Visualizzazione post con etichetta DIW. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta DIW. Mostra tutti i post

domenica 19 luglio 2020

Il paese della disuguaglianza

Secondo i dati appena pubblicati dal prestigioso DIW (Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung) di Berlino, la disuguaglianza sociale in Germania sarebbe estrema. Dati alla mano, secondo il DIW, in Germania il 10% piu' ricco della popolazione detiene il 67 % della ricchezza privata, mentre il 50 % piu' povero della popolazione possiede solo l'1% della ricchezza privata. Ne scrive su Die Zeit il direttore del DIW Marcel Fratzscher



Finora non si sapeva con esattezza quanto noi tedeschi fossimo realmente ricchi, oppure poveri. Lo Stato tedesco non raccoglie statistiche pubbliche sulla ricchezza dei cittadini - e poiché i tedeschi benestanti raramente partecipano a dei sondaggi rappresentativi, era anche impossibile sapere quale fosse in Germania la ricchezza privata effettivamente disponibile. Una nuova e piu' specifica indagine del Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung, condotta fra i milionari di questo paese, sta cambiando però la situazione: lo studio dimostra che la ricchezza dei tedeschi piu' facoltosi finora è stata grossolanamente sottovalutata.


In Germania ad esempio la ricchezza totale a disposizione dei cittadini non è di 8,2 trilioni di euro, come precedentemente ipotizzato, ma di oltre 10,3 trilioni di euro. La differenza di circa 2.1 trilioni di euro equivale a circa due terzi del PIL annuo tedesco.

Non sorprende poi che le persone con un patrimonio netto molto elevato siano anche riluttanti a farsi intervistare in merito alla loro ricchezza, tanto più che in Germania essere ricchi di solito viene visto come qualcosa di negativo. I ricchi pertanto sono molto riluttanti nel rivelare la loro ricchezza effettiva. E sono ancora meno inclini nel partecipare a dei sondaggi sull'argomento. A causa di ciò, la nostra indagine socio-economica sulle famiglie, abitualmente molto rappresentativa, vale a dire il Panel socio-economico del DIW di Berlino - per il quale dal 1984 ogni anno vengono intervistate quasi 30.000 persone in oltre 20.000 famiglie - ha sempre avuto il difetto di poter individuare troppi pochi soggetti con un elevato patrimonio netto e quindi di rilevarne la loro ricchezza.



I miei colleghi Carsten Schröder, Charlotte Bartels, Markus Grabka, Johannes König e Konstantin Göbler sono invece riusciti a correggere questa situazione. Utilizzando un database contenente informazioni sugli assetti proprietari delle aziende, hanno identificato persone residenti in Germania che detengono quote significative di almeno una società nel mondo e gli hanno chiesto se potevano intervistarle. Non tutti i soggetti titolari di un patrmonio elevato sono stati d'accordo nel farsi intervistare. Ma sono stati un numero sufficientemente elevato per riuscire ad avere per la prima volta un quadro rappresentativo della ricchezza privata in Germania. Il nuovo set di dati, infatti, comprende anche 700 tedeschi con un patrimonio di oltre 250 milioni di euro, secondo quanto riportato dalla lista dei ricchi di Manager Magazin.

Due terzi della ricchezza apartien al 10% più ricco

I risultati sono decisamente interessenti: il patrimonio netto privato complessivo - composto da beni immobili, attività finanziarie, assicurazioni sulla vita, beni aziendali e beni di consumo durevoli come le automobili, detratte le passività - non solo è di almeno un quarto superiore rispetto a quanto era noto fino ad ora, ma è anche distribuito in modo molto più diseguale: il 10% più ricco non possiede il 59 % del patrimonio netto totale, come precedentemente ipotizzato, ma ne detiene il 67 %. Soprattutto l'1 % al top della distribuzione è notevolmente più ricco di quanto si pensasse: invece della precedente stima di poco inferiore al 22%, questi pochi individui, con poco più del 35%, possiedono più di un terzo del patrimonio netto privato complessivo.

In confronto, il 50 % più povero della popolazione possiede solo l'1 % circa del patrimonio netto privato. Espresso in numeri concreti, ciò significa che un milionario medio ha un patrimonio netto di circa tre milioni di euro. Per contro, un cittadino medio che si trova nella metà inferiore della distribuzione ha un patrimonio netto medio di 3.682 euro. Più di una persona su quattro non ha praticamente alcun patrimonio netto o è addirittura indebitata.

