martedì 10 dicembre 2019

Cosi' gli oligarchi dell'Europa dell'est si arricchiscono con i soldi europei

I contributi europei per l'agricoltura nell'Europa dell'est foraggiano le oligarchie locali e arricchiscono la classe politica. Un'inchiesta giornalistica molto interessante chiarisce il rapporto fra soldi europei e potere politico nell'Europa dell'est. Ne scrive infosperber.ch


Quando nell'UE si parla di agricoltura, si tratta principalmente di soldi. Un sacco di soldi: l'Unione distribuisce 60 miliardi di euro all'anno agli agricoltori europei, tre volte più degli Stati Uniti. All'inizio si trattava di fondi pensati per promuoverne la coesione e sostenere la trasformazione dell'UE in una unione economicamente equilibrata. Le regioni agricole non dovevano restare desolate ma mantenere la loro competitività.

Ad avvantaggiarsene sono soprattutto le grandi aziende

Per le piccole imprese i contributi europei sono una garanzia, se non un vero e proprio prerequisito per l'esistenza. Poiché una parte di tali contributi viene calcolato in base alla superficie, ad avvantaggiarsene, tuttavia, sono soprattutto le aziende piu' grandi. L'80 % del denaro finisce al 20% delle aziende piu' grandi. Il New York Times (NYT) recentemente ha documentato come i sussidi destinati all'Europa orientale abbiano creato un sistema quasi feudale. Sui terreni agricoli dell'UE, infatti, i fondi comunitari spesso vengono utilizzati per coltivare interessi politici. Il giornale con una inchiesta ha mostrato il modo in cui i sussidi comunitari nell'Europa orientale hanno promosso la corruzione e reso le aristocrazie locali ancora più ricche.

Una miopia storica e le sue conseguenze

La maggior parte dei sussidi agricoli arriva a Francia, Italia, Spagna e Germania, vale a dire i paesi che danno il maggior contributo alla produzione agricola dell'UE. Una parte minore della somma stanziata è destinata all'Europa centrale e orientale.


I pagamenti diretti e le sovvenzioni, tuttavia, nell'Europa dell'est hanno creato qualche problema di potere. Un tempo le condizioni generali in quei paesi erano completamente diverse: i lavoratori gestivano la terra per conto dello stato, il quale la possedeva. Con il crollo del blocco orientale e la successiva privatizzazione, i governanti hanno avuto un'opportunità unica per garantirsi il loro futuro politico (ed economico) grazie ai grandi appezzamenti di terra sovvenzionati attraverso le pratiche di distribuzione dell'UE. Chiunque abbia la terra incassa i soldi - e quindi ottiene potere.

Chi incassa per conto di chi, è difficile da determinare, scrive il "New York Times". Alcuni paesi pubblicano dati (qui un esempio per la Germania, con i dieci maggiori destinatari tedeschi del 2018). L'UE pubblica alcune informazioni e mantiene una banca dati non pubblica. In parte c'è una mancanza di trasparenza su chi sia il proprietario di quale terreno, perché risalire alla proprietà è complesso, oppure viene deliberatamente nascosto. A volte anche i legislatori di Bruxelles non hanno idea di dove stiano finendo i fondi dell'UE.

Un sistema volutamente opaco

Il giornale ha creato un proprio database con i registri societari, i dati sulle vendite e  le locazioni di terreni, nonché i documenti trapelati e i registri non pubblici di informatori e ricercatori, cercando di risalire alla proprietà. I redattori hanno lavorato con dei giornalisti locali che hanno indagato sugli abusi in materia di terreni agricoli, nonostante le restrizioni alla libertà di stampa. Ad esempio in

Repubblica ceca : il più noto beneficiario di sussidi europei è il primo ministro Andrej Babis. Il politico più potente della Repubblica ceca, infatti, secondo il senatore ceco Lukas Wagenknecht, sarebbe "completamete finanziato dall'UE". Le sue società l'anno scorso, secondo una ricerca della NYT, hanno ricevuto contributi europei per almeno 42 milioni di dollari. Le analisi condotte dall'UE mostrano che ha un chiaro conflitto di interessi e che potrebbe aver commesso delle truffe. La legislazione della Repubblica Ceca negli ultimi anni è stata adattata in modo da rendere più facile alle grandi aziende ottenere più sussidi.

Bulgaria: secondo la "Accademia bulgara delle scienze", nel 2015 tre quarti dei fondi per l'agricoltura pagati sono andati a 3.700 destinatari, che però rappresentano solo 100 aziende. Meno del 2% delle imprese agricole coltiva l'82% della superficie del paese. Questa concentrazione porta a monocolture in cui si coltiva principalmente il grano. Le coltivazioni di frutta e verdura, tipiche della regione, come il bestiame, nella regione vengono trascurate, osserva il rapporto. Nella primavera del 2019, i controlli hanno rivelato legami tra i funzionari governativi e gli imprenditori agricoli. in Bulgaria, il più grande produttore di farina attualmente è in attesa di processo.

Slovacchia: i piccoli agricoltori riferiscono di essere stati aggrediti e ricattati perché possiedono terre preziose per i sussidi. Nel 2018 il giornalista Ján Kuciak è stato ucciso a colpi di arma da fuoco per aver indagato sul rapporto fra la mafia italiana e il settore agricolo del paese. Il procuratore capo della Slovacchia ha riconosciuto l'esistenza di un "mafia agraria".

La ricerca sposta poi il suo focus sull'Ungheria, il cui capo di governo Victor Orban spesso critica l'UE, ma che sin da subito ha saputo riconoscere il valore dei sussidi europei. Grazie alla locazione e alla vendita di terreni, infatti, è riuscito ad assicurare il potere a se stesso, alla sua famiglia e al partito Fidesz. "Un sistema che non ha inventato, ma che utilizza in maniera efficiente", afferma l'ex ministro dell'agricoltura ungherese Gyorgy Rasko.

Già alla fine del suo primo mandato nel 2002, due anni prima dell'ingresso ufficiale dell'Ungheria nell'UE, Orban ha venduto a investitori privati ​​con i quali aveva legami politici, dodici società agricole di proprietà statale. La "sporca dozzina", come furono chiamate allora. Assicurandosi dei diritti esclusivi sulla terra per 50 anni sono riusciti a garantire il futuro politico di Orban.

Un grave errore

Ad aiutarlo nella sua rielezione erano state prorio le prosteste dei contadini. E qualcuno che per loro si era battuto. Il professore e ingegnere agricolo József Ángyán immaginava un futuro sostenibile per i piccoli proprietari ungheresi, per questo aveva fondato vari programmi universitari e gestiva una fattoria biologica di 450 ettari. Orban in caso di elezione avrebbe dovuto fornire supporto ai suoi programmi, vittoria elettorale che ha ottenuto proprio grazie al sostegno degli agricoltori. "Io gli ho anche creduto", ha detto Ángyán al New York Times. Un grave errore.

