venerdì 7 dicembre 2012

Colonialismo demografico


L'arrivo in Germania di lavoratori qualificati dal sud Europa risolve i problemi demografici tedeschi, ma crea nuove difficoltà per gli eurodeboli. Siamo di fronte ad un colonialismo demografico? Da WirtschaftsWoche
Grande gioia per l'arrivo dei lavoratori migranti dal sud Europa, ma stiamo chiudendo gli occhi sui problemi dei paesi di origine. Una nuova fonte di conflitto in Europa.

Finalmente arrivano: gli espatriati che i tedeschi speravano di avere. "Sempre piu' accademici fra i nuovi immigrati", ha annunciato l'Institut für Arbeitsmarkt- und Berufsforschung. Sono giovani, hanno studiato e per i due terzi arrivano dall'Europa. 306.000 cittadini EU nella prima metà del 2012 sono arrivati in Germania, 24 % in piu' rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. La maggior parte di loro arriva dalla Polonia (89.000) e dagli altri paesi dell'Europa dell'est e del sud est. Ma l'emigrazione dal sud Europa è cresciuta con particolare forza. Dalla Grecia nella prima metà del 2012 sono arrivate quasi 16.000 persone (78 % in piu' rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente), dalla Spagna 11.000 (+ 53%), e dal Portogallo quasi 6000 (+53%). E in futuro potranno crescere ancora.

Allenarci alla cultura del benvenuto

Gli immigrati europei sono accolti come un messia collettivo arrivato per salvare la Germania dal disastro. E il disastro si chiama: mancanza di forza lavoro specializzata. Sostenuti dal Ministero per l'economia e dalle associazioni di categoria, i tedeschi vorrebbero sviluppare una "cultura del benvenuto". L'istituto Goethe di Madrid istituisce nuovi corsi di tedesco. Le camere di commercio tedesche cercano attivamente personale nel sud Europa: "Le imprese devono solo dirci quali profili stanno cercando. Noi poi inviamo i nostri uomini", assicura il presidente delle Camere di commercio tedesche (DIHK), Hans Heinrich Driftmann.

Nella politica tedesca e ai piani alti dell'economia c'è unanimità: i tedeschi non si riproducono abbastanza, gli immigrati devono venire a salvarci. Cosi' come 40 anni fa nessun reclutatore di Gastarbeiter pensava alle conseguenze di lungo periodo per la società tedesca, anche oggi i sostenitori dell'immigrazione non riflettono sui possibili effetti: per i paesi di origine.

Con un master in valigia

I sudeuropei - a differenza di molti alti gruppi di immigrati - non avranno grandi problemi di integrazione. 30enni greci o spagnoli con un master in valigia non sono culturalmente molto diversi dai tedeschi nativi. Ma questa emigrazione, in un futuro non troppo lontano, sarà un problema per i paesi di origine. Oltre ad avere un problema di debito pubblico, mancanza di competitività ed elevata disoccupazione giovanile, questi paesi hanno gli stessi problemi demografici della Germania.

La crisi del sud Europa per l'ufficio risorse umane delle aziende tedesche è una grande opportunità. Sembrerebbe una situazione win-win: la metà degli spagnoli sotto i 25 anni sono disoccupati e l'economia tedesca potrà attingervi. Ma come in tutti i presunti affari win-win, anche l'emigrazione di personale specializzato non rimarrà senza problemi e conseguenze. I paesi da cui oggi emigrano le speranze dei dipartimenti risorse umane tedeschi, sono diversi dai classici paesi di emigrazione

Nel sud Europa una spirale verso il basso

L'Europa del sud da molto tempo non è piu' il serbatoio inesauribile di manodopera per i paesi industrializzati, come lo era stato nel diciannovesimo e ventesimo secolo. I tassi di natalità del sud Europa non sono molto piu' alti di quelli tedeschi. Molti di noi non si sono ancora resi conto che le spagnole, le italiane e le greche non hanno piu' 3, 4 o 5 bambini, come ai tempi del reclutamento dei "gastarbeiter". In media una donna spagnola, secondo le statistiche UN, ha 1.2 bambini, meno della media delle donne tedesche.

Le conseguenze dell'emigrazione dei lavoratori specializzati verso la Germania non sono state analizzate: l'assunzione di questi giovani da parte dei tedeschi non potrà che peggiorare i problemi demografici, comuni a tutta Europa, dei loro paesi di origine. Nessuna economia puo' crescere se le persone giovani e produttive lasciano il paese. 

L'emigrazione verso il nord sottrae al sud Europa proprio quei giovani senza i quali non è possibile migliorare la competitività economica: lavoratori della conoscenza, persone intelligenti, creative e mentalità imprenditoriali. Come è possibile che in Spagna, per non parlare della Grecia o del sud Italia ci possa essere una ripresa, se vengono a mancare coloro che dovrebbero avviarla e portarla avanti?

Il sud e l'est Europa sono di fronte ad una situazione demografica drammatica, che probabilmente è unica nella storia: calo delle nascite e contemporanea emigrazione dei giovani piu' produttivi. C'è il rischio di una spirale verso il basso.

E' un dilemma che nessuno vuol vedere.  Da un lato come paese salvatore ci auguriamo che il sud (e anche l'est) Europa possano rapidamente tornare produttivi e perciò non essere piu' dipendenti dai trasferimenti. Allo stesso tempo  il problema demografico nella periferia europea diventa piu' grave: per risolvere un nostro problema di mancanza di forza lavoro preleviamo personale specializzato dai paesi del sud ed est Europa. Il demografo Herwig Birg parla di "colonialismo demografico": importando i giovani da altri paesi, sfruttiamo questi paesi da un punto di vista demografico.

