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venerdì 11 maggio 2012

Target-two, I love you! Perché i risparmiatori tedeschi dovrebbero applaudire la BCE

Continua il dibattito sulla natura dei saldi Target 2 e Mark Schieritz su Die Zeit ribalta la prospettiva di Hans Werner Sinn: se non ci fosse stata la BCE a garantire la solvibilità delle banche del sud Europa i risparmiatori tedeschi avrebbe subito delle pesanti perdite.


I risparmiatori vengono espropriati dei loro risparmi attraverso il sistema Target?

Fin dall'inizio del dibattito, gli appassionati del sistema Target sono alla ricerca di una possibile  vittima dei saldi crescenti della bilancia dei pagamenti. All'inizio la cercavano fra le banche tedesche, a cui sarebbe stato negato il credito - e dopo aver notato che questa vittima non era credibile, adesso ipotizzano che siano i risparmiatori tedeschi a soffrire le conseguenze della crescita di questi saldi

"Secondo l'istituto IFO le vittime sarebbero i risparmiatori dei paesi europei piu' solidi, i cui investimenti sarebbero stati reindirizzati dalla BCE. I titoli negoziabili delle casse di risparmio, delle banche e delle assicurazioni, che sono normalmente coperti dai risparmi di questi paesi, senza il consenso dei risparmiatori, sono stati trasformati in crediti verso la propria banca centrale nazionale, che a sua volta ha dei crediti verso la BCE e che quindi detiene in maniera indiretta dei crediti verso le banche centrali nazionali di Spagna e Italia."

Insieme a Sebastian Dullien ho mostrato in un articolo su VOX, che questa interpretazione non ha molto senso. Al contrario: i risparmiatori traggono vantaggio da questa situazione, soprattutto in considerazione del fatto che le banche tedesche tramite il sistema Target 2 possono riportare a casa i capitali tedeschi, e quindi metterli al sicuro. Se non ci fosse stata questa possibilità, il risparmio tedesco già da molto tempo avrebbe subito delle grosse perdite. La nostra conclusione:

Thus, the liquidity provided by the ECB which is reflected in the TARGET system has made it possible for German banks to bring their money back home. Without the ECB’s intervention, the attempt to shed assets in the periphery would most likely have led to defaults in the banking sector and the wider economy, which would have eroded the value of these assets. German savers – whose money the banks ultimately manage – should therefore applaud the increase in the Bundesbank’s TARGET balance.

Potremo discutere a lungo se questa è una buona soluzione o meno, ma è chiaro: i risparmiatori non sono le vittime  - come non lo sono le banche.

giovedì 3 maggio 2012

Werner Sinn: i crediti Target mettono a rischio il risparmio del nord Europa

Continua sul blog di Handelsblatt.com la discussione sui saldi Target-2 e sui loro effetti: secondo Sinn la Bundesbank e i contribuenti tedeschi sono esposti a rischi eccessivi per i quali non sono remunerati. Questa la puntata precedente.
Caro sig. Gruener,

molte grazie per la sua risposta del 23 aprile. Mi lasci ricapitolare ancora una volta. Come critica alla mia posizione lei ha sostenuto che i saldi Target non potevano finanziare i deficit delle partite correnti, perchè questi deficit erano già presenti prima della crisi e prima della crescita dei saldi Target. A questo io ho risposto scrivendo che anche io non credo che i saldi Target abbiano creato un ampliamento dei deficit delle partite correnti, ma piuttosto provveduto al loro finanziamento. Un deficit delle partite correnti all'interno dell'Eurozona deve essere finanziato o con i crediti Target o attraverso l'importazione di capitali. Lei ha replicato nella sua ultima lettera, che i deficit delle partite correnti possono essere finanziati anche con i trasferimenti di capitale (ad es. donazioni o remissioni del debito), come avviene nei casi di insolvenza.

Quello che lei dice è corretto: un'insolvenza greca porta ad una rinuncia ad un credito dall'estero, che coincide con una riduzione dell'importazione di capitale da parte della Grecia. Fino ad ora, accanto alla normale importazione di capitali e ai crediti Target, questa è stata una fonte aggiuntiva per il finanziamento della bilancia delle partite correnti.

