domenica 5 luglio 2020

Wirecard - Bilanci falsi già dal 2014

Per la Procura di Monaco i bilanci di Wirecard sarebbero stati falsi già dal 2014 mentre i revisori di Ernst & Young e le autorità di controllo tedesche si sarebbero fatte fregare dall'azienda bavarese per almeno 5 anni. Da chiarire anche il ruolo di Credit Suisse che nel 2019 ha collocato un bond convertibile di Wirecard per quasi un miliardo di euro. Ne scrivono la Süddeutsche Zeitung e Infosperber.ch


Secondo quanto risulta agli investigatori, la frode su larga scala operata da Wirecard, il fornitore di servizi di pagamento ora insolvente, probabilmente era in piedi da molto più a lungo di quanto non si sospettasse. Gli inquirenti, infatti, ipotizzano che già dal 2014 il management del gruppo Internet con sede ad Aschheim, vicino a Monaco di Baviera, gonfiasse artificialmente i ricavi delle vendite e i guadagni con delle entrate fittizie, cioè completamente inventate. E' l'ipotesi formulata dalla  procura di Monaco secondo le informazioni disponibili alla Süddeutsche Zeitung, alla NDR e alla WDR.


La Procura della Repubblica di Monaco sta indagando sull'ex CEO Markus Braun, sull'ex membro del consiglio di amministrazione Jan Marsalek e su altri dirigenti per varie ipotesi di reato, tra le quali la falsificazione dei bilanci e la manipolazione del prezzo di borsa. I pubblici ministeri sospettano che Wirecard operasse con delle cifre false già a partire dal bilancio annuale del 2015. I presunti conti fiduciari, nei quali, secondo le informazioni ufficiali del gruppo, sarebbe stato depositato un miliardo di euro, non sarebbero mai esistiti.

L'obiettivo della presunta frode era quello di far apparire il gruppo finanziariamente più forte e quindi più attraente di quanto non fosse in realtà. L'ipotesi del pubblico ministero si basa su numerosi documenti interni di Wirecard. Se le recenti scoperte e i sospetti degli investigatori fossero corretti, allora tutti gli organi di vigilanza e i revisori dei conti non avrebbero notato, o voluto notare, quello che stava effettivamente accadendo dentro Wirecard da almeno mezzo decennio. Ciò vale anche per l'autorità di vigilanza finanziaria tedesca Bafin, che a causa dello scandalo miliardario è finita nell'occhio del ciclone.


Nei suoi documenti sull'indagine, infatti, la Procura della repubblica fa riferimento al fatto che già dal 2016 i singoli media riferissero di ricavi apparentemente fittizi realizzati da Wirecard con delle società partner. Gli inquirenti annotano che i media sottolineavano il fatto che questi partner fossero essenzialmente società fittizie o società di comodo. La prima importante denuncia penale presentata dal Bafin, che risale all'aprile 2019, tuttavia, non era diretta contro Wirecard.

Marsalek è in fuga, Braun vuole collaborare

Il Bafin invece ha preferito denunciare diversi operatori di borsa e due giornalisti del quotidiano britannico Financial Times (FT) per una presunta manipolazione del prezzo delle azioni Wirecard. Il FT da anni riferisce delle presunte truffe da parte di Wirecard. Solo ora però le autorità tedesche si sono decise ad indagare con coerenza sul caso. La procura di Monaco sta indagando Braun, Marsalek e altri manager di Wirecard anche per il reato di appropriazione indebita di beni aziendali. Il gruppo aveva infatti concesso in prestito fino a 365 milioni di euro a delle società asiatiche senza chiedere garanzie collaterali.


Altrettanto discutibile per i pubblici ministeri sembrerebbe essere anche una transazione tramite una società fittizia alle Mauritius, alla quale sarebbero stati versati 315 milioni di euro. Non è chiaro dove si trovino ora i soldi. Soprattutto, il ruolo di Marsalek in questo affare sembrerebbe essere alquanto opaco. C'è un mandato di arresto contro Marsalek, il quale al momento si troverebbe in fuga. Braun invece si è consegnato agli investigatori e vuole collaborare.




Il ruolo di Ernst & Young e del Credit Suisse

Secondo quanto riportato dalla stessa Ernst & Young (EY), gli attivi dichiarati come depositati in Estremo Oriente già da molto tempo ormai non erano nient'altro che il frutto di una invenzione. Nonostante ciò, EY ha continuato a certificare i bilanci dell'azienda. Mentre Credit Suisse (CS) invece ha collocato degli strumenti di investimento collegati ad azioni Wirecard.

Per due fra le piu' grandi e importanti aziende nel settore finanziario, EY e Credit Suisse, la debacle di Wirecard sarà un duro test. La società di revisione, infatti, ha continuato a certificare i bilanci annuali fino al 2018 senza verificare se i presunti conti in Asia esistessero veramente.


Nel frattempo, nell'autunno del 2019, CS ha collocato presso gli investitori un'obbligazione convertibile Wirecard per un importo di quasi 1 miliardo di euro. Secondo CS, tuttavia, non ci sarebbero fondi pensione fra gli acquirenti delle obbligazioni.

Che cosa avevano effettivamente controllato EY e CS? Quali sforzi hanno fatto le due rinomate aziende del settore finanziario con dipendenti in tutto il mondo, prima di dare la loro benedizione ai conti di Wirecard?

Il caso potrebbe portare a delle costose cause legali. CS dice di non aspettarsi gravi conseguenze. "Allo stato attuale, non ci aspettiamo alcun impatto finanziario significativo", ha detto un portavoce la scorsa settimana. Nel frattempo, EY si è rifugiata nel ruolo della vittima. Anche loro sarebbero stati ingannati da Wirecard.


Ernst & Young conosceva molto bene Wirecard

EY è stato il revisore contabile di Wirecard per almeno un decennio. Nei soli anni 2017 e 2018, la società di revisione, infatti, avrebbe incassato un totale di 4,5 milioni di euro per la certificazione dei due bilanci e delle attività connesse.

Un articolo della Süddeutsche Zeitung del 29 giugno getta una cattiva luce sia su su EY che su CS. Da quanto riportato si giunge alla conclusione che la truffa di ampie dimensioni fosse evidente ormai da tempo. EY recentemente ha esaminato più da vicino i conti falsi in Asia e si sarebbero resi conto che la frode ha una storia molto più lunga, scrive la Süddeutsche Zeitung. Le indagini mostrano che "mancano soldi e i documenti sono falsificati non solo nell'esercizio 2019, ma anche per l'esercizio 2018". Ciò fa nascere il fondato sospetto che anche le conferme dei saldi a nostra disposizione relative al trust e le informazioni a noi fornite sui saldi dei conti al 31 dicembre 2018 fossero false", cita il giornale riferendosi alla lettera dei revisori dei conti Ernst & Young  alla direzione di Wirecard.

Il giornale conclude: "ciò a sua volta significa che c'è il sospetto che anche il bilancio del 2018 possa essere stato falsificato. Wirecard ormai da molti anni sembrerebbe un castello di carte". Ma anche il 2018 sarebbe stato troppo tardi. Un giornalista del Financial Times, infatti, già dal 2015 era sulle tracce del dramma che circondava questa possibile frode su larga scala.