Böblingen invece di Pamplona

L'immigrazione, di cui i politici tedeschi oggi sono molto felici, potrebbe diventare un ulteriore argomento di discussione con i paesi del sud, in una situazione già tesa. Già oggi, nonostante i giganteschi salvataggi non c'è alcuna gratitudine verso la Germania, piuttosto un risentimento crescente. Non riceveremo certo un grazie da Lisbona, Madrid o Atene, per aver alleggerito il carico dei locali centri per l'impiego. Ma se un giorno il sud Europa dovesse tornare ad avere una buona situazione economica, e ci si rendesse conto che mancano i giovani perché lavorano a Boblingen invece che a Pamplona, i loro governi presenterebbero a Brussel e Berlino argomenti completamente nuovi.

Il conflitto fra i principi intraeuropei di concorrenza e solidarietà sarà esacerbato dalla catastrofe demografica. La campagna tedesca per reclutare giovani produttivi da paesi in cui le nascite sono basse come in Germania, metterà a dura prova non solo i sistemi di sicurezza sociale nei paesi di origine, ma anche la solidarietà intraeuropea. Il conto finale per la Germania potrebbe allora costare molto di piu' di qualche corso di tedesco.

mercoledì 5 dicembre 2012

Italia - Germania 0-0


L'ufficio federale di statistica pubblica i dati sul commercio estero del terzo trimestre 2012: da luglio a settembre gli scambi commerciali fra Italia e Germania sono in sostanziale pareggio e l'export italiano è in grande rimonta. E' iniziata la riscossa italiana? L'export verso l'Eurozona scende al 36% del totale.
Le esportazioni tedesche nel terzo trimestre 2012 sono cresciute del 3.6% rispetto allo stesso trimestre del 2011 raggiungendo i 275,4  miliardi di Euro. L'export nei paesi extra EU (paesi terzi) è cresciuto  del 9.9%, raggiungendo i 122.3 miliardi di Euro: la quota sulle esportazioni tedesche dei paesi terzi è cresciuta nel terzo trimestre 2012 raggiungendo il 44.4 %.

Fuori dalla UE sono cresciute con forza le esportazioni verso gli Stati Uniti, del 25.7% fino a 23.6 miliardi di Euro. In maniera significativa sono cresciute anche le esportazioni verso la Corea (+15.8 %, a 3.4 miliardi di Euro) e verso il Giappone (+12.9% a 4.6 miliardi di Euro). Meno significativo è stato l'aumento delle esportazioni verso la Russia (+7.6%, a 10.2 miliardi di Euro) e Cina (+0.9 % a 16.6 miliardi di Euro).

Le esportazioni verso i paesi membri della EU sono scese dello 0.9 % a 153 miliardi di Euro. Fra questi gli andamenti sono stati diversi: mentre le consegne nella zona Euro sono scese del 3% raggiungendo i 99.1 miliardi di Euro, le vendite verso i paesi UE non Euro sono cresciute del 3.3 % a 54 miliardi di Euro.

Il cliente piu' importante della EU è ancora la Francia (+3.8 %, 25,3 miliardi di Euro). Meno merci rispetto allo stesso trimestre del 2011 sono state vendute in Spagna (-13.2%, a 7.2 miliardi di Euro), Italia (-12.4 % a 12.9 miliardi di Euro), Portogallo (-11 % a 1.5 miliardi di Euro) e Grecia (-6.9 % a 1.2 miliardi di Euro). 

Significativo l'aumento delle spedizioni verso il Regno Unito (+13.9% a 18.8 miliardi di Euro).


venerdì 30 novembre 2012

Gli eurorealisti


FAZ intervista Stephan Werhahn, leader dei Freie Wähler, formazione politica euroscettica che vuole entrare al Bundestag. Per farlo attacca Merkel sugli eurosalvataggi. Da FAZ.net
Il giurista, economista e imprenditore Stephan Werhahn è uscito dalla CDU perché contrario agli eurosalvataggi. Ora è il candidato di punta dei Freie Wähler. Per i contribuenti ci sono alternative migliori, ci dice il nipote di Adenauer in un'intervista.

Herr Werhan, suo nonno Konrad Adenauer voleva l'integrazione europea. Lei ora si presenta come un euroscettico. Perche?

Non siamo euroscettici, piuttosto eurorealisti. C'è una grande differenza. Rispetto alle politiche di salvataggio della cancelliera Merkel ci sono alternative migliori che difendono i contribuenti e non vanno solo a beneficio delle banche. Tali soluzioni sono state proposte da economisti rinomati; ad esempio il Consiglio dei Saggi propone una "Maastricht 2.0". In linea di principio si dovrebbe ripristinare l'autonomia degli stati Euro, invece di attaccarli alla flebo dei fondi di salvataggio. I Freie Wähler sono molto critici con i cosiddetti eurosalvataggi.

Con la vostra protesta arrivate un po' troppo tardi. Il fondo di salvataggio ESM è già stato approvato. Il governo federale e i mercati finanziari lo considerano un importante strumento per calmare la crisi. Perchè è preoccupato?

L'ESM è un aiuto duraturo per gli stati membri in difficoltà. Con gli aiuti alla Grecia del 2010 per la prima volta è stato infranto il principio del trattato di Maastricht secondo cui nessun paese deve garantire per i debiti di un altro. Il fondo temporaneo EFSF da 480 miliardi di Euro è stato la violazione successiva dello stesso principio. Il fondo ESM attualmente in forza offre garanzie per 700 miliardi, di cui 500 potranno essere prestati. La somma complessiva puo' crescere ancora, come i rischi per il governo federale e per il contribuente tedesco.

Ma il governo sottolinea che gli aiuti saranno forniti solo a condizioni molto precise.

La domanda è se questo funzionerà. L'UE sta cercando di trasformare i paesi del sud Europa in qualcosa che non sono. La Grecia non puo' farcela nell'unione monetaria. Non è competitiva. C'è grande insoddisfazione in Europa - sia nel nord, dove i cittadini non vogliono pagare per un pozzo senza fondo, come nel sud Europa, dove i cittadini soffrono a causa dei diktat di risparmio. In realtà vengono salvati solamente i ricchi evasori e gli investitori che hanno acquistato i titoli di stato.