Tuttavia, nei 4 anni di crisi dal 2008 al 2011, ai quali si riferiscono le mie affermazioni, non c'è stata praticamente alcuna rinuncia dei creditori. Pertanto rimane valida la mia affermazione: in questi anni la Grecia non ha avuto in pratica nessuna importazione di capitali e ha finanziato per intero il suo deficit delle partite correnti con i crediti derivanti dal rifinanziamento, i quali hanno provveduto al mantenimento dell'economia greca. E se anche ci fosse stato un fallimento, sarebbe rimasta vera l'affermazione che l'intero deficit delle partite correnti è stato finanziato con i crediti Target.

Anche se in questo periodo ci fosse stato un fallimento senza l'aiuto della BCE, per la mia affermazione non ha alcuna importanza. E non è importante nemmeno il fatto che i deficit delle partite correnti reagiscano ai crediti Target. La mia tesi è che il normale import di capitale con cui si finanziava in precedenza il deficit delle partite correnti si è prosciugato, ed è stato rimpiazzato dai crediti Target. Per favore, legga ancora una volta il working paper con Timo  Wollmershäuser.

Timo Wollmershäuser e io condividiamo anche la sua osservazione, secondo cui la politica BCE nel dopo Lehman è stata utile e ha salvato molti posti di lavoro. Non c'è alcun dissenso sull'utilità di tale politica nei momenti di crisi acuta.

Differenze di opinione ci sono solamente nel lungo periodo, sebbene non posso immaginare che lei abbia un'altra opinione. Un allentamento dei vincoli di bilancio, che nel breve periodo può essere corretto, nel lungo periodo può essere dannoso.

Ci troviamo oggi nel quinto anno di crisi e nel quinto anno di finanziamento totale della Grecia. La Grecia fino ad ora sotto forma di crediti Target, crediti intergovernativi e tagli del debito ha ricevuto 500 miliardi di Euro, che in proporzione al PIL corrispondono a 125 piani Marshall. Il sospetto che siano stati già erogati piu' aiuti di quelli necessari a calmare una crisi di panico di breve periodo dei mercati, è molto forte.

Per quanto riguarda gli effetti di lungo periodo della politica BCE, in particolare l'abbassamento degli standard richiesti per il rifinanziamento del credito che ci ha portato ai crediti Target, dovremmo guardare ai tassi di interesse. Di per sé la politica della BCE ha evitato una stretta creditizia nel sud Europa, e spinto indirettamente verso un abbassamento dei tassi di interesse di lungo periodo in Germania, causato dalla sfiducia dei mercati. La politica della BCE ha inoltre stimolato una maggiore domanda nel sud Europa e quindi un aumento dell'inflazione, o in alternativa un rallentamento della deflazione. Entrambi i fattori hanno ridotto la crescita in Germania. Soprattutto se confrontiamo questa politica, con una caratterizzata da standard di sicurezza per il rifinanziamento meno generosi, e di conseguenza tassi piu' alti nel sud Europa.

Il problema della politica BCE è che il denaro del risparmiatore tedesco che non vuole piu' andare nel sud Europa, viene forzato ad andarvi con la protezione offerta dal contribuente tedesco, fino ad ora 619 miliardi di Euro. Con questa rinuncia al premio di rischio che i mercati pretenderebbero,  le banche centrali e gli stati vengono esposti a dei rischi per i quali non sono ricompensati. In questo modo si abbassa il tasso effettivo nel sud Europa, nel senso delle aspettative matematiche (tasso di interesse meno rischio di insolvenza),  grazie ai tassi effettivi del nord. I tassi di interesse effettivi diseguali portano ad una errata allocazione dei capitali e ad una perdita di benessere dovuta ad una crescita ridotta della zona Euro.  A causa di ciò nel  sud si finanziano progetti con un rendimento marginale minore di quelli che invece nel nord vengono trascurati. 

