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martedì 23 giugno 2020

Carne da cannone per i grandi macelli

Le condizioni di lavoro in molti macelli tedeschi sono disastrose, gli alloggi per gli operai sono sovraffolati e angusti e i lavoratori dell'est devono anche subire il solito razzismo dei padroni di casa. L'ondata di contagi da Covid-19 porta finalmente alla luce un sistema di sfruttamento industriale che per andare avanti ha disperatamente bisogno di carne da cannone da tutta Europa. Un articolo molto interessante dalla Süddeutsche Zeitung ci spiega come funziona il sistema Tonnies



Già dopo qualche minuto arriva il primo messaggio Whatsapp proveniente da un uomo che qui chiamiamo Marius Popescu*. La SZ ha chiesto su di un gruppo Facebook di rumeni del Nord Reno-Westfalia, se qualcuno aveva voglia di parlare delle condizioni lavorative nel settore della macellazione. Dal 2015 Popescu ha sempre lavorato per Tönnies, fino a quando circa tre settimane fa è stato messo in quarantena. La grande fabbrica per la lavorazione della carne ora è finita al centro dell'attenzione, dopo che più di 1.000 lavoratori sono risultati positivi al Covid-19.

Popescu parla con calma e tranquillità. Non è che nel settore della carne tutto faccia cosi' schifo, dice. Ma molto di quello che ci racconta, tuttavia, spiega anche perché ormai non ci sia quasi piu' nessuno disposto a lavorare nei macelli.

Popescu ha iniziato confezionando la carne per Tonnies, poi è passato al taglio. Ci racconta di circa 200 ore di lavoro mensili e di alloggi in cui prima della pandemia da tre a sette persone condividevano una stanza. Ma non sembra esserne particolarmente scioccato. "Certo il lavoro è duro". Popescu è stato nell’esercito, ma lui non ricorda che fosse così difficile. Lavorava forse un decimo rispetto a quello che fa ora da Tönnies. All'inizio non pensava che ce l'avrebbe fatta - la macellazione industriale gli sembrava troppo brutale. Considera il suo lavoro da Tönnies come un possibile trampolino per qualcosa di meglio. Grazie a questo lavoro vorrebbe trovare qualcos’altro da fare in Germania, possibilmente in un altro settore.

Popescu sembra essere davvero stupito solo da un argomento. Circa sei settimane fà, infatti, lui e sua moglie erano già stati testati per il Coronavius. In seguito sono anche tornati a lavoro. Ma solo due settimane dopo gli sono stati comunicati i risultati: la moglie di Popescu era positiva. Non riesce a capire perché ci sia voluto così tanto tempo per l'analisi. Né può capire perché dopo di allora non ci siano stati altri test, né alcuna informazione. Il giorno dopo lui, sua moglie e l'intero turno sono stati mandati in quarantena. Da allora, nessuno lo ha più contattato. Anche altri lavoratori hanno riferito alla SZ che da Tönnies, già da diverso tempo, c'erano dei casi individuali di coronavirus.

"Quelli che si lamentavano venivano sbattuti fuori".

Dopo Marius Popescu, altri lavoratori hanno voluto parlare con la SZ, la maggior parte di loro sono sconvolti. Andrei Amariei* scrive che vorrebbe mettere in guardia la gente dallo sfruttamento tipico dei macelli come Tönnies. Amariei nel frattempo è uscito dal settore. Dal 2015 al 2019 ha confezionato carne in Germania, per lo più da Tönnies a Rheda-Wiedenbrück. Ora vive di nuovo in Romania ed è felice, lo racconta in una telefonata su Facetime. La lista delle sue accuse contro Tönnies è lunga. All'inizio lo hanno fatto lavorare per sette settimane senza un giorno di riposo - e sempre di notte, poiché  aveva urgente bisogno di soldi. Ma anche gli altri lavoratori spesso ottenevano un solo giorno libero ogni tre settimane. Anche il suo datore di lavoro, come nel caso di Marius Popescu, un subappaltatore intermediario, truffava sui salari. Quando Amariei ha lasciato l'alloggio aziendale, il subappaltatore gli ha comunque detratto l'affitto. Se passavano del tempo a pulire il posto di lavoro, non veniva considerato come orario di lavoro. Amariei segnala anche "errori" in busta paga, sempre in favore del datore di lavoro. Regolarmente venivano a mancare delle ore, anche se le ore di lavoro effettive erano registrate con la scansione delle impronte digitali al momento dell’ingresso. "Chi si lamentava non veniva più considerato necessario", dice Amariei. Alle domande, risponde sorridendo imbarazzato, come se lui stesso fosse sorpreso di essere rimasto intrappolato in un sistema del genere. Definisce Tönnies uno "stato nello stato". Anche la Cancelliera Merkel non riuscirebbe ad entrare, se non ci fosse qualcuno a farla passare. In realtà, non gli è permesso di riferire nulla sulle condizioni di lavoro presso Tönnies, è scritto nel contratto di lavoro con il suo subappaltatore.



Fino alla pubblicazione di questo articolo, Tönnies non ha risposto alle richieste della SZ.

Le descrizioni di Popescu e Amariei coincidono con altre informazioni, come quelle di Szabolcs Sepsi. Dal 2013, infatti, è responsabile del progetto "Faire Mobilität" a Dortmund nell'ambito del quale aiuta i lavoratori a difendere i loro diritti.

Sepsi spiega in che modo il settore della carne, circa 30 anni fa, sia stata industrializzato e liberalizzato. "C'è una dura guerra dei prezzi condotta dai subappaltatori in concorrenza fra di loro". L'industria della carne ha portato all'estremo il sistema dei contratti d'opera. Molti lavoratori, infatti, potrebbero essere trasferiti in qualsiasi momento. Secondo le sue stime, dei 7.000 dipendenti di Toennies attualmente in quarantena, circa 3.500 lavorano per aziende esterne, circa 2.000 sono rumeni. Senza questo confuso sistema di subappaltatori, Tönnies avrebbe potuto identificare piu’ facilmente gli alloggi dei lavoratori, dice Sepsi.

Senza dubbio negli ultimi anni la situazione negli alloggi è migliorata. In passato gli era capitato di trovare la muffa, gli scarafaggi e i cavi elettrici aperti. Come Popescu, anche Sepsi sostiene che il mattatoio dovrebbe essere solo un trampolino di lancio per trovare poi altri lavori migliori in Germania. Ma racconta anche: "Le condizioni di vita negli alloggi restano difficili".  Dato che molti stabilimenti per la lavorazione della carne lavorano 24 ore su 24, spesso davanti ai bagni si forma la coda e non si riesce piu' a stare in pace e tranquillità. E questo potrebbe anche alimentare conflitti con il quartiere: "Quando il furgone di notte viene a prendere i lavoratori e suona il clacson, penso che dia molto fastidio". Sepsi conferma che in questo settore la frode sui salari è sistematica. La maggior parte dei lavoratori ufficialmente guadagna il salario minimo, ma deve lavorare più di quanto concordato. Nel corso degli anni, alcuni sviluppano dolori cronici e a volte vengono "fatti fuori" dai subappaltatori.

