domenica 5 agosto 2012

Optimal currency area! Was??


Era il sogno dei padri fondatori: un mercato del lavoro europeo in grado di assorbire le inevitabili crisi regionali dovute alla moneta unica. Purtroppo alla prova dei fatti le cose sono andate diversamente, e un mercato  europeo resta un miraggio. Una riflessione su FAZ.net
L'Unione Europea non ha incoraggiato l'emigrazione all'interno dell'Europa. Con l'introduzione della moneta unica i flussi sono addirittura rallentati. Anche durante la crisi gli europei restano poco mobili.

Alla fine ci sarà un'ondata! L'agenzia per il lavoro di Schwäbisch-Hall nel febbraio di quest'anno ha ricevuto 15.000 candidature dal Portogallo in crisi. I media si erano precipatati a Schwäbisch-Hall, scrivendo che la tanto attesa emigrazione di massa dai paesi in crisi del sud-Europa era imminente. In città in realtà di portoghesi ne sono arrivati pochi.

La marea di candidature è stata causata da una descrizione esuberante delle possibilità di lavoro e guadagno a Schwäbisch-Hall fatta da una rivista economica portoghese: la disoccupazione è al 3%, ci sono 2.500 posti vacanti, si offrono alti salari e alloggi a prezzi accessibili.

Nessun'onda, solo un rivolo

Su Facebook il testo ha ricevuto una rapida diffusione fra i portoghesi. Anche la candidatura era facile, e il testo forniva un link all'agenzia per il lavoro di Schwäbisch-Hall.

Dopo 6 mesi la disillusione: i contratti di lavoro siglati fra portoghesi e datori di lavoro tedeschi sono stati in totale 26 - nonostante l'onda, alla fine è rimasto un ruscello. Qualcosa in Europa ancora non funziona correttamente, l'emigrazione intraeuropea è ferma.

Questo non è un dettaglio: la libertà di movimento della forza lavoro all'interno dell'Europa era una delle grandi idee dei padri fondatori dell'Unione Europea. Avrebbe dovuto avvicinare i popoli del continente, offrire migliori prospettive agli abitanti delle zone disagiate e ridurre nel lungo periodo le differenze di reddito.

Per gli architetti della zona Euro la mobilità del "fattore lavoro" era di importanza economica vitale - come buffer anti crisi. L'intera Eurozona dovrebbe fondarsi su questa mobilità, e Brussel ha cercato di incrementarla con numerose iniziative, ci dice l'economista ed esperto di migrazione Klaus Zimmermann. Perchè la migrazione è il prerequisito per una "area valutaria ottimale", come gli economisti dicono.

Ma gli economisti vedevano nell'introduzione dell'Euro un grande pericolo: da allora infatti i singoli paesi non possono piu' svalutare e in questo modo tornare alla crescita. Le crisi regionali sono la conseguenza inevitabile. Per le vittime della crisi, resta la speranza, così si pensava, di emigrare in un paese forte. Questa era l'idea.

I padri dell'Euro erano anche consapevoli che l'Eurozona aveva sin dall'inizio una grossa ipoteca: gli europei non emigrano volentieri in altri paesi. Già dal 1973 in Germania non vengono reclutati piu' Gastarbeiter.


I lavoratori migranti tornano in patria

Se confrontati con gli americani, gli europei restano sedentari, sebbene non vi siano barriere giuridiche al trasferimento fra un paese UE e un altro (eccezioni sono le norme transitorie per i nuovi paesi UE).

Così la grande idea si è bloccata. Solo il 2% degli abitanti UE sono stranieri provenienti da altri paesi UE, ci dice Alfonso Sousa-Poza, economista all'Università di Hohenheim - nonostante la libertà di movimento e l'emigrazione degli anni '50 e '60.

E' successo qualcosa che in molti non avevano considerato: con l'introduzione dell'Euro la migrazione da un paese all'altro è addirittura diminuita, invece di crescere. Sono stati molti di piu' i Gastarbeiter che sono tornati nel loro paese. Così molti spagnoli, dopo l'ingresso del loro paese nell'UE sono tornati indietro, secondo un rapporto di DB Research.

La crisi ha cambiato di poco la disponibilità alla mobilità nell'UE.