Nel confronto internazionale la disuguaglianza nella distribuzione dei patrimoni privati è quindi insolitamente elevata. In Europa, la Germania è uno dei paesi con la distribuzione degli attivi piu' disuguale. Il coefficiente di Gini, una misura comunemente usata per misuare la disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza (un valore pari a zero significa una distribuzione uniforme della ricchezza, un valore di 1 una disuguaglianza massima), con i dati aggiuntivi arriva a 0,83, ed è comunque ancora più alto di quanto non lo fosse prima (0,78).

È giusto?

Ora si aprirà un acceso dibattito sul fatto che questa disuguaglianza sia giusta o ingiusta, economicamente vantaggiosa o dannosa, socialmente equilibrata o socialmente sbilanciata - e questo sarà il punto centrale del prossimo commento. Ciò che è preoccupante, tuttavia, è che così tante persone in Germania abbiano così pochi attivi e siano quindi esposte a dei grandi rischi, soprattutto nell'attuale crisi causata dal coronavirus. Già oggi, molte persone con un reddito e un patrimonio basso hanno dovuto attingere ad una parte significativa dei loro risparmi. Le persone a basso reddito e con pochi risparmi sono state particolarmente colpite dalla crisi. La loro percentuale fra i quasi dieci milioni di uomini e donne che hanno perso il lavoro o hanno dovuto lavorare a orario ridotto è sproporzionatamente alta.

Non deve quindi sorprenderci il fatto che in molti non stiano spendendo il bonus per i figli (Kinderbonus) ma preferiscano risparmiare, e  scelgano di non consumare nonostante i possibili risparmi derivanti dalla riduzione dell'IVA. Per le persone con una ricchezza e un reddito molto elevati, invece, questi trasferimenti aggiuntivi da parte dello Stato non fanno alcuna differenza nei loro comportamenti di consumo, in quanto avrebbero potuto finanziarli anche senza i trasferimenti. Ciò dimostra ancora una volta che un'elevata disuguaglianza in termini di reddito e di ricchezza è un ulteriore ostacolo alla ripresa economica, soprattutto in tempi di crisi come questi.


mercoledì 11 settembre 2019

Marcel Fratzscher - Perché il risparmiatore tedesco in realtà dovrebbe solo ringraziare la BCE

Alla vigilia del probabile annuncio da parte della BCE di un nuovo QE e di una ulteriore riduzione dei tassi, vale la pena andare a rileggere quello che l'ottimo Marcel Fratzscher, economista e direttore del prestigioso Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung, scriveva qualche settimana fa su Die Zeit: i tedeschi dovrebbero solo ringraziare la BCE a guida italiana perché senza i tassi a zero non avrebbero mai avuto un mercato del lavoro cosi' florido e non avrebbero mai avuto la riduzione della pressione fiscale degli ultimi anni. Ne scrive Marcel Fratzscher  su  Die Zeit


Sembra che la storia del piccolo risparmiatore tedesco espropriato dei suoi risparmi a causa dei bassi tassi di interesse e dalla cattiva politica monetaria della BCE, ormai sia riuscita ad entrare nella nostra testa come se fosse una forma di antica saggezza popolare. Non incassa piu' alcun interesse per il suo denaro faticosamente risparmiato, e per questo deve risparmiare ancora di più. E nonostante ciò quando andrà in pensione non avrà un reddito pensionistico sufficiente per la vecchiaia. Questo esproprio porterà alla miseria e ad una vecchiaia in povertà e punirà duramente i tedeschi per il loro comportamento virtuoso. Peggio ancora, la politica monetaria finisce per aumentare le disuguaglianze, poiché colpisce i deboli e aiuta i ricchi, almeno secondo la percezione comune.

Ma il mito del risparmiatore quale vittima della politica monetaria e dei bassi tassi di interesse, corrisponde davvero alla realtà?

