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giovedì 17 maggio 2018

FAZ: l'incubo dell'eurozona

Sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung il condirettore Holger Steltzner ci propone un bel pistolotto sulla presunta follia italica e ci ricorda che i tedeschi non hanno nessuna intenzione di farsi carico del debito italiano, mentre a Berlino sono tutti un po' preoccupati. Dalla FAZ Holger Steltzner


In Italia non c'è ancora un governo che già ci sono dei desideri da portare a Francoforte. La BCE dovrebbe regalare a Roma 250 miliardi di euro, semplicemente rinunciando a farsi rimborsare i titoli di stato italiani che la banca centrale ha acquistato nell'ambito del tanto discusso programma di acquisto titoli finalizzato al salvataggio dell'euro. I possibili partner governativi, 5 Stelle e Lega, tuttavia non dicono per quale ragione non vorrebbero avere fin da subito la cancellazione del debito sull'intero stock di titoli di stato italiani attualmente nel bilancio della banca centrale, oltre 340 miliardi di euro, ma preferiscono far finta che il desiderio di tagliare il debito sia superato: in un modo o nell'altro si farà comunque.

Pensionamento anticipato, reddito di base e Flat-tax

I piani di spesa dei 2 vincitori elettorali, che danno quasi esclusivamente all'euro a Bruxelles e a Berlino la responsabilità della miseria italiana, sono decisamente interessanti. Si dovrà reintrodurre il pensionamento anticipato piu' un regalo per ogni adulto senza lavoro sotto forma di "reddito di base" statale pari a 780 euro al mese. Ci sarà qualcosa anche per quella parte della popolazione che lavora e per gli imprenditori: un'aliquota fiscale unica del 15% per i redditi delle persone e delle società. A pagare saranno gli altri, apparentemente i contribuenti degli altri paesi della zona euro, lo faranno indirettamente attraverso una riduzione del debito da parte della BCE; perché si', Roma non vuole disturbare i propri cittadini con tasse ed imposte piu' alte.
  
Il sogno del peccatore del debito italiano corrisponde all'incubo dell'eurozona. A Bruxelles si spera che il presidente della BCE Mario Draghi spieghi ai suoi compatrioti che si tratta di un'assurdità. A Berlino la preoccupazione è grande - come sempre. E a Francoforte ci si chiede come si possa arrivare ad un'idea simile (è proibito finanziare il debito pubblico), dopo che la politica di Draghi ha trasformato la BCE nel piu' grande creditore italiano. 

Ma il potenziale di ricatto degli avversari dell'euro a Roma è ancora piu' grande. L'Italia ha accumulato altri 447 miliardi di euro all'interno del sistema di pagamento fra le banche centrali, il cosiddetto Target II. Di fronte alla nuova realtà politica prevale la confusione. Cosa fare se Roma dovesse accumulare altro debito oppure non dovesse pagare quelli vecchi? Già ora ci si lamenta per l'onere del debito apparentemente insostenibile per l'Italia. Grazie alla politica dei bassi tassi di interesse di Draghi, nella situazione attuale il peso del debito è inferiore rispetto al passato. Ma in Italia i fatti raramente infastidiscono le lotte di potere, nelle quali i politici di Roma hanno molta piu' esperienza degli altri.

martedì 13 marzo 2018

Thomas Mayer - La fonte del denaro italiano

Thomas Mayer, ex capo-economista di Deutsche Bank, dal suo blog sulla FAZ analizza il risultato elettorale italiano e la nuova situazione politica, ovviamente dal punto di vista tedesco. Secondo l'economista gli italiani non avrebbero di che lamentarsi, almeno fino a quando riusciranno ad ottenere denaro a buon mercato dalla BCE. Dalla FAZ.net



Sembrava tutto così facile. L'estate scorsa, mentre partecipavo a un incontro organizzato da un influente Think Tank di Bruxelles i presenti erano fermamente convinti che nei dodici mesi successivi si sarebbe aperta una finestra di opportunità per l'approfondimento dell'unione monetaria. Emmanuel Macron si era impegnato con grande entusiasmo e Angela Merkel, che aveva appena raggiunto un  picco temporaneo nei sondaggi pre-elettorali, aveva fatto sperare in una sua cooperazione. Lo scopo di tale approfondimento doveva essere quello di portare avanti la condivisione dei debiti pubblici in modo da sollevare la BCE dal compito di finanziare gli stati indebitati. Il mandato del Presidente della BCE Mario Draghi scade nel settembre 2019 e non ci si può aspettare che il suo successore garantisca bassi tassi di interesse come invece ha fatto lui durante tutto il suo mandato. Fino all'estate del 2018 tuttavia non arriverà una decisione.

La prima battuta d'arresto per questo piano è arrivata con le elezioni federali tedesche, che per Merkel non hanno portato quello che invece i sondaggi estivi avevano previsto. Per un breve periodo si era affacciato anche il possibile disastro di una coalizione giamaicana, in cui una FDP ribelle avrebbe potuto impedire una maggiore "solidarietà europea". Poi questa possibilità è sfumata ed è tornata la fiducia quando il segretario temporaneo della SPD Martin Schulz ha fatto inserire nel contratto di coalizione la politica europea dettata dal Presidente della Commissione Juncker. Con il voto favorevole dei membri della SPD, la Groko non solo intende portare avanti il piano per l'approfondimento dell'unione monetaria, ma vorrebbe mettere a disposizione dell'Europa piu' denaro. Ancora piu' di quanto previsto. Osservando i fatti dalla parte di chi vuole approfondire l'unione monetaria: sarà finalmente arrivato il momento buono per completare quello che stavano aspettando da tanto tempo?

L'esito delle elezioni parlamentari in Italia potrebbe impedirlo. Il 70% ha votato per quei partiti populisti che hanno promesso una "benedizione dal cielo": meno tasse per i ricchi cittadini del nord, un reddito di base decente e incondizionato per il sud piu' povero, maggiori investimenti e pensioni minime per tutti. Anche gli automobilisti e gli amanti degli animali dovrebbero poter pagare meno tasse. In realtà in Italia potrebbe nascere una grande coalizione di populisti con un programma unico: "benessere per tutti, senza considerare i costi".

Ma i vincitori delle elezioni fra loro restano nemici e alla fine non se ne farà nulla. Il governo Gentiloni, in carica dalla precedente legislatura, potrebbe restare ancora a lungo, anche senza una maggioranza parlamentare. Ma cio' non dovrebbe scoraggiare i vincitori delle elezioni dal creare maggioranze parlamentari variabili al fine di garantire alle loro clientele i benefici finanziari promessi attingendo direttamente dal bilancio pubblico. Con o senza un nuovo governo, le finanze pubbliche italiane sotto la pressione dei populisti rischiano di andare fuori controllo, piu' di quanto non accadesse in passato. Dal punto di vista italiano l'iniziativa franco-tedesca per la messa in comune del debito arriverebbe proprio al momento giusto.

Se non ci fossero pero' i governi testardi di alcuni paesi del nord dell'UE, che nel frattempo hanno preso una dura posizione contro questo tipo di "solidarietà europea". E' probabile che la prospettiva dell'enorme montagna debitoria italiana, in continua crescita, possa alimentare la loro opposizione alla messa in coumune. Proprio la creazione di un fondo monetario europeo basato sul diritto UE quale strumento per la messa in comune del debito e per i trasferimenti fra gli stati potrebbe fallire per il veto di uno di questi paesi. In questo modo fallirebbe pero' anche il piano per alleviare il peso che grava sulla BCE.