I boss di Wirecard hanno sempre cercato di cambiare le carte in tavola. Il giornalista era il cattivo in combutta con gli speculatori.



sabato 4 luglio 2020

Dal Bundestag carta bianca per gli acquisti della BCE

Con un'ampia maggioranza che oltre alla Groko comprende anche i Verdi e la FDP, il Bundestag giovedi' ha dato luce verde agli acquisti di titoli della BCE, adempiendo quindi agli obblighi previsti dalla sentenza della Corte Costituzionale del 5 maggio. A far discutere soprattutto è stata la rapidità del voto e l'assenza di un dibattito approfondito sulla natura dei problemi sollevati dalla Corte di Karlsruhe. Ne scrive Die Welt

bundestag approva acquisto titoli da parte della BCE

l programma di acquisto titoli della Banca Centrale Europea (BCE) del 2015 è ormai da tempo fonte di grande irritazione. Tanto che la Corte costituzionale federale, nella sua sensazionale sentenza di maggio, ha ordinato alla BCE di indicare in che modo avrebbe soppesato gli effetti del suo controverso programma di acquisto titoli denominato PSPP.


Nel frattempo sembra essere ormai imminente una soluzione politica alla disputa in corso: giovedì scorso, infatti, il Bundestag ha votato una mozione trasversale presentata dalla CDU/CSU, dalla SPD, dalla FDP e dai Verdi. In essa i partiti concludono che la banca centrale ha effettuato l'esame della proporzionalità dei suoi acquisti di titoli, come richiesto dai giudici di Karlsruhe.

"Sulla base della decisione del Consiglio direttivo della BCE e dei documenti ricevuti dalla Banca Centrale Europea, il Bundestag conclude che i requisiti della sentenza della Corte costituzionale del 5 maggio 2020 in merito alla valutazione sulla proporzionalità del programma PSPP sono soddisfatti", è scritto nella mozione congiunta. Secondo la mozione la BCE ha effettuato un esame "dell'adeguatezza, della necessità e dell'appropriatezza delle misure di politica monetaria" in merito agli acquisti di titoli.



Ciò che è irritante, tuttavia, è la velocità con cui una questione così complessa è stata presentata al Bundestag, giusto prima della pausa estiva. Solo a partire da lunedi, infatti, i deputati hanno potuto prendere visione dei documenti che la BCE ha messo a disposizione dei parlamentari presso il servizio per la protezione dei segreti (Geheimschutzstelle) del Bundestag.

"Senza un esame approfondito"

Fra questi c'è un questionario sul programma per l'acquisto di obbligazioni EAPP e alcune presentazioni in inglese. Sebbene i documenti menzionino costi e benefici, è alquanto improbabile che il contenuto sia accessibile e comprensibile a molte persone, se non altro a causa delle abbreviazioni criptiche come ABSPP, CBPP-3, Opzioni di tipo 2. Anche la cosiddetta „Hybrid stock-flow formulation“ menzionata nei documenti, non sarà probabilmente familiare a molti membri del Parlamento.

"Personalmente mi sento abbastanza ben informato, e sono stato anche molto contento quando ho visto quanti documenti la BCE abbia messo a nostra disposizione", ha detto Otto Fricke, portavoce in materia di politica di bilancio del gruppo parlamentare della SPD al Bundestag. Egli ammette tuttavia che i parlamentari che sulle questioni finanziarie e di bilancio non sono così esperti dovrebbero fare affidamento sulla competenza dei loro colleghi. "Ma il giurista che è in me, e anche il parlamentare nell'ambito della separazione dei poteri, possono convivere con questa procedura".

corte costituzionale di karlsruhe
Non tutti i parlamentari tuttavia la pensano così. Per Uwe Kamann, Mario Mieruch e Frauke Petry, membri del Bundestag, tutti ex deputati di AfD e ora indipendenti, il ritmo con cui la mozione è stata presentata in Parlamento è stato troppo sostenuto.


"Esaminare una questione di tale portata senza un'analisi approfondita dei documenti non è altro che una deliberata inosservanza dei doveri di controllo parlamentare dei deputati del Bundestag", critica Kamann in una lettera al presidente del Bundestag, Wolfgang Schäuble (CDU), a disposizione di WELT.


Se i gruppi parlamentari, come previsto, dovessero comunque procedere al voto con il Placet del presidente del Bundestag, Kamann intende ricorrere alla Corte costituzionale federale. "Soprattutto in qualità di deputato del gruppo misto, quindi senza un partito, non mi è stato possibile, su di una questione finanziaria così complessa, sulla quale non sono né uno specialista né ho il sostegno di un gruppo parlamentare alle mie spalle, familiarizzare con il contenuto della questione in così poco tempo, senza avere a disposizione una perizia esterna ed averla esaminata in modo così approfondito come sarebbe richiesto dal mio dovere di controllo parlamentare", si lamenta.

Nella sua lettera a Schäuble non solo esprime dei dubbi sul fatto che i circa 700 membri del Parlamento siano stati in grado di formarsi un quadro complessivo nel poco tempo a disposizione. Kamann critica anche le esigenze di riservatezza dei documenti, che non gli hanno consentito di consultare degli esperti esterni.



La somma del bilancio è salita alle stelle

"Per inciso, dubito anche che tutti gli altri circa 700 deputati siano stati in grado di farsi un quadro complessivo ad una tale velocità". Non è stato possibile, ha detto, se non altro per i limiti di tempo della Geheimschutzstelle del Bundestag. "E questo rende la mozione di giovedì dei suddetti gruppi ancora più sconcertante", ha detto.


In effetti, la situazione economica sulla base della quale la BCE prende le sue decisioni non è chiara. Ad esempio, le autorità monetarie nell'ambito del programma di acquisto titoli PSPP hanno comprato obbligazioni per un volume di circa 2,3 trilioni di euro. Con il suo attuale 0,3 %, tuttavia, il tasso di inflazione è ancora lontano dall'obiettivo del 2% fissato dalla BCE. Anche sotto altri aspetti, la BCE è intervenuta in modo così forte che il totale del suo bilancio è salito a oltre 6.000 miliardi di euro - senza alcun successo percepibile in termini di inflazione.

E così la FDP, oltre alla mozione congiunta con gli altri gruppi, vuole presentare anche una propria proposta per migliorare in futuro questa procedura. In una mozione del gruppo parlamentare, a disposizione di WELT, i deputati confermano che il Consiglio direttivo della BCE si è occupato degli effetti collaterali della sua politica monetaria.

Nel documento tuttavia scrivono anche che questa procedura non soddisfa ancora tutti i requisiti della sentenza. Ad esempio, la Corte costituzionale federale obbligava il Bundestag ad adempiere in maniera permanente alla sua responsabilità in termini di integrazione "osservando costantemente" l'attività di politica monetaria della BCE, pur mantenendo la sua piena indipendenza.

Il Bundestag di conseguenza dovrebbe accertarsi che il Consiglio direttivo della BCE, anche in futuro, prenda decisioni solo dopo aver effettuato un adeguato "test di proporzionalità in maniera metodologicamente comprensibile", e che la politica monetaria della BCE mantenga il divieto di finanziamento monetario agli stati.


