giovedì 12 aprile 2012

Allargamento del fondo salva stati o rottura dell'Euro.


Wolfgang Münchau su Der Spiegel di fronte alle difficoltà della Spagna avverte i suoi connazionali: o accettiamo un allargamento del fondo salva stati o rischiamo una rottura della zona Euro.

La Bce ha pompato verso le  banche quasi un trilione di Euro per stabilizzare la situazione. Ma l'idea di poter comprare tempo si è rivelata illusoria. In Spagna la situazione è peggiorata, sui mercati finanziari regna la nervosità. Siamo di nuovo al punto in cui ci trovavamo prima di Natale.

Non è passato molto dall'ultima volta in cui la Germania a Brussel ha bocciato un ulteriore allargamento del fondo salva stati, i mercati nel frattempo si erano calmati. Questo non è sorprendente. Due settimane fa in Europa regnava ancora un grande ottimismo. Che cosa è cambiato in queste settimane?

Due diverse convinzioni hanno preso piede. La prima riguarda la Spagna, la seconda la Banca Centrale Europea. Sui mercati ci si attende che la Spagna già quest'anno avrà bisogno di un pacchetto di aiuti. Se questo accadesse, il fondo di salvataggio si rivelerebbe subito troppo piccolo. Fra pochi mesi saremo di nuovo davanti alla scelta, aumentare il fondo per il salvataggio degli stati o rischiare una rottura della zona Euro.

Il governo spagnolo la scorsa settimana ha votato una manovra che per quest'anno prevede un risparmio di 27 miliardi di Euro. Il problema è che la Spagna già adesso è in recessione. Il tasso di disoccupazione è già del 23%, quello dei giovani ha raggiunto e superato il 50%.

La Spagna è adesso dov'era la Grecia 2 anni fa.

Chi in tempi di recessione risparmia, si comporta in maniera pro-ciclica. Questo significa, la politica di bilancio rafforza la recessione. Il meccanismo coinvolge un'interazione fra risparmio dello stato, risparmio privato, una caduta ulteriore del prezzo degli immobili, conseguenti perdite bancarie, una restrizione del credito,  una recessione ancora piu' acuta, deficit piu' alti e un programma di risparmi ancora piu' forte. Potrebbero essere necessari molti anni per uscire da un circolo vizioso di queste dimensioni. Per la Spagna mi aspetto una recessione che durerà per almeno 10 anni.

L'ironia è che la percentuale di indebitamento della Spagna cresce sebbene il paese stia ripagando il suo debito. Il motivo è che che la percentuale è un quoziente: se il denominatore - la performance economica - cade più rapidamente del nominatore  -  i debiti -  allora il numero sale.

I mercati non credono piu' ad una stabilizzazione dei debiti della Spagna. Non è un caso che l'ultimo attacco di panico sia arrivato esattamente nella stessa settimana in cui il presidente Mariano Rajoy ha annunciato misure di risparmio per ulteriori 10 miliardi di Euro per il 2012, ottenuti con i tagli alla sanità e alla scuola. La Spagna è adesso dove la Grecia era 2 anni fa.

Da questo circolo vizioso ci sono solo 2 vie di uscita. La prima è un'uscita dall'Euro. La seconda è un programma di salvataggio che termini con un parziale taglio del debito nel settore privato. Decisivi non saranno i debiti dello stato, ma i debiti delle banche.  Anche le banche dovranno essere portate sotto un ombrello di salvataggio, e lì essere obbligate all'insolvenza o alla fusione, attraverso una copertura dei costi. Non ci sono altre vie di uscita.

La seconda ragione per il pessimismo dei mercati è una diversa percezione della politica della BCE. In dicembre e febbraio la BCE ha pompato quasi un trilione di liquidità al settore bancario. I mercati hanno reagito con una certa euforia. L'idea era quella di prestare denaro alle banche con un basso tasso e una durata triennale. In questo modo le banche avrebbero acquistato obbligazioni governative di breve durata e stabilizzato il mercato delle obbligazioni. La BCE non poteva acquistare per motivi giuridici le obbligazioni. Così ha scelto di passare attraverso le banche.

La politica BCE ha avuto l'effetto di una droga.

Questa teoria ha però una serie di imprecisioni, che ora sono diventate evidenti. Il primo è che l'azione procede indirettamente e quindi è costosa. Solo una piccola parte del denaro arriva effettivamente all'acquisto di obbligazioni. La BCE avrebbe ottenuto molto di piu' con un piccolo programma di acquisto diretto. Non è nemmeno moralmente ed economicamente chiaro perchè si dà il denaro alle banche di nascosto, ma lo si nega ai governi. In Spagna il problema non era il settore pubblico, ma piuttosto le banche.

Con l'operazione della BCE c'è un ulteriore problema. Le banche per ottenere la liquidità devono depositare delle garanzie presso la BCE. A tal fine sono stati utilizzati dei titoli di stato recentemente acquistati. Poiché avevano bisogno di ulteriori garanzie, hanno dovuto cercare soluzioni diverse. La conseguenza: le garanzie che vengono utilizzate nel mercato ipotecario sono diventate scarse. Con l'operazione della BCE molte banche non hanno piu' accesso a questa normale fonte di finanziamento privato. La politica BCE ha funzionato come una droga. Coloro che vi hanno fatto ricorso sono diventati immediamente dipendenti.

La politica BCE ha così apparentemente risolto la crisi bancaria. In verità la situazione delle banche è pessima come mai fino ad ora. E come in Giappone negli anni '90 i governi non hanno nessuna strategia per risolvere effettivamente questi problemi. La tesi piu' assurda era che la politica di liquidità della BCE avrebbe dato ai governi il tempo per risolvere la crisi. Si trattava di una illusione temporale. Ha permesso ai leader di negare la realtà per altri 3 mesi e spingere la questione in sordina.

Appena dopo Pasqua siamo al punto in cui eravamo prima di Natale.

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