La BCE, con l'approvazione soprattutto del governo federale tedesco, si è impegnata a fare tutto il possibile per mantenere l'euro in vita. Per raggiungere questo obiettivo sono indispensabili bassi tassi di interesse e l'accesso illimitato dei paesi dell'euro al mercato dei capitali per finanziare i titoli di stato in scadenza e il nuovo indebitamento. La politica italiana potrebbe spingere la BCE a dover fare ancora di piu' per svolgere questo compito. Il mandato previsto dai trattati e cioè la garanzia della stabilità dei prezzi potrebbe passare in secondo piano. Come potrebbero mai aumentare i tassi di interesse se questo dovesse rendersi necessario? I politici populisti sono sicuri della loro causa. Se fino a non troppo tempo fa avevano minacciato di introdurre una valuta parallela, queste minacce ormai sono superate. Sono semplicemente superflue: soprattutto fino a quando i partiti italiani potranno continuare a fare affidamento sulla BCE quale fonte di denaro per le promesse elettorali fatte alle loro clientele.


mercoledì 7 marzo 2018

L'alleanza del nord contro l'unione di trasferimento

Otto paesi del nord dell'UE non si fidano piu' di Angela Merkel e temono che la Germania della nuova Groko tradisca il fronte rigorista facendosi sedurre dalle proposte di Macron. Per questo hanno redatto un documento in cui chiedono di tornare al piano originario dell'ex Ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble. Ne parla la Frankfurter Allgemeine Zeitung.


Nella discussione sul rafforzamento dell'unione monetaria, otto paesi del nord dell'UE mettono in guardia da piani troppo presuntuosi o irrealistici. "Ulteriori trasferimenti di competenze a livello europeo dovrebbero essere presi in considerazione solo nel caso in cui vi sia un vero valore aggiunto", è scritto in un documento congiunto dei Ministri delle Finanze dei  Paesi Bassi, Irlanda, Danimarca, Svezia e Finlandia e dei tre Stati baltici, pubblicato martedi'. L'UE deve concentrarsi su ciò che incontra il consenso di tutti i paesi membri. "Alla fine dobbiamo raggiungere un accordo su cio' di cui abbiamo veramente bisogno, non su cio' che alcuni membri vorrebbero", è scritto nel documento. 


Lo sfondo dell'iniziativa del nord sono le proposte dei mesi scorsi in merito all'approfondimento dell'unione monetaria. Al centro ci sono piu' mezzi e maggiori competenze da mettere a disposizione a livello europeo. La Commissione europea propone risorse di bilancio supplementari per i diversi obiettivi dell'area euro: come l'attenuazione dei cosiddetti shock asimmetrici nei singoli paesi, oppure la ricompensa per le riforme economiche effettuate oppure come sostegno per le economie piu' deboli che ancora non sono parte dell'unione monetaria ma che vorrebbero entrare nell'euro. Inoltre le autorità europee chiedono di trasformare il fondo ESM in un fondo monetario europeo (FME) fondato sul diritto europeo. Fino ad ora il fondo ESM è rimasto un trattato intergovernativo fra i paesi della zona euro. Le proposte della Commissione sono state integrate dalle idee del presidente francese Emmanuel Macron a favore di un bilancio separato dell'area euro. 

"Per rafforzare l'unione monetaria sono prima di tutto necessari dei passi decisivi nei singoli stati membri finalizzati al rispetto delle nostre regole comuni", si legge nel documento. Si deve partire dalle riforme strutturali e dal rispetto del Patto di Stabilità, mentre sarà necessario utilizzare gli strumenti economici e fiscali già esistenti. In questo modo ogni singolo paese potrà creare nel proprio bilancio lo spazio per i periodi difficili. Cio' consentirà all'unione monetaria di stabilizzarsi e di raggiungere una migliore convergenza fra tutti i paesi euro. Questa posizione puo' essere considerata come una bocciatura della "funzione di stabilizzazione" proposta dalla Commissione per la gestione degli shock asimmetrici.

La Germania, che fino ad ora era stato considerato il paese portavoce degli stati europei del nord, non è coinvolta nella stesura del documento. A Bruxelles si ritiene infatti che gli otto paesi abbiano voluto prendere l'iniziativa soprattutto perché temono un cambio di direzione del nuovo governo federale. "Fino ad ora per bloccare le ampie richieste di trasferimenti da parte del sud questi paesi potevano contare sul Ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble. Schäuble ora ha un successore della SPD e dall'accordo di coalizione traspare una certa disponibilità ai trasferimenti", afferma un diplomatico dell'UE.

Un'altra ragione dell'iniziativa è la paura degli otto relativamente piccoli paesi di essere  travolti politicamente da un'iniziativa politica franco-tedesca. "Gli stati temono che l'alleanza di governo nero-rossa sia un po' troppo filo-francese. Vogliono anche impedire che siano solo i 2 paesi piu' grandi a decidere sulle riforme", dice un altro diplomatico. Questo ha spinto anche i due paesi non-euro Svezia e Danimarca ad aggiungersi all'iniziativa.

Per quanto riguarda la trasformazione dell'ESM in un FME gli otto stati insistono sulla precedente posizione di Schäuble: il processo decisionale "deve restare chiaramente nelle mani degli stati membri". Le regole di voto e l'organizzazione intergovernativa non devono cambiare. Si dovrà inoltre esaminare se sarà possibile inserire nelle future regole di funzionamento del FME le disposizioni per la ristrutturazione del debito sovrano dei paesi europei. Anche per quanto riguarda l'unione bancaria gli otto paesi mantengono la posizione di Schäuble: è necessario ridurre i rischi bancari prima di pensare di istituire un fondo europeo per i salvataggi bancari da finanziare con i mezzi del fondo ESM. 


martedì 27 febbraio 2018

"L'Italia dovrebbe negoziare un'uscita ordinata dall'euro"

Lucio Baccaro, economista e filosofo italiano, è il nuovo direttore del prestigioso Max-Planck-Institut für Gesellschaftsforschung (MPIfG) di Colonia. In una recentissima intervista alla FAZ si schiera a favore di un'uscita ordinata dell'Italia dalla moneta unica. Dalla FAZ.net


Non ci sono molti ricercatori italiani di punta che riescono a fare carriera in Germania. Lucio Baccaro in questo senso è un'eccezione: dallo scorso settembre l'economista politico nato in Puglia nel 1966 è il nuovo direttore del prestigioso Istituto Max Planck per lo studio della società di Colonia. E ovviamente non vuole essere da meno rispetto al suo predecessore Wolfgang Streeck, il quale amava inserirsi nei dibattiti sociali: in una intervista alla FAZ Baccaro si schiera a favore di una uscita ordinata del suo paese dalla moneta unica. L'errore è stato soprattutto entrare nella moneta unica. "L'Italia dovrebbe negoziare un'uscita? Nel complesso sì!", dice Baccaro.

Il ricercatore giustifica la sua posizione, insolita fra gli economisti tedeschi, con i problemi strutturali dell'economia italiana emersi durante un lungo arco di tempo. L'uscita dall'euro potrebbe aiutare a risolverli. "Al momento dell'adesione alla moneta unica nel 1999 molti italiani hanno sognato di poter giocare nella Premier League delle economie nazionali", secondo Baccaro, "ma questo si è rivelato un errore". Lo sviluppo della Grecia all'interno dell'euro è stato un disastro. "L'Italia è il secondo disastro in ordine di grandezza", ha detto Baccaro. La produttività delle imprese italiane è stagnante da 2 decenni, l'economia cresce piu' lentamente di quella tedesca o francese e il rapporto debito pubblico/PIL è con oltre il 130% circa il doppio del rapporto tedesco. Con l'ingresso nella moneta unica il paese del sud-europa si è privato della possibilità di recuperare competitività internazionale attraverso gli aggiustamenti del tasso di cambio - "legandosi entrambe le mani all'albero della UE".