Nel 2010 Orban è diventato nuovamente Primo Ministro e ha nominato Ángyán sottosegretario di Stato presso il Ministero dell'agricoltura ungherese. I vincitori delle elezioni tuttavia non hanno mantenuto le loro promesse. Nel giro di un anno Orban ha venduto e affittato grandi proprietà ai suoi alleati. Centinaia di migliaia di ettari, che ufficialmente erano destinati a piccoli offerenti locali, durante le aste sono finiti ai politici amici. Il contratto di locazione era economico, a volte a fare l'offerta si presentava un solo offerente.

I terreni sono stati seguiti dai sussidi. Ángyán è stato ingannato e ha messo in conto che l'operato di Orban avrebbe ampliato il divario tra ricchi e poveri trasformando il suo Fidesz nel "signore" dell'Ungheria rurale. "È un sistema assolutamente corrotto", ci dice oggi. Nel 2012, si è dimesso dal governo, ma è rimasto membro del parlamento. Oggi Ángyán è scomparso dalla vita pubblica. Il contratto di locazione della sua fattoria biologica è stato disdetto dal governo, il suo dipartimento presso l'Università di Szent István è stato chiuso. Verso la fine dell'inchiesta, ha anche perso i contatti con il New York Times.

Feudalesimo moderno

La svendita è andata avanti. Molte piccole fattorie ungheresi ora sono circondate da grandi fattorie. I piccoli agricoltori, che vogliono affittare o acquistare terreni, spesso non sono nemmeno a conoscenza delle aste, anche se in realtà come aziende locali avrebbero dei diritti preferenziali. Oppure si consiglia di non fare offerte, perché il futuro inquilino o proprietario è già stato individuato.

Il pensionato Ferenc Horvath, intervistato dal New York Times, ad esempio ha scoperto per la prima volta che i terreni pubblici che circondano il suo piccolo terreno erano stati privatizzati quando il nuovo proprietario ha messo delle recinzioni. Non aveva mai sentito parlare della vendita imminente. Horvath ora è circondato da un allevamento di suini di proprietà di Lorinc Mészáros, un amico d'infanzia di Orbán.

Mészáros, che nel 1990 era proprietario solo di una piccola società di fornitura di gas, ora è miliardario e per il gran divertimento dei media ungheresi, ama paragonarsi a Mark Zuckerberg. La sua carriera eccezionalmente rapida si è basata sui fondi UE e sui contratti governativi. Solo nel distretto di Fejer, dal quale proviene anche Victor Orban, la sua famiglia ha acquistato 3.800 ettari di terra. Il genero di Orban e un altro "amico" possiedono altre grandi proprietà nelle vicinanze.

Chi resiste viene importunato

I piccoli proprietari terrieri non possono fare molto contro tali truffe. Da un lato, essi stessi beneficiano dei fondi UE. Dall'altro se diventano fastidiosi rischiano di finire su delle cosiddette "liste nere". Ciò significa controlli frequenti e senza preavviso sugli standard ambientali o sulla qualità dell'acqua utilizzata nel loro lavoro, e altre angherie varie. Inoltre non vengono piu' presi in considerazione per ulteriori acquisti di terreni o domande di locazione.

Anche l'UE è in gran parte impotente. Negli ex paesi del blocco orientale, l'Unione è spesso vittima dei suoi stessi principi che prevedono una certa sovranità nazionale. L'assegnazione dei terreni e i controlli alimentari sono di competenza del governo ungherese, come anche la distribuzione dei fondi UE. L'Ungheria sostiene di operare in tutti gli ambiti correttamente e secondo la legge.

Quello che succede con i fondi dei paesi membri dell'UE è di competenza dei singoli paesi. La trasparenza e la sorveglianza sui sussidi agricoli sono sicuramente migliorati sin dall'allargamento ad est, le nuove regole hanno sicuramente maggiori probabilità di rendere piu' difficili le frodi individuali, ma non la manipolazione degli stati. "L'Unione europea ha strumenti molto limitati per trattare con gli stati che si comportano da gangster", afferma Tomás García Azcárate, un funzionario agricolo europeo di lunga data, "vale per la politica, e l'agricoltura. È un vero problema».

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domenica 8 dicembre 2019

La SPD volta pagina e si lascia alle spalle Hartz IV! Forse...

Nel 2001 Gerhard Schröder ci spiegava che "nella società tedesca non può esistere un diritto alla pigrizia". A distanza di 18 anni dalle parole dell'ultimo Cancelliere SPD, nel congresso di partito tenutosi questo fine settimana a Berlino i socialdemocratici hanno deciso di voltare pagina su Hartz IV e di lasciarsi alle spalle il sistema sanzionatorio che lo rende estremamente impopolare. In realtà era stata una recente sentenza della corte costituzionale tedesca a dichiarare incostituzionali le sanzioni superiori al 30% del sussidio minimo; la SPD a cose fatte e con un certo imbarazzo si allinea ad una decisione della corte di Karlsruhe. E' lecito dubitare, inoltre, che la Große Koalition sia disposta ad abolire il regime sanzionatorio e ad allungare la durata del sussidio di disoccupazione. Ne scrive Die Zeit


La SPD intende cambiare alcuni punti centrali di Hartz IV e quindi dell'Agenda 2010 introdotta dall'ex cancelliere Gerhard Schröder. A tal fine il congresso di partito della SPD tenutosi a Berlino ha votato all'unanimità il concetto per un "nuovo stato sociale". In particolare i socialdemocratici intendono cambiare il controverso regime sanzionatorio per i destinatari di Hartz IV. I circa 600 delegati hanno accolto la decisione con un lungo applauso.

Il nuovo concetto dovrà sostituire Hartz IV con un sussidio chiamato "Bürgergeld" il quale dovrebbe prevedere minori possibilità di incorrere in sanzioni. Il primo passo sarà l'attuazione della sentenza della Corte costituzionale tedesca di novembre. Secondo la sentenza, infatti, i centri per l'impiego possono ridurre le indennità mensili Hartz IV fino ad un massimo del 30 % del sussidio. La SPD intende quindi preservare il "minimo di sussistenza socio-economica e socio-culturale", abolire le sanzioni per i minori di 25 anni e tagliare i costi delle abitazioni.

"Vogliamo lasciarci Hartz IV alle spalle", ha dichiarato il primo ministro della Renania-Palatinato Malu Dreyer. Con il suo concetto il partito vuole allontanarsi ulteriormente dal suo passato. "Vogliamo riconoscere i contributi dati dalle persone nel corso della loro vita", ha detto Dreyer. "Non vogliamo che le persone si riducano a  mendicare".

Il ministro federale del lavoro Hubertus Heil (SPD) ha annunciato colloqui con l'Unione. "Discuteremo queste posizioni con i partner di coalizione, voglio conoscere la posizione dell'Unione su questo tema", ha detto Heil. Secondo la sentenza di Karlsruhe, infatti, le sanzioni del 60 % del sussidio previste da Hartz IV violano la Legge fondamentale. "Questa è un'opportunità per avvicinare l'intero sistema ai cittadini e per poterlo riformare all'interno di questa coalizione", ha detto Heil.

