lunedì 13 agosto 2018

Fabio De Masi: "dobbiamo aiutarli a casa loro!"

Fabio De Masi è una personalità di spicco della Linke tedesca nonché uno dei promotori, insieme a Oskar Lafontaine e Sahra Wagenknecht, del nuovo raggruppamento politico "Austehen!" il cui obiettivo è contrastare l'ascesa di AfD cercando di recuperare terreno sui temi sociali cari agli ex-elettori di sinistra passati ad AfD. In una recentissima intervista a Deutschlandfunk non ha paura di dire quello che anche nella sinistra tedesca sono in molti a pensare: "aiutiamoli a casa loro!". Da deutschlandfunk.de


DLF: Sahra Wagenknecht ha scritto che dopo le elezioni politiche si è ampliata la crisi di fiducia fra i politici e il loro elettorato e addirittura le elezioni sarebbero diventate una farsa e i diritti democratici inconsistenti. Herr De Masi, la Linke prende parte al tentativo di screditare la democrazia e lo stato di diritto? Non è puro populismo?

Fabio de Masi: no, piuttosto è vero che una larga maggioranza della popolazione vuole affitti abbordabili, cure ad un prezzo accessibile, è contro la povertà in vecchiaia, a favore di una tassazione equa, contro le missioni estere della Bundeswehr ma che questa maggioranza di persone non ha una maggioranza in Parlamento. E questo la sinistra da sola non puo' cambiarlo.

DLF: se gli elettori scelgono diversamente e non danno il loro voto alla Linke, non è forse questa la democrazia?

De Masi: il problema  è che molte persone si stanno allontanando dalla democrazia perché non si aspettano piu' nulla dai partiti. Cioè non vanno piu' nemmeno a votare oppure vengono raggiunte dai demagoghi di AfD. E noi lo possiamo capire dal fatto che ad esempio subito dopo l'arrivo di Martin Schulz, nei sondaggi della SPD c'è stato un rapido picco ma poi tutti questi elettori sono di nuovo scomparsi. Anche loro non sono andati a sinistra. E cioè, sono state evidentemente risvegliate aspettative che poi subito dopo sono andate deluse quando si sono accorti che davanti a loro non c'era alcun cambiamento.

DLF: lei mette in discussione il risultato delle elezioni democratiche quindi...

De Masi: no, non metto in discussione il risultato delle elezioni democratiche, piuttosto, lo abbiamo sperimentato in America con il movimento intorno a Bernie Sanders, lo abbiamo vissuto con gli sviluppi del Labour party in Gran Bretagna e Jeremy Corbin: se fai un'offerta convincente, ci sono ancora migliaia di persone pronte ad entusiasmarsi per la politica. Nel complesso stiamo dando un grande contributo alla democrazia. Quello che Frau Baerbock (Verdi) afferma non è importante, e non è nemmeno decisivo quello che dice Herr Stegner (SPD) su Aufstehen! Cio' che importa è cosa ne pensano i tassisti, gli infermieri o i lavoratori interinali che incontriamo ogni giorno e che ci parlano di questo movimento. In 3 giorni abbiamo avuto piu' ingressi in questo nuovo movimento di quanti sono tutti gli iscritti ad AfD. Questo è un buon segnale per la democrazia.

DLF: ora lei sostiene che non è importante quello che Annalena Baerbock dice. Tuttavia mi piacerebbe citarla. Ha detto che la Linke dovrebbe prima chiarire se intende rinunciare ai suoi toni nazionalisti. La Linke lo vuole?

De Masi: non so cosa intenda esattamente Frau Baerbock con cio'. Io vedo invece che abbiamo una politica europea, ad esempio, che con il taglio dei salari e delle pensioni in tutta Europa ha distrutto la coesione sociale e che la politica economica tedesca nei confronti dei greci ad esempio è stata un disastro. Questo è ciò che io chiamo una forma di nazionalismo. Anche i leader dei Verdi per inciso hanno preso parte a queste decisioni sulle politiche europee. Quando però diciamo che non vogliamo pensioni da fame in Germania, o che vogliamo ad esempio che ci sia un determinato numero di infermieri negli ospedali, come accade negli altri paesi europei, questo non è nazionalismo, ma si tratta solo di difendere lo stato sociale e la democrazia. E con questa terminologia da combattimento non riesco proprio a fare nulla, e mi sembra anche un po' ridicola. Ad esempio chi conosce la storia della mia famiglia, come nipote di un combattente della resistenza italiana, saprà che non devo nessuna giustificazione a Frau Baerbock (...)

DLF: ci sono alcune dichiarazioni, ad esempio di Sahra Wagenknecht, in cui l'attentato di Ansbach viene messo in collegamento con la politica dei rifugiati della Cancelliera, dichiarazioni che hanno suscitato anche le critiche del suo stesso partito. Non si tratta di qualcosa campato in aria...

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De Masi: Frau Wagenknecht ritiene, come anche i socialdemocratici e i Verdi che attualmente si stanno unendo al nostro movimento che al centro della nostra politica dobbiamo mettere le vere cause che spingono le persone a fuggire e cioè le armi tedesche che vengono esportate in tutte le aree di tensione del mondo oppure le politiche commerciali inique. Non è certo una buona cosa quando le persone sono costrette ad abbandonare i loro rapporti sociali e la loro patria. E non è affatto giusto che alle persone che si trovano qui da noi dobbiamo garantire una buona integrazione. Bisogna anche dire che quando le persone arrivano da noi dobbiamo mettere mano al portafoglio per investire nelle scuole e negli ospedali, e questo Frau Merkel non l'ha fatto. Il risultato è che sono rimaste senza prospettive e che sono sorti dei ghetti in quanto non è stato possibile finanziare l'integrazione e fare tutti gli investimenti di cui avevamo bisogno in Germania. Tutto questo non è giusto.

