martedì 19 giugno 2018

Intervista a Lucio Baccaro: "a forza di tirare, la corda italiana potrebbe spezzarsi"

Non capita spesso che un italiano in Germania raggiunga una posizione di vertice, Lucio Baccaro, economista e filosofo italiano, da qualche mese invece è il nuovo direttore del prestigioso Max-Planck-Institut für Gesellschaftsforschung (MPIfG) di Colonia. Intervistato da Die Zeit prova a spiegare ai tedeschi che la fine dell'euro in Italia non è piu' un argomento tabu' e che forse bisognerebbe iniziare a parlare di un possibile divorzio consensuale fra i paesi della zona euro, prima che sia troppo tardi. Un'ottima intervista uscita pochi giorni fa su Die Zeit




Zeit: Herr Baccaro, l'Italia fa tremare l'Europa. Una Lega neofascista forma una coalizione con un Movimento 5 stelle difficile da collocare. Come siamo potuti arrivare a questo punto?

Baccaro: l'economia italiana ristagna da quasi 20 anni. Il prodotto interno lordo pro-capite è ancora inferiore rispetto a quello del 1999. L'alto livello di indebitamento pubblico deriva principalmente dagli anni '70 e '80, quando fu creato lo stato sociale italiano. E' in quel momento che si è creato l'enorme debito pubblico con il quale il paese ha dovuto lottare fino ad oggi. Sin dagli anni '90 - con l'eccezione del 2009 - l'Italia ha sempre registrato un avanzo primario di bilancio.

Zeit: apparentemente l'Italia dal punto di vista economico sta facendo passi avanti

Baccaro: io non credo. L'Italia è ancora il paese la cui economia sta crescendo meno di qualsiasi altro paese, incluso il Regno Unito. E gli ultimi dati suggeriscono che i consumi e l'export sono in calo.

Zeit: il filosofo Angelo Bolaffi sulla Süddeutsche Zeitung afferma che la crisi italiana ha poco a che fare con l'introduzione dell'euro

Baccaro: io credo che su questo punto abbia torto. A mio parere l'ingresso nell'euro ha ridotto il tasso di crescita italiano. Naturalmente non possiamo dirlo con certezza, perché non possiamo portare indietro la ruota della storia e vedere cosa sarebbe accaduto se l'Italia fosse rimasta fuori dall'euro. Una cosa è certa: prima dell'introduzione dell'euro l'economia italiana cresceva come quella degli altri paesi europei o addirittura piu' velocemente.

Zeit: come ricercatore si è fatto un nome in quanto è riuscito a coniugare l'analisi dei sistemi politici ed economici. Ora i neofascisti del nord si stanno coalizzando con un partito anti-establishment che ha un grande successo al sud. Entrambi formano, come direbbe lei, un blocco sociale. E' rimasto sorpreso?

Baccaro: soprattutto sono rimasto sorpreso dal fatto che il collasso del sistema dei partiti non si sia verificato prima. Il motivo per me - per dirla con una formula dello scienziato politico Fritz Scharp - è la cosiddetta mancanza di "legittimazione da risultato". I governi precedenti, da Monti, a Letta a Renzi a Gentiloni hanno ripetuto che la crisi era stata superata e che si poteva vedere la luce alla fine del tunnel. In verità le condizioni economiche non sono migliorate in maniera sostenibile. Matteo Renzi del PD inizialmente ha raccolto una grande approvazione in quanto era stato capace di presentarsi come un uomo politico nuovo che avrebbe portato la svolta decisiva. Ma non ci è riuscito.

Zeit: poichè i problemi sono rimasti gli stessi, gli elettori votano partiti sempre piu' radicali?

Baccaro: votano per le persone e i partiti che sono ancora piu' nuovi e che prometteno un cambiamento di rotta ancora piu' deciso. L'italia si trova alla continua ricerca di nuove persone e di nuovi partiti, mentre il loro ciclo di vita si accorcia sempre di piu'.

Zeit: che cosa unisce la sinistra anti-istituzionale con la destra radicale?

Baccaro: la coalizione fra Lega e Cinque Stelle è meno strana di quanto potrebbe sembrare ad un primo sguardo. Entrambi sono partiti anti-sistema, entrambi mettono il "popolo" al di sopra delle "elite". Entrambi sono euroscettici, la Lega piu' dei 5 Stelle, che negli ultimi tempi ha allentato la sua retorica anti-UE, soprattutto per motivi tattici. Hanno molto in comune - altrimenti non sarebbero mai stati in grado di mettersi d'accordo su di un programma di governo in cosi' poco tempo.

Zeit: il suo predecessore Wolfgang Streeck accusa l'UE di prescrivere ai suoi stati membri un insieme neoliberale di regole, fin nel piu' piccolo dettaglio, eliminando cosi' ogni spazio nazionale di manovra. La protesta populista si scaglia proprio contro questa punto, sia da sinistra che da destra. Condivide questa posizione?

Baccaro: sono d'accordo con questo punto di vista, ma lo riformulerei in un altro modo. Le regole di coordinamento dell'eurozona prevedono un solo meccanismo di aggiustamento all'interno dell'area dell'euro: la svalutazione interna. Se il paese ha un deficit della bilancia dei pagamenti dovrà compensarlo con una deflazione nei confronti degli altri paesi membri. E questo non solo è doloroso, ma anche inefficace. Le unioni monetarie possono funzionare solo se dispongono di meccanismi in grado di garantire aggiustamenti simmetrici. Vale a dire: i paesi in surplus devono fare la loro parte nell'aggiustamento strutturale. La strategia della svalutazione interna ha portato ad una perdita di credibilità della politica.