Le famiglie dovrebbero ricevere almeno 250 euro per ogni bambino

Con la proposta del cosiddetto sussidio di disoccupazione Q, la SPD riprende un'idea del 2017. L'allora candidato alla Cancelleria Martin Schulz, infatti, aveva lanciato l'idea durante la campagna elettorale: nel caso il disoccupato intraprenda una misura di formazione continua, l'indennità di disoccupazione verrebbe estesa; la SPD ora ne chiede l'estensione fino a 36 mesi. Al momento esiste il diritto ad un massimo di 24 mesi di indennità di disoccupazione ma solo a partire dall'età di 58 anni.

Oltre al Buergergeld, la SPD vorrebbe introdurre anche una sicurezza di base per i minori. In Germania, in futuro, lo stato dovrebbe pagare per ogni bambino almeno 250 euro al mese di Kindergeld. Il partito vuole raggruppare le diverse prestazioni familiari come il Kindergeld, le integrazioni per i bambini (Kinderzuschlag) e le prestazioni Hartz IV per i bambini collegandole alle assicurazioni sociali. Tutte le famiglie dovrebbero ricevere 250 euro al mese per ogni bambino.

Chi guadagna poco riceverà invece fino a 400 euro per i bambini di età inferiore ai 6 anni, 458 euro per i bambini dai 6 ai 13 anni e 478 euro per i figli di età superiore ai 14 anni. Dal nuovo assegno familiare mensile, 30 euro dovranno finire su di un conto finalizzato alla partecipazione sotto forma di una carta per i bambini. Questo importo sarà disponibile per i servizi a pagamento come quelli delle società sportive, piscine o scuole di musica. Nel suo nuovo concetto di welfare state, inoltre, il partito chiede di aumentare il salario minimo fino a 12 euro l'ora. La mozione approvata prevede inoltre agevolazioni fiscali nei contratti collettivi e un'assicurazione civile per la cura dei malati.
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venerdì 6 dicembre 2019

La resistenza contro Berlino

Per German Foreign Policy il recente avvicinamento fra Macron e Putin sarebbe il tentativo del presidente francese di organizzare una resistenza anti-tedesca a livello continentale. Lo schema sarebbe lo stesso della prima e della seconda guerra mondiale: aprire contemporaneamente un fronte occidentale e uno orientale in modo da disorientare e indebolire i tedeschi, troppo presi dalle loro ambizioni egemoniche continentali e mondiali. Una riflessione molto interessante del direttore di German Foreign Policy, Hans-Rüdiger Minow


Dolcemente, con cortesia e con un sorriso amichevole, ma in maniera precisa e solo indirettamente minacciosa, a Berlino è tornato a suonare l'appello per avere piu' potere. Il mondo deve sentire che la "lingua del potere" ormai riguarda l'intera Europa, è il messaggio lanciato dalle élite tedesche e dal loro inviato di Bruxelles, il presidente della commissione europea. Per lei si tratta di riuscire ad affermarsi nel mondo ricorrendo alla "lingua del potere".

La signora von der Leyen (capo della commissione UE) ha detto:

"L'Europa deve anche imparare la lingua del potere // da un lato, ciò significa allenare i propri muscoli per poter fare ciò che per lungo tempo abbiamo affidato agli altri, ad esempio nella politica di sicurezza, e più specificamente nel dispiegamento della forza quando si tratta di difendere gli interessi europei".

L'impressione data da Bruxelles è quella di una "Europa" che chiede con urgenza più potere e più "muscoli" - più forze militari, ma ciò non corrisponde alla realtà. Perché la maggioranza delle persone non vuole più potere e più spese militari, ma vuole più soldi per le questioni sociali. L'impressione data da Bruxelles non riflette l'Europa. Questa idea arriva da Berlino, come il presidente della commissione, e riflette l'ambizione di una nazione con una notevole forza economica. Più potere ha bisogno di violenza.

A Bruxelles, Berlino sta spingendo per ottenere un comitato direttivo civile-militare, denominato Consiglio di sicurezza europeo, che funzioni da guscio esterno per un nucleo interno: il Consiglio di sicurezza nazionale tedesco. Dovrebbe avere lo scopo di riunire l'economia e le forze armate, lo stato e la società in modo tale da creare uno stato maggiore politico - a Berlino e a Potsdam.

Uno stato maggiore come questo ha già fallito 2 volte nel tentativo di prendere il potere su scala mondiale - in due guerre catastrofiche. Il "Consiglio di sicurezza", sia in caso di crisi che di guerra, copia questo modello ben collaudato di chiara origine tedesca.

Sul fatto che nella selezione degli avversari ora ci si rivolga alla Russia, come era accaduto nel primo tentativo di raggiungere lo status di potenza mondiale, e che nel mirino del militarismo da tempo sia finita anche la Cina, a Berlino non vi è alcun dubbio. I leader diplomatici della Germania riunificata stanno seriamente pensando di fermare con delle sanzioni l'uscita della Cina dalla schiavitù coloniale. Già al primo tentativo di impadronirsi a livello mondiale del potere, Berlino era andata oltre le proprie possibilità mentre combatteva contro la Cina. Al secondo tentativo, quando i carri armati tedeschi sono entrati sul suolo russo, la "lingua del potere" e il suo tessuto muscolare sono morti su milioni di tombe.

Poca attenzione ha ricevuto anche il fatto che al fronte orientale se ne è aggiunto uno ad ovest. L'incommensurabile pretesa delle élite tedesche di implementare la "lingua del potere" in nome dell'Europa causa subbuglio  - anche nel territorio della stessa alleanza occidentale. La storica sfiducia che accompagna la Germania da quando per ben 2 volte ha tentato di raggiungere il potere globale scatenando 2 guerre mondiali, è la ragione più profonda dei dubbi britannici sull'UE.

Il rapporto con la Francia ha raggiunto il punto piu' basso. Berlino non è disposta a frenare il surplus delle esportazioni della sua economia e a scendere almeno a compromessi politici. Le conseguenze restano immutate: indebitamento per finanziare le importazioni dalla Germania - accade ovunque nell'Europa meridionale. Parigi sta cercando di stringere un'alleanza con i paesi del Mediterraneo per formare una resistenza a Berlino: Italia, Spagna e Grecia.

Questo fronte occidentale, in caso di successo, sarà integrato - da una maggiore vicinanza a Mosca. Parigi sta esplorando il suo strumento diplomatico più difficile: un patto tattico tra Francia e Russia per scavalcare Berlino e regalare due fronti fra loro interconnessi alla frivola pretesa delle élite tedesche; ad ovest sul Reno, ad est sul Bug. Il patto del salto, se dovesse concludersi, si ricollega a quello dei suoi precursori.

Lo zar russo e il presidente Poincaré, infatti, conclusero lo stesso patto all'epoca in cui l'imperatore Guglielmo II intendeva riorganizzare l'Europa secondo la "lingua del potere". Poco dopo iniziava la prima  guerra mondiale...

Nella guerra successiva, sotto de Gaulle, mentre i carri armati tedeschi stavano affondando sul suolo russo, la Francia rinnovò questo patto per bypassare la Germania. Francia libera (France libre) cercava a Mosca un partner per la sicurezza allo scopo di arginare Berlino - nel 1944 e forse per sempre.