I critici della politica monetaria della BCE spesso e volentieri evitano di menzionare il fatto che il 40 % dei tedeschi adulti non dispone di alcun patrimonio. In quasi nessun'altra economia sviluppata esiste una percentuale così elevata di persone che non risparmiano e che quindi non mettono soldi da parte, nemmeno sotto forma di previdenza pensionistica integrativa. Può anche darsi che molti scelgano di risparmiare poco o nulla perché nel nostro paese abbiamo ancora uno stato sociale forte che garantisce una buona copertura dei bisogni, almeno rispetto alla maggior parte degli altri paesi occidentali.

La maggior parte, tuttavia, non riesce a risparmiare perché i salari sono bassi e le tasse e i contributi sociali alti e quindi devono utilizzare l'intero reddito disponibile per le esigenze quotidiane. A queste persone non importa molto se i tassi di interesse sono pari a zero o sono al 10%. Perché chi non ha nulla da parte, non può beneficiare dei tassi di interesse.

I prezzi sono stabili

È strano che quando si inizia a parlare di politica monetaria, i politici e i media pensino ai tedeschi soprattutto come a dei risparmiatori. I tedeschi non sono solo dei risparmiatori, ma sono molto più spesso dei lavoratori e quindi dipendono dal fatto che esista un mercato del lavoro forte e sicuro. La politica monetaria, grazie ai bassi tassi di interesse, ha decisamente aiutato le aziende ad espandersi, ad assumere personale e a farle lavorare.

Negli ultimi anni pertanto molti milioni di posti di lavoro in Europa e in Germania sono stati creati grazie alla politica monetaria espansiva della BCE. La forte crescita economica del nostro paese, dovuta anche alla politica monetaria della BCE, in Germania ha garantito aumenti salariali in quasi tutte le fasce di reddito. Molti tedeschi sono anche genitori o nonni e desiderano che anche tra dieci o venti anni i loro figli e nipoti possano trovare un posto di lavoro degno di questo nome .

Ogni tedesco è anche un consumatore e vuole essere sicuro che anche in futuro le sue esigenze di base possano essere coperte dalle entrate. La politica monetaria della BCE ha svolto un ruolo chiave nel mantenere l'euro stabile, e quindi nel mantenere i prezzi stabili per i consumatori.

Molti tedeschi sono anche dei contribuenti. Coloro che si lamentano dei bassi tassi di interesse preferiscono ignorare un fatto molto semplice: ogni anno lo stato tedesco può risparmiare 45 miliardi di euro grazie a minori spese per interessi sul debito. Ciò ha alleviato il carico per il contribuente tedesco e negli ultimi dieci anni ha permesso allo stato di aumentare significativamente la spesa sociale. L'abolizione del "Soli", che costerà quasi dieci miliardi di euro all'anno, non sarebbe mai stato possibile senza i bassi tassi di interesse.

E ogni tedesco è anche un europeo. È vero che i paesi in crisi come l'Italia o la Spagna hanno beneficiato della politica monetaria espansiva ancora di più di quanto abbia fatto la Germania. Ma è davvero un male se a beneficiarne sono anche gli altri, cioè i paesi in crisi? Non si tratta forse di solidarietà, non solo all'interno della Germania, ma all'interno dell'Europa? Soprattutto perché non sarà mai possibile sottolineare a sufficienza che la Germania è fra i paesi vincitori che beneficiano dei bassi tassi di interesse

Chi ancora non si è convinto del fatto che la politica monetaria sia nell'interesse di tutti i tedeschi, forse potrà essere convinto da questo argomento: i bassi tassi di interesse non sono esclusivamente il risultato della politica monetaria della BCE, ma la conseguenza di un eccesso di risparmio, soprattutto da parte dei tedeschi. Come per tutti i beni, il prezzo del denaro è il risultato dell'incontro fra domanda e offerta.

Spendere di più, risparmiare di meno

Diamo un'occhiata al surplus delle partite correnti tedesche: l'economia tedesca ha un risparmio netto di oltre il 7% del PIL. Sono circa 240 miliardi di euro, vale a dire in media circa 3.000 euro pro capite o 12.000 euro all'anno per una famiglia di quattro persone. Se noi cittadini e le nostre imprese non spendiamo il denaro e se l'offerta di risparmio aumenta, allora il prezzo del denaro, cioè l'interesse, deve necessariamente scendere.