Le persone attualmente in quarantena sono particolarmente indignate a causa dell'affermazione secondo la quale sarebbero andati via per un lungo weekend e così’ al loro ritorno avrebbero portato con sé il virus. In realtà molte persone stavano lavorando negli stabilimenti: "Non c'è stato nessun fine settimana lungo per l'industria della carne", dice Sepsi. "L'affermazione è semplicemente falsa e alimenta solo il razzismo."

Ai dipendenti di Tönnies sarebbe stato rifiutato l'ingresso negli ambulatori medici

Si registra già un aumento dell’emarginazione: gli hanno riferito infatti che gli ambulatori medici non fanno più entrare i dipendenti di Tönnies. Si dice che i supermercati abbiano fatto uscire persone che pensavano fossero dei rumeni. "È successo anche a Cosfeld", dice Sepsi.

Per Andrei Amariei non è una grande sorpresa. Dice: "I rumeni sono sempre stati in fondo alla scala sociale, anche i polacchi e i turchi ci guardano dall’alto in basso". Racconta di un conoscente rumeno che da commesso di un supermercato, aveva il divieto di parlare rumeno con i clienti rumeni. Da un lato si ricorda dei vicini di casa simpatici - e dall'altro di tutti quelli che non perdevano occasione per lamentarsi dei rumeni. "Anche se un'auto era parcheggiata un po' storta". Amariei è molto infastidito anche dalle dichiarazioni del presidente del NRW Armin Laschet. Mercoledì scorso, infatti, hanno chiesto a Laschet che cosa significasse il boom di contagi da Toennies per quanto riguarda l’allentamento dei divieti. Laschet ha risposto: "Non ci dice nulla a riguardo, perché i rumeni e i bulgari sono rientrati in Germania e il virus arriva dai loro paesi". In seguito Laschet ha anche citato gli alloggi come una possibile causa di diffusione, ma dopo le critiche molto pesanti che gli sono arrivate ha dovuto chiarire: "Non è possibile dare la colpa del virus a persone di qualsiasi origine esse siano".

Amariei invece sostiene che Toennies, come Laschet, stava solo cercando di scaricare la colpa su chi può essere sostituito piu’ facilmente: "Troverai sempre qualcuno che alla fine è disposto a lavorare sodo anche per pochi soldi. Le persone che si sono messe i soldi in tasca ora stanno semplicemente dando la colpa a loro. Non c'è decenza in tutto questo".

* I nomi dei dipendenti sono stati cambiati.


domenica 21 giugno 2020

Heiner Flassbeck - L'Europa non può permettersi un'altra stagione di moderazione salariale in Germania

"Se l'economia tedesca provasse un'altra volta a spiazzare i suoi partner commerciali europei con dei tagli salariali, questo tentativo si trasformerebbe in un suicidio. Non solo causerebbe un danno enorme alla domanda interna tedesca, ma soffocherebbe per sempre anche i partner europei, che invece stanno disperatamente lottando per la loro sopravvivenza economica", scrive il grande economista tedesco Heiner Flassbeck. Una riflessione molto interessante sulle grandi sfide che il governo tedesco dovrà affrontare nei prossimi mesi; la speranza è che a differenza del 2008 abbiano imparato la lezione e questa volta non operino esclusivamente nell'interesse tedesco. Un ottimo Heiner Flassbeck da Makroskop.de


Tutti vorrebbero tornare alla normalità - anche economica. La maggior parte delle persone tuttavia non vuole ancora ammetterlo: la normalità pre-crisi non tornerà più. L'economia del dopo-crisi non sarà più l'economia che conoscevamo prima. La situazione si è sviluppata in maniera molto diversa da come i politici e probabilmente anche i virologi e gli epidemiologi se l'erano immaginata. L'operazione "Grandi Feste", dopo la quale in tre o quattro mesi il mondo sarebbe semplicemente dovuto tornare alla vecchia vita, è fallita drammaticamente.

Non vogliamo parlare ancora una volta delle ragioni del fallimento. Ciò che conta ora è non commettere dei nuovi gravi errori che nei decenni a venire potrebbero danneggiare lo sviluppo economico, sia in Germania che in Europa .

Si profila già un modello che ci porta verso decisioni completamente sbagliate. Proprio come accadde dopo la crisi finanziaria del 2008/2009, i partner della coalizione a Berlino sono sopraffatti dal panico e dalla paura. Dopo che all'epoca grazie all'indebitamento pubblico erano riusciti a combattere con successo la crisi finanziaria, subito dopo scelsero invece di inserire a rotta di collo il pareggio di bilancio in Costituzione e cosi' per anni si è perseguito l'obiettivo dello Schwarze Null - a scapito non solo dell'economia tedesca, ma anche dei partner dell'unione monetaria.

Il meccanismo di rientro dal debito istituito all'epoca sta già gettando la sua ombra sull'attuale gestione della crisi. E anche la seconda grande questione, che sarà altrettanto decisiva nel determinare i danni economici di lungo termine che la crisi causata dal Coronavirus produrrà in Germania e in Europa - ovvero gli accordi salariali dei prossimi 12-24 mesi - sembra già muoversi in una direzione fatale.

Ripagare rapidamente il debito pubblico?

Dalla CDU, infatti, si stanno già alzando le prime voci che chiedono tempi stretti per il rientro del debito pubblico. Paul Ziemiak, segretario generale della CDU, parla già di massimo dieci anni in cui tutti i debiti pubblici, che nel frattempo si sono aggiunti, dovranno essere completamente rimborsati. Giustifica questa richiesta sostenendo che la politica dello Schwarze Null starebbe dando i suoi frutti durante la crisi attuale, visto che la Germania in questa fase si sarebbe "guadagnata" un margine di manovra "per il quale gli altri Stati oggi ci invidiano".

L'insensatezza macroeconomica che si evince da queste parole, senza dubbio si adatta perfettamente alle aspettative dei potenziali elettori della CDU, il che rende questa posizione comprensibile dal punto di vista politico e partitico. Purtroppo ciò non cambia affatto la totale mancanza di una logica macroeconomica. In tutta la coalizione di governo, infatti, si parla di ridurre il debito come se il riuscire o meno a farlo, fosse solo una questione di volontà politica.

Ma questo non è affatto il caso. È semplicemente impossibile che lo stato si possa aspettare un'economia in crescita, indispensabile per portare a zero il deficit di bilancio e rimborsare il debito pubblico, in una fase in cui il settore industriale è molto parsimonioso. E' ora di prendere atto della situazione: non c'è più un settore aziendale che investa così tanto da doversi indebitare.

In Europa, nel suo complesso, sarà molto difficile ridurre i disavanzi dei bilanci pubblici o addirittura rimborsare i vecchi debiti. Le famiglie e i privati tradizionalmente hanno sempre risparmiato, e il settore delle imprese fa lo stesso da circa 20 anni. Il risparmio, tuttavia, deve essere  accompagnato dall'indebitamento, se vogliamo che l'economia contemporaneamente non decresca. Chiunque ignori questa semplice logica macroeconomica e cerchi di adottare misure di politica economica che violano esplicitamente questa logica, otterrà il contrario di quanto auspicato: provocherà un aggravamento e un prolungamento della crisi a scapito di ampie fasce della popolazione europea.