Il motivo è chiaro: grazie all'Euro i classici paesi di emigrazione, Grecia, Italia, Irlanda, Portogallo e Spagna hanno vissuto una congiuntura positiva, che oggi sappiamo era stata costruita sulla sabbia. Il risultato è bizzarro: in una delle regioni con maggiori possibilità di movimento, la mobilità dei lavoratori fra gli stati si è quasi fermata. E questo è accaduto in una fase, in cui un gran numero di persone, come mai accaduto prima, è stato in movimento.

E ora? La stessa crisi non ha cambiato la scarsa disponibilità alla mobilità, come documentato da un confronto internazionale. Nel 2010, nei travagliati Stati Uniti d'America il 2.4 %, ovvero 7.5 milioni di abitanti hanno lasciato il loro stato federale di residenza per cercare la felicità e il successo in un altro stato federale. 

Da un punto di vista statistico il livello resta molto basso

Nell'Unione Europea nello stesso periodo di tempo 1.5 milioni di persone ovvero lo 0.3 % della popolazione complessiva si sono messi in movimento, per poter vivere o lavorare in uno dei 26 stati della UE. Sicuramente negli ultimi tempi è cresciuto il numero di spagnoli, italiani, portoghesi e greci che hanno lasciato il loro paese, ma da un punto di vista statistico il livello resta molto basso.

Il caso spagnolo illustra molto bene quello che invece è accaduto. Nel 2007 dopo molti anni è scoppiata la bolla immobiliare. Da allora la disoccupazione è cresciuta rapidamente, oggi un quarto degli spagnoli è disoccupato, fra i giovani addirittura uno su due. Non senza conseguenze.

Così nel 2010 circa 400.000 persone hanno deciso di lasciare il paese. Nel 2011 sono state addirittura 500.000. Tuttavia in entrambi gli anni in Spagna sono arrivati un numero simile di immigrati. Per la prima volta nel 2011, anche se di poco, la Spagna è tornata ad essere un paese di emigrazione invece che di immigrazione.

Sono arrivati, hanno costruito e poi sono andati a casa

Un'altra cosa è degna di nota. Fra gli emigranti in uscita solo il 12-13% è spagnolo. Questo mette in evidenza un modo particolare di far fronte ai momenti di crisi e di boom nel paese. Negli anni della crescita fino al 2007 la Spagna ha attratto così tanti migranti come nessun'altro paese in Europa. Sono arrivati in massa dal Sud America, dal Marocco e dalla Romania - detto in maniera semplice - per tirare su quegli immobili che ora vuoti ai margini delle città fantasma stanno cadendo a pezzi.

E poiché non c'è piu' lavoro nelle costruzioni, tornano di nuovo a casa. I ricercatori parlano di migrazione circolare: il lavoratore dell'Ecuador, che emigra verso la Spagna, torna indietro, e poi forse, in seguito tornerà ad emigrare verso la Spagna. Questo gruppo si assume il peso degli aggiustamenti congiunturali nel mercato del lavoro spagnolo.

La distanza gioca un ruolo fondamentale

E infine c'è un'altra anomalia: se gli spagnoli emigrano, non è necessariamente verso un paese dell'unione monetaria. Questo è legato al motivo centrale dell'emigrazione stessa: gli studi dicono che gli emigranti nel paese di destinazione cercano un livello salariale, che sia di almeno il 35% superiore a quello del paese di origine. Si spostano piu' facilmente se nel paese di arrivo le persone locali sono in grado di fornire aiuto e dare informazioni. E alla fine la distanza e i mezzi di trasporto giocano un ruolo importante. 

In questo senso ad un primo sguardo sembrerebbe che gli spagnoli siano predestinati ad emigrare in Germania. Da noi i datori di lavoro affermano di essere alla ricerca di forza lavoro, c'è già una significatica comunità spagnola stabilitasi da molto tempo e una serie di associazioni e istituzioni che possono aiutare con l'inserimento. E i collegamenti aerei sono buoni.

Il denaro si muove molto piu' facilmente delle persone

L'ostacolo principale resta la lingua: per i sud europei è abbastanza difficile imparare il tedesco, è sicuramente piu' facile con l'inglese. Il riconoscimento delle qualificazioni professionali non è scontato. I costi sociali dell'emigrazione sono sempre significativi. I sud europei sono inseriti nelle loro famiglie piu' di quanto non accada ai nord europei. Lasciarle è molto piu' difficile. E alla fine dietro alla decisione di restare potrebbe esserci anche un calcolo. Se l'Unione Europea dovesse espellere i paesi in crisi, per molti potenziali migranti vale la pena aspettare.