Secondo il parere dei parlamentari della FDP, questo compito non comprende quindi solo il controverso programma PSPP, "ma anche l'azione di politica monetaria della BCE nel suo insieme". In particolare, i parlamentari citano nella loro lettera il programma di acquisto d'emergenza pandemico PEPP, che la BCE ha già avviato il 18 marzo 2020.

Stabilità dei prezzi e limite massimo agli acquisti

È sicuramente vero che questo programma di acquisto titoli deve essere valutato sullo sfondo della profonda crisi economica causata dalla pandemia da Coronavirus. Secondo la legge, tuttavia, non vi sarebbe in linea di principio "alcuna interferenza necessaria e giustificabile con il divieto di finanziamento agli stati", come sottolineano i deputati.

Al fine di poter monitorare costantemente anche in futuro la politica monetaria della BCE e di verificare se i limiti del suo mandato saranno rispettati, i parlamentari della FDP hanno proposto un intero elenco di misure. Tra queste, ad esempio, una sottocommissione del Bundestag, che con l'aiuto degli esperti dovrà controllare regolarmente il rispetto del divieto di finanziare gli stati, ma anche tenere regolari dibattiti plenari sul rapporto annuale della BCE e sulle richieste della BCE.


Inoltre, dieci anni dopo l'avvio dell'acquisto di titoli di stato su larga scala da parte della BCE, è necessario ridiscutere in maniera fondamentale quale dia esattamente il mandato della BCE, scrivono i proponenti: "È necessario rivedere sia l'obiettivo che i mezzi della BCE".

Secondo il gruppo parlamentare della FDP, ciò comporterebbe due grandi cambiamenti: in primo luogo, una ridefinizione del concetto di stabilità dei prezzi, che farebbe della banca centrale il metro di valutazione del suo operato. Invece dell'obiettivo di un tasso d'inflazione prossimo ma inferiore al 2%, un tasso d'inflazione da zero al 2 % potrebbe allentare la pressione sull'azione della politica monetaria. In secondo luogo, secondo la proposta dei liberali, gli acquisti di titoli di Stato dovrebbero "essere consentiti solo fino a un limite massimo, nel medio termine solo in relazione alla chiave di capitale della BCE e come ultima ratio".

venerdì 3 luglio 2020

Il caso Wirecard e la difesa dell'interesse nazionale tedesco

Wirecard era la grande speranza dei tedeschi nel Fintech. Per questa ragione probabilmente le autorità di controllo e i revisori dei conti, in nome dell'interesse nazionale, hanno preferito chiudere piu' di un occhio facendo finta di non vedere quello che stava realmente accadendo nell'azienda prodigio. E' una storia piena di strane coincidenze e collusioni. Ce la racconta il sempre ben informato German Foreign Policy.


Speranze spazzate via

Già dopo il referendum sulla brexit del 23 giugno 2016, negli ambienti economici e finanziari tedeschi c'era la speranza di poter rafforzare sensibilmente il ruolo della Germania come piazza finanziaria. Sullo sfondo c'era l'ipotesi che dopo l'uscita della Gran Bretagna dall'UE, molte istituzioni finanziarie con sede a Londra si sarebbero dovute trasferire nel continente  in quanto avrebbero avuto bisogno di una sede all'interno dell'UE. Francoforte sul Meno, il grande centro finanziario nella forte Germania, avrebbe potuto sviluppare una certa attrattività. Uno studio pubblicato nell'estate del 2017 ipotizzava che circa 10.000 posti di lavoro nel settore finanziario sarebbero stati spostati dal Tamigi al Meno; Francoforte sarebbe stata la piazza finanziaria a trarre i maggiori vantaggi dalla Brexit [1]. La speranza tuttava è stata tradita. Sebbene 31 banche si siano effettivamente trasferite da Londra a Francoforte, in realtà hanno portato con sé pochissimo personale: in totale circa 1.500 nuovi posti di lavoro, mentre la stragrande maggioranza è rimasta nella capitale britannica. Al momento si pensa che non appena l'uscita della Gran Bretagna dall'UE sarà completata, ci saranno altri 2.000 posti di lavoro che probabilmente saranno trasferiti nella Repubblica Federale. Nella migliore delle ipotesi, quindi, ci si potrà aspettare un terzo dell'aumento originariamente sperato [2].

Una doppia possibilità

Anche Wirecard AG negli ultimi anni aveva alimentato le speranze della Germania di rafforzarsi come piazza per le attività finanziarie. Da qualche tempo, infatti, le cose non vanno molto bene per le principali banche della Repubblica Federale Tedesca; Deutsche Bank è una delle prime 20 banche europee (al 4° posto), ma è l'unica grande banca tedesca - insieme a cinque banche britanniche e cinque francesi, due spagnole, italiane, olandesi e svizzere e una svedese. Attualmente sia Deutsche Bank che Commerzbank stanno pianificando un numero a quattro cifre in termini di tagli di posti di lavoro; Commerzbank inoltre è già uscita dal Dax nel settembre del 2018. Sebbene Wirecard disponesse solo di una banca piuttosto piccola, sembrava offrire i presupposti per un avanzamento verso la leadership mondiale nell'ambito dell'elaborazione dei pagamenti con carta nel settore Fintech - una doppia opportunità per la Repubblica Federale, che nel settore digitale non ha alcun attore globale, a parte la più tradizionale società di software SAP. Dopo il recente scandalo Wirecard, il segretario generale della CSU Markus Blume, ad esempio, in riferimento al settore Fintech ha dichiarato: "abbiamo bisogno di piu' campioni nazionali in questo settore".

Singapore: aperta un'inchiesta su Wirecard

Da più di dieci anni ormai, contro la ex-speranza del settore finanziario tedesco veniva sollevata l'accusa di aver smarrito la retta via sui conti aziendali. Il Financial Times, con sede a Londra, a tal proposito all'inizio del 2019 ha condotto una ricerca particolarmente intensa, pubblicando diversi rapporti alquanto critici sulle pratiche della società [4]. Fra le altre cose c'erano anche i ricavi, apparentemente falsificati, relativi agli affari del gruppo a Singapore. Il caso aveva fatto scalpore a livello internazionale. Ed aveva spinto le autorità della città-stato del sud-est asiatico a prendere di mira Wirecard, che nel febbraio dell'anno scorso hanno anche condotto una perquisizione domiciliare dei locali dell'azienda. Nel marzo 2019, infatti, la pubblica accusa di Singapore si lamentava del fatto che la società tedesca ostacolasse le indagini con ogni mezzo possibile; le indagini non procedevano con il ritmo auspicato [5]. Persino uno studio legale di Singapore, incaricato dalla stessa Wirecard di indagare sulle irregolarità, si era sentito costretto ad attribuirne la "responsabilità penale" ai dipendenti della società [6]. L'allora amministratore fiduciario locale della star del Fintech tedesco, nel frattempo, si è dato alla clandestinità. Le indagini del pubblico ministero a Singapore continuano ancora oggi.[7]

Germania: deununce penali contro i giornalisti

Le reazioni delle autorità tedesche alle accuse contro Wirecard, invece, sono state completamente diverse. Nel febbraio 2019, infatti, l'Autorità tedesca di vigilanza finanziaria (BaFin) ha convocato la Deutsche Prüfstelle für Rechnungslegung (DPR, Bilanzpolizei) commissionandogli una revisione completa del bilancio consolidato. La revisione dei conti non è ancora stata completata. E questo del resto era prevedibile: come è consuetudine, la Bilanzpolizei ha assegnato a questo compito un solo dipendente, anche se il bilancio di Wirecard ha la fama di essere estremamente opaco. La società di revisione KPMG in seguito ha avuto bisogno di 40 dipendenti per svolgere una revisione straordinaria sui conti di Wirecard. [8]. Nel febbraio 2019, inoltre, il BaFin aveva vietato le cosiddette vendite allo scoperto ("short selling") contro Wirecard per proteggere l'azienda da pericolose speculazioni. Nell'aprile 2019 aveva addirittura presentato una denuncia penale contro un giornalista del Financial Times, la cui inchiesta giornalistica aveva anche contribuito alla divulgazione delle pratiche di Wirecard. In Germania, la stessa Wirecard - a differenza di Singapore - se l'era cavata senza delle indagini ufficiali degne di questo nome.