La BCE con la sua politica monetaria cerca di facilitare l'incontro fra domanda e offerta e di porre rimedio a un malfunzionamento del mercato. Al contrario, ciò significa anche che i tassi di interesse in Germania riprenderanno ad aumentare solo quando le persone e le aziende investiranno di più, spenderanno piu' soldi e risparmieranno di meno.

I tedeschi non sono solo dei risparmiatori, ma anche dei padri o delle madri, dei lavoratori, dei consumatori, dei contribuenti e parte di una comunità solidale. La Germania non è fra le fila dei perdenti della politica dei bassi tassi di interesse della BCE, al contrario, il nostro paese è fra i vincitori. E non solo il nostro paese, ma ognuno di noi in un modo o nell'altro ha tratto vantaggio dalla politica monetaria e dall'euro.
-->

mercoledì 22 maggio 2019

La trappola dei bassi salari

Otto milioni di persone in Germania si guadagnano da vivere con un lavoro a basso salario, cioè per meno di 10.80 € lordi l'ora. Ad attenderli c'è una vecchiaia in povertà. Ne scrive su Die Zeit Marcel Fratzscher, il direttore del prestigioso DIW di Berlino.


La Germania ha uno dei più grandi settori a basso salario in Europa. Nonostante il boom dell'occupazione e la forte crescita economica, in questo paese un dipendente su quattro - circa otto milioni di persone - guadagna meno di € 10,80 lordi l'ora, vale a dire la soglia al di sotto della quale si percepisce un basso salario. A livello europeo la proporzione è di uno a sei. In Germania ad essere colpiti sono soprattutto i genitori single, i tedeschi dell'est, le donne e i migranti.

Ancora più deprimente è il fatto che per queste persone la mobilità sociale sia insolitamente bassa e che la stragrande maggioranza abbia poche possibilità di uscire dal settore a basso salario e di migliorare la propria condizione. Si tratta del risultato centrale di uno studio condotto da due dei miei colleghi del DIW di Berlino.


La politica da tempo discute di come si possa riformare e migliorare il welfare state tedesco. Il governo federale sta mettendo mano al portafoglio per aumentare le pensioni dei redditi piu' bassi e per ampliare le prestazioni sociali - dai sussidi per l'alloggio, al miglioramento delle prestazioni per i genitori single.

Il lavoro deve essere retribuito in maniera adeguata

Ma la politica spesso si trova ad affrontare solo i sintomi di un problema che ha le sue radici da qualche altra parte, vale a dire nel mercato del lavoro e nel fatto che stranamente in Germania molti lavoratori percepiscono un basso salario orario. Chi percepisce un basso stipendio ha difficoltà a pagare l'affitto e dipenderà quindi dai sussidi per l'alloggio. Salari bassi implicano anche delle pensioni basse in età avanzata. A ciò bisogna aggiungere che molti in Germania lavorano part-time e hanno delle carriere lavorative discontinue.

Se non si riesce a vivere del proprio lavoro, allora non bisogna sorprendersi se sempre più persone dipendono dai sussidi dello stato sociale. Ma allo stesso tempo lo stato sociale per il singolo individuo è sempre meno efficiente. Il lavoro deve essere adeguatamente remunerato sia per poter fornire alle persone una maggiore sicurezza e autosufficienza, che per alleggerire il peso che grava sullo stato sociale.

I dati relativi al settore a basso salario tedesco sono preoccupanti: ci sono nove milioni di posti di lavoro a bassa retribuzione, di cui circa otto milioni sono lavori principali. In altre parole, otto milioni di persone devono guadagnarsi da vivere con questi bassi salari. L'argomento secondo il quale il fenomeno del basso salario colpirebbe principalmente i lavoratori part-time o gli studenti non corrisponde alla verità.

La percentuale di coloro che a metà degli anni '90 lavoravano nel settore a bassa retribuzione era del 16% sul totale dei dipendenti, oggi è del 24%. Ciò non è dovuto al fatto che la mediana, cioè il valore di riferimento per i salari orari, sia cresciuta e le persone con un basso salario siano rimaste indietro. È vero il contrario: il salario orario reale della mediana degli anni '90 è cresciuto a malapena. La forte espansione del settore a basso reddito è  dovuta piuttosto ad una riduzione dei salari reali in quel terzo dei dipendenti con i salari orari più bassi. Dal 1995 ad oggi i salari reali del 10% dei dipendenti con i salari orari più bassi sono diminuiti del 10%. Al contrario, i salari reali del 50% superiore sono cresciuti in maniera significativa.



