sabato 16 maggio 2020

Andreas Nölke - Perché non possiamo lasciare solo alla destra tedesca la difesa della sentenza della Corte di Karlsruhe

Il grande intellettuale tedesco Andreas Nölke ci spiega perché la difesa delle prerogative della Corte Costituzionale federale non può essere lasciata solo alla destra tedesca e perché anche a sinistra bisogna avere il coraggio di schierarsi con i giudici di Karlsruhe. Una riflessione molto interessante di Andreas Nölke su Makroskop.eu




L'eccitazione per la recente sentenza della Corte costituzionale federale sembra non avere fine. Gli economisti continuano a discutere dell'impatto potenzialmente grave che la limitazione degli acquisti di titoli di stato potrebbe avere sulla stabilità dell'Unione economica e monetaria. I giuristi discutono in merito alla questione della gerarchia tra il diritto europeo e il diritto costituzionale nazionale e la possibile destabilizzazione dell'Unione europea, nel caso in cui la Corte di giustizia europea non dovesse essere  piu'  considerata la massima autorità.

Dal punto di vista delle scienze politiche, tuttavia, c'è un aspetto della discussione finora completamente trascurato: quello della democrazia. Nel dibattito, ovviamente, entrambe le parti presumono che alla fine siano le Corti a dover decidere su questioni come l'acquisto di obbligazioni. Tutto ciò sembra invece alquanto dubbio, dal momento che ne emerge una comprensione discutibile della democrazia.

Concezione liberale contro concezione repubblicana della democrazia

La comprensione liberale della democrazia presuppone che debbano essere imposte delle chiare restrizioni alla maggioranza, non solo attraverso i diritti fondamentali, ma anche attraverso dei tribunali costituzionali molto attivi e potenti. Dal punto di vista di una comprensione repubblicana della democrazia, tuttavia, questo punto di vista resta problematico. Perché ad essere limitato,  in questo modo, è soprattutto il nucleo di quello che gli elettori possono decidere. Allo stesso tempo, le elezioni, i parlamenti e le maggioranze in pratica spesso vengono sostituite da istituzioni non maggioritarie che hanno solo una legittimità democratica molto indiretta.

Nella prospettiva repubblicana, la democrazia viene principalmente intesa come l'autodeterminazione delle comunità politiche, attraverso una forte partecipazione mediata da elezioni, trasparenza e deliberazione. Nella prospettiva liberale, invece, si tratta principalmente dell'autodeterminazione dell'individuo. Qui la partecipazione politica è meno importante rispetto alla protezione delle libertà individuali, per le quali le corti costituzionali in particolare svolgono un ruolo centrale.

Nessuno può sostenere che ci sia stato un processo decisionale per la nomina dei giudici di Karlsruhe o addirittura del Lussemburgo, che dal punto di vista repubblicano soddisfi i criteri tipici dei processi democratici: un collegamento diretto con le decisioni elettorali, la trasparenza e la deliberazione pubblica. Da questo punto di vista, è quindi importante limitare, invece che rafforzare, la posizione di potere di tali istituzioni non maggioritarie. Dovrebbero essere almeno invitate a prestare attenzione.

Contrariamente a una comprensione ampiamente diffusa in Germania (e implicitamente liberale), una democrazia ben funzionante non richiede necessariamente una corte costituzionale energica. La Svizzera, ad esempio, che ha un sistema politico particolarmente vicino alle idee repubblicane sulla democrazia, ha una giurisdizione costituzionale molto debole, e molto limitata nei suoi poteri. Allo stesso tempo, la Svizzera spesso viene  vista come una democrazia esemplare.

Forse troppo miope

Nel dibattito in corso è sorprendente che molti commentatori che si considerano "di sinistra" o "progressisti" si limitino a schierarsi dalla parte dell'una o dell'altra corte. Entrambe le posizioni sono problematiche.

Gli unionisti stanno incoraggiando la Commissione ad avviare una procedura di infrazione per consentire alla Corte di giustizia europea di rimpiazzare la Corte costituzionale federale e di garantire che la BCE continui a perseguire la politica economica necessaria a stabilizzare la fragile eurozona.

Gli euroscettici, invece, sono lieti che il corso verso la sovranazionalizzazione dell'UE sia stato finalmente fermato dalla Corte costituzionale federale. Entrambi sono atteggiamenti legittimi (ed è noto che io sono propenso verso quest'ultimo, specialmente fino a quando l'UE resterà così neoliberista), ma da una prospettiva repubblicana, bisogna prima considerare per quale istituzione ci si sta battendo.

Martin Höpner ha giustamente sottolineato più volte che la Corte di giustizia europea nel processo di integrazione europea svolge un ruolo molto problematico in quanto non solo è uno dei principali motori della macchina che lavora alla liberalizzazione economica, ma ha anche sancito il primato del diritto europeo sul diritto costituzionale nazionale, originariamente non previsto dai trattati europei e che invece è stato introdotto dalla sentenza "Costa contro Enel" del 1964 senza un mandato dei parlamenti e dei governi. Si tratta di una decisione chiaramente problematica dal punto di vista di ogni teoria della democrazia.

Ma anche la Corte costituzionale federale non appartiene necessariamente al fronte dei "bravi ragazzi", se ogni tanto mette un bastone tra le ruote degli unionisti. Dopotutto, esiste una lunga tradizione di critiche da sinistra nei confronti del ruolo della Corte costituzionale tedesca in quanto "legislatore sostitutivo" non sufficientemente legittimato. Invece di limitarsi al ruolo di correttivo per le decisioni nelle quali il legislatore o il governo hanno chiaramente superato le proprie competenze, la Corte costituzionale federale formula regolarmente delle proprie disposizioni che prescrivono specificamente per il legislatore il contenuto delle leggi.

Gli osservatori da sinistra potrebbero aver dimenticato questo problema perché da molto tempo ormai non abbiamo piu' un governo progressista che si sia potuto scontrare con la Corte costituzionale federale.

Cosa emerge nell'attuale dibattito sulla comprensione repubblicana della democrazia? Bene, prima di tutto bisogna trattenersi dal fare il tifo per il verdetto dell'una o dell'altra Corte. In questo round, il "piatto preferito" potrebbe aver rafforzato la propria posizione, ma nel prossimo può cambiare tutto molto alla svelta. Dal punto di vista della sovranità popolare tipica della forma repubblicana, le decisioni politiche più importanti non dovrebbero essere prese dai tribunali, ma dai parlamenti.

A proposito: il riferimento è ai parlamenti nazionali, perché nessuno può dire che la sovranità popolare democratica a livello del Parlamento europeo funziona come al Bundestag (con tutti i deficit del nostro sistema politico nazionale).

Controllo democratico delle banche centrali

Da questo punto di vista, il controllo democratico sull'attività delle banche centrali in futuro sarà ancora più importante. Come le corti costituzionali, queste ultime sono istituzioni non maggioritarie che dal punto di vista dei liberali sono molto apprezzate, ma vengono invece viste criticamente dai repubblicani. Indipendentemente da come vengono valutate economicamente le decisioni delle banche centrali contemporanee, dal punto di vista della comprensione repubblicana della democrazia, il loro impatto economico-politico supera di gran lunga le competenze che possono essere concesse alle istituzioni non elette. Le decisioni con simili effetti di redistribuzione sono nelle mani dei parlamenti nazionali.

L'indipendenza delle banche centrali dai parlamenti e dai governi storicamente è stata giustificata dal fatto che diversamente le banche centrali avrebbero teso ad adottare politiche inflazionistiche per sostenere la rielezione del governo, favorendo la crescita economica di breve termine. Ciò può o non può essere vero (piu' no che si, visto che l'inflazione ha cause completamente diverse dalla politica monetaria), ma nella migliore delle ipotesi può essere legittimata se il legislatore assegna alle banche centrali una gamma molto ristretta di compiti tecnici per mantenere un certo tasso di inflazione, senza soppesare gli effetti delle diverse politiche.

