domenica 16 dicembre 2012

Sinn: la Germania deve dire solo no

H.W. Sinn, intervistato da Handelsblatt, commenta gli ultimi avvenimenti: la Germania deve imporre la propria volontà sull'unione bancaria e Monti è una benedizione per l'Italia.




Handelsblatt: Professor Sinn, dopo mesi di turbolenze il 2012 volge al termine: il Presidente del consiglio italiano Mario Monti ha annunciato le sue dimissioni, non è ancora chiaro se la Spagna chiederà l'intervento del fondo salva stati, i tempi per il riacquisto del debito greco si allungano. Quale paese europeo la preoccupa di piu'?


Sinn: Sicuramente la Spagna. Perché il debito estero del paese è piu' alto di quello di tutti gli altri paesi in crisi messi insieme. A questo si aggiunge la situazione disastrosa nel mercato del lavoro, sui livelli greci. La combinazione è spaventosa

Handelsblatt: Quello che sta succedendo in Italia la spaventa?

Sinn: Aspettiamo di vedere se Monti si presenterà alle elezioni del 2013. Sarebbe una benedizione. E' un professore di economia ed è stato commissario europeo - una combinazione migliore fra competenze specialistiche e politiche è difficile da trovare. Le sue riforme si sono pero' arenate quando il presidente BCE, Mario Draghi, con la usa "dicke Bertha“ ha annunciato acquisti illimitati prospettando una diversa via di uscita. I sindacati hanno rallentato le riforme, realizzabili solo in condizioni di emergenza.

Handelsblatt: Anche lei si sente di lodare la gestione della crisi dei nostri politici?

Sinn: Prendo atto con grande interesse che il Ministro delle finanze procede in maniera molto decisa verso l'unione bancaria e che le preoccupazioni espresse dagli economisti e dall'associazione delle casse di risparmio saranno accolte nella sua decisione finale. Vuole una rappresentanza dei Lander secondo il loro peso nell'organo decisionale della vigilanza bancaria e la separazione dell'autorità di controllo dalla BCE. Entrambi i punti mi fanno stare piu' tranquillo.

Handelsblatt: Wolfgang Schäuble (CDU) riuscirà ad imporsi?

Sinn: Se lo vuole, la Germania puo' imporsi. Poiché le decisioni devono essere unanimi e si tratta di denaro tedesco, se il risultato non le sta bene, la Germania dovrà dire solo no.

Handelsblatt: Ma è una questione di pressione politica...

Sinn: E' vero. Ma il presidente francese François Hollande ha bisogno del nostro denaro. Dovrà acconsentire.

Handelsblatt: Se guardiamo indietro al 2012, la crisi nel corso dell'anno si è intensificata oppure calmata?

Sinn: La crisi finanziaria per la prima volta sembra essersi assestata. Ma la crisi ha ancora una seconda dimensione irrisolta: la mancanza di competitività di alcuni paesi. 

Handelsblatt: La crisi finanziaria si è in parte calmata grazie alla BCE?

Sinn: La BCE ha chiarito agli investitori che il contribuente tedesco e di altri paesi ancora sani risponderà per il debito dei paesi in crisi, garantendo per gli altri. Ma l'allentamento della crisi mi preoccupa. I problemi di competitività dei paesi in crisi non saranno risolti dalle promesse di Draghi. La sola via per ridurre i deficit delle partite correnti, senza che i paesi siano trascinati in recessione o depressione, consiste nello spostare la domanda dai beni esteri a quelli nazionali, facendo in modo che i prezzi calino rispetto a quelli degli altri paesi. Ad eccezione dell'Irlanda, cio' non è ancora accaduto.

Handelsblatt: Che cosa dovrebbe succedere invece?

Sinn: Nella zona Euro cio' potrà accadere solo con una lunga fase di stagnazione, durante la quale il tasso di inflazione sarà spinto ad un livello inferiore rispetto a quello tedesco. Non possiamo posticipare ulteriormente questa fase di adattamento, approvando sempre nuovi trasferimenti. Fino a quando il denaro pubblico continuerà a fluire, i paesi coinvolti non saranno pronti per una dolorosa svalutazione reale da realizzare con un contenimento dei prezzi. Alla fine, chi non intende ridurre i prezzi, dovrà uscire dall'Euro. I paesi fuoriusciti dovranno essere aiutati con un taglio del debito e ulteriori crediti per il sistema bancario. Quanto piu' a lungo si attenderà per applicare le misure radicali, sempre di piu' saranno gli investitori che riusciranno a vendere i loro titoli tossici ai fondi di salvataggio e sempre piu' cara diventerà l'operazione per i contribuenti e i pensionati tedeschi.

Handelsblatt: In questo momento il processo non sembra pero' molto rapido...