Non bisogna dimenticare che l'introduzione del salario minimo nel 2015 ha contribuito a ridurre, almeno temporaneamente, il settore a basso salario. Anche per molti di coloro che all'epoca guadagnavano piu' del salario minimo iniziale di 8,50 euro lordi l'ora, il salario orario di fatto è aumentato. Questo miglioramento tuttavia sembra essere stato solo temporaneo, nel 2017 il settore a basso salario ha ripreso a crescere.

Chi percepisce un basso salario? Sono soprattutto donne - il 28 % delle donne lavoratrici, il 17 % degli uomini. Inoltre, nel settore a basso salario si possono facilmente trovare il 40% di tutti i genitori single, il 30% dei dipendenti con un background di immigrazione, un terzo dei lavoratori dipendenti della Germania dell'est e le persone con un basso livello di istruzione.

Lo studio mostra anche che fra i lavoratori con un basso salario, due su tre rimangono in questo settore a basso reddito anche nel medio termine. Ciò confuta la tesi di coloro i quali sostengono che molte persone riceverebbero un basso salario solo transitoriamente e che in seguito riuscirebbero ad uscirne. Basso salario come trampolino di lancio, per così dire. È vero il contrario, dal momento che sono pochissimi quelli che grazie ad una qualifica professionale riescono ad uscire dal settore a basso salario o a migliorare la propria situazione finanziaria. E per la maggior parte delle persone l'impiego a basso salario non è un secondo lavoro.

Per la società e lo stato sociale questa mancanza di mobilità è un boomerang. Le persone che per un lungo periodo di tempo lavorano per un basso salario finiscono in una situazione di dipendenza permanente dallo stato sociale. Nel corso della loro vita lavorativa dipendono fortemente dai servizi sociali e in età avanzata dovranno subire un ulteriore taglio al loro tenore di vita, perché difficilmente potranno permettersi di fare della previdenza sociale integrativa e nel corso della vita lavorativa hanno acquisito solo i requisiti pensionistici minimi.

Nessun contratto collettivo

Perché così tante persone in Germania lavorano così a lungo per degli stipendi così bassi? Un motivo importante sono i minijob, che da un lato sono prevedono una paga insolitamente bassa e dall'altro, tengono imprigionati molti lavoratori dipendenti in un rapporto lavorativo minore. In termini di reddito lordo i lavoratori coinvolti dovrebbero fare un grande balzo in avanti, affinché per loro possa diventare finanziariamente vantaggioso.

Anche l'importanza decrescente delle parti sociali gioca un ruolo importante. Nel settore a basso reddito quasi nessun rapporto di lavoro ha un contratto collettivo alle spalle e molti dipendenti di fatto hanno poco potere contrattuale nei confronti dei loro datori di lavoro. A ciò bisogna aggiungere la scarsa qualificazione di molte persone che lavorano per un basso salario. Troppe persone non hanno alcuna qualifica professionale o lavorano in occupazioni per le quali non sono previste qualifiche.

Anche se la qualificazione e la formazione sono misure essenziali, non bisogna comunque aspettarsi dei miracoli. Il successo registrato con l'introduzione del salario minimo - tre milioni di lavoratori hanno sperimentato un aumento sostanziale del loro stipendio, e contro tutti gli allarmismi non è stato distrutto quasi nessun posto di lavoro - ci mostra che per far uscire le persone dal cosiddetto settore a basso salario sono necessarie delle parti sociali forti.