Zeit: sta parlando del paese dell'eccedenza, la Germania. Perché è la Germania ad avere il ruolo del  cattivo nel gioco?

Baccaro: la maggioranza degli italiani è stufa delle politiche di austerità. Non credono piu' all'argomento secondo il quale devono fare solo un'altra riforma strutturale per far tornare a splendere il sole. Negli anni scorsi si sono fatte molte riforme, ad esempio delle pensioni e del mercato del lavoro, ma la crescita non è tornata.

Zeit: lei è molto gentile nei confronti della Germania. Che cosa hanno fatto di sbagliato la sig.ra Merkel e il sig. Schäuble?

Baccaro: la rabbia degli italiani è diretta principalmente contro i loro stessi politici, non contro i tedeschi. E la maggioranza è contraria ad un ritorno alla lira. Tuttavia, gli articoli offensivi apparsi recentemente sulla stampa tedesca hanno attirato molta attenzione e causato molta animosità. E per quanto riguarda Frau Merkel, Herr Schäuble oppure gli altri politici, trovo difficile accusarli di qualcosa di diverso dalla miopia. Sono politici eletti e fanno cio' che pensano sia meglio per i loro elettori. Fino ad ora la strategia della crescita tedesca ha funzionato bene, anche se non per tutti allo stesso modo in Germania. L'errore di alcuni politici tedeschi è stato ritenere che cio' che ha funzionato per la Germania, probabilmente funzionerà anche altrove. Dovrebbero tuttavia capire una cosa: è impossibile che tutte le economie possano essere orientate all'export allo stesso tempo. E devono anche capire che la corda si puo' spezzare, se la si tira troppo. Forse ha già iniziato a rompersi.

Zeit: Emmanuel Macron vorrebbe evitarlo e per questo propone un parlamento della zona euro. Servirebbe ad evitare l'impressione fatale che sia la Germania in Europa ad avere l'ultima parola?

Baccaro: si' un parlamento dell'Eurzona potrebbe aiutare. Ma dovrebbe avere anche un potere reale su di un bilancio europeo con capacità di tassazione su scala europea. Inoltre, dovrebbe essere in grado di legittimare democraticamente l'introduzione di meccanismi di aggiustamento simmetrici. Cio' trasformerebbe l'Eurozona in una vera unione politica. Per il momento vedo poche possibilità. Non abbiamo bisogno di un parlamento che abbia solo un potere simbolico.

Zeit: Angela Merkel ha tenuto Emmanuel Macron per mesi in attesa di una risposta. Possiamo dire che l'iniziativa di Macron è già fallita - proprio ora, che in Italia al potere c'è un governo eurocritico e l'Europa dopo la debacle del G7 dovrebbe parlare con una sola voce?

Baccaro: al contrario, la posizione di Macron potrebbe essere rafforzata dalla turbolenze. Il governo tedesco potrebbe avere la sensazione di dover fare qualcosa. Dal mio punto di vista le proposte di Macron non si spingono sufficientemente avanti. Non sono in grado di risolvere la crisi italiana - e questa crisi rappresenta la piu' grande minaccia per l'UE.

Zeit: che cosa non le piace dei piani di Macron?

Baccaro: Macron vorrebbe un certo livello di messa in comune del rischio in materia di debito pubblico, per questo si scontra con la resistenza tedesca,. Allo stesso tempo vorrebbe rafforzare la capacità dei mercati finanziari di punire i paesi con un alto debito, come l'Italia. Temo che cio' accelererebbe la crisi, invece di fermarla. Supponiamo ci sia un attacco speculativo da parte dei mercati, il governo italiano non sarebbe tanto facilmente disposto a negoziare un memorandum con la troika di Bruxelles. A quel punto tutto sarebbe possibile. Potrebbe essere la fine dell'euro.

Zeit: il governo potrebbe semplicemente dimettersi

Baccaro: si' la pressione dell'eurozona e dei mercati finanziari potrebbe portare ad una capitolazione del governo, come nel caso del governo greco nel 2015. Questo scenario tuttavia secondo me è alquanto improbabile. La mia ipotesi è che se il nuovo governo dovesse trovarsi con le spalle al muro - come accadde allora al governo greco - preferirebbe far saltare in aria l'intero edificio. In un altro scenario invece l'UE accetterebbe che in Italia è la crescita ad avere la priorità e che il paese puo' applicare dei criteri meno stringenti sul deficit.

Zeit: i tedeschi non sarebbero particolarmente entusiasti

Baccaro: il governo tedesco dovrebbe modificare il suo corso politico in merito alla riforma dell'eurozona. Ma non credo sia molto probabile.

Zeit: non c'è altra soluzione?

Baccaro: tutt'altro. Si tratterebbe di ammettere che i sistemi economici dell'eurozona sono fra loro troppo diversi per una coesistenza pacifica. Per farlo bisognerebbe negoziare i termini di un divorzio consensuale. Questo dovrebbe essere fatto in modo che i partner, anche in seguito, possano continuare a parlarsi.