Nel sistema americano questo non sarebbe stato possibile. In quel sistema i saldi Target, vale a dire i crediti fra i diversi distretti della banca centrale, durante la crisi sono cresciuti fino ad un massimo del 3% del PIL e ogni aprile vengono saldati per mezzo di obbligazioni garantite, questo aprile fino allo 0.1 % pari a 21 miliardi. In Europa dove gli importi possono essere aggiunti al conto in maniera illimitata e dove si paga solo l'1% di interesse per i saldi Target, gli importi sono esplosi e al momento il saldo è pari al 9.8 % del PIL, vale a dire 925 miliardi di Euro. Se in Europa si dovessero saldare i crediti Target come avviene in USA, gli interessi nel sud sarebbero piu' alti. Perciò ci sarebbe da un lato un maggiore afflusso di capitale privato. Da un altro lato gli sforzi per il risparmio sarebbero stati maggiori, e allo stesso tempo gli squilibri esterni si sarebbero ridotti piu' rapidamente. La Bundesbank avrebbe ricevuto dalle altre banche centrali obbligazioni garantite pari a 600 miliardi di Euro, che la metterebbero in condizione di ripagare all'occorrenza le banche e i risparmiatori che hanno depositato il loro denaro. Credo che non sia possibile chiedere il pagamento dei crediti Target in una sola volta, ma gli importi dovrebbero essere limitati come avviene negli USA e in prospettiva i saldi dovrebbero scendere, senza la necessità di intervenire con un'altra forma di protezione per il capitale come ad esempio gli Eurobond o simili. 

Mit freundlichem Gruss

Vostro, Hans-Werner Sinn

martedì 1 maggio 2012

Ifo Institute: la domanda interna tedesca crescerà grazie al boom delle costruzioni


Secondo il prestigioso IFO Institute di Monaco, la crescita tedesca dei prossimi anni arriverà dalle costruzioni e non c'è alcuna bolla immobiliare in corso. Da Wirstschatswoche
Il settore delle costruzioni approfitta in maniera sempre piu' forte dell'Eurocrisi e potrebbe diventare il settore trainante della crescita economica tedesca.

"Il settore delle costruzioni in questo momento sta crescendo con grande slancio. La Germania trae vantaggio dal fatto che finalmente gli investitori tedeschi hanno deciso di investire in Germania, invece che all'estero" scrive il presidente IFO Hans Werner Sinn in un commento sulla Wirtschaftswoche. "La modifica nella destinazione degli investimenti è dovuta principalmente al fatto che le banche e le assicurazioni non si fidano piu' degli investimenti al di fuori della Germania ma preferiscono corteggiare i noiosi ma sicuri clienti del settore immobiliare". Il boom delle costruzioni e dell'immobiliare porta "ad una maggiore occupazione fra i lavoratori edili e da qui si espande a tutta l'economia interna tedesca. Questa è finalmente la tanto attesa crescita della domanda interna". 

Dopo che gli investimenti reali nelle costruzioni dal 1994 al 2009 erano caduti costantemente (in totale di un quarto), nel 2010 sono cresciuti del 2.2 % mentre nel 2011 addirittura del 5.8 %. I permessi di costruzione per i condomini nel 2011 sono saliti del 42.4 % rispetto all'anno precedente. 

Secondo Sinn al momento non ci sarebbe nessun rischio di una bolla sul mercato immobiliare "se consideriamo l'ancora basso prezzo degli immobili rispetto a quello degli altri paesi, sono preoccupazioni che non ci dovrebbero sfiorare" scrive sempre Sinn. Le previsioni di Werner Sinn sulla congiuntura tedesca "Ancora per molto tempo dovrebbe andarci meglio che ai nostri vicini europei".

domenica 22 aprile 2012

Target 2, vielen Dank!


Su Handelsblatt, scopriamo che al di sopra delle Alpi ci sono anche voci fuori dal coro che ringraziano la BCE per il LTRO e per i saldi "Target II". Che cosa sarebbe successo all'Unione monetaria se la BCE fosse stata a guardare? Hans Peter Gruener, economista dell'Università di Mannheim, mette in guardia dalle facili conclusioni alla Werner Sinn.


Molti economisti tedeschi criticano i saldi Target 2  dell'Eurosistema, di solito definiti "crediti Target". Voglio iniziare con la tesi centrale sostenuta da Hans Werner Sinn:

"I crediti target hanno la stessa natura dei fondi di salvataggio europei, che spostano il risparmio tedesco dalla Germania verso l'estero, con la protezione della comunità internazionale, ma di fatto solo con la protezione del contribuente tedesco. Questo credito fa in modo che i posti di lavoro siano creati all'estero invece che nel nostro paese".