Baccaro, che oltre al suo incarico a Colonia ha una cattedra in sociologia all'Università di Ginevra, non è un amico delle politiche di austerità, tanto criticate nel sud-Europa e che spesso hanno imposto riforme strutturali dolorose. Al loro posto il ricercatore sostiene la necessità di favorire politiche sul lato della domanda che possano aiutare i paesi a crescita più' lenta. Soprattutto chiede che sia lo stato ad intervenire. "Quando la domanda interna e la domanda estera tendono a stagnare, spetta al governo spendere di piu', almeno all'inizio", ha detto il ricercatore. Nel caso dell'Italia cio' sarebbe difficilmente conciliabile con le regole del Trattato di Maastricht, secondo il quale il deficit annuo non dovrebbe superare il 3% del PIL, per Baccaro non si tratta di un criterio di esclusione: "abbiamo bisogno di alleggerire alcune di queste restrizioni, possibilmente quella del limite del 3%".

Anche se Baccaro, che originariamente ha studiato filosofia e in seguito economia, arriva alle sue conclusioni partendo da un punto diverso - la sua posizione sull'euro e sui programmi di spesa non è molto lontana da quella del partito euroscettico della Lega Nord o del partito di Silvio Berlusconi (Forza Italia). 

All'economia tedesca il nuovo direttore dell'Istituto Max Planck dà una pagella con luci e ombre. Da un lato "quella tedesca è la sola economia che nel passato è riuscita a passare da una crescita guidata dai salari ad una guidata dalle esportazioni". Dall'altro lato questo stesso modello di sviluppo in futuro potrebbe rivelarsi fatale per la Germania. All'ombra delle aziende esportatrici di successo è nato un ampio settore a basso salario - soprattutto nel settore dei servizi - con le conseguenti disuguaglianze sociali. La Germania non ha utilizzato le abbondanti entrate fiscali per cercare di aiutare questo gruppo sociale. 

mercoledì 18 ottobre 2017

Intervista a Lindner della FDP sull'unione di trasferimento

Lindner punta dritto al Ministero delle Finanze e ribadisce i punti fermi della FDP sulla riforma dell'eurozona: nessun fondo monetario europeo, smantellamento dell'ESM, una procedura per il fallimento ordinato degli stati e uscita volontaria dall'euro. Dall'intervista della FAZ al leader liberale.


FAZ: Lei sostiene che la definizione della linea politica sui temi europei sia la questione piu' difficile da affrontare nei negoziati per la coalizione Jamaika. La sua linea rossa sono la messa in comune dei debiti e la creazione di un nuovo fondo monetario. Si tratta proprio dei temi centrali del presidente francese Emmanuel Macron. Nella FDP davvero c'è unità su questi temi? A volte ad esempio il politico europeo Graf Lambsdorff usa sull'Europa parole e toni molto diversi.

Lindner: non si preoccupi. In un partito liberale ci sono sempre delle sfumature, ma sugli obiettivi restiamo uniti. La nostra preoccupazione comune è la responsabilità individuale dei membri dell'unione monetaria. Vogliamo rafforzare il principio della responsabilità, applicare le regole di Maastricht e tornare ai principi dell'economia di mercato per quanto riguarda il finanziamento degli stati. Inoltre apprendo con interesse che il presidente Macron non accetta linee rosse nel dibattito sulle riforme, mentre in realtà è il suo governo a tracciarne una quando esclude una partecipazione automatica dei creditori privati ai futuri programmi di salvataggio. Si tratterebbe di uno strumento per disciplinare la politica attraverso la concorrenza basata sul mercato.

FAZ: anche il ministro uscente Wolfgang Schäuble chiede questa partecipazione dei creditori. Vorrebbe espandere il fondo ESM, che ha ancora riserve elevate, e trasformarlo in un fondo monetario europeo - a condizione pero' che i creditori privati partecipino ai futuri programmi di salvataggio. La FDP invece vorrebbe abolire il fondo di salvataggio. Perché?

Lindner: in una unione monetaria in cui le regole sul disavanzo fissate dal trattato di Maastricht vengono di nuovo applicate, i fondi di salvataggio permanenti non sono necessari. Non ci sottrarremo al dibattito, ma le nostre proposte restano una procedura fallimentare per gli stati e l'uscita volontaria dall'euro. Per quanto riguarda il fondo monetario europeo temo che i rappresentanti della politica di stabilità si troverebbero in minoranza e che il fondo verrebbe trasformato in una stazione di pompaggio per i trasferimenti finanziari. In passato ci sono state alcune proposte di Wolfgang Schäuble anche interessanti, ma quello che poi è stato attuato alla fine si è rivelato molto diverso. Notoriamente sul terzo pacchetto di salvataggio per la Grecia Schäuble ha votato contro la sue stesse convinzioni, perché la Cancelliera lo ha messo in minoranza. Ci sarebbero state le condizioni per dare le dimissioni.

FAZ: un problema irrisolto dell'eurozona è l'eredità in termini di crediti deteriorati, non solo nelle banche italiane. Di conseguenza Italia e Francia, ma anche la Commissione Europea spingono per creare una garanzia europea sui depositi. Anche questa è una linea rossa per la FDP?

Lindner: sono i singoli stati a dover restare responsabili per il loro settore bancario. Altrimenti si creano degli incentivi sbagliati. Per quanto riguarda la stabilità finanziaria non credo alle promesse e nemmeno agli stress test. In Italia recentemente alcune banche sono state salvate con il denaro pubblico, sebbene fossero gli azionisti e gli obbligazionisti a dover garantire. Traggo le conseguenze: una garanzia comune sui depositi in una unione bancaria in cui i rischi sono condivisi, al momento non avrebbe alcuna base.

FAZ: con tali affermazioni incoraggia le speculazioni che la vorrebbero Ministro delle Finanze. Il capogruppo  parlamentare della CDU Kauder tuttavia ha affermato che vorrebbe mantenere questo posto cosi' importante nelle mani dei cristiano-democratici. A breve il sottosegretario alla Cancelleria Peter Altmaier assumerà temporaneamente la posizione di ministro in qualità di commissario del governo, visto che Schäuble sta per essere eletto alla presidenza del Bundestag. 

Lindner: prima di tutto noto che le trattative a Bruxelles continuano a ritmo serrato. Per questo mi aspetto che Frau Merkel e Herr Altmaier chiariscano che il governo federale è in carica solo per l'ordinaria amministrazione. La Germania attualmente non è in grado di decidere. Penso sia da escludere che un ministro delle finanze provvisorio possa condurre delle trattative a Bruxelles come se non fosse accaduto nulla. Non possono essere presi impegni senza una legittimazione politica.

FAZ: probabilmente non vuole dirci chi vorrebbe vedere come Ministro delle Finanze...

Lindner: per me è piu' importante una diversa politica finanziaria rispetto alla discussione sulla persona che dovrà sedere al Ministero. Tuttavia è chiaro che Wolfgang Schäuble era uno dei membri piu' importanti della Cancelleria nonché uno stretto collaboratore della stessa Cancelleria. L'assegnazione temporanea della posizione ad Altmaier ci mostra che il Ministero delle Finanze non è un correttore di bozze della Cancelleria, ma il prolungamento del suto tavolo di lavoro. Per questo motivo suggerisco la separazione politica fra Cancelleria e Ministero delle Finanze. Che a fare il ministro ci sia un liberale, poi è un aspetto secondario.

martedì 17 ottobre 2017

Il ruolo dell'ESM secondo Regling

Klaus Regling è il direttore tedesco del fondo salva stati ESM, il potente fondo europeo saldamente in mano tedesca che secondo i piani di Schäuble dovrebbe trasformarsi nel nuovo fondo monetario europeo con una funzione di controllo. La FAZ ci spiega come dovrebbe funzionare il nuovo ESM secondo Regling. Dalla FAZ.net

Il fondo di salvataggio ESM dovrebbe ottenere nuovi poteri. E' la proposta avanzata dal direttore generale dell'ESM Klaus Regling in occasione della seduta autunnale del FMI e della Banca Mondiale a Washington. Secondo la proposta in futuro il fondo di salvataggio dovrebbe ricevere il compito di monitorare tutte le economie dell'unione monetaria. Cio' è necessario per poter creare rapidamente dei pacchetti di salvataggio per tutte le economie della zona euro.

