domenica 4 ottobre 2020

Daniel Stelter - La situazione di Berlino è un avvertimento per chi in Europa sogna una unione di trasferimento con i soldi tedeschi

"Mentre i contribuenti della Baviera, del Baden-Württemberg e dell'Assia possono ancora permettersi di trasferire quattro miliardi all'anno verso il paradiso socialista di Berlino, il fabbisogno finanziario degli altri stati dell'eurozona supera di gran lunga le nostre capacità", scrive il grande economista tedesco Daniel Stelter. Se i tedeschi del sud e dell'ovest non ne vogliono sapere di pagare per i loro fratelli brandeburghesi che reputano fannulloni e spreconi, perché dovrebbero avere cosi' tanta voglia di finanziare i disoccupati francesi, italiani o spagnoli? Ne scrive Daniel Stelter su Focus.de



Quello che già si sospettava da tempo ora è ufficiale: il presunto trasferimento una-tantum di 750 miliardi di euro nell'ambito del "Recovery fund" europeo e l'emissione di debito comune a livello dell'UE non saranno una tantum, ma sono destinati a diventare strumenti permanenti. Almeno questo è ciò che il ministro delle Finanze Olaf Scholz vorrebbe fare, anche se per mestiere si suppone che prima dovrebbe occuparsi dei contribuenti tedeschi.

Ma non sembra essere ancora abbastanza. Non solo i miliardi di euro di trasferimenti dovranno diventare uno strumento permanente, ma anche l'autonomia degli Stati in termini di utilizzo dei fondi non potrà venire meno. La ragione, ripetuta piu' volte anche nel nostro paese, è la seguente: la Baviera (6,7 miliardi), il Baden-Württemberg (2,4 miliardi) e l'Assia (1,9 miliardi) in qualità di contributori netti al programma di perequazione fiscale statale non avrebbero voce in capitolo su come Berlino - di gran lunga il maggiore beneficiario - gestisce i circa 4,3 miliardi di euro che riceve dagli altri Laender. E quindi non dovrebbe farlo nemmeno la Germania quando si tratta dell'Italia. 


Il caso di Berlino ci mostra quotidianamente quanto sia sbagliato il sistema di perequazione fiscale fra i Länder - anche dopo la sua riorganizzazione entrata in vigore quest'anno - e quanto sarebbe fatale ripetere lo stesso errore a livello europeo.


La perequazione fiscale fra i Länder è un avvertimento

L'osservatore ingenuo potrebbe supporre che nel corso degli anni i trasferimenti siano serviti a compensare e superare le differenze economiche, cioè a promuovere lo sviluppo nelle regioni più povere, in modo tale che queste in futuro non abbiano più bisogno di ricevere denaro dalle altre regioni.

In realtà accade tutt'altro. Un esempio da Berlino:

- la nascita di un centro per l'innovazione di Google a Berlino è stata impedita dalle proteste dei cittadini, che temevano i nuovi posti di lavoro ben remunerati e quindi un aumento degli affitti. Non hanno voluto nemmeno Amazon. Anche se alcuni posti di lavoro sono rimasti in città, la vera vincitrice alla fine è stata Monaco di Baviera. In questo modo a Berlino si sono almeno assicurati i futuri trasferimenti di denaro da parte della Baviera.

- per anni sono stati spesi milioni di euro per acquistare appartamenti già costruiti. Il politico dei Verdi Florian Schmidt è stato particolarmente attivo in questo settore, avvalendosi anche del suo diritto di prelazione, senza peraltro potersi sempre assicurare un finanziamento. La procura sta indagando sullo spreco di denaro pubblico. Il fatto che questa procedura non abbia creato ulteriore spazio abitativo, ma sia stato il più costoso sussidio mai concepito per l'edilizia abitativa, è irrilevante. Il punto è stato quello di garantire degli affitti sempre piu' bassi a chi ha già un appartamento - vale a dire la propria clientela elettorale.

- la costruzione di nuovi appartamenti, invece, viene bloccata ogni volta che ciò è possibile. Anche se la città ha molti spazi liberi, i problemi e le lungaggini per ottenere i permessi di costruzione sono leggendari. Sulla scia della crisi causata dalla pandemia, la situazione è peggiorata ulteriormente. A Berlino Mitte, ad esempio, solo un terzo delle nuove richieste di costruzione sono state elaborate.

- come sempre, quando la domanda sale più velocemente dell'offerta, aumentano anche i prezzi, in questo caso gli affitti. Per evitare che ciò accada, il Senato di Berlino ha indicato un tetto massimo per gli affitti che non solo impedisce ogni aumento, ma obbliga anche i proprietari a ridurre gli affitti. Anche se non è certo che questa legge sarà presentata alla Corte costituzionale federale, sta già avendo l'effetto sperato: si è ridotta l'offerta di appartamenti in affitto, mentre le nuove costruzioni e le modernizzazioni sono crollate.

- anche se i politici da anni postulano una "svolta verde del traffico", la nuova costruzione di piste ciclabili procede con estrema lentezza. Ecco perché poi si è ripiegato sull'idea di installare le cosiddette "piste ciclabili a scomparsa", lontano da qualsiasi procedura di omologazione, principalmente attraverso delle strisce colorate sulla strada. L'idea di dichiarare semplicemente queste piste come "permanenti" è stata poi ripresa dai tribunali.

- anche l'istruzione a Berlino è molto importante - almeno ogni cinque anni sui manifesti elettorali. Non solo Berlino ha preso il posto di Brema, che per anni è stata in fondo alla classifica sulla qualità dell'istruzione scolastica, ma nella capitale manca anche l'attrezzatura tecnica. Non solo piove in molte scuole, ma anche il collegamento a banda larga delle 700 scuole pubbliche di istruzione generale non è stato ancora messo in funzione. In base alla velocità con la quale fino ad ora le scuole della città sono state collegate alla banda larga, si può supporre che l'ultima scuola di Berlino sarà collegata nel 2040.

- e i cittadini non possono neanche aspettarsi di avere dei servizi pubblici all'altezza: nella capitale tedesca ci vogliono settimane o mesi per immatricolare un'auto o richiedere una nuova carta d'identità. All'inizio della crisi pandemica, circa il 15 % dei posti di lavoro della pubblica amministrazione erano stati digitalizzati, e ora dovrebbero crescere ancora. Sarebbe anche possibile aumentare il personale, ma i 200 nuovi posti di lavoro saranno creati per monitorare il tetto massimo agli affitti (Mietendeckel).

- sarà inoltre realizzata una "Guida alla diversità" di 44 pagine, e se i dipendenti del servizio pubblico dovessero trovare un po' di tempo per i cittadini, questa farà in modo che possano rivolgersi a loro in una maniera appropriata al genere.

L'elenco potrebbe continuare: dalle zone della città fuori dal controllo della legge - Rigaer Strasse, Görlitzer Park - agli alberghi per i senza tetto i cui residenti guidano auto costose e ottengono benefici sociali truffando lo stato, fino alla debacle dell'aeroporto BER. È confortante sapere che il sindaco Müller, ancora in carica, arrivi ad immaginare per il 2036 una Olimpiade in città.