Jörg Krämer (capo economista di Commerzbank) arriva ad una simile valutazione negativa:

"La BCE finanzia la bilancia commerciale negativa dei paesi periferici facendo assumere ai paesi del nord Europa dei grossi rischi"

Entrambe le tesi sono almeno in parte vere, ma è solo un frammento del quadro completo, che potrebbe portare a delle conclusioni politiche sbagliate. 

Di fatto in Italia e negli altri paesi GIIPS dell'Eurozona già da molto tempo si accumulano  deficit delle partite correnti. Questi deficit delle partite correnti tendono a ridursi, anche se negli ultimi tempi in maniera non molto pronunciata.

Quello che è cambiato è il comportamento degli investitori. Gli investitori tedeschi non sono piu' disponibili a investire nei paesi GIIPS e i risparmiatori di questi paesi portano il loro denaro in Germania.

Assistiamo in questo momento ad una fuga di capitali e ad un allontanamento degli investitori internazionali. Di conseguenza, solo attraverso la garanzia fornita dalla BCE è possibile il rinnovo dei crediti alle banche GIIPS da parte degli altri paesi europei.

Come questo fatto possa essere giudicato, lo possiamo capire solo se riusciamo a figurarci l'alternativa. Se la BCE avesse assistito alla fuga di capitali senza battere ciglio, saremmo arrivati ad una liquidazione delle obbligazioni del sud Europa, in quanto le banche sarebbero state obbligate a ridurre pesantemente gli attivi nei loro bilanci.

Un credit crunch o perfino una insolvenza delle banche del Sud Europa sarebbero stati molto probabili. Nel corso di una crisi di queste dimensioni, gli investitori tedeschi avrebbero perso una parte del loro capitale investito in questi paesi e i lavoratori tedeschi molti posti di lavoro.

Se si deve confrontare l'immissione di liquidità della BCE - di cui i saldi target sono una conseguenza - con questo scenario di insolvenza generale, allora il giudizio è molto diverso da quella fornito dal mio collega Sinn.

I saldi Target si sviluppano perchè il capitale tedesco, grazie alla protezione degli stati europei, viene difeso da eventuali perdite dovute ad una insolvenza sulle obbligazioni delle banche del Sud Europa.

I rischi derivanti, secondo i trattati, devono essere sostenuti da tutti gli stati dell'Eurozona in quanto azionisti della BCE. Tuttavia questo per alcuni paesi resta poco credibile in quanto un paese insolvente non potrebbe in alcun modo partecipare ad un aumento di capitale della BCE.

La politica monetaria della banca centrale comporta per i contribuenti di alcuni paesi europei l'assunzione di grossi rischi. A causa del rischio inflazione, se gli sforzi di riforma in Italia e Spagna dovessero fallire, ci sarà anche il rischio di investire in titoli non indicizzati all'inflazione. Allo stesso tempo potrebbe diminuire la pressione sui paesi GIIPS per una riduzione duratura dei deficit delle partite correnti.

Quando valutiamo una politica, dobbiamo pensare alle soluzioni alternative. Il mondo perfetto è raramente disponibile come alternativa. Questo vale anche per la politica della BCE. Se l'alternativa era una ridotta offerta di liquidità attraverso il LTRO, gli esiti per l'Europa ma anche per la Germania sarebbero stati devastanti.

Il generoso LTRO e l'ampliamento delle garanzie accettate, non avevano certamente l'obiettivo di spostare posti di lavoro dal nord al sud Europa. Daranno invece al governo italiano e spagnolo il tempo necessario per portare a termine il consolidamento senza causare una recessione. Senza l'avvitamento in una crisi economica ancora piu' profonda, anche i posti di lavoro in Germania alla fine saranno piu' sicuri.

Dicendo questo non voglio certo sminuire i possibili effetti collaterali, che del resto sono evidenti. L'aggiustamento dei prezzi dei fattori produttivi nel sud Europa sarà probabilmente reso piu' difficile ed una non efficiente allocazione delle risorse sarà favorita dai criteri  poco convincenti per la concessione di credito. 