L'ampio settore a basso salario è sicuramente uno dei punti deboli più problematici per la nostra economia sociale di mercato. Sociale non è ciò che crea lavoro, sociale è ciò che crea un buon lavoro. L'aspirazione ad un buon lavoro dovrebbe includere sia il salario con il quale le persone possono guadagnarsi da vivere, che l'opportunità di un avanzamento professionale e sociale. Diversamente la nostra economia di mercato non merita piu' il titolo di economia sociale di mercato.




sabato 11 maggio 2019

"Disuguaglianza al livello piu' alto dalla riunificazione"

L'uomo della strada lo aveva capito da tempo, ma ora viene confermato anche dai dati dei ricercatori del prestigioso DIW: il boom economico degli ultimi anni ha fatto arricchire solo una parte del paese, quella che probabilmente stava già discretamente bene, mentre una larga parte della popolazione ne è rimasta esclusa. L'economia sociale di mercato, anche secondo il DIW, ormai è sempre meno "sociale" e sempre piu' di mercato. Ne scrive il Tagesspiegel


A beneficiare della forte crescita degli ultimi anni sono state soprattutto le persone che già guadagnavano bene. La parte piu' povera ha avuto meno vantaggi. Questo è il messaggio di fondo che arriva da un'indagine condotta dal Deutsches Instituts für Wirtschaftsforschung (DIW). Gli autori parlano di un significativo "aumento della disuguaglianza in termini di reddito, che nel 2016 in Germania ha raggiunto il livello più alto a partire dalla riunificazione".


I redditi disponibili delle famiglie - depurati dall'inflazione - tra il  1991 e il 2016 sono aumentati di quasi un quinto. Non sono disponibili dati comparativi più recenti. Analizzando la situazione delle singole famiglie, le cose tuttavia stanno un po' diversamente: il decile superiore ha aumentato il suo reddito del 35%. Nel mezzo la crescita è stata significativamente più bassa, fra l'8% e il 19%. Per il decile che guadagna di meno il reddito è sceso addirittura dell'8% - nonostante la buona situazione economica e la bassa disoccupazione.

Una spiegazione per questa situazione, secondo gli autori dello studio, potrebbe essere la forte immigrazione degli ultimi anni. Il numero degli stranieri che vivono in Germania, infatti, dal 2010 al 2016 secondo il DIW  è aumentato di oltre tre milioni salendo fino a dieci milioni. I migranti nei primi anni spesso percepiscono un basso reddito.

Le persone sono soddisfatte del loro reddito come non era mai accaduto

Per il loro studio i ricercatori del DIW hanno utilizzato i dati del panel socio-economico. Ogni anno circa 45.000 persone vengono interrogate, tra le altre cose, anche sulla loro situazione finanziaria. I dati mostrano che i tedeschi sono molto più felici rispetto al 2007 o al 1997. Anche le persone in fondo alla scala dei redditi sembrano più rilassate rispetto agli anni Novanta. Quasi il 40 % afferma di non avere "preoccupazioni" - la Germania non ha mai raggiunto un tale valore nemmeno negli anni '90. Solo il 15% sarebbe "molto preoccupato".

Secondo gli autori ciò potrebbe anche essere dovuto all'immigrazione: spesso la propria soddisfazione viene misurata in relazione a quella degli altri. I migranti potrebbero confrontarsi con le persone rimaste nei loro paesi di origine, persone che spesso stanno ancora peggio di loro. Nonostante la percezione generalmente positiva, quasi la metà della società tedesca afferma: i miei guadagni netti sono troppo bassi.

Il lavoro da solo, tuttavia, non è più in grado di proteggere dalla povertà. L'istituto di ricerca è arrivato anche a questa conclusione. Il DIW ha calcolato una cosiddetta soglia di "basso reddito" per indicare la percentuale di famiglie che percepiscono meno del 60% del reddito mediano: il reddito che sta esattamente nel mezzo se la somma di tutte le famiglie viene divisa a metà. Questo rapporto spesso è indicato come il tasso di popolazione a rischio povertà. I dati del DIW mostrano che dall'inizio del nuovo millennio questo numero è aumentato, non solo per le famiglie senza lavoratori e per i disoccupati. Ma cresce anche nelle famiglie con un solo percettore di reddito. Il loro rischio di trovarsi in povertà, rispetto agli anni '90 è raddoppiato passando dal 15 al 30 %.

I problemi sociali peggiorano nelle città

I ricercatori mettono in guardia soprattutto dallo sviluppo problematico tipico delle grandi città, dove il  rischio povertà è cresciuto ancor più che nelle campagne. Questo sviluppo, nel quadro dell'aumento dei costi per l'affitto è "preoccupante". I politici dovrebbero occuparsi quanto prima della costruzione di alloggi a prezzi accessibili, "per ridurre la povertà tra le persone a basso reddito", chiedono gli autori.