Il patto, concluso per una durata di 20 anni, ha mantenuto il suo effetto anche quando è iniziata la guerra fredda. Sicuramente le ferite causate in tutta Europa dal "linguaggio del potere" sono guarite. Ma non sono state dimenticate, nemmeno le vittorie.

La stazione della metropolitana, che a Parigi ricorda le vittorie, ha ancora il suo nome: "Stalingrado".

Parigi non ha mai perso quando si è alleata con Mosca. Nell'alleanza con la Germania, invece, tra il regime di Hitler e i collaborazionisti francesi, il regime di Vichy, si è quasi annullato.



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mercoledì 4 dicembre 2019

L'ex capo di Siemens condannato in Grecia a 15 anni

Si tratta probabilmente della mazzetta piu' grande di tutti i tempi: circa 68 milioni di euro che i dirigenti della tedesca Siemens nel 1998 avrebbero pagato ai funzionari greci per aggiudicarsi un importante appalto. A distanza di 21 anni dai fatti, da Atene è arrivata la sentenza di primo grado per gli ex-vertici dell'azienda di Monaco di Baviera. Ne scrive Handelsblatt


I mulini della magistratura greca macinano molto lentamente: cosi' nel frattempo sono passati 21 anni dal reato. 14 anni fa i pubblici ministeri hanno iniziato a indagare. Il processo è andato avanti per piu' di 3 anni. E ora nella vicenda legata alla corruzione di funzionari da parte del gruppo Siemens in Grecia, sono arrivati i verdetti.

20 dei 64 imputati coinvolti sono stati dichiarati colpevoli dalla corte. Dovranno farsi diversi anni di prigione. L'ex presidente del consiglio di amministrazione Heinrich von Pierer è stato condannato dai giudici a 15 anni di reclusione, mentre l'ex presidente di Siemens Thomas Ganswindt a 13 anni di carcere. Altri cinque ex dirigenti tedeschi del gruppo sono stati condannati dal tribunale a sette anni di carcere.

Nella prima presa di posizione dopo la sentenza, Pierer ha definito il verdetto come "del tutto sorprendente", in quanto la pubblica accusa in aprile e di nuovo a luglio di quest'anno ne aveva chiesto l'assoluzione. Nel corso del processo era stato ad Atene per due audizioni e "non vi è stata nessuna singola accusa penale contro la quale io dovessi o potessi difendermi". Von Pierer ha annunciato: "presenteremo un appelo nei confronti del verdetto".


La sentenza contro l'ex top manager di Siemens e gli altri imputati ritenuti colpevoli avrebbe potuto essere ancora più dura. All'inizio l'accusa, infatti, riguardava anche il reato di corruzione di pubblici ufficiali. E ciò avrebbe potuto significare anche l'ergastolo. Grazie a una riforma penale approvata dal parlamento greco in estate, tuttavia, il reato nel frattempo si è prescritto. Resta in piedi l'accusa per riciclaggio di denaro.

Al centro del procedimento c'è uno dei contratti più redditizi che Siemens abbia mai vinto in Grecia: nel 1998, dopo lunghe trattative con l'allora autorità greca per le telecomunicazioni OTE, l'azienda di Monaco si era aggiudicata il contratto per convertire la rete telefonica greca dalla tecnologia analogica a quella digitale. Il volume dell'ordine ammontava a poco meno di 693 milioni di euro. All'epoca sarebbero state pagate tangenti per circa 68 milioni di euro ai responsabili greci della decisione.

La magistratura greca ha basato la sua ricerca sui documenti dei pubblici ministeri tedeschi, i quali avevano già aperto un'inchiesta sull'accaduto. I dirigenti tedeschi di Siemens accusati ad Atene avevano già dovuto rispondere dell'accusa di corruzione davanti ad un tribunale tedesco ed erano in parte stati condannati e in parte assolti.

I difensori dei tedeschi avevano quindi chiesto l'archiviazione del caso secondo il principio del "ne bis in idem" sancito dal diritto europeo, e cioè che nessuno può essere processato due volte per lo stesso reato. La magistratura greca non aveva tenuto conto di questo principio affermando che si trattava di accuse diverse da quelle già formulate in Germania. Gli osservatori del processo ritengono che questa decisione sia costituzionalmente discutibile.

Nel frattempo dieci imputati sono morti

Von Pierer non si è mai dovuto presentare davanti a un tribunale tedesco per difendersi da queste accuse. Ha sempre negato di essere stato a conoscenza della tangente, ma ha accettato un'ammenda di oltre 250.000 euro per violazione del dovere di controllo e ha pagato a Siemens cinque milioni di euro di danni.

Anche gli ex dirigenti della filiale greca di Siemens, Michael Christoforakos e Christos Karavelas, sono stati condannati alla pena massima di 15 anni di carcere. Christoforakos era già fuggito in Germania dieci anni fa. La sua estradizione era stata rifiutata dalle autorità tedesche in quanto è un cittadino tedesco e i reati dei quali è accusato secondo la legge tedesca sono ormai prescritti. Karavelas si è dileguato all'estero.



10 dei 64 imputati originali non hanno potuto vedere la fine del processo - in quanto nel frattempo sono morti. Tra questi c'è anche Volker Jung. L'ex manager del gruppo era a capo del consiglio di sorveglianza nonché manager della controllata greca Siemens-Hellas al momento dell'aggiudicazione dell'appalto.

Gli imputati tedeschi lunedì, in occasione della sentenza, non si sono presentati. A rappresentarli c'erano i loro avvocati. Resta aperta la questione se i condannati dovranno andare immediatamente in prigione. La corte potrebbe quindi chiedere un mandato di arresto internazionale contro von Pierer e gli altri tedeschi.

Che la Germania li possa estradare è alquanto improbabile. Viaggiare all'estero, tuttavia, per le persone colpite dalla condanna sarebbe comunque rischioso. Rischierebbero di essere arrestate durante un controllo alla frontiera e trasferiti in Grecia.

Potrebbero passare anni fino al verdetto finale

Il tribunale tuttavia potrebbe sospendere l'esecuzione fino a quando non sarà deciso se la sentenza è definitiva. La giustificazione scritta della sentenza, come spesso accade in Grecia, potrebbe arrivare fra alcuni mesi. Gli osservatori del processo prevedono che oltre a Pierer, anche gli altri imputati facciano appello. Ci sarebbe quindi un nuovo grado di giudizio. In seguito resterebbe la revisione finale della Corte Suprema.

Potrebbero passare diversi anni prima di arrivare ad una sentenza finale nella vicenda della Siemens greca. Indipendentemente da ciò, l'avvocato di Pierer intende chiedere che la sentenza in Germania non venga eseguita "in quanto viola i principi costituzionali di base".


martedì 3 dicembre 2019

Zonar: così Zalando monitora e controlla i dipendenti

Nel fantastico mondo della produttività made in Germany e dell'economia "sociale" di mercato, un articolo molto interessante della Süddeutsche Zeitung  ci spiega il funzionamento di Zonar, il software per la valutazione fra colleghi utilizzato da Zalando, il gigante tedesco del commercio online. Alla base c'è lo stesso sistema utilizzato per la valutazione online dei prodotti, solo che qui l'oggetto della valutazione sono le persone. Ne scrive la Süddeutsche Zeitung


- I dipendenti di Zalando sono incoraggiati a valutare le prestazioni e il comportamento dei loro colleghi mediante il sistema di gestione e valutazione del personale Zonar.