Nulla fa pensare che i politici di Berlino intendano promuovere economicamente la città. Il fatto che il PIL pro-capite della capitale per la prima volta nel 2019 sia stato al di sopra della media nazionale non è stato grazie al Senato di Berlino, ma nonostante il Senato - il turismo e le start-up hanno aiutato.

I politici di Berlino contano sul fatto che il capitalismo e l'economia al di fuori della città continuino a funzionare, in modo da poter finanziare ancora a lungo termine il paradiso socialista di Berlino. Liberamente basato sul famoso motto di Margaret Thatcher, secondo cui il socialismo funziona finché non si esaurisce il denaro degli altri.

E se i soldi finiscono?

Fino a quando la Baviera non minaccierà seriamente di lasciare la Repubblica Federale, si può ipotizzare che la redistribuzione all'interno della Germania continuerà a finanziare i sogni di rifornimento a ciclo continuo dei rosso-verdi e i programmi politici fortemente ideologizzati della capitale. Ad esempio, il senatore agli Interni di Berlino Geisel - noto in tutta la Germania per la sua interessante interpretazione della libertà di manifestare - recentemente si è recato in Grecia per negoziare la ricollocazione dei rifugiati di Moria. Alla domanda postagli dalla radio pubblica Deutschlandfunk se ciò non rappresenti un peso eccessivo per una città a corto di denaro, egli ha risposto fiducioso che la città negli ultimi anni ha già "integrato con successo" oltre 100.000 persone. Un'affermazione che, data l'oggettiva mancanza di alloggi, il degrado delle scuole e i problemi di sicurezza interna, può essere descritta solo come propaganda.

Ma la questione clou è davvero un'altra: i costi per l'accoglienza dei rifugiati sono in gran parte a carico del governo federale e non dei Länder. Si tratta di un gesto umanitario pagato dagli altri. La crescita della popolazione, inoltre, per Berlino è una leva importante che permetterà alla città di ottenere più soldi dai fondi federali. Più saranno le persone accolte da Berlino, maggiori saranno i pagamenti che ci si potranno aspettare. Si ricordano ancora i tempi in cui il Senato di Berlino pagava agli studenti un premio finanziario per trasferire la loro residenza principale a Berlino.

Un comportamento razionale, perché alla fine porta maggiori entrate per le casse comunali. Ci si dovrebbe tuttavia augurare che la città cerchi di ottenere un maggiore successo economico.

...

L'Italia non è come Berlino

Torniamo alla zona euro. Nessuno Stato membro è governato male come Berlino. Anche l'Italia, se paragonata a Berlino, è una comunità ben funzionante con una economia forte. La Lombardia è da molti anni una delle regioni economiche più forti d'Europa. Tuttavia, l'Italia, la Spagna e la Francia si trovano in una spirale discendente fatta di aumento del debito e di diminuzione della competitività. Alla luce dei risultati ottenuti con il programma tedesco per la perequazione fiscale, sembrerebbe più che ridicolo cercare di risolvere i problemi aumentando i trasferimenti dalla Germania.

Se questi fondi venissero utilizzati per aumentare la forza economica e riformare il mercato del lavoro, ciò sarebbe perfettamente giustificabile. Ma non sarà questo il caso. Se Berlino utilizza i soldi della perequazione fiscale per l'acquisto di alloggi già esistenti, il governo di Roma, invece, sta già pianificando maggiori benefici sociali. Entrambi i provvedimenti potranno essere molto popolari tra gli elettori, ma funzionano solo finché si trova qualcuno disposto a pagare.

I piani per l'eurozona vanno contro ogni logica

Mentre i contribuenti della Baviera, del Baden-Württemberg e dell'Assia possono ancora permettersi di trasferire quattro miliardi all'anno verso il paradiso socialista di Berlino, il fabbisogno finanziario degli altri stati dell'eurozona supera di gran lunga le nostre capacità. Soprattutto in considerazione del disastro che stiamo causando con una politica climatica sbagliata. Per dirla senza mezzi termini: dobbiamo agire contro il cambiamento climatico, ma non con obiettivi da economia pianificata, e ricorrendo ad un prezzo per la CO2 che garantisce l'applicazione dei principi di efficienza ed efficacia anche ad un tema così importante.

Cercare di affermare a livello di eurozona un costrutto molto più grande, già ampiamente fallito N volte, contraddice qualsiasi logica. I trasferimenti in teoria dovrebbero servire a ridurre le differenze tra i vari paesi. Nella pratica portano all'opposto: l'illusione dei paesi beneficiari di non dipendere da uno sviluppo autonomo delle risorse necessarie.


martedì 28 luglio 2020

Perché lo scandalo Wirecard potrebbe diventare un affare complicato per il governo di Berlino

Il sostegno fornito dal governo federale a Wirecard per entrare in Cina e i contatti fra l'azienda bavarese e i lobbisti vicini ai servizi segreti mettono sotto pressione gli ambienti governativi di Berlino. Che cosa sapevano al Ministero delle finanze e alla Cancelleria di Berlino sulla reale situazione dell'azienda? Il sempre ben informato German Foreign Policy ricostruisce la vicenda Wirecard e le responsabilità degli ambienti politici di Berlino.

scandalo wirecard


Colloqui con il Segretario di Stato

Dopo lo scoppio del "caso Wirecard" il Ministero delle finanze tedesco è finito al centro del dibattito pubblico. Il ministero infatti, è responsabile per il controllo sull'Autorità federale di vigilanza finanziaria (BaFin), la quale a inizio 2019 dopo una dettagliata inchiesta del Financial Times sulle irregolarità di Wirecard, aveva reagito aiutando addirittura l'azienda bavarese con il divieto di praticare la "vendita allo scoperto" sul titolo azionario e presentando al contempo una denuncia contro il giornalista investigativo autore dell'inchiesta e inoltre sottoponendo l'azienda ad un semplice controllo da parte della Deutsche Prüfstelle für Rechnungslegung (DPR), che prevedibilmente non avrebbe portato ad alcun risultato [1]. Il Consiglio di Amministrazione del BaFin è guidato da Jörg Kukies, Segretario di Stato presso il Ministero delle Finanze. Come recentemente confermato da Kukies ai presidenti della Commissione Finanze del Bundestag, è da inizio 2019 che egli tiene aggiornato il Ministro delle finanze Olaf Scholz sugli sviluppi del caso Wirecard. Ha inoltre avuto almeno due colloqui con il CEO di Wirecard Markus Braun, uno il 4 settembre, e uno il 5 o il 15 novembre 2019. Il ministero ha mantenuto segreto il contenuto dei colloqui; si dice anche che dopo la riunione di novembre non sia stato redatto alcun verbale [2]. Questa circostanza è ancora piu' controversa in quanto il BaFin, sotto il suo Presidente del Consiglio di Amministrazione, Kukies, anche solo per motivi formali, avrebbe dovuto continuare a tenere Wirecard sotto osservazione.