Senza considerare il fatto che la BCE ha fissato autonomamente il proprio obiettivo di inflazione, le sue attività per anni sono state lontane da questo mandato tecnocratico - soprattutto a partire dalla crisi finanziaria del 2007/2008, nella misura in cui (volenti o nolenti) la banca centrale in pratica ha usurpato il compito del governo economico d'Europa. Il fatto che gli organismi effettivamente legittimati per fare ciò non si occupino del governo economico europeo non cambia il fatto che questo stato di cose sia insopportabile dal punto di vista della sovranità popolare democratica.

Le questioni politiche fondamentali - come il bilanciamento fra crescita e stabilità dei prezzi (e dei rendimenti per i risparmiatori) - devono essere decise dai parlamenti nazionali, non dalle banche centrali o dalle corti costituzionali, dati i loro significativi effetti redistributivi. Sebbene questa massima non sia molto di aiuto nell'attuale concorso di bellezza fra le Corti (oppure nella valutazione della politica economica dei programmi della BCE), non la si dovrebbe dimenticare quando si discute del futuro delle nostre istituzioni legali, economiche e politiche.


giovedì 14 maggio 2020

Carne da cannone per i grandi macelli tedeschi

Nei grandi macelli tedeschi l'epidemia di Covid-19 ha colpito centinaia di lavoratori migranti provenienti dall'Europa dell'est, scatendando addirittura la protesta ufficiale delle ambasciate dei paesi di origine. Si tratta di forza lavoro a basso costo, fornita spesso da subappaltatori senza troppi scrupoli, che garantisce ai grandi mattatoi tedeschi la possibilità di invadere i mercati europei e mondiali con dei prodotti dal prezzo competitivo e Made in Germany. Ne scrive il sempre ben informato German Foreign Policy



Troppo lavoro, salario troppo basso

Le condizioni catastrofiche nelle quali i lavoratori migranti, provenienti in particolare dall'Europa dell'est o del sud-est, sono costretti a lavorare nei mattatoi tedeschi sono note da anni. L'orario di lavoro spesso è molto più lungo di quanto consentito dalla legge; nello Schleswig-Holstein, ad esempio, è stato documentato un caso in cui i dipendenti dovevano fare un turno di dodici ore per cinque giorni alla settimana, a volte con un sesto giorno lavorativo. [1] I bassi salari spesso vengono pagati in maniera non regolare; in caso di malattia il pagamento dello stipendio non sempre è garantito. Anche la salute e la sicurezza sul lavoro lasciano molto a desiderare; numerosi lavoratori hanno dovuto lottare contro i licenziamenti arbitrari oppure sono stati minacciati. I gestori dei macelli possono continuare a mantenere queste miserabili condizioni di lavoro solo grazie all'evidente divario in termini di ricchezza presente nell'UE: i miseri guadagni promessi, infatti, restano comunque attraenti per molti lavoratori provenienti dai paesi ad est o sud-est dell'UE. Numerosi lavoratori - in alcuni mattatoi fino all'80% della forza lavoro - vengono infatti intermediati da dei subappaltatori parzialmente o estremamente dubbi, il che favorisce ulteriormente lo sfruttamento delle persone colpite. Questi - soprattutto a causa della mancanza di competenze linguistiche - hanno poche possibilità di difendere i loro diritti.

Difficile trovare un macello senza violazioni

Lo sfruttamento senza limiti dei lavoratori provenienti dall'Europa dell'est e sud-est da anni viene duramente criticato dai sindacati tedeschi, dalle associazioni religiose e dalle organizzazioni non governative. Le agenzie governative, d'altra parte, non hanno mai preso le misure necessarie e appropriate per contrastare il fenomeno; a parte i controlli inadeguati, come affermato in una lettera di fine gennaio della confederazione sindacale DGB dello Schleswig-Holstein, esistono "lacune legali e lacune procedurali" che "offrono ancora troppo spazio ai subappaltatori e agli operatori dei macelli", "leggi senza sanzioni e molto facili da eludere (ad esempio: legge sull'orario di lavoro e le leggi sulla salute e la sicurezza sul lavoro)". [2] L'estensione del fenomeno emerge da un controllo che il Land Nordrhein-Westfalia ha effettuato l'estate scorsa in 30 dei 34 macelli più grandi. Solo in due aziende non sono state riscontrate violazioni, è stato riferito; già dopo un'analisi del 40 % dei documenti sequestrati, sono state scoperte oltre 3.000 violazioni dell'orario di lavoro, inclusi i contratti di lavoro da 16 ore; in oltre 900 casi, l'assistenza sanitaria prescritta non era garantita; in 26 delle 30 società vi erano numerosi gravi mancanze in termini di salute e sicurezza [3].

Posizione di vertice nel mercato mondiale

Le disastrose condizioni nei macelli non solo consentono all'industria della carne tedesca di vendere carne a basso prezzo sul mercato interno. Ma offrono anche l'opportunità di competere sul mercato mondiale per importanti quote di export. Le aziende tedesche, infatti, hanno avuto negli ultimi anni un discreto successo. La Germania attualmente è il quinto esportatore di carne al mondo (dopo Stati Uniti, Brasile, Australia e Paesi Bassi) e il terzo esportatore di carne di maiale (dopo Spagna e Stati Uniti) in termini di valore dell'export; le vendite provenienti dalle sole esportazioni di maiale nel 2019 sono state di circa 5 miliardi di dollari. Il più grande mattatoio tedesco, Tönnies a Rheda-Wiedenbrück, nel Nord Rhein-Westfalia, nell'ultimo anno, con la lavorazione di circa 20,8 milioni di suini - più di tre quarti in Germania - e 440.000 capi di bovini, ha raggiunto un fatturato record di 7,3 miliardi di euro. [4] La società non diffonde i dati sui suoi profitti.

Aumento del rischio di infezione

Fra le condizioni che consentono all'industria della carne tedesca di generare vendite importanti e di mantenere una posizione di vertice sul mercato mondiale c'è anche quella di far alloggiare i lavoratori dell'Europa orientale e sud-orientale in abitazioni alquanto misere, per le quali gli affitti sono troppo alti e che di solito vengono regolarmente detratti dai loro salari. Fra questi ci sono gli alloggi collettivi nelle ​​stalle riconvertite oppure dei vecchi appartamenti, spesso sovraffollati, scarsamente arredati e con delle attrezzature igieniche insufficienti: "alloggi collettivi, in stabili disastrati, in stanze distrutte, stipate di persone", afferma il prete cattolico Peter Kossen, che da anni si batte per avere migliori condizioni lavorative nel settore della carne [5]. La sistemazione di gruppi di lavoratori in spazi angusti, con la presenza di muffa che causa malattie respiratorie, favorisce la diffusione di malattie virali, come del resto accade con il trasporto dei lavoratori a basso salario verso i macelli effettuato con dei minibus molto piccoli. Il Robert Koch Institute lo aveva confermato espressamente quasi un anno fa. All’epoca, nel corso del 2018, si erano verificati 13 casi di tubercolosi tra i dipendenti di due macelli della Bassa Sassonia; uno conclusosi fatalmente. Dei 13 malati, undici erano rumeni. Il Robert Koch Institute aveva dichiarato esplicitamente che "le condizioni di vita ristrette all’interno di spazi condivisi" hanno portato "ad un aumento del rischio di trasmissione"; inoltre, potrebbe esserci un "rischio di infezione ... a causa dei lunghi tempi di viaggio in veicoli condivisi, sia nei viaggi dal paese di origine verso la Germania", che " nei viaggi tra casa e lavoro (principalmente nel servizio navetta delle società subappaltatrici)". I 13 casi sono stati una “evidente esplosione" di tubercolosi. [6]

Centinaia di infezioni da Covid-19

L'aver totalmente ignorato per molti anni le disastrose condizioni di vita e di lavoro degli europei dell'est e del sud-est, che con il loro lavoro garantiscono la disponibilità di carne a basso costo nei supermercati tedeschi e alti profitti alle aziende tedesche nel settore della macellazione, ora sta avendo un impatto anche sulla pandemia di Covid 19. A fine aprile, il governo rumeno ha fatto sapere che 200 dei 500 lavoratori rumeni occupati in un macello a Birkenfeld (Baden-Württemberg) erano stati infettati dal virus Covid-19. [7] Nel frattempo, sono emersi anche altri casi che riguardano i macelli di Oer-Erkenschwick (Renania settentrionale-Vestfalia) e Bad Bramstedt (Schleswig-Holstein). Recentemente ha fatto notizia un mattatoio a Coesfeld (Renania settentrionale-Vestfalia), dove fino a ieri 249 dipendenti erano risultati positivi al Covid-19, inclusi numerosi rumeni, bulgari e polacchi; 278 risultati dei test erano ancora in sospeso. [8] Le tristi condizioni che costringono molti lavoratori dell'Europa orientale e sudorientale in Germania a vegetare destano meno attenzione rispetto al fatto che le infezioni hanno fatto crescere le statistiche Covid-19 del distretto di Coesfeld al di sopra della soglia dei 50 nuovi contagi ogni 100.000 abitanti, soglia oltre la quale il lockdown deve essere prolungato.