Screenshots certificati

Degno di nota è anche il ruolo svolto dalla società di revisione EY nell'ambito del caso di frode Wirecard. EY aveva sempre certificato i conti del bilancio consolidato, anche se secondo una ricerca del Financial Times, almeno per gli anni dal 2016 al 2018, aveva avuto a disposizione solo delle fotocopie e degli screenshot relativi ai presunti crediti della società nel sud-est asiatico [9]. Nel 2018, sarebbero stati proprio questi screenshot la presunta prova di un saldo a credito di circa un miliardo di euro presso la seconda più grande banca di Singapore, la OCBC Bank. La Banca OCBC tuttavia dichiara di non aver mai avuto rapporti commerciali con Wirecard. Il miliardo di euro, apparentemente creato dal nulla, è stato poi "trasferito" nelle Filippine, dove sarebbe stato "rabboccato" fino a raggiungere 1,9 miliardi di euro e li' "depositato" - e quindi suddiviso - fra la seconda e la quarta banca del Paese, la Banca de Oro Unibank (BDO) e la Bank of the Philippine Islands (BPI). BDO e BPI confermano all'unanimità di non aver creato alcun conto per Wirecard. EY non ha mai verificato l'esistenza di questi conti apparentemente inventati - un errore clamoroso che, secondo gli esperti, non capita nemmeno ai principianti. Secondo il Financial Times, dal 2015 al 2017, l'allora dipendente di EY, Andreas Lötscher, avrebbe svolto un ruolo di primo piano nella verifica dei bilanci di Wirecard. Lötscher nel 2018 è passato direttamente a Deutsche Bank come capo della contabilità [10]. EY, a sua volta, nel frattempo si occupa anche della revisione dei bilanci di Commerzbank, Munich Re e Deutsche Bank.

"La Germania come piazza finanziaria ne esce fortemente danneggiata"

In merito all'azione intrapresa, in particolare dal BaFin, nei giorni scorsi gli osservatori commentavano che "i supervisori in Germania" avrebbero dovuto "controllare più da vicino e porre delle domande molto prima"; solo così si sarebbe potuto evitare lo scandalo. Ora, però, in merito all'invenzione di sana pianta dei crediti miliardari di Wirecard e delle altre irregolarità, una cosa è certa: "le turbolenze intorno a Wirecard hanno gravemente danneggiato la Germania in quanto piazza finanziaria" [11]. Dal momento che "la qualità della supervisione ... è un importante criterio per gli investimenti, soprattutto per gli investitori internazionali", ha commentato Volker Brühl, amministratore del Centro per gli studi finanziari della Goethe University di Francoforte, giudicando lo scandalo Wirecard come "un grave danno per la reputazione della Germania in quanto centro finanziario" [12].





[1] Matthias Goldschmidt: Studie prognostiziert nach Brexit starken Jobaufbau in Frankfurt. finanzen.ch 25.08.2017. S. auch Die Brexit-Zwischenbilanz.
[2] Finanzplatz Frankfurt sieht sich als größten Brexit-Gewinner. boerse.ard.de 22.06.2020.
[3] Daniel Delhaes, Jan Hildebrand: CSU-Generalsekretär: "Wirecard ist nicht systemrelevant". handelsblatt.com 30.06.2020.
[4] Dan McCrum, Stefania Palma: Executive at Wirecard suspected of using forged contracts. ft.com 30.01.2019. Dan McCrum, Stefania Palma: Wirecard: inside an accounting scandal. ft.com 07.02.2019.
[5] Ingo Malcher: Behindert Wirecard Ermittlungen? zeit.de 13.03.2019.
[6] Wirecard-Affäre - Finanzaufsicht Bafin zeigt FT-Journalisten an. manager-magazin.de 17.04.2020.
[7] Christoph Hein: Finanzplatz Singapur zieht Zügel gegen Wirecard an. faz.net 30.06.2020.
[8] Georg Giersberg: Die Bilanzpolizei wird entlassen. Frankfurter Allgemeine Zeitung 29.06.2020.
[9], [10] Olaf Storbeck, Tabby Kinder, Stefania Palma: EY failed to check Wirecard bank statements for 3 years. ft.com 26.06.2020.
[11] Kathrin Jones: Die Wirecard-Krise ist auch ein Totalschaden für den Finanzplatz Deutschland. handelsblatt.com 18.06.2020.

mercoledì 1 luglio 2020

Heiner Flassbeck - La banalità di Weidmann

"Se volete capire cosa ci sia di fondamentalmente sbagliato in Germania, allora basta leggere le interviste al presidente della Bundesbank, Jens Weidmann", scrive il grande economista tedesco Heiner Flassbeck. Weidmann probabilmente crede che possano tornare i bei tempi andati in cui gli altri peaesi europei si indebitavano e l'industria tedesca continuava ad esportare come se non ci fosse un domani. La situazione, purtroppo per gli industriali tedeschi, è cambiata, e prima lo capiscono meglio sarà per tutti. Ne scrive Heiner Flassbeck su Makroskop.de


Se volete capire cosa ci sia di fondamentalmente sbagliato in Germania, allora dovreste leggere l'intervista che il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, ha rilasciato alla FAZ. Se l'avete letta, la maggior parte di voi dirà: sì, come al solito, è quello che ci si può aspettare oggi da un politico.

Esattamente! E questo è il problema. Nell'intervista la parte piu' interessante è proprio quello che non viene detto.

Che cosa dovrebbe dire ai cittadini un presidente della Bundesbank che politicamente vuole essere davvero indipendente? Ebbene, dovrebbe naturalmente commentare la domanda che gli viene posta dalla FAZ, ovvero se ci sono e quali sono i limiti al debito pubblico. La FAZ fa esattamente questa domanda, e usa anche una parola chiave molto interessante:

"Fare debiti non era mai stato cosi' sexy. Non ci sono limiti al debito pubblico, da quando è iniziata la crisi ce lo hanno spiegato anche molte persone che meritano di essere prese sul serio. La casalinga sveva non riesce piu' a tenere testa".

Un presidente della Bundesbank politicamente indipendente e illuminato, avrebbe dovuto rispondere che i debiti non hanno nulla a che fare con il sesso e che i tempi in cui si poteva argomentare usando la storia della casalinga sveva purtroppo sono finiti da tempo. Non è stato forse proprio lei, avrebbe dovuto chiedere al condirettore della FAZ, Gerald Braunberger, ad aver scritto piu' volte che i tempi sono cambiati perché in tutto il mondo le aziende non fanno piu' debiti e sono diventate invece delle risparmiatrici?