La Corte costituzionale nella sua sentenza sull'ESM ha inserito due garanzie per la Germania: non potranno esserci salvataggi illimitati, e il Bundestag dovrà approvare ogni miliardo di credito aggiuntivo. Non basta per voi?

La garanzia massima sarà aumentata dal presidente della BCE Mario Draghi. Ha già annunciato che se i paesi in crisi si sottoporranno alle condizioni del fondo ESM, potrà acquistare titoli di stato in quantità illimitata. Se la BCE deciderà di acquistare titoli, allora la Germania si troverebbe a garantire con la sua percentuale di rischio del 27% in caso di default. In questo modo il limite massimo di 190 miliardi di garanzie segnato dalla decisione della Corte Costituzionale sarebbe ampiamente superato senza una decisione del Bundestag. Con la politica BCE, come con i crediti Target tedeschi oltre i 700 miliardi, le dimensioni assunte dai finanziamenti sono state oscurate.

Molti esperti finanziari avvertono che con uno stop del denaro per i salvataggi, sui mercati avremmo grandi turbolenze

Considero questa un'esagerazione e puro lobbismo bancario. Naturalmente molti investitori privati e pubblici dovrebbero accettare delle perdite. Non esiste ancora una procedura regolamentata per l'insolvenza di uno stato, questo è un problema. Ma la Grecia e probabilmente anche la Spagna sono in bancarotta. Non riusciranno mai a tornare competitivi all'interno dell'Euro. Anche la seconda tranche di aiuti di 31 miliardi di Euro alla Grecia e il secondo pacchetto non saranno sufficienti, dovranno essere versati altri miliardi per poter mantere il paese nell'Euro.

Quale sarebbe la sua alternativa?

Sarebbe molto meglio se la EU gestisse un'insolvenza ordinata di questi paesi. Allora l'EU potrebbe finanziare nei paesi in difficoltà un nuovo inizio con un piano Marshall, aiutando a modernizzare l'amministrazione e tagliando le spese. La svalutazione della moneta li aiuterebbe ad aumentare l'export e a ridurre l'import. Non diciamo che questi paesi devono restare per sempre al di fuori della moneta unica, potrebbero rientrare in un secondo momento. Ma se non si riuscisse a renderli competitivi in maniera duratura, allora significa che questi paesi non sono adatti per la moneta unica. L'Euro sta facendo esplodere l'Europa, invece di unirla.

Per molti politici europei l'Euro non è solo una moneta, piuttosto un simbolo di unità e pace.

Noi Freie Wähler siamo contrari a trasformare l'Euro in un'icona romantica. Se l'Euro sarà debole, allora avremo tutti molto da perdere.

Su questioni molto complesse come gli eurosalvataggi sarà possibile tenere un referendum? Gli oppositori della democrazia diretta sostengono che il tema sarebbe troppo semplificato.

Naturalmente prima di una tale decisione dovremmo discutere in maniera onesta e il quesito non dovrebbe essere manipolatorio. In sostanza io credo che il popolo è sufficientemente intelligente per decidere su questioni importanti - siano queste un grande progetto infrastrutturale oppure una moneta. Un referendum costringerebbe la politica a definire in maniera chiara le alternative. E spingerebbe il popolo ad informarsi. C'è molta rassegnazione fra i cittadini, perchè trovano i problemi europei troppo complessi, perchè i numeri sono troppo grandi e perchè sull'argomento non vengono consultati. In Europa manca la necessaria legittimazione democratica.

giovedì 29 novembre 2012

Draghiavelli e la lobby dell'export


Il giurista Gunnar Beck, dalle pagine di Handelsblatt, torna ad attaccare gli eurosalvataggi: la Germania è stata presa in ostaggio dalla lobby degli esportatori e la BCE non tutela il patrimonio dei tedeschi.


Chi ci guadagna con l'Euro? La politica dei salvataggi aiuta gli esportatori tedeschi - a spese del contribuente. Sarebbe meglio lasciar morire l'euro. Un commento

Il benessere della Germania dipende dall'Euro. Cosi' argomenta il cartello dei partiti che continua a ripeterci la formula trita della Germania vincitrice dell'Euro. E cosi' argomentava anche il presidente BCE Mario Draghi con i suoi sorrisi ironici, quando a inizio novembre davanti all'assemblea delle banche cooperative ha spiegato che il 40 % del PIL tedesco dipende dal commercio con la zona Euro. Nessuno ha protestato e non c'è stata alcuna rettifica - ogni tedesco apparentemente accetta tutto cio' che la BCE gli propina.

E' vero che l'export in totale corrisponde al 40% del PIL tedesco. La quota di export verso l'Eurozona rappresenta fra il 38 e il 39% del totale. L'export tedesco verso l'Eurozona corrisponde pero' solo al 15 % del PIL. In termini reali la percentuale è ancora piu' bassa, e la maggior parte dell'export tedesco verso i paesi in crisi non è piu' pagato dai paesi importatori: è finanziato dalla Deutsche Bundesbank.

Tra il 1998 e il 2011 le esportazioni complessive sono cresciute del 117 %. Al contrario, l'economia tedesca nello stesso periodo di tempo, se confrontata con le altre economie, è cresciuta molto poco. Secondo Eurostat il tasso di crescita annuo dell'economia tedesca è stato solo dell1.4 %, dell'1.7 % per la Francia, il 2% per l'Olanda, il 2.8 % per la Svezia, il 2.1 % per la Gran Bretagna, e una crescita media dell'1.8% per l'EU. La Germania è rimasta molto indietro anche rispetto agli Stati Uniti, cresciuti del 2.2 % in media. Solo Giappone, Italia, Portogallo e Grecia dal 1998 al 2011 hanno avuto una crescita inferiore.