La protesta

Il fatto che decine di migliaia di cittadini provenienti dall'Europa dell’est e sud-est debbano vivere e lavorare in condizioni che li espongono sistematicamente al rischio di infezione da Covid-19, ha causato proteste in molti dei loro paesi di origine. La Germania non solo deve fornire "più risorse per le ispezioni" nei macelli, ma dovrebbe anche avviare "una campagna di informazione", che "enfatizzi i diritti che i datori di lavoro tedeschi dovranno rispettare", afferma il deputato rumeno Dragoș Pîslaru dell'alleanza USR-PLUS. [9] Inoltre, come ammesso anche dal Ministro del lavoro tedesco Hubertus Heil, diverse ambasciate degli Stati membri dell'UE dell'Europa orientale e sud-orientale si sono lamentate con il governo federale per il trattamento riservato ai loro cittadini in Germania e si sono "espressamente riservati di prendere altre misure", ad esempio fermando la partenza dei lavoratori stagionali, che vivono e lavorano in condizioni analoghe a quelle dei loro colleghi nei macelli. [10] E ciò significa che Berlino, oltre a dover affrontare un forte risentimento da parte di Francia e Lussemburgo [11] causato della chiusura unilaterale delle frontiere, e a confrontarsi con una rabbia crescente nell'Europa meridionale causata della sua politica anti-crisi, specialmente in Italia [12], ora potrebbe trovarsi di fronte anche ad un altro conflitto radicato molto in profondità fra le popolazioni dei paesi colpiti.
-->

[1], [2] Schleswig-Holsteinischer Landtag: Umdruck 19/3501. 29.01.2020.
[3] Sabine Tenta: Desaströse Arbeitszustände in NRW-Schlachthöfen. www1.wdr.de 16.10.2019.
[4] Anja Müller, Katrin Terpitz: Großschlachterei Tönnies knackt die Umsatzmarke von sieben Milliarden Euro. handelsblatt.com 05.03.2020.
[5] Wenke Husmann: "Die Leute haben große Angst". zeit.de 10.05.2020.
[6] Robert Koch-Institut: Epidemiologisches Bulletin Nr. 26. 27.06.2019.
[7] Mehr als 200 rumänische Arbeiter in Schlachthof mit Coronavirus infiziert. spiegel.de 29.04.2020.
[8] Infektionszahlen in Coesfeld weiter gestiegen. aerzteblatt.de 11.05.2020.
[9] Dana Alexandra Scherle: Rumänischer EU-Abgeordneter Pîslaru: Mehr Schutz für Saisonarbeiter! dw.com 08.05.2020.
[10] Massimo Bognanni, Oda Lambrecht: "Unhaltbare Zustände". tagesschau.de 08.05.2020.
[11] S. dazu Bleibende Schäden (I).
[12] S. dazu Die Solidarität der EU (II) und Germany First.

martedì 12 maggio 2020

Jörg Meuthen: "Von der Leyen contro il nostro paese"

“Von der Leyen dovrebbe vergognarsi anche solo per aver preso in considerazione la possibilità di aprire una procedura di infrazione contro il suo paese. Ma lei ovviamente non sa nemmeno cosa sia la vergogna…” scrive Jörg Meuthen, leader di AfD. E su questo tema molto probabilmente nei prossimi mesi AfD cercherà di alzare il livello dello scontro e stanare il governo di Berlino. Questo non è il blog di AfD in lingua italiana, tuttavia ogni tanto vale la pena andare a sbirciare cosa scrive sul suo profilo FB Jörg Meuthen

-->


Cari lettori, cosa accadrebbe nel nostro paese se ad esempio, Alexander Gauland o io provassimo non solo a commentare criticamente le decisioni della Corte costituzionale federale, ma anche ad attaccarla in maniera dura mettendone in discussione la sua autorità? 

Ve lo dico io: politicamente saremmo finiti (e giustamente) e verremmo messi sotto la sorveglianza dei servizi (Verfassungsschutz) in quanto nemici dell'ordine liberal-democratico. 

Questo, vale a dire attaccare duramente la Corte costituzionale federale tedesca e mettere in discussione la sua massima autorità giudiziaria, è esattamente ciò che ha fatto la signora von der Leyen, presidente della Commissione europea. 

Dopo la sentenza di Karlsruhe sulla presunta incompatibilità fra la condotta della Banca centrale europea e la Legge fondamentale tedesca, infatti, la von der Leyen ha annunciato che attualmente sarebbe all'esame della Commissione UE l'apertura di una procedura di infrazione contro la Germania. 

E proprio alla luce di questa decisione della Corte - si tratta di uno scandalo. 

Come è noto, la Corte costituzionale martedì ha messo in discussione gli acquisti di titoli di Stato della BCE, e per la prima volta, con delle ottime ragioni, si è schierata contro una sentenza della Corte di giustizia europea. I nostri giudici costituzionali hanno definito questa sentenza della Corte di giustizia europea come "oggettivamente arbitraria" e "metodologicamente non giustificabile" - la BCE avrebbe oltrepassato il proprio mandato. Che schiaffo in faccia alla BCE, e che schiaffone anche per la Corte di Giustizia. 

Un giudizio che mostra i limiti della BCE e della CGE - non è possibile! Un certo Sven Giegold, eurodeputato dei cosiddetti "Verdi" e, come quasi tutti i "Verdi" non lo si può proprio definire un amico del suo paese, ha prontamente chiesto alla Commissione europea di avviare una procedura di infrazione. 

Ed è proprio questa la richiesta anti-tedesca a cui si è unita la signora von der Leyen: una procedura di infrazione contro la Germania basata su di una sentenza della Corte costituzionale tedesca. 

Questa donna dovrebbe vergognarsi anche solo per aver preso in considrerazione la possibilità di aprire una procedura di infrazione contro il suo paese. Ma lei ovviamente non sa nemmeno cosa sia la vergogna, come ha già dimostrato nei vari scandali accaduti durante il suo ufficio come Ministro della Difesa federale. 

Quindi per essere chiari: il presidente della Commissione europea non rispetta la massima autorità giudiziaria tedesca. Come del resto fanno anche i "Verdi", per i quali ormai non ci si sorprende più, la von der Leyen si schiera apertamente contro la nostra Corte costituzionale e quindi in definitiva contro la massima autorità del nostro ordinamento costituzionale. 

Di fatto non fa nient'altro che scavalcare la giurisprudenza della Corte costituzionale tedesca. Si profila come un nemico della giurisprudenza della nostra più alta corte - nientemeno. 

E per questo comportamento non può neanche essere perseguita perché nella sua funzione gode dell'immunità. Le sue azioni tuttavia vanno contro gli interessi della Germania, e noi cittadini dovremmo osservare con maggiore attenzione e mettercelo nella testa: la signora von der Leyen, come presidente della Commissione, sta attaccando il suo paese! Quindi, per favore, siate consapevoli della persona con cui abbiamo a che fare. 