DLF: e lei in questo modo non sta mettendo gli interessi dei rifugiati contro quelli della popolazione tedesca nativa?

De Masi: no al contrario, perché sia i rifugiati sia le persone che già vivono qui sono interessate ad avere buone scuole, buone università e buoni ospedali. E coloro che fanno in modo che da noi ad esempio i rifugiati vengano sfruttati per un basso salario e li usano mettendoli contro gli altri dipendenti, si stanno servendo dei rifugiati. Questo è il motivo per cui ad esempio la Confederazione delle industrie tedesche (BDI) ha chiesto che certi livelli di salario minimo non si applichino ai rifugiati. Queste sono le persone che avvelenano il clima politico, non sono i profughi o chi si preoccupa per il loro salario.


DLF: Herr de Masi, Sara Wagenknecht afferma di voler unire il campo della sinistra. Nei fatti però sta facendo il contrario, da quanto si puo' osservare o almeno interpretare, poiché come pre-condizione pretende che la SPD modifichi il suo corso politico, ad esempio rimetta in discussione l'Agenda 2010. Non si tratta proprio dell'opposto di una guida congiunta?

De Masi: la questione è: cos'è il campo della sinistra? Se fai una politica come l'Agenda 2010 che ci ha portato al lavoro interinale, ai contratti a tempo determinato senza causale, ad Hartz IV, alla distruzione della riforma delle pensioni, allora non fai piu' parte della sinistra. Altrimenti concetti come "sinistra" o "destra" sono completamente privi di senso. Ed è per questo che molte migliaia di socialdemocratici che non sono d'accordo con il corso di Olaf Scholz o Andrea Nahles ora hanno la possibilità di impegnarsi in un nuovo movimento insieme ai militanti della Linke e dei Verdi dove non si tratta di eleggere un segretario nel retro di una Kneipe, ma di un movimento in cui ci si impegna su dei temi. Perché i partiti non sono fini a se stessi. E noi vogliano convincere tutte le persone che ritengono di avere qualcosa in comune. Questo tuttavia non esclude che sull'Europa o sulla politica dei rifugiati nel dettaglio ci possano anche essere delle opinioni diverse. C'è bisogno di un elevato livello di tolleranza interna. Ma siamo d'accordo sul fatto che questi temi sociali dovranno essere rimessi al centro della politica, percio' non mi interessa se il progetto si adatta alle aspettative del signor Scholz. Fintanto che va bene all'artigiano, all'infermiera, al tassista, e questi mostrano le reazioni che abbiamo visto, io sono molto felice.

domenica 12 agosto 2018

Fermate il "Deutschland-bashing" ovvero la controffensiva tedesca in difesa dell'export

Dopo l'atto di accusa del FMI e i tweet di Trump, Die Welt schiera l'economista Thomas Straubhaar per lanciare la controffensiva tedesca in difesa dei surplus commerciali. Per il professore di Amburgo il FMI utilizza dei modelli superati mentre la contabilità nazionale non avrebbe piu' alcuna importanza perché ormai è stata superata dalla globalizzazione. Secondo Straubhaar è necessario fermare il "Deutschland-bashing" perché i tedeschi in fondo sono gli unici ad aver capito la globalizzazione. Da Die Welt


I fatti parlano da soli. La Germania detiene il record mondiale: gli avanzi delle partite correnti sono considerevolmente superiori rispetto a qualsiasi altra economia. Secondo le ultime statistiche pubblicate dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) a giugno l'avanzo tedesco ammonterebbe a oltre 300 miliardi di dollari.

Anno dopo anno circa l'8% del PIL tedesco non va a vantaggio dell'economia nazionale, ma dell'estero. In cambio anno dopo anno i crediti tedeschi nei confronti dei debitori esteri aumentano dell'8% annuo.

Nella classifica dei paesi in surplus segue il Giappone con 200 miliardi di dollari, al terzo posto c'è la Cina con 165 miliardi di dollari. Tutte le altre economie hanno un surplus ben al di sotto dei 100 miliardi di dollari.

Ci sono poi altri paesi come gli Stati Uniti che con un deficit di 466 miliardi di dollari annui registrano il piu' grande deficit del mondo, oppure il Regno Unito con poco meno di 100 miliardi di dollari di deficit estero.

E' un fatto e non una fake-news che la Germania e la sua popolazione da anni vivono al di sotto del livello che sarebbe possibile in base alla performance economica. L'8% del PIL annuo viene risparmiato sotto forma di crediti verso l'estero, denaro che non viene speso per consumi e investimenti in Germania.

I tedeschi scambiano i loro beni con dei titoli di debito

I tedeschi, invece di godersi la vita oggi, preferiscono scambiare le loro merci sui mercati mondiali con dei titoli di debito con i quali in un futuro piu' o meno lontano potranno essere acquistati e pagati dei beni. Proprio come fanno i privati quando risparmiano per potersi permettere un giorno una casa, un auto o un viaggio con quei soldi risparmiati.

I posti di lavoro tedeschi, finanziati dai clienti americani, non possono pertanto essere considerati una conseguenza giusta ed equa del libero mercato, almeno secondo il verdetto di Donald Trump. Se il contenimento della spesa - sia per il consumo che per gli investimenti - è la vera causa dello squilibrio delle partite correnti, allora la soluzione è ovvia: Germania in futuro concediti qualcosa in piu' di quanto tu non abbia fatto fino ad ora. Risparmia di meno, consuma di piu' e fai piu' investimenti.