Sinn: Chiaro. Gli obbligazionisti guadagnano tempo, i contribuenti e i pensionati lo perdono. Se il governo intende guadagnare tempo in questo modo, la conclusione è che sta assumendo la posizione degli investitori. La potenza di fuoco dell'industria finanziaria sa influenzare l'opinione pubblica con grande successo. Per questa ragione la politica ritiene una buona soluzione calmare i creditori dei paesi del sud con il denaro dei contribuenti del nord.

Handelsblatt: Come sarà il 2013 per noi?

Sinn: Fino alle elezioni probabilmente tranquillo, perché la BCE continuerà la politica dei bassi tassi di interesse e il governo federale spera di essere rieletto in una situazione di calma generale. Dopodiche' saranno prese nuove decisioni. Nel lungo periodo la politica BCE potrebbe sfociare in una fase di inflazione europea. Soprattutto in Germania, perche il capitale resterà in un porto sicuro e i segnali ci lasciano ipotizzare una fase di crescita nel breve e nel lungo periodo.

Handelsblatt: La situazione di bassi tassi di interesse ha causato un boom nel mercato immobiliare tedesco. E' una bolla?

Sinn: Dopo aver superato la prima fase di crisi, la Germania ha vissuto una meravigliosa fase espansiva. Il settore delle costruzioni ha spinto la domanda interna creando crescita economica e posti di lavoro. L'industria delle costruzioni si indebolirà un po' nel 2012. Ma anche se questo non succedesse, non siamo di fronte ad una bolla, perchè i prezzi degli immobili in Germania sono ancora piuttosto bassi. Un boom immobiliare dura in media 17 anni. Alla fine del decennio ci potremo chiedere se si è formata una bolla immobiliare.

Handelsblatt: La fase di debolezza dell'economia tedesca durerà o sarà solo di breve periodo?

Sinn: Cosi' sembra. La Germania ha una situazione strutturalmente migliore rispetto agli altri paesi europei. La domanda mondiale dei nostri prodotti è ancora molto alta. 

Handelsblatt: Le elezioni federali riusciranno ad influenzare la congiuntura?

Sinn: La previsione è molto difficile, perchè il governo di solito fa il contrario di quanto annunciato - per togliore vento alle vele dell'opposizione. Schröder ha abbassato le tasse e con l'Agenda 2010 ha tagliato il welfare. Merkel ha introdotto il salario minimo e ha deciso l'uscita dal nucleare.

Handelsblatt: Quale candidato alla cancelleria ha maggiori competenze economiche: il socialdemocratico Peer Steinbrück oppure il leader della CDU Angela Merkel?

Sinn: Peer Steinbrück è un economista di grande esperienza e come ministro delle finanze ha introdotto in Costituzione un limite all'indebitamento (Schuldenbremse), è stato sicuramente un grande risultato. Ma se da un punto di vista economico sia il miglior candidato è ancora in discussione, perchè non è chiaro se saprà liberarsi dai desideri del suo partito - a volte ci sono richieste che in quanto economista non possono essere tollerate.

sabato 15 dicembre 2012

Non lo stimano e non lo amano


Jan Fleischhauer, su Der Spiegel, torna a parlare di Italia e italiani. Lo fa attaccando il ritorno di B. e ricordando ai tedeschi che questa volta anche loro dovranno pagare  un prezzo. 
In generale ci rallegriamo per ogni artista dell'intrattenimento politico. Ma la minaccia di un ritorno di Silvio Berlusconi in politica, per noi tedeschi potrebbe avere sviluppi abbastanza tristi: il prezzo della buffoneria questa volta non dovranno pagarlo solo gli italiani.

Alla fine, le ragioni della crisi italiana sono state chiarite: noi tedeschi siamo i responsabili. Prima di tutto le banche tedesche per ordine del governo federale si sono liberate dei loro titoli pubblici e in questo modo hanno causato un'ondata  internazionale di vendite. Poi, per mezzo di Angela Merkel e Wolfgang Schäuble, abbiamo imposto al nostro vicino una rigida austerità. E ora che la crisi si è intensificata, oltre a Grecia e Spagna, stiamo spingendo anche l'Italia in recessione, fino a quando in Europa non resterà che una sola nazione: la Germania.

Sicuramente il signor Berlusconi è originale, non si puo' dire il contrario. Di solito queste eruzioni complottiste sono tipiche di qualche despota della giungla o paranoico iraniano e non certo di un uomo di stato che per 10 anni ha guidato le sorti di un paese, fra i piu' industrializzati al mondo. Di fatto ci manca solo l'accusa di nazismo e il riferimento al Quarto Reich, ma l'anno non è ancora finito. Al momento Berlusconi si sta solo scaldando per la gara.