È significativo, per inciso, che la signora von der Leyen nella sua risposta al "Verde" Giegold abbia sproloquiato sulla "sovranità europea". Signora von der Leyen, glielo dico io: sovrani sono gli stati, ma non le alleanze burocratiche sovranazionali come l'UE. 

È il tempo di difendere la nostra sovranità nazionale dagli attacchi degli eurocrati di Bruxelles. Tempo per porre fine alle irresponsabili politiche della BCE. E’ il momento per #AfD.
-->

lunedì 11 maggio 2020

Paura e sfruttamento nei grandi mattatoi del nord

Nelle ultime settimane alcuni grandi mattatoi nel nord della Germania sono diventati l'epicentro di una nuova ondata di contagi, soprattutto fra le migliaia di immigrati arrivati dall'Europa dell'est e costretti a lavorare per pochi soldi, senza diritti e a dormire nelle stesse stanze in abitazioni di fortuna o baracche. Die Zeit intervista il sacerdote cattolico Peter Kossen, che da anni si batte per i diritti dei lavoratori dell'est.


ZEIT: I mattatoi tedeschi si stanno trasformando sempre di piu' in un hotspot corona. Ad aprile il contagio è scoppiato in uno stabilimento di produzione di carne a Birkenfeld (nel Baden-Württemberg). Ora ad essere colpiti sono i mattatoi di Coesfeld e Oer-Erkenschwick (in Renania settentrionale-Vestfalia) e Bad Bramstedt (Schleswig-Holstein). Qual è il problema?

Peter Kossen: per dirla senza mezzi termini: il problema è il sistema. In termini concreti, si tratta fondamentalmente delle condizioni di lavoro, perché queste persone di solito non sono impiegate dalle aziende, ad esempio dai macelli, ma tramite dei fornitori esterni di personale. Quindi non vengono solo impiegati per attutire i picchi di produzione, ma arrivano a rappresentare fino alll'80% della forza lavoro. In realtà, lavorano 60 ore alla settimana, sono totalmente esausti e sono quindi particolarmente sensibili alle malattie.

ZEIT:  almeno a casa i dipendenti dovrebbero essere in grado di rilassarsi. Ma lei critica anche le sistemazioni di questi lavoratori a tempo. Come dobbiamo immaginarcele?

Kossen: il mercato immobiliare in Germania è molto difficile. I lavoratori migranti che qui non hanno contatti sociali e che spesso non parlano neanche la lingua devono accontentarsi di quello che trovano - e questo è spesso è quello che ti offrono le società di fornitura di lavoratori. Si tratta di alloggi collettivi, in stabili disastrati, stanze distrutte, stipate di persone

ZEIT: in che senso "stipate"?

Kossen: nella mia zona di Lengerich c'è un ex-hotel con 55 nomi sulle cassette postali. L'edificio sicuramente non ha cosi' tante stanze - le stanze sono occupate da piu' persone. Nessuno può veramente mantenere le distanze di sicurezza. Inoltre si tratta anche di un vecchio edificio. Si pongono anche delle questioni igieniche. È cosi' in tutto il paese. Ecco perché il governo del Land del Nord Reno-Westfalia ora vorrebbe controllare queste sistemazioni.

ZEIT: non è successo finora?

Kossen: per niente. Mi occupo del tema da otto anni e le circoscrizioni e i comuni si scaricano le responsabilità fra di loro. Nessuno si sente responsabile e in realtà nessuno vuole trovarsi il problema fra i piedi.

ZEIT: cosa propone lei allora?

Kossen: c'è già un regolamento anti-crisi del Ministero federale del lavoro e degli affari sociali che dice: "una persona - una stanza". Si potrebbe iniziare con questo.

ZEIT: Dove bisognerebbe trovare questi spazi?

Kossen: questa domanda bisognava porsela prima. Ora, in questa situazione acuta, si potrebbe utilizzare la capacità alberghiera disponibile. È costoso, ma forse si potrebbero comunque salvare delle persone. Naturalmente, questa è solo una soluzione temporanea, nel lungo termine l'unica soluzione può essere solo l'edilizia popolare, fondamentalmente strutture. Anche i trasferimenti sono un pericolo. Le persone spesso vengono portate sul posto di lavoro in piccoli furgoni all'interno dei quali non è possibile rispettare le precauzioni di sicurezza.  

ZEIT: quanti lavoratori interinali che lavorano e vivono in queste condizioni ci sono nell'industria della carne?

Kossen: il governo del Land Nord Reno-Westfalia ora chiede che tutti i dipendenti con un contratto d'opera siano sottoposti a un test e si aspetta che almeno 17.000-20.000 persone lo facciano. Solo nei grandi macelli di questo Land.

ZEIT: qual è la percentuale della forza lavoro composta dai lavoratori delle agenzie?

Kossen: ci sono delle differenze. Ci sono macelli in cui costituiscono tra i due terzi e l'80 percento, ma anche macelli in cui ce ne sono di meno. In nessun caso, tuttavia, questo utilizzo ha ancora qualcosa a che fare con il modo in cui il lavoro temporaneo originariamente era stato concepito: per i picchi di produzione

ZEIT: perché così tanti di questi lavoratori provengono dai paesi dell'Europa dell'est e del sud-est?

Kossen: perché in quei paesi c'è una grande mancanza di prospettive. Se in alcune zone della Romania, come la Valacchia, vengono promessi salari da 1.500 euro al mese, allora sembra di andare davvero un paradiso. Nel frattempo, molti lavoratori arrivano da oltre i confini dell'UE. I controlli sul lavoro sommerso devono affrontare un'ondata di passaporti falsi

ZEIT: non ci sono delle norme igieniche?

Kossen: i mattatoi hanno regole molto rigide. Fino a che punto vengano mantenute le distanze minime non lo posso sapere. La vera barriera sicuramente è la mancanza di competenze linguistiche.

ZEIT: quale ruolo hanno i subappaltatori? Alla fine si tratta anche delle sistemazioni.

Kossen: uno dovrebbe chiedersi fino a che punto le aziende possono delegare le proprie responsabilità, come fanno da anni. Si dice sempre: "Non possiamo fare nulla contro il dumping sociale e salariale". È un po troppo facile. Secondo me, tra i molti subappaltatori esiste anche un alto livello di criminalità: traffico di esseri umani, frodi al sistemas sociale e altri crimini vari. Fino a quanso sono lasciati nell'area grigia, è possibile ogni abuso.

ZEIT: quali catene di supermercati ricevono consegne da questi macelli?

Kossen: tutti. Ci sono anche cinque importanti catene di supermercati in Germania: Aldi Nord e Süd, Edeka, Lidl e Rewe. Offrono anche prodotti biologici, ma tutti ricevono la loro carne da lì. Ci sono solo alcune eccezioni, come Böseler e Goldschmaus, che appartengono al gruppo della famiglia. Hanno assunto alcune centinaia di lavoratori precedentemente impiegati con un contratto d'opera, e gli stanno anche costruendo degli appartamenti.

ZEIT: suo fratello è un medico e tratta anche i lavoratori migranti. Come stanno in termini di salute e di cura?

Kossen: le persone hanno molta paura. Non è che non sappiano cosa sta accadendo. Per inciso, hanno sempre avuto paura di farsi fare un certificato di malattia. La domanda è: chi pagherà se ora vanno in quarantena. Saranno ancora pagati? Dal punto di vista puramente legale, i subappaltatori dovrebbero farlo.

A causa della muffa presente nelle loro sistemazioni di fortuna, alcune persone hanno malattie respiratorie e - soprattutto nel quadro di un'infezione da coronavirus - hanno già una situazione difficile. Mio fratello visita le persone a casa e ha trovato una situazione del genere. Non accade ovunque, ma non è nemmeno un caso isolato.

ZEIT: l'industria della carne non è l'unico settore in cui prevalgono tali condizioni disumane o addirittura pericolose per la vita. Quali altri settori sono interessati?