Cosa avrebbe dovuto dire

Il presidente della Bundesbank avrebbe dovuto sottolineare che la Bundesbank ogni anno, a partire dagli anni '50 (un risultato pionieristico!), calcola in tutti i settori i saldi netti fra accreditamento e indebitamento come supplemento ai conti nazionali (ad esempio qui), e da questi è possibile capire che non esiste più la tradizionale divisione dei ruoli: da una parte le famiglie che risparmiano per ragioni di prudenza, dall'altra le imprese che fanno i debiti rendendo cosi' possibile il risparmio. Avrebbe dovuto anche dire che in una grande economia relativamente chiusa come è l'Unione Monetaria, ciò significa necessariamente che sarà lo Stato o saranno gli Stati a doversi assumere il compito di fare debiti, almeno fino a quando non ci saranno strumenti politici disponibili (oppure ci sarà la volontà di utilizzarli) per costringere le aziende a tornare a fare debiti.

A tal proposito avrebbe dovuto anche dire che la casalinga sveva da diversi anni non trova piu' nel settore privato il solito partner che le dà la possibilità di risparmiare. La soluzione tedesca, avrebbe dovuto dire il membro del Consiglio direttivo della BCE, vale a dire quella di spostare il peso dell'indebitamento sugli altri paesi, non è un modello adatto per l'Europa e per il mondo intero. Inoltre, i tagli salariali in Europa aumenterebbero ulteriormente il rischio di una deflazione e il resto del mondo non potrebbe mai accettare delle eccedenze europee su scala tedesca. I "quattro paesi frugalisti" insieme alla Germania dovrebbero finalmente comprendere il contesto economico complessivo, per il cui rilevamento statistico, da ormai quasi settant'anni, la Bundesbank ha ottenuto un grande riconoscimento scientifico.

Ma non ha detto nulla di tutto ciò. La risposta di Jens Weidmann è stata più che banale:

"L'immagine della casalinga sveva spesso viene male interpretata. Il suo risparmio non è fine a se stesso, ma risparmia per poter spendere questi soldi in cose utili e anche per fare provviste per i momenti difficili. E questo è esattamente il caso. È stato ragionevole aver fatto uno sforzo per potersi permettere delle finanze solide in tempi normali. E ha altrettanto senso ora, in tempi difficili, usare lo spazio di manovra disponibile per fare un grande cambio di rotta". 

Per Weidmann, apparentemente erano "tempi normali" quelli in cui il più grande paese dell'Unione Monetaria realizzava delle enormi eccedenze di conto corrente grazie al dumping salariale (che la stessa Bundesbank ha ammesso qualche anno fa), senza alcun rispetto per i suoi partner e convinceva se stesso e i suoi cittadini che in una fase del genere la casalinga sveva poteva tranquillamente risparmiare.



La casalinga sveva può fare provviste?

Che la casalinga sveva voglia fare delle provviste è evidente e non è necessario sottolinearlo. Se sia realmente in grado di risparmiare in ogni circostanza, è la vera questione di fondo, e nel cercare di dare una risposta a questa domanda, un'istituzione grande ed economicamente importante come la Bundesbank, avrebbe dovuto mettere da parte tutte le considerazioni di appartenenza politica e partitica e contribuire all'educazione dei cittadini.

Se inoltre, qualcuno come il presidente della Bundesbank ha una grande responsabilità a livello europeo, allora bisogna pretendere che parli apertamente in quanto tedesco, e che parli alla coscienza del proprio paese quando - ancora una volta - sarà in procinto di rompere le porcellane europee. Chi ora sta difendendo le regole europee sul debito e sostiene che alla fine sarà il "contribuente" a dover pagare gli interessi e rimborsare i debiti, come fa Weidmann nel prosieguo dell'intervista, sta deliberatamente causando smarrimento tra la popolazione e la politica.

Nessuno potrà mai ripagare i debiti che lo Stato sta accumulando durante questa crisi, perché i normali periodi di crescita nei quali lo Stato rientra dal debito senza troppi problemi grazie agli investimenti e all'indebitamento delle aziende, resteranno un ricordo del passato, almeno per quanto ne sappiamo. Chi tuttavia continua a crederci, allora deve anche spiegare e discutere apertamente in che modo la politica possa riportare le aziende alla loro responsabilità. Se non lo fa, bisogna presumere che la popolazione sia stata deliberatamente ingannata.

Perché l'economia nel suo complesso resta un tabù?

Perché in Germania non è possibile fare un salto dal livello microeconomico a quello dell'economia nel suo complesso? Perché non è possibile dire che non ci può essere risparmio senza indebitamento e discutere apertamente delle conseguenze? Gli economisti di tutto il mondo germanofono stanno miseramente fallendo proprio su una delle questioni fondamentali che praticamente ci riguarda tutti. Sempre piu' spesso mi viene chiesto da persone intelligenti che di mestiere non sono economisti, come è possibile che una materia che vorrebbe essere una scienza, semplicemente possa ignorare la fondamentale dimensione macroeconomica del suo oggetto di studio.

Non c'è da sorprendersi se poi molte persone intelligenti hanno come l'impressione che da parte di chi deve prendere delle decisioni ci sia un qualche complotto, quando si rifiutano di seguire dei semplici passi logici che qualsiasi non economista potrebbe cogliere in pochi minuti. A questi bisogna aggiungere anche quei giornalisti che fanno domande così gentili che sembra quasi che con ogni domanda possano rompere in maniera irreparabile un uovo estremamente prezioso. E non si può certo dare torto a chi cerca spiegazioni per questo comportamento che va al di là di ciò che normalmente viene considerato "politicamente corretto".

Il fallimento degli economisti è legato al grande dibattito ideologico iniziato con il keynesianesimo. L'espansione del pensiero economico fino all'inclusione dell'ambito macroeconomico, portata avanti da Keynes, Kalecki, Robinson, ma anche da Wilhelm Lautenbach, tra gli altri, non è stata vista come una sfida scientifica, ma è stata interpretata come l'attacco da parte di un'ideologia statalista alla pura dottrina dell'economia di mercato, che pertanto doveva essere difesa con ogni mezzo possibile.

In termini puramente emotivi, i difensori dei dogmi dell'economia di mercato avevano ragione. Il pensiero macroeconomico mette in discussione le soluzioni di mercato, perché lo stato è sempre parte del problema e parte della soluzione. Costruire un dogma sulla base di questa semplicissima intuizione, vale a dire che è meglio ignorare completamente la dimensione macroeconomica piuttosto che avere sempre lo stato a bordo, ci mostra una rigidità dogmatica che non può trovare posto nella scienza. Cercare di coprire o addirittura nascondere le connessioni macroeconomiche complessive all'interno dell'economia ne testimonia il totale fallimento, a quasi cento anni dall'inizio del pensiero macroeconomico.


martedì 30 giugno 2020

Verso la fine del mercantilismo tedesco?