Il LTRO e la nazionalizzazione delle politiche di credito comportano per la Germania e per altri paesi dell'Eurozona dei grossi rischi, che si aggiungono a quelli dei pacchetti di salvataggio europei. E' stato invece sostituito il rischio di una bancarotta della banche italiane con quello di una lunga e duratura negazione delle necessarie riforme nel Sud Europa. 

Allora cari colleghi: a parte il tasso di interesse piu' alto, quale sarebbe stata l'alternativa?

mercoledì 4 aprile 2012

Non siamo noi a dover inflazionare, sono gli altri a dover deflazionare!


Ancora una volta Werner Sinn, con un nuovo commento sulla conservatrice Wirtschaftswoche, ci ricorda il punto di vista tedesco sulla crisi del sud Europa: riducete salari e prezzi e tornerete alla crescita. Ma non eravamo parte di una UNIONE?

Per recuperare competitività i paesi della zona Euro devono diventare più economici. Ma di questo ancora non c'è alcuna traccia. Gli immensi deficit delle partite correnti potrebbero restare invariati - e i miliardi di aiuti finanziari pagati dai contribuenti continueranno a scomparire.

Chi si trova oggi ad analizzare la crisi dell'unione monetaria e vuole valutare le misure di salvataggio, deve confrontarsi con 2 teorie divergenti: la teoria del denaro in vetrina e quella del barile senza fondo. Secondo il primo punto di vista, la politica deve semplicemente raccogliere del denaro nel fondo lussemburghese di salvataggio EFSF.

In questo modo il mercato dei capitali si calma, gli interessi crollano, e i paesi del sud Europa ritornano ad essere solventi. Il denaro dei contribuenti può restare inutilizzato in vetrina. Secondo l'altra teoria, i paesi in crisi nonostante i fondi di salvataggio resteranno cronicamente in deficit, in quanto per loro, la strada verso una svalutazione, a causa dell'Euro, è sbarrata. Una svalutazione interna resta troppo difficile.

La Grecia deve diventare del 37% più economica.

I fondi di salvataggio scompaiono in immensi deficit delle partite correnti (120 miliardi solo nel 2011 fra Italia, Grecia, Portogallo e Spagna) ed eliminano ogni incentivo a mettere un fondo al barile. Il criterio decisivo per decidere fra queste 2 teorie è l'interrogativo, se i paesi in crisi riusciranno a diventare più economici - visto che solo in questo modo la domanda interna ed esterna dei loro prodotti potrà crescere.

Se la Grecia diventasse più economica del 37%, raggiungerebbe gli stessi livelli di prezzo della Turchia. I turisti stranieri tornerebbero nel paese, e i greci la smetterebbero di comprare pomodori olandesi e olio di oliva italiano. Qualsiasi paese, non importa quanto sia produttivo, può diventare competitivio, se è conveniente abbastanza. Per quanto riguarda i prezzi dobbiamo mettere le lancette indietro, in quanto nel sud Europa, a causa dell'Euro, sono cresciuti troppo.

Il credito a buon mercato, arrivato con l'Euro, ha fatto crescere delle bolle inflattive. I paesi GIIPS (Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo e Spagna), misurati con il deflatore del PIL, in confronto ai loro partner commerciali nell'area Euro, dal 1995 (anno in cui l'Euro è stato annunciato in maniera vincolante) fino al 2008 ( anno della crisi Lehman) sono diventati del 30 % più costosi.

Una considerevole parte di questa crescita dei prezzi dovrà essere stornata, perchè il credito non arriva più a queste economie. E fa bene a non arrivare. Purtroppo, per quanto riguarda i prezzi del sud Europa non è successo molto. Mentre l'Irlanda, misurata dal deflatore del Pil, nei 5 anni dal 2006 al 2011 (terzo trimestre di ogni anno) in relazione al resto della zona Euro ha ridotto i prezzi del 15 %, i paesi del sud Europa sono diventati più costosi del 15%.

L'indice dei prezzi greco in questo periodo di tempo è cresciuto del 7%, il doppio di quanto possa essere ricondotto all'aumento dell'IVA da parte del governo. In Italia è cresciuto del 2%, in Portogallo dello 0.6 %, in Spagna dello 0.3 %. Anche durante la crisi non si assiste ad un andamento diverso.