Kossen: le attività di spedizione hanno strutture molto simili e lavorano anche loro con dei subappaltatori. C'è un centro di spedizione Amazon a Winsen an der Luhe vicino ad Amburgo, considerato uno dei più moderni d'Europa e dove ora ci sono molte persone infette. Oppure è evidente anche nelle postazioni di carico nelle stalle, dove si infilano tacchini e polli in casse pronte per la macellazione che poi - di solito di notte - vengono caricate sui camion. Un lavoro molto duro e difficile da controllare.

ZEIT: per questo lei un anno fa ha fondato l'Associazione Dignità e giustizia. Che almeno ora in questa fase sta ricevendo più attenzione, perché il contagio potrebbe improvvisamente colpire tutti i cittadini.

Kossen: È così. Avremmo auspicato maggiore attenzione anche in passato, ma se la cosa non ti tocca personalmente, non fa molto male. Ora improvvisamente abbiamo un hotspot Corona qui a Coesfeld, e all'improvviso la gente viene da me e mi dice: sappiamo che c'è un alloggio nel quartiere, e ora abbiamo paura.


domenica 10 maggio 2020

Miliardi di euro per Thissen, Lufthansa e Adidas, per i lavoratori autonomi solo Hartz IV

Mentre i grandi gruppi del Dax sono stati immediatamente attaccati alla flebo della liquidità governativa, per i piccoli lavoratori autonomi colpiti dalla crisi non resta altro che richiedere Hartz IV, in attesa di tempi migliori. Un articolo molto interessante da Cives.de




Sei settimane dopo l'avvio del pacchetto di aiuti federali per l'emergenza Coronavirus, la Kreditanstalt für Wiederaufbau ha presentato i primi risultati. Importanti beneficiari come Adidas e Puma, Media-Markt e Saturn, Sixt e TUI sono stati attaccati alla flebo della liquidità del governo. Solo 375.000 aziende, tuttavia, possono presentare una domanda per ricevere i 600 miliardi di euro messi a disposizione dal governo. Una parte sostanziale degli oltre 3,1 milioni di aziende con meno di dieci dipendenti, imprese individuali, liberi professionisti e lavoratori autonomi pagherà con la propria scomparsa il blocco dell'economia, rivenduto da questo governo federale come "senza alternativa".

Primo bilancio di successo per gli aiuti federali nell'emergenza Coronavirus

Sei settimane dopo l'inizio del programma di "aiuti Corona", il nome suona bene, arriva il primo bilancio record della banca federale per lo sviluppo (KfW): nel suo comunicato stampa del 30 aprile 2020, la KfW annuncia infatti un "buon inizio per il nuovo anno di sostegno all'economia della KfW". Per il piano di "supporto di liquidità alle aziende di tutte le dimensioni che hanno avuto difficoltà finanziarie a causa del coronavirus" partito il 25.3, la KfW ha ricevuto quasi 26.000 domande. Quasi il 99% di queste domande è stato accettato, per un volume totale di 33,1 miliardi di euro.

Fra gli importanti beneficiari che il governo federale ha attaccato alla flebo della liquidità ci sono:

- Il secondo produttore mondiale di articoli sportivi Adidas (anche Reebok fa parte del gruppo) ha ricevuto un totale di 3 miliardi di euro: di questi, 2,4 miliardi di euro provengono direttamente dalla KfW, altri 600 milioni sono forniti da un consorzio bancario.

- 900 milioni sono andati al fratello minore Puma: “… Per poter coprire i costi fissi e gli stipendi, Puma si è assicurata ulteriori prestiti per 900 milioni di euro. Oltre ai 625 milioni di euro erogati dalla banca pubblica per lo sviluppo statale KfW, il resto del finanziamento proviene da un consorzio di altre undici banche". Riferisce Handelsblatt il 7 maggio 2020

- 1,7 miliardi di euro sono andati a Ceconomy, meglio conosciuta come la madre delle catene di elettronica Media-Markt e Saturn. La società è in sofferenza fin dai tempi dello spin-off della divisione alimentare Metro avvenuto tre anni fa. KfW ha anche contribuito con 1,7 miliardi di euro a un prestito erogato dal sindacato.

- Thyssenkrupp ha ricevuto 1 miliardo di euro dalla KfW. Il gruppo di Essen, in difficoltà finanziarie, come molte altre società, soffre infatti per le conseguenze della crisi causata dal Coronavirus. Handelsblatt aveva riferito che a causa del blocco degli impianti nell'industria automobilistica, sono andati perduti degli introiti considerevoli. A fine marzo, quindi, Thyssenkrupp aveva già rivisto le sue previsioni per l'esercizio in corso. Migliaia di dipendenti lavorano con orario ridotto o sono in cassa integrazione. Con i prestiti della KfW, la società vuole coprire il tempo necessario fino al completamento della vendita della divisione ascensori.

- Lufthansa attualmente sta negoziando con il governo federale oltre 9 miliardi di euro, questo "pacchetto di stabilizzazione" dovrà essere finanziato dal Fondo di stabilizzazione economica (WSF), che (insieme agli aiuti della KFW) rappresenta un altro "ombrello di salvataggio" del governo federale per le società molto grandi con un volume complessivo di 600 miliardi di euro. Il WSF è stato progettato per "garantire la liquidità e la solvibilità delle aziende sane e competitive prima della pandemia". Le negoziazioni al momento non sono ancora complete, tuttavia, secondo le voci, si discute ancora il livello di partecipazione statale e il diritto del governo federale di avere voce in capitolo.

- la più grande azienda europea del settore turistico, TUI AG, riceverà 1,8 miliardi di euro come prestito ponte da parte della KfW. Grazie ai fondi della banca pubblica per lo sviluppo, la linea di credito esistente di TUI sarà aumentata per un importo di 1,75 miliardi di euro. Il prestito ponte della KfW è soggetto all'approvazione delle banche ... TUI aveva deciso di richiedere un prestito ponte alla KfW al fine di attutire gli effetti della pandemia di COVID-19, almeno fino a quando non sarà possibile riprendere le normali attività commerciali 

- 1,5 miliardi di euro per la società di autonoleggio Sixt: secondo quanto riportato da Sixt stessa, la società avrebbe ricevuto un prestito di 1,5 miliardi di euro dalla banca pubblica KfW e da quattro banche commerciali. Sixt ha bisogno dei soldi per finanziare la sua flotta di veicoli. La società a gestione familiare è senza un rating e sul mercato dei capitali non avrebbe alcun merito creditizio, ha ammesso il CEO Erich Sixt.


Aiuti del governo federale per fronteggiare il Coronavirus

Il governo federale si è impegnato con due grandi pacchetti - definiti "pacchetti di salvataggio":


Il Wirtschaftsstabilisierungsfonds (WSF)

Questo pacchetto è riservato alle società molto grandi. Vale a dire

- con un attivo totale di oltre 43 milioni di euro

- o più di 50 milioni di euro di fatturato

- o più di 249 dipendenti su una media annuale

Ci sono meno di 16.000 di queste aziende in Germania, che impiegano circa la metà dei dipendenti soggetti a contributi previdenziali.


"Strumenti" del Fondo per la stabilizzazione economica (WSF)

- "quadro di garanzie" da 400 miliardi di euro da parte del governo federale, con lo scopo di aiutare le aziende a rifinanziarsi sul mercato dei capitali (colmare la carenza di liquidità)

- 100 miliardi di euro come autorizzazione al credito (per chi?) per ricapitalizzare le aziende

- ulteriori 100 miliardi di euro per rifinanziare i programmi straordinari contro il Coronavirus della Kreditanstalt für Wiederaufbau



Programmi speciali della KfW contro le conseguenze del Coronavirus


Consorzio per il finanziamento della KfW

Per le medie e le grandi aziende, la KfW offre la partecipazione diretta ad un sindacato di finanziamento composto da diverse banche: la KfW si assume fino all'80% del rischio, ma non oltre il 50% del debito totale o il 30% delle attività totali del gruppo. La quota di rischio della KfW ammonta ad almeno 25 milioni di euro ed è limitata al 25% del fatturato annuo del 2019 o al doppio dei costi salariali del 2019 oppure delle necessità di finanziamento per i prossimi 12 mesi.