Zeit: se l'euro fallisce, fallisce l'Europa

Baccaro: credo di aver chiarito che è l'euro a rischiare di crollare, speriamo non accada all'Europa. Tuttavia ci troviamo ad un punto critico. Dobbiamo separare l'idea d'Europa dalla realtà concreta dell'euro. Il fallimento dell'euro, se dovesse arrivare, non dovrebbe portare al fallimento dell'Europa.


domenica 17 giugno 2018

Sie schaffte es nicht, ovvero la promessa non mantenuta di Merkel

All'apice della crisi dei migranti nel 2015 Merkel aveva solennemente promesso ai tedeschi: "wir schaffen das!". Lo scandalo Bamf ha mostrato invece l'inadeguatezza del governo nel gestire le richieste di asilo: il Bamf di Brema ha concesso lo status di rifugiato a migliaia di migranti senza che ne esistessero le condizioni giuridiche. Il brutale omicidio della bambina di Magonza ha ulteriormente contribuito a cambiare il quadro complessivo e ora Merkel deve fare i conti con chi l'accusa di aver fallito politicamente. Ne parla un ottimo Petr Bystron su The European.

Fu Merkel a decidere di aprire i confini. Ed è stata sempre Merkel a voler spostare su di sé anche i relativi processi decisionali - delegati all'allora capo della Cancelleria Peter Altmaier. Sebbene il piano operativo per la protezione delle frontiere fosse già stato definito, Merkel, senza preavviso, scelse di aprire le frontiere. Presumibilmente per ragioni umanitarie. O anche per evitare che nei media si diffondessero brutte immagini di migranti respinti alle frontiere.

Tutti probabilmente sono d'accordo sul fatto che nelle situazioni di estremo bisogno si possano garantire aiuti umanitari. Anche la FDP recentemente ha fatto sapere che per loro "alcuni giorni di apertura" sarebbero stati sufficienti. Merkel invece scelse i "confini aperti per tutti" e in maniera illimitata. Si tratta piu o meno della linea ufficiale della Linke. Qualcosa del genere sarebbe applaudito anche dall'estrema sinistra dei Verdi e della SPD. Negli ambienti borghesi e conservatori probabilmente nessuno aveva realmente capito il vero significato dell'apertura illimitata, con tutte le sue sfortunate conseguenze.

Le dimensioni del problema che la valanga dei migranti avrebbe causato probabilmente erano note fin dall'inizio. Invece di cercare una soluzione adeguata ai problemi, Merkel ha preferito nascondersi dietro uno slogan infantile: "possiamo farcela!" (Wir schaffen das!). E' probabilmente un caso unico nella storia delle democrazie occidentali: un capo di governo di un paese industriale che per gestire una crisi profonda fa affidamento sul motto di "Bob dem Baumaister" - un cartone animato per i bambini fra i 3 e i 5 anni.

La promessa di Merkel „Wir schaffen das!“ si orientava in due direzioni. Da un lato voleva dire ai tedeschi: possiamo affrontare e vincere questa enorme sfida. In altri tempi, recitata da un'altra persona e con un pathos diverso, sarebbe stato uno stimolo per la società a mobilitare tutte le forze, a restare unita e ad aiutarsi a vicenda. Ma la narrazione mancava di credibilità. Una nazione è in grado di fare grandi cose quando le motivazioni di fondo sono serie e vere. I tedeschi lo hanno già fatto piu' volte nella loro storia: nel 1945 hanno accolto milioni di sfollati dall'est, nel 1956 hanno integrato i rifugiati dall'Ungheria, nel 1986 quelli dalla Cecoslovacchia. Negli anni '90 molti rifugiati provenienti dalla Jugoslavia in guerra hanno trovato rifugio in Germania.

Ma per i migranti del Nord-Africa e del Medio Oriente, prevalentemente giovani, sin dall'inizio la domanda è stata solo una: se stavano fuggendo da una presunta persecuzione nel loro paese d'origine, per quale ragione dovevano assolutamente arrivare in Germania? Nella loro "fuga" hanno attraversato diversi paesi, paesi nei quali noi stessi andiamo in vacanza - fra questi l'Austria, la Croazia e l'Italia. Si' i tedeschi nella loro storia hanno già fatto molto - ma questa sfida non volevano proprio raccoglierla.

Gli unici che negli ultimi tre anni in nome della carità hanno continuato a chiedere piu' "integrazione" e che davanti ad ogni ragazza violentata o assassinata continuano a chiudere gli occhi, sono i profittatori dell'industria dell'asilo. Gli applauditori della stazione di Monaco erano stati reclutati proprio da questi ambienti, come del resto gli organizzatori delle "manifestazioni per i rifugiati" contro i respingimenti. Sono professionisti della sinistra che da anni difendono la loro ideologia a spese del nostro stato e della nostra politica. 