Ammetto di avere un debole per gli eccentrici e soprattutto per tutti i politici artisti dell'intrattenimento. Per questo mi piacciono anche Helmut Schmidt e Peter Scholl-Latour. Il nostro uomo nel centro del capitalismo finanziario inglese, il columnist domiciliato a Londra, Wolfgang Munchau, mercoledi si è addirittura congratulato con il Cavaliere per la sua candidatura: in questo modo il dibattito sul "diktat di risparmio tedesco" avrebbe ricevuto una nuova spinta. Sull'isola hanno da sempre uno senso dell'humour un po' speciale. Purtroppo non tutti vedono gli annunci del buffone italiano in maniera così rilassata. Che cosa pensano coloro che dovranno prestare il denaro al nuovo presidente del consiglio per tenere il paese in piedi, lo si capisce dai mercati finanziari: l'annuncio del ritorno è costato all'Italia presumibilmente già almeno 7 miliardi di Euro.

La Germania paga il prezzo per i visionari politici italiani

La notizia triste per noi è: non saranno solo gli italiani a dover pagare il prezzo della buffoneria. I costi per questo numero di circo riguarderanno tutti, senza pero' avere la possibilità di influenzarlo con un voto. Non è molto democratico, ma le cose nell'Europa unita di oggi vanno cosi', e non sarà un premio Nobel ad aiutarci.

Quella che normalmente i leader politici potrebbero definire politica internazionale, in un'area monetaria unica diventa invece il pretesto per un ricatto. E un uomo del calibro di Berlusconi è cosi' intelligente, che l'ha capito. Il calcolo è semplice: se l'Euro collassa, le conseguenze per gli italiani sarebbero devastanti, ma per noi tedeschi ancora peggiori. Già il presidente Mario Monti al vertice di Brussel in estate ha minacciato la catastrofe, e viene considerato un uomo ragionevole e un amico dei tedeschi. Non ci si puo' nemmeno immaginare, che cosa succederebbe, se il magnate dei media di Milano o un satrapo da lui sostenuto dovesse prendere il timone. I commentatori cercano di rassicurarci scrivendo che una nuova vittoria elettorale di Berlusconi è improbabile. Ma si diceva cosi' anche l'ultima volta, prima che  diventasse nuovamente presidente del consiglio.

Ho avuto le mie esperienze personali con il berlusconismo, forse per questo vedo le cose in maniera pessimistica. Quando all'inizio dell'anno in occasione del naufragio davanti  all'Isola del Giglio ho fatto qualche battuta a spese dei nostri vicini, ho guadagnato la prima pagina sul quotidiano "Il Giornale" posseduto dal fratello di Berlusconi. Tuttavia al capo redattore non è bastato quello che io avevo scritto, e per semplicità ha aggiunto un paio di frasi, e ha completato il tutto con il titolo: "Noi abbiamo Schettino, voi Auschwitz". A confronto la Bild sembra un giornale parrocchiale.

Piu' pericolosi dei macchiavellici, sono i politici fantasisti che credono alla rappresentazione del mondo che essi stessi hanno creato. Il vero politico di potere è realista, e cio' lo rende responsabile delle sue azioni e prevedibile. Chi al contrario dispone di troppo potere o denaro, tende a crearsi una realtà nella quale tutto funziona come lui desidera. E a cio' appartiene anche concludere che l'economia è in salute perché i ristoranti sono pieni di gente, o dire che  gli spread fra titoli tedeschi e italiani sono "un imbroglio".

Non si puo' fare affidamento sul ritiro della spazzatura.

La popolarità di Berlusconi si è sempre fondata sulla volontà di assecondare negli elettori i loro desideri infantili e le loro passioni. "Molti italiani lo adorano per la sua illimitata avidità di denaro e potere, allo stesso modo in cui ammirano gli ultimi arrivati allo sportello che se ne fregano  delle persone in fila mettendosi davanti a tutti. Un americano, a cui un commerciante non emette nessuna ricevuta, pensa immediatamente: 'se non paga le tasse, lo stato per trovare il denaro dovrà aumentarle. Si sta danneggiando da solo'. Anche un lavoratore dipendente italiano che paga fino all'ultimo centesimo le sue tasse, trova un evasore fiscale in qualche modo ammirevole". Non è il mio giudizio, piuttosto quello dello psicoanalista e scrittore Sergio Benvenuto, nel suo articolo pubblicato 2 anni fa su "Lettre International". E allora non era ancora completamente chiaro in quale direzione il berlusconismo avrebbe guidato il paese.