L'ingresso nel mercato cinese

Quel 5 novembre 2019 Wirecard registrava un successo strategicamente importante: il suo ingresso nel mercato cinese. Come annunciato dall'azienda bavarese, infatti, proprio quel giorno, era stato raggiunto un accordo per l'acquisizione dell'elaboratore di pagamenti cinese AllScore Payment Services, inizialmente all'80%; il restante 20% sarebbe stato acquisito due anni dopo. L'acquisizione completa è stata possibile solo dopo che Pechino, durante una visita del ministro delle Finanze Scholz nel gennaio del 2019, ha confermato che nell'ambito dell'iniziativa per il "Dialogo finanziario tedesco-cinese" avrebbe accolto le aziende tedesche "nel mercato cinese dei servizi di pagamento" - un passo verso una ulteriore apertura della Cina agli investimenti stranieri, come ripetutamente richiesto non solo dal governo tedesco. [3] È ancora più degno di nota il fatto che la parte tedesca abbia iniziato ad approfondire la collaborazione economica tramite una società le cui attività sono oggi considerate uno dei più gravi casi di truffa nella storia dell'economia tedesca e che, inoltre, ha rilevato proprio una società cinese già presa di mira dalle autorità cinesi a causa di numerose transazioni illegali, in particolare a causa della gestione dei pagamenti relativi al gioco d'azzardo, proibito in Cina. La AllScore Payment Services, come conseguenza, in aprile è stata condannata a pagare la più grande multa mai comminata fino ad oggi nel settore, pari a 9,3 milioni di dollari USA [4].



Accompagnato dalla Cancelleria

Sul lato tedesco, l'accordo era stato concretamente preparato non solo dal Ministero delle Finanze, ma anche dall'Ufficio della Cancelleria di Berlino (Kanzleramt) - su iniziativa di un ex ministro federale, ora attivo come lobbista: Karl-Theodor zu Guttenberg, il quale era già stato nel 2009 ministro federale dell'Economia, e dal 2009 al 2011 aveva poi rivestito il ruolo di ministro federale della Difesa, e che attualmente è a capo della società di consulenza Spitzberg Partners a New York, da lui fondata. Secondo quanto riportato dalla stampa, il collega di Guttenberg alla "Spitzberg Partners", Urs Gatzke, dal 2004 al 2013 responsabile per l'ufficio di Washington della Hanns-Seidel-Foundation (CSU), aveva chiesto per telefono e per e-mail al Ministero delle Finanze di informare gli uffici governativi responsabili di Pechino, dell'interesse di Wirecard ad entrare sul mercato cinese. La richiesta, si dice, era stata accolta nel giugno 2019 dal segretario di Stato Wolfgang Schmidt, il "più stretto confidente" di Scholz. [5] Il 3 settembre 2019, subito prima di un viaggio della Cancelliera tedesca nella Repubblica Popolare, Guttenberg ne aveva parlato personalmente con Angela Merkel. Successivamente, aveva informato via e-mail il più vicino consulente economico di Merkel, Lars-Hendrik Röller, in merito al previsto ingresso di Wirecard nel mercato cinese, chiedendo di avere delle "misure di accompagnamento" [6]. Nel frattempo, il governo federale ha ammesso: "la Cancelliera ha sollevato la questione dell'acquisizione di AllScore da parte di Wirecard durante il suo viaggio in Cina". L'8 settembre, dopo il ritorno della Cancelliera, Röller aveva scritto in una e-mail a Guttenberg, secondo quanto riferito da un portavoce del governo, che "l'argomento" era stato "sollevato durante la visita in Cina"; sarebbero state prese inoltre "ulteriori misure di accompagnamento" [7].


Evidentemente informata

La Cancelleria era evidentemente consapevole delle gravi accuse mosse nei confronti di Wirecard, accuse che avevano già portato a indagini da parte di una procura, non in Germania, ma a Singapore; e Singapore è uno dei Paesi in cui Wirecard aveva liberamente scelto di far parcheggiare i saldi miliardari a credito, saldi completamente inventati. Il 13 agosto la Cancelleria aveva anche ricevuto una richiesta dal suo ex funzionario Klaus-Dieter Fritsche, nella quale egli - come Guttenberg, attivo come lobbista di Wirecard - chiedeva un appuntamento per poter discutere dell'azienda di Aschheim. La Cancelleria aveva quindi richiesto informazioni più dettagliate su Wirecard al Ministero delle Finanze, informazioni ricevute via e-mail poi il 23 agosto [8]. In questa e-mail, il Ministero delle Finanze faceva anche riferimento alle "accuse già pubblicamente note nei confronti della società", conferma un portavoce del governo. Nei documenti ricevuti dalla Cancelleria in allegato all'e-mail del 23 agosto si parlava, tra l'altro, di "accuse di riciclaggio di denaro sporco e di manipolazione di mercato" - che tuttavia non sono state un ostacolo per Röller e Merkel nell'aprire la strada a Wirecard per poter entrare in Cina.

Jan Marsalek ricercato
Jan Marsalek ricercato



Contatti dei servizi segreti

Ci sono molte domande ancora aperte sul ruolo svolto da Fritsche nella vicenda. Dal 1996 al 2005, infatti, è stato vicepresidente dell'Ufficio federale per la protezione della Costituzione (Bundesamts für Verfassungsschutz, BfV), prima di diventare a fine 2005 coordinatore dei servizi segreti alla Cancelleria; a fine 2009 è passato poi al Ministero dell'interno come segretario di Stato, prima di tornare alla Cancelleria a inizio 2014 - ora come commissario per i servizi segreti federali. Ha ricoperto questa carica fino al suo pensionamento nel marzo 2018. Si dice anche che Jan Marsalek, la presunta mente dietro la frode di Wirecard, abbia avuto contatti intensi con i servizi segreti. A tal proposito, Stephan Thomae, vicepresidente del gruppo parlamentare della FDP al Bundestag e membro della Commissione parlamentare di controllo (PKG), responsabile per i servizi segreti, chiede che "in questo contesto" si "discuta" anche del "ruolo" avuto da Fritz nella vicenda. [9] Thomae chiede a tal fine una seduta speciale della PKG.

FPÖ e la difesa della costituzione

Si sa che Fritsche a inizio 2019 era stato ingaggiato dal Ministero degli Interni austriaco sotto la guida dell'allora ministro Herbert Kickl (FPÖ) come consulente per portare avanti "lo sviluppo" dell'Ufficio austriaco per la difesa della Costituzione [10]. Marsalek contemporaneamente, stando a quanto riferito, non solo conosceva l'ex leader del partito Heinz-Christian Strache, ma aveva anche incontrato più volte il suo allora intimo Johann Gudenus, e aveva stretti contatti con la FPÖ. Durante il mandato di Kickls al Ministero degli Interni austriaco, Marsalek aveva anche promosso un progetto; le ricerche della stampa lo identificano come uomo di collegamento che intercettava informazioni dall'Ufficio austriaco per la tutela della Costituzione e le passava alla FPÖ.[11] Non è stato ancora chiarito, tuttavia, se Marsalek abbia avuto contatti anche con Fritsche.



