Il grande intellettuale tedesco Andreas Nölke ci spiega perché la difesa delle prerogative della Corte Costituzionale federale non può essere lasciata solo alla destra tedesca e perché anche a sinistra bisogna avere il coraggio di schierarsi con i giudici di Karlsruhe. Una riflessione molto interessante di Andreas Nölke su Makroskop.eu
Dal punto di vista delle scienze politiche, tuttavia, c'è un aspetto della discussione finora completamente trascurato: quello della democrazia. Nel dibattito, ovviamente, entrambe le parti presumono che alla fine siano le Corti a dover decidere su questioni come l'acquisto di obbligazioni. Tutto ciò sembra invece alquanto dubbio, dal momento che ne emerge una comprensione discutibile della democrazia.
Concezione liberale contro concezione repubblicana della democrazia
La comprensione liberale della democrazia presuppone che debbano essere imposte delle chiare restrizioni alla maggioranza, non solo attraverso i diritti fondamentali, ma anche attraverso dei tribunali costituzionali molto attivi e potenti. Dal punto di vista di una comprensione repubblicana della democrazia, tuttavia, questo punto di vista resta problematico. Perché ad essere limitato, in questo modo, è soprattutto il nucleo di quello che gli elettori possono decidere. Allo stesso tempo, le elezioni, i parlamenti e le maggioranze in pratica spesso vengono sostituite da istituzioni non maggioritarie che hanno solo una legittimità democratica molto indiretta.
Nella prospettiva repubblicana, la democrazia viene principalmente intesa come l'autodeterminazione delle comunità politiche, attraverso una forte partecipazione mediata da elezioni, trasparenza e deliberazione. Nella prospettiva liberale, invece, si tratta principalmente dell'autodeterminazione dell'individuo. Qui la partecipazione politica è meno importante rispetto alla protezione delle libertà individuali, per le quali le corti costituzionali in particolare svolgono un ruolo centrale.
Nessuno può sostenere che ci sia stato un processo decisionale per la nomina dei giudici di Karlsruhe o addirittura del Lussemburgo, che dal punto di vista repubblicano soddisfi i criteri tipici dei processi democratici: un collegamento diretto con le decisioni elettorali, la trasparenza e la deliberazione pubblica. Da questo punto di vista, è quindi importante limitare, invece che rafforzare, la posizione di potere di tali istituzioni non maggioritarie. Dovrebbero essere almeno invitate a prestare attenzione.
Contrariamente a una comprensione ampiamente diffusa in Germania (e implicitamente liberale), una democrazia ben funzionante non richiede necessariamente una corte costituzionale energica. La Svizzera, ad esempio, che ha un sistema politico particolarmente vicino alle idee repubblicane sulla democrazia, ha una giurisdizione costituzionale molto debole, e molto limitata nei suoi poteri. Allo stesso tempo, la Svizzera spesso viene vista come una democrazia esemplare.
Forse troppo miope
Nel dibattito in corso è sorprendente che molti commentatori che si considerano "di sinistra" o "progressisti" si limitino a schierarsi dalla parte dell'una o dell'altra corte. Entrambe le posizioni sono problematiche.
Gli unionisti stanno incoraggiando la Commissione ad avviare una procedura di infrazione per consentire alla Corte di giustizia europea di rimpiazzare la Corte costituzionale federale e di garantire che la BCE continui a perseguire la politica economica necessaria a stabilizzare la fragile eurozona.
Gli euroscettici, invece, sono lieti che il corso verso la sovranazionalizzazione dell'UE sia stato finalmente fermato dalla Corte costituzionale federale. Entrambi sono atteggiamenti legittimi (ed è noto che io sono propenso verso quest'ultimo, specialmente fino a quando l'UE resterà così neoliberista), ma da una prospettiva repubblicana, bisogna prima considerare per quale istituzione ci si sta battendo.
Martin Höpner ha giustamente sottolineato più volte che la Corte di giustizia europea nel processo di integrazione europea svolge un ruolo molto problematico in quanto non solo è uno dei principali motori della macchina che lavora alla liberalizzazione economica, ma ha anche sancito il primato del diritto europeo sul diritto costituzionale nazionale, originariamente non previsto dai trattati europei e che invece è stato introdotto dalla sentenza "Costa contro Enel" del 1964 senza un mandato dei parlamenti e dei governi. Si tratta di una decisione chiaramente problematica dal punto di vista di ogni teoria della democrazia.