Quali sono i settori in Europa che ancora possono indebitarsi per ribilanciare la volontà di risparmio del settore privato? Ci sono solo i bilanci pubblici nazionali e i paesi extraeuropei. Ma questi ultimi non permetteranno mai all'Europa di avere degli avanzi di conto corrente così elevati con il resto del mondo tali da permettere, da un lato, ai bilanci pubblici nazionali dei paesi europei di non dover piu' registrare disavanzi paralleli alla volontà di risparmio dei privati e, dall'altro, non permetteranno mai agli europei di fare degli avanzi così ampi da poter ridurre i vecchi debiti pubblici fatti ai tempi del coronavirus. Prima che ciò accada, avremmo una guerra commerciale tra l'Europa e il resto del mondo o una corsa alla svalutazione tra l'euro e le valute extraeuropee (che è praticamente la stessa cosa). Entrambi gli scenari condurrebbero il mondo ancora più a fondo in una grave crisi economica.

Se vogliamo evitare che ciò accada, i bilanci pubblici nazionali in Europa, nel bene o nel male, dovranno continuare a svolgere il ruolo del debitore - che ciò piaccia o meno ai difensori dei trattati di Maastricht. Anche se i responsabili politici consapevolmente cercassero di fare resistenza nei confronti di ogni ulteriore indebitamento del settore pubblico in Europa, non farebbero altro che prolungare la crisi economica e quindi accrescere involontariamente la posizione debitoria dei bilanci nazionali. Poiché l'Europa non avrà mai l'opportunità di spostare il peso del suo debito verso l'esterno, cioè di risanarsi attraverso l'avanzo delle partite correnti, è assurdo voler trasformare questa strategia, che va contro ogni logica, nel principio guida della politica economica dei prossimi dieci anni.



E questo vale non solo per l'Europa nel suo complesso, ma anche e soprattutto per la Germania, in quanto paese singolo. In maniera completamente diversa da quanto suggerisce la citazione di Paul Ziemiak all'inizio dell'articolo, un paese ha solo un modo per far risparmiare tutti e tre i settori interni senza che l'economia crolli: spingere i Paesi esteri nel ruolo di debitori. E lo può fare solo attraverso una sistematica riduzione dei prezzi sui mercati internazionali, che non può essere in alcun modo compensata dall'apprezzamento delle valute.

In altre parole: la Germania dovrebbe ripetere la sua strategia di avanzo delle partite correnti degli ultimi vent'anni a spese dei suoi partner nell'unione monetaria. Ma non riuscirà più a farlo, perché le economie dei partner dell'unione monetaria ormai sono in ginocchio. La prima previsione professionale e realistica disponibile sul primo semestre 2020, presentata la settimana scorsa dal DIW, ipotizza che l'avanzo di conto corrente tedesco quest'anno scenderà a 80 miliardi di euro (dopo gli oltre 200 miliardi del 2019).

A meno di non volere una totale distruzione dell'Europa, la Germania non avrà alcuna possibilità di tornare alla vecchia situazione caratterizzata da un elevato surplus di conto corrente. Se l'economia tedesca provasse un'altra volta a spiazzare i suoi partner commerciali europei con dei tagli salariali, questo tentativo si trasformerebbe in un suicidio. Non solo ciò causerebbe un danno enorme alla domanda interna tedesca, ma soffocherebbe per sempre anche i partner commerciali europei, che invece stanno disperatamente lottando per la loro sopravvivenza economica.

La moderazione salariale è un suicidio

Ma proprio questa variante suicida si sta già manifestando - in aggiunta al desiderio dei politici di ridurre immediatamente il deficit pubblico e di volerlo trasformare persino in un avanzo da utilizzare per ridurre il debito. Non solo da parte dei sindacati tedeschi non si sente nulla, a parte la richiesta di garantire i livelli occupazionali. Piuttosto, ci sono già dei settori in cui si parla apertamente di lavoratori che rinunciano ad una parte del loro salario in cambio di garanzie sul mantenimento dei livelli occupazionali da parte dei datori di lavoro. Il caso di Lufthansa naturalmente è esemplare: i piloti hanno proposto di rinunciare temporaneamente al 45 % del loro stipendio per aiutare la compagnia aerea a superare la crisi.

Non c'è dubbio che i piloti della Lufthansa siano un caso particolare: incassano stipendi molto elevati (il che rende piu' facile una rinuncia parziale), hanno seguito una formazione molto costosa (che si riflette nel loro livello salariale), sono altamente specializzati e quindi hanno poche possibilità di trovare in Germania un'alternativa equivalente alla loro attuale professione. In questa situazione la rinuncia ad una parte dello stipendio è ragionevole perché dal punto di vista della razionalità microeconomica è l'unica possibilità che hanno di salvare il loro posto di lavoro e di evitare un collasso sociale.

Questo vale in misura decisamente minore per il personale di cabina di Lufthansa. Ricevono stipendi più bassi, non sono così altamente specializzati ed è quindi piu' facile reimpiegarli altrove. Per loro, anche se vengono licenziati, ma l'economia nel suo complesso si rimette in piedi, il crollo è molto meno drammatico perché hanno maggiori possibilità di poter cambiare settore senza subire enormi perdite di reddito.

Ma anche l'enorme rinuncia dei piloti non potrà salvare tutti i loro posti di lavoro se i voli commerciali dovessero essere sostituiti su larga scala dalle videoconferenze e da altre possibilità di comunicazione virtuale e di cooperazione.

Forse lo shock causato dal coronavirus non è stata la vera causa della crisi del settore aereo, ma potrebbe trasformarsi nell'innesco e nell'acceleratore di un profondo cambiamento strutturale dell'economia globalizzata, che non potrà essere fermato dal sacrificio di una parte dello stipendio.



Ma una cosa deve essere assolutamente chiara: per i lavoratori dipendenti nel loro insieme, la riduzione dello stipendio non è un gioco temporaneo come nel caso dei piloti, ma un suicidio a rate. L'eloquente silenzio dei sindacati, tuttavia, fa nascere il sospetto che questo è esattamente ciò che accadrà. La rinuncia salariale, cioè la rinuncia da parte dei lavoratori ad un aumento di circa il 3% del salario per i prossimi 3 anni, porterà nel breve e medio periodo a un indebolimento della crescita economica e quindi alla distruzione di molti posti di lavoro, e nel lungo periodo alla deflazione.


Dove vogliono arrivare i sindacati tedeschi? Il grafico mostra che i contratti collettivi degli ultimi dieci anni sono arrivati ad essere molto vicini all'obiettivo di inflazione dell'1,9 %, vale a dire che i salari reali effettivi sono aumentati solo leggermente o non sono aumentati affatto. Chiunque intenda scendere al di sotto di tale livello o non voglia aumentare affatto i salari crea una pressione competitiva su tutta l'Europa, pressione che finirà inevitabilmente per trasformarsi in una deflazione a livello europeo.