[1] S. dazu Der Fall Wirecard.
[2] Tim Bartz, Anne Seith, Gerald Traufetter: Finanzministerium sprach mit Wirecard-Chef über brisante Sonderprüfung. spiegel.de 15.07.2020.
[3] Joint Statement of the 2nd China-Germany High Level Financial Dialogue. Beijing, 18.01.2019.
[4] Zhang Yuzhe, Guo Yingzhe: Central Bank Imposes Another Record Penalty on Payment Provider. caixinglobal.com 08.05.2020.
[5] Der Mann, der vieles wusste. spiegel.de 24.07.2020.
[6] Eckart Lohse: In die Offensive. Frankfurter Allgemeine Zeitung 23.07.2020.
[7] Sven Becker, Rafael Buschmann, Nicola Naber, Gerald Traufetter, Christoph Winterbach, Michael Wulzinger: Kanzleramt setzte sich für Wirecard ein. spiegel.de 17.07.2020.
[8] Eckart Lohse: In die Offensive. Frankfurter Allgemeine Zeitung 23.07.2020.
[9] FDP beantragt Sondersitzung des Geheimdienstausschusses. spiegel.de 24.07.2020.
[10] Stefan Buchen: Rechtsabbieger: Der neue Job von Merkels Geheimdienstmann. daserste.ndr.de 07.03.2019.
[11] Anna Thalhammer: Flüchtiger Wirecard-Manager war geheimer FPÖ-Informant. diepresse.com 09.07.2020.


lunedì 27 luglio 2020

Il vero motivo della profonda disuguaglianza sociale in Germania

"In Germania ci sono poco meno di un milione di milionari, vale a dire circa l'1,5% di tutti gli adulti del paese. All'altro estremo, ci sono invece circa 16 milioni di cittadini che non hanno risparmi netti o sono addirittura indebitati. È giusto?", si chiede il grande economista tedesco Marcel Fratzscher, direttore del prestigioso DIW di Berlino, che su Die Zeit ci spiega perché la disuguaglianza sociale in Germania è così estrema. Da Die Zeit

disuguaglianza sociale in Germania

La distribuzione dei patrimoni privati in Germania è molto piu' disomogenea rispetto a quanto accade negli altri paesi europei. Nel commento precedente ho parlato di alcuni dati recenti, i quali ci mostrano come in Germania la ricchezza reale dei milionari sia molto più alta di quanto si pensasse e che di conseguenza, anche la disuguaglianza complessiva nella distribuzione dei patrimoni è molto più alta di quanto ipotizzato finora. Ciò che in Germania rende così insolita la distribuzione della ricchezza è il fatto che moltissime persone hanno pochi o nessun risparmio, oppure si trovano addirittura in una situazione di indebitamento netto. E per questa ragione devono necessariamente fare affidamento sullo Stato sociale. Hanno relativamente poca responsabilità personale e poco spazio di manovra per se stessi e per le loro famiglie - soprattutto ora, nella crisi causata dal coronavirus. Ma questa elevata disuguaglianza in termini di patrimonio è un problema? E per chi? Per rispondere, abbiamo bisogno di saperne di più sulla distribuzione e sulla natura di questa ricchezza. 

In Germania ci sono poco meno di un milione di milionari, vale a dire circa l'1,5% di tutti gli adulti del paese. All'altro estremo, ci sono invece circa 16 milioni di cittadini che non hanno risparmi netti o sono addirittura indebitati. È giusto? Molti studi dimostrano che noi tedeschi associamo la giustizia sociale principalmente con i risultati raggiunti e con un adeguato soddisfacimento dei bisogni. Per contro, la stragrande maggioranza dei tedeschi non considererebbe equa una distribuzione uniforme degli asset o del reddito. Ciò significa che molti considerano equo un elevato livello di ricchezza, se questo è dovuto essenzialmente alle prestazioni e al merito dell'individuo.

Un nuovo studio del DIW di Berlino ci mostra che i milionari in Germania hanno sei caratteristiche comuni: sono insolitamente molto spesso maschi, di mezza età o più anziani, non hanno un background migratorio, provengono dalla Germania occidentale, sono ben istruiti e spesso lavorano in proprio. Tre di queste caratteristiche sono molto compatibili con il principio del merito: se le persone si impegnano per raggiungere un buon livello di istruzione e formazione e corrono il rischio di mettersi in proprio (la maggior parte di coloro che ci provano poi fallisce, spesso anche più di una volta), allora il patrimonio sarà il risultato di una prestazione individuale. Inoltre, il fatto che le persone possano accumulare una fortuna solo nella mezza età o in vecchiaia sembrerebbe logico e di per sé non è ingiusto.

Ad essere problematiche sono invece altre 3 caratteristiche. Perché non c'è assolutamente nessuna buona ragione perché il genere, la provenienza geografica o il background migratorio di per sé - se si tralasciano tutti gli altri fattori di influenza rilevanti come l'istruzione - debbano influenzare il patrimonio o il reddito. Ci sono molti studi scientifici a dimostrare che queste tre caratteristiche giocano un ruolo determinante anche nel mercato del lavoro. Ma la ragione più importante delle grandi differenze patrimoniali in Germania è un'altra: la ricchezza ereditata.

ricchezza e povertà in Germania
Ricchezza e povertà in Germania



Le eredità in contraddizione con il principio del merito

Più della metà di tutta la ricchezza privata nella Germania di oggi, non è stata guadagnata o creata con le proprie mani, ma è frutto di eredità e donazioni. E questo contraddice con il principio del merito (e naturalmente con il principio della necessità). Infatti, solo poco più di una persona su tre eredita un patrimonio.

Sono soprattutto i milionari ad aver ereditato gran parte del loro patrimonio, di solito sotto forma di beni aziendali e immobili. Due terzi delle eredità fatte di società trasferite in esenzione d'imposta vanno agli eredi maschi, solo un terzo agli eredi di sesso femminile. Il 41 % del patrimonio dei milionari è costituito da immobili, il 43 % da attività commerciali. Al contrario, le persone con pochi beni di solito non possiedono una casa di proprietà, hanno pochi risparmi sul loro conto e forse neanche un'auto. Gli adulti nella metà inferiore della distribuzione della ricchezza, in Germania hanno in media una ricchezza netta di circa 3.600 euro.

Per molti un'eredità è una grande fortuna. Significa sicurezza, apre nuove opportunità professionali oppure la possibilità di continuare le vecchie tradizioni familiari. Soprattutto per le famiglie piu' giovani nelle grandi città, un'eredità a volte è l'unica possibilità per potersi permettere un buon appartamento in una buona posizione. Non deve quindi sorprendere che i sondaggi mostrano chiaramente che molti tedeschi sono contrari ad un aumento dell'imposta di successione.

Qui sorgono tuttavia due problemi fondamentali. Da un lato, le grandi eredità pagano un'imposta di successione notevolmente inferiore rispetto a quelle relativamente più piccole. In caso di successione, inoltre, i beni aziendali per lo più non vengono tassati. Questo spiega anche perché, prima della riforma dell'imposta sulle successioni, i tedeschi con più di 20 milioni di euro di eredità pagavano meno del 2% di imposta di successione, mentre le persone con una eredità fino a 500.000 euro pagavano più del 10%.