I dipendenti si lamentano dell'enorme sorveglianza e, di conseguenza, dell'elevata pressione e dello stress.


- Zalando, invece, considera il sistema di valutazione un progresso.

Quando Marianne Meier si è candidata per un posto da Zalando, in giro aveva sentito cose cattive, e cioè: "che puoi andare avanti solo leccando il culo ai capi" Marianne Meier (il nome è stato cambiato) pensava che fossero solo le dicerie di qualche persona frustrata - e cosi' si è fatta arruolare dal più grande rivenditore di moda online d'Europa. Nel frattempo però, anche i dirigenti sembrano essere alquanto frustrati. E ciò ha molto a che fare con il sistema per la gestione delle risorse umane "Zonar":  "non importa quanto sia buono il tuo feedback, il capo può interpretarlo a suo piacimento e se non gli piaci, farti fuori dall'azienda".

Zonar, che Zalando impiega tra 5.000 dei suoi 14.000 dipendenti, rimanda al sistema delle valutazioni dei clienti su Internet. Solo che qui non sono i prodotti ad essere valutati, ma le persone. Attraverso il software i manager e i dipendenti valutano in maniera completa i punti di forza e di debolezza dei colleghi, come ad esempio le loro prestazioni e la loro condotta sociale. "In sostanza, si tratta di valutare, controllare e sanzionare i dipendenti in maniera permanente", affermano Philipp Staab e Sascha-Christopher Geschke della Humboldt-Universität di Berlino. I due ricercatori lavorano da due anni su uno studio di 60 pagine, ora disponibile alla Süddeutsche Zeitung .

Il capo del personale di Zalando parla della possibilità di dare un "feedback a 360 gradi".

Le accuse principali: Zalando genera la sensazione di essere sorvegliati, pressione sui risultati e stress. Con Zonar il gruppo in rapida crescita, ormai oltre cinque miliardi di euro di fatturato,  crea un clima di paura fra i lavoratori e mantiene bassi i salari. I dipendenti a tempo determinato temono di perdere il loro lavoro. Tali sistemi di gestione del personale potrebbero diffondersi in tutto il mondo professionale, è scritto nello studio della Fondazione Böckler: "Zalando, la società leader nella digitalizzazione, ha un ruolo fondamentale". Il colosso Amazon nel 2015 negli Stati Uniti,  con un software simile, aveva provocato un'ondata di indignazione analoga. I dipendenti all'epoca si lamentavano per l'eccessiva pressione.

Zalando, che effettua consegne in 17 paesi europei, dà un giudizio positivo del suo sistema: "Zonar è una parte importante della nostra gestione dei talenti, un sistema con il quale offriamo ai dipendenti e ai leader l'opportunità di ottenere e fornire feedback a 360 gradi". In passato erano solo i manager a decidere se qualcuno doveva essere promosso o ricevere uno stipendio piu' alto, afferma il responsabile del personale Astrid Arndt. "Ora invece a ciò si aggiunge anche quello che i colleghi, i clienti aziendali e i dirigenti pensano di quella persone, questo sistema è più giusto del precedente". Lo sviluppo di ciascun dipendente viene supportato attraverso una "cultura del feedback vissuta".

"Non posso avere una brutta giornata."

I lavoratori intervistati la vedono in maniera diversa. "È una sorveglianza a 360 gradi", afferma uno di questi. "Non posso avere nemmeno una brutta giornata". Alcuni mesi dopo in una valutazione è riapparsa una situazione di cui non si ricordava nemmeno piu'. "Bisogna fare sempre buon viso a cattivo gioco", dice Marianne Meier. "Sorridere a tutti, altrimenti tutti si possono vendicare"

Attualmente i dipendenti, due volte l'anno, nominano fino a otto dipendenti per la valutazione.  Mentre i dirigenti hanno voce in capitolo nella selezione. In linea di principio, secondo i ricercatori, tutti vengono incoraggiati a valutare in maniera permanente il comportamento dei loro colleghi. L'impressione di essere sorvegliato è rafforzata dal fatto che una parte di Zalando si è trasferita in un ufficio con stanze completamente vetrate, con delle postazioni di lavoro quindi costantemente visibili. "Trovo Zonar un sistema impossibile", afferma un dipendente. "In realtà, sono i metodi  della Stasi."

Zalando spiega che esiste un interesse legittimo del datore di lavoro nel controllare le prestazioni. Zonar verrebbe utilizzato solo nella misura in cui è consentito dalla legge. I lavoratori citati non sarebbero rappresentativi. Un sondaggio interno ha mostrato che il 67 % dei dipendenti raccomanderebbe Zalando come un buon datore di lavoro. Solo il 13% prende in considerazione l'idea di cambiare azienda. "Zonar non è uno strumento di controllo", afferma il responsabile delle risorse umane Arndt.

Ci sono anche lavoratori che trovano il sistema positivo

Ci sono anche dipendenti che in linea di principio approvano il sistema. "Ricevo un feedback sul mio lavoro. Migliore è il feedback, tanto migliore sarà la mia valutazione", ci spiega un dipendente al telefono, chiamiamolo Thomas Forster. "E' una grande cosa, se fa bene all'azienda". In realtà, egli individua anche delle criticità: "Si tende a proteggere la propria area di lavoro, invece di cooperare. Il controllo effettuato attraverso Zonar svolge un ruolo importante in ciò. Le persone considerano soprattutto l'impressione che stanno dando, invece di riflettere sul problema ..."

Come accade ad altri dipendenti, Marianne Meier, invece, sottolinea altri svantaggi: "dovrebbe essere tutto anonimo, ma tutti ne parlano: dammi un buon feedback, poi te ne darò uno buono io, se ne parla spesso in pausa pranzo". Si è anche rivolta ad un manager che ufficialmente non poteva sapere quale feedback Meier gli avesse dato. I capi si mettono d'accordo fra loro per ottenere dei voti alti. Un percorso impossibile per i normali dipendenti.

Le valutazioni sono decisive per definire lo stipendio, insieme ad una commissione. Poiché ciascuno valuta i punti di forza e di debolezza, l'immagine complessiva che ne esce può essere interpretata a scapito dei dipendenti, i ricercatori affermano: "Zonar è progettato per produrre i risultati desiderati dal management". I dipendenti sono divisi in tre gruppi di prestazioni, quelli attuali sono: eccezionali, forti e in grado di migliorare. I ricercatori affermano che Zalando mantiene sistematicamente il gruppo superiore in una dimensione ridotta, in alcuni dipartimenti è solo del 2-3%. "Beh, non è davvero possibile raggiungere il livello più alto", dice un dipendente. Zonar crea una massa il cui salario ristagna, secondo Staab e Geschke: "da Zalando molti lavoratori sono frustrati a causa dei salari relativamente bassi". Zalando invece non è d'accordo, secondo l'azienda non si può parlare di un limite salariale causato da Zonar. "Gli aumenti salariali medi nel 2018 e nel 2019 sono stati ben al di sopra della media tedesca del 3,1 per cento".