La Germania può investire di più e aumentare i salari

Spendi piu' denaro, aumenta i salari e la spesa pubblica, stendi cavi di fibra ottica, migliora le reti digitali e modernizza l'infrastruttura statale. Con piu' investimenti anche in futuro potrai garantirti una migliore performance economica e assicurare un futuro migliore al figlio dei tuoi figli.

Senza dubbio i costi di produzione in Germania stanno aumentando, il che riduce la competitività internazionale. Sta quindi migliorando la posizione competitiva del paesi esteri!

E se i tedeschi guadagnano un po' di piu' e possono permettersi anche qualcosa in piu' allora cresceranno le importazioni - anche se dovessero solo concedersi una vacanza in qualche luogo remoto del mondo. Tutto bene nella misura in cui gli squilibri di conto corrente possono essere ridotti.

La logica semplice e conclusiva di eliminare gli avanzi delle partite correnti attraverso l'aumento dei consumi, degli investimenti, dei salari e delle spese governative viene applicata nei consigli forniti dal FMI e dal suo capo-economista Maurice Obstfeld.

La Germania dopo tutto dovrebbe sfruttare il suo attuale spazio fiscale per far crescere la domanda interna attraverso un sensibile aumento della spesa pubblica, ad esempio investendo di piu' in infrastrutture.

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Le riforme strutturali fondamentali dovrebbero fare in modo che le imprese investano a casa propria senza dover spostare il denaro all'estero. Altrettanto coerente è il riferimento a un cambiamento della durata della vita lavorativa al fine di ridurre il tasso di risparmio. Incrementi salariali piu' elevati nel quadro di un mercato del lavoro in tensione aumenterebbero anche la domanda interna.

La visione meccanicistica del FMI è superata

Cio' che sconcerta nell'intero ragionamento è la visione alquanto meccanicistica degli esperti del FMI che trascura in particolare alcuni importanti cambiamenti che negli ultimi anni hanno messo in questione la vecchia visione dell'economia e in particolare l'approccio della teoria del commercio estero. La realtà del 21° secolo è molto piu' complessa di quanto i modelli del FMI vorrebbero ammettere.

Primo: è semplicemente sbagliato dire che la Germania e la "Germania spa" sono identici - e che forniscono beni e servizi all'estero. Chi critica la Germania per i suoi surplus di conto corrente ipotizza che la Germania segua un modello di economia pianificata alla DDR in cui il governo federale puo' dettare in maniera dittatoriale la quantità delle esportazioni, delle importazioni, dei risparmi e degli investimenti e che puo' intervenire direttamente nella formazione dei salari - come se non esistesse la contrattazione collettiva.

Oppure non ha capito che in un'economia di mercato il costrutto "Germania" come entità auto-operante non esiste. Le "economie" non sono "aziende". Sono sempre e solo le singole imprese oppure le persone e non i paesi a produrre e commerciare, comprare o vendere, investire oppure risparmiare, ad essere competitivi, ad avere successo oppure fallire.

Secondo: è necessario spiegare perché la Germania ha un enorme surplus commerciale in termini di merci (hardware), ma nei servizi (software) registra un significativo deficit commerciale. Tutto quello che vale per il commercio dei prodotti industriali, vale a dire macchinari, veicoli, attrezzature e prodotti trasformati, viene completamente capovolto da cio' che accade nel settore dei servizi.

Perché in questo ambito i campioni del mondo sono gli Stati Uniti. Nei servizi generano un avanzo annuale di quasi 250 miliardi di dollari, la Germania al contrario ha un deficit di 22 miliardi di euro, la Cina un deficit di 238 miliardi di dollari.

In Germania allora le banche e le assicurazioni, le società di consulenza, quelle nell'informazione e nella comunicazione e nel management non dovrebbero forse tirare la corda, tagliare gli stipendi e aumentare i tassi di risparmio per poter stare al passo con gli Stati Uniti? Una politica macro-economica giusta per alcuni, potrebbe essere fuorviante per qualcun'altro.

Terzo: si pone la questione se i dati registrati nei saldi delle partite correnti possono rendere giustizia a un mondo globalizzato e digitalizzato. Nell'era della divisione globale del lavoro le statistiche nazionali difficilmente possono dirci chi commercia con chi. Ad esempio, cio' accade quando le multinazionali valutano le loro transazioni interne o i pagamenti intermedi dal paese A al paese B a dei prezzi convenzionali, che spesso pero' per ragioni fiscali sono lontane dai prezzi di mercato.

Questo vale in particolar modo quando invece delle merci sono i dati a dover fare dei lunghi viaggi. Il valore aggiunto e le statistiche commerciali sono messe sotto pressione quando ad essere spostate non sono le merci ma le informazioni elettroniche scambiate nelle stanze virtuali, quando ad esempio invece di spedire container pieni di motori o pezzi di ricambio, ad essere inviati via internet dalla Germania verso il sud-est asiatico sono dei piani di costruzione per fabbricare un prodotto finale su misura e preciso con la stampante 3D sul posto. Gli spazi virtuali non conoscono confini nazionali.

Quarto: con i tassi di cambio flessibili gli squilibri delle partite correnti scomparirebbero da soli. I paesi in surplus dovrebbero solo rivalutare la loro moneta. I loro prodotti diverrebbero piu' costosi sui mercati mondiali, fatto che ridurrebbe le esportazioni e aumenterebbe le importazioni. Se i mercati funzionassero senza intoppi, i prezzi e i salari reagirebbero in maniera flessibile e si arriverebbe automaticamente ad una bilancia dei pagamenti in equilibrio.

Il fatto che la Germania abbia un problema fondamentale, anche se scritto con caratteri molto piccoli, lo si puo' leggere anche nell'analisi del FMI, che dal punto di vista tedesco considera "l'euro sottovalutato fra il 10 e il 20%" e che in un calcolo piu' raffinato parla "di una sottovalutazione del 19%".