La riforma delle successioni può aver ridotto un po' questo problema, che tuttavia è ben lungi dall'essere risolto. Prima o poi la questione dell'imposta di successione diventerà il pomo della discordia nel dibattito politico tedesco. Una radicale semplificazione dell'imposta di successione, ad esempio un'imposta del 10% su tutti i patrimoni, dopo le necessarie esenzioni, e senza eccezioni, sarebbe una soluzione saggia che verrebbe probabilmente percepita dalla società come equa.

Il secondo problema fondamentale è che molte persone con un basso reddito, poca istruzione e poche opportunità non hanno la fortuna di poter incassare un'eredità, ma dipendono completamente dal sistema della sicurezza sociale dello Stato. Lo Stato sociale tuttavia è una polizza assicurativa che protegge le persone dai rischi come la malattia o la disoccupazione, non uno strumento per lo sviluppo delle persone.

Il problema centrale: la mancanza di pari opportunità

Se le eredità sono così importanti, perché allora non dovrebbero essere tutte le persone ad avere la fortuna di ricevere un'eredità? L'idea di un'eredità come opportunità per la vita, che ho ripreso qualche tempo fa in questa rubrica, darebbe a ogni giovane un'eredità di 30.000 euro al completamento della propria formazione. Questi soldi potrebbero poi essere utilizzati liberamente da chiunque, ad esempio per un cambio di carriera, per un periodo di congedo dal lavoro per occuaparsi dei parenti o per altri compiti socialmente importanti.

La mancanza di giustizia sociale percepita da molti in Germania, non riguarda tanto il fatto che in pochi possiedono molti beni, ma che molti abbiano così poco. Il problema centrale è e rimane che non ci sono pari opportunità: durante la loro vita lavorativa, molte persone non hanno neanche la possibilità di costruirsi un piccolo patrimonio e di poter programmare la propria vita al di là degli aiuti dello stato sociale. Eppure il denaro e l'indipendenza, come mostrerò nel prossimo commento, rendono le persone senza dubbio piu' felici.



sabato 25 luglio 2020

Intervista ad Hans Werner Sinn sul Recovery fund

Il grande economista tedesco Hans Werner Sinn, ormai in pensione, intervistato da Handelsblatt, ci spiega il suo punto di vista sul Recovery fund e la crisi economica post-coronavirus. Da Handelsblatt.de


Professor Sinn, quasi tutti i partecipanti e gli osservatori si sono dichiarati soddisfatti per l'esito del recente vertice UE e per l'accordo raggiunto sul Recovery Fund. Anche Lei?

Sì, lo sono. I Paesi particolarmente colpiti dall'epidemia, come l'Italia, meritano la solidarietà degli altri membri. E alla fine possiamo dire che i partecipanti al vertice UE hanno deciso all'unanimità in favore di un fondo per la ricostruzione. E questo è un bene, perché quando si tratta di decidere su tali trasferimenti, nessuno dovrebbe essere messo in minoranza. Ma mi sarebbe piaciuto ancora di più se ogni Paese avesse potuto decidere da solo quanto era necessario donare ai Paesi bisognosi dell'Unione Europea, come l'Italia ad esempio

Con il passare degli anni sta diventando forse piu' buono? Nel suo libro, ancora una volta si scaglia contro l'idea che gli aiuti per fronteggiare il coronavirus possano essere lo strumento per avviare un'unione di trasferimento nella quale i paesi del Nord diventano corresponsabili per i debiti degli Stati del Mediterraneo.

Trovo che gli aiuti in sé siano ragionevoli e giusti. Sono più preoccupato per i vari aspetti collaterali che invece non erano necessari, come l'emissione di debito comune e il finanziamento di questi debiti tramite la stampante della Banca Centrale Europea (BCE). La condivisione del debito porterà inevitabilmente i partecipanti a indebitarsi piu' di quanto altrimenti non avrebbero mai fatto, perché ritengono che questi debiti alla fine saranno a carico della collettività.

Non c'è un'idea ragionevole dietro l'emissione di debito comune? Grazie alla responsabilità condivisa sul debito, tutti i Paesi dell'UE potranno contrarre dei prestiti ad un tasso d'interesse molto basso per finanziare investimenti che porteranno a una crescita maggiore. Con la ricchezza supplementare generata, i debiti potranno essere ripagati con facilità.

La prego, sappiamo bene che questa è solo una pia illusione. Quella della crescita economica è una bella storia da raccontare in pubblico, ma niente di più. È vero che gli aiuti regionali dell'UE possono ridurre in qualche modo le differenze in termini di tenore di vita. Ma ci sono studi in materia che dimostrano che questi aiuti non migliorano le caratteristiche strutturali dell'economia locale. In ogni caso, i trasferimenti fanno in modo che nei paesi beneficiari si sviluppino artificialmente dei salari superiori rispetto a quelli che normalmente le aziende del settore manifatturiero potrebbero sostenere.


Secondo lei come dovrebbero essere ripagati i debiti fatti durante il periodo del coronavirus?

In nessun caso attraverso la stampante della BCE. La base monetaria, ossia la massa monetaria della banca centrale, era già cresciuta drammaticamente dopo la crisi finanziaria. Al momento ci troviamo in una trappola della liquidità a tasso zero. Il denaro invece di essere speso o prestato viene accumulato. Questo è il motivo per cui negli ultimi dieci anni, dall'inizio dell'eurocrisi, non abbiamo avuto inflazione e anche al momento non ce ne è traccia. Ma le cose un giorno potrebbero cambiare.

In che modo?

Quando l'epidemia sarà finita e l'ottimismo tornerà a diffondersi, potrebbe esserci una ripresa economica globale che spingerà i prezzi al rialzo. Il prezzo del petrolio potrebbe tornare a crescere e innescare una spirale salariale. Qualunque sia il motivo dell'aumento dei prezzi, quando arriverà, la BCE avrà difficoltà a tirare di nuovo le redini. Entro la fine di quest'anno avremo una base monetaria di oltre cinquemila miliardi di euro. Di questi 5 trilioni, almeno 4 sono superflui, perché ai tempi della crisi Lehman, quando le dimensioni dell'economia non erano inferiori ad oggi, era stato sufficiente poco meno di un trilione. Come intendono ritirararli? In pratica non accadrà, perché o si mettono le banche nei guai a causa del crollo del valore dei titoli di stato nei loro bilanci, oppure gli Stati si troveranno in difficoltà finanziarie.

Non solo la BCE, ma anche la Fed americana e la banca centrale giapponese stanno stampando moneta allo stesso modo. In nessuna delle aree economiche però abbiamo avuto inflazione.

Ancora una volta: la politica monetaria in una trappola della liquidità non è inflazionistica. L'inflazione arriva al di fuori della trappola della liquidità.

Quindi, secondo lei, in tutti i paesi in cui le banche centrali seguono un principio simile a quello dell'eurozona, gli Stati Uniti e il Giappone, si trovano in una trappola della liquidità?

Si', esatto.

Ma gli Stati Uniti, prima dello shock causato dal coronavirus, hanno avuto la più grande ripresa degli ultimi decenni, eppure non c'era stata alcuna inflazione di cui preoccuparsi.