Ma anche la Corte costituzionale federale non appartiene necessariamente al fronte dei "bravi ragazzi", se ogni tanto mette un bastone tra le ruote degli unionisti. Dopotutto, esiste una lunga tradizione di critiche da sinistra nei confronti del ruolo della Corte costituzionale tedesca in quanto "legislatore sostitutivo" non sufficientemente legittimato. Invece di limitarsi al ruolo di correttivo per le decisioni nelle quali il legislatore o il governo hanno chiaramente superato le proprie competenze, la Corte costituzionale federale formula regolarmente delle proprie disposizioni che prescrivono specificamente per il legislatore il contenuto delle leggi.
Gli osservatori da sinistra potrebbero aver dimenticato questo problema perché da molto tempo ormai non abbiamo piu' un governo progressista che si sia potuto scontrare con la Corte costituzionale federale.
Cosa emerge nell'attuale dibattito sulla comprensione repubblicana della democrazia? Bene, prima di tutto bisogna trattenersi dal fare il tifo per il verdetto dell'una o dell'altra Corte. In questo round, il "piatto preferito" potrebbe aver rafforzato la propria posizione, ma nel prossimo può cambiare tutto molto alla svelta. Dal punto di vista della sovranità popolare tipica della forma repubblicana, le decisioni politiche più importanti non dovrebbero essere prese dai tribunali, ma dai parlamenti.
A proposito: il riferimento è ai parlamenti nazionali, perché nessuno può dire che la sovranità popolare democratica a livello del Parlamento europeo funziona come al Bundestag (con tutti i deficit del nostro sistema politico nazionale).
Controllo democratico delle banche centrali
Da questo punto di vista, il controllo democratico sull'attività delle banche centrali in futuro sarà ancora più importante. Come le corti costituzionali, queste ultime sono istituzioni non maggioritarie che dal punto di vista dei liberali sono molto apprezzate, ma vengono invece viste criticamente dai repubblicani. Indipendentemente da come vengono valutate economicamente le decisioni delle banche centrali contemporanee, dal punto di vista della comprensione repubblicana della democrazia, il loro impatto economico-politico supera di gran lunga le competenze che possono essere concesse alle istituzioni non elette. Le decisioni con simili effetti di redistribuzione sono nelle mani dei parlamenti nazionali.
L'indipendenza delle banche centrali dai parlamenti e dai governi storicamente è stata giustificata dal fatto che diversamente le banche centrali avrebbero teso ad adottare politiche inflazionistiche per sostenere la rielezione del governo, favorendo la crescita economica di breve termine. Ciò può o non può essere vero (piu' no che si, visto che l'inflazione ha cause completamente diverse dalla politica monetaria), ma nella migliore delle ipotesi può essere legittimata se il legislatore assegna alle banche centrali una gamma molto ristretta di compiti tecnici per mantenere un certo tasso di inflazione, senza soppesare gli effetti delle diverse politiche.
Senza considerare il fatto che la BCE ha fissato autonomamente il proprio obiettivo di inflazione, le sue attività per anni sono state lontane da questo mandato tecnocratico - soprattutto a partire dalla crisi finanziaria del 2007/2008, nella misura in cui (volenti o nolenti) la banca centrale in pratica ha usurpato il compito del governo economico d'Europa. Il fatto che gli organismi effettivamente legittimati per fare ciò non si occupino del governo economico europeo non cambia il fatto che questo stato di cose sia insopportabile dal punto di vista della sovranità popolare democratica.
Le questioni politiche fondamentali - come il bilanciamento fra crescita e stabilità dei prezzi (e dei rendimenti per i risparmiatori) - devono essere decise dai parlamenti nazionali, non dalle banche centrali o dalle corti costituzionali, dati i loro significativi effetti redistributivi. Sebbene questa massima non sia molto di aiuto nell'attuale concorso di bellezza fra le Corti (oppure nella valutazione della politica economica dei programmi della BCE), non la si dovrebbe dimenticare quando si discute del futuro delle nostre istituzioni legali, economiche e politiche.