Mentre l'industria dell'export tedesca registrava guadagni record,  dall'introduzione dell'Euro il tenore di vita di buona parte della popolazione restava fermo. Come calcolato da Charles Dumas, presidente del Lombard Street Research di Londra, il reddito medio pro capite disponibile dei tedeschi dal 1998 al 2011 è cresciuto solo del 7%, meno del 13% della Spagna, e dell'oltre il 18% di Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti. Solo Italia e Giappone hanno fatto peggio. La Germania di oggi se confrontata con i suoi vicini, è piu' povera rispetto al 1998.

Considerando l'aumento delle diseguaglianze negli ultimi 20 anni, la  moderata crescita del reddito medio significa che i salari reali e lo standard di vita di molti gruppi di popolazione  non sono affatto cresciuti, anzi, in molti casi in termini reali sono diminuiti. Da uno stato sociale preso ad esempio fin dai tempi di Bismarck, con un sistema sanitario, pensionistico e di sicurezza sociale molto avanzato, la Germania è diventato il paese dei bassi stipendi con una rapida crescita delle diseguaglianze sociali, uno sviluppo demografico catastrofico, e  una  politica sconsiderata in materia di immigrazione.

La Bundesbank finanzia la fuga di capitali

In nessun'altra economia sviluppata il peso dell'industria dell'export sul prodotto complessivo è piu' alto che in Germania. Perché allora il boom delle esportazioni non si riflette in una crescita maggiore e in un migliore standard di vita? La spiegazione di questa apparente contraddizione si trova nel sistema di pagamento transfrontaliero della BCE Target 2, il cui vero significato da oltre un anno ci viene ricordato dal presidente dell'Istituto IFO Hans Werner Sinn.

Gli avversari di Sinn nascondono con discussioni complicate un meccanismo abbastanza semplice: aiutare i paesi in difficoltà a spese dei paesi finanziariamente ancora forti. Di solito ogni trasferimento di denaro da un paese all'altro viene effettuato attraverso il sistema Target 2 , in modo da evitare il trasporto transfrontaliero di banconote all'interno di una valigia.

Al 30-09-2012 i crediti Target della Bundesbank avevano raggiunto e superato i 700 miliardi; da qui alla fine dell'anno raggiungeranno probabilmente i 750 o gli 800 miliardi di Euro. I crediti Target-2 della Bundesbank verso le altre banche centrali dell'Eurosistema corrispondono a circa i due terzi degli attivi della Bundesbank e non sono coperti da alcuna garanzia. Attraverso il sistema Target-2 la Bundesbank finanzia oltre all'export di capitali dai paesi in crisi - in altre parole la fuga di capitali - una larga parte dell'export verso la zona Euro: molti dei paesi GIIPS non avrebbero avuto il denaro per importare in queste dimensioni i beni di consumo e industriali tedeschi.

Un contributo di solidarietà (Solizuschlag) di un trilione

Ostinatamente molte voci continuano a sostenere che i saldi Target 2 siano solo un falso problema o un problema di contabilità. In qualche modo i flussi di merci e i pagamenti devono essere registrati. Nel complesso tuttavia, all'interno del bilancio consolidato della BCE, nel quale tutte le banche centrali confluiscono, tutto si pareggia fino all'ultimo cent. Percio' non c'è motivo di perderci il sonno. 

Le esportazioni della Germania nel 2011 sono state pari a 1.06 miliardi di Euro. Di questi circa 417 miliardi di Euro, vale a dire il 39 %, sono andati nell'Eurozona. Per il 2012 si attendono le stesse cifre, probabilmente una percentuale leggermente piu' bassa per gli stati Euro. I crediti Target 2 della Bundesbank cresceranno di altri 250 o 300 miliardi di Euro fino a circa 800 miliardi di Euro. Questo significa che delle esportazioni tedesche verso l'Eurozona, meno della metà saranno pagate dai paesi importatori: la parte principale sarà finanziata dalla Bundesbank.

Con i crediti Target 2 la Bundesbank si assicura che l'industria e gli istituti finanziari tedeschi ricevano il loro denaro, senza alcuna certezza che i crediti accumulati siano mai pagati. Rimborso che sarà possibile solo con un rovesciamento sostenibile del commercio e delle bilance commerciali.

Con i 250 o 300 miliardi di Euro con cui la Bundesbank quest'anno ha sovvenzionato le imprese e le banche tedesche, avrebbe potuto finanziare la distribuzione gratuita alla popolazione tedesca di 15 o 16 milioni di VW Golf. Con gli oltre 800 miliardi di Euro "prestati" fino ad ora all'Eurozona, la Bundesbank avrebbe potuto rifornire l'intero mercato automobilistico con 43 milioni di auto nuove della stessa marca.

Se la Bundesbank avesse stampato il denaro e questo fosse rimasto in Germania, avrebbe potuto stimolare la stagnante domanda interna. Al contrario il sistema Target 2 ha trasformato la BuBa nel fondo sovrano piu' inefficiente del mondo che può investire il patrimonio dei tedeschi in una sola classe di investimento: titoli privati e pubblici dei paesi in crisi della zona Euro. Con il suo generoso contributo di solidarietà la Bundesbank ha finanziato l'import di beni tedeschi dei paesi in crisi. E ha regalato all'industria dell'export sovvenzioni per centinaia di miliardi all'anno, che in larga parte sfociano poi in investimenti esteri o nei paesi EU.

Draghi-avelli ha in pugno la Germania

Non c'è quindi da stupirsi se la grande industria e il mondo finanziario tedesco siano a favore di eurosalvataggi sempre piu' grandi. Come potrebbero altrimenti spendere il loro bonus miliardario annuo generato dal commercio con l'estero e parcheggiare i costi nel bilancio della Bundesbank. Per la sua ricapitalizzazione sarà ovviamente chiamato a pagare il governo federale e quindi il contribuente.