Gli Stati Uniti infatti stavano uscendo dalla trappola della liquidità. L'inflazione aveva già ricominciato a salire nei mesi precedenti la crisi del coronavirus. Per questo motivo la Fed recentemente aveva anche cercato di ridurre la massa monetaria. Con il coronavirus, però, gli Stati Uniti si sono trovati di nuovo in una trappola della liquidità.

La trappola della liquidità di solito comporta l'accumulo di denaro. Come si concilia con il fatto che le quotazioni di borsa negli USA si stanno già avvicinando a dei nuovi livelli record?

Anche questo è il risultato di un eccesso di liquidità. Nella trappola della liquidità, i tassi d'interesse e i rendimenti da dividendo sono bassi e i prezzi elevati.

C'è stato davvero qualcosa fra le conseguenze economiche del coronavirus che come economista l'ha sorpresa?

Sì, stiamo assistendo a un nuovo tipo di crisi. Di solito si distingue tra shock della domanda e dell'offerta. La crisi causata dal coronavirus non è né l'una né l'altra.

Che cos'è allora?

Abbiamo a che fare con un divieto e un blocco delle transazioni economiche che non era mai accaduto prima. L'essenza di questa crisi è che lo Stato giustamente ha seguito i consigli degli epidemiologi e ha impedito alle persone di entrare nei negozi e nei ristoranti. Ha anche chiuso le frontiere. La gente voleva consumare e le imprese volevano rifornire i negozi, ma a causa dei divieti di contatto, la domanda e l'offerta non si potevano incontrare. Di conseguanza non aveva alcun senso prendere misure di stimolo lanciando un pacchetto di stimolo. Ora il blocco è finito e l'economia sta ripartendo da sola. Purtroppo, però, in Germania si è formata una mentalità del "Whatever-it-takes", e sulla scia del coronavirus ogni politico cerca di portare avanti il suo progetto politico preferito e spesso costoso.

Al contrario, il suo giudizio nei confronti dei pacchetti di salvataggio per le aziende è sorprendentemente positivo

È giusto salvare le aziende che hanno dei modelli di business validi e che si trovano nei guai solo a causa dell'epidemia.

E lei si fida dello Stato per fare questa distinzione?

No, lo Stato non può farlo e deve quindi accettare di poter salvare anche le aziende che non lo meritano. Nel frattempo, lo stato ha già fatto troppo ed è stato già troppo generoso. Tutto quel denaro sta facendo sì che molte aziende e molte imprese per un po' di tempo si riposino invece di lottare per andarsi a cercare dei nuovi clienti. La "pulizia generata dalla crisi" ipotizzata da Joseph Schumpeter, non sta accadendo

Ritiene che aiutare le aziende ritardi quel cambiamento strutturale che in Germania sarebbe effettivamente necessario?

Anche quello. Ma è difficile trovare il giusto equilibrio tra il "salviamo tutti" e il "non salviamo nessuno".

Herr Sinn, la ringrazio per l'intervista.





venerdì 24 luglio 2020

Il Recovery Fund secondo Jörg Meuthen

"Chi se ne frega dei trattati europei, se poi con l'amichevole supporto della Cancelliera, la Germania potrà essere munta ancora per generazioni" scrive Jörg Meuthen, leader di AfD, commentando l'accordo sul Recovery Fund, che evidentemente non deve essergli piaciuto piu' di tanto. Dal profilo FB di Jörg Meuthen


Cari lettori, dopo il disastro del vertice UE l'adulazione non conosce limiti: ovunque si parla solo di "vincitori".

Ma tutti sanno bene che quando si parla di soldi, non ci possono essere solo dei vincitori - nel gioco a somma zero del bilancio UE, ci devono essere inevitabilmente anche dei perdenti, cioè quegli stupidi che come delle laboriose e sottomesse api operaie, senza batter ciglio devono pagare per il comportamento degli altri paesi.

Quello che sta succedendo nell'UE semplicemente è folle: vengono calpestati i principi fondamentali del diritto e dell'economia al fine di introdurre una socializzazione del debito europeo che espropria i cittadini laboriosi e parsimoniosi per realizzare le fantasie di esproprio di alcuni ideologi pigri e ben pagati - e i loro fedeli paladini sui media celebrano la "Cancelliera senza fine" sulla strada che, lei spera, dovrebbe portarla direttamente nei libri di storia.

Celebrano Merkel, ad esempio, perché sarebbe riuscita a "tirar fuori" mezzo miliardo in più per lo sviluppo delle aree rurali.

Un successo davvero epocale per Merkel: in un budget europeo gigantesco pari a 1,074 trilioni di euro, nel quale la Germania è di gran lunga il maggiore contribuente (e dal 2021 ci saranno altri dieci miliardi all'anno in piu'!), agli agricoltori tedeschi spetterà solo un ridicolo 0,047 %. Definire questo come un grande successo significa solo voler ingannare deliberatamente la gente, che ovviamente continua ad essere presa in giro da questi media.

Non una parola invece sul fatto che una incredbile quantità di ricchezza pari a 133 miliardi di euro (oltre ai nostri normali pagamenti nel bilancio dell'UE!) sarà trasferita fuori dalla Germania (ne ho parlato ieri in questa sede).


E non una parola sull'evento "epocale" vero e proprio: cioè la rottura della diga che fermava la messa in comune del debito nell'UE.

D'ora in poi, quindi, cari lettori, tutti noi in Germania saremo responsabili per quell'orgia di denaro sprecato un po' ovunque in tutta l'UE. "Finalmente" avremo gli eurobond, anche se ora avranno solo un nome leggermente diverso.

Questo è il vero "evento epocale" di questo vertice, e per questa ragione Macron ha parlato di un "accordo di dimensioni storiche" e che "dall'introduzione dell'euro in Europa non c'erano stati altri progressi comparabili".


Ci si chiede se qualcuno nell'UE sia ancora interessato a ciò che è scritto nei trattati di questo mostro burocratico chiamato UE - permettetemi di ricordarvi i due più importanti in materia di debito:

Art. 311 del TFUE: Divieto di indebitamento dell'UE

Art. 125 TFUE: Divieto di assunzione dei debiti di altri paesi



Ma chi se ne frega dei trattati europei se poi con l'amichevole sostegno della Cancelliera, la Germania potrà essere munta per generazioni

La "solidarietà" ci è stata chiesta - si badi bene, da Paesi i cui cittadini sono mediamente più ricchi dei tedeschi. Se si vuole proprio scomodare il concetto di solidarietà, allora si sarebbe potuto suggerire a Italia, Spagna o Francia, ad esempio, di adeguare le loro pensioni, relativamente più generose, al livello notevolmente più basso di quelle tedesche.

Si sarebbe potuto discutere anche del tema della durata della vita lavorativa, perché in Francia, ad esempio, nessuno può immaginare di lavorare oltre il suo sessantesimo compleanno.

Ma cosi' questi paesi potranno continuare a fornire ai loro cittadini prestazioni sociali a debito, e noi tedeschi d'ora in poi saremo chiamati a risponderne. Che forma di perversione dell'ideale europeo!



E che forma di disprezzo per gli interessi dei propri cittadini, che però viene gentilmente nascosta da una parte non trascurabile dei media tedeschi - parti della verità potrebbero sconvolgere i cittadini.