Cosa accadrebbe quindi all'avanzo delle partite correnti tedesco se l'euro si rivalutasse nei confronti del dollaro? Il tema si risolverebbe in gran parte autonomamente. E' tuttavia corretto dire che all'interno dell'area dell'euro - dove non sono possibili dei tassi di cambio flessibili - un apprezzamento per la Germania di fatto sarebbe possibile solo con prezzi e salari piu' alti. 

Una disputa dal passato

La disputa sugli squilibri delle partite correnti - tutto sommato - deriva dal vecchio pensiero economico contrassegnato dagli stati nazionali, dalle società industriali e da una macropolitica globale guidata dagli stati. La globalizzazione e la digitalizzazione sottraggono a questa discussione le fondamenta pratiche.

Le sfide del 21° secolo non possono essere affrontate con dei punti di vista sempre piu' obsoleti. E' quindi necessario cercare nuove risposte per affrontare la dinamica di economie aperte e internazionalmente altamente connesse e società collegate in rete attraverso spazi virtuali. 

Il "Deutschland-bashing" non porta all'obiettivo, ma è solo fuorviante.

giovedì 9 agosto 2018

Quanto guadagnano i tedeschi in media nel 2018?

La Bundesagentur für Arbeit ha recentemente pubblicato i dati relativi allo stipendio mediano lordo tedesco rilevato a inizio 2018 per i dipendenti a tempo pieno. Dati alla mano, il 18.2% di tutti i lavoratori dipendenti a tempo pieno nel 2018 guadagna meno di 2.139 euro lordi al mese, mentre fra gli stranieri questa percentuale sale al 39%. Importante notare che in Germania non esiste il TFR, mentre la tredicesima e la quattordicesima (Weihnachts- und Urlaubsgeld) sono già incluse nel dato lordo della BA. Per arrivare al netto come sempre bisogna usare un Gehaltsrechner. Ne parla Handelsblatt


(...) La Bundesagentur für Arbeit ha appena pubblicato i dati attuali relativi alle retribuzioni tedesche. La statistica è ricca di dettagli e mostra diversi aspetti:(...)

Amburgo davanti al Baden-Württemberg

Il reddito mediano lordo di un occupato a tempo peno soggetto ad assicurazione sociale nell'ovest è di 3.339 euro al mese, decisamente piu' alto che nell'est, dove si ferma a 2.600 euro lordi al mese. La data di rilevazione è il 31 dicembre 2017, mentre nel calcolo sono comprese anche le indennità di Natale e per le vacanze (Weihnachts- und Urlaubsgeld).

Le statistiche dell'agenzia federale mostrano anche i dati regionali. Si possono pertanto individuare anche i salari lordi mediani delle singole regioni e città. I guadagni piu' alti - sull'intero paese - sono ad Amburgo.

Li' lo stipendio mediano è di 3.619 euro lordi al mese. Seguono il Baden-Württemberg (3.546 euro), l'Assia (3.494 euro) e Brema. Berlino è la prima delle città della Germania dell'est con un valore mediano di 3.126 euro lordi al mese. Nel complesso la capitale occupa il nono posto.

A occupare gli ultimi 4 posti ci sono i nuovi Laender (est). A guadagnare di meno sono i dipendenti a tempo pieno del Mecklenburg-Vorpommern, con solo 2.391 euro lordi al mese. Nell'ovest il fanalino di coda è lo Schleswig-Holstein con 2.958 euro lordi. Fra le città la bavarese Ingolstadt con 4.635 euro lordi registra lo stipendio mediano piu' alto, la sassone Görlitz al confine polacco con 2.183 euro quello piu' basso.

La statistica tuttavia non dice nulla sullo stipendio netto, sui redditi da capitale e sul potere d'acquisto. In questo calcolo gli affitti, le spese per la previdenza sociale e i prezzi al consumo giocano un ruolo importante. Cio' significa che anche in una regione a basso reddito la qualità della vita puo' essere elevata se il costo della vita è corrispondentemente basso.
Stipendio mediano lordo

Le donne guadagnano molto meno

L'agenzia federale fa riferimento a dei semplici numeri, non fornisce tuttavia  alcuna interpretazione. Cosi' una potenziale causa del dato di Ingolstadt potrebbe essere un datore di lavoro finanziariamente forte e potente come Audi, mentre a Görlitz potrebbero essere i bassissimi salari polacchi ad esercitare una forte influenza. Nella statistica non vengono tuttavia considerati i redditi da lavoro autonomo o stagionale, ad esempio in agricoltura.

I dati raccolti vanno ben oltre la regionalità. Cosi l'indagine fra le altre cose mostra anche quanti occupati a tempo pieno lavorano nella cosiddetta area a bassa retribuzione (meno di 2.139 euro lordi) - e chi vi lavora. Il 18.2 % di tutti i dipendenti a tempo pieno rientra in questo intervallo a bassa retribuzione. Tuttavia con il 18.8% la proporzione fra i dipendenti dell'ovest è sopra la media, e ben al di sopra del valore della Germania orientale, che è del 15.7%.

E' ancora piu' evidente la differenza in base ad altre caratteristiche demografiche. In Germania la percentuale di donne nella fascia retributiva piu' bassa è del 25.9 % (uomini: 14.5%). Nella fascia di reddito fino a 1000 o 2000 euro il numero di uomini e donne occupati è quasi lo stesso. Nei settori di punta, al contrario, con uno stipendio lordo di oltre 5.000 euro lordi, ci sono 2.89 milioni di uomini ma solo 638.354 donne.