Quello che a livello aziendale sembrerebbe uno scambio fra "concessioni salariali in cambio di una sicurezza sul livello occupazionale", in realtà a livello macroeconomico è un programma per la distruzione di posti di lavoro. E ciò significa che, nonostante la crisi e la debolezza generale dell'economia, si dovrà fare ogni sforzo possibile per mantenere gli aumenti salariali collettivi ad un minimo del 3%.

Per chiarirlo ancora una volta: non si tratta di una svolta politica di sinistra o di destra, non c'è una lista dei desideri normativi su ciò che potrebbe essere migliorato in termini di politica sociale. No, qui si tratta della nuda economia, cioè della macroeconomia, che, per riuscire a proteggere tutti - dai meno abbienti ai benestanti - deve essere difesa dal rischio di finire schiacciata sul muro della follia ideologica
.


Cosa deve fare uno Stato?


E' lo Stato ad essere direttamente responsabile del fatto che la sicurezza dei livelli occupazionali, per i sindacati oggi è diventata la cosa più importante. A causa della legislazione Hartz, introdotta dalla coalizione Rosso-Verde all'inizio di questo secolo, infatti, il declino economico, e quindi anche in termini di status sociale, di un normale lavoratore che diventa disoccupato è enorme. Dopo un solo anno di disoccupazione, infatti, finisce al livello dei più poveri della società, vale a dire in Hartz IV.

Se questo non è (ancora) il caso, perché in precedenza magari ha accumulato un po' di ricchezza grazie agli sforzi fatti per risparmiare, o ad esempio se è riuscito a ripagare in parte o la totalità del mutuo sul suo immobile, dovrà utilizzare una po' di questa ricchezza (sui limiti patrimoniali per le prestazioni Hartz IV, vedere qui) prima che lo Stato possa aiutarlo con la sicurezza di base. E questo è sempre stato discutibile dal punto di vista della giustizia sociale. Considerando che il superamento della crisi causata dal coronavirus, dovrebbe invece riguardare la stabilizzazione delle aspettative, il calcolo del patrimonio disponibile nel caso dei beneficiari di Hartz IV sarà un ostacolo di primo ordine.

Tra l'altro, questo vale anche e soprattutto per i lavoratori autonomi e i freelance colpiti dalla crisi, i quali non hanno alcuni diritto di percepire il sussidio di disoccupazione e quindi dipendono completamente da Hartz IV per il loro sostentamento diretto (a parte alcuni programmi regionali che hanno cercato di aiutarli con dei sussidi). Sebbene il test sulla consistenza del patrimonio sia stato sospeso fino al 30 giugno 2020, le probabilità che i lavoratori autonomi colpiti dalla crisi, già nella seconda metà dell'anno, si trovino anche solo parzialmente in condizioni simili a quelle di prima del lockdown, sono molto basse. Ciò significa che, prima di poter continuare a ricevere l'assistenza di base, a partire dal mese di luglio, dovranno utilizzare i pochi risparmi che hanno accumulato. Le attese per il futuro di questo gruppo di persone dovrebbero essere quindi tutt'altro che positive.

Il crollo di status sociale dei disoccupati di lunga durata, previsto dallo Stato attraverso la legislazione Hartz, ha portato ad un notevole calo nella disponibilità dei sindacati a scioperare in favore di accordi salariali ragionevoli. Il rischio di perdere il proprio status sociale quando si perde il lavoro è così grande che qualsiasi minaccia da parte dei datori di lavoro di chiudere gli impianti di produzione e di spostare la produzione viene preso sul serio, spingendo quindi i sindacati a fare delle concessioni nelle trattative salariali. Questa legislazione, che si basa esplicitamente sull'idea che i disoccupati dovrebbero essere incoraggiati a fare di piu' per trovare un lavoro già esistente, era già molto piu' che discutibile quando è stata introdotta. Oggi è estremamente piu' pericolosa.

Chi ora sta perdendo il lavoro diventa disoccupato perché lo Stato gli ha vietato di continuare a lavorare o almeno ha reso più difficile la produzione nell'azienda in cui era impiegato. Minacciare queste persone con Hartz IV è antisociale, ingiusto e macro-economicamente destabilizzante. Lo Stato, che è direttamente responsabile della perdita di posti di lavoro, ha l'obbligo - per ragioni morali oltre che razionali dal punto di vista macroeconomico - di garantire immediatamente l'introduzione di regole generose in caso di perdita del posto di lavoro. Una garanzia del 70-80% dell'ultimo reddito per almeno due anni, indipendentemente dall'età, sarebbe una misura che tranquillizzerebbe molte menti e permetterebbe ai sindacati di fare ciò che ora è economicamente necessario.

Non saremo comunque in grado di evitare un cambiamento strutturale di vasta portata nell'economia, volenti o nolenti. Possiamo, tuttavia decidere se molte persone, e soprattutto quelle economicamente e socialmente più deboli, saranno messe da parte o se tutti avranno la possibilità di superare rapidamente la crisi. Se lo Stato accompagna il cambiamento strutturale con una assicurazione contro la disoccupazione forte (e una protezione equa per coloro che non hanno accesso all'indennità di disoccupazione), allora tutti coloro che diventeranno disoccupati e quindi dovranno cambiare lavoro e riqualificarsi, potranno essere coinvolti senza alcun timore di cambiare.

Se invece lo Stato lascia immutato l'attuale quadro normativo relativo all'assicurazione contro la disoccupazione e alla sicurezza di base e si concentra solo sulla conservazione delle vecchie strutture sul lato del capitale (ad esempio Lufthansa), o sulla promozione degli investimenti in nuove strutture piu' ecologiche, non sarà possibile sfuggire all'accusa di voler mettere gli interessi degli investitori al di sopra di quelli dei lavoratori. La convinzione che tutta la ricchezza nel lungo termine derivi principalmente dalle imprese era già discutibile ai tempi in cui il settore delle imprese si stava ancora indebitando, e quindi si assumeva il compito macroeconomico che ci si aspetterebbe da questo settore. Oggi è chiaramente sbagliato.



domenica 24 maggio 2020

"Lo sfruttamento nei macelli tedeschi è sistematico e tollerato"

"Da un lato ci sono le potenti associazioni degli industriali della carne di maiale con degli ottimi contatti nella politica regionale e federale. Dall'altra invece ci sono i rumeni e i bulgari, che qui in Germania hanno una lobby decisamente meno influente rispetto a quella dei maiali che macellano" scrive Manfred Götzke su DLF commentando l'ondata di contagi da Covid-19  che nei macelli tedeschi ha colpito migliaia di lavoratori migranti provenienti dall'Europa dell'est. Da Deutschlandfkunk.de

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Quello che sta succedendo nei macelli tedeschi in realtà non è mai stato un segreto: e il vero scandalo, nello scandalo della carne, è che da anni quasi nessuno se ne era mai interessato.

Lo ripeto un'altra volta con la massima chiarezza: da anni, decine di migliaia di europei dell'est vengono sfruttati con modalità che assomigliano a una forma di schiavitù moderna. Si indebitano per venire in Germania, pagano delle spese di intermediazione a delle aziende tedesche alquanto dubbie per poi lavorare fino allo sfinimento nei macelli tedeschi.

