Bundestag, nel file ci deve essere una verità nascosta e importante.

Il turco-tedesco Semsettin E. apparteneva al nucleo radicale della moschea Fussilet di Berlino-Moabit, ufficialmente chiusa dopo l'attacco.

Date le dimensioni ridotte della struttura, si può presumere che Amri ed E. si conoscessero. La dichiarazione in merito ad una "conversazione personale" tra i due, tuttavia, ha causato un certo mal di testa alla BKA. Se i due si fossero incontrati, questo significherebbe che Amri dopo l'attacco non avrebbe immediatamente lasciato la città, ma che sarebbe stato ancora in contatto con diverse persone.

Si sostiene inoltre che Amri nella conversazione abbia fatto riferimento anche ai documenti d'identità che fino al giorno successivo poi non sono stati trovati nel camion, quando forse si trovava già in fuga, una telefonata suggerirebbe anche questo.

Questo a sua volta significherebbe che il fuggitivo possedeva un telefono cellulare, cosa che la BKA nega ufficialmente. I suoi due telefoni cellulari conosciuti sono stati trovati e sequestrati sul camion del crimine. E quando Amri è stato ucciso, in ogni caso non avrebbe dovuto avere con sé un telefono cellulare, almeno secondo i documenti ufficiali.

Non è stato coinvolto nell'attacco? Bisogna essere cauti. Amri almeno ad una certa ora si trovava sul camion, dato che le sue impronte digitali sono state trovate all'esterno. E con sé portava la pistola con cui è stato assassinato l'autista polacco quando lui stesso è stato ucciso in Italia.

Da questo punto di vista, senza dubbio può essere considerato un partecipante al crimine. Ma può anche essere considerato il principale attentatore che il 19 dicembre 2016 ha guidato l'autoarticolato di 40 tonnellate contro la folla al mercatino di Natale di Breitscheidplatz dove sono morte dodici persone e decine di persone sono rimaste ferite?

Ci sono dubbi in merito ai quali si aggiungerebbero le due smentite di Amri. Nessuna impronta digitale o DNA completo di Amri è stato trovato in parti inamovibili della cabina del camion. Sono state invece trovate tracce di altre persone che non sono ancora state identificate.

Per esempio, il materiale relativo al DNA di una "persona sconosciuta", chiamata UP 2, in non meno di quattro posti: tra gli altri, sul poggiatesta del sedile del conducente, sulla maniglia di regolazione del sedile e sulla leva di apertura interna della porta del conducente. La persona poteva essere seduta al posto di guida.

I dubbi sul fatto che Anis Amri fosse al volante del camion che ha commesso il crimine sono formulati anche da tre esperti che l'anno scorso sono stati incaricati dal comitato investigativo di esaminare le prove delle tracce e le indagini della BKA: un criminologo, un esperto forense di DNA e uno specialista in dattiloscopia ("Fine delle certezze ufficiali nel caso Amri").

Il 25 marzo, le loro perizie saranno presentate al pubblico in una sessione speciale della commissione U del Bundestag.

sabato 20 marzo 2021

Perchè la Gran Bretagna globale preoccupa sempre di più Bruxelles e Berlino

La guerriglia europea sul vaccino britannico di AstraZeneca si inserisce nel quadro del processo di allontanamento politico ed economico di Londra dall'UE nel post Brexit, a preoccupare Bruxelles e Berlino c'è anche il crollo dell'export tedesco verso l'isola e il riorientamento geopolitico dei britannici, sempre piu' proiettati verso la regione indo-pacifica. Ne scrive il sempre ben informato German Foreign Policy


Campagna contro AstraZeneca

Nel Regno Unito la campagna avviata dall'UE contro il vaccino di AstraZeneca (con sede a Cambridge) ha suscitato un profondo risentimento. L'UE e diversi paesi membri, non ultima la Germania, hanno attaccato duramente l'azienda britannica per i ritardi nella consegna, ponendo inizialmente una restrizione di età sull'uso del vaccino e denigrando regolarmente la sua efficacia, ritenuta piu' bassa rispetto al vaccino BioNTech/Pfizer (Germania/USA); recentemente inoltre si è aggiunto un divieto di vaccinazione a causa di alcune ambiguità su diversi casi di coagulo di sangue avvenuti in seguito alla vaccinazione. Le lamentele dell'UE nel Regno Unito sono fonte di rabbia perché altri vaccini (BioNTech/Pfizer, Moderna o Johnson & Johnson) sono stati ripetutamente consegnati in ritardo generando effetti collaterali - tra cui coaguli di sangue - a volte con una conseguente morte, senza causare attacchi comparabili; la restrizione sull'età massima per il vaccino AstraZeneca nel frattempo è stata revocata in maniera alquanto sottotono. La campagna dell'UE, tuttavia, ha seriamente danneggiato la reputazione del vaccino britannico, che - raccomandato anche dall'OMS - viene prodotto su licenza dal Serum Institute of India (SII) per molti paesi più poveri.