Prestito imprenditoriale della KfW oppure prestito ERP per le aziende

Questo programma è sostanzialmente aperto a piccole (10 o più dipendenti), medie e grandi imprese per fare degli acquisti (investimenti) e coprire i costi di gestione (risorse operative) fino a 1 miliardo di euro. L'importo massimo del prestito è limitato al 25% del fatturato annuo del 2019 oppure al doppio dei costi salariali del 2019, oppure alle attuali necessità di finanziamento per i prossimi 18 mesi per le piccole e medie imprese oppure 12 mesi per le grandi aziende, o il 50% del debito totale o il 30% del totale del bilancio di gruppo, per i prestiti superiori ai 25 milioni di EUR.

La KfW si assume la garanzia sul prestito fino all'80% per le grandi aziende e fino al 90% per le piccole e medie imprese.


Prestito rapido della KfW 2020

Questo strumento è disponibile per le aziende con 10 o più dipendenti, anche per acquisti (investimenti) e costi di gestione (mezzi operativi). Il prestito è garantito al 100% da una garanzia federale. I parametri principali sono:

- Prestito di sostegno per acquisti e costi di gestione

- Per le aziende con più di 10 dipendenti, presenti sul mercato almeno da gennaio 2019

- Assunzione del rischio al 100% da parte della KfW

- Nessuna valutazione del rischio da parte della banca (vedi i commenti di un addetto bancario, di seguito)

- Importo massimo del prestito: fino al 25% del fatturato annuo del 2019 per ogni gruppo di società

- Un massimo di 500.000 euro per ogni gruppo aziendale con più di 10 dipendenti fino a 50 dipendenti inclusi nell'azienda richiedente

- Un massimo di 800.000 euro per ogni gruppo aziendale con più di 50 dipendenti presso la società richiedente.

- Fino a 10 anni per il rimborso, primi 2 anni senza rimborso

Prerequisito: la società richiedente deve aver realizzato in media un profitto dal 2017 al 2019, oppure nel 2019.


600 miliardi di euro di fondi federali per un massimo di 375.000 aziende, quasi dieci volte di più, invece, rimangono sotto la pioggia ad aspettare senza un "ombrello di salvataggio"

Secondo il suo comunicato stampa del 30 aprile, dal 25 marzo 2020, la KfW ha ricevuto 25.500 domande riguardanti il programma di aiuto contro il Coronavirus, di cui quasi il 99% ha ricevuto un esito positivo per un volume complessivo di 33,1 miliardi di euro. Questo 99% sembra un dato molto alto.


Cosa dice un insider bancario al riguardo:

Questo numero per me è diventato più plausibile dopo aver parlato con un amico che fa parte del gruppo dirigente di una cassa di risparmio regionale. Ha riferito che il suo istituto aveva ricevuto ad inizio aprile più di 350 domande di prestiti "contro il Coronavirus". Rimane da chiedersi da dove dovrebbe provenire l'esercito di impiegati necessario per elaborare le domande per queste applicazioni in maniera tempestiva. I circa 22 tirocinanti dell'ultimo anno di formazione? I venti dipendenti scarsi con i quali l'ufficio per l'analisi del credito è stato dotato fino a quel momento, non sono in alcun modo sufficienti. 

Inoltre a ciò si aggiunge che sono stati proprio il Ministero federale delle finanze e l'Autorità federale di vigilanza finanziaria (Bafin) a rafforzare le linee guida per i prestiti (alle aziende). La formulazione nel prospetto della KfW (per ottenere il prestito rapido dellaKfW) "nessuna valutazione del rischio da parte della banca" è semplicemente ridicola. Perché secondo la legge bancaria tedesca (in particolare paragrafo 18 e 18a), le banche sono legalmente obbligate a controllare accuratamente le richieste di prestito e a tenersi informate sullo stato economico del mutuatario anche dopo la concessione di un prestito.


Riflessioni in merito

- In Germania operano circa 3,5 milioni di aziende. Circa 375.000 aziende appartengono alla categoria delle piccole, medie e grandi aziende che possono chiedere l'aiuto della KfW. Finora solo il 6,8% di queste società ammissibili ha presentato una domanda alla KfW, vale a un'azienda su 15.

- 14 aziende su 15 aziende in questa categoria non hanno alcuna possibilità di ottenere un prestito. Oppure la richiesta è bloccata in una gigantesca ondata arrivata alle circa 1.800 banche della Repubblica federale.

- scoprirarnno che tutti i programmi speciali della KfW contro il Coronavirus sono rivolti alle categorie delle piccole, medie e grandi imprese. Queste categorie sono definite - rigorosamente - solo se ci sono più di dieci dipendenti.

Misurate in questo modo:

- circa 294.000 piccole imprese hanno fra i 10 e i 49 dipendenti

- circa 64.000 medie imprese hanno fra i 50 e i 249 dipendenti e

- circa 15.000 aziende danno lavoro a 250 o più persone

Piu' di 3,1 milioni di aziende, tuttavia, tra cui le piccolissime imprese con meno di dieci dipendenti e un gran numero di ditte individuali, lavoratori autonomi e liberi professionisti, non appartengono a queste categorie di società. Tutte le decine di migliaia di artisti non sono coperti dal finanziamento federale. Gli aiuti di emergenza dei Laender sono limitati a poche migliaia di euro e non sono in alcun modo sufficienti per garantire l'esistenza dell'impresa. Chiedere a queste persone colpite di rivolgersi alla "sicurezza di base", ad HartzIV, rappresenta il massimo del cinismo.

Ancora una volta la presunta politica senza "alternativa" della Cancelliera Merkel e le "misure di blocco" con cui il governo federale inizialmente ha cercato di salvare la sua faccia di fronte a un completo fallimento nella valutazione del rischio e nella preparazione dall'epidemia, spingono l'esistenza di milioni di lavoratori autonomi e piccole imprese verso il disastro. Mentre il Ministro della Sanità Spahn non ha niente di meglio da fare che lanciare ogni giorno una nuova idea sulle app per la tracciabilità e sugli obblighi di segnalazione da parte dei medici, delle persone infette e delle persone sane... 

venerdì 8 maggio 2020

Verso la "Deeskalation"

Nei palazzacci del potere politico e finanziario la parola d'ordine del momento è "depotenziare" il recente verdetto della Corte costituzionale. Perché come scrive la FAZ, alla fine, "nessuna delle istituzioni coinvolte, né la BCE, né la Bundesbank, né il governo federale, ha davvero interesse a ingigantire il caso". Ne scrivono la Faz.net, la Süddeutsche Zeitung e Handelsblatt 



(...) Che succede ora? La BCE farà quello che la Corte costituzionale federale le ha chiesto di fare? Oppure cercherà di trincerarsi dietro il fatto che in linea di principio - come istituzione europea - c'è solo la Corte di giustizia europea a poterle chiedere di dare spiegazioni? Diversamente, d'ora in poi, tutti i tribunali dei singoli paesi si sentirebbero in diritto di esprimersi sulla banca centrale.

"Nessuna delle istituzioni coinvolte, né la BCE, né la Bundesbank, né il governo federale, del resto, hanno un qualche interesse a ingigantire il caso", si diceva mercoledì nei circoli vicini alla banca centrale. La spiegazione richiesta, peraltro, dal punto di vista tecnico è facile da preparare. Inoltre, ciò che la corte di Karlsruhe ha chiesto rientra nel campo delle "responsabilità" della banca centrale, un campo già chiaro, e il caso sollevato non influisce sulla sua indipendenza in termini di spazio di azione. Il presidente della BCE Christine Lagarde, lei stessa un avvocato, ha assunto la "responsabilità del procedimento": cercherà una soluzione accettabile per tutti.

Non è ancora chiaro tuttavia come saranno divisi i ruoli tra Bundesbank e BCE. Sarà la BCE a redarre le spiegazioni richieste, mentre poi sarà la Bundesbank a inoltrarlo al Bundestag e al governo - per evitare un rapporto di comunicazione diretta tra la BCE e il governo?