Ma Merkel, con il suo "wir schaffen das", è naufragata anche nella seconda direzione della promessa. Si trattava infatti di una promessa fatta al popolo tedesco, ma anche al mondo intero: i nostri funzionari, le nostre autorità, riusciranno a gestire l'assalto dei migranti. Con l'efficienza, la diligenza e l'accuratezza tedesche riusciremo a far fronte a questo problema - il Bamf in questo senso aveva un ruolo centrale. Come appare sempre piu' chiaro, il Bamf non ce l'ha fatta. La Cancelliera ha scaricato sul paese un compito impossibile. E questo è il vero fallimento di Merkel. Dopo 3 anni di cattiva gestione, bisogna dire: "Sie schaffte es nicht!"

sabato 16 giugno 2018

Perché Merkel sul tema dei migranti è sempre piu' isolata

Nel 2015 Merkel decise unilateralmente di aprire le frontiere a centinaia di migliaia di migranti e profughi. Ora invece, dopo lo scandalo Bamf e l'omicidio della bambina di Magonza, il ministro degli interni Seehofer vorrebbe farla finita con la politica delle frontiere aperte della Cancelliera. Merkel sembra aver perso il contatto con la realtà del paese, ed è sempre piu' vicina alla fine politica. Cosa accadrà nei prossimi giorni? Prova a rispondere Epoch Times analizzando la stampa tedesca. 


Si potrebbe quasi dire che Berlino si trova in stato di emergenza. Da quando la Cancelliera Angela Merkel ha deciso di affrontare il suo ministro degli interni Horst Seehofer (oppure viceversa), la tensione nell'ambiente politico continua a salire. Fa davvero sul serio Horst Seehofer quando chiede controlli severi alle frontiere, oppure i suoi piani sono "solo fumogeni da campagna elettorale", come accusa Alice Weidel di AfD?

Riuscirà Seehofer con la sua forzatura a scavalcare la Cancelliera? Una cosa è certa, il ministro degli Interni, con la sua richiesta di respingere al confine tedesco i richiedenti asilo già registrati in un altro paese, negli ambienti dell'Unione trova più sostegno di Merkel, che invece non vuole affatto smuoversi e continua a puntare su una soluzione europea.

Ma anche in Europa nessuno sembra voler giocare la stessa partita della Cancelliera e la domanda si fa sempre piu' forte: che cosa la spinge ad andare avanti da sola? Ansgar Graw su Die Welt commenta il corso politico da solista di Merkel in Europa e scrive:

"Merkel, da allora, è stata e resta ancora da sola in Europa. A parte la promessa iniziale di prendersi dei piccoli contingenti (la Francia aveva accettato di accogliere 1000 rifugiati, la Danimarca 40), in seguito è venuta meno la volontà di seguire la Cancelliera nella sua politica delle frontiere aperte. Non solo la Polonia o l'Ungheria, ma anche gli austriaci, i danesi e i francesi hanno adottato una politica sempre più restrittiva. Emmanuel Macron, ad esempio, fa una chiara distinzione tra rifugiati politici e migranti economici".

Secondo Graw, era stata lei in solitario, il 4 settembre del 2015 dopo una telefonata con Vienna, ad aver "fatto aprire le frontiere per 7.000 o al massimo 9.000 rifugiati". Il giorno successivo pero' aveva poi chiesto ai costernati governi di Francia, Belgio e Danimarca se erano disposti ad accettare una parte dei 20.000 migranti effettivamente arrivati solo nel primo fine settimana.

Crisi di governo dopo 3 mesi di coalizione

L'oppositore politico di Merkel, Horst Seehofer, deve affrontare le elezioni in Baviera e quindi non ha altra "scelta". Lunedì vuole presentare un provvedimento ministeriale che prima deve essere approvato dalla segreteria della CSU.

Jörg Kürschner commenta sulla "Junge Freiheit": "Con un tale corso politico da solista, Seehofer vorrebbe scavalcare le competenze della Cancelliera previste dalla Costituzione. Se Seehofer nelle prossime settimane dovesse fare sul serio in merito al suo provvedimento ministeriale, la Cancelliera, per non perdere la faccia, dovrebbe licenziare il suo ministro degli interni. Il risultato sarebbe una crisi di governo con possibili nuove elezioni. Uno scenario realistico tre mesi dopo la formazione della coalizione fra CDU, CSU e SPD. Se si arriverà davvero a questo punto, lo si capirà nei prossimi giorni. In ogni caso la CSU è compatta dietro il suo segretario di partito".

Inoltre, Kürschner scrive anche che la Cancelliera dovrebbe riflettere sul suo futuro politico. La sua perdita di popolarità è immensa. Con la sua politica sui rifugiati ha diviso la Germania, ha diviso l'Europa, e ora è sul punto di dividere la CDU e la CSU, che a causa delle loro profonde differenze oggi hanno tenuto due riunioni separate.

Sbattere fuori Seehofer - governo alla fine?

E anche la "Bild" mette in guardia la Cancelliera chiedendole di fare una "inversione di marcia" - perché se Seehofer lunedi' dovesse imporre la sua posizione, la Cancelliera dovrà farlo fuori. Il governo sarebbe alla fine. E prosegue:

"Su questo tema Angela Merkel mette a rischio la stabilità politica del paese, del governo eletto, l'unità del suo fiero partito e rischia nuove elezioni con un'ulteriore crescita delle forze radicali. Tutto questo per una politica che la stragrande maggioranza delle persone in Germania, e il suo stesso partito, non vogliono piu"

La CSU con la propria testardaggine rischia molto, ma sul tema ha ragione, giudica la Bild. Non è piu' ragionevole "andare avanti con una politica le cui conseguenze non possono piu' essere affrontate dalle nostre autorità".

"La soluzione europea, che Merkel persegue ormai da tre anni, fino ad ora non c'è stata. E' ancora in condizione di poter tornare indietro e di salvare la faccia", cosi' secondo il giornale.