Il presidente BCE Mario Draghi tiene in pugno la Germania. Tramite il sistema Target 2 la BCE costringe la Bundesbank a finanziarie l'equivalente di quasi due terzi di tutte le esportazioni tedesche verso l'eurozona con denaro pubblico e a tempo indeterminato. Con il suo programma di acquisti illimitati l'ex uomo Goldman-Sachs e attuale banchiere BCE permette ai paesi e alle banche in difficoltà del sud Europa (e presto forse anche della Francia) di rifinanziare il proprio debito attraverso la BCE.  E alla fine avremo anche una loro messa in comune: o attraverso l'inflazione o con un tasso di interesse troppo basso oppure mediante il finanziamento dei debit da parte della BCE, ovviamente con il denaro Bundesbank. Non c'è piu' bisogno di Eurobond. La BCE li ha da tempo introdotti sotto altro nome: saldi Target 2 e finanziamento degli stati attraverso acquisto dei titoli.

Con l'Euro si sono avvantaggiati la grande industria, il settore dell'export e alcune grandi banche, e nessun'altro in Germania. I salvataggi Euro espropriano il risparmiatore tedesco e mettono nei guai il contribuente. Poiché l'Euro ha sovvenzionato l'industria e la politica non vuole ammetterne il fallimento, le industrie, le banche e il governo federale non risparmieranno alcuno sforzo nel cercare di nascondere ai contribuenti e ai risparmiatori che una fine orribile sarebbe ancora meglio di un Euro-orrore senza fine.

La BCE insieme all'oligopolio politico tedesco, con la loro religione dell'Unione Europea e il totem dell'Euro sono uno dei piu' grandi pericoli per l'economia mondiale. Tengono in piedi un sistema che potrà sopravvivere solo come una valuta debole e al prezzo di una stagflazione. Non certo come una zona di stabilità e benessere.

Con gli Eurosalvataggi e la messa in comune dei debiti nella zona Euro la Germania si lega ad un cadavere. Il governo federale necrofilo farebbe meglio a contenere le perdite. Al contrario, "il governo di maggior successo dalla riunificazione" evoca ancora il miracolo della vittima europea. Draghi-avelli procede invece verso la "Lirizzazione" dell'Euro, assistito dalla corte costituzionale, il cui presidente ha appena annunciato di voler ritardare la decisione sulla legalità degli acquisti di titoli, proprio fino a quando la BCE avrà ormai già iniziato gli acquisti.

mercoledì 28 novembre 2012

Appello alla cancelliera

Il deputato ribelle FDP Frank Schäffler scrive un appello alla cancelliera per fermare l'ennesimo salvataggio greco: stiamo andando verso una costosa unione di trasferimento. La maggioranza nero-gialla sempre piu' inquieta. Da Die Welt
Le politiche di salvataggio in Europa hanno portato ad una sfiducia reciproca. Se pensiamo che prestando denaro diventeremo dei benefattori, ci stiamo ingannando. Accadrà il contrario.


Sehr geehrte Frau Bundeskanzlerin,

ancora una volta noi membri del Parlamento ci troviamo a votare sugli aiuti alla Grecia. Molte cose sono successe dal primo salvataggio del maggio 2010. Nel frattempo le decisioni del Bundestag non sono piu' solo una prassi, ma sono diventate costituzionali. La Grecia sotto la guida della Troika ha  fatto progressi nel risanamento del bilancio, questo è innegabile. 

Ancora nel 2009 aveva uscite per quasi 125 miliardi di Euro. Per quest'anno sono previsti 98.5 miliardi di Euro, molto meno. Innegabile è anche il fatto che il programma di salvataggio è fallito: nel risanamento del bilancio pubblico greco non c'è stato alcun successo. 

Il deficit di bilancio era al 15.6 % nel 2009 e nel 2012 dovrebbe scendere intorno al 7%. La Grecia non è nemmeno vicina ai criteri di Maastricht. Quasi nulla è stato privatizzato. L'economia sta crollando, il tasso di disoccupazione cresce di un punto percentuale al mese. 

Nonostante il taglio del debito di marzo, il denaro promesso alla Grecia non basterà. Ci sarà bisogno di molti piu' soldi. Con la decisione sui nuovi prestiti alla Grecia, diamo una valutazione anche su cosa nei salvataggi è andato bene e cosa invece no.

La crisi suscita diffidenza

La politica di salvataggio ipotizzava di superare le crisi di finanziamento con dei prestiti, in modo da poter sfruttare il tempo guadagnato per fare le riforme richieste dall'esterno. Questo approccio soffre di un errore fondamentale: voler sostituire attraverso un accordo politico l'incentivo al consolidamento determinato dagli alti tassi.

L'applicazione di questi accordi politici dà ad una parte il ruolo del supervisore e all'altra quello dello scolaro svogliato. Il denaro prestato ci trasforma da buoni vicini di casa in creditori e debitori. Questo conduce ad una sfiducia reciproca. Mai dalla fine della seconda guerra mondiale ci si era offesi in questo modo l'uno con l'altro come dall'inizio della missione della Troika.

E questo dovrebbe preoccupare soprattutto noi tedeschi. Non siamo percepiti come dei salvatori accorsi in aiuto, ma come una forza che vuole danneggiare gli stati indebitati a proprio vantaggio. 

Una politica di umiliazione

Stiamo mentendo a noi stessi se con i prestiti crediamo di diventare dei benefattori. E' vero il contrario: sullo zuccherino dei crediti a tassi agevolati sbatte la frusta della Troika, con la quale stiamo spingendo per l'attuazione dei programmi di adeguamento. Questa è una politica di umiliazione.