"Probabilmente sono finiti i tempi degli enormi avanzi commerciali tedeschi", dice il grande economista dell'IfW Gabriel Felbermayr. Il coronavirus potrebbe essere l'occasione buona per far guarire l'economia tedesca dalla grave malattia che la affligge ormai due decenni: il mercantilsimo. A sostenerlo sono la Bundesbank e altri importanti centri di ricerca. Ne scrive Euractiv.de


Quello che né Donald Trump né la Commissione Europea erano riusciti ad ottenere con i loro appelli più o meno amichevoli, è riuscito a farlo il coronavirus in poco tempo: secondo le previsioni della Bundesbank e dei principali istituti di ricerca, infatti, l'enorme avanzo commerciale tedesco, da anni sotto accusa, a causa della recessione globale, nel 2020 dovrebbe subire un forte calo.

Per la prima volta dal 2011, l'avanzo delle partite correnti tedesche dovrebbe scendere al di sotto del 6% del PIL - vale a dire il livello che la Commissione europea considera una minaccia per la stabilità economica di lungo periodo. Ci sono sempre piu' indizi che la situazione potrebbe restare inviariata anche nel lungo periodo. "Probabilmente sono finiti i tempi degli enormi avanzi commerciali tedeschi", dice il presidente dell'Instituts fü Weltwirtschaft di Kiel (IfW), Gabriel Felbermayr.

La forza delle esportazioni tedesche e la lunga esitazione del governo federale nello stimolare la domanda interna con una maggiore spesa per infrastrutture, per lungo tempo ha infastidito le organizzazioni internazionali. Il presidente americano Trump ritiene addirittura che il suo Paese sia stato sfruttato dalla Germania e in più occasioni ha minacciato di imporre dei dazi punitivi sul prodotto tedesco di maggior successo all'estero: le automobili. La Commissione UE, invece, si preoccupa soprattutto degli equilibri in Europa: accanto  ai paesi con elevati avanzi commerciali, ce ne sono altri con dei grandi disavanzi da finanziare a debito. E' dal 2014 che la Commissione denuncia regolarmente questo "squilibrio macroeconomico". 

Se le previsioni della Bundesbank sono realistiche, allora le autorità di Bruxelles non avranno più bisogno di farlo, almeno per ora. Secondo le previsioni, infatti, quest'anno l'avanzo delle partite correnti tedesche dovrebbe scendere al di sotto 5% del PIL. Sarebbe il livello più basso da quando è iniziato il cancellierato di Angela Merkel nel 2005, decisamente lontano dal picco dell'8,6% raggiunto nel 2015. Il motivo: è probabile che le esportazioni crollino del 13% a causa della recessione di importanti partner commerciali come gli Stati Uniti, la Francia e il Regno Unito. Le importazioni, invece, dovrebbero diminuire solo del 7%. In questo modo l'avanzo con l'estero si dovrebbe assottigliare. Questo dato, a sua volta, spingerà verso il basso anche le partite correnti, alimentate principalmente dal commercio di beni e in misura minore dai servizi e dai redditi da capitale.

"Il protezionismo colpirà duramente la Germania"

"Con la ripresa dell'economia globale, entro il 2022 il saldo dovrebbe tornare a salire, ma senza raggiungere i livelli degli anni precedenti", afferma il capo economista della Bundesbank, Jens Ulbrich. Anche altri economisti la vedono allo stesso modo, citando in particolare tre argomenti che dovrebbero impedire il ritorno ad un aumento permanente degli avanzi con l'estero: la Cina, l'aumento del protezionismo e i maggiori investimenti in Germania.

"Diversamente dal 2009, la ripresa cinese non sarà trainata da un boom di investimenti che si porta dietro anche le importazioni dalla Germania, ma da consumi interni piu' forti", dice il presidente dell'IfW Felbermayr. Come reazione alla crisi finanziaria globale del 2009, la seconda economia mondiale dopo gli USA, infatti, aveva investito centinaia di miliardi nell'espansione delle sue infrastrutture, per le quali aveva avuto bisogno di beni di investimento tedeschi come i macchinari, i veicoli e le attrezzature. E questo all'epoca aveva aiutato la Germania ad uscire dalla crisi molto più rapidamente di quanto non fosse accaduto agli altri grandi paesi industrializzati.

Nell'attuale recessione causata dal coronavirus, tuttavia, la Germania non può piu' fare affidamento su di un altro salvataggio da parte della Repubblica Popolare. "La Cina, ad esempio, si sta sempre più concentrando su un modello economico orientato al consumo", afferma Isabell Koske, vicedirettore del Dipartimento economico dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). "E cosi' la domanda di beni strumentali tedeschi su un mercato così grande dovrà scendere. Ciò a sua volta ci suggerisce che l'avanzo delle partite correnti in futuro non sarà così elevato come lo è stato in passato".

Inoltre, da quando Trump è in carica, il libero scambio si è lasciato alle spalle i suoi giorni migliori - e questo indipendentemente dal fatto che alle prossime elezioni statunitensi il presidente repubblicano in carica venga sostituito dal democratico Joe Biden. "Molti paesi stanno attivamente perseguendo delle politiche economiche per riportare le produzioni a casa", dice l'esperto di commercio estero Felbermayr. "E questo colpirà duramente la Germania." L'industria automobilistica nazionale, in particolare, ne sta già risentendo, perché la minaccia di introdurre dei dazi sul mercato statunitense ha portato ad uno spostamento della produzione di auto per l'export, che dal 2017 ha visto favorite le fabbriche tedesche in America. Un'indagine condotta dall'Associazione delle Camere di Commercio e dell'Industria tedesche (DIHK) su un campione di 4.500 aziende, per la prima volta ha mostrato che le barriere commerciali e il trattamento preferenziale delle aziende locali saranno tra i cinque maggiori rischi per la loro attività all'estero.



"Una fonte di imbarazzao per l'economia mondiale"

E' probabile tuttavia che gli avanzi commerciali alla fine saranno erosi anche perché la Germania, a causa della crisi, ha iniziato ad investire di più a casa propria. Altri paesi potrebbero avvantaggiarsene, perché ad essere stimolate sarebbero proprio le importazioni tedesche. "Per combattere la crisi non stiamo risparmiando, ma intendiamo finanziare le spese e gli investimenti necessari", dice un portavoce del Ministero Federale delle Finanze. Il pacchetto di stimolo economico contro il coronavirus sarà finanziato con un nuovo prestito record da 218,5 miliardi di euro. Gli investimenti statali aumenteranno in modo significativo, gli oneri per i Laender e i comuni scenderanno, mentre la domanda interna sarà incentivata da misure temporanee come la riduzione dell'IVA o i 300 euro di assegni familiari aggiuntivi. "Si sta facendo di più anche per la ricerca e lo sviluppo, in modo da stimolare maggiori investimenti da parte delle aziende", dice l'esperto dell'OCSE Koske.

Ma la Commissione UE mette in guardia dall'autocompiacimento e consiglia al governo tedesco di continuare a utilizzare le possibilità di spesa esistenti anche per i prossimi anni. "La Commissione UE continua quindi a raccomandare alla Germania di aumentare i suoi investimenti nel digitale e nella rivoluzione verde, nella formazione, nell'istruzione, nella ricerca, nell'innovazione e nella costruzione di abitazioni", sottolinea Nora Hesse, Senior Economic Advisor della Commissione UE. "E questo dovrebbe contribuire a ridurre lo squilibrio tra risparmio e investimento".