Roland Tichy su questo evento inaccettabile e addirittura "epocale" ha pubblicato un articolo che merita di essere letto, ne citerò alcune frasi:

"Gli Stati dell'UE d'ora in poi saranno chiamati a garantire, soprattutto la Germania come partner più forte e paese con il rating creditizio piu' alto. È come in una fila di villette a schiera, dove il proprietario di una casa si indebita ma è il vicino a dover pagare. È un'ottimo affare per il debitore: si costruisce una casa piu' grande e piu' bella, con piastrelle di ottima qualità - tanto paga il vicino. Così la responsabilità nazionale viene eliminata e spostata a Bruxelles, e da li' poi viene rivendicata da Berlino. Lasciate che siano i tedeschi a risparmiare, sono ovviamente troppo stupidi per spendere soldi. […]

Perché risparmiare sulla propria popolazione, per essere poi generosi altrove? Facciamo come i greci, che offrono ai loro studenti la mensa gratuita; o come gli italiani, che evadono le tasse e con i soldi risparmiati investono nei loro immobili; facciamo come i francesi, che quando gli si parla di andare in pensione a 70 anni sono increduli. Nessuno lavora oltre i 60 anni in quel paese […]

Il prezzo che la Germania deve sostenere per essere l'àncora di stabilità dell'UE viene pagato dai contribuenti attraverso delle tasse molto elevate, dai risparmiatori attraverso i tassi di interesse a zero, dai beneficiari di prestazioni sociali e dai lavoratori a salario minimo con dei salari relativamente bassi rispetto al resto d'Europa. […]

Alla fine, valgono sempre le leggi dell'economia - una comunità di Stati che vive economicamente al di sopra dei propri mezzi e che è finanziata solo dalla macchina stampa-soldi, alla fine è inevitabilmente condannata a fallire.

Le torri sempre piu' alte del debito dell'UE a un certo punto crolleranno e seppelliranno sotto di sé la macchina per la redistribuzione di Bruxelles. Merkel e i suoi uomini probabilmente se ne sono resi conto in tempo. Dopo di me il diluvio, sembra essere il suo motto. Non si può impedire a questa generazione di politici europei, sia a Bruxelles che a Berlino, di distruggere l'UE. "L'irragionevolezza non conosce freni".


Questa irragionevolezza in effetti distruggerà le fondamenta dell'Unione europea, e lungo questo tragitto una parte considerevole della restante prosperità tedesca verrà spesa in altri paesi.

La responsabilità di questa insensata rinuncia alla nostra prosperità ha fondamentalmente due nomi : Angela Merkel e Ursula von der Leyen.

È giunto il momento di smetterla di regalare parte della nostra ricchezza. E' giunto il momento di porre fine della disastrosa amministrazione di Merkel e von der Leyen. E' il momento per #AfD.





giovedì 23 luglio 2020

Il Recovery Fund era già pronto?

Nel dicembre del 2019 il  professore Harald Benink (olandese) su Handelsblatt proponeva per l'Italia e gli italiani la strategia del bastone e della carota: un piano quinquennale di investimenti per convincere l'opinione pubblica dello stivale ad accettare le solite riforme strutturali altrimenti molto difficili da digerire. Secondo Benink questa pioggia di soldi europei avrebbe dato la possibilità ai governanti italiani di spiegare ai loro elettori che l'Europa non è solo austerità e riforme strutturali, ma anche solidarietà. Il Covid-19 potrebbe essere stata l'occasione buona per tirare fuori dal cassetto un piano già pronto.  Il professor Harald Benink su Handelsblatt.


Gli ultimi mesi nella politica italiana sono stati alquanto turbolenti. Per rafforzare la leadership politica e sostenere i mercati finanziari europei, è nato un nuovo governo, senza la Lega di Matteo Salvini. Il leader della Lega chiedeva infatti nuove elezioni per poter diventare lui stesso il primo ministro.


Ma la fase di stabilità politica potrebbe non durare a lungo. L'Europa non dovrebbe farsi sfuggire l'occasione e dovrebbe invece tendere una mano all'Italia per trovare un accordo generale.

L'Unione europea si trova in una situazione critica. Da un lato, l'avvicinarsi della Brexit crea nuove incertezze sulle relazioni future con la Gran Bretagna, dall'altro, a causa dei problemi economici e finanziari, in Italia presto potrebbe svilupparsi una nuova crisi ancora più grande. La situazione attuale dovrebbe essere utilizzata per ripensare l'instabile situazione economica, finanziaria e politica europea.


E' necessario circoscrivere le dinamiche negative del discorso politico. E ciò è particolarmente vero per la maggioranza della popolazione in alcuni paesi dell'UE, che vede il progetto europeo come una minaccia, più che come un'opportunità.

E ciò è particolarmente evidente in Italia. Essendo fra i membri fondatori dell'UE, il paese sta vivendo con difficoltà l'allontanamento e la mancanza di solidarietà nella governance dell'eurozona e nella gestione dell'immigrazione, in particolare da parte dei paesi dell'Europa settentrionale come Germania e Paesi Bassi. Ciò ha portato i partiti populisti ad essere ancora più popolari.

È ovvio che in Italia ci sono dei problemi strutturali ed economici. E questi riguardano soprattutto la mancanza di drastiche riforme strutturali nel mercato del lavoro e dei servizi, nella riscossione delle imposte e nel sistema pensionistico. Per troppo tempo il paese ha rinviato le riforme necessarie, e in questo modo ha ridotto la sua competitività e il suo potenziale di crescita di lungo periodo.

La politica della BCE non ha creato gli incentivi

Allo stesso tempo le politiche dell'UE spesso non sono state adeguate. Da un lato la politica monetaria della BCE ha mantenuto i tassi di interesse sui titoli di stato italiani a un livello molto basso, senza pretendere delle condizioni speciali.

Questi bassi tassi di interesse hanno ridotto gli incentivi per la realizzazione delle necessarie riforme economiche di vasta portata. D'altro canto le regole del Patto di stabilità e crescita dell'UE sono vincolanti e presto potrebbero portare a delle multe nei confronti dell'Italia, che a loro volta finirebbero per peggiorare ulteriormente la dinamica politica.

È giunto il momento di stringere un grande accordo fra Italia ed UE per migliorare la situazione politica. E ciò richiede un piano d'azione economico e politico per i prossimi cinque anni che metta in collegamento un'agenda dettagliata per le riforme economiche e strutturali da realizzare con dei potenziali investimenti europei.

L'idea di base è che per ciascuno dei cinque anni siano previsti passi concreti sul piano normativo e nell'attuazione delle riforme. Alla fine di ciascuno di questi cinque anni, si dovrà quindi verificare se l'Italia ha attuato le misure concordate. In caso positivo l'Italia potrebbe essere premiata con ingenti investimenti dell'UE, in particolare nei settori come le infrastrutture e l'economia della conoscenza.