Come ci sentiremmo noi tedeschi, se fossimo costretti a votare un governo, fino a quando questo non è in grado di implementare determinate condizioni? E in quanto parlamentari come ci sentiremmo, se non potessimo definire il contenuto delle leggi da noi votate?

I parlamenti dei paesi in crisi sono stati privati dei loro diritti. Non è un errore pensare ad una minaccia alle istituzioni democratiche. In Grecia l'estrema destra è il terzo partito, l'estrema sinistra il secondo partito.

La strada verso una unione di trasferimento illimitata

Sarebbe necessaria l'onestà anche nelle premesse non scritte della politica di salvataggio: se l'Euro è irreversibile, allora la presunta condizionalità degli aiuti non è vera.  Se gli aiuti si fermassero, la Grecia uscirebbe immediatamente dall'Euro. Chi considera l'Euro irreversibile, allora sarebbe disposto a finanziare in maniera illimitata la Grecia, e gli altri paesi in crisi.

Sotto le premesse dell'irreversibilità dell'Euro, non ci sarà fine ai trasferimenti verso la Grecia o verso ogni altro paese - non importa se i requisiti siano soddisfatti o meno. Onestà significa anche affermare chiaramente che questa è la strada verso una unione di trasferimento illimitata.

Grandi rischi per la stabilità monetaria

Si dovrebbe allora spiegare all'elettore che la presunta politica di salvataggio in ultima analisi ci porterà ad una unione di trasferimento e del debito. E' molto piu' vicina ai desideri socialdemocratici che non ai nostri ideali di politica economica. Dobbiamo denunciare pubblicamente anche la strumentalizzazione della politica monetaria ai fini fiscali.

Le dimensioni dei fondi di salvataggio non saranno sufficienti per garantire i debiti dei paesi sotto copertura e della Spagna. E' solo una questione di tempo: il Bundestag sarà chiamato a decidere sull'acquisto di titoli sul mercato primario, affinché la BCE possa agire sul mercato secondario.

Dovremmo pero' dire all'elettore: ogni economista onesto vede nell'acquisto di titoli da parte della BCE un grande pericolo per la stabilità monetaria. I nostri risparmi oggi sono messi in pericolo! Anche le pensioni non sono al sicuro!

Non dobbiamo sottovalutare gli elettori

Non dovremmo fare l'errore di credere che l'elettore non conosca questi pericoli. Come politici, non dovremmo sottovalutare i nostri elettori, oppure considerarli naive. Molti hanno già percepito il livello di pericolo per le istituzioni democratiche, la nostra reputazione e il nostro denaro.

Il successo elettorale non deve essere basato sul calmare queste preoccupazioni in maniera paternalistica o sull'occultamento delle informazioni. Gli elettori vogliono parole chiare. Pertanto dovremmo ammettere: 

non esiste piu' una soluzione facile per la crisi. Abbiamo solo la scelta fra una soluzione dolorosa e costosa e un'altra catastrofale.

Dovremmo consentire alla Grecia di uscire

Il tentativo di superare una crisi di debito sistemica, creando nuovo debito, finirà con una catastrofe. Questo è il passo verso un socialismo del debito. Una economia sana non puo' essere basata sul debito, piuttosto ha bisogno di un rapporto sano fra debiti e capitale proprio.

Dovranno percio' essere possibili i fallimenti - di stati e banche. Dovremmo consentire alla Grecia di uscire, affinché si possa ottenere una Eurozona in grado di respirare, dove il divieto di bail-out viene applicato.

Per l'Europa abbiamo bisogno di un ritorno ad una responsabilità dei singoli paesi sul bilancio. Cio' è doloroso, ma almeno non catastrofico. In caso contrario, il downgrade del rating non minaccerà solamente la Francia, ma anche la Germania.

Abbiamo bisogno di una cultura del risparmio

Signora Cancelliera, se questa è una crisi di debito, la nostra risposta dovrebbe essere una cultura del risparmio. Se andiamo avanti così, avremo solo ricchezza apparente costruita sulla sabbia. Il castello di carte crollerà. Dovrebbe prendere ad esempio il suo predecessore Ludwig Erhard, il padre del nostro sistema di mercato. 

Nel 1963 a Stoccolma disse :" Guai a chi crede che l'Europa possa diventare un governo centralizzato, o che la si possa mettere sotto un'autorità piu' o meno centrale. No - questa Europa ha il suo valore anche per il resto del mondo nella sua diversità, nella varietà e nella raffinatezza della vita".

martedì 27 novembre 2012

Bofinger: senza un cambio di strategia l'Euro non sopravviverà


Bofinger, membro del Consiglio dei saggi economici, sulle pagine della euroscettica Wirtschaftswoche lancia un appello: o si fa l'unione politica oppure con l'Euro è meglio lasciar perdere.
La zona Euro si trova in una situazione di calma apparente. La disponibilità della BCE ad acquistare titoli di stato in misura illimitata ha stabilizzato i mercati e scongiurato il rischio di una rottura. Ma i problemi di fondo non sono stati affrontati.

Con le politiche di risparmio non si esce dalla crisi Euro. E' necessario un salto in avanti verso una politica fiscale comune. Se non si riuscirà a farlo, allora il ritorno alle valute nazionali sarà un'opzione possibile. L'intera zona Euro potrebbe scivolare in recessione, e questa volta anche i paesi centrali come Francia e Germania sarebbero coinvolti.

Naturalmente ci sono anche luci. I disavanzi delle partite correnti si sono ridotti in tutti i paesi in crisi: in parte per la riduzione delle importazioni causata dalla congiuntura negativa, ma in parte anche per la crescita dell'export. Il miglioramento della competitività ci porterà ad un successo duraturo solo se la zona Euro nel suo complesso tornerà su un sentiero di crescita.