Non è che agli italiani manchino i mezzi per risolvere i problemi senza un aiuto esterno. Le loro attività finanziarie sono maggiori di quelle dei tedeschi. Secondo il recente "Global Wealth Reports" di Allianz, ogni italiano possiede 42.800 € di patrimonio, 4.000 € in piu' di ogni tedesco. Il problema è che la maggior parte degli italiani non ritengono necessario pensare alla riduzione del debito del loro stato. Non gli si puo' certo dare torto: se anche da noi non si potesse fare affidamento sullo smaltimento dei rifiuti, non ci sentiremmo obbligati a pagare tutte le tasse.

Ma forse è arrivato il momento di portare al governo politici che mettano in discussione lo stato attuale delle cose, invece di aggravarlo. Non da ultimo, nella scelta dei suoi rappresentanti, si mostra la maturità di una nazione. 

Lo spettro dell'unione di trasferimento

La Transferunion sin dall'inizio della crisi agita il sonno dei tedeschi. Un commento di FAZ ci illustra il punto di vista della stampa conservatrice. Werner Mussler, da FAZ.net
Un nuovo termine si aggira per l'Europa: "capacità fiscale" (Fiskalkapazität). Già dalla scelta delle parole è chiara la volontà di essere poco chiari. Ma il presidente EU Herman Van Rompuy ha in programma qualcosa di ancora piu' grande.

Che cos'è la "capacità fiscale"? Da un po' di tempo il concetto aleggia sul processo di riforma dell'UE, e nessuno sa bene cosa si intenda. Una sola cosa è chiara: l'unione monetaria in futuro avrà a disposizione, in maniera ben definita, dei mezzi propri. Alle domande ovvie - perché, quanto, da chi, per chi, per quale scopo, quando - nessuno ha voluto ancora rispondere.

Con la relazione sulla riforma dell'unione monetaria del presidente del consiglio EU Van Rompuy, dei presidenti della commissione europea, della BCE e dell'Eurogruppo, la nebbia sembra essersi almeno un po' diradata. Il punto centrale del rapporto avrà certamente sorpreso il governo federale tedesco: a partire dal 2014 dovrà "essere istituita una determinata e limitata capacità fiscale", per "poter ammortizzare gli specifici shock economici nei diversi paesi". Fondo da realizzare con "un sistema di assicurazione a livello centrale". 

Il problema di Berlino, riferito prima di tutto all'idea di assicurazione, è comprensibile solo in parte. La cancelliera ha sempre sostenuto la "capacità fiscale": in futuro "solidarietà e controllo" in Europa dovranno andare mano nella mano, aveva detto Angela Merkel in ottobre, mentre i capi di governo discutevano sulla prima relazione di Van Rompuy. La cancelliera vorrebbe premiare con i fondi della "capacità fiscale" i paesi che si impegnano e lasciano che i loro sforzi siano controllati. Non ha ancora chiarito, tuttavia, secondo quali criteri valuterà la buona condotta degli stati e se lei si presenterà come il controllore degli stati. La sua strategia è davvero costruttiva come lei crede? Un piano e un controllo europeo sono davvero promettenti? E pensa veramente che tutti gli stati europei si lascino costringere a una "via tedesca"?  Già in ottobre e' emersa una nuova interpretazione maggioritaria: la "capacità" dovrà servire per assorbire gli shock economici.

Dietro c'è un pensiero corretto. Ammortizzare immediatamente gli shock nei singoli paesi prevenendo il contagio agli altri stati, se funzionasse, sarebbe molto piu' economico di ogni "savataggio definitivo" dell'Euro.

E' poco piu' di un pensiero corretto. A posteriori, le bolle immobiliari e le conseguenti crisi bancarie, come in Spagna o Irlanda, sono facilmente identificabili come uno schock. Appunto, a posteriori. Gli shock sono riconoscibili, quando ormai è troppo tardi per evitare il contagio.

Van Rompuy in verità ha in programma ancora di piu'. L'opzione da lui denominata "capacità fiscale" arriva fino ad una nuova macchina di redistribuzione europea.

L'approccio macroeconomico: guidare la congiuntura economica EU

In termini macroeconomici i flussi di pagamento in entrata e in uscita dalla "capacità" (Kapazität) dovranno dipendere dalla situazione economica del paese. Chiaramente e seriamente: uno stato in boom paga, uno in recessione riceve denaro.

La direzione a quanto pare dovrebbe essere assunta da Brussel. Poiché questa assurdità non puo' funzionare, la seconda opzione di Van Rompuy - l'approccio microeconomico - contiene molto piu' materiale esplosivo.

L'approccio microeconomico: integrazione delle assicurazioni nazionali contro la disoccupazione.

In questa variante i pagamenti in entrata e in uscita "dovrebbero dipendere direttamente dagli sviluppi del mercato del lavoro". La "capacità" dovrebbe servire come "integrazione parziale all'assicurazione nazionale contro la disoccupazione". Piu' avanti sarà chiaro che si tratta di una grande forma di redistribuzione. Quella che eufemisticamente viene definita "assicurazione", sarebbe l'ingresso in una grande unione sociale europea, in contrasto con ogni idea di sussidiarietà.