Il cambiamento dovrà essere approvato da tutti i governi in quanto richiede una modifica del trattato ESM. Secondo Regling cio' dovrebbe avvenire nel 2018, dato che nel 2019 sono previste le elezioni per il parlamento europeo e la nomina di una nuova commissione europea.

Contro ogni automatismo

Il capo dell'ESM ha tuttavia sottolineato che la modifica alla fine "non sarebbe cosi' rivoluzionaria". Già ora la metà dei paesi della zona Euro viene monitorata dal fondo di salvataggio. Nel caso della Grecia, dell'Irlanda, del Portogallo, della Spagna e di Cipro cio' già avviene nell'ambito dei pacchetti di aiuto che questi paesi hanno ricevuto nel corso della crisi. Per altre ragioni vengono osservate anche le economie piu' grandi dell'Eurozona, ossia la Germania, la Francia, e l'Italia 

Per poter prendere le proprie decisioni di investimento, l'ESM deve "capire cosa sta succedendo in Europa". Regling sottolina che non si tratta di assumere le competenze di controllo della Commissione, ma di una cooperazione reciproca fra i due organi.

E' soprattutto la Germania ad insistere per dare all'ESM un ruolo piu' importante. Per questo motivo il fondo salva stati dovrà essere trasformato in un fondo monetario europeo in grado di monitorare la politica finanziaria dei governi. La proposta tedesca comprende anche un meccanismo di ristrutturazione del debito per i paesi della zona euro finiti in difficoltà finanziarie che chiedono aiuto all'ESM.

Sull'argomento Regling ha affermato che in situazioni simili avere a disposizione una procedura ordinata e trasparente è sicuramente un buon obiettivo. Resta tuttavia contrario ad un meccanismo automatico che potrebbe finire per esacerbare la crisi. "Se dovesse spargersi la voce che un paese sta per chiedere aiuto all'ESM tutti inizierebbero a ritirare i loro soldi", ha spiegato il capo tedesco dell'ESM.

domenica 24 settembre 2017

Quel grave errore di valutazione sui rifugiati

Solo una piccola parte dei rifugiati arrivati in Germania nel corso del 2015 è riuscita a trovare un lavoro. Non si trattava di medici e ingegneri siriani, come ci spiegavano i media esuberanti all'epoca, e il miracolo economico di cui tanto si parlava, ancora non si è visto. Un commento di Sven Astheimer sulla FAZ.net


Le affermazioni sono molto simili. Durante l'esposizione dell'auto, in corso in questi giorni a Francoforte, Dieter Zietsche ha espresso la ferma volontà di voler essere "una parte della soluzione" del problema. Due anni fa l'Amministratore Delegato di Daimler dal palco di Francoforte aveva inviato al mondo intero un messaggio simile, solo che allora il problema era un altro. Mentre oggi l'industria automobilistica subisce una grande pressione, e a causa dell'enorme discredito dei motori diesel dovrà rapidamente riorientarsi verso i motori elettrici, nell'autunno del 2015 c'era solo un argomento: la crisi dei rifugiati.

Dopo la decisione della Cancelliera tedesca di accogliere i rifugiati bloccati in Ungheria e provenienti dal mondo arabo, centinaia di migliaia di persone si sono sentite invitate e si sono messe in cammino sulla rotta balcanica in direzione Germania. Alla fin dell'anno erano circa 900.000. E' stato il momento in cui il governo tedesco ha perso il controllo sul numero di persone che stavano entrando nel paese e su chi erano i nuovi arrivati. "Possiamo farlo", raramente una citazione della Cancelliera ha polarizzato cosi' tanto la popolazione come in quei giorni.

I migranti economici hanno bisogno di una prospettiva

Il manager automobilistico Zetsche in quell'occasione e in quel clima surriscaldato aveva parlato del coraggio della Cancelliera e aveva addirittura sottolineato la possibilità di un "nuovo miracolo economico" nel caso in cui si fosse riusciti ad integrare i rifugiati nel mercato del lavoro. Non era affatto solo. Gli economisti calcolavano diligentemente che l'inattesa offerta di capitale umano, soprattutto giovane, sarebbe stata una benedizione per la popolazione tedesca, invecchiata e in costante calo. I profughi come risposta alla mancanza di figure professionali e al cambiamento demografico?

Cio' che è assurdo in questa equazione è che si mettono in relazione fra loro due cose nettamente separate: la migrazione per motivi umanitari e quella sulla base di considerazioni economiche. Il primo è un atto di solidarietà internazionale nei confronti di persone minacciate e perseguitate, la seconda dal punto di vista dello stato accogliente un elemento fondamentale per l'economia nazionale. Mentre l'asilo è un diritto temporaneo, i migranti economici per poter restare devono avere una prospettiva permanente.

Gli esperti avevano avvisato fin dall'inizio

La politica ha preferito tenersi alla larga dalle discussioni su questa distinzione. Solo verso la fine della campagna elettorale è stato possibile ascoltare voci come quella del leader della FDP Christian Lindner, il quale ha ribadito la prospettiva temporanea del diritto d'asilo e allo stesso tempo l'importanza di avere un sistema di immigrazione chiaro. La Grande Coalizione, al contrario, sull'argomento ha preferito tacere temendo di portare acqua al mulino di AfD.

Due anni dopo il grande arrivo, la cultura del benvenuto di allora ha fatto spazio ad una nuova forma di disincanto. I veri esperti avevano messo in guardia sin dall'inizio su quanto difficile potesse essere l'integrazione dei rifugiati in una economia complessa che si stava preparando per il passaggio all'era digitale. Perché la maggior parte dei nuovi arrivati sono persone con qualificazioni inadeguate e con nessuna conoscenza del tedesco, e non ingegneri o medici siriani, come invece spesso riportavano all'epoca certi racconti particolarmente esuberanti.

Molti fattori impediscono l'integrazione

Al momento in Germania ci sono circa 150.000 persone provenienti dai principali paesi d'asilo che hanno trovato un lavoro socialmente assicurato, soprattutto nel settore dei servizi, come nella ristorazione, nelle pulizie, nella logistica o nel lavoro temporaneo, spesso definiti dai politici di sinistra come i peggiori settori. A fronte di questi, ci sono circa 200.000 disoccupati che percepiscono sussidi Hartz IV. Un altro quarto di milione è ancora alla ricerca di un lavoro, ma partecipa ai corsi di lingua e qualificazione e pertanto non compare in queste statistiche, la tendenza sta aumentando. 

Un successo rapido non è in vista, anzi: le esperienze mostrano che spesso molti corsi di lingua non vengono conclusi con il livello desiderato. Non di rado i partecipanti a un certo punto scompaiono e non si presentano piu'. Inoltre i diversi Arbeitsamt si lamentano del fatto che alcuni Laender non controllano efficacemente il rispetto dei requisiti di residenza. Se un rifugiato improvvisamente per conto proprio si trasferisce dalla Baviera al Bacino della Ruhr, probabilmente la sua ricerca di lavoro è destinata a fallire. Il programma degli "ein-euro-Job" per i rifugiati, introdotto dal Ministro Nahles, nel frattempo si è rivelato un flop. Soprattutto perché per queste semplici attività i comuni spesso non hanno trovato i candidati che cercavano - sia perché non erano adatti, sia perché agli occhi dei richiedenti asilo si trattava di compiti troppo bassi.