I dipendenti descrivono come Zalando sia riuscito ad imporre il sistema di valutazione. "L'anno scorso sono stato il top performer e ho anche ricevuto dei bonus", afferma nello studio un dipendente. Poi è stato avvicinato: "o abbassi la valutazione del tuo collega e gli dai un feedback negativo, in modo da poterlo classificare come un low-performer, oppure non sarai più un top-player. Le parole sono state piu' o meno queste dopodiche ho detto: 'No, non voglio dare questo feedback'. Lo considero un ricatto."

Zalando spiega che non può capire affermazioni simili. I dipendenti fra loro generalmente si scambiano feedback positivi.

La società afferma di aver tratto delle conseguenze dalle critiche.

Marianne Meier ha apertamente criticato delle decisioni caotiche. In questo modo si è resa impopolare agli occhi di diversi capi che poi si sono messi d'accordo fra loro. In seguito per lei non è stato d'aiuto nemmeno aver dato a tutti i suoi colleghi dei buoni voti. È stata comunque declassata. Zalando  attraverso le sanzioni crea un clima di paura, sostengono i ricercatori. Una collega si è confidata con Thomas Forster e ha raccontato quello che le è successo: il suo capo dalle valutazioni ha selezionato degli elementi negativi per poterla fare fuori.

La responsabile del personale Arndt, d'altra parte, trae una conclusione positiva. "Riteniamo che con Zonar si stia andando incontro alle necessità dei dipendenti, ascoltiamo lo staff e continuiamo a sviluppare Zonar". Ciò che i ricercatori descrivono nello studio, in corso dal 2017, oggi tuttavia viene gestito diversamente.

In che modo i programmi come Zonar si possono diffondere e modificare la routine lavorativa quotidiana? Questa è una domanda che dovrebbe interessare milioni di dipendenti. E' probabile che tali programmi resteranno di tendenza per molto tempo ancora. Il New York Times nel 2015 ha rivelato le pratiche in uso presso Amazon. Li' i dirigenti vengono monitorati e guidati da un programma di gestione del personale. I colleghi si sentono spiati da "Anytime Feedback Tool". L'accusa è quella di esercitare una forte pressione sulle persone malate e sui "low performer". "Zonar crea dinamiche che in futuro modelleranno il mondo del lavoro", scrivono Staab e Geschke. "I rivenditori online come Amazon o Zalando sono all'avanguardia in questo ambito".



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domenica 1 dicembre 2019

Pronto il salvataggio di NordLB con i soldi dei contribuenti

Prosegue spedito il salvataggio di NordLB, la Landesbank pubblica di Hannover. I parlamenti regionali hanno fretta di chiudere la partita e ancor prima di aver ottenuto il via libera formale della Commissione europea, mercoledì scorso hanno presentato la proposta di legge per ricapitalizzare la banca pubblica con ben 3.6 miliardi di euro. Ne scrive Manager Magazin


I miliardi necessari per il salvataggio della dissestata Landesbank NordLB potrebbero arrivare a breve, su questo punto il ministro delle finanze della Bassa Sassonia Reinhold Hilbers è alquanto ottimista - mentre nel parlamento regionale l'opposizione mette in guardia dai rischi per i contribuenti. La portata dell'aumento di capitale sarebbe di 3,6 miliardi di euro, con i quali i Laender della Bassa Sassonia e della Sassonia-Anhalt e il gruppo delle Sparkassen intendono ricapitalizzare NordLB. Nel complesso, tuttavia, gli oneri e le garanzie, che potrebbero gravare sulla sola regione della Bassa Sassonia ammontano a circa 6,8 miliardi di euro.

Prima che la banca possa incassare il denaro, tuttavia, la Commissione europea deve decidere se il salvataggio è compatibile con il diritto della concorrenza europeo. Hilbers mercoledì ad Hannover ha detto di essere "cautamente ottimista" sulla possibilità di riuscire ad ottenere quest'approvazione. La decisione è prevista per l'inizio di dicembre. "Bruxelles non ha più domande a livello operativo, e ci è già stato chiesto di avviare la procedura formale", ha dichiarato il politico della CDU. In seguito i parlamenti regionali di Hannover e Magdeburgo dovranno concordare il piano di salvataggio.

NordLB si trova in una situazione difficile a causa delle gravi perdite dovute in particolar modo al finanziamento delle navi. Hilbers dopo la prima lettura del provvedimento nella Commissione finanze della Bassa Sassonia ha sottolineato che non si tratta di una banca qualsiasi, ma di una società di cui il Land detiene il 60 % delle azioni. Neppure una liquidazione della banca risparmierebbe le casse pubbliche regionali.

L'esperto di politiche finanziarie della FDP Christian Grascha, invece, ha messo in dubbio la sotenibilità economica di NordLB. "C'è il rischio che NordLB diventi un pozzo senza fondo", ha detto Grascha criticando anche il processo politico. "Approvare potenziali oneri aggiuntivi per il contribuente per circa 6,8 miliardi di euro in soli 14 giorni è un atto di arroganza parlamentare".

Verdi e FDP hanno richiesto l'audizione di esperti - proposta respinta dalla coalizione fra SPD e CDU, come ha spiegato il politico dei Verdi Stefan Wenzel, il quale ha definito il salvataggio di NordLB come "la decisione più costosa dell'intero periodo legislativo". Il rischio è stato scaricato sul contribuente.

Anche il movimento di cittadini Finanzwende ha criticato l'accordo miliardario. "È sbagliato che ancora una volta in Germania ci sia un'altra banca che viene salvata con il denaro dei contribuenti, questa volta la NordLB", ha dichiarato il presidente Gerhard Schick, che per 13 anni è stato deputato al Bundestag per i Verdi. "NordLB è già stata ricapitalizzata due volte dallo stato, e bisogna temere che questa non sia l'ultima"

Hilbers ha giudicato come improbabile lo scenario estremo nel quale la Bassa Sassonia dovrebbe effettivamente farsi carico di 6,8 miliardi di euro: "non è uno scenario realistico", ha detto.

Anche per quanto riguarda la possibilità che il conferimento di capitale possa non arrivare a NordLB in tempo, il Ministro delle finanze si è detto tranquillo. "In quel caso avremmo un bilancio finanziario di fine anno in cui la banca è sotto-capitalizzata, e quindi dovremmo parlarne con il supervisore bancario", ha detto. Ha poco senso discutere in chiave preventiva questo scenario con l'autorità competente - la Banca centrale europea (BCE).

Il piano di salvataggio prevede che la Bassa Sassonia, in qualità di principale azionista, si faccia carico della  parte principale dell'iniezione di capitale con circa 2,3 miliardi di euro. La Sassonia-Anhalt per la sua quota di poco inferiore al 6% vuole concedere una somma di circa 200 milioni di euro. Il gruppo della casse di risparmio dovrà sostenere la ricapitalizzazione con circa 1,1 miliardi di euro.