Ma l'assicurazione ci porta fuori strada anche per un altro motivo. Si basa sull'idea che una volta questo una volta quello stato Euro, senza colpa alcuna, venga colpito da difficoltà economiche e che i rischi corrispondenti siano assicurabili. Ma la premessa è falsa. Molto spesso le crisi economiche sono riconducibili ad una politica economica nazionale sbagliata. E sicuramente è sbagliata la conclusione. Un'assicurazione avrebbe senso, se i rischi ex ante fossero distribuiti equamente. Uno sguardo alla attuale Euro crisi ci dice che questo non era proprio il caso.  

Van Rompuy potrà comunque affermare di aver seguito il mandato ricevuto: piu' "solidarietà e controllo". L'insoddisfazione di Berlino sulla sua relazione sarà solo poco credibile. La creazione di una massiccia unione di trasferimento europea ipotizzata nel documento, dipenderà in ultima istanza dai fondi di cui disporrà la "capacità". In che modo il governo federale dovrà applicare la proposta, non è ancora chiaro. Van Rompuy sta aprendo cosi' tante porte che difficilmente la Cancelliera riuscirà a chiuderle tutte.

giovedì 13 dicembre 2012

Münchau: bentornato cavaliere!


Wolfgang Münchau è probabilmente l'unico commentatore tedesco ad applaudire il ritorno di B. nell'arena politica: il rigorismo sarà rimesso in discussione e Merkel dovrà finalmente raccontare la verità. Da Der Spiegel
Berlusconi dovrebbe essere il prossimo presidente del consiglio italiano? Naturalmente no! Ma la sua candidatura è una buona notizia: finalmente l'austerità sarà un tema da campagna elettorale.

Sono fra i pochi in Germania felici per il ritorno nell'arena politica di Silvio Berlusconi. Non credo possa tornare a capo del governo. Gli italiani ne hanno abbastanza di lui. E anche io non lo voglio vedere di nuovo al potere.

La mia gioia è dovuta a una speranza: durante la campagna elettorale il consenso sull'austerità potrebbe venire meno. Grazie al suo ritorno, per la prima volta, il rigorismo in un grande paese europeo diventa un tema da campagna elettorale. Non è stato cosi' nelle elezioni spagnole del 2011, e nemmeno nel 2012 in Francia. Peer Steinbrück e Angela Merkel sulle politiche anticrisi hanno solo delle piccole distinzioni retoriche.

In Italia ci sarà finalmente una discussione politica: è giusto durante una recessione applicare politiche di risparmio e seguire i diktat di risparmio tedeschi? Io lo trovo fantastico.

La situazione politica in Italia è un po' confusa. Secondo gli ultimi sondaggi i socialdemocratici guidati da Pier Luigi Bersani sono intorno al 30%; il partito antieuropeo del comico Beppe Grillo è tra il 15 e 20 %. Il partito di Berlusconi fra il 14 e il 18 %. La Lega è intorno al 6%, i Cristianodemocratici vicini al 5%. Un ipotetico partito di Monti avrebbe circa il 3%, ma il potenziale viene stimato intorno al 10%. Berlusconi percio' non ha nessuna possibilità di essere rieletto. Ma una maggioranza al senato è comunque possibile, e in questo modo potrebbe bloccare il futuro governo. 

In Italia ci si sente come in una grande depressione

Un governo di centrosinistra guidato da Bersani resta l'opzione piu' probabile. Dopo tutto, quello che Bersani ha detto nei giorni scorsi rappresenta solo il proseguimento della politica di Mario Monti con altri mezzi. Bersani promette piu' austerità, piu' tagli, solo un po' piu' di giustizia sociale.

Il deterioramento della situazione economica metterà le ali ai critici del governo Monti. La recessione è molto peggiore delle previsioni, le vendite di Natale sono deludenti, i dati sulla povertà schizzano verso l'alto. Ma le statistiche economiche riflettono raramente le sensazioni causate da una crisi. In Italia si ha l'impressione di essere in una grande depressione.

La grande maggioranza degli economisti italiani non è affatto d'accordo con l'austerità. Comprendono la dinamica devastante delle politiche di risparmio. I critici di Monti non sono solo degli anti-europei ossessionati, di cui in Italia ce ne sono pochi, ma persone che rifiutano la politica di risparmio per altre ragioni.