Un miracolo economico causato dai rifugiati non è in vista. Se oggi alcuni di loro riescono a sostenersi con le proprie forze, bisogna ringraziare soprattutto un mercato del lavoro particolarmente robusto. Ma la buona situazione economica non è una legge naturale. Sarebbe già un grande successo se dopo 5 anni la metà dei rifugiati rimanenti avesse un lavoro con cui pagarsi da vivere. La lunga strada verso l'integrazione richiede tempo e costa molto denaro. Sostenere qualcosa di diverso sarebbe un errore fatale.

domenica 20 agosto 2017

Hans Werner Sinn: il QE per la Germania è stato un disastro

Il Professor Hans Werner Sinn, anche se ormai in pensione, non molla e sulla FAZ torna ad attaccare il suo bersaglio preferito: la BCE a guida italiana. Per Sinn la Corte Costituzionale tedesca ha pienamente ragione: la BCE è andata oltre il proprio mandato e per la Bundesbank c'è il rischio concreto di incorrere in perdite che poi dovranno essere coperte dal contribuente tedesco. Per il professore il QE  è stato un disastro e in Germania urge una riflessione profonda sul senso dell'euro-esperimento. Da FAZ.net
La Corte Costituzionale tedesca non molla. Ancora una volta ha voluto ribadire la sua opinione: la BCE con il suo programma di acquisti ha superato i limiti del proprio mandato. E ancora una volta ha formulato una proposta di decisione per la Corte di Giustizia Europea che va direttamente al centro della questione. Questa volta la corte suprema tedesca ha criticato il programma della BCE usando gli stessi argomenti che la Corte Europea aveva formulato per respingere le preoccupazioni tedesche sull'OMT. Mentre il programma OMT è di fatto un'assicurazione gratuita offerta agli acquirenti dei titoli di stato, in quanto la BCE promette agli investitori di ricomprare i loro titoli tossici prima dell'arrivo della prossima crisi del debito sovrano, il programma QE prevede che le banche centrali dell'Eurozona acquistino effettivamente i titoli di stato sul mercato. Entro la fine dell'anno saranno stati acquistati titoli di stato, con del denaro fresco di stampa, per un valore di circa 1.8 trilioni di euro. 

E' particolarmente significativo il fatto che la Corte Costituzionale abbia sottolineato che la BCE non è autorizzata a perseguire una politica che possa causare perdite nel bilancio della Bundesbank. Perdite che poi si trasformeranno necessariamente in un minor reddito da trasferire allo stato tedesco oppure in una ricapitalizzazione della Bundesbank da parte dello stato. Sono accettabili solo minusvalenze dovute alle variazioni del prezzo dei titoli acquistati e che difficilmente potevano essere prevedibili. La Corte Costituzionale si sta chiaramente pronunciando contro l'acquisto di titoli di stato tedeschi da parte della Bundesbank, nel caso in cui questi titoli abbiano a scadenza un rendimento negativo.

Cio' è molto importante perché fino ad ora era sempre stata sostenuta la tesi secondo cui non ci sarebbe nulla da obiettare se la BCE, acquistando titoli tossici, dovesse incorrere in perdite in conto capitale, visto che l'ottenimento di un profitto non appartiene al mandato della BCE. I sostenitori di questa posizione non hanno piu' a disposizione un argomento che fino ad ora avevano ampiamente utilizzato per mettere a tacere chi la pensava diversamente da loro.

Un aspetto che la Corte Costituzionale non discute, ma che prevedibilmente in futuro porterà a delle perdite, sono i saldi all'interno del sistema Target: a causa del programma di Quantitative Easing (QE) da 3 anni continuano a salire e i crediti Target della Bundesbank recentemente hanno raggiunto 857 miliardi di euro. Anche una insolvenza parziale su questi crediti potrebbe essere un multiplo di cio' che la Bundesbank puo' sopportare senza dover essere ricapitalizzata a spese del contribuente. Nel caso di una perdita sul capitale proprio, sempre secondo la Corte Costituzionale tedesca, una ricapitalizzazione pubblica sarebbe inevitabile in quanto è lo stato tedesco ad avere l'onere di ricapitalizzare la Bundesbank in modo da permetterle un adeguato svolgimento della sua attività, come previsto dalla legge.

I crediti Target della Bundesbank erano cresciuti drammaticamente fino ad agosto 2012, quando avevano raggiunto i 751 miliardi di euro, poi  pero' erano scesi fino a 444 miliardi di euro nell'estate del 2014. La risalita a quasi il doppio del valore non puo' che destare una profonda preoccupazione visto che si tratta di crediti probabilmente non del tutto recuperabili. 

Il rifiuto da parte dei mercati finanziari internazionali di continuare a finanziare i disavanzi delle partite correnti dei paesi del sud e dell'Irlanda è stata la ragione principale per l'aumento dei crediti Target fino all'estate 2012. In una tale situazione di emergenza i paesi in crisi hanno iniziato a stamparsi da soli il denaro di cui avevano bisogno per poter adempiere ai loro obblighi di pagamento. Cosi' hanno potuto continuare ad importare piu' merce di quanta non ne esportassero, rimborsare i debiti scaduti che i loro creditori esteri non intendevano piu' rinnovare, e permettere ai loro cittadini piu' abbienti di comprare immobili, titoli e aziende all'estero in modo da poter mettere al sicuro il loro patrimonio. I trasferimenti netti effettuati con il denaro fresco di stampa sono ben visibili nei saldi Target, nella misura in cui spiegano i rapporti debitorii fra le varie banche centrali nazionali.

Questo self-service con la macchina da stampa è stato reso possibile principalmente dal fatto che il consiglio direttivo della BCE ha abbassato al livello spazzatura i requisiti minimi per la qualità delle garanzie richieste in deposito alle banche per poter ottenere liquidità dalla BCE. Le banche centrali dei paesi in crisi hanno elargito a loro piacimento centinaia di miliardi di euro di prestiti di emergenza ELA e hanno sfruttato le possibilità offerte dall'accordo segreto ANFA. La sola banca centrale italiana ha acquistato piu' di 100 miliardi di euro di titoli di stato italiani con denaro auto-stampato.

Il self-service con la macchina da stampa è naturalmente un processo interamente elettronico. Nel concreto erano le banche centrali nazionali a prestare alle banche del loro paese il denaro fresco di stampa, denaro che metteva le banche e i loro clienti in condizione di realizzare ordini di pagamento all'estero senza correre il rischio di diventare illiquide. E' in questa situazione che la Bundesbank si è trovata a dover rifinanziare i crediti speciali elargiti originariamente dalle banche centrali nazionali. 

Con il programma OMT i mercati dei capitali si sono calmati e sono tornati a concedere nuovo credito ai paesi in crisi, fatto che ha riportato i trasferimenti privati alla normalità e causato una riduzione dei saldi Target.

La gioia per la caduta dei saldi Target tuttavia non è durata molto. Dall'estate 2014 i saldi sono tornati a salire costantemente. Come la BCE ha  piu' volte sottolineato, non si trattava piu' di una fuga di capitali, ma di un effetto voluto della sua politica di QE. Spiegazione che la BCE ripete ogni volta solo per calmare l'opinione pubblica. In realtà l'opinione pubblica avrebbe tutte le ragioni per essere preoccupata: la nuova crescita dei saldi Target è il risultato di un gigantesco programma di ristrutturazione del debito in cui i creditori privati sono stati sostituiti dalle banche centrali degli altri paesi.

Poiché ogni banca centrale acquista titoli in proporzione alla dimensione del paese ed è anche responsabile nei confronti dell'Eurosistema per la stessa cifra, a prima vista si potrebbe considerare l'operazione come non problematica. Tuttavia da un lato la Corte Costituzionale sottolinea che la responsabilità autonoma delle singole banche centrali, fortemente voluta dalla Bundesbank, puo' essere revocata in qualsiasi momento dal board della BCE, e dall'altro i titoli oggetto dell'acquisto non sono distribuiti uniformemente nel mondo. Cosi' i possessori dei titoli dei paesi in crisi risiedono in buona parte all'estero, in quanto questi paesi prima della crisi avevano finanziato i loro disavanzi commerciali vendendo le obbligazioni ad investitori stranieri. A causa di questa asimmetria, il riacquisto dei titoli da parte delle banche centrali dei rispettivi paesi di origine ha portato a nuovi trasferimenti netti fra i diversi paesi che hanno fatto nuovamente aumentare i saldi Target.

