Per la Procura di Monaco i bilanci di Wirecard sarebbero stati falsi già dal 2014 mentre i revisori di Ernst & Young e le autorità di controllo tedesche si sarebbero fatte fregare dall'azienda bavarese per almeno 5 anni. Da chiarire anche il ruolo di Credit Suisse che nel 2019 ha collocato un bond convertibile di Wirecard per quasi un miliardo di euro. Ne scrivono la Süddeutsche Zeitung e Infosperber.ch
Secondo quanto risulta agli investigatori, la frode su larga scala operata da Wirecard, il fornitore di servizi di pagamento ora insolvente, probabilmente era in piedi da molto più a lungo di quanto non si sospettasse. Gli inquirenti, infatti, ipotizzano che già dal 2014 il management del gruppo Internet con sede ad Aschheim, vicino a Monaco di Baviera, gonfiasse artificialmente i ricavi delle vendite e i guadagni con delle entrate fittizie, cioè completamente inventate. E' l'ipotesi formulata dalla procura di Monaco secondo le informazioni disponibili alla Süddeutsche Zeitung, alla NDR e alla WDR.
La Procura della Repubblica di Monaco sta indagando sull'ex CEO Markus Braun, sull'ex membro del consiglio di amministrazione Jan Marsalek e su altri dirigenti per varie ipotesi di reato, tra le quali la falsificazione dei bilanci e la manipolazione del prezzo di borsa. I pubblici ministeri sospettano che Wirecard operasse con delle cifre false già a partire dal bilancio annuale del 2015. I presunti conti fiduciari, nei quali, secondo le informazioni ufficiali del gruppo, sarebbe stato depositato un miliardo di euro, non sarebbero mai esistiti.
L'obiettivo della presunta frode era quello di far apparire il gruppo finanziariamente più forte e quindi più attraente di quanto non fosse in realtà. L'ipotesi del pubblico ministero si basa su numerosi documenti interni di Wirecard. Se le recenti scoperte e i sospetti degli investigatori fossero corretti, allora tutti gli organi di vigilanza e i revisori dei conti non avrebbero notato, o voluto notare, quello che stava effettivamente accadendo dentro Wirecard da almeno mezzo decennio. Ciò vale anche per l'autorità di vigilanza finanziaria tedesca Bafin, che a causa dello scandalo miliardario è finita nell'occhio del ciclone.
Nei suoi documenti sull'indagine, infatti, la Procura della repubblica fa riferimento al fatto che già dal 2016 i singoli media riferissero di ricavi apparentemente fittizi realizzati da Wirecard con delle società partner. Gli inquirenti annotano che i media sottolineavano il fatto che questi partner fossero essenzialmente società fittizie o società di comodo. La prima importante denuncia penale presentata dal Bafin, che risale all'aprile 2019, tuttavia, non era diretta contro Wirecard.
Marsalek è in fuga, Braun vuole collaborare
Il Bafin invece ha preferito denunciare diversi operatori di borsa e due giornalisti del quotidiano britannico Financial Times (FT) per una presunta manipolazione del prezzo delle azioni Wirecard. Il FT da anni riferisce delle presunte truffe da parte di Wirecard. Solo ora però le autorità tedesche si sono decise ad indagare con coerenza sul caso. La procura di Monaco sta indagando Braun, Marsalek e altri manager di Wirecard anche per il reato di appropriazione indebita di beni aziendali. Il gruppo aveva infatti concesso in prestito fino a 365 milioni di euro a delle società asiatiche senza chiedere garanzie collaterali.
Altrettanto discutibile per i pubblici ministeri sembrerebbe essere anche una transazione tramite una società fittizia alle Mauritius, alla quale sarebbero stati versati 315 milioni di euro. Non è chiaro dove si trovino ora i soldi. Soprattutto, il ruolo di Marsalek in questo affare sembrerebbe essere alquanto opaco. C'è un mandato di arresto contro Marsalek, il quale al momento si troverebbe in fuga. Braun invece si è consegnato agli investigatori e vuole collaborare.
Il ruolo di Ernst & Young e del Credit Suisse
Secondo quanto riportato dalla stessa Ernst & Young (EY), gli attivi dichiarati come depositati in Estremo Oriente già da molto tempo ormai non erano nient'altro che il frutto di una invenzione. Nonostante ciò, EY ha continuato a certificare i bilanci dell'azienda. Mentre Credit Suisse (CS) invece ha collocato degli strumenti di investimento collegati ad azioni Wirecard.
Per due fra le piu' grandi e importanti aziende nel settore finanziario, EY e Credit Suisse, la debacle di Wirecard sarà un duro test. La società di revisione, infatti, ha continuato a certificare i bilanci annuali fino al 2018 senza verificare se i presunti conti in Asia esistessero veramente.
Nel frattempo, nell'autunno del 2019, CS ha collocato presso gli investitori un'obbligazione convertibile Wirecard per un importo di quasi 1 miliardo di euro. Secondo CS, tuttavia, non ci sarebbero fondi pensione fra gli acquirenti delle obbligazioni.
Che cosa avevano effettivamente controllato EY e CS? Quali sforzi hanno fatto le due rinomate aziende del settore finanziario con dipendenti in tutto il mondo, prima di dare la loro benedizione ai conti di Wirecard?
Il caso potrebbe portare a delle costose cause legali. CS dice di non aspettarsi gravi conseguenze. "Allo stato attuale, non ci aspettiamo alcun impatto finanziario significativo", ha detto un portavoce la scorsa settimana. Nel frattempo, EY si è rifugiata nel ruolo della vittima. Anche loro sarebbero stati ingannati da Wirecard.
Ernst & Young conosceva molto bene Wirecard
EY è stato il revisore contabile di Wirecard per almeno un decennio. Nei soli anni 2017 e 2018, la società di revisione, infatti, avrebbe incassato un totale di 4,5 milioni di euro per la certificazione dei due bilanci e delle attività connesse.
Un articolo della Süddeutsche Zeitung del 29 giugno getta una cattiva luce sia su su EY che su CS. Da quanto riportato si giunge alla conclusione che la truffa di ampie dimensioni fosse evidente ormai da tempo. EY recentemente ha esaminato più da vicino i conti falsi in Asia e si sarebbero resi conto che la frode ha una storia molto più lunga, scrive la Süddeutsche Zeitung. Le indagini mostrano che "mancano soldi e i documenti sono falsificati non solo nell'esercizio 2019, ma anche per l'esercizio 2018". Ciò fa nascere il fondato sospetto che anche le conferme dei saldi a nostra disposizione relative al trust e le informazioni a noi fornite sui saldi dei conti al 31 dicembre 2018 fossero false", cita il giornale riferendosi alla lettera dei revisori dei conti Ernst & Young alla direzione di Wirecard.
Il giornale conclude: "ciò a sua volta significa che c'è il sospetto che anche il bilancio del 2018 possa essere stato falsificato. Wirecard ormai da molti anni sembrerebbe un castello di carte". Ma anche il 2018 sarebbe stato troppo tardi. Un giornalista del Financial Times, infatti, già dal 2015 era sulle tracce del dramma che circondava questa possibile frode su larga scala.
I boss di Wirecard hanno sempre cercato di cambiare le carte in tavola. Il giornalista era il cattivo in combutta con gli speculatori.
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