La maggior parte dei dipendenti a tempo pieno con un reddito basso ha meno di 25 anni (41.6%). La differenza principale la si riscontra nella distinzione fra dipendenti tedeschi e stranieri: il 39% degli stranieri nel mercato del lavoro guadagna meno di 2.139 euro lordi al mese.

Le statistiche suggeriscono inoltre che la formazione professionale è ancora redditizia: fra i lavoratori a basso reddito il gruppo dei dipendenti senza qualifiche professionali riconosciute è il  gruppo piu' grande. Solo il 16.9% degli occupati con una formazione professionale rientra in questa categoria - e solo il 4.7% dei laureati.



lunedì 6 agosto 2018

H.W. Sinn: perché non possiamo banalizzare i saldi Target (parte seconda)

Sulle pagine della FAZ.net va in onda l'ennesima puntata dell'interminabile dibattito sulla natura dei saldi Target. Questa volta il prof. Sinn risponde a Martin Hellwig e a tutti gli economisti tedeschi che continuano a minimizzare l'importanza dei saldi Target, si arriva da qui. Dalla Faz.net


Le regole per il rimborso dei saldi sono state dimenticate


Nell'euro le regole per il rimborso dei saldi Target sono state "dimenticate". E' quindi perfettamente comprensibile che i vertici dei paesi attualmente in crisi abbiano trovato molto vantaggioso farsi stampare sempre piu' denaro dalla propria banca centrale, invece di farselo prestare negli altri paesi alle normali condizioni di mercato. Centinaia di miliardi di euro sono stati prestati alle banche commerciali locali mediante i crediti Ela e Anfa, con una decisione presa in proprio, e allo stesso tempo i paesi in crisi grazie ai loro voti nel consiglio BCE hanno deciso che le banche centrali nazionali per la concessione dei prestiti di rifinanziamento potevano accontentasi di garanzie sempre peggiori. Hanno potuto accettare perfino titoli spazzatura con un rating BBB. Il margine discrezionale per la definizione dei criteri è stato molto ampio.


Le banche commerciali dei paesi sovra-indebitati hanno poi trasferito all'economia privata, a condizioni estremamente favorevoli rispetto a quelle di mercato, tutta questa liquidità stampata nella tipografia nazionale. Cio' ha permesso di fare sempre piu' trasferimenti netti verso gli altri paesi senza che la liquidità nazionale si prosciugasse. Si tratta di un aspetto decisivo di cui Hellwig non si occupa. Le banche centrali del sud, con la loro enorme creazione di credito, hanno marginalizzato gli investitori internazionali i quali hanno sviluppato una sempre maggiore riluttanza a finanziare il crescente debito pubblico e privato nell'Europa meridionale.

La marginalizzazione del mercato dei capitali privato attraverso la rinuncia ad un premio di rischio adeguato per uno specifico paese rappresenta una distorsione fondamentale nella allocazione del capitale che nel lungo periodo rende l'Europa piu' debole. Non è un problema transitorio e nemmeno una questione di eredità del passato, piuttosto un problema strutturale e permanente che puo' affondare l'Europa se non viene risolto.

La creazione asimmetrica di moneta è solo una delle ragioni della crescita dei saldi Target. Dal 2015 si sono poi aggiunti gli acquisti nell'ambito del programma di QE che nel frattempo hanno raggiunto i 2.4 trilioni di euro e che per circa la metà del loro importo hanno riguardato investitori non appartenenti all'area dell'euro. Poiché gli investitori hanno trasferito i loro proventi soprattutto in alcuni paesi del nord dell'eurozona, soprattutto in Germania, per poter poi investire il loro denaro in questi paesi, le  banche centrali coinvolte si sono trovate costrette a fornire la liquidità richiesta, fatto che ha portato ad un ulteriore aumento dei saldi Target.

Scambio fra i titoli di debito pubblico cartolarizzati e debiti Target

Il procedimento tecnico di cui la BCE in questo contesto parla volentieri implica che nel portafoglio degli investitori di tutto il mondo una grande quantità di titoli di stato del sud-Europa sia stata sostituita da attività di ogni tipo provenienti dalla Germania, mentre i venditori residenti in Germania, incluse le banche, che hanno messo a disposizione dei loro clienti i conti bancari hanno ricevuto in cambio dei pagamenti in euro dalla Bundesbank, la quale a sua volta è stata compensata con dei crediti Target nei confronti dell'eurosistema. Si tratta di una enorme azione di ristrutturazione del debito a cui la Bundesbank ha dovuto partecipare forzosamente.

I paesi sovra-indebitati dell'Eurozona hanno potuto sostituire il loro debito pubblico cartolarizzato verso investitori privati, i quali a volte possono anche diventare noiosi, con dei comodi debiti Target nei confronti dell'eurosistema e quindi sostituire indirettamente i creditori privati con la Bundesbank. Allo stesso tempo gli investitori di tutto il mondo hanno avuto la possibilità di scambiare i loro titoli di stato del sud-Europa con delle azioni, delle aziende, delle partecipazioni o altre attività. Certamente fra i portafogli salvati ce n'era anche qualcuno tedesco, cosa che avrà sicuramente fatto rallegrare alcuni gestori di fondi tedeschi. Questi tuttavia avrebbero potuto essere salvati in maniera diretta risparmiando molto denaro, se solo lo si fosse voluto. Non era certo necessario salvare tutti i fondi pensione investiti nell'Europa del sud. Il giubilo che il programma di QE ha scatenato a Wall Street e a Londra dovrebbe destare qualche preoccupazione.