Politiche economiche procicliche conducono alla   recessione

Secondo ogni legge economica, se tutti i paesi membri continueranno sulla strada dell'austerità non potremo avere alcun successo. Sebbene già ora la zona Euro si trovi in una recessione profonda, per il 2013 è prevista una ulteriore riduzione del disavanzo corretto per il ciclo di un punto percentuale. Una tale politica prociclica ci porta sempre piu' a fondo nella recessione facendo crescere il tasso di disoccupazione oltre il già alto 11.7% attuale. La condizione delle banche peggiorerà, come quella delle finanze pubbliche.

Anche per la competitività le prospettive non sono buone: il capitale umano dei disoccupati sarà svalutato, gli investimenti privati e pubblici si ridurranno. In definitiva, il tentativo di alcuni paesi di tornare competitivi con una riduzione dei salari, causerà una tendenza deflazionistica che accrescerà ulteriormente i problemi di indebitamento del settore privato.

Una politica fiscale espansiva ha aiutato gli Stati Uniti

Che questi sviluppi siano evitabili lo dimostra l'esempio americano. Li' con una politica fiscale espansiva sono riusciti a stabilizzare il mercato immobiliare, e il settore privato ha potuto rimettere a posto i bilanci provati dalla crisi. In quale condizione si troverebbe l'economia americana e quella mondiale, se il deficit di bilancio americano non fosse intorno al 9%, ma vicino al 3% come nella zona Euro?

Senza un cambiamento fondamentale di strategia l'Euro nei prossimi anni non sopravviverà, né economicamente né politicamente. L'unione monetaria ha solo una possibilità: i paesi membri dovranno considerare la crisi come una sfida comune e non come una somma di differenti deficit di competitività. Una prospettiva comune imporrebbe di posticipare le misure di risparmio fino al superamento della recessione. Nel frattempo, deficit piu' alti dovrebbero essere finanziati collettivamente.

Un tale cambiamento di strategia non dovrebbe essere considerato un assegno in bianco per una politica di bilancio lassista. Piuttosto inserito all'interno di un accordo fra i paesi membri per creare le condizioni verso una ulteriore integrazione politica.

A livello europeo dovrebbero essere preparati meccanismi efficaci per disciplinare la politica fiscale nazionale. In concreto, si dovrebbe pensare ad un Ministro delle finanze europeo legittimato dal Parlamento Europeo, con il compito di verificare che le politiche fiscali della zona Euro siano adeguate alla congiuntura. E che allo stesso tempo abbia diritti di intervento verso i paesi con politiche fiscali non virtuose. 

Meglio una fine orrenda, che un orrore senza fine

Un tale cambiamento di strategia richiede molto coraggio. Se  il percorso verso una maggiore integrazione non lo si ritiene realizzabile politicamente, ci si dovrebbe allora chiedere se non sia preferibile una ordinata dissoluzione dell'unione monetaria. Questo per l'economia tedesca significherebbe ingenti perdite di competitività in termini di prezzo.

Ma una profonda recessione della zona Euro avrebbe conseguenze economiche ancora piu' gravi per la Germania. Politicamente, le garanzie crescenti necessarie per gli altri paesi sarebbero un rischio aggiuntivo. E un tale "orrore senza fine" alla fine condurrebbe ad una dissoluzione volontaria o involontaria dell'Euro.

Politicamente l'Euro si trova oggi nel mezzo di un tunnel molto lungo. Se non vogliamo che resti in questa posizione scomoda, ci sono solo due possibilità. La politica deve cercare la via d'uscita che dall'unione monetaria porta all'unione politica. Ma se per fare questo manca la forza o il coraggio, si dovrebbe allora riflettere se non sia meglio tornare verso l'ingresso, vale a dire verso il mondo delle monete nazionali. 

venerdì 23 novembre 2012

Saggi poco saggi

Su Die Zeit un'altra riflessione sulla relazione del Consiglio dei Saggi economici : pensare solo agli interessi tedeschi non ci porterà lontano. Dieter Wermuth, Die Zeit
L'Euro è il tema principale del'ultimo rapporto annuale del Consiglio degli Saggi economici. Dati gli enormi rischi economici e politici legati ad un suo fallimento, non poteva essere diversamente. Di unione monetaria ne esiste una sola e gravi mancanze ne minacciano la sopravvivenza. Per questa ragione il Consiglio fa delle proposte per la creazione di un ambito istituzionale razionale ed economicamente sostenibile. 

I Saggi nel loro rapporto temono che misure provvisorie, come quelle della BCE, anche se dettate dalla difficoltà della situazione, possano  diventare istituzioni stabili che permetteranno ai paesi membri di non agire per l'eliminazione dei deficit strutturali. Per loro c'è il rischio che i paesi in crisi possano evitare le necessarie riforme. Il Giappone con le sua crisi bancaria e il problema del debito pubblico, è l'esempio pauroso da evitare.

Per quanto riguarda la Germania, i Saggi individuano le priorità da seguire e gli argomenti connessi. Nessuna traccia di euroromanticismo. Piuttosto una consapevole insistenza sul fatto che ogni paese deve fare i propri compiti a casa. Ci potranno essere aiuti solo e se le condizioni di base saranno soddisfatte. Chi dovrà garantire per i debiti altrui, dovrà avere il diritto di controllarne la politica. In piu' punti della relazione si sottolinea: garanzia e controllo dovranno essere legate. E' il loro leitmotiv.

Il governo, con il documento dei Saggi, ha una dettagliata e argomentativa serie di temi da utilizzare nelle negoziazioni con gli altri paesi. Vogliamo questo e quello, e vi diciamo anche perché. La relazione dei Saggi si concentra sugli interessi dei contribuenti e dei risparmiatori tedeschi e ipotizza che cio' nel lungo periodo possa essere utile anche agli altri paesi. Dal punto di vista della teoria dei giochi è ipoteticamente giusto: essere il primo a formulare una richiesta, in modo che i paesi partner si trovino sulla difensiva e siano obbligati a concessioni piu' grandi di quanto non si aspettino.