Convocato al Ministero degli Esteri

Le tensioni sono state esacerbate, in secondo luogo, dal fatto che l'UE - nel tentativo di distogliere l'attenzione dal suo fallimento nel procurarsi i vaccini - sta ora ricorrendo al divieto di esportazione, con AstraZeneca e il Regno Unito di nuovo al centro della vicenda. Il primo caso del 4 marzo ha già causato proteste internazionali: l'Italia, in accordo con la Commissione UE, ha vietato l'esportazione in Australia di 250.000 dosi di vaccino AstraZeneca riempite ad Anagni, a sud-est di Roma, - con la motivazione che l'UE avrebbe avuto bisogno del vaccino stesso [1]. Dato che la campagna dell'UE contro AstraZeneca ha ridotto significativamente l'accettazione pubblica del vaccino, quasi otto milioni di dosi giacciono attualmente inutilizzate nei magazzini di tutta l'UE. [2] Commentando la recente minaccia del presidente della Commissione Ursula von der Leyen di vietare le esportazioni di vaccini verso il Regno Unito, il ministro degli Esteri Dominic Raab ha detto che "questo genere di politica azzardata" effettivamente la si era già vista all'opera in "paesi con regimi meno democratici". Raab aveva precedentemente convocato al Ministero degli Esteri l'ambasciatore dell'UE nel Regno Unito per l'affermazione falsa, ripetuta tuttavia con insistenza, secondo la quale Londra avrebbe imposto un divieto di esportazione sui vaccini. [4]


Disputa sull'Irlanda del Nord

Se gli attacchi dell'UE ad AstraZeneca e alla campagna di vaccinazione britannica avevano causato una certa indignazione anche negli ambienti "Remain" rimasti fedeli all'UE, contribuendo quindi ad indebolire la poesizione dell'UE nel Regno Unito, la disputa sulla fornitura di merci britanniche all'Irlanda del Nord ha causato ulteriori tensioni. Secondo l'accordo sulla Brexit, infatti, alcune regole del mercato unico europeo continuerebbero ad essere applicate in Irlanda del Nord; poiché però dopo l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione questo non accade più, le merci che da lì entrano in Irlanda del Nord devono essere controllate per verificare la conformità con queste regole. Questo pone significativi problemi pratici, in particolare per la consegna dei generi alimentari così, dato che i colloqui con Bruxelles finora non hanno prodotto alcuna soluzione, Londra ha esteso il periodo di transizione che scadeva alla fine di marzo, fino alla fine di settembre, per evitare gli scaffali vuoti nei supermercati. L'UE ritiene che si tratti di una violazione del trattato sulla Brexit - e ha avviato una procedura di infrazione presso la Corte di giustizia europea; Maroš Šefčovič, vicepresidente della Commissione UE, lamenta che Londra "starebbe minando la fiducia fra di noi" [5] Le procedure di infrazione, tuttavia, non sono rare nell'UE; a metà 2020, ad esempio, solo contro la Repubblica federale ce n'erano 81 in corso. [6]

Asia-Pacifico regione di crescita

Parallelamente all'aumento delle tensioni politiche, anche i legami economici del Regno Unito con l'UE si stanno indebolendo. E questa è chiaramente una tendenza di lungo periodo. Ad esempio, la quota dell'UE a 27 nell'export britannico di beni e servizi era già in calo dal 2002, quando aveva raggiunto il massimo storico del 54,9%: nell'anno pre-crisi del 2019, era ferma al 42,6%. Anche la quota dell'UE a 27 sulle importazioni dal Regno Unito nel lungo periodo è in calo; dal raggiungimento del valore massimo del 58,4% nel 2002, è diminuita costantemente, passando al 51,8% del 2019. Per il Regno Unito contemporaneamente sta diventando sempre più importante il commercio con i paesi non UE - una tendenza che ha favorito il voto di una parte dell'élite britannica in favore della Brexit ed è ora probabile che diventi ancora più pronunciata: negli ultimi mesi, infatti, Londra ha concluso accordi di libero scambio con il Giappone e con diversi stati del sud-est asiatico e sta cercando di concludere un altro accordo di libero scambio con l'India, mentre in futuro vuole concentrarsi ancora di più sulla regione Asia-Pacifico, che già ora è la regione con la quota maggiore (35%) della produzione economica globale ed è anche quella a più rapida crescita economica.