Anche le grandi banche tedesche sono del parere che la BCE alla fine cederà e presenterà la dichiarazione richiesta. Ad ogni modo, gli economisti di Deutsche Bank e Commerzbank non hanno dubbi. Nella sua prima lettura della sentenza, la banca centrale sembra lasciare aperta la possiblità di presentare la prova della proporzionalità richiesta dalla Corte costituzionale federale, ha dichiarato Jörg Krämer, capo economista della Commerzbank: "Mi aspetto tuttavia che alla fine lo farà". Stefan Schneider, capo economista per la Germania di Deutsche Bank, ha dichiarato: "In definitiva, si tratta solo di un documento formale che certifichi una ponderazione della proporzionalità".

-->


(...) Ma la vera grande questione è una: chi dovrà rispondere a questa richiesta? Alla BCE sono convinti che la Corte costituzionale tedesca non abbia nulla da dire alle autorità monetarie europee. Cosa accadrebbe se altre corti costituzionali nazionali stabilissero delle linee guida per le autorità monetarie? La Corte di giustizia europea (CGE) è la sola ad avere il diritto di decidere se la BCE sta violando i trattati in vigore.

La BCE di conseguenza ha reagito con una certa freddezza. Ha preso nota della decisione della Corte costituzionale federale, facendo riferimento alla sentenza della Corte di giustizia europea del 2018. I giudici lussemburghesi, infatti, avevano dato il via libera alla banca centrale europea per il suo programma di acquisto di obbligazioni degli anni passati, con il quale finora sono stati acquistati titoli per 2,3 trilioni.

La BCE si trova in mezzo a un guado. Da un lato, non si vuole far cucinare a fuoco lento dai giudici tedeschi, dall'altro, l'Euro-Tower non ha alcun interesse a intensificare il conflitto con l'opinione pubblica tedesca. Ignorare semplicemente la sentenza, pertanto, non sembrerebbe essere un'opzione ragionevole. Allo stesso tempo, la Corte costituzionale federale ha chiarito che la Bundesbank potrà partecipare agli acquisti di obbligazioni solo se la BCE fornisce una giustificazione coerente con le indicazioni di Karlsruhe. Quindi la Bundesbank dovrà fare un'opera di convincimento per spingere la BCE a fornire le informazioni in suo nome? Oppure la Bundesbank lo farà da sola, facendo riferimento alla BCE? La comunicazione a questo punto diventa un esercizio acrobatico.

La Corte di giustizia europea aveva giudicato legittimo il programma di acquisto 

C'è già materiale a sufficienza per soddisfare i desideri dei giudici tedeschi: "Si potrebbe fare riferimento, ad esempio, alle vecchie relazioni mensili, ai discorsi e alle interviste con le quali la BCE spiegava le sue misure", afferma Stefan Bielmeier, capo economista di DZ Bank. E ciò dovrebbe essere possibile entro il termine di tre mesi stabilito dalla Corte costituzionale federale. Questo dossier dovrebbe quindi essere portato a conoscenza anche del Bundestag e del Bundesrat - ma con quali conseguenze? Chi sarà alla fine a dover verificare se il dossier soddisfa i requisiti dei giudici supremi tedeschi? In linea di principio, un simile test di proporzionalità sarebbe di competenza della Corte di giustizia europea, ma naturalmente la Corte costituzionale potrebbe rientrare in gioco se un tale ricorso fosse ripresentato in Germania. Un ricorso, ad esempio, contro una ulteriore partecipazione della Bundesbank agli acquisti di titoli di stato, oppure contro l'attuale programma di emergenza anti-crisi, sulla base del quale la BCE acquisterà titoli di stato per 750 miliardi di euro da qui alla fine dell'anno.

C'è il rischio di fare confusione, soprattutto perché gli effetti della politica monetaria e della politica economica non sono così facili da distinguere, come invece chiede la corte costituzionale nella sentenza. "Non è del tutto chiaro dove finisce la politica monetaria e dove inizia la politica economica", afferma Katharina Utermöhl, economista del gruppo assicurativo Allianz. "Non è possibile tracciare un confine con esattezza". Sulla stessa linea anche il giurista costituzionale Alexander Thiele dell'Università di Gottinga, secondo il quale le normali decisioni di politica monetaria - come i tassi di interesse - hanno degli effetti significativi in termini di politica economica, simili a quelli menzionati dalla Corte costituzionale per quanto riguarda gli acquisti di obbligazioni: a partire da quando una misura è sproporzionata?

"Discorsi, conferenze stampa e saggi per la Corte non sembrano essere sufficienti "

Queste tematiche vengono discusse anche all'interno della BCE. Ce ne è traccia nei documenti di lavoro e di ricerca, nei discorsi dei membri del Consiglio di amministrazione e nelle conferenze stampa settimanali. A tale proposito, si trovano anche queste considerazioni, ma non nelle decisioni contro le quali si è indirizzato il ricorso dei critici della BCE. "Interpreto il giudizio nel modo seguente: è necessario spiegare la proporzionalità delle decisioni pubblicate dal Consiglio direttivo", afferma Volker Wieland, professore di economia monetaria alla Goethe-Universität di Francoforte e membro del Consiglio dei Saggi economici, presente martedi' in aula durante la pronuncia del verdetto. "Discorsi, conferenze stampa e saggi per la corte non sono sufficienti".

Insieme all'economista di Friburgo Lars Feld, anche Wieland è stato uno dei saggi economici ascoltati dalla Corte durante la scorsa estate. I suoi commenti sono stati recentemente pubblicati sotto forma di documento di lavoro. Secondo le sue dichiarazioni, infatti, egli non ritiene che gli acquisti di obbligazioni vadano oltre il mandato della banca centrale. Wieland, che da tempo non considera più appropriata in termini di estensione e durata la politica monetaria ultra-espansiva della BCE, sottolinea la "discrezione" con cui la banca centrale continua ad operare. Gli acquisti di obbligazioni sostanzialmente sarebbero una "misura di politica monetaria adeguata", dato che non vi sarebbe piu' spazio per una ulteriore riduzione dei tassi di interesse.

Il dilemma in cui ora si trovano la Bundesbank e la BCE non è facilmente risolvibile. Per il futuro, tuttavia, la BCE potrebbe semplicemente agire diversamente e documentare le proprie considerazioni emerse durante le riunioni del Consiglio. "Christine Lagarde, come parte della sua revisione della strategia, ha annunciato di voler ascoltare molti piu' pareri", afferma Wieland. In questo processo, la BCE potrebbe includere le richieste formulate nella sentenza e impegnarsi a spiegare esplicitamente le proprie considerazioni sui benefici e sui costi della politica monetaria. "E ciò avrebbe senso", secondo Wieland. "Ci sono anche molte cose che la BCE potrebbe imparare dalle altre banche centrali".

-->




(...) Il Bundestag discute i doveri di informazione della Bundesbank in merito alla BCE

Al Bundestag nel frattempo, la sentenza della Corte costituzionale sugli acquisti di titoli di Stato da parte della BCE, ha scatenato un dibattito frenetico su come attuare il controllo delle attività della Banca centrale europea richiesto dalla Corte di Karlsruhe. Secondo la Reuters, infatti, i giuristi del Bundestag chiedono una nuova legge che il Parlamento dovrebbe utilizzare per richiedere e ottenere maggiori informazioni dalla Bundesbank in merito alle attività della BCE. Dopo le discussioni delle Commissioni Finanze, Bilancio ed Europa di mercoledì scorso sulla sentenza della Corte costituzionale, è emerso, secondo le informazioni provenienti dagli ambienti parlamentari, che si preferisce cercare un contatto con la Bundesbank come membro dell'eurosistema, invece di puntare direttamente alla BCE.