La scorsa settimana il governo della Bassa Sassonia ha pertanto votato due proposte di legge: una sulla nuova versione del contratto con lo stato e le altre regioni e una sulla gestione sostenibile di NordLB. Per la firma del nuovo contratto, il governo regionale ipotizza la data del 6 dicembre. Mentre il ministro delle finanze della Bassa Sassonia Hilbers sarebbe disposto a firmare il contratto, se necessario, anche prima del via libera di Bruxelles, la Sassonia-Anhalt vorrebbe attendere l'autorizzazione formale da parte della Commissione europea. Il parlamento di Magdeburgo terrà una sessione speciale a metà dicembre.

La riorganizzazione di NordLB prevede che in futuro la Banca si concentri maggiormente sulle attività regionali. Ma c'è anche il taglio di molti posti di lavoro: entro il 2024, la forza lavoro dovrà essere dimezzata. L'obiettivo è una riduzione a 2800 o 3000 occupati a tempo pieno.

"C'è ancora molto lavoro da fare per noi", ha detto Hilbers in merito alla ristrutturazione. "Ma sono sicuro che possiamo farcela."


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sabato 30 novembre 2019

Avanti, marsch! - Perché la politica e il mainstream spingono verso una militarizzazione del paese e del continente

"Ormai non si tratta più di stabilire "se" ci sarà una militarizzazione, ma solo del "come" e a quale velocità ciò accadrà", scrive Gert-Ewen Ungar su RT Deutsch. AKK, il ministro degli esteri Maas e la Von der Leyen in questi giorni hanno ridefinito l'orizzonte geo-politico della Germania e dell'UE, individuando gli avversari dei prossimi anni: Russia e Cina. Una riflessione interessante che arriva da una testata molto lontana dalle veline e dagli spin-doctor filo-governativi di Berlino. Da RT Deutsch.


Non si può fare a meno di pensare che sia in corso una ridefinizione dell'orientamento della politica estera della Repubblica federale e dell'UE per i prossimi decenni. E i segnali indicano tutti un aumento dell'aggressività. Nel dibattito non si parla affatto di superare lo scontro con la Russia o di avviare una cooperazione con la Cina. Al contrario, è evidente che secondo la volontà degli attori politici tedeschi, nei prossimi decenni a dominare il continente eurasiatico saranno il conflitto con la Russia e l'escalation dello scontro con la Cina.

Si va nella direzione di una militarizzazione della politica estera e dello scontro aperto. Non si fa un'analisi oggettiva delle minacce, che invece sembrano frutto di una percezione soggettiva. Al contrario si continua a ripetere la storia della Russia aggressiva facendo riferimento anche ai presunti desideri espansionistici della Cina.


Che al momento sia stia ridefinendo la direzione della politica estera dell'UE e della Germania, lo si può capire da tre contributi sull'argomento degni di nota ed emersi uno dopo l'altro e dalla loro risonanza mediatica. Lo scontro è stato aperto da una dichiarazione di intenti aggressiva da parte del ministro della difesa Annegret Kramp-Karrenbauer, la quale ha lanciato la sua proposta di istituire una zona di sicurezza in Siria sotto il comando e con la partecipazione tedesca. Per quanto questa proposta fosse lontana dalla realtà, ha dato il via alla discussione su ogni ulteriore impegno militare della Germania nel mondo.

I media mainstream hanno prontamente rilanciato e sostenuto questo slancio. Kramp-Karrenbauer in seguito ha precisato questa idea di un maggiore impegno militare tedesco nel mondo in occasione di un discorso all'Università delle forze armate di Monaco. Gli interessi tedeschi dovranno essere difesi anche nel Mar Cinese Meridionale, ci ha fatto sapere. Dopotutto, la Germania, in quanto potenza commerciale, avrebbe un interesse vitale nel mantenere le rotte commerciali aperte. Per una dichiarazione simile, il presidente federale Horst Köhler qualche anno fa si era dovuto dimettere. Oggi una tesi del genere viene ampiamente - e soprattutto pacificamente - discussa in pubblico. 

Quale interesse la Cina potrebbe avere nel bloccare le rotte commerciali, Kramp-Karrenbauer non lo spiega apertamente, perché ovviamente tutto ciò non ha senso. La tesi secondo cui la Cina potrebbe fare una cosa del genere è priva di fondamento, perché con il progetto della Nuova via della seta, nessun'altro paese ha mostrato un interesse così forte nel mantenere le rotte commerciali aperte come ha fatto la Cina. Al contrario: la Nuova Via della Seta è un piano pacifico di collegamento attraverso progetti infrastrutturali congiunti, scambi commerciali e culturali. Kramp-Karrenbauer nel suo discorso ha voluto ingannare il suo pubblico. Evoca uno scenario di minaccia che non esiste, ma che dovrebbe fornire le basi per la militarizzazione della politica estera tedesca. È qui - bisogna dirlo chiaramente - si tratta della provocazione e dell'aggressività tedesca, non della messa in sicurezza delle rotte commerciali e ancora meno della presunta difesa dei preziosi valori occidentali.

Kramp-Karrenbauer esprime apertamente questa volontà di conflitto, che dovrà essere implementata militarmente, quando nel suo discorso all'Università della Bundeswehr ha detto: 

"So esattamente quanti siano i nostri soldati che sono stati uccisi e feriti durante l'operazione dell'International Security-Assistance-Force. E proprio perché lo so, l'importanza dell'impiego dei nostri partner e alleati è ancora più preziosa."

Qui qualcuno sta parlando in modo chiaro: maggiori saranno le perdite, più forte sarà la partnership dell'alleanza. Anche la morte di piu' persone non metterà nulla in discussione, non c'è nulla che debba essere ripensato. Eppure la missione in Afghanistan è altamente discutibile, anche da un punto di vista militare  e strategico. Questa guerra non è solo costosa, ma è anche  da tempo già persa.

Poco dopo da un altro pulpito Ursula von der Leyen, in qualità di presidente designato della Commissione europea, ha tenuto un discorso sullo stato dell'Europa. Anche lei vede un'Europa minacciata da Cina e Russia. Ad essere in pericolo sarebbero i valori occidentali, la libertà e la società aperta. Tali affermazioni tuttavia non resistono alla prova dei fatti. Nulla mette in pericolo i valori dell'Occidente liberale tanto quanto le politiche dell'Occidente liberale stesso, in particolare le sue politiche economiche. In nessun luogo la democrazia e le conquiste del liberalismo borghese vengono smantellate attivamente come sta accadendo nell'UE.

Lo si vede chiaramente: c'è una "narrazione" che ci viene proposta per i prossimi decenni, ma non ha nulla a che fare con gli sviluppi della realtà. La narrazione è: noi come nazioni pacifiche e liberali saremmo minacciati dalla Cina e dalla Russia, che non condividono i nostri valori. Al contrario, dobbiamo difenderci, soprattutto militarmente. In realtà, ciò è falso, ma non ha più nessuna importanza una volta che questa idea è entrata nelle menti della gente. Per la Russia, è già tutto stabilito, per la Cina, dovrà essere ulteriormente abbellito e rafforzato. 