Per renderlo piu' concreto dobbiamo ipotizzare l'esempio del riacquisto dei titoli di stato spagnoli posseduti da un'assicurazione sulla vita tedesca che li aveva acquistati prima della crisi con i mezzi finanziari che la Germania si era procurata grazie ai suoi avanzi commerciali. Per riacquistare il titolo, la banca centrale spagnola dà alla Bundesbank l'ordine diretto di creare nuovo denaro per poterlo bonificare all'assicuratore. La Bundesbank è obbligata ad accreditare un trasferimento e per farlo ottiene un credito-Target. Questa transazione è uno scambio di beni che trasforma un debito della Spagna nei confronti di un creditore estero, in questo caso l'assicuratore tedesco, su cui maturano degli interessi e da rimborsare ad una certa scadenza, in un debito puramente contabile all'interno dell'Eurosistema e quindi nei confronti della Bundesbank; un debito contabile che non andrà mai a scadenza e su cui si paga un tasso di interesse pari al tasso di rifinanziamento principale della banca centrale. Questo tasso di interesse, con il voto della maggioranza del board della BCE, composta da paesi con una posizione debitoria verso l'estero negativa, è stato portato a zero.

Non c'è dubbio che il debito pubblico spagnolo in quanto tale in questa transazione resta completamente invariato. Tuttavia il reddito da interessi generato dal titolo ed incassato dalla banca centrale sarà poi trasferito allo stato spagnolo. Se la mettiamo cosi' possiamo dire che il debito pubblico da un punto di vista economico è scomparso ed è stato trasformato in un debito contabile della banca centrale spagnola verso l'estero. In Germania l'assicuratore sulla vita ora avrà del denaro invece del titolo spagnolo, ma in realtà questo denaro è un credito nei confronti della BCE, garantito solamente da un credito all'interno del sistema Target. La Bundesbank è stata obbligata a finanziare in maniera retroattiva i precedenti disavanzi correnti della Spagna nei confronti della Germania.

Ma non c'è solo questo. La Bundesbank con il QE di fatto è stata obbligata a partecipare alla pulizia della situazione debitoria della Spagna nei confronti del resto del mondo. Quando ad esempio la banca centrale spagnola riacquista un titolo di stato da un investitore di Shangai e questo investitore con il ricavato acquista una società tedesca, la Bundesbank deve accreditare l'operazione. La Bundesbank resta con un credito Target verso l'Eurosistema, la banca centrale spagnola con un corrispondente debito Target. Il venditore tedesco ha incassato il denaro dalla Bundesbank, ha quindi un titolo nei suoi confronti. Tuttavia la proprietà dell'azienda tedesca ora è in Cina mentre il titolo di debito spagnolo si trova nuovamente in Spagna.

Questo è solo un esempio, tuttavia i venditori europei ed extra-europei dei titoli oggetto del QE spesso hanno scelto di acquistare beni in Germania. E questa è una delle principali ragioni dell'attuale surriscaldamento del mercato immobiliare, evidenziato dal valore record raggiunto dall'indice che misura gli ordini ricevuti dagli architetti e dall'aumento dei prezzi degli immobili. Il denaro creato dalla Bundesbank per coprire gli ordini di pagamento arrivati dall'estero ammonta al 30% di tutta la moneta creata dall'Eurosistema. 

Spesso si sente dire che in fondo le possibili perdite per l'economica tedesca derivanti dai saldi Target sarebbero trascurabili: si verificherebbero solo in caso di rottura dell'euro. Nel caso una banca centrale dell'Eurosistema dovesse diventare insolvente le perdite verrebbero condivise fraternamente. La Germania non si deve preoccupare.

Questa posizione tuttavia non vuole comprendere un elemento centrale: un credito che non ha scadenza e che attualmente e probabilmente per un periodo di tempo ancora molto lungo, definito a piacere dei debitori, corrisponderà un tasso di interesse pari a zero, di fatto non ha alcun valore. Una impresa privata lo metterebbe a bilancio con un valore probabilmente pari a 1 euro. In ogni caso l'obbligo collettivo dell'Eurosistema nei confornti della Bundesbank di corrispondere interessi pari a zero, di fatto non ha nessun valore.

La questione è ancora piu' problematica se si pensa che i saldi Target hanno ormai raggiunto un livello tale che le banche centrali di molti paesi in crisi non potrebbero sostenere nel caso di ritorno ad una normale politica monetaria e a tassi di interesse piu' alti. Se i crediti sottostanti dovessero diventare inesigibili, allora dovrebbero ricorrere al loro capitale proprio, ma non ne hanno abbastanza. In quel caso la garanzia delle singole banche centrali, prevista dagli accordi, non sarebbe molto utile: non si puo' mettere le mani nelle tasche di un uomo nudo. Anche gli stati nazionali non potrebbero fare molto perché una loro responsabilità diretta è esplicitamente esclusa dai trattati europei. E poi perchè dovrebbero farlo, come del resto lo stato tedesco, se l'obbligo di mantenimento delle banche centrali nazionali implica una quantità maggiore di risorse da trasferire ad un altro stato. Per questo io temo che né la banca centrale spagnola né quella italiana, con un debito target di circa 400 miliardi di euro a testa, sarebbero nelle condizioni di onorare i loro debiti nei confronti dell'Eurosistema nel caso in cui i titoli di stato acquistati dovessero perdere una parte del loro valore. E ovviamente all'interno dell'Eurosistema non potrebbero continuare a stampare denaro, visto che a stampare moneta potrebbero tranquillamente pensarci anche le banche centrali dei paesi creditori.

In un modo o nell'altro i crediti Target della Bundesbank già oggi sono solo dei numeri in aria e servono piu' che altro per un'operazione cosmetica sul bilancio, ma di fatto da tempo non riflettono piu' la realtà economica. Anche se l'euro dovesse continuare ad esistere, la Germania dovrebbe prepararsi a rinunciare ad una grossa parte dei suoi crediti Target. Dato che i crediti Target rappresentano la metà del totale delle attività nette sull'estero della Germania, saldo positivo creato grazie all'accumulo degli avanzi delle partite correnti con l'estero, è giusto porsi qualche domanda sul significato complessivo dell'euro-esperimento. La Germania deve finalmente riflettere su quanto dovrà restare aperto il negozio in cui invece di pagare si lascia un conto aperto, dove i crediti del negoziante non hanno mai una scadenza e in cui il proprietario del negozio non puo' pretendere il pagamento degli interessi.

lunedì 24 luglio 2017

2018 - Odissea in Piddinia

Tobias Piller è il corrispondente dall'Italia per la Frankfurter Allgemeine Zeitung. Sulle pagine del prestigioso quotidiano di Francoforte non perde occasione per raccontare ai tedeschi quanto la situazione italiana sia ormai irrecuperabile e il collasso del Belpaese alle porte. Per Piller, e probabilmente per molti lettori della FAZ, l'Italia resta un paese caotico ed inefficiente, un paradiso di bellezza abitato da un popolo incapace di pensare al futuro. Il giornalista si lancia poi in una profezia funesta: il 2018 sarà l'anno del collasso generale! Grazie Claudio per l'ottima traduzione. Da FAZ.net


All'Italia mancano gli strumenti per un nuovo slancio. La perenne campagna elettorale e una montagna di problemi quotidiani tengono il Paese paralizzato. Il prossimo anno si fa dura

Non è trascorsa nemmeno una settimana nella quale sui giornali italiani non siano comparse brutte notizie: banche stremate, immigrati straziati, caos politico. Il presente di questo superbo Paese è tutt'altro che roseo. Ma la nota più negativa è che l'Italia ha tutte la carte in regola per diventare l'epicentro della crisi europea nel 2018. Fra tutti i Paesi che hanno preso parte al recente G20 l'Italia è quello con le peggiori previsioni di crescita. Anche per questo il debito pubblico è il più elevato di tutti dopo quello giapponese. Eppure questi paragoni internazionali, in particolare quelli che consegnano risultati tanto amari per l'Italia, non interessano la politica romana.