Mentre l'Irlanda dal 2008 al 2011 (rispettivamente il terzo trimestre) è diventata più economica del 9.8 %, la Grecia è diventata più costosa del 2.5 %, Italia del 1.2% e il Portogallo dello 0.5 %. Solo la Spagna ha abbassato il proprio livello dei prezzi dello 0.9 %. Ora Norbert Haering argomenta su Handelsblatt, che il deflatore del PIL sarebbe un indice non adeguato per misurare la competitività di un paese, perchè è fortemente influenzato dai prezzi degli immobili. Bisognerebbe invece orientarsi al costo del lavoro per ogni unità di prodotto.

Il deflatore del PIL è adeguato

L'argomento non regge. Prima di tutto i prezzi delle case non vanno nel deflatore del PIL. Quello che accanto ai prezzi dei beni e servizi finisce in questo indice, sono gli affitti e i prezzi delle nuove costruzioni, ma questi non sono così volatili come i prezzi degli immobili. Secondo, il costo del lavoro per unità di prodotto è definito come la relazione fra costo del lavoro e PIL reale. Dipendono anch'essi dal deflatore del PIL e non offrono nessuna misura dei prezzi diversa da questo.

Terzo, il costo del lavoro per unità di prodotto è rilevante per la competitività, se influenza i prezzi. Una produttività crescente, che con salari invariati conduce a costi per unità di prodotto inferiori, non aumenta la competitività, fino a quando non conduce a prezzi più bassi. Anche le riduzioni dei salari sono irrilevanti, se non conducono ad una riduzione dei prezzi.

Quarto, i costi del lavoro nella maggior parte dei paesi presi in esame sono ulteriormente cresciuti. Dal 2008 al 2011 sono cresciuti del 2.3% in Grecia, in Italia del 4.5 %, in Portogallo dell' 1.8%. Solo la Spagna è riuscita ad ottenere un meno 3.2 %. A parte le buone intenzioni, non c'è ancora nessun segno che i paesi in crisi faranno i compiti per casa loro assegnati. Dobbiamo invece temere che i deficit delle partite correnti restino in queste condizioni ancora a lungo e la crisi di debito del sud Europa si aggravi ulteriormente. E tutto quello che è stato messo in vetrina venga saccheggiato.

lunedì 2 aprile 2012

La dichiarazione di Bogenberg e il problema dei crediti Target

Il prestigioso istituto IFO di Monaco ed il suo presidente, Hans Werner Sinn, rilanciano il dibattito sui rischi dei saldi Target: c'è bisogno di una politica monetaria e di una banca centrale che possano e sappiano tutelare gli interessi tedeschi.

Con la dichiarazione di Bogenberg, pubblicata nel dicembre 2011, l'associazione degli amici dell'Istituto IFO e il board dell'IFO Institute hanno pubblicato un elenco di proposte.  Tali proposte erano finalizzate a prevenire l'accettazione da parte della Germania di eccessive responsabilità per il pacchetto di salvataggio previsto dalla comunità degli stati,  e il conseguente indebolimento dei processi di mercato causati da tale pacchetto di aiuti. 

La dichiarazione faceva riferimento alle seguenti proposte:

- La BCE deve limitare il suo mandato alla formulazione della politica monetaria e abbandonare il suo ruolo di fornitore di liquidità di ultima istanza. Organismi eletti democraticamente devono essere responsabili per i pacchetti di salvataggio.

- La distribuzione dei diritti di voto e le regole di decision making all'interno degli organi decisionali BCE devono essere rivisti.

- I crediti Target devono essere saldati una volta all'anno con collaterali negoziabili  come avviene negli USA.

- Il package di bailout deve essere completato da un meccanismo di crisi chiaro e da un processo di insolvenza teso a limitare le misure di salvataggio prese dalle comunità degli stati.

- Nel medio termine le banche devono coprire l'acquisto di bond pubblici con l'emissione di azioni e accettare lo stato come comproprietario, se necessario, se non hanno le risorse per ricapitalizzare autonomamente.