Gli argomenti utilizzati in questa discussione sono alquanto evidenti. Tradotto in un linguaggio comprensibile, Von der Leyen sostiene che gli stati-nazione democratici riuniti nell'UE devono rinunciare a una parte della loro sovranità in favore di organizzazioni non democratiche e transnazionali come la UE e la NATO, rimuovendo così ogni controllo democratico al fine di preservare il valore della "democrazia occidentale". Lo si vede chiaramente in questo ragionamento: il costrutto sta marcendo dall'interno. 

Quando von der Leyen parla di "Europa", in realtà si riferisce all'UE. E anche questo è un trucco retorico praticato da tempo. I maggiori paesi europei in termini di superficie non fanno parte dell'UE, perché sia ​​la Russia che l'Ucraina ne sono fuori. Nel complesso ben oltre la metà della superficie del continente europeo si trova al di fuori della prevalentemente occidentale UE. A Von der Leyen cio' non importa piu' di tanto. Nel suo discorso prende la "sua" parte, la considera come la totalità e la mette al vertice. Se l'Unione europea viene equiparata all'Europa intera, allora è probabile che in questa Europa non siano necessari ulteriori sforzi di pace. In questa logica è già tutto pronto. La possibilità  di risolvere diplomaticamente le crisi europee attraverso la cooperazione, derivante dall'attuale debolezza degli Stati Uniti, con la retorica della Von der Leyen di fatto viene meno.

In occasione del suo discorso ha espresso molto rammarico in merito al fatto che dopo il crollo dell'Unione Sovietica si sarebbe persa l'opportunità storica di costruire la casa comune dell'Europa. Ora, con la debolezza degli Stati Uniti, questa opportunità si presenta un'altra volta. Ma ciò di fatto diventa impossibile se nel vocabolario usato l'Europa viene equiparata all'UE, se si pensa che l'Europa sia composta solo dall'UE. Ma questo ci chiarisce ancora una volta da quale fonte arrivi l'aggressività. 

In generale il discorso della Von der Leyen è uno straordinario testimone di una nuova fase nella sua carriera. Dal discorso di un presidente in erba della Commissione certamente non ci si poteva aspettare alcuna critica fondamentale sullo stato dell'UE. Ma quello che Von der Leyen ha detto in questa occasione, con una gestualità fra il materno e il presidenziale, ha il carattere di una negazione della realtà. 

Poco dopo è stato il ministro degli Esteri Maas in un'intervista a Der Spiegel a confermare il suo impegno irrevocabile nei confronti della NATO. La scelta delle parole è la stessa di von der Leyen e Kramp-Karrenbauer. La minaccia ai valori europei rappresentata dalla Russia e dalla Cina "ci costringe" alla militarizzazione.

Il mainstream accetta tutto con disponibilità e riconoscenza. La discussione sulla spesa militare, ridefinita spesa per la "difesa", finalizzata alle missioni straniere e all'impegno mondiale è in pieno svolgimento. Se "noi" ci siamo, sarà un bene perché "noi" abbiamo "valori", gli altri no - questo il tenore generale. La NATO viene concepita come una presunta alleanza di valori. Può anche essere divertente vedere il socialdemocratico Maas proporre la creazione di un gruppo di lavoro come metodo per riformare la NATO. Non si tratta tuttavia della proposta stessa, che ovviamente non deve essere presa sul serio. Si tratta di continuare a inviare lo stesso messaggio di sempre.

Allo stesso tempo, il presunto "pericolo" proveniente dalla Cina e dalla Russia non può essere in alcun modo affrontato con mezzi militari. L'Ucraina ne è un esempio chiaro, e nel vero senso della parola, un "ovvio" esempio di ciò. Il sostegno alle presunte "forze democratiche" da parte dell'UE, dell'Occidente e, soprattutto, della Germania in breve tempo ha ridotto l'Ucraina in macerie. L'Ucraina ora è il secondo paese più povero d'Europa dopo la Moldavia. Le cose invece sembrano andare in maniera molto diversa nella "annessa" Crimea: lì lo sviluppo economico - grazie anche a degli enormi investimenti - è molto forte. Prosperità e crescita a cui tutti prendono parte. Qui è visibile un'alternativa al tanto lodato modello occidentale del liberalismo imperante.

Anche il vertice africano, tenuto la settimana scorsa dal governo federale, ha rivelato quanto il modello occidentale sia poco attraente. Erano presenti solo dodici stati africani. Come promemoria: al vertice Russia-Africa nella metropoli russa di Sochi sul Mar Nero a fine ottobre, erano presenti ben 44 capi di stato africani. La Germania può garantire investimenti, ma solo se i paesi si sottopongono a delle "riforme", vale a dire la riduzione degli standard sociali, lo smantellamento dei diritti dei lavoratori, la deregolamentazione dei mercati etc. Quindi l'intero armamentario del veleno neoliberista. Tutto ciò non sembra molto attraente. 

Russia e Cina invece agiscono diversamente perché sono in grado e disposte a creare delle situazioni vantaggiose per entrambi (win-win). Grazie a questa capacità dei due attori, "noi", l'Occidente, l'UE, e la Germania siamo costretti a restare indietro. Esatto. Ciò tuttavia non può essere risolto con dei mezzi militari, ma solo con un riorientamento della strategia economica. E questo deficit non viene superato attraverso lo scontro e l'aggressività, ma dalla rete e dalla cooperazione. 

Un semplice elenco cronologico degli eventi in Europa, inoltre, lascerebbe pensare che la Russia agisce poco, e certamente non lo fa in modo aggressivo, ma reagisce passo dopo passo. Non c'è stata alcuna aggressione da parte della Russia. L'UE e la NATO sono aggressive, come emerge chiaramente dalla crescente militarizzazione del Mare del Nord e del Mar Baltico. Questa aggressione è diretta contro gli interessi di sicurezza della Russia. Di conseguenza anche la Russia dovrà rispondere.(...)

In Germania manca di fatto un correttivo. Non si tratta più del "se" ci sarà una militarizzazione, ma solo del "come" e a quale velocità ciò accadrà. Questa è la portata della discussione in corso nel mainstream. Si parlerà molto e intensamente degli aspetti finanziari, dei partner, dell'importanza del progetto, della pressione temporale e di molto altro ancora. Ma il progetto stesso non è più in discussione.

Il correttivo arriverà dall'esterno, poiché l'aggressività occidentale, e sempre più anche quella tedesca, restano in gran parte senza risposta. E quanto più resteremo indietro economicamente a causa di politiche economiche fallimentari, tanto più insignificanti resteranno le nostre "provocazioni". La seconda possibilità di costruire una casa comune europea, tuttavia, ancora una volta viene messa in discussione dalla politica tedesca. Ancora una volta, a causa della volontà tedesca, non avremo la pace permanente, la sicurezza e la prosperità da Lisbona a Vladivostok...