A Roma ruota tutto attorno alle manovre politiche che al momento permettono ai loro protagonisti di restare tranquilli ai loro posti, l'attenzione ricade sugli spettatori nelle innumerevoli discussioni televisive o sul favore riscosso tra gli utenti internet. La stessa crisi dei migranti – con 80.000 sbarchi registrati dall'inizio dell'anno – non partorisce alcuna discussione approfondita in merito alle possibili soluzioni, bensì solo le declamazioni più incisive possibili per le telecamere: “Le ragioni di queste decisioni perverse, in seguito alle quali tutti i migranti sbarcano in Italia, vanno ricercate in oscuri accordi stipulati dal governo Renzi” dice Renato Brunetta, capogruppo del partito di Silvio Berlusconi. Il grande ammiratore della Le-Pen e leader della Lega Matteo Salvini è invece assai più coinciso: “L'Italia sta diventando un immenso campo profughi”.


Solo il 40% dell'acqua piovana

Ci sono parecchi problemi da risolvere intorno alla questione del flusso migratorio. Per anni infatti l'Italia si è abituata a dirottare i nuovi arrivati in direzione Austria e Germania. Adesso invece i profughi, una volta sbarcati, vengono registrati e devono rimanere in Italia. Però 5300 sindaci su 8000 non vogliono alcun centro d'accoglienza sul loro territorio. Perciò gran parte dei 4,5 miliardi di euro destinati all'alloggiamento dei migranti finiscono a delle cooperative non sempre limpidissime, alcune delle quali hanno come unico obiettivo quello di intascarsi il denaro. Questi problemi sono noti da tempo ma l'Italia resta ancora lontana dal poter garantire controlli efficaci e capillari. Molto più semplice lamentarsi continuamente del disinteresse dell'Europa, dal momento che Austria, Germania e gli Stati dell'Europa dell'Est non vogliono farsi carico dei migranti.

Lo stato di emergenza riguardante l'accoglienza e l'assistenza dei migranti è solo uno dei grandi problemi del Paese: vi si aggiungono altre questioni della vita di tutti i giorni. L'agenda quotidiana viene puntualmente scossa da nuovi scandali e spesso le criticità sono rappresentate da problemi ben noti. In questo momento l'Italia sta registrando un'ondata di calore straordinaria e si viene a scoprire – solo adesso – che nel 2017 le piogge ammontano solamente al 40% della media abituale. Il raccolto di riso nella Pianura Padana è minacciato, mentre una gran parte di quello del mais è già andato perduto. I Presidenti di diverse Regioni intendono proclamare lo stato di calamità in modo da ricevere degli indennizzi dallo Stato. Investimenti di lunga durata finalizzati al risparmio idrico nell'agricoltura? Quelli possono pure attendere...

Problemi abituali con l'aggiunta di qualche sgradita sorpresa

Quest'anno però l'emergenza idrica colpisce anche i cittadini che finora ne erano stati risparmiati. Che nelle zone interne della Sicilia città di anche 100.000 abitanti in estate abbiano accesso all'acqua solo ogni due o tre giorni rientra nella normalità. Ora però l'acqua viene razionata anche nell'hinterland napoletano e alcuni paesini vengono riforniti solo grazie alle autobotti. Le notizie riguardanti la penuria idrica sono anche in questo caso accompagnate dai dati circa la perdita d'acqua causata dalle condutture malfunzionanti: a Roma, secondo le statistiche, tali perdite ammontano al 43% dell'acqua trasportata, a Palermo al 45% e a Firenze al 46% (poco meno del 40% la media nazionale). Il Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti tuona: “Non è più tollerabile che ogni anno per alcune città il periodo di siccità si tramuti in un problema di approvvigionamento idrico”. 

A queste emergenze “abituali” si aggiungono altre sgradite sorprese come gli incendi che d'estate colpiscono le aree boschive. Si presume che alcuni di questi vengano appiccati dai forestali “stagionali” che in questo modo hanno la possibilità di prolungare il loro periodo lavorativo (e con ciò anche i loro stipendi). Quest'anno però è emerso che intere zone siano sprovviste di velivoli antincendio. I media riferiscono che, in seguito all'accorpamento dei forestali nel Corpo dei Carabinieri, la questione circa la capacità operativa dei mezzi antincendio sia stata notevolmente trascurata.

Cumuli di macerie nei paesi degli Appennini

La lista delle emergenze e dei disguidi nazionali prosegue senza sosta. A Roma il deposito dei rifiuti è stato chiuso; in mancanza di inceneritori però una gran parte dei rifiuti viene portata all'estero con i treni. A Napoli un edificio di quattro piani è crollato. Il ponte autostradale crollato a maggio nei pressi di Ancona è solo uno dei tre casi analoghi di cedimento verificatisi in sei mesi. Sempre a Roma uno sciopero di 24 ore indetto da due minuscole sigle sindacali ha paralizzato l'intera città: la motivazione era quella di opporsi a qualunque ipotetica proposta di privatizzazione delle linee dei bus e di rivendicare il “diritto allo sciopero”. A Roma ci sono a stento due linee e mezzo di metropolitana per una copertura di 44 km, un paio di tram obsoleti e bus consumati, senza i quali però il traffico va in tilt. Inoltre resta ancora un mistero il motivo per cui un terzo dei bus cittadini sia bloccato in deposito per manutenzione, mentre i meccanici delle officine dei bus il pomeriggio lavorano altrove. Da una parte non si trova il denaro per acquistare i pezzi di ricambio, dall'altra però si incoraggia l'acquisto delle ruote dei bus in modo da alimentare i fondi neri. Si è scoperto che un sindacalista operava da intermediario e grazie ai prezzi gonfiati riusciva a mettere da parte fino a 7 milioni di euro, ufficialmente per la mensa ma certamente anche per affari privati.

Se l'organizzazione quotidiana risulta così difficoltosa, non sorprende certo che le conseguenze dei terremoti verificatisi ad agosto e ottobre 2016 non siano ancora state superate. Nei paesini degli Appennini ci sono ancora cumuli di macerie. Di recente il sindaco del Comune di Visso ha dichiarato che se non verranno intraprese delle contromisure nessuno dei vecchi abitanti tornerà in paese.

Le emergenze a lungo termine cadono nel dimenticatoio

È possibile far peggiorare ancor di più questo stato d'emergenza? Sì, è possibile; e le cause sono molteplici. In Italia i politici si sentono impotenti dal momento che nessuno può prendere una decisione senza prima aver consultato tutte le autorità competenti in materia. Quando qualcuno alla fine osa intraprendere un'azione, corre il rischio di violare una delle 100.000 disposizioni in vigore, di finire a processo (per un indefinito numero di anni...) per via di una quisquilia e magari di dover anche pagare un risarcimento di parecchie migliaia di euro. C'è poi anche un conflitto di potere tra i diversi livelli decisionali ma soprattutto ci sono le prassi imposte dal clientelismo politico, secondo le quali ogni occasione è buona per ricompensare i propri raccomandati con posti di lavoro, incarichi e denaro. E quando sussiste il pericolo che un avversario riesca a mettere le mani su un incarico – e sulle relative prebende – si passa al contrattacco cercando di bloccare tutto nella speranza di propizi incroci politici.