Dieci o dodici ore al giorno, sei giorni alla settimana, per poi dover dormire in catapecchie ammuffite, per le quali devono anche dedurre dallo stipendio diverse centinaia di euro di "affitto" da pagare al subappaltatore.

Lo sfruttamento è sistematico ed è tollerato

I lavoratori spesso ottengono solo sulla carta il salario minimo stabilito dalla legge, gli straordinari non vengono pagati, ci sono detrazioni per gli abiti e le scarpe da lavoro e altre cose che in realtà non vengono neanche fornite. Il salario minimo fissato dalla legge di 9,35 euro l'ora per un lavoro fisico molto duro? Un po' troppo. Alla fine sono solo rumeni, a casa loro prenderebbero anche meno.

Qui non stiamo parlando di un paio di pecore nere del settore: perché questo sfruttamento è sistematico e viene tollerato dalla politica - se non addirittura voluto. Perché per l'industria della carne è estremamente facile esternalizzare lo sfruttamento a un gruppo di subappaltatori alquanto dubbi.

I rumeni e i bulgari non hanno una lobby

Lo sfruttamento organizzato e tollerato politicamente ha un nome preciso: contratti d'opera. Invece di impiegare direttamente gli operai, pagandoli in maniera adeguata e impiegandoli secondo il diritto del lavoro tedesco, quasi tutti i grandi macelli assegnano dei contratti d'opera a dei subappaltatori che truffano sui salari, e quando possono imbrogliano i loro dipendenti.

Tutto ciò potrebbe essere facilmente prevenuto dalla legge semplicemente vietando l'applicazione dei contratti d'opera per le attività core dell'azienda. Perché invece fino ad ora non è mai accaduto? Lobbismo.

Da un lato ci sono le associazioni degli industriali della carne molto potenti e con degli ottimi contatti nella politica regionale e federale. Dall'altra invece ci sono i rumeni e i bulgari, che qui in Germania hanno una lobby decisamente meno potente rispetto a quella dei maiali che macellano.

Ancora una volta non cambierà nulla

Il fatto che ora l'indignazione sia così grande ha poco a che fare con una qualche forma di empatia per i lavoratori. A causa delle infezioni da Coronavirus registrate nelle baracche dei lavoratori, alcuni distretti semplicemente dovranno aspettare un po' piu' a lungo prima di assistere alle tanto attese riaperture. Si tratta piu' che altro dell'interesse personale.

Anche se il ministro del lavoro del NRW Laumann (CDU) ancora una volta afferma di aver perso la pazienza con l'industria della carne. Anche se il Bundestag ancora una volta ha discusso del grave problema sociale. Temo che alla fine non cambierà nulla: i tedeschi semplicemente se ne fregano dei rumeni.

sabato 8 febbraio 2020

Perché mini-job significa mini-pensione

Un anno di lavoro da minijobber a 450 € al mese equivale a 4.40 euro lordi  di pensione mensile futura, e se il lavoratore sceglie l'esenzione sono solo 3.55 euro lordi al mese di pensione maturata. In Germania c'è molta preoccupazione per il futuro pensionistico di quei 4.5 milioni di occupati che hanno solo un mini-job. Ne scrive la DGB, la confederazione sindacale tedesca.


Lavorare un anno per avere in futuro una pensione di 4.40 euro lordi al mese? Con i mini-job è realtà. La situazione è ancora piu' incerta quando si lavora per una famiglia privata. Qui la pensione accumulata spesso ammonta a soli 1,18 euro all'anno. La situazione deve cambiare, e alla svelta.

Mini pensioni

Un anno con un lavoro da 450 euro mensili pagando i contributi all'assicurazione pensionistica farà aumentare il livello della pensione futura di circa 4,40 euro lordi al mese. E' davvero poco. L'81 percento dei mini-jobber nel settore commerciale e industriale si fa esentare dall'assicurazione pensionistica. In questo caso, alla pensione mensile vengono aggiunti solo 3,55 euro lordi per ogni anno lavorato. Fra coloro che lavorano per le famiglie, quasi l'87% si fa esentare dai contributi pensionistici. [2] Di conseguenza, riceveranno una pensione lorda di 1,18 euro per ogni anno contributivo.

Ancora peggio: con l'esenzione perderanno anni di contributi e rinunceranno alla pensione di invalidità o di reversibilità come alle misure di riabilitazione medica. Allo stesso tempo, ne escono fortemente indebolite anche le casse sociali. Altri dipendenti, soprattutto quelli con dei redditi bassi o medi, dovranno pagare per loro.


Mini-diritti dei lavoratori

Dal punto di vista del diritto del lavoro, i mini-job dovrebbero essere equiparati ai lavori soggetti a contributi previdenziali. Sfortunatamente però, spesso vale solo in teoria. Nella pratica non è prevista una retribuzione in caso di malattia, in caso di straordinario e non ci sono ferie retribuite. I salari, inoltre, vengono ridotti grazie all'inserimento nel foglio delle presenze di un numero di ore inferiore rispetto a quello effettivamente lavorato. Il lavoro spesso è a chiamata e non può essere pianificato. 

Opportunità Mini

Tutti parlano di una carenza di lavoratori qualificati e di una mancanza di forza lavoro. Mentre la maggior parte dei mini-jobber ha una qualificazione professionale oppure accademica, e spesso sono costretti a svolgere mansioni da aiutante. Di solito nei mini-job non ci sono opportunità di formazione e perfezionamento professionale, di avanzamento di carriera e di una maggiore stabilità del reddito.

Mini-Jobs

Per gli occupati, i mini-job sono un finto sgravio fiscale che viene pagato caro dai lavoratori con minori diritti, minori opportunità e in seguito con  basse pensioni. Di conseguenza viene meno la possibilità di garantire e tutelare i lavoratori. I sistemi fiscali e della previdenza sociale ne escono indeboliti. Eppure la politica continua a puntare sui mini-jobs. Secondo gli ultimi dati dell'Agenzia federale per l'impiego, attualmente in Germania ci sono ancora oltre 7,5 milioni di lavoretti - la maggior parte dei quali (4,5 milioni) ha solo un mini-job. [3]

Molti di loro volentieri lavorerebbero piu' ore. Il 45% delle donne e il 56% degli uomini che hanno solo un mini-job vorrebbero estendere l'orario lavorativo. [4]

Ecco perché la DGB sostiene una strategia di uscita dalla trappola dei mini-job: i mini lavoretti dovranno essere gradualmente convertiti in lavoro part-time soggetto ai contributi previdenziali. Allo stesso tempo, i lavoratori a basso reddito dovranno ottenere una riduzione delle tasse attraverso uno sgravio per i dipendenti.