Una cosa del genere non è probabilmente mai avvenuta nella politica tedesca

La "Tagesspiegel" parla di una netta "cesura". La Cancelliera non appoggia il suo Ministro degli Interni e nel fare cio' non solo si mette contro la CSU, ma anche una gran parte della CDU. Merkel continua ad insistere sulla sua "soluzione europea".

Stephan-Andreas Casdorff commenta cosi': "La gestione del problema da parte di Merkel porta alla crisi. Merkel nei confronti della maggioranza dell'Unione si comporta come se ignorasse le obiezioni. Secondo il motto, non può essere ciò che non è permesso. Lei non spiega le sue idee, non fa campagna, non combatte, ma cerca piuttosto di far coalizzare nel corso del tempo".

"In questo modo tuttavia la Cancelliera, secondo un numero sempre crescente di critici, sta perseguendo una triplice divisione: quella dal suo stesso partito, quella fra CDU e CSU, e anche lei stessa si sta allontanando sempre piu' dalla realtà".

Se Merkel insiste con il suo atteggiamento, prosegue Casdorff, resterà isolata anche fra le sue fila. Se resta isolata, il suo potere sarà seriamente in pericolo. La CSU è "determinata al massimo", cosi' ha dichiarato il segretario generale Markus Blume. "Forse lo è anche la Cancelliera, almeno fino al punto di perdere la sua posizione", cosi' Casdff.

venerdì 15 giugno 2018

Perché anche in Germania il vento è cambiato

Sono davvero lontani i tempi in cui Angela Merkel prometteva ai tedeschi: "wir schaffen das".  Dopo lo scandalo Bamf e il brutale omicidio della ragazza di Magonza, il sentiero per la Cancelliera è sempre piu' stretto: da un lato l'avanzata inarrestabile di AfD, dall'altro un alleato bavarese sempre piu' inquieto. Una cosa è certa, i tedeschi non la seguono piu'. Dal fuoco amico della FAZ.net, un commento molto interessante di Berthold Kohler


La CSU non vuol concedere alla Cancelliera nemmeno un'altra quindicina di giorni per trovare quella "soluzione europea" alla questione migratoria che da tanto tempo sta cercando. Il presidente bavarese Söder, il quale teme per le sorti del suo partito nella fase decisiva delle elezioni regionali, ha detto che "siamo alla partita finale per la credibilità". La paura della CSU di perdere la maggioranza assoluta in Baviera non è la sola a spingere Söder e Seehofer a schierarsi in un tandem insolitamente affiatato contro Merkel. Le raffinate antenne della CSU segnalano che dopo lo scandalo Bamf e l'omicidio di Susanna F., anche al di là dei confini bavaresi, molti tedeschi non ne vogliono piu' sapere di dover attendere soluzioni che potrebbero essere migliori - ma che, considerando le turbolenze presenti in molti paesi dell'UE, potrebbero anche non arrivare mai.

La CSU in ogni caso non vuole aspettare che la rivolta si diffonda anche in Germania sconvolgendone il panorama politico. Perché non solo i precedenti del Bamf e dell'omicidio della bambina di Mainz mostrano che molte delle rassicurazioni e delle previsioni lusinghiere fatte durante la luna di miele della "cultura del benvenuto" sono lontane dalla realtà, persino fuorvianti. Non si trattava solo di rifugiati vulnerabili, ma anche di criminali, predicatori di odio e terroristi. C'erano medici e infermieri, ma anche decine di migliaia di analfabeti. Sono arrivate anche persone disposte a integrarsi, ma anche molti migranti che volevano solo entrare nel sistema sociale tedesco.

Errori, omissioni, fallimenti

Anche nelle fasi successive del piano Merkel, quel "wir schaffen das" alle orecchie di molti tedeschi, è suonato sempre piu' come una presa in giro. Perché la Germania fino ad ora non ce l'ha fatta ad esaminare in maniera rapida e completa l'enorme massa di domande di asilo e a respingere coerentemente i richiedenti asilo le cui domande non erano state accolte. Lo scandalo Bamf, che ha chiaramente messo in luce il sovraccarico di lavoro causato dall'immigrazione di massa, ha fatto traboccare il vaso dell'incomprensione. Ma la peggiore accusa nei confronti degli errori, delle omissioni e dei fallimenti è arrivata dopo l'omicidio di Susanna F, presumibilmente commesso da un iracheno, il quale è riuscito poi a fuggire nel suo paese natale, verso il quale pero' in precedenza non si era riusciti ad espellerlo.

Anche il progetto di redistribuzione dei migranti con diritto di soggiorno all'interno dell'UE, proposto dalla Cancelliera, non si è mai concretizzato. Invece la disputa sulla politica migratoria è proseguita, e come ha detto l'ex presidente del consiglio italiano Prodi, si è trasformata "nella piu' grande bomba sull'orizzonte europeo".

L'esplosione di questa polveriera ora minaccia l'Unione (CDU+CSU) e quindi la Cancelliera Merkel. La miccia ha iniziato a bruciare nel giorno in cui a Seehofer è stato affidato il ministero dell'interno. Che il capo della CSU potesse dimenticare tutto quello che aveva detto in precedenza sulla politica per i rifugiati della Cancelliera, nonostante la sua famosa flessibilità, non poteva aspettarselo nessuno - soprattutto in un anno elettorale in cui la CSU ritiene di trovarsi sull'orlo del baratro.