Il presidente del DIW, Marcel Fratzscher, ritiene che il mercato immobiliare sia una prova degli "eccessi" nell'economia sociale di mercato. Fratzscher si lamenta inoltre del numero insolitamente alto di lavoratori che in Germania percepiscono un basso salario. "Nonostante il boom economico degli ultimi anni - c'è un crescente rischio povertà e questa è una contraddizione". La ripresa per molti non è mai arrivata, la componente sociale dell'economia sociale di mercato è stata trascurata. E chiede: "Abbiamo bisogno di maggiori opportunità accessibili a tutti. Dobbiamo garantire che vengano stipulati più contratti collettivi. Che il sistema fiscale sia radicalmente riformato. Il reddito in Germania viene tassato ad un livello insolitamente alto - i redditi provenienti dalla ricchezza, invece, ad un livello troppo basso".




lunedì 26 novembre 2018

Arbeit muss sich lohnen

Mentre in Italia si parla del reddito di cittadinanza, la politica tedesca vorrebbe superare Hartz IV aumentando i sussidi ed eliminando le odiatissime sanzioni. Ora anche gli economisti finalmente ci spiegano quello che l'uomo della strada sa da sempre: tra lo stare a casa a prendere il sussidio facendo finta di cercare un impiego e lo svolgere uno dei tanti lavori malpagati o pagati al salario minimo (8.84 euro lordi l'ora), la differenza in termini di retribuzione non è poi cosi' grande. "Arbeit muss sich lohnen" significa che fino a quando non si aumenteranno i salari più bassi, mettendo in crisi interi settori dell'economia tedesca fondati sul lavoro a bassa retribuzione, sarà difficile andare oltre l'attuale Hartz IV. Ne parla su Die Zeit Marcel Fratzscher, economista e direttore del Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung di Berlino.


Hartz IV per molti è un drappo rosso. E negli ultimi tempi la discussione su come sostituire o superare Hartz IV si è riaccesa. Queste riforme spesso vengono considerate la causa dell'aumento della povertà, della crescita della disuguaglianza e della polarizzazione sociale. Hartz IV spesso viene usato come capro espiatorio per problemi la cui responsabilità risiede altrove. Invece di concentrarsi sul dibattito intorno ad Hartz IV, la politica dovrebbe riflettere su cosa fare affinché per molte persone torni ad essere conveniente andare a lavoro, e allo stesso tempo su come in questi anni di vacche grasse sia ancora possibile rendere i sistemi sociali a prova di futuro.

Il segretario dei Verdi Robert Habeck vorrebbe superare Hartz IV introducendo un sistema di garanzia con dei sussidi più elevati e senza sanzioni. Il segretario generale della SPD Lars Klingbeil propone un sussidio di disoccupazione Q, nel quale i disoccupati ricevono dei sussidi di disoccupazione fintanto che si trovano in un percorso di formazione e qualifica.

Con tali proposte lo stato sociale si mostrerebbe più generoso verso i disoccupati. Molto di cio' è certamente vero, specialmente l'abolizione delle sanzioni. Si deve rimettere al centro del sistema sociale il principio del sostegno, e non più quello della punizione. Abbiamo bisogno di un cambio di mentalità per riuscire a capire che le persone che oggi non lavorano non lo fanno per pigrizia, ma perché sono costrette da ragioni di salute, oppure per mancanza di qualifiche o perché non trovano un lavoro adatto alle loro competenze.

Una riforma intelligente dei sistemi di assistenza sociale non deve limitarsi alla riforma di Hartz IV. Sarebbe pericoloso e, nel peggiore dei casi, controproducente. Molte delle persone che oggi in Germania sono minacciate dalla povertà vivono in un nucleo familiare dove si lavora, ma in cui il reddito è insufficiente. Il settore a bassa retribuzione in Germania  negli ultimi 20 anni è cresciuto costantemente: oggi il 20 % di tutti i dipendenti lavora per un basso salario o si trova in un rapporto di lavoro precario o atipico. Soprattutto le donne, i genitori single, le persone con un background migratorio e gli anziani sono particolarmente a rischio povertà.