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[1] Durchschnittswert alte Bundesländer, 1. HJ 2020, eigene Berechnungen anhand eines 450-Euro Einkommens. Für die neuen Bundesländer ist der Wert ca. 4,54 Euro.
[2] Quartalsbericht III 2019, Minijobzentrale
[3] Bundesagentur für Arbeit, Auswertemonat Oktober 2019.
[4] SOEP long, 1985-2016, Weber, Enzo; Zimmert, Franziska: Der große Trend zur Freizeit?, 2018.




domenica 12 maggio 2019

Verso una nuova legge sull'immigrazione

La nuova legge sull'immigrazione che renderà ancora piu' facile l'ingresso di cittadini extra-UE in cerca di un lavoro e la permanenza dei richiedenti asilo la cui domanda di asilo non è stata accettata sta per essere approvata dal Bundestag. Ufficialmente è pensata per ridurre la mancanza di forza lavoro in alcuni settori a corto di manodopera, come l'assistenza agli anziani e molti lavori manuali nelle costruzioni, nella pratica probabilmente servirà a contenere l'aumento del costo del lavoro e spianerà la strada ad un'altra ondata di migranti. Ne scrive Der Spiegel


La nuova legge è destinata a ridurre la presunta mancanza di lavoratori qualificati di cui da tempo si lamenta l'economia tedesca: nel primo dibattito al Bundestag, la coalizione di governo ha difeso la nuova legge sull'immigrazine dalle critiche dell'opposizione - cinque mesi dopo l'approvazione del provvedimento da parte del governo.

I Verdi e la FDP hanno criticato la legge definendola insufficiente. La Linke ha accusato il governo di non prendersi sufficientemente cura di garantire un "lavoro per tutti". Il ministro dell'Interno Horst Seehofer (CSU), d'altra parte, ha parlato di uno "storico cambio di passo".

"In questo modo intendiamo mettere in chiaro che il nostro obiettivo è gestire l'immigrazione di lavoratori qualificati", ha detto Seehofer. In generale, anche i lavoratori qualificati provenienti dai paesi al di fuori dell'UE, se hanno un contratto di lavoro e una qualifica professionale riconosciuta, potranno lavorare in Germania. La limitazione prevista per le occupazioni per le quali vi è una mancanza di personale verrebbe meno, come il test sulla priorità, vale a dire la verifica della disponibilità di cittadini tedeschi o europei idonei per la posizione in questione. Questo test potrebbe essere reintrodotto solo a livello regionale.

Chiunque sia qualificato e parli il tedesco, potrà restare, anche senza un contratto, per un determinato periodo di tempo in cerca di un lavoro. In passato potevano farlo solo i laureati. La nuova legge dovrà essere testata per cinque anni.

Un altro disegno di legge intende offrire ai richiedenti asilo respinti un'opportunità di lavoro permanente. Ciò riguarderà gli stranieri che avviano un corso di formazione professionale o garantiscono per il proprio sostentamento e sono ben integrati. "Abbiamo nel nostro paese persone che possiamo ben utilizzare", ha detto il Ministro del lavoro federale Hubertus Heil.

Immigrazione qualificata solo insieme alla "legge sul rientro ordinato".

La legge sull'immigrazione dei lavoratori qualificati era  già stata approvata dal governo, dopo una lunga discussione, nel dicembre 2018. L'Unione probabilmente ha voluto rallentare il processo perché riteneva che la legge proposta dovesse essere collegata ad un altro disegno di legge pensato per rafforzare l'obbligo di lasciare il paese. Questa "legge sul rientro ordinato" sarà discussa la prossima settimana, come annunciato da Heil.

Seehofer ha detto che "l'obiettivo politico molto importante" da raggiungere è quello di rafforzare la migrazione legale e sopprimere quella illegale. Heil ha sottolineato che grazie al sostegno della formazione professionale il governo sta già facendo molto per i lavoratori in Germania. "Avremo tuttavia bisogno di ulteriore immigrazione qualificata dall'estero". In molte aree - come nelle professioni tecniche, nel settore della cura, nel campo dell'artigianato - ci sarebbe già oggi una forte carenza di lavoratori qualificati.

Per l'opposizione la proposta di legge non va abbastanza lontano

Il segretario generale della FDP Linda Teuteberg ha criticato il disegno di legge definendolo "privo di coraggio". Ciò di cui c'è bisogno è un "nuovo approccio coerente per una legge comprensiva sull'immigrazione". Il leader dei Verdi Katrin Göring-Eckardt ha accusato la coalizione di governo di voler impedire un'immigrazione qualificata, invece di promuoverla attivamente. "Siamo un paese di immigrazione, e questo paese di immigrazione ha bisogno di una legge moderna sull'immigrazione".

Il deputato di AfD Gottfried Curio ha accusato la coalizione di creare un "incentivo all'immigrazione con una capacità di attrazione su scala mondiale". La separazione fra la legge sull'asilo e quella sull'immigrazione andrebbe a scomparire.

L'esperta di temi sociali della Linke Susanne Ferschl, tuttavia, ha criticato: "il governo federale sta servendo solo gli interessi economici, invece di fare un buon lavoro per tutti".

L'economia da tempo chiede un ingresso semplificato per i lavoratori qualificati. L'Associazione centrale dell'artigianato tedesco sottolinea: "Gli artigiani si aspettano che il processo legislativo venga portato avanti rapidamente senza una ulteriore riduzione del suo contenuto".

La conservatrice Werteunion ha avvertito che all'Unione la legge costerà la fiducia degli elettori, come ha detto il suo presidente Alexander Mitsch.


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martedì 26 marzo 2019

Dove e perché viene eluso il salario minimo fissato dalla legge

Dal 2015 il numero delle infrazioni rilevate è più che quadruplicato e l'elusione del salario minimo è ormai un fenomeno di massa. Lo certificano i dati ufficiali delle dogane. Ne scrive la Thüringer Allgemeine



Berlino. Il salario minimo, introdotto nel 2015, dalla politica spesso viene considerato una storia di successo - ma cosa dicono i camerieri, i parrucchieri, i muratori o i macellai, che nel mondo reale spesso a causa della pressione dei datori di lavoro devono fare delle ore extra non retribuite restando ampiamente al di sotto dalla paga minima prevista dalla legge? Fra gli addetti alla logistica, nell'agricoltura o nelle case di riposo, il pagamento dell'effettivo salario minimo previsto dalla legge e dei salari minimi previsti dai contratti di categoria degli specifici settori industriali vengono controllati troppo di rado, perché lo Zoll (dogane) è sopraffatto dalla mole di lavoro. Molti lavoratori continuano ad essere truffati sul salario, lo stato invece perde le entrate fiscali e i contributi per la sicurezza sociale.

Il fatto che l'elusione del salario minimo in Germania sia un fenomeno molto ampio è provato dai nuovi dati che l'unità speciale per il contrasto al lavoro nero (FKS) delle dogane ha raccolto per il 2018. Dati che il ministro delle finanze Olaf Scholz (SPD) presenterà lunedì in occasione del bilancio annuale delle dogane.


I casi di frode sul salario minimo sono casi individuali?