Dal mio punto di vista, invece, viene rimosso il fatto che la Germania, dopo aver risolto negli ultimi 10 anni importanti problemi strutturali, ora ha l'obbligo di stabilizzare l'Euro affinché possa ottenerne vantaggi anche per la propria crescita economica. Anche gli interessi tedeschi vanno in questa direzione. Secondo le previsioni dei Saggi, inoltre, il PIL reale tedesco nel prossimo anno crescerà piu' lentamente del suo potenziale. 

Vorrei a questo punto ribadire ancora una volta che non esistono dei mezzi perfetti per misurare il tasso di crescita potenziale di un paese. Da un lato, secondo il Consiglio, la crescita potenziale dovrebbe essere solo dell'1.1%. Dopo che la crescita media del PIL reale nei 10 anni precedenti il 2008 è stata dell'1.7%. Piu' basso è il tasso potenziale di crescita, minore sarà il gap fra quello che viene prodotto e cio' che potrebbe essere prodotto senza tensioni inflazionistiche. Chi vuole impedire che la politica economica intraprenda un corso espansivo, ha interesse a mostrare che vi è una piena occupazione. Il consiglio da tempo riduce i gap di output e in questo modo nega la necessità di un'azione di politica economica.

Io credo invece che la crescita potenziale ora come prima potrebbe essere fra l'1.5 e il 2%. Perchè? Il tasso di crescita è costituito dal trend di crescita dell'occupazione e dal trend di crescita della produttività del lavoro. Le ore di lavoro prestate, rimangono all'incirca invariate (mentre la crescita tendenziale degli occupati è di mezzo punto all'anno, fatto che riflette il continuo calo della media delle ore lavorate). Nei 10 anni fino al 2008 la produttività per ora è cresciuta dell'1.7 %. Perchè negli ultimi anni ci dovrebbe essere stato un crollo? Nel complesso, il potenziale di crescita dovrebbe essere fra l'1.5 e il 2%. In altre parole, io sono convinto che l'economia tedesca opera ampiamente al di sotto del suo potenziale di crescita, rispetto a quanto indicato dal consiglio.

Anche i bilanci in pareggio delle amministrazioni pubbliche confermano che esiste un ampio spazio per una politica fiscale espansiva. Non abbiamo bisogno di una nuova rottamazione auto, ma perché non spendere piu' denaro per un'istruzione migliore, per le infrastrutture comunali, per l'ambiente o per il nostro futuro? Se il settore privato è cosi' incerto come lo è oggi e riduce le sue spese, è compito dello stato riempire una parte degli spazi lasciati vuoti. Ma il consiglio non entra nei particolari e ribadisce: le capacità sono pienamente utilizzate.

Il fatto che una crescita piu' forte in Germania aiuterebbe i paesi in difficoltà, nella cosiddetta periferia, ad esportare di piu' e quindi a ridurre i loro debiti, nella relazione non viene affatto tematizzato. Ma il debito potrà essere ridotto solo con un reddito aggiuntivo e quindi con una bilancia delle partite correnti attiva. Non si capisce perché nel nostro paese, proprio nella situazione attuale di crisi, dobbiamo vivere al di sotto delle nostre possibilità. L'avanzo delle partite correnti, che ne è una misura, quest'anno non sarà inferiore ai 170 miliardi di Euro, vale a dire il 7% del PIL nominale! Ma i creditori devono fare massima attenzione: i debitori per poter andare avanti devono avere un reddito. Siamo i campioni mondiali del risparmio - e gli altri dovrebbero emularci. Dov'è la logica?

Non da ultimo la nostra economia approfitta in maniera sproporzionata della fuga di capitali dai paesi in crisi, come del resto della politica espansiva della BCE. Il governo federale per i titoli a breve non paga quasi nessun interesse; i tassi reali su tutte le scadenze sono negativi. La caduta della spesa per interessi è una delle ragioni principali, per cui lo stato - secondo i miei calcoli - sta ottenendo degli avanzi di bilancio strutturali. Poiché i tassi sono scesi verso il basso, anche il settore privato può indebitarsi a tassi molto bassi. I paesi in crisi in questo modo stanno stimolando la congiuntura tedesca. L'Euro debole, una conseguenza della crisi, sta facendo il resto. Anche su questo il Consiglio dei saggi ha un'altra opinione.

In generale sarebbe un bene per noi e sarebbe nel nostro interesse, se si puntasse su piu' crescita e in questo modo su un aumento delle importazioni. Purtroppo questo non è un tema condiviso dal Consiglio degli esperti: loro hanno già mostrato su basi scientifiche che siamo vicini alla piena occupazione. Di conseguenza deficit pubblici piu' alti sono un tabu': ci porterebbero rapidamente all'inflazione galoppante e all'esproprio del risparmiatore. Ma se tutti vogliono risparmiare e nessuno vuole investire, non si puo' risparmiare. E' così semplice, da darsi la zappa sui piedi. Non basta chiedere ai paesi in crisi una politica di risparmio ambiziosa e riforme profonde del mercato del lavoro, del sistema sociale, delle tasse e della competitività, se si spinge verso il basso per un lungo periodo la propria domanda interna. Ci dovranno pertanto essere dei corrispondenti avanzi delle partite correnti. Solo in questo modo questi paesi potranno ridurre i loro debiti.

Pensare solo ai nostri interessi nell'unione monetaria non ci porterà lontano. Credo tuttavia che nel corso dei prossimi mesi, durante le negoziazioni europee alcune proposte dei Saggi finiranno per essere annacquate. Ad esempio il rifiuto di un'assicurazione centrale sui depositi, la separazione della politica monetaria e del controllo bancario, o la richiesta che la politica fiscale resti una questione nazionale, perché a quanto pare nessun paese vuole rinunciare alla propria sovranità nazionale.