La difesa del potente settore finanziario tedesco
Il governo federale ha insistito per il rimborso possibilmente completo dei debiti sud Europei e difeso gli interessi della potente industria finanziaria tedesca. Deutsche Bank, sotto il suo capo di allora Josef Ackermann, ha plasmato la politica dei salvataggi bancari e la gestione della crisi del governo federale, riuscendo a guadagnare tempo per ridurre l'esposizione verso gli stati in crisi come Grecia o Irlanda.
Da tempo i Ministeri federali di Berlino ricorrono alla consulenza dell'industria finanziaria, anche perché le competenze degli stessi ministeri non sono sufficienti : "Per decenni le competenze specifiche sono state ridotte; lo stato è rimasto fuori dall'economia, ha trionfato l'ideologia dominante", scrive il giornalista Wolfgang Storz:
"Oggi il Ministero dell'Economia è un guscio vuoto. Il Ministero delle Finanze, senza l'aiuto esterno (e gli interessi legati) degli studi legali, non sarebbe in grado di creare una sola legge sul mercato finanziario"
Sempre secondo Storz, "il Ministro delle finanze Schäuble nel 2011 ha avuto delle serie difficoltà nel coprire importanti posizioni all'interno del suo ministero. Il Dipartimento per la Politica Europa e quello per gli Affari monetari internazionali sono rimasti per mesi senza un capo". In parole semplici, l'influenza dell'industria finanziaria sulla politica è molto grande.
Con l'imposizione delle politiche di austerità, il governo federale ha agito a difesa degli interessi del mondo industriale e finanziario, tedesco ed europeo. Questo corso politico è tuttavia coerente con le posizioni della coalizione di governo berlinese. Gli obblighi di risparmio degli stati europei in chiave morale sono il segno della colpa, di cui si loda la dolorosa purificazione attraverso l'autolimitazione.
La narrativa nazionale moralizzante.
Chi "ha vissuto al di sopra dei propri mezzi", ora dovrà "tirare la cinghia". Ecco perché fino ad ora è stata negata una messa in comune del debito, ad esempio attraverso gli Eurobond. In questo modo, sempre secondo la narrativa dominante, i "laboriosi tedeschi" hanno dovuto garantire "per i pigri sud-europei".
Con la sua interpretazione moralista della crisi, il governo ha finito per danneggiare se stesso. Nella Repubblica federale è sempre piu' diffusa l'immagine della Germania "ufficiale pagatore d'Europa", anche perché le responsabilità tedesche nella crisi non sono state sufficientemente dibattute, né dalla coalizione di governo né dall'opposizione.
Le campagne mediatiche contro i paesi beneficiari, come la Grecia, oppure le narrazioni in cui la garanzia debitoria tedesca viene presentata come una reale uscita finanziaria ed esagerata nelle sue dimensioni, rafforzano questa rappresentazione. A causa di questo clima - in parte creato dal governo - è diventato sempre piu' difficile riuscire ad ottenere la maggioranza per ulteriori crediti ai paesi partner.
L'autopercezione dell'ufficiale pagatore
La Germania è diventata quindi prigioniera della sua stessa ideologia e il governo ha fatto il possibile per evitare ogni dibattito sulla futura forma dell'Unione: una qualsiasi forma di stato federale porterebbe con sé un trasferimento delle entrate fiscali fra i paesi membri. Una tale forma di solidarietà istituzionalizzata fra i paesi europei, il governo federale potrebbe rivenderla ai suoi elettori, solo se accompagnata da rigidi meccanismi di risparmio applicati a tutti gli stati EU.
L'autopercezione di ufficiale pagatore è tanto piu' impressionante perchè è propio la Germania - almeno nel breve periodo - ad aver ottenuto dei vantaggi dalla crisi. Non solo il governo federale ha guadagnato un accresciuto peso politico ed economico in Europa, ma il debole corso dell'Euro durante la crisi ha reso l'export tedesco ancora piu' economico. Inoltre, il bilancio del governo federale ha avuto grandi vantaggi finanziari. Gli investitori chiedono tassi alti per i titoli sud-europei, considerati troppo rischiosi, e fuggono verso porti sicuri come la Germania. Per un lungo periodo il governo è riuscito a piazzare i suoi titoli a tasso zero, e nel gennaio 2012, per la prima volta nella storia, ad un tasso negativo.
Gli investitori hanno addirittura pagato per poter prestare denaro alla Germania. Nel complesso il governo federale si è potuto rifinanziare ad un tasso decisamente piu' basso rispetto agli anni precedenti. Tra il 2009 e il 2011 sui titoli a 2 anni ha pagato in media l'1.11 % - contro una media del 3.42% nei 9 anni precedenti.