Assolutamente no. Come mostrano le statistiche dello Zoll, tra le altre cose, il pagamento del salario minimo, la corretta registrazione degli orari di lavoro e la disponibilità dei documenti richiesti dalla legge, in molti settori vengono ampiamente elusi. Ad esempio, ai sensi della legge sul salario minimo, il numero dei reati amministrativi è aumentato dai 1.316 casi del 2015 ai 6.220 casi del 2018, sebbene vi siano stati meno controlli.

Quanto è grande il danno?

Solo le violazioni scoperte in merito alla paga minima o ai contributi previsti dal quadro degli accordi di contrattazione collettiva, nel 2018 hanno causato un danno di circa 32 milioni di euro. La somma degli incassi e delle ammende inflitte ammonta a 20,4 milioni di euro.

Quali industrie sono interessate?

Nel settore delle costruzioni nel 2018 sono state avviate circa 1.150 nuove procedure di infrazione e sono stati conclusi quasi 1.300 procedimenti in corso. L'elusione dei requisiti previsti dal salario minimo ha causato un danno di oltre 16 milioni di euro, le multe sono state di oltre 14,5 milioni di euro. Nella pulizia degli edifici, il danno ha raggiunto i 4,5 milioni di euro, nei confronti delle imprese coinvolte sono state inflitte ammende per quasi un milione di euro.

Ogni quanto tempo le dogane ispezionano i datori di lavoro?

Il rischio per i datori di lavoro di essere scoperti è molto basso. Se lo Zoll nel 2014, vale a dire l'anno prima dell'introduzione del salario minimo legale, ha effettuato 63.000 controlli sui datori di lavoro, nel 2018 sono stati circa 53.500. Ufficialmente si tratterebbe di una nuova strategia delle dogane. Meno controlli, ma più efficaci, maggiore attenzione per le aree problematiche.

Non si tratta di una farsa per mascherare la carenza di personale?

Di recente, su richiesta della Linke, il governo federale ha dovuto ammettere che il numero di società controllate dalla FKS è trascurabile. Nel 2017 è stato controllato solo il 2,4% di tutte le aziende. Nel 2018 nel settore delle costruzioni sono stati controllati ben 13.000 datori di lavoro, con circa due milioni di dipendenti. "I datori di lavoro in Germania devono aspettarsi un controllo ogni 40 anni - un invito aperto a infrangere la legge", dice Susanne Ferschl, vice-capogruppo della Linke al Bundestag. Esperti e sindacati da tempo criticano la mancanza di personale alle dogane. È discutibile anche il fatto che a livello nazionale vengano annunciati dei raid su larga scala. Le dogane sostengono che ciò serva a scoraggiare i datori di lavoro dall'eludere le leggi sul salario minimo per ragioni di profitto.

Quanti lavoratori sono stati truffati sul salario minimo?

Ci sono solo stime. Uno studio del Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung ha mostrato che il salario minimo ha portato ad un forte aumento dei salari più bassi, ma non tutti coloro che ne avevano diritto l'hanno poi ottenuto. Nel 2016, circa 1,8 milioni di persone idonee avrebbero guadagnato meno di 8,50 euro lordi, calcolato in base alle ore di lavoro previste dal loro contratto, il livello di salario minimo previsto all'epoca.

Qual è il salario minimo?

Il salario minimo, che nel 2017 era di 8,84 euro, dal 1° gennaio 2019 è salito a 9,19 euro. A partire dal 1 ° gennaio 2020 sarà aumentato a 9,35 euro. Ci sono inoltre molti salari minimi di settore negoziati dai sindacati e dai datori di lavoro all'interno dei contratti di categoria.



venerdì 31 agosto 2018

Disoccupazione made in Germany: perché la Germania esporta disoccupazione in tutta Europa

A scriverlo non è una cellula di sovversivi dell'est ma il programma di informazione della ARD "Kontraste", la tv pubblica tedesca, andato in onda giovedì scorso. La Germania con la sua moderazione salariale esporta disoccupazione in tutta Europa: mentre in Francia e in Italia si chiudono le fabbriche, i metalmeccanici tedeschi lavorano per 12 euro lordi l'ora con un contratto interinale. Olaf Scholz non ha dubbi: un ministro delle finanze tedesco, anche se della SPD, resta un ministro delle finanze tedesco! Da Kontraste


La Germania, non a torto, viene considerata il "professorone". Ci piace molto ricordare al resto del mondo che gli accordi devono essere rispettati. Eppure la Germania è il "campione del mondo" nella violazione delle regole. Invece di assicurare una crescita salariale stabile e in linea con gli sviluppi della produttività, come concordato al momento dell'introduzione dell'euro, la Germania risparmia e lesina laddove è possibile. Il risultato: i prodotti tedeschi sono buoni - e soprattutto a buon mercato. I produttori stranieri, come i fornitori automobilistici francesi, sono sempre piu' sotto pressione. Un salario minimo troppo basso e investimenti statali molto contenuti nel nostro paese, hanno causato in Francia una perdita di posti di lavoro. A pagarne le conseguenze sono stati i lavoratori tedeschi a basso stipendio e un esercito crescente di disoccupati negli altri paesi dell'UE.

"I tedeschi sono molto cattivi". Il presidente americano Trump da mesi continua ad arrabbiarsi perché la Germania esporta negli Stati Uniti molte piu' merci di quante non ne importi. La sua rabbia questa settimana potrebbe crescere ancora visto che si è appena saputo che la Germania nel 2018 sarà un'altra volta di gran lunga il campione mondiale dell'export.

Secondo le previsioni la Germania raggiungerà quest'anno un enorme surplus di 264 miliardi di euro, di gran lunga davanti al Giappone. Le partite correnti degli Stati Uniti al contrario mostreranno un enorme deficit di circa 371 miliardi di euro.

Non c'è solo Trump ad essere irritato, anche fra i nostri vicini di casa in Europa c'è molta rabbia. Ma le vittime della nostra politica dell'export sono anche nel nostro paese.

Daniel Grüneke, dalla Germania del Nord, meccanico industriale e lavoratore interinale. Per il suo lavoro riceve un basso stipendio - come accade ad un quinto di tutti i lavoratori dipendenti del nostro paese.

Grüneke: "io non voglio diventare ricco, voglio solo vivere bene e in maniera ragionevole, con un po' di sicurezza e una prospettiva per i miei figli".

Patrice Bertuzzi, invece è francese, anche lui è un meccanico industriale e senza lavoro. Come 2.5 milioni di francesi. Lui e i suoi colleghi  hanno suscitato scalpore quando un anno fa hanno minacciato di far saltare in aria la loro fabbrica - se questa fosse stata chiusa.

Patrice Bertuzzi davanti alla sua ex-fabbrica: "la battaglia ci ha uniti. Tornare qui dopo essere stato licenziato è molto difficile. Non succede quasi piu' nulla qui, prima i camion uscivano ed entravano uno dietro l'altro".

Il disoccupato francese Patrice Bertuzzi e il tedesco Daniel Grüneke con il suo basso salario sono entrambi vittime della politica economica tedesca: i bassi salari tedeschi hanno reso i nostri prodotti economici - anche per questo si vendono molto bene in tutto il mondo. E cosi' anno dopo anno siamo noi ad essere i campioni del mondo dell'export.