- Paesi che non sono in grado di ripagare i loro debiti devono abbandonare l'unione monetaria.
Crediti-debiti esteri in rapporto al PIL, in grigio gli importi dei saldi target
Nella nuova nuova pubblicazione IFO, il Prof. Hans Werner Sinn, presidente dell'Istituo IFO, si focalizza sui crediti Target, offre una visione generale dei fatti e fornisce le ultime cifre. Con la lettera del governatore Jens Weidmann alla BCE, la Bundesbank abbandona la precedente posizione secondo la quale i saldi Target sono statisticamente irrilevanti e rappresentano un normale effetto collaterale della creazione di moneta nel sistema monetario europeo. La Bundesbank adesso condivide la nostra preoccupazione sul fatto che i saldi Target fra le banche centrali sono cresciuti eccessivamente. Le preoccupazioni riguardano anche il fatto che le banche centrali nell'area Euro possano non essere nella posizione di sostenere perdite potenziali. 

Contemporaneamente il governo federale tedesco continua a sostenere la visione secondo cui i saldi Target non costituiscono un credito. Sinn contraddice questa opinione nell'ultima pubblicazione IFO. A questo aggiunge anche:

- I debiti esteri della Spagna sono più grandi di tutti quelli degli altri paesi in crisi messi insieme.

- Paesi Bassi e Olanda hanno accumulato crediti Target per oltre la metà del valore dei loro crediti esteri.

 - La fuga di capitali dall'Italia è stata compensata dai crediti target, che rappresentano un dato piu' alto del deficit delle partite correnti accumulato negli ultimi 4 anni.

- Il valore complessivo dei crediti target della Bundesbank verso l'Eurosistema corrispondono a 13.000 € per ogni membro della popolazione attiva.

- Negli ultimi 4 anni la somma ottenuta dalla Germania per i suoi attivi di bilancia commerciale corrisponde ai crediti target della Bundesbank.

Allo stato attuale il sistema finanziario europeo non può resistere con la sua attuale struttura politica ed economica in quanto sta distruggendo il mercato dei capitali e minacciando la stabilità di alcuni paesi.  I rischi assunti e le garanzie offerte sono cresciuti intollerabilmente forzando alcuni paesi a fornire credito ad altri senza che questa decisione fosse validata dai parlamenti nazionali. I crediti Target della Germania hanno ormai raggiunto i 547 miliardi di Euro. Se i depositi presso la BCE riempiti con il "big bazooka", e se il board BCE accetterà obbligazioni societarie per 500 miliardi come collaterale, allora l'intero ammontare dei crediti verso l'estero della Germania potà essere usato nel processo compulsivo di offerta di credito ai paesi dell'europa periferica. 
Diritto di voto nella BCE a confronto con le garanzie dei vari paesi
La politica BCE non solo significa che i risparmiatori tedeschi sono stati derubati dei loro normali tassi di interesse e che per le loro polizze di assicurazione sarà sempre piu' difficile generare interessi adeguati, ma soprattutto espone la Germania ad enormi rischi. Se l'Euro dovesse dissolversi, la Germania resterebbe con dei crediti verso un sistema che non esiste piu'. Inoltre, se uno o piu' paesi dovessero abbandonare l'euro e dichiarare insolvenza, allora la Germania dovrà sopportare le perdite dovute ai crediti Target.

La proposta di introdurre il sistema USA in Europa (dove i debiti target sono saldati una volta all'anno con collaterali negoziabili) non significa abbondonare del tutto i saldi target, o rifiutarsi di fornire assitenza ai paesi in crisi. Tuttavia, la sua implementazione fermerebbe quei paesi che usano la stampante di denaro e rassicurerebbe la Germania che non sta consegnando il suo export invano.
Partite correnti tedesche in rapporto a quelle dei GIIPS
Inoltre, questa proposta renderebbe la Germania meno indifesa verso i ricatti quando si tratta di decidere su ulteriori pacchetti di salvataggio. Adesso tutti sanno che la Germania è costretta a sostenere ogni pacchetto di salvataggio perché i suoi crescenti crediti Target sono a rischio. Questa situazione è inaccettabile se i paesi devono coesistere e cooperare felicemente. 

giovedì 9 febbraio 2012

Siamo a 643 miliardi

Il prestigioso Istituto IFO di Monaco calcola settimanalmente l'esposizione della Germania verso il salvataggio dei GIIPS. Questa settimana abbiamo raggiunto la cifra di 643 miliardi.