A parte questi bassi istinti, progetti a lungo termine miranti a risolvere gli annosi problemi italiani rappresentano un'ardua impresa. Molto più appetibile impiegare le risorse a disposizione in provvedimenti come “il bonus aggiornamento docenti” o “il bonus cultura ai 18enni” (in entrambi i casi del valore di 500 Euro), oppure promettere la quattordicesima per le pensioni più basse, 400 Euro mensili di sussidio per i nuclei familiari più poveri e un bonus (al cui finanziamento si provvederà solo in un secondo momento) per le pensioni minime future dei giovani italiani. In prossimità del referendum del dicembre scorso Matteo Renzi aveva annunciato un “bonus mamma” di 800 Euro una tantum, senza però prestare attenzione alle norme di attuazione. Mancano invece i fondi necessari per rinnovare anche nel 2018 le deduzioni fiscali in favore delle imprese, che nel 2017 avevano potuto usufruire di questa “misura-esca” in caso di investimenti.

Non si possono concepire le riforme come regali da elargire prima delle elezioni, anche perché misure analoghe verrebbero poi proposte anche dagli altri partiti politici. E, soprattutto, chi vuole investire a lungo termine, non si può illudere di poter raccogliere i frutti politici di tali decisioni, semplicemente perché i cambi di governo sono troppo frequenti.

Il debito pubblico è salito al 133%

Quando nel 2014 l'allora 39enne Matteo Renzi divenne Presidente del Consiglio, promise di affrontare tutte queste inefficienze. Diceva che non gli stava a cuore il potere, bensì il futuro dei propri figli. Promise tante riforme, ne portò a termine una sola – quella del mercato del lavoro (n.d.t abolizione dell'articolo 18) – per poi spostare l'attenzione sulla riforma elettorale e su quella costituzionale. Per riuscire in questo intento si avviò spedito sul percorso del populismo condito da regali elettorali e slogan antitedeschi. La sua smodata sete di potere ha finito per renderlo talmente insopportabile che per gli avversari di Renzi è stato fin troppo facile convincere gli italiani a rigettare le sue riforme in modo da porre fine alle ambizioni di quel politico sempre più detestato. Risultato: la politica e le tante riforme si sono oramai arenate.

Renzi però è nuovamente a capo del PD, tuttavia all'interno del partito è in corso un'accanita diatriba circa le possibili coalizioni. La destra avrebbe buone chance elettorali se non fosse spaccata tra moderati ed euroscettici. Da qualche parte, nella terra di nessuno, si trova Beppe Grillo, privo di qualsiasi programma concreto ma sempre prodigo di ricette populiste e pronto a scagliarsi contro gli sprechi, il Fiscal Compact e l'ondata di migranti. Per le prossime elezioni del 2018 ancora non c'è nemmeno una legge elettorale in grado quantomeno di garantire proporzioni simili tra Camera e Senato, poiché la proposta di legge è stata ogni volta rigettata dalla Corte Costituzionale in riferimento ad entrambe le Camere.

Se la politica italiana dovesse risultare pressoché incapace di agire proprio nel momento della prossima scadenza elettorale, ciò si rivelerebbe un errore fatale. Perché se da un lato il Paese può tirare avanti per altri due anni con i soliti problemi, dall'altro le condizioni economiche potrebbero generare nel 2018 un collasso definitivo del sistema generale. Il debito pubblico ammonta attualmente al 133% del PIL, cui andranno sommati gli oneri per il salvataggio bancario. Non va però dimenticato che nel 2018 il periodo degli interessi tenuti artificialmente bassi sarà finito. Se l'Italia – come quest'anno – andrà nuovamente a bussare ai mercati per farsi prestare 400 miliardi di Euro, ci si porrà la domanda se un Paese tanto problematico, zavorrato da ostacoli alla crescita e da una classe politica disfunzionale, sia poi tanto degno di credito. Questo quesito ancora non aleggia nei pensieri dei politici romani. Matteo Renzi ha appena lanciato il nuovo motto: “Siamo di fronte a dieci mesi di campagna elettorale”.

[1]          Deposito di Malagrotta, chiuso ufficialmente il 1 ottobre 2013

sabato 1 luglio 2017

Steinmeier: Russia ed Europa sono sempre più distanti

Dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung il riassunto di una importante intervista al Presidente della Repubblica. Steinmeier diffida Mosca dall'intromettersi nelle prossime elezioni presidenziali e dà un consiglio all'America di Trump. L'intervista conferma quanto la Germania di Merkel e Steinmeier sia sempre piu' impegnata in una nuova politica di potenza che rinnega la tradizione della "Ostpolitik" tanto cara alla socialdemocrazia tedesca di Willy Brandt. Grazie Claudio per l'ottima traduzione! Dalla FAZ.net


ll Presidente della Repubblica Frank-Walter Steinmeier ha messo in guardia la Russia da un eventuale tentativo di intromissione nelle elezioni presidenziali che si terranno l'autunno prossimo. “Se da parte di Mosca si dovesse verificare un tentativo di influenzare le elezioni, i rapporti diventerebbero giocoforza più tesi. Ciò sarebbe controproducente per entrambi”, ha detto Steinmeier in un'intervista alla FAZ, tracciando in questo modo un'immagine critica dei rapporti tra Europa e Russia. Ormai è una quindicina d'anni che l'estraniamento tra le due parti è in aumento. Secondo Steinmeier la Russia oggigiorno ricerca la propria identità in ciò che la differenzia dall'Europa (e in generale dalla società occidentale) piuttosto che in ciò che la accomuna. In particolare la situazione si sarebbe aggravata nel 2014 con l'annessione della Crimea e con le azioni militari russe nell'Ucraina orientale. Il Presidente della Repubblica si è anche mostrato convinto che “in considerazione di ciò andrebbero esclusi al momento improvvisi ravvicinamenti tra Europa e Russia”. 

Secondo Steinmeier la situazione politica americana può essere cambiata solo dall'interno. “Una cosa è chiara: se ci sarà un'inversione di rotta rispetto rispetto all'evoluzione cui noi stiamo assistendo in questo momento sarà esclusivamente ad opera dei cittadini americani”. Il Presidente della Repubblica ha anche esternato la propria convinzione che non tutto dipenda dal Presidente americano. “Posso solo suggerire di non concentrarsi esclusivamente su Donald Trump quando si vanno a guardare gli Stati Uniti”. Steinmeier ha anche detto di aver recentemente parlato con alcuni deputati del Congresso americano. “La mia impressione è che a lungo andare gli Americani faranno fatica ad accettare che nel loro Paese le decisioni vengano prese per decreto e che le istituzioni democratiche non siano più interpellate”. 

Il Presidente della Repubblica ha preso ostentatamente le difese delle forze armate. “Io ho fiducia nei loro confronti, e anche l'80% dei Tedeschi la pensa come me”. Dopo l'arresto di un ufficiale che aveva con tutta evidenza progettato un attentato terroristico e che conduceva una doppia vita come profugo, il Ministro della Difesa Ursula von der Leyen (CDU) ha sollevato un “problema di condotta” all'interno dell'esercito. Steinmeier ha dunque detto che nel caso concreto del tenente Franco A. si ha a che fare con l'accusa di un reato grave. “Non c'è nulla da minimizzare o edulcorare. I comportamenti perseguibili dalla legge vanno sanzionati dentro e all'infuori delle forze armate”. I recenti episodi sono inquietanti “ma secondo la mia opinione non sono sintomatici dell'intero corpo armato”.

Steinmeier ha anche fatto intendere che il cambio di carica dopo decenni trascorsi in funzioni ben differenti si è rivelato “ancor più grande di quanto inizialmente atteso”. Ha però anche aggiunto che dopo circa cento giorni si è “ben ambientato” a Palazzo Bellevue.

1- Residenza del Presidente della Repubblica sita nel quartiere Tiergarten a Berlino