Mercato di sbocco in crisi

Il fatto che l'importanza dell'UE per l'economia britannica nel lungo termine stia diminuendo, colpisce in particolar modo l'industria tedesca, di gran lunga il più grande fornitore del Regno Unito nel continente europeo. Mentre il Regno Unito nell'anno pre-Brexit del 2015 era ancora il terzo cliente dell'export tedesco dopo Stati Uniti e Francia (con un volume di 89,2 miliardi di euro), nel 2019 le esportazioni tedesche verso le isole britanniche ammontavano già a poco meno di 79 miliardi di euro, l'anno prima della crisi da Coronavirus - vale a dire dieci miliardi in meno, anche se le esportazioni tedesche nel complesso nello stesso periodo erano aumentate significativamente. Questo calo è dovuto solo in parte al deprezzamento della sterlina rispetto all'euro. Per questo a gennaio 2021, il primo mese in cui è stato applicabile l'accordo di libero scambio post-Brexit tra l'UE e il Regno Unito, l'Ufficio federale di statistica ha riportato un drammatico calo del 29 % per le esportazioni tedesche verso il Regno Unito e un ulteriore calo del 56,2 % delle importazioni rispetto al gennaio 2020. [7] Mentre parte di questo calo è dovuto alla crisi causata dal coronavirus e ai problemi di passaggio dopo la scadenza degli accordi transitori sulla Brexit, una recente ricerca della London School of Economics (LSE) ha concluso che entro il 2030 il commercio dell'UE con il Regno Unito potrebbe ridursi di un terzo. [8]

"Svolta verso l'Indo-Pacifico"

Il riorientamento economico della Gran Bretagna è accompagnato da un cambio di paradigma politico, delineato in dettaglio in un documento strategico presentato martedì scorso dal primo ministro Boris Johnson. Il documento ("Global Britain in a competitive age"), elaborato nel corso dello scorso anno, prevede infatti uno spostamento della politica estera britannica verso la regione "Indo-Pacifica", che Londra individua come il nuovo centro della politica mondiale. Il documento afferma che sarà importante cooperare sempre più strettamente con gli stati filo-occidentali - non da ultimo in vista delle lotte di potere dell'Occidente contro la Cina. Gli esperti stanno già discutendo di come la svolta britannica verso l'Asia influenzerà la cooperazione in materia di politica estera e militare con l'UE, alla quale Berlino in linea di principio attribuisce grande importanza - non ultimo per poter utilizzare il potenziale delle forze armate britanniche nelle future missioni militari dell'UE [10]. Se per realizzare questo obiettivo ci possano essere abbastanza interessi convergenti, da molti ora viene messo in dubbio.


[1] S. dazu Europa zuerst.
[2] Jakob Blume, Thomas Hanke, Hans-Peter Siebenhaar, Christian Wermke: Stopp für Astra-Zeneca: In der EU wird Impfstoff zur Mangelware. handelsblatt.com 17.03.2021.
[3] Kate Devlin, Tom Batchelor, Jon Stone: Raab compares EU to dictatorship as row over access to vaccines escalates. independent.co.uk 18.03.2021.
[4] Jessica Elgot: Raab summons EU official as anger grows over UK vaccine export claims. theguardian.com 09.03.2021.
[5] Verfahren gegen London. Frankfurter Allgemeine Zeitung 16.03.2021.
[6] S. dazu Deutsche Sonderwege.
[7] Exporte im Januar 2021: +1,4% zum Dezember 2020. destatis.de 09.03.2021.
[8] Chris Morris: Why has UK trade with Germany fallen so dramatically? bbc.co.uk 10.03.2021.
[9] Global Britain in a competitive age. London, March 2021
[10] S. dazu Das europäische Militärdreieck und Die Zukunft der Kriegführung.

venerdì 19 marzo 2021

Voci dalla Germania in 50 post!



Se vuoi approfondire il dibattito tedesco sull'eurocrisi,

Se vuoi conoscere le nuove ambizioni geopolitiche di Berlino,

Se vuoi andare oltre i soliti stereotipi e le solite banalità sulla Germania ricca ed efficiente rilanciate a reti unificate dai nostri media mainstream,



è di nuovo disponibile una raccolta di 50 imperdibili post direttamente dal blog che dal 2012 racconta in italiano il dibattito tedesco sull'eurocrisi e approfondisce alcuni aspetti poco conosciuti del grande miracolo economico tedesco...





I 50 Post pubblicati dal 2012 sul blog Voci dalla Germania sono raggruppati in 6 sezioni tematiche:

1) Ricchezza e povertà in Germania

2) La profonda insostenibilità politica dell'unione di trasferimento

3) Hartz IV: inferno o paradiso?

4) E' l'inizio della fine dell'euro?

5) Moderazione salariale in Germania

6) 2018-19 - I mesi dello scontro con l'UE e la Germania




Tutte le traduzioni sono state rilette e controllate, presentano un commento di introduzione oltre ad un link all'articolo originale.


Chi fosse interessato al testo può trovarlo a questo link


Ringraziamo in anticipo chi vorrà contribuire al progetto Voci dalla Germania!