Draghi: l'Italia deve saldare per intero il debito Target

In particolare il pericolo si materializzerebbe se un paese o piu' paesi dovessero lasciare l'eurosistema. Se l'eurosistema nel complesso dovesse collassare, la parte tedesca dell'area valutaria si troverebbe su di un enorme montagna di moneta creata dalla banca centrale, troppo grande per un solo paese e con enormi rischi di inflazione. La Bundesbank dovrebbe quindi avviare una riforma monetaria oppure incassare il denaro per poi bruciarlo, ad esempio vendendo titoli pubblici che in precedenza aveva ricevuto in regalo dal tesoro tedesco. Questo scenario è la minaccia con l'aiuto della quale la Germania nei prossimi anni potrebbe essere costretta ad entrare in una unione di trasferimento. Le perdite in quel caso si manifesterebbero nel bilancio dello stato.

Sarebbe molto scomodo anche se un singolo paese come l'Italia dovesse minacciare l'uscita. In una lettera a 2 deputati Cinque Stelle Mario Draghi ha dichiarato che l'Italia in caso di uscita dalla moneta unica avrebbe dovuto saldare interamente il suo debito Target. Secondo Martin Hellwig, tuttavia, non vi è alcuna base giuridica per fare cio', e anche se fosse obbligata a farlo, di fatto Banca d'Italia potrebbe anche non adempiere ai suoi obblighi perché i suoi attivi sarebbero costituiti da lire svalutate e sul lato del passivo del bilancio ci sarebbero i debiti Target in euro. In un modo o nell'altro la Germania dovrebbe sopportare una perdita in proporzione pari al 31% del debito Target italiano mentre non sarebbe possibile annullare né l'acquisto dei titoli di stato fatto da Banca d'Italia né il trasferimento di merci e attività tedesche agli stranieri.

Che lo stato italiano in questo caso sia solvente o meno, contrariamente all'opinione di Hellwig, non ha alcuna importanza, perché i titoli di stato italiani che Banca d'Italia ha acquistato appartengono solo a lei, e non sono garantiti dall'eurosistema. Si tratta in primo luogo degli stessi saldi Target.

Avrei preferito che ad occuparsi dei saldi Target al posto dei tecnocrati dell'eurosistema almeno una volta nella storia dell'eurozona vi fossero stati dei rappresentanti eletti democraticamente affinché l'opinione pubblica possa finalmente capire cosa sta realmente accadendo.

H.W. Sinn: non possiamo banalizzare i saldi Target (prima parte)

Sulle pagine della FAZ.net va in onda l'ennesima puntata dell'interminabile dibattito sulla natura dei saldi Target. Questa volta il prof. Sinn risponde a Martin Hellwig e a tutti gli economisti tedeschi che continuano a minimizzare l'importanza dei saldi Target . Dalla Faz.net


La crescita dei saldi Target obbliga la BCE a fare chiarezza. Il suo presidente cerca di schivare le domande relative al loro rimborso, ad una loro limitazione o alle garanzie e accusa ogni critico di volere la fine l'euro. Il presidente del DIW nonché ex-dipendente della BCE Marcel Fratzscher ritiene invece che i critici della BCE siano vicini ad AfD e li accusa di voler creare il panico. Altri ipotizzano almeno un sentimento anti-europeo. Molti giornalisti in previsione del superamento del limite del trilione di euro hanno preso parte ad un'azione di rassicurazione concordata e preventiva. Evidentemente il nervosismo sta crescendo. 

Anche  Martin Hellwig si unisce alle loro fila. Quando il tema dei saldi Target emerse per la prima volta egli lavorava alla BCE come responsabile per il monitoraggio dei rischi macroeconomici. Anche allora per lui si trattava solo di banali saldi. Ora si difende, ma senza portare argomenti convincenti.


I crediti Target della Bundesbank sono un attivo, ovvero un credito non garantito nei confronti dell'eurosistema sul lato sinistro del bilancio (dare), compensato dalle passività delle altre banche centrali sul lato destro (avere). Cosi' la banca centrale spagnola al momento conta circa 400 miliardi di euro e quella italiana circa 500 miliardi di euro di debiti Target. La stessa Francia si trova con 80 miliardi di euro in terreno negativo.

I saldi Target sono molto piu' di semplici operazioni di compensazione

Continuare a parlare di semplici operazioni di compensazione nel contesto del sistema di pagamento Target è una banalizzazione fuorviante, in quanto i saldi Target misurano i trasferimenti netti da altri paesi verso la Germania. Trasferimenti che hanno obbligato la Bundesbank ad eseguire degli ordini di pagamento per conto delle altre banche centrali. Sono stati rimborsati dei debiti in Germania e poi con il denaro incassato sono stati realizzati degli acquisti nel paese. In questo modo è finita in mani estere una quantità netta di beni e attività come azioni, titoli di debito, società, case e conti bancari per un valore complessivo di circa 1.000 miliardi di euro, senza che per questo sia tornata indietro alcuna sostanza reale. I crediti della Bundesbank nelle statistiche della bilancia dei pagamenti sono registrati come una parte del patrimonio estero tedesco e corrispondono alla metà delle attività estere nette complessive della Germania.

La Bundesbank con gli ordini di trasferimento produce del cosiddetto "denaro esterno" (Außengeld), per il quale a differenza del "denaro interno" (Innengeld), prestato alle banche nazionali, riceve un credito Target nei confronti dell'eurosistema e quindi indirettamente nei confronti delle altre banche centrali dell'eurosistema. Dal punto di vista dei singoli beneficiari tedeschi dei pagamenti, l'origine del denaro è indifferente, tuttavia quello che ricevono è denaro della banca centrale: un credito nei confronti della propria banca centrale e quindi nei confronti di un'istituzione che appartiene a loro in quanto cittadini.