Anche con un lavoro a tempo pieno retribuito al salario minimo svolto per oltre 40 anni, quando il lavoratore andrà in pensione avrà comunque bisogno del sostegno dello stato. Quasi due milioni di lavoratori aventi diritto al salario minimo, in realtà non lo ricevono nemmeno perché i datori di lavoro riescono ad eludere il  minimo salariale di legge.

Molte persone in Germania lavorano solo part-time - non necessariamente perché vogliono farlo, ma perché ad esempio è quanto gli chiede di fare il datore di lavoro, oppure perché a causa della mancanza di servizi per l'infanzia non possono lavorare full-time, oppure perché per i minijob, i midijob o per via di un sistema fiscale e dei trasferimenti disfunzionale, alle persone con un reddito basso viene tolta una larga parte di quello che guadagnano.

Una riforma intelligente dei sistemi sociali dovrebbe quindi consistere di tre elementi: un miglioramento della sicurezza di base; un lavoro pagato meglio che valga la pena di essere svolto; e un rafforzamento dei sistemi sociali per renderli più sostenibili. Qualsiasi riforma del sistema della sicurezza di base sarà controproducente se renderà il lavoro sempre meno conveniente. Ancora oggi, chi lavora per un salario minimo riceve solo poco di più di quello che prenderebbe se fosse disoccupato. La stragrande maggioranza delle persone continua a lavorare perché il lavoro per loro ha un valore in sé, o perché magari trovano gratificante far parte di un team e ottenere un riconoscimento per quello che fanno. C'è il grande rischio, infatti, che molte persone possano considerare un miglioramento della sicurezza di base come una forma di svalutazione del proprio lavoro.

In altre parole, il lavoro deve essere ricompensato. Ciò richiede non solo che il settore dei bassi salari si riduca in maniera significativa, ma anche che le persone abbiano a disposizione delle opportunità di carriera migliori. Molti politici la fanno troppo facile quando pensano che un salario minimo più alto possa essere l'unica soluzione. Se si gira troppo la ruota del salario minimo, al prossimo rallentamento dell'economia un certo numero di persone finirà disoccupato. Ciò non significa tuttavia che il salario minimo sia uno strumento spuntato. Ma in aggiunta a ciò c'è una percentuale molto più alta di persone occupate nel settore dei bassi salari che deve essere garantita tramite contratti collettivi di categoria. A ciò si aggiunge la liberalizzazione di molti settori dei servizi, che servirebbe ad aumentare la concorrenza, l'efficienza e, in ultima analisi, i salari.

Altrettanto importante sarebbe un'offensiva nella formazione, perché troppi beneficiari di Hartz IV e troppi lavoratori a basso reddito non hanno qualifiche sufficienti o non ne hanno affatto. A tal fine i centri per l'impiego dovrebbero essere ridisegnati e diventare delle agenzie che si occupano dell'assistenza attiva e del supporto alle persone in stato di bisogno. Anche un mercato del lavoro come quello del modello del reddito sociale di base proposto a Berlino, che in definitiva darebbe a ogni disoccupato il diritto a lavorare e quindi la possibilità di accedere al mercato del lavoro privato, è una delle soluzioni possibili.

Per la politica è facile promettere grandi benefici sociali in questi tempi di vacche grasse. I forzieri sono ancora pieni. Ma deve essere chiaro a tutti che con il cambiamento demografico e la normalizzazione economica, le prestazioni dello stato sociale tedesco nei prossimi due decenni diminuiranno drasticamente. Ciò significa che per la politica sarà ancora più importante concentrarsi sul mercato del lavoro e sul modo in cui sempre più persone possano trovare lavoro a condizioni e salari migliori, e quindi alla fine, poter assumere una maggiore responsabilità per la propria vita. Il duplice obiettivo di un aumento delle pensioni e della spesa sociale oggi è facile da promettere, ma non potrà essere mantenuto nel lungo termine.

La politica deve dare alla riforma della sicurezza sociale un'elevata priorità. Allo stesso modo non dovrà esservi una politica del capro espiatorio che incolpa erroneamente Hartz IV dei problemi sociali e della eccessiva polarizzazione in Germania. I problemi - e con essi le soluzioni - si trovano altrove.



-->