Di fatto recentemente sono arrivati in Germania molti sud europei in piu' di quanto non accadesse in passato, ma sicuramente meno di quanti ne arrivino da Polonia, Romania o Bulgaria. Solo una minoranza degli emigranti spagnoli sceglie la zona Euro, e in Europa la Gran Bretagna resta per loro piu' vicina. Alcuni spagnoli si orientano verso le vecchie colonie. Accade anche per i portoghesi che cercano rifugio in Brasile, Mozambico e Angola.

Questo la dice lunga sull'omogeneità dell'Europa. La lingua divide la struttura sociale e l'orientamento geografico. I paesi Euro per i migranti dei paesi Euro non sono la meta desiderata. Si potrebbe anche dire: il denaro si sposta attraverso le frontiere molto piu' facilmente di quanto non accada per le persone.

11 commenti:

  1. Bene! Abbiamo scoperto l'acqua calda, finalmente.
    Ma i "padri fondatori" evidentemente non conoscevano la storia d'Italia, e non sapevano dunque quanto guai creino le ondate migratorie, e che pertanto i problemi non finiscono neanche quando la mobilità è assicurata.
    Gli Stati Uniti sono un esempio irripetibile. E c'è da augurarselo, perché credo a nessuno piacerebbe una guerra di secessione europea.

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    1. Ma i padri fondatori non si preoccupavano troppo, il progetto era troppo importante, al massimo questo sarebbe stato un piccolo effetto collaterale, niente di importante, un dettaglio...

      Ovviamente se metti in dubbiio l'idea sei un populista. Ancora non ci hanno pero' spiegato come sarà risolta la famosa questione dei 6 milioni di disoccupati spagnoli. Anche questo un dettaglio.

      Non credo che Baden W. e Baviera, le 2 regioni tedesche in piena occupazione siano disposte ad accoglierli tutti. Ma poi il problema della lingua in Germania pensavano fosse superabile in tempi brevi. Ma voi lo sapete di quanto tempo ha bisogno una persona con normali capacità di apprendimento per avere un livello decente di tedesco?

      Perchè poi ci sono anche quelli negati con le lingue che il tedesco non lo impareranno mai...

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  2. E non è che certe politiche non siano accentuabili anche negli USA...e non è che rendano, anche lì, la gente "normale" tanto "contenta" degli squilibri di distribuzione del reddito che in ultima analisi ne vengono incrementati
    http://blogs.ft.com/economistsforum/2012/07/the-feds-2-inflation-target-trap/

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  3. A me "sembra" che "grazie" all'€ l'Italia abbia vissuto una congiuntura negativa.....Non certo positiva

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  4. Interessante la fine.

    "Si potrebbe anche dire: il denaro si sposta attraverso le frontiere molto piu' facilmente di quanto non accada per le persone."

    Un po come a dire:"Vi abbiamo prestato i soldi, adesso mandateci gli schiavi"

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  5. Il progetto europeista, fuori dalla tronfia retorica di politici e pennivendoli di regime, era molto chiaro: abbrutire l'Europa in una brutta copia del conquistatore anglosassone, dopo la caduta dell'impero sovietico travisato in padrone del mondo ad aeternum.

    Fortunatamente invece il capitalismo terminale a sede USA sta consumando unaparabola di crisi analoga a quella del comunismo. La crisi europea è crisi della dittatura dell'alta finanza, importata da oltreoceano e aggravata dalla sua interazione con la delicata fase di introduzione dell'euro.

    Contro ogni apparente speranza, ma come io prevedevo già 15 anni fa, si profila il tracollo del regime plutocratico ed antirazzista, fondato sull'appiattimento dell'essere umano ad homo aeconomicus (e quindi anche sulla negazione della democrazia, che essendo concetto politico e comunitario è incompatibile con la tecnocrazia liberista).

    Tanto più i servi del capitale trascineranno la situazione in avanti, più violenta sarà la deflagrazione finale. Il risentimento antitedesco che sta abbracciando i portaparola del capitale, preoccupati che l'intransigenza germanica dissangui il popolo al punto che loro non abbiano più nulla da succhiare, si va estendendo al gregge ed è un pegno prezioso delle guerre a venire.

    Speriamo che siano lunghe e terribili. Ci sono 70 anni di storia da cancellare.