Il rinomato economista di Havard Dani Rodrik trova addirittura "impressionante" la risposta data dalla politica finanziaria tedesca alla pandemia. "Se alla fine si dovesse riuscire a ridurre il surplus commerciale con l'estero, sarebbe una buona cosa", dice, e subito dopo manda un messaggio di avvertimento: "Il surplus tedesco degli ultimi anni sconfinava nel mercantilismo, ed era una fonte di imbarazzo per l'economia mondiale".


domenica 28 giugno 2020

Wirecard: il fallimento di un intero sistema

Per la Süddeutsche Zeitung il caso Wirecard evidenzia il fallimento di un intero sistema e i responsabili del disastro e della truffa sarebbero gli ultimi ministri delle finanze: Steinbrück, Schäuble e Scholz. Dalla SZ, ne scrive Klaus Ott


Che una società per azioni tedesca riporti in bilancio miliardi di dollari di attivi probabilmente inesistenti, non sarebbe mai dovuto accadere. Il governo tedesco, sin dall'inizio, avrebbe dovuto garantire ai cittadini un controllo rigoroso.

Probabilmente fino ad ora in Germania nessun gruppo di vertice era mai crollato così alla svelta. Per Wirecard AG invece è bastata solo una settimana fra l'annuncio di un buco finanziario del valore di miliardi di euro e la notizia che l'azienda stava presentando istanza di insolvenza in tribunale. Il fallimento di Wirecard equivale anche al fallimento giuridico dell'autorità di vigilanza finanziaria e, in ultima analisi, a un fallimento politico del governo federale. Hanno fallito tutti. Prima che in Germania si possano trarre le conseguenze politiche, devono sempre verificarsi dei gravi scandali economici e dei danni terribili per i contribuenti o, come nel caso di Wirecard, per gli azionisti. O forse devono solo essere annunciati.

Il modo migliore per stabilirlo è chiederlo ai rispettivi ministri delle finanze. Indipendentemente dal partito a cui appartengono. Subito dopo l'inizio del disastro di Wirecard, infatti, il ministro in carica Olaf Scholz si è pronunciato affinché venga chiarito quanto prima quali sono le norme da modificare. L'obiettivo è quello di "essere in grado di monitorare anche reti aziendali complesse, in maniera tempestiva e rapida". "Lo dobbiamo ai creditori, ai dipendenti e agli investitori - e alla Germania come piazza finanziaria", ha detto Scholz a inizio settimana.

Scholz, i suoi predecessori e il governo federale, avrebbero dovuto garantire sin dall'inizio ai cittadini un controllo rigoroso. Per assicurare che l'autorità di vigilanza finanziaria Bafin e gli altri organi di garanzia controllino rigorosamente sia le società che i flussi finanziari e abbiano tutti i poteri necessari per farlo. Il fatto che una società per azioni tedesca sulla carta possa mostrare miliardi di euro, che probabilmente non sono mai esistiti, non sarebbe mai dovuto accadere. Nonostante tutte le manovre opache di Wirecard; è accaduto proprio all'azienda che era così ansiosa di diventare un modello di business nel mondo globale di Internet. Ed è stato un inganno, e quasi tutti sono stati ingannati - compresi molti auditor, i quali possono essere tranquillamente accusati di aver fallito su tutta la linea.

La procura e la magistratura diventano l'officina per le riparazioni della politica

E anche questo è significativo: prima arrivano gli investigatori, come la procura di Monaco di Baviera, perquisiscono le società, emettono dei mandati d'arresto - poi in ritardo arriva anche la politica zoppicante. Ed è successo lo stesso anche in altri scandali. Ad esempio nel caso delle manipolazioni dei gas di scarico alla VW, che non sono state scoperte dalla motorizzazione tedesca, ma dalle autorità statunitensi. Lo scandalo fiscale Cum-Ex. E così via. E questa situazione risale alla crisi finanziaria del 2007-08, quando numerose grandi banche avevano speculato e hanno dovuto essere salvate dallo Stato tedesco per evitare danni ancora maggiori al sistema finanziario e alla società. Le procure e la magistratura sono costrette a diventare l'officina delle riparazioni per conto della politica.

Nel 2009 i servizi scientifici del Bundestag avevano individuato nella "mancanza di una visione d'insieme sull'interazione tra gli attori finanziari da parte delle autorità" una delle principali cause della crisi bancaria. Gli speculatori delle principali banche si erano scatenati, scommettendo su un interminabile boom immobiliare e sull'aumento dei prezzi, fino a quando poi la bolla non è scoppiata. Le autorità di vigilanza non hanno idea di cosa stiano facendo gli acrobati della finanza - questa almeno è la linea che unisce la crisi bancaria, al Cum-Ex e poi a Wirecard. E c'è una linea anche fra i leader politici che ne sono responsabili - da Peer Steinbrück, a Wolfgang Schäuble fino a Olaf Scholz.


martedì 23 giugno 2020

Carne da cannone per i grandi macelli

Le condizioni di lavoro in molti macelli tedeschi sono disastrose, gli alloggi per gli operai sono sovraffolati e angusti e i lavoratori dell'est devono anche subire il solito razzismo dei padroni di casa. L'ondata di contagi da Covid-19 porta finalmente alla luce un sistema di sfruttamento industriale che per andare avanti ha disperatamente bisogno di carne da cannone da tutta Europa. Un articolo molto interessante dalla Süddeutsche Zeitung ci spiega come funziona il sistema Tonnies



Già dopo qualche minuto arriva il primo messaggio Whatsapp proveniente da un uomo che qui chiamiamo Marius Popescu*. La SZ ha chiesto su di un gruppo Facebook di rumeni del Nord Reno-Westfalia, se qualcuno aveva voglia di parlare delle condizioni lavorative nel settore della macellazione. Dal 2015 Popescu ha sempre lavorato per Tönnies, fino a quando circa tre settimane fa è stato messo in quarantena. La grande fabbrica per la lavorazione della carne ora è finita al centro dell'attenzione, dopo che più di 1.000 lavoratori sono risultati positivi al Covid-19.

Popescu parla con calma e tranquillità. Non è che nel settore della carne tutto faccia cosi' schifo, dice. Ma molto di quello che ci racconta, tuttavia, spiega anche perché ormai non ci sia quasi piu' nessuno disposto a lavorare nei macelli.

Popescu ha iniziato confezionando la carne per Tonnies, poi è passato al taglio. Ci racconta di circa 200 ore di lavoro mensili e di alloggi in cui prima della pandemia da tre a sette persone condividevano una stanza. Ma non sembra esserne particolarmente scioccato. "Certo il lavoro è duro". Popescu è stato nell’esercito, ma lui non ricorda che fosse così difficile. Lavorava forse un decimo rispetto a quello che fa ora da Tönnies. All'inizio non pensava che ce l'avrebbe fatta - la macellazione industriale gli sembrava troppo brutale. Considera il suo lavoro da Tönnies come un possibile trampolino per qualcosa di meglio. Grazie a questo lavoro vorrebbe trovare qualcos’altro da fare in Germania, possibilmente in un altro settore.