Se la CSU e la Cancelliera si irrigidiranno sulle loro posizioni, sostenute per ovvie ragioni anche dai loro deputati, allora il raggruppamento dell'Unione e la coalizione di governo saranno alla fine. La CSU vorrà davvero rischiare - solo per due settimane? A onor del vero bisogna anche dire che Merkel ha avuto a disposizione 3 anni  per prendere le distanze da una politica sbagliata. Nei suoi 4 mandati da Cancelliera tuttavia non si è mai aggrappata a nessuna decisione come invece sta facendo ora con quelle prese durante "l'autunno del benvenuto".

sabato 26 maggio 2018

Perché il ricatto BCE è già iniziato

I cosiddetti "media di qualità" tedeschi nei giorni scorsi hanno parlato del presunto atteggiamento ricattatorio italiano, ma il vero ricatto probabilmente è già in corso ed è quello della BCE. Le parole, nemmeno troppo velate, di Vítor Constancio lo confermano e il copione sembra essere lo stesso della crisi greca del 2015. Ne parla Paul Steinhardt su Makroskop 


Nel mio ultimo contributo ho espresso la speranza che la BCE non si lasci piu' strumentalizzare politicamente "dalla Germania e dagli altri falchi del deficit". Le dichiarazioni in arrivo dagli ambienti della BCE e la crescita dei rendimenti sui titoli di stato italiani a 10 anni fanno tutavia temere che la BCE, come è già accaduto in Grecia, intenda dettare la politica di bilancio ad un governo eletto democraticamente.

Proprio nell'ultima „Financial Stabilty Review" (FSR) di ieri è contenuta la dichiarazione secondo la quale la "condotta di bilancio" di alcuni paesi con un elevato rapporto debito/pil potrebbe avere degli effetti sui rendimenti dei titoli di stato dell'area dell'euro. E' noto che il rapporto debito/PIL italiano, pari al 132% del PIL, nell'eurozona è superato solo dalla Grecia. Si tratta di una minaccia per niente velata da parte della BCE nei confronti del nuovo governo italiano: se non proseguite con l'austerità, allora lasceremo che i rendimenti sui titoli di stato italiani aumentino.

Il vicepresidente uscente della BCE Vítor Constancio conferma, in maniera non proprio diplomatica, la mia interpretazione in questo passaggio della FSR:

“Italy should keep within EU rules on its fiscal policy. That’s the message.”

Che questa affermazione non sia una vuota minaccia lo dimostra il confronto fra Germania e Italia sull'andamento negli ultimi 6 mesi del differenziale di rendimento dei titoli a 10 anni.


Naturalmente i media mainstream e la casta politica neoliberale dell'eurozona preferiscono interpretare la divergenza dei rendimenti come una preoccupazione e un avvertimento del "mercato dei capitali". Poiché BCE e Banca d'Italia tramite l'acquisto dei titoli di stato italiani possono influenzare i rendimenti a piacere, l'attuale differenziale di rendimento del 2% è chiaramente identificabile come un attacco politicamente motivato da parte di una BCE non legittimata democraticamente nei confronti di un governo eletto dalla maggioranza degli italiani.

La BCE in questo modo cerca di affondare i tagli fiscali e tutti i provvedimenti di politica sociale annunciati, che fra le altre cose comprendono un reddito di base per tutti i disoccupati, con l'argomento che i piani sarebbero in contrasto con gli obiettivi di bilancio dell'UEM. Non sorprende in questo contesto che ad esempio la Spagna tra il 2009 e il 2016 abbia registrato un deficit di bilancio compreso fra l'11% e il 5%. Ancora una volta viene dimostrato che non sono solo gli obiettivi di deficit ad essere arbitrari per i paesi dell'UEM, ma che è il sistema nel suo complesso ad essere arbitrario.

La caratterizzazione dell'euro come di una "prigione", fatta da Paolo Savona, attualmente in discussione come nuovo Ministro dell'Economia e delle Finanze, viene ancora una volta confermata da questo modo di operare. Resta solo da sperare che la democrazia italiana possa uscire da questa prigione alla svelta.

Flassbeck: la situazione italiana è una conseguenza delle politiche tedesche

Heiner Flassbeck è uno fra i pochi economisti a non essersi unito alla Strafexpedition della cosiddetta "stampa di qualità" tedesca nei confronti di chi ha avuto il coraggio di mettere in discussione gli interessi del paese dominante. Intervistato da Sputniknews, il grande economista ribadisce il suo punto di vista: il sud Europa non puo' convivere con l'arroganza e l'ignoranza dei nord-europei, mentre l'errore storico dei francesi è stato quello di voler spalleggiare i tedeschi. Da sputniknews.com 


Sputnik: Herr Flassbeck, il nuovo governo italiano vorrebbe spendere molti soldi: maggiori spese sociali, abbassamento delle teasse e cancellazione della riforma delle pensioni. Sembrerebbe una cosa buona per il popolo. Ma chi dovrebbe pagare tutto questo?

Flassbeck: Se vuoi stimolare un'economia come quella italiana, e questa deve essere stimolata, perché dietro di sé ha 6 anni di recessione, allora devi spendere soldi. E per farlo bisogna spendere. E questo in Germania e nel nord Europa non lo si vuol capire. Anche l'economia tedesca vive del fatto che da qualche parte vengano fatti dei debiti. Noi facciamo affidamento sul fatto che qualcuno si indebiti, ma da un'altra parte pero'. Questo percorso è invece precluso all'Italia, perché la Germania lo blocca. Per questo devono fare debiti da soli.