Se i crediti Target nei confronti delle altre banche centrali dovessero venire meno, la Germania non sarebbe in alcun modo rimborsata per i beni e le attività, compresi i titoli di debito rimborsati, che sono stato trasferiti agli stranieri. In questo caso i contribuenti tedeschi avrebbero rimborsato i debiti degli stranieri e avrebbero pagato per gli stessi beni e le attività patrimoniali consegnate. Per le eventuali perdite della Bundesbank sarà il contribuente tedesco a dover essere responsabile, sia rinunciando alla distribuzione degli utili che attraverso una ricapitalizzazione della Bundesbank, fra loro equivalenti.

Un fido bancario

Secondo la mia interpretazione i crediti Target della Bundesbank sono paragonabili ad un fido bancario nell'ambito dei rapporti dell'eurosistema, simili ai diritti speciali di prelievo del FMI oppure ai limiti di credito concessi alle banche centrali nell'ambito dei sistemi a cambio fisso.

Hellwig mette in dubbio la natura creditizia dei saldi Target in quanto egli ritiene che la Bundesbank sia una filiale della BCE, e considera "semanticamente priva di senso" un'analisi dei flussi di pagamento internazionali basata sull'economia tedesca, in quanto, dietro ai pagamenti ci sono sempre delle persone e delle istituzioni, la cui classificazione per nazionalità, secondo lui, non è importante.

In questo modo egli porta il corso della storia molto avanti, perchè lo stato europeo, che forse consentirebbe una tacita rinuncia nei confronti delle rivendicazioni verso gli altri paesi, in Europa non è stato ancora fondato. Fino ad ora i beni della Bundesbank appartengono ancora allo stato tedesco. La Corte Costituzionale tedesca ha ripetutamente sottolineato che la Bundesbank non deve sottomettersi ad un meccanismo di pagamento a favore di altri paesi.

Anche gli Stati Uniti, che sono uno stato unico, vengono divisi in ulteriori 12 distretti della banca centrale con un proprio bilancio. I saldi Target (li' denominati saldi Isa) negli Stati Uniti vengono compensati annualmente attraverso il trasferimento di titoli fruttiferi negoziabili. Di conseguenza molti trasferimenti inter-distrettuali per compensare i deficit di finanziamento locali vengono realizzati dalle banche commerciali alle condizioni di mercato.

Le regole per i rimborsi sono state dimenticate

Nell'euro le regole per il rimborso dei saldi sono state "dimenticate". E' quindi comprensibile che i vertici dei paesi attualmente in crisi abbiano trovato molto attraente farsi stampare sempre piu' denaro dalla propria banca centrale, invece di farselo prestare negli altri paesi alle normali condizioni di mercato. Centinaia di miliardi di euro sono stati prestati alle banche commerciali locali mediante i crediti Ela e Anfa, con una decisione propria, e allo stesso tempo i paesi in crisi grazie ai loro voti nel consiglio BCE hanno deciso che le banche centrali nazionali potevano accontentasi di garanzie sempre peggiori per la concessione dei prestiti di rifinanziamento. Hanno potuto accettare perfino titoli spazzatura con un rating BBB. Il margine discrezionale per la definizione dei criteri è stato molto ampio.

CONTINUA (parte seconda)>>



domenica 5 agosto 2018

Il nuovo esperimento migratorio tedesco

L'economia tedesca ha fame di manodopera a basso costo non particolarmente qualificata e allora il governo si fa dettare dalle associazioni dei datori di lavoro una nuova legge sull'immigrazione fatta apposta per portare in Germania un'altra ondata di Gastarbeiter. Invece di rendere i posti di lavoro piu' attraenti aumentando lo stipendio e riducendo il carico di lavoro gli industriali e il governo preferiscono reclutare da tutto il mondo forza lavoro altamente ricattabile. Il modello per il futuro saranno le leggi per l'immigrazione dai Balcani occidentali. Ne parla die Welt


La domanda della Bundesagentur für Arbeit (BA) è molto diretta: "Stai pensando di costruirti un futuro in Germania?". Cosi' è scritto su di un sito web rivolto ai cittadini dei Balcani occidentali. C'è anche il riferimento al fatto che le domande di asilo provenienti da questi paesi "praticamente non hanno nessuna possibilità di successo". Ma c'è una controproposta: le persone interessate possono provare a venire in Germania attraverso il cosiddetto regolamento per i Balcani occidentali. Per farlo c'è bisogno di solo 2 cose: un contratto di lavoro e un visto.

Questo regolamento in vigore dal 2016 è un esperimento di politica migratoria: al culmine della crisi dei rifugiati il governo federale ha allentato le norme per i lavoratori migranti provenienti da Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Macedonia, Montenegro e Serbia. Da allora in Germania possono fare quasi tutti i lavori, di ostacoli ce ne sono pochi. La BA deve tuttavia prima verificare se per la stessa posizione si è candidato anche un tedesco. Inoltre dal regolamento sono escluse le persone che nei 2 anni precedenti hanno fatto domanda di asilo. L'obiettivo dell'esperimento: frenare la migrazione irregolare da questi paesi e alleggerire il peso per il sistema di asilo tedesco.

Pare che abbia funzionato, perché il governo federale ne sta attualmente considerando l'estensione. Il regolamento per i Balcani occidentali potrebbe essere il "prototipo per accordi con altri paesi", ha affermato la cancelliera Angela Merkel (CDU) nella sua conferenza stampa estiva a metà luglio. Di quali paesi dovrebbe trattarsi tuttavia non lo ha detto. Ma ad essere presi in considerazione sono soprattutto quelli dell'Africa occidentale. Dopotutto da questi paesi un numero molto elevato di persone vorrebbe raggiungere l'Europa. Ma il regolamento per i Balcani occidentali è adatto come modello? Quali sono le sfide?