Berlusconi ha un altro vantaggio argomentativo. Non ha tabu'. Ha già detto una volta che non si deve escludere un'uscita dall'Euro. Sul punto aveva ragione. Siamo in circostanze in cui per l'Italia un'uscita dall'Euro potrebbe essere la soluzione migliore. Il paese ha perso competitività, difficile da recuperare in una fase di recessione. I salari italiani dovranno stagnare o comprimersi per un decennio. Ogni anno il paese dovrà ottenere avanzi  di bilancio primari -  prima del pagamento degli interessi - per ridurre il debito. E questo non una sola volta, piuttosto anno dopo anno.

Se gli italiani vorranno restare nell'Euro, ci saranno 10 anni durissimi

Adesso immaginatevi la seguente dinamica: il centrosinistra vince le elezioni. Bersani diventa il primo ministro, Monti il Presidente della repubblica. Contro di loro in parlamento un'opposizione euroscettica che vuole cacciare il governo. Alle prossime elezioni fra 5 anni - se il governo potrà resistere cosi' a lungo - i frutti della ripresa non dovranno essere solamente riconoscibili, ma già redistribuiti. Altrimenti il governo sarà a rischio debacle elettorale.

Ma non succederà cosi' rapidamente. L'esperienza greca mostra che la durata di questo processo di aggiustamento viene sempre sottovalutata. Se gli italiani vorranno restare nell'Euro, li aspetta un decennio di risparmio e di orrore. Forse anche di piu'. E già ora molti italiani sono a corto di soldi. Non capisco come possa funzionare politicamente.

Decisivo non sarà il risultato, piuttosto la polarizzazione politica che si avrà in queste elezioni. Se la eurocrisi diventasse una questione politica prioritaria, allora cambierebbero i parametri di tutta la crisi.

La strategia di Angela Merkel, presentare la verità al suo elettorato a piccole dosi digeribili non potrà continuare. Questo è anche il motivo per cui ogni politico a Berlino, Parigi e Brussel è cosi' spaventato dal ritorno di Silvio Berlusconi.

E questo lo trovo grandioso.

mercoledì 12 dicembre 2012

Lavoro nero legalizzato?

Una ricerca IAB conferma che i lavori a tempo pieno vengono smontati in tanti piccoli minijob da 400 € senza tasse e contributi sociali. Lavoro nero legalizzato o reale opportunità di inserimento? Da Der Spiegel


Costano poco e il loro numero cresce di anno in anno: molti minijobber, secondo un recente studio, rimpiazzano i lavoratori regolari a tempo pieno, soprattutto nel commercio e nel turismo. A trarne vantaggio sono le piccole imprese - ma non si creano nuovi posti.

Il governo federale continua a celebrare i suoi successi nel mercato del lavoro. Un esame piu' attento dei dati mostra pero' che non tutti gli sviluppi sono sostenibili. Cresce il numero dei minijobber, ma ad ogni nuovo lavoro a basso salario non corrisponde un posto di lavoro aggiuntivo. Secondo uno studio, i minijob sono una minaccia concreta per i lavoratori a tempo pieno con un'assicurazione sociale.

Secondo una ricerca del "Instituts für Arbeitsmarkt- und Berufsforschung" (IAB), il fenomeno è maggiormente visibile nei servizi. Qui molti minijobber svolgono lavori in precedenza assegnati ad occupati a tempo pieno - ma lo fanno con una paga piu' bassa.


Le prove della sostituzione sono visibili prima di tutto nel commercio al dettaglio, nel turismo, nella sanità e nel sociale, scrive lo IAB, istituto di ricerca interno all'Agenzia federale per il lavoro. In questi settori i lunghi orari di apertura e la domanda fluttuante hanno un ruolo molto importante. "Il fattore lavoro puo' essere utilizzato in maniera ottimale, se suddiviso in piu' minijobs", scrivono i ricercatori IAB Christian Hohendanner e Jens Stegmaier.

Le aziende in questo modo possono reagire in maniera flessibile ai bisogni dei clienti e ai flussi di lavoro. "Se ad esempio ci sono orari di apertura piu' lunghi o un volume piu' elevato di clienti, la situazione puo' essere gestita con numerosi posti di lavoro a basso salario". 

Soprattutto nelle piccole aziende con meno di 10 dipendenti i ricercatori hanno potuto confermare che la creazione di nuovi minijobs va di pari passo con l'eliminazione degli occupati a tempo pieno con regolare contratto. "Possiamo tuttavia pensare che queste aziende non sarebbero state comunque in grado di creare nuovi posti di lavoro a tempo pieno", scrivono i ricercatori. "Sia perché i lavoratori potrebbero preferire i minijobs, sia perché il volume di lavoro è limitato".

Nelle grandi aziende con oltre 100 lavoratori al contrario entrambe le forme di occupazione sembrerebbero complementari. Qui la crescita dei minijob va di pari passo con la crescita dei lavoratori a tempo pieno.