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    1. Ovviamente noi ci auguriamo che di guerre non ce ne siano, nei prossimi 70, 140 o 210 anni.

      grazie comunque per il tuo interessante contributo.

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  6. mi piace viaggiare, non capisco perchè dovrei esaltarmi all'idea di emigrare. Emigrare in questa fase è una sconfitta. E poi se noi italiani "siamo i soliti terroni" i tedeschi in questo momento appaiono rigidi fino all'ottusità. Non fermiamoci alle apparenze, è meglio...

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  7. E se si considera anche che chi emigra in queste condizioni di difficoltà già si trova a vivere una situazione disperata e arriva nel paese nuovo spesso senza risorse economiche e sprovvisto degli strumenti culturali necessari ci accorgiamo del livello di follia a cui si è potuti arrivare...auspicare situazioni simili è vergognoso. Ma utile a qualcuno per schiantare il mercato del lavoro del paese dove si arriva...proprio dei personaggini gradevoli quelli che consapevolmente ci hanno portato a questo.

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  8. Leggo questo post con qualche giorno di ritardo.
    Secondo me coglie un punto forndamentale della crisi dell'Europa, la scarsa mobilità della forza lavoro.
    Vedo però che si continua a parlare di mobilità della forza lavoro solo nei termini dell'emigrazione fisica delle persone, cosa che, oggi come oggi, non è più strettamente necessaria.
    Io personalmente sono un "emigrato" ma senza essermi mai spostato dalla mia città. Anzi, addirittura, manco vado più in ufficio, lavoro dal giardino di casa mia.
    Ma la mia attività non riguarda più l'Italia, se non in misura marginale. E' vero, continuo ad essere dipendente di una entità legale italiana, ma essa è parte di una azienda multinazionale e il mio compito è fornire supporto tecnico a personale commerciale sparso per il mondo intero.
    Non mi sono quindi dovuto adattare agli hamburger o allo stufato di renna, continuo a mangiare spaghetti, nè a temperaure di - 30 o + 50 °C, mi godo il clima italiano (romano).
    Se non vi fosse il fatto che ogni tanto vado a visitare alcunio clienti in zone non lontane dall'Italia potrei anche decidere di stabilirmi su un'isola caraibica o sulle Dolomiti (mi piace sciare). Ma avrei il poblema della lontananza o della indisponibilità di un aeroporto nei pressi.
    Forse, avessi dovuto continuare a svolgere la mia attività limitatamente all'Italia, come ho fatto per anni, oggi sarei un disoccupato o avrei dovuto cambiare attività facendone una che mi piace di meno.
    La chiave che spiega il mio modo di lavorare? La conoscenza della lingua, nello specifico l'inglese.
    Il vero delitto che è stato compiuto dai politici europei è stato quello di non promuovere assolutamente lo studio delle lingue.
    Quanti call-center indiani (lì l'inglese lo parlano se pure con accento terribile) potrebbero essere invece localizzati in Europa se i giovani italiani, spagnoli, portoghesi, parlassero l'inglese in modo decente?

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    1. grazie Vincenzo per il contributo, ma la tua situazione forse è privilegiata, quanti sono quelli che possono lavorare dal giardino di casa? un numero crescente, ma sicuramente non sono milioni. L'articolo è interessante perchè conferma quello che a me sembra chiaro: non esiste un mercato del lavoro europeo che possa giustificare un'area monetaria comune. Che cosa ne sarà dei 6 milioni di disoccupati spagnoli? Potranno emigrare tutti in Baden Wuerttenberg, Baviera, Nord Reno Westfalia? Io non credo sia possibile, per una lunga serie di ragioni, e alcune sono state illustrate nell'articolo.

      Imparare l'inglese è importante, e noi siamo rimasti un po' indietro negli anni, forse ora stiamo recuperando, ma per emigrare in Austria, Baviera, Essen etc etc serve ad esempio il tedesco, che richiede molto tempo per essere appreso, e non a tutti piace.

      Quanto ai call center inglesi, credo che sarebbero arrivati da noi solo in parte, visto che il costo del lavoro nella scelta di ubicarli in India è stato probabilmente il movente principale. E poi nel Mediterraneo ci sono già Gibilterra, Malta e Cipro a fare concorrenza in questo settore di mercato: bassa tassazione, leggi semplici e molti madrelingua inglesi!

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