Il Tagesschau titola: "le merci tedesche all'estero richieste come non era mai accaduto prima", "eccedenza nella bilancia commerciale", oppure "la Germania da molti anni esporta piu' di quanto non importi".

Con i suoi giganteschi avanzi commerciali la Germania mette a repentaglio la stabilità dell'intera economia globale, critica duramente il direttore del FMI.

Il Prof. Horn, economista e direttore dell'Institut für Makroökonomie und Konjunkturforschung va oltre e aggiunge: la Germania sta distruggendo l'industria dei nostri vicini europei.

Per il prof. Horn "il vero prezzo dell'export tedesco, date le sue dimensioni, è stato il fallimento di molte industrie negli altri paesi oppure una produzione al di sotto della loro capacità. E in questo modo è cresciuta anche la disoccupazione. La strategia complessiva tedesca è stata realizzata a spese degli altri paesi".

Lo mostrano le cifre: dall'inizio del 2000 la Germania ha aumentato enormemente la sua produzione industriale - perché si esporta sempre di piu'.

Patrice Bertuzzi ha dovuto sperimentare questo processo doloroso in prima persona

Nonostante le proteste spettacolari, anche la sua fabbrica, un fornitore dell'industria automobilistica, è stata in gran parte chiusa. Lo stabilimento c'è ancora, ma due terzi degli occupati sono stati licenziati oppure cercano un nuovo lavoro.

Un altro operaio: "noi non siamo l'unica fabbrica ad aver chiuso. Ci sono molte chiusure di fabbriche. E lo stato sta a guardare".

"Sto ancora cercando lavoro, ma vedo nero per il futuro"

"In Germania le persone lavorano per niente. Credo che sia per questo motivo che la Germania sta espandendo la propria industria".

E la Francia resta a bocca asciutta: anche nei prodotti tradizionalmente francesi, come le scarpe o il formaggio, la Germania esporta ormai piu' dei francesi - perché i campioni mondiali dell'export, i tedeschi, da molti  anni  ormai giocano in maniera fallosa.

Ad iniziare il gioco scorretto è stato Gerhard Schröder con l'introduzione di Hartz IV, del lavoro interinale e dei contratti a tempo determinato.

Da allora per quasi la metà degli occupati i salari reali sono scesi. E il settore dei bassi salari è cresciuto piu' che in qualsiasi altro paese della zona euro raggiungendo circa il 20% di tutti i dipendenti.

In tal modo la Germania sta violando una regola che i paesi dell'eurozona si sono impegnati a rispettare al momento dell'introduzione dell'euro: ogni paese deve fare in modo che i salari aumentino in linea con la crescita della produttività. Ma la Germania ha ottenuto un vantaggio ingiusto: l'andamento salariale è rimasto al di sotto degli obiettivi dell'UE.

La Francia al contrario si è sempre attenuta alle regole della moneta unica e ha aumentato i salari in maniera corrispondente.

Una differenza salariale evidente fino ad oggi. E cio' rende le merci francesi piu' costose - e quelle tedesche relativamente piu' economiche. Cosi' da noi con l'aumento dell'export è cresciuta l'occupazione - in Francia è aumentata la disoccupazione. 

La stessa cosa è accaduta ad un altro nostro vicino europeo: l'Italia, il secondo paese manifatturiero d'Europa, anch'esso dalla parte dei perdenti.

Prof. Horn: "con lo sviluppo salariale che abbiamo avuto, la macchina tedesca era molto piu' economica rispetto a quella italiana o anche francese. Il risultato: gli americani ad esempio hanno acquistato macchine tedesche e non italiane. E questo naturalmente ha delle conseguenze su quello che viene prodotto nei singoli paesi. In Germania si producono le macchine, in Italia no".

Quanti posti di lavoro sono stati colpiti? Per la Francia, il direttore dell'istituto statale francese per la ricerca sul ciclo economico ha calcolato per la prima volta questo dato: solo in Francia circa 400.000 posti di lavoro!

Xavier Ragot, dell'Istituto francese per la ricerca sul ciclo economico: "prendiamo questa divergenza dei salari, si puo' calcolare che la moderazione salariale tedesca è costata alla Francia delle quote di mercato, nell'ordine di 400.000 posti di lavoro. Un tale surplus a lungo andare non è accettabile".

Ma le critiche da molti anni rimbalzano addosso alla Cancelliera: il presidente americano Obama piu' volte ha cercato di farglielo capire, anche l'italiano Renzi, il capo del FMI Lagarde - ora è Trump a minacciare la Germania - con i dazi, anche sulle auto tedesche.

Trump: "non è possibile avere un deficit della bilancia commerciale di 151 miliardi di dollari. Lo ridurremo, faremo in modo che la situazione torni ad essere giusta".

Perfino il presidente francese Macron, a ragione, ha puntato il dito verso Angela Merkel. Macron: "in Germania non puo' esserci un costante feticismo per il bilancio pubblico e le eccedenze commerciali - che sono realizzati sempre a scapito degli altri".

Il conto lo hanno già pagato Patrice Bertuzzi e i suoi colleghi. Ora stanno facendo un training su come scrivere le candidature per posti di lavoro che purtroppo non esistono piu'.

E il conto lo pagano anche i lavoratori tedeschi, come il meccanico industriale Daniel Grüneke - con i suoi 12.5 euro lordi all'ora per un contratto interinale.

Daniel Grüneke: "è davvero cinico che uno partecipi a questo boom delle esportazioni e poi non possa averne niente. Questa è la follia dell'intera storia".

La Commissione europea sta cercando delle soluzioni che garantiscano posti di lavoro in Germania e maggiore prosperità per tutti. Al Prof. Horn hanno commissionato uno studio sul tema.

Gustav Horn: "il risultato di fondo è che i nostri enormi avanzi commerciali possono essere ridotti solo con una strategia combinata. Si tratta di combinare insieme un deciso aumento dei salari e maggiori investimenti statali, che insieme faranno in modo che alla fine ci siano molte piu' importazioni e quindi un surplus commerciale notevolmente inferiore".

Perchè gli investimenti pubblici creano nuovi posti di lavoro e l'economia interna ne esce rafforzata. Tutti ne avrebbero vantaggi: le ferrovie sono obsolete, le città soffocano nel traffico, le scuole cadono a pezzi, mancano posti nelle scuole materne, insegnanti, educatori, etc.

Per anni il ministro delle finanze della CDU Schäuble è stato il maestro del risparmio nazionale e si è distinto per lo "Schwarze Null". Chi aveva fatto affidamento sul nuovo ministro delle finanze della SPD Olaf Scholz è rimasto deluso, anche lui infatti ha annunciato: lo Schwarze Null resta Schwarze Null.

Olaf Scholz (SPD), il Ministro delle Finanze, il 22 marzo di quest'anno ha detto: "l'ho detto ovunque in Europa: un ministro delle finanze tedesco resta un ministro delle finanze tedesco, non importa quale sia la sua tessera di partito e io credo che il messaggio sia arrivato correttamente".

E cosi' ogni giorno la Germania mette a rischio la coesione dell'UE.

Il video completo della trasmissione:

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