Secondo IAB in Germania ci sono al momento 7.4 miliondi di minijobber - 2.5 milioni di questi svolti come secondo lavoro. Dalla riforma del 2003 i minijobber possono guadagnare 400 € al mese, senza tasse e contributi sociali. Dal gennaio 2013 la maggioranza nero-gialla ha aumentato la soglia massima fino a 450 € al mese.

Rischi per la previdenza sociale

I ricercatori di IAB ritengono un pericolo la sostituzione dei lavoratori regolari nelle piccole  imprese: indeboliscono le casse sociali e quindi il sistema sociale tedesco. In particolare, i lavoratori che per un lungo periodo hanno svolto un minijob, rischiano la trappola della povertà in vecchiaia a causa di una pensione troppo bassa. I minijobber non hanno inoltre diritto alle ferie e non hanno accesso ai bonus e alle indennità aziendali.

Lo IAB scrive tuttavia che i lavori a basso salario possono diventare un'opportunità per i disoccupati. Le ricerche mostrano infatti che i minijob rendono piu' facile il ritorno nel mondo del lavoro dopo un lungo periodo di disoccupazione.

martedì 11 dicembre 2012

Sinn: Francia come la Spagna


Hans Werner Sinn, su WirtschaftsWoche, prevede 10 anni di stagnazione per la Francia. Solo ispirandosi all'Agenda 2010 i francesi potranno tornare alla crescita: che la compressione salariale abbia inizio anche sull'altra sponda del Reno.
La Francia ha inizialmente beneficiato dell'Euro, come i paesi del sud Europa. Ed insieme a questi è entrata in crisi. Per tornare competitivo, il nostro vicino di casa deve diventare piu' economico del 20%. Il rifiuto di fare le riforme da parte di Hollande non potrà che prolungare la sofferenza.

Alla Francia in questo periodo non va per niente bene. Per il britannico Economist il paese è una bomba a orologeria. Il numero dei fallimenti oggi è del 14% piu' alto che nel 2008, l'anno della crisi Lehman. La quota del manifatturiero sul PIL è scesa al 9%. Meno che in UK (10%) e meno della metà rispetto alla Germania (20 %). Le stesse tradizionali case automobilistiche sono in pericolo. Già in luglio Peugeot ha annunciato la soppressione di 8000 posti e la chiusura di uno stabilimento vicino Parigi. Anche Renault sta considerando la chiusura degli impianti. Altrove le cose non vanno meglio. La società aerospaziale EADS ha annunciato licenziamenti. L'industria siderurgica è in declino.

Al contrario della Germania, dopo la grande recessione mondiale seguita alla crisi Lehman, la Francia non è riuscita a riprendere il passo. Mentre la disoccupazione tedesca con un tasso del 5.4 % è sensibilmente minore di quanto non fosse prima della crisi (2008), la disoccupazione francese con un 10.7 % supera di molto il suo precedente valore massimo raggiunto durante il rallentamento nell'inverno fra il 2005 e il 2006. La disoccupazione giovanile in Francia è oltre il 25%. In Germania solamente l'8%.

La crisi francese è paragonabile alla crisi tedesca seguita all'introduzione dell'Euro. Il valore massimo di disoccupazione tedesco dell'11.5 % nel 2005 non è stato ancora toccato, ma siamo sulla strada buona. La disoccupazione francese è piu' alta di un punto percentuale rispetto a quella tedesca nel marzo 2003, quando il cancelliere Schröder seguendo le proposte del Consiglio dei saggi introdusse l'agenda 2010, riducendo implicitamente i salari minimi del sistema sociale tedesco. 

Il presidente Hollande non è lontano dalla situazione in cui si trovava Schröder allora. Racconta fiabe, come la sinistra è solita fare, sulle politiche di crescita, riferendosi a misure keynesiane finanziate a debito per l'aumento della domanda. Tali misure sono un fuoco di paglia, che subito si spegne. Riducono la pressione per le riforme, minano la competitività, e aumentano il peso dello stato nell'economia del paese. Con il 56 %, la quota di economia pubblica sul totale è la seconda piu' alta fra i paesi sviluppati. La quota tedesca è solo del 45 %. Nessun paese dell'Eurozona è piu' vicino al socialismo di quanto non lo sia la Francia.

Dopo l'annuncio della moneta unica nel 1995 la Francia è cresciuta molto rapidamente e dal 2003 al 2009 (con eccezione del 2004) ha avuto un prodotto interno lordo per abitante piu' alto della Germania: dopo decenni di ritardo finalmente era in vantaggio. La Francia ha quindi partecipato al boom portato dall'Euro a tutta l'Europa meridionale: il rischio per gli investitori si era ridotto e nel paese stavano arrivando enormi flussi di capitale dalla Germania. Ne ha approfittato sia come importatore di capitali che come esportatore di merci nel sud Europa. Come negli altri paesi in crisi, in Francia si è creata una bolla inflattiva, scoppiata durante la crisi.