Sputnik: Ma l'Italia è già pesantemente indebitata

Flassbeck: Ma questo non importa. In Giappone l'indebitamento è il doppio di quello italiano. E anche in quel paese non c'è altro modo per stimolare l'economia, è lo stato a doverlo fare. Chi dovrebbe farlo altrimenti? C'è anche la possibilità che a fare i debiti siano le imprese. E questo è cio' che la BCE sta cercando di raggiungere, abbassando i tassi a zero, ma le imprese non si indebitano. Puo' farlo solo lo stato. E questo è ciò che viene definito populismo. E' l'unico modo possibile. Non c'è altra possibilità.

Sputnik: Un taglio del debito non sarebbe un modo per fare si' che nel suo complesso alla fine il bilancio non sia cosi' male?

Flassbeck: Non c'è alcun bisogno di farlo. Nell'eurozona non dovrebbe esserci alcun taglio del debito. In questo modo stiamo solo distruggendo il sistema monetario. Questa è una sciocchezza.

Sputnik: E cosa accadrà con l'euro? L'uscita dall'euro avrebbe un senso per gli italiani?

Flassbeck: Se i tedeschi ancora una volta impazziranno per i debiti degli italiani, come già ora sta accadendo, prima o poi si romperà tutto. Ma quanto sta accadendo è colpa dei tedeschi e non degli italiani. Abbiamo messo gli altri paesi europei in una situazione tale in cui solo un aumento dell'indebitamento pubblico puo' dare una spinta all'economia. Questa strada pero' ora vogliamo che resti bloccata per l'Italia. E' pazzesco. E a causa di questa folle politica tedesca ed europea, dopo 6 anni di recessione, in Italia è stato eletto questo governo. Questa è la conseguenza diretta.

Sputnik: Ancora una volta: l'uscita dall'euro avrebbe un senso per gli italiani?

Flassbeck: Si tratta di una domanda complicata. Alla fine potrebbe non esserci un'altra opzione. Perché il sud Europa non puo' convivere con questo nord e con la sua ignoranza e arroganza.

Sputnik: Quindi dividere l'Europa in sud e nord?

Flassbeck: Per fare questo c'è un paese che deve decidere cosa vuole diventare - nord o sud - e questo paese è la Francia. Questo è il punto critico. Se la Francia capisse di appartenere al sud, allora la situazione potrebbe essere ancora chiarita. Se Francia e Italia insieme dicessero alla Germania: cosi' non andiamo avanti, dovete cambiare, solo in questo modo ci sarebbe ancora una possibilità di salvare il tutto. Ma non mi pare che sia cosi'. L'errore storico dei francesi nel XXI secolo è stato quello di voler spalleggiare la Germania.

Sputnik: Il presidente francese Macron nel suo ambizioso piano di riforma dell'UE, non aveva forse in mente proprio l'Italia?

Flassbeck: Quello che Macron vuole è poter dire di si'. Vuole pacificare e recintare la Germania e ottenere qualcosa dai tedeschi. Semplicemente non capisce che non potrà mai averlo dalla Germania. Non puo' rilanciare l'economia solo con le riforme del mercato del lavoro, deve anche indebitarsi. Per lui le cose si stanno mettendo piu' o meno come per l'Italia

Sputnik: I due nuovi partiti di governo, Lega e 5 Stelle, sono considerati come euroscettici ed eurocritici. Ma l'Italia vuole restare nell'UE, giusto?

Flassbeck: Questo dipende dagli sviluppi politici. Se andiamo avanti sulla stessa strada, ad arrivare al potere ci saranno partiti ancora piu' radicali  - e l'UE non sarà piu' nemmeno un argomento di discussione. Con la nostra politica economica spingiamo i paesi verso l'estremismo nazionalista.

Sputnik: Entrambi i partiti di governo arrivano dalla periferia politica, non dal centro. Come spiega il loro successo politico?

Flassbeck: Dopo 6 anni di recessione i vecchi partiti sul piano economico hanno fallito. Renzi ha fatto tutte le riforme che gli hanno chiesto di fare, e non ha funzionato. Perchè queste si basavano su di un'analisi sbagliata. Ed è proprio cosi' che non si viene rieletti. Le persone sono frustrate e votano in maniera radicale - sinistra o destra - in questo caso non è cosi' importante.

Sputnik: Il nuovo governo italiano vorrebbe anche migliorare le relazioni con la Russia. Al momento non sembra molto in voga in Europa.

Flassbeck: Questo fa parte del pacchetto globale con il quale si sono presentati. Non vogliono preservare le vecchie condizioni create da questo neoliberalismo. E questo mi pare perfettamente legittimo.

venerdì 25 maggio 2018

Jan Fleischhauer: gli scrocconi di Roma

Jan Fleischhauer su Der Spiegel torna ad occuparsi di Italia e si unisce alla "spedizione punitiva" dei cosiddetti "media di qualità" tedeschi. Per il brillante giornalista di Amburgo gli italiani sarebbero degli scrocconi desiderosi di finanziare il "dolce far niente" a spese dei laboriosi nord-europei mentre l'atteggiamento del paese sarebbe piu' o meno quello di un mendicante ingrato. Da Der Spiegel

Jan Fleischhauer der Spiegel gli scrocconi di Roma

In una recente intervista fatta dal favoloso Sven Michaelsen a Rem Koolhaas, l'architetto ha parlato della devastazione che ormai regna anche sulle montagne svizzere. Gli chalet dei ricchi designer milanesi sarebbero ormai ovunque. E' difficile vedere gente del posto. Non ci sarebbe piu' il tipico odore di sterco di vacca perché non ci sono piu' le mucche.