Popescu sembra essere davvero stupito solo da un argomento. Circa sei settimane fà, infatti, lui e sua moglie erano già stati testati per il Coronavius. In seguito sono anche tornati a lavoro. Ma solo due settimane dopo gli sono stati comunicati i risultati: la moglie di Popescu era positiva. Non riesce a capire perché ci sia voluto così tanto tempo per l'analisi. Né può capire perché dopo di allora non ci siano stati altri test, né alcuna informazione. Il giorno dopo lui, sua moglie e l'intero turno sono stati mandati in quarantena. Da allora, nessuno lo ha più contattato. Anche altri lavoratori hanno riferito alla SZ che da Tönnies, già da diverso tempo, c'erano dei casi individuali di coronavirus.

"Quelli che si lamentavano venivano sbattuti fuori".

Dopo Marius Popescu, altri lavoratori hanno voluto parlare con la SZ, la maggior parte di loro sono sconvolti. Andrei Amariei* scrive che vorrebbe mettere in guardia la gente dallo sfruttamento tipico dei macelli come Tönnies. Amariei nel frattempo è uscito dal settore. Dal 2015 al 2019 ha confezionato carne in Germania, per lo più da Tönnies a Rheda-Wiedenbrück. Ora vive di nuovo in Romania ed è felice, lo racconta in una telefonata su Facetime. La lista delle sue accuse contro Tönnies è lunga. All'inizio lo hanno fatto lavorare per sette settimane senza un giorno di riposo - e sempre di notte, poiché  aveva urgente bisogno di soldi. Ma anche gli altri lavoratori spesso ottenevano un solo giorno libero ogni tre settimane. Anche il suo datore di lavoro, come nel caso di Marius Popescu, un subappaltatore intermediario, truffava sui salari. Quando Amariei ha lasciato l'alloggio aziendale, il subappaltatore gli ha comunque detratto l'affitto. Se passavano del tempo a pulire il posto di lavoro, non veniva considerato come orario di lavoro. Amariei segnala anche "errori" in busta paga, sempre in favore del datore di lavoro. Regolarmente venivano a mancare delle ore, anche se le ore di lavoro effettive erano registrate con la scansione delle impronte digitali al momento dell’ingresso. "Chi si lamentava non veniva più considerato necessario", dice Amariei. Alle domande, risponde sorridendo imbarazzato, come se lui stesso fosse sorpreso di essere rimasto intrappolato in un sistema del genere. Definisce Tönnies uno "stato nello stato". Anche la Cancelliera Merkel non riuscirebbe ad entrare, se non ci fosse qualcuno a farla passare. In realtà, non gli è permesso di riferire nulla sulle condizioni di lavoro presso Tönnies, è scritto nel contratto di lavoro con il suo subappaltatore.



Fino alla pubblicazione di questo articolo, Tönnies non ha risposto alle richieste della SZ.

Le descrizioni di Popescu e Amariei coincidono con altre informazioni, come quelle di Szabolcs Sepsi. Dal 2013, infatti, è responsabile del progetto "Faire Mobilität" a Dortmund nell'ambito del quale aiuta i lavoratori a difendere i loro diritti.

Sepsi spiega in che modo il settore della carne, circa 30 anni fa, sia stata industrializzato e liberalizzato. "C'è una dura guerra dei prezzi condotta dai subappaltatori in concorrenza fra di loro". L'industria della carne ha portato all'estremo il sistema dei contratti d'opera. Molti lavoratori, infatti, potrebbero essere trasferiti in qualsiasi momento. Secondo le sue stime, dei 7.000 dipendenti di Toennies attualmente in quarantena, circa 3.500 lavorano per aziende esterne, circa 2.000 sono rumeni. Senza questo confuso sistema di subappaltatori, Tönnies avrebbe potuto identificare piu’ facilmente gli alloggi dei lavoratori, dice Sepsi.

Senza dubbio negli ultimi anni la situazione negli alloggi è migliorata. In passato gli era capitato di trovare la muffa, gli scarafaggi e i cavi elettrici aperti. Come Popescu, anche Sepsi sostiene che il mattatoio dovrebbe essere solo un trampolino di lancio per trovare poi altri lavori migliori in Germania. Ma racconta anche: "Le condizioni di vita negli alloggi restano difficili".  Dato che molti stabilimenti per la lavorazione della carne lavorano 24 ore su 24, spesso davanti ai bagni si forma la coda e non si riesce piu' a stare in pace e tranquillità. E questo potrebbe anche alimentare conflitti con il quartiere: "Quando il furgone di notte viene a prendere i lavoratori e suona il clacson, penso che dia molto fastidio". Sepsi conferma che in questo settore la frode sui salari è sistematica. La maggior parte dei lavoratori ufficialmente guadagna il salario minimo, ma deve lavorare più di quanto concordato. Nel corso degli anni, alcuni sviluppano dolori cronici e a volte vengono "fatti fuori" dai subappaltatori.

Le persone attualmente in quarantena sono particolarmente indignate a causa dell'affermazione secondo la quale sarebbero andati via per un lungo weekend e così’ al loro ritorno avrebbero portato con sé il virus. In realtà molte persone stavano lavorando negli stabilimenti: "Non c'è stato nessun fine settimana lungo per l'industria della carne", dice Sepsi. "L'affermazione è semplicemente falsa e alimenta solo il razzismo."

Ai dipendenti di Tönnies sarebbe stato rifiutato l'ingresso negli ambulatori medici

Si registra già un aumento dell’emarginazione: gli hanno riferito infatti che gli ambulatori medici non fanno più entrare i dipendenti di Tönnies. Si dice che i supermercati abbiano fatto uscire persone che pensavano fossero dei rumeni. "È successo anche a Cosfeld", dice Sepsi.

Per Andrei Amariei non è una grande sorpresa. Dice: "I rumeni sono sempre stati in fondo alla scala sociale, anche i polacchi e i turchi ci guardano dall’alto in basso". Racconta di un conoscente rumeno che da commesso di un supermercato, aveva il divieto di parlare rumeno con i clienti rumeni. Da un lato si ricorda dei vicini di casa simpatici - e dall'altro di tutti quelli che non perdevano occasione per lamentarsi dei rumeni. "Anche se un'auto era parcheggiata un po' storta". Amariei è molto infastidito anche dalle dichiarazioni del presidente del NRW Armin Laschet. Mercoledì scorso, infatti, hanno chiesto a Laschet che cosa significasse il boom di contagi da Toennies per quanto riguarda l’allentamento dei divieti. Laschet ha risposto: "Non ci dice nulla a riguardo, perché i rumeni e i bulgari sono rientrati in Germania e il virus arriva dai loro paesi". In seguito Laschet ha anche citato gli alloggi come una possibile causa di diffusione, ma dopo le critiche molto pesanti che gli sono arrivate ha dovuto chiarire: "Non è possibile dare la colpa del virus a persone di qualsiasi origine esse siano".

Amariei invece sostiene che Toennies, come Laschet, stava solo cercando di scaricare la colpa su chi può essere sostituito piu’ facilmente: "Troverai sempre qualcuno che alla fine è disposto a lavorare sodo anche per pochi soldi. Le persone che si sono messe i soldi in tasca ora stanno semplicemente dando la colpa a loro. Non c'è decenza in tutto questo".

* I nomi dei dipendenti sono stati cambiati.