Secondo i calcoli di Goldman Sachs oggi la Francia è troppo costosa, come la Spagna. Entrambi i paesi devono ridurre i prezzi del 20% per tornare competitivi e raggiungere la sostenibilità del debito. Questo è uno dei motivi per cui le agenzie di rating Moody’s e Standard & Poor’s  hanno tolto alla Francia il  massimo rating.

Ma una svalutazione reale del 20% non è per niente facile. Per fare questo la Francia deve attraversare una stagnazione lunga 10 anni, durante la quale i tassi di inflazione dovranno restare indietro del 2% annuo rispetto alla media della zona Euro.

La Francia con una politica di crescita alla Hollande può temporaneamente rifiutare una svalutazione reale. Ma cio' renderà solo piu' lunga la sofferenza: primo perché viene impedita la riduzione dei prezzi e secondo perché si aumenta il debito, fatto che rende necessaria una svalutazione ancora maggiore per rendere di nuovo sostenibile il debito.

Sotto lo scudo

La Francia non ha tuttavia bisogno di chiedere la protezione del fondo di salvataggio. Non siamo ancora al punto in cui il mercato dei capitali teme un fallimento dello stato francese. In questo senso non considero probabile la grande crisi finanziaria che molti si aspettano nel 2013 in Francia. Inoltre, in qualche modo la Francia si trova già sotto la protezione dei fondi di salvataggio.

Poiché il capitale tedesco in gran parte è fluito verso i paesi del sud attraverso la Francia, in relazione alla dimensione dell'economia, l'esposizione delle banche francesi verso le misure di salvataggio è il doppio di quella tedesca. Con le decisioni dell'UE della scorsa settimana non è stata salvata solamente la Grecia, ma anche la Francia, di gran lunga il suo maggior creditore.

lunedì 10 dicembre 2012

Farsa italiana


Tobias Piller, corrispondente FAZ da Roma, commenta il ritorno di Berlusconi e le dimissioni di Monti: una farsa italiana.
Con la partenza anticipata del molto apprezzato Mario Monti, l'Italia torna ad un periodo che molti ritenevano superato: il paese si dimostra ancora una volta politicamente instabile, con una legge elettorale inadeguata, un sistema dei partiti debole e istituzioni fragili.

Il primo ministro Mario Monti, un talento naturale per le apparizioni formali, avrebbe desiderato sicuramente una situazione piu' brillante per la sua uscita di scena. Silvio Berlusconi gli ha appena tolto il sostegno per poter prendere le distanze dalla sua politica europea e dagli aumenti delle tasse. E Monti si è rifiutato di fare il bersaglio per il populismo di Berlusconi. Populismo che ora invece sarà diretto verso l'unione monetaria e contro la Germania, con richieste di una garanzia della banca centrale sui debiti, piu' inflazione e piu' deficit. Poiché la cancelliera tedesca Merkel e la Bundesbank sono contrari a queste posizioni - chiaramente in violazione dei trattati -  già ora sono attaccati da B. Il mito dell'egemonia tedesca e altre accuse diffamatorie, come l'ingresso forzato nell'unione monetaria ad un cambio svantaggioso o il presunto finanziamento della riunificazione tedesca da parte dell'Italia, sono gli argomenti utilizzati da Berlusconi e dai suoi seguaci. 

Il miglioramento di immagine sulla scena mondiale portato da Monti è andato perduto rapidamente. L'Italia ancora una volta si è mostrata politicamente instabile, con una legge elettorale inadeguata, un sistema partitico debole e istituzioni fragili. In questo modo sarà molto difficile realizzare le riforme di cui il paese e l'Europa hanno bisogno.  Monti paga il prezzo per non aver avuto all'inizio del mandato il coraggio di andare a fondo sulle debolezze italiane, quando l'emergenza lo avrebbe permesso: la lentezza della giustizia e dell'amministrazione, la stagnazione delle piccole imprese e i rapporti di lavoro eccessivamente conflittuali.

Monti ha messo a posto le finanze con un aumento delle tasse, ha riformato le pensioni e poi si è perso in tante piccole riforme. Affinché l'Italia possa uscire dalla crisi e tornare competitiva, sono necessarie molte piu' riforme di quanto gli attuali leader intendano fare.

Il ritorno di B. in politica e la sua trasformazione in un leader di un partito di protesta di destra aprono pero' anche delle nuove chance: Monti ha la possibilità e la legittimazione per ottenere il consenso degli elettori di centro destra delusi e in questo modo interrompere la farsa del ritorno berlusconiano.