C'è molto in ballo

Un simile approccio fatto di carota e bastone non è mai stato provato prima. Ciò cambierebbe il discorso politico e darebbe la possibilità alla leadership politica italiana di spiegare ai propri elettori che l'Europa non solo richiede difficili riforme economiche e disciplina di bilancio, ma agisce anche in maniera solidale sotto forma di investimenti. E questo potrebbe promuovere l'accettazione politica di misure anche difficili da parte dell'elettorato.

La sfida è quella di prevenire un'escalation della crisi politica tra Italia ed Europa. Tale escalation potrebbe portare a una crisi di fiducia nell'affidabilità creditizia del debito italiano e nelle banche del paese che hanno investito pesantemente in titoli di stato.

Date le dimensioni dell'economia italiana e, soprattutto, dato l'enorme debito pubblico, una crisi in Italia molto probabilmente porterebbe a una grave crisi bancaria e finanziaria nel resto d'Europa, fatto che avrebbe anche enormi conseguenze sul futuro dell'euro.

È quindi importante che il nuovo presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e il nuovo presidente della BCE, Christine Lagarde, approfittino del momento per concludere con l'Italia un Grand Dearl. C'è molto in ballo ed è urgente un nuovo approccio.

mercoledì 22 luglio 2020

Heiner Flassbeck - Perché la Francia non è la Germania

Per Heiner Flassbeck i francesi non devono raccontarsi menzogne pensando di poter fare come i tedeschi, vale a dire risanare le proprie finanze pubbliche impoverendo i vicini a colpi di avanzi commerciali. Chi conosce i saldi settoriali del paese sa che alla Francia questa strada è preclusa, e che pertando l'unica possibilità concreta per uscire dalla trappola del debito post-corona sarà quella di cambiare le stupide regole europee. Una riflessione molto interessante del grande economista tedesco Heiner Flassbeck da Makroskop.de


François Villeroy de Galhau, il presidente della Banca centrale francese, ha scritto una lunga lettera ai suoi Presidenti nella quale illustra la situazione economica francese e sottolinea le sfide che la politica parigina dovrà affrontare nel lungo periodo in merito al debito pubblico e nel quadro dell'unione monetaria. 


La lettera ovviamente è pensata per essere un avvertimento. Sebbene la Banque de France ammetta che nella crisi causata dal Coronavirus sia la politica monetaria che quella fiscale hanno dovuto adottare delle misure anticicliche di ampia portata per evitare il crollo dell'economia, afferma anche che dopo la crisi (dal 2022) sarà necessario intraprendere l'azione opposta. Lo Stato quindi, scrive Villeroy-Galhau, per limitare entro un decennio il debito contratto nel periodo del Coronavirus, dovrà iniziare a ''stabilizzare'' la spesa pubblica. 

Un confronto con la Germania: a cosa serve? 

Probabilmente per illustrare quanto fosse preoccupante lo stato delle finanze pubbliche francesi già prima della crisi del Coronavirus, il Presidente della Banque de France ha voluto aggiungere alla lettera un grafico che confronta Francia e Germania, e nel quale la Francia ovviamente va molto male (Figura qui sotto come l'originale dalla lettera). Nel grafico viene confrontato il debito pubblico in percentuale del PIL per Francia e Germania e per l'unione monetaria nel suo complesso. Il grafico è davvero rivelatore, ma in un senso completamento opposto rispetto a quello proposto dagli autori della lettera. 


In effetti, come sottolinea anche Banque de France, dal grafico si può notare che fino alla fine della crisi finanziaria del 2008/2009, il debito pubblico tedesco e quello francese si sono sviluppati più o meno allo stesso modo. È solo a partire dal 2010 che la Francia ''si stacca'' dalla Germania e cresce senza interruzioni, mentre la Germania ''riesce'' a spingere il suo debito al di sotto della soglia del 60% richiesta dai trattati dell'unione monetaria. È anche interessante notare che Banque de France ritiene che la Germania subito dopo il 2020 possa iniziare a ridurre immediatamente il suo debito allo stesso ritmo con cui l'ha fatto dopo il 2010, mentre la Francia può solo stabilizzarlo all'altissimo livello del 120%. 


Non c'è un macroeconomista alla Banque de France? 

Ci si chiede come è possibile che un'istituzione così importante possa aver fatto un'analisi così assurda e averla poi inviata al Presidente della Repubblica. L'unica cosa che mostra il grafico qui sopra è il fatto che la Germania ha utilizzato il suo enorme surplus di conto corrente con l'estero per consolidare il suo bilancio nazionale. 

Al dipartimento economico della Banque de France non sanno forse che in tutte le economie del mondo quando l'intero settore privato (cioè le famiglie e le imprese) sono dei risparmiatori netti, esiste un legame molto semplice e del tutto innegabile tra il bilancio di uno Stato e il saldo delle partite correnti? Perché il debito pubblico degli Stati Uniti, il paese modello del capitalismo, è aumentato così tanto dopo la crisi finanziaria? Come la Francia, anche gli Stati Uniti hanno un deficit delle partite correnti. 

Di recente ho scritto che il presidente della Bundesbank preferisce tacere sui saldi settoriali, anche se la Bundesbank li calcola da decenni. Si può almeno capire perché il signor Weidmann, per ragioni ideologiche non voglia parlare né dell'eccedenza di conto corrente tedesca né del fallimento del settore delle aziende tedesche. Ma cosa impedisce al suo omologo francese di evidenziare almeno le eccedenze delle partite correnti confrontandole con quelle tedesche? È davvero solo ignoranza? 

Le regole europee sul debito sono superate 

I saldi settoriali francesi (grafico qui sotto), su di un arco di tempo molto lungo, mostrano con chiarezza che per la Francia quasi certamente dopo la crisi causata dal Coronavirus sarà impossibile ridurre il suo debito pubblico. Non ci saranno cambiamenti nel tasso di risparmio delle famiglie (già di per sé non molto elevato), né nel fatto che da trent'anni le aziende francesi non fanno più quello che ci si aspetta da loro, cioè prendere a prestito denaro per investire. Il fatto che la Banque de France, alla luce di questa situazione presente fra le imprese, metta anche in evidenza che il debito lordo del settore aziendale francese "sia cosi' alto", è quasi imbarazzante. 


Un mondo come quello che abbiamo avuto dal 1960 fino all'inizio degli anni '80, quando le aziende erano in tutta evidenza i debitori più importanti e lo Stato riusciva a cavarsela facendo poco nuovo debito, è un ricordo del passato. E' una storia che durerà tanto a lungo, almeno fino a quando ci sarà il neoliberismo a governarci. Poiché le possibilità della Francia di realizzare una significativa inversione di tendenza nel commercio estero e di ottenere un avanzo di conto corrente sono attualmente nulle, l'unica opzione logica è che lo Stato tenga a galla l'economia facendo sempre piu' debito. 

E questo vale indipendentemente da quanto sarà alto il livello di indebitamento alla fine della crisi da Coronavirus. Un fatto confortante per la Francia: sarà inevitabile anche per la Germania. E questo sarebbe un argomento per un'iniziativa franco-tedesca. Mano nella mano, i due paesi dovrebbero mettere in discussione dalle fondamenta le regole europee sul debito secondo il motto: regole impossibili da rispettare, non devono essere rispettate.