Quando lunedì a Roma è stato presentato il primo ministro entrante, non ho potuto fare a meno di pensare a questa frase sulla ricchezza italiana. Il nuovo governo ha promesso agli italiani il paradiso sulla terra: meno tasse, pensionamenti anticipati e un reddito di base per tutti. Secondo le prime stime, la spesa per queste opere buone dovrebbe essere fra i 100 e i 125 miliardi di euro all'anno.

Non è un paese povero

Poiché le forze della coalizione non sono riuscite a mettersi d'accordo su quali voci di spesa risparmiare, hanno deciso di inviare il conto ai vicini di casa. I partner europei dovrebbero condonare agli italiani 250 miliardi di euro di debito, cosi' almeno è scritto nel testo originale dell'accordo di coalizione negoziato fra i vertici della Lega e dei Cinque Stelle.

Nel frattempo il condono sul debito si è spostato nella parte invisibile del contratto. Il presidente della Repubblica italiana, che deve ancora approvare la faccenda, non è un amico degli affari fatti a spese degli altri, dicono. Ma l'idea non è affatto scomparsa dal tavolo. Bisogna solo aspettare che l'inchiostro sul documento di nomina sia asciutto per farlo riapparire di nuovo .

L'Italia non è un paese povero. Il nord del paese è una fra le regioni piu' ricche del mondo. Uno sguardo alla distribuzione della ricchezza mostra che gli italiani sono anche significativamente piu' ricchi dei tedeschi. Secondo la London School of Economics una famiglia italiana possiede in media 275.205 euro - 80.035 euro in piu' della controparte tedesca. Di fatto l'Italia, se il governo decidesse di coinvolgere seriamente i propri cittadini nel risanamento del bilancio dello stato, potrebbe ripagare i propri debiti da sola. Si farebbe davvero un grosso passo in avanti se gli italiani si sforzassero di abbandonare la loro etica fiscale lassista.

Almeno il mendicante ti dice grazie

Come si dovrebbe definire il comportamento di una nazione che prima tende la mano per farsi finanziare da qualcun'altro il proverbiale dolce far niente - e poi minaccia di prenderti a bastonate quando si tratta di rimborsare il debito? Accattonaggio sarebbe il termine sbagliato. Il mendicante almeno ti dice grazie se gli riempi il borsello. Scrocco aggressivo, in questo caso sarebbe una descrizione piu' adeguata.

In realtà la cosa equivale a un ricatto. O le nostre richieste vengono soddisfatte, oppure facciamo saltare per aria l'intero negozio: è la minaccia inespressa dietro la decisione di porre fine a tutte le regole sul debito per l'Italia. A confronto con l'Italia, la Grecia era una sciocchezza. L'Italia è la terza economia dell'area euro, quasi un quarto del debito complessivo dei paesi della zona euro è debito italiano. Se gli italiani decidono di non voler piu' rispettare i loro obblighi di pagamento, l'euro è finito e i tedeschi perderanno tutti i soldi spesi fino ad ora per il suo salvataggio.

L'uomo che ha messo l'arma nelle mani del fronte trasversale di Roma, arma con la quale ora sta prendendo di mira i vicini, siede a Francoforte. Quando i tedeschi si renderanno conto che con i loro titoli di debito non possono comprare nulla, dovranno ricordarsi di Mario Draghi, l'uomo che li ha ridicolizzati facendoli passare per dei fifoni, mentre egli svalutava le loro assicurazioni sulla vita e i loro risparmi.

Esperimento di politica post-nazionale

Faremo tutto il necessario per salvare l'euro, aveva promesso Draghi al culmine della crisi dell'euro: "Whatever it takes". La promessa a Roma se la sono annotata. E' di 390 miliardi infatti il valore dei titoli di stato italiani che sui tortuosi percorsi del sistema monetario hanno trovato l'ingresso delle cantine della banca centrale europea. Ora la BCE non ha altra scelta che continuare con la propria politica, perché qualsiasi aumento significativo dei tassi di interesse porterebbe il governo italiano all'insolvenza. 

Non sono contrario al fatto che le persone possano vivere al di sopra dei propri mezzi. Per quanto mi riguarda in Italia possono tranquillamente continuare a praticare lo sport piu' popolare del paese, cioè l'evasione fiscale. Trovo tuttavia indecente che il costo delle decisioni politiche venga scaricato su altri, su chi ha un'idea molto diversa della politica e quando viene chiamato a votare, vota anche corrispondentemente. E questo è difficile da conciliare con il mio concetto di democrazia.

Ma forse l'avventura italiana deve essere considerata un esperimento di politica post-nazionale. Nessun paese, che abbia anche a cuore la propria reputazione pretenderebbe di essere aiutato dagli altri se puo' farlo da solo. Chi vuole essere considerato uno scroccone? Gli italiani, a quanto pare, sono già oltre questa forma di orgoglio nazionale.