"Una possibilità potrebbe essere quella di un obbligo di informazione da parte della Bundesbank nei confronti del Bundestag tedesco", ha dichiarato all'agenzia di stampa Reuters Katja Leikert, vice-capogruppo parlamentare della CDU-CSU. "Il governo federale dovrebbe anche coinvolgere maggiormente il Bundestag nelle decisioni di politica monetaria". Grazie alla sentenza, in ogni caso sono, ne escono rafforzati i diritti del Bundestag in materia.

"La BCE è obbligata a fornire informazioni ad un solo parlamento, cioè al Parlamento europeo", ha avvertito il responsabile per la politica europea dei Verdi, Franziska Brantner. Pertanto, anche lei chiede che si passi attraverso la Bundesbank. In ogni caso, l'indipendenza della BCE e della Bundesbank dovrà essere preservata. Brantner ha anche chiesto al Parlamento di rafforzare i suoi diritti di partecipazione in materia di politica europea ai sensi dell'articolo 23 della Legge fondamentale



giovedì 7 maggio 2020

E se fosse la Germania a uscire dall'euro?

Nel lontano novembre 2012 il grande economista tedesco Gustav Horn su Die Zeit si divertiva a ipotizzare cosa sarebbe potuto accadere alla Germania se avesse deciso di uscire unilateralmente dall'eurozona. La situazione da allora non è cambiata molto, e l'articolo, pubblicato 8 anni fa, ancora oggi resta una riflessione di grande attualità. Ne scriveva Gustav Horn su Die Zeit nel novembre 2012



Un divertissement intellettuale: che cosa accadrebbe se, come richiesto fra gli altri anche dal finanziere George Soros, fosse la Germania ad uscire dall'euro?

Il parlamento tedesco approva con una maggioranza di due terzi l'uscita dall'euro e la reintroduzione del D-Mark. Solo i Verdi votano contro. Il tasso di cambio è uno a uno. Il presidente della Bundesbank lascia il consiglio BCE con effetto immediato.

I mercati finanziari e dei cambi reagiscono immediatamente all'uscita della Germania. Dal resto dell'unione monetaria arriva in Germania un fiume di liquidità. La nuova valuta si apprezza del 50 % nei confronti dell'euro. Un Marco tedesco ora costa 1.5 €. Contemporaneamente crolla il valore delle garanzie statali offerte per i fondi di salvataggio. La stessa cosa accade per i debiti e i crediti nati dal sistema Target della BCE: la Bundesbank chiede che siano saldati immediatamente. I rischi per il bilancio pubblico, almeno all'inizio, sembrano ridursi.

Circa 200 economisti celebrano la ritrovata libertà della Germania. Thilo Sarrazin dichiara in tv: "la Germania non ha bisogno dell'euro".

Nel resto dell'Eurozona i mercati finanziari sono in difficoltà. La BCE dopo l'uscita della Germania ha immediatamente spostato la sua sede da Francoforte a Parigi. Nel frattempo annuncia acquisti illimitati di obbligazioni. In questo modo i banchieri centrali riescono a governare le quotazioni dei titoli. La nuova Banca Centrale Europea rimborsa tutti i crediti Target della Bundesbank con del denaro fresco di stampa. Calcolati in marchi, hanno perso un terzo del loro valore. La Bundesbank è costretta a contabilizzare una grossa perdita. Lo stesso accade con il rimborso dei fondi tedeschi conferiti all'ESM. L'indebitamento pubblico tedesco cresce di un valore corrispondente.

Dopo alcune settimane di sollievo dovute all'uscita dall'euro, numerosi produttori di auto dichiarano che il loro fatturato nel resto d'Europa è crollato. Le auto tedesche per il resto d'Europa sono troppo costose. I costruttori chiedono la cassa integrazione e iniziano a licenziare.

Poco dopo, l'associazione degli industriali dichiara che l'economia tedesca a causa dell'apprezzamento del Marco non è piu' competitiva ed esorta i sindacati tedeschi ad accettare una riduzione dei salari. Dopo appena un trimestre, l'Ufficio Federale di Statistica comunica che gli avanzi delle partite correnti si sono dimezzati e che l'export verso il resto d'Europa è crollato. Thilo Sarrazin dichiara in un altro talk show che anche senza l'euro si sente molto bene. Il suo reddito non si è affatto ridotto.

Nel resto d'Europa, gli altri paesi avranno piu' tempo per raggiungere gli obiettivi di deficit e per compensare l'uscita della Germania decidono di aumentare i loro depositi nel fondo ESM.


La Germania entra in recessione

Il Fiskalpakt viene sospeso e sostituito con un patto di stabilità. I paesi europei si impegnano a rispettare gli obiettivi di inflazione e a evitare che si formino degli squilibri nelle partite correnti. L'ESM diventa un Fondo Monetario Europeo (FME), con il compito di controllare il rispetto dei trattati da parte dei membri. I paesi che registrano un avanzo o un deficit delle partite correnti eccessivo, dovranno cedere una parte delle proprie entrate fiscali al FME.

La nuova BCE comunica che il suo obiettivo di inflazione resta invariato al 2%. La Bundesbank dichiara subito dopo che l'obiettivo di inflazione per la Germania è dell'1%, e aumenta i tassi. Il Marco continua ad apprezzarsi.

L'Ufficio Federale di Statistica comunica che la bilancia commerciale della Germania, a causa del crollo delle esportazioni, ha raggiunto il pareggio. La congiuntura in Germania si indebolisce ulteriormente. L'industria dell'export è in recessione e taglia in maniera massiccia posti di lavoro. Anche l'economia interna inizia a perdere slancio per i tassi troppo alti. Nel resto d'Europa la situazione economica a poco a poco si stabilizza. Thilo Sarrazin dichiara in tv: questa situazione non ha nulla a che fare con l'euro.

VW sposta le sue fabbriche

Martin Winterkon, a.d. di VW, fa sapere che l'azienda sposterà una grossa parte della sua produzione nel resto dell'Eurozona. "Il mercato tedesco è troppo piccolo per la nostra produzione, e abbiamo bisogno di tassi di cambio piu' sicuri", dice Winterkorn. Il valore delle azioni VW cresce vertiginosamente. BMW e Daimler confermano piani analoghi. Nei rinnovi contrattuali dei metalmeccanici, a causa della difficile situazione nell'industria, viene concordato un aumento dell'1%. Nel settore pubblico, una riduzione delle entrate costringe a tagliare il numero dei dipendenti pubblici. I rinnovi contrattuali portano ad un aumento di mezzo punto percentuale.

Un anno dopo l'uscita dall'euro, la Germania si trova in piena recessione con una crescente disoccupazione. Nel frattempo anche la domanda interna è crollata: i bassi aumenti salariali e i licenziamenti stanno affossando i consumi. Sempre piu' aziende trasferiscono posti di lavoro e stabilimenti nell'Eurozona, in Asia o negli Stati Uniti. La Borsa di Francoforte ha perso molta della sua importanza; quella di Parigi al contrario ha accresciuto la sua influenza. I capitali continuano ad uscire dalla Germania mentre i tassi di interesse tornano a crescere. La rivalutazione del Marco si è fermata.

Il drammatico appello degli economisti tedeschi.

L'Eurozona nel frattempo si è stabilizzata e mostra almeno una debole crescita economica. Sta crescendo l'export dai paesi in crisi - soprattutto verso la Germania. VW pianifica l'allargamento dei suoi impianti in Spagna e prende in considerazione la costruzione di uno stabilimento aggiuntivo in Grecia.

Dopo 2 anni, la crescita nel resto dell'area euro torna oltre il 2%. L'economia in Germania invece ristagna, la disoccupazione resta alta. Circa 200 economisti pubblicano un drammatico appello per aumentare la competitività della Germania. Il mercato del lavoro è poco flessibile, i salari troppo alti e le prestazioni sociali troppo generose per poter affrontare le sfide della globalizzazione. Grecia e Spagna sono in pieno boom, mentre l'economia tedesca è in difficoltà, scrivono 2 anni dopo l'uscita dall'euro.

Thilo Sarrazin dichiara in un programma televisivo: "Non ho mai suggerito di uscire dall'euro, al massimo mi sono permesso di dire che non abbiamo bisogno dell'euro".
-->