I tassi sui Bund a 10 anni si sono mossi nello stesso modo: negli anni prima della crisi sono stati in media del 4.27%, tra il 2009 e il 2011 il valore medio è stato del 2.91 %. Con un tasso d'interesse uguale a quello fra il 2000 e il 2008, sulle obbligazioni emesse fra il 2009 e il 2011, la Repubblica Federale avrebbe dovuto pagare 45 miliardi di Euro di interessi in piu'. Il governo ha reagito a questa situazione favorevole sui mercati emettendo piu' debito.
Il potere della Cancelliera
Mentre il lavoro intergovernativo europeo ha favorito l'egemonia tedesca, nella Repubblica federale ha condotto ad un rafforzamento dell'esecutivo Merkel, e soprattutto della Cancelliera. Merkel in Germania è diventata sempre piu' presidenziale. "Il potere nella CDU di oggi si concentra nell'ufficio della Cancelliera. Tutti i ministri sono direttamente dipendenti da lei", cosi' dice Josef Schlarmann (CDU), presidente dell'Associazione delle medie imprese e da sempre critico verso Merkel. Nell'agosto 2012 diceva: "Non c'è piu' un dibattito approfondito, nella CDU di Frau Merkel tutto é presentato come privo di alternative".
Al Bundestag sempre piu' spesso viene lasciato solo un ruolo di ratifica degli accordi che i capi di governo europei hanno già firmato. Cio' mette la coalizione di governo sotto una forte pressione, perché una bocciatura degli accordi siglati a livello internazionale, metterebbe la Cancelliera in difficoltà sullo scenario europeo. Inoltre i deputati spesso si trovano a decidere con poco tempo a disposizione, a volte per le temute reazioni dei mercati finanziari, altre invece perché è il governo ad averlo deciso a tavolino.
Cosi' i parlamentari hanno dovuto votare, senza che i documenti e gli allegati tecnici, centinaia di pagine, potessero essere analizzati e se necessario modificati. Il governo ha anche direttamente ostacolato il Bundestag, ad esempio con la mancata trasmissione ai deputati di alcuni documenti sul fondo ESM. La Corte costituzionale si è pronunciata sul tema sostenendo che il governo in quel caso aveva violato i diritti del Parlamento.
La Linke è il solo partito di opposizione
Sulle questioni decisive c'è un ampio consenso fra la CDU/CSU, FDP, i Verdi e la SPD. I Socialdemocratici e i Verdi si comportano come partiti di governo in attesa, non formulano nessuna alternativa di fondo alla politica europea del governo federale e al Bundestag spesso votano insieme alla coalizione di governo. Il solo partito di opposizione è la Linke. A questi si aggiungono singoli parlamentari di altri partiti: sempre piu' Euroscettici ed Eurocontrari in uscita dalla coalizione.
Ad ogni tentativo di resistenza, il governo reagisce proseguendo con decisione nella sua politica di difesa aggressiva dello status quo: la sua politica europea consiste nel preservare l'orientamento dei trattati attuali e incoraggiare l'orientamento liberista di quelli futuri. Per fare questo si affida a completamenti e ampliamenti delle regole già in essere, come ad esempio in materia di accordi intergovernativi il Fiskalpakt. Il governo non ha saputo proporre un concetto di unione politica dell'EU, ad eccezione della sola iniziativa di Westerwelle e di altre poco concrete dichiarazioni d'intenti.
In ogni caso non possono fare affidamento su un ampio sostegno popolare. Secondo un sondaggio dell'agosto 2012, solo un tedesco su cinque si augura uno stato federale europeo, fra gli elettori della CDU solo il 17%. Solo fra gli elettori della Linke si registra un sostegno massiccio al progetto federale europeo, il 44 %. Al contrario, oltre un terzo degli elettori europei vorrebbe riportare l'EU ad una comunità puramente economica, un quarto sostiene lo status quo.
Il 15 % sono invece a favore di uno scioglimento dell'EU; nel 2009 erano solamente il 10 %. Soprattutto fra i sostenitori della FDP e dei Verdi, secondo l'indagine, crescono i critici dell'EU: se nel 2009 fra gli elettori dei Verdi nessuno sosteneva lo smantellamento dell'EU, oggi sono il 9%. Fra i Liberarali la quota degli oppositori EU è cresciuta dal 3 al 17%, e fra i Pirati è quasi un terzo.
Accanto alla politica di difesa degli interessi motivata dall'ideologia, il conflitto potenziale, suggerito da questi dati, potrebbe essere il motivo per cui il governo federale fino ad ora non si è battuto per le riforme strutturali di lungo periodo necessarie ad affrontare la crisi. E' anche difficile immaginarsi che questo esecutivo possa fare proposte per combattere la recessione in mezza Europa oppure il crescente divario sociale all'interno del continente. Al contrario, il governo federale impone all'Europa una politica di risparmio distruttiva ancorata in maniera permanente al Fiskalpakt.
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