In effetti il numero dei richiedenti asilo provenienti dai Balcani occidentali dopo l'introduzione del regolamento è diminuito drasticamente: dai 141.000 del 2015 ai 20.000 dello scorso anno. Diversi fattori sono responsabili: nel frattempo questi paesi sono stati riclassificati come paesi di origine sicuri. Oppure sono state le campagne informative in luogo con le quali il governo federale mette in guardia dalla bassa probabilità di successo di una domanda di asilo.

Ma la migrazione nell'ambito del regolamento per i Balcani occidentali ha funzionato anche come una valvola. Solo lo scorso anno oltre 25.000 Gastarbeiter provenienti dai paesi della regione hanno ottenuto un visto per la Germania. L'interesse principale è stato per le costruzioni, l'ospitalità e la sanità. Si tratta di settori che soffrono in maniera particolare per la mancanza di personale.

"Il regolamento per i Balcani occidentali ha aiutato il settore delle costruzioni" afferma Felix Pakleppa, presidente della Zentralverband Deutsches Baugewerbe (ZDB). "Siamo molto soddisfatti" con le qualifiche e l'impegno dei lavoratori. Cose simili si possono ascoltare anche dall'Associazione tedesca degli hotel e dei ristoranti (Dehoga). "E' naturale" che le imprese del settore ricorrano al regolamento per i Balcani occidentali, racconta Ingrid Hartges, presidente dell'Associazione federale Dehoga. Per l'associazione il modello è il prototipo per una nuova legge sull'immigrazione di lavoratori qualificati: "l'orientamento verso un contratto di lavoro concreto e controllabile presenta dei vantaggi rispetto ad un sistema a punti astratto".

Cresce la pressione sui lavoratori poco qualificati

Stephan Thomae, leader del gruppo parlamentare della FDP al Bundestag accoglie con favore il modello: il regolamento per i Balcani occidentali è uno "strumento adeguato per facilitare la migrazione legata al mercato del lavoro e allo stesso tempo limitare l'accumularsi delle domande di asilo". Matthias Lücke, esperto di migrazione presso l'Institut für Weltwirtschaft (IfW) è piu' prudente nella sua valutazione del regolamento. Anche lui ritiene che l'apertura del mercato del lavoro possa essere uno strumento per limitare l'immigrazione irregolare. E' tuttavia necessario monitorarne "l'impatto sul mercato del lavoro e i possibili abusi".

Lücke sottolinea che i lavoratori poco qualificati già in Germania potrebbero subire una certa pressione. In considerazione dell'attuale congiuntura economica 20.000 visti di lavoro non sono un problema. Se dovessero essere molti di piu' bisognerebbe allora verificare se c'è un impatto negativo sulle persone con qualifiche professionali simili. E Lücke ci vede un altro problema. I Gastarbeiter sono estremamente dipendenti dal datore di lavoro, afferma il ricercatore. Avrebbero paura di essere espulsi nel caso in cui dovessero perdere il loro lavoro. "Le possibilità di abuso sono evidenti".

A cio' si aggiunge quanto racconta Dragana Bubulj del centro di consulenza del sindacato confederale tedesco di Mannheim „Faire Mobilität“. Ogni mese si presentano da noi dalle 3 alle 5 persone arrivate in Germania nell'ambito del regolamento dei Balcani Occidentali. "Ci segnalano problemi con l'alloggio e gli alti canoni di locazione, oppure ci raccontano che devono lavorare oltre 10 ore al giorno e fare straordinari che non vengono pagati". Spesso in busta paga si ritrovano delle detrazioni ingiustificate.

Bubulj ci parla di un caso estremo in cui la BA ha dato all'imprenditore istruzioni precise concernenti l'orario di lavoro e l'ammontare della retribuzione: "il datore di lavoro semplicemente non vi si era attenuto e aveva registrato il contratto come un mini-job". Il Gastarbeiter percepiva 450 euro al mese - per un lavoro a tempo pieno.

Non esiste una statistica sui casi di abuso. La Bundesagentur für Arbeit comunica che fino ad ora ci sono stati solo singoli rapporti di lavoro con caratteristiche discutibili. La BA raccoglie regolarmente i dati presso le aziende che impiegano un lavoratore nel quadro del regolamento dei Balcani occidentali. Tuttavia cio' avviene solo per scritto.

C'è anche un altro problema fondamentale concernente l'attuazione del regolamento dei Balcani occidentali: non tutti i migranti che hanno un contratto di lavoro con un'azienda tedesca ce la fanno ad arrivare in Germania. Le ambasciate tedesche sono piu' che sovraccarche con il trattamento delle domande di visto. Il tempo di attesa per un appuntamento arriva fino ad un anno.

Per l'economia questo è il vero punto debole del sistema. E' soprattutto l'occupazione stagionale a soffrirne, afferma Ingrid Hartges dell'Associazione federale Dehoga. "Se il visto e il permesso di lavoro sono disponibili solo durante o verso la fine della stagione, non sarà piu' possibile un impiego ragionevole della forza lavoro".

Anche il governo federale ritiene necessaria una riforma. Si cerca di ridurre i tempi di attesa aumentando il personale nelle ambasciate e nei consolati, è scritto in una recente risposta del governo ad una interrogazione parlamentare della Linke. I locali disponibili presso gli uffici per il rilascio dei visti sono già "pienamente utilizzati". A Pristina, la capitale del Kosovo, è in programma la locazione di un ulteriore edificio.

Se l'espansione nel lungo periodo valga la pena, è tuttavia discutibile. Per il momento la scadenza del regolamento dei Balcani occidentali è prevista per il 2020.

sabato 4 agosto 2018

Flassbeck: qual'è la vera agenda politica di Hans Werner Sinn?

Hans Werner Sinn è solo un professore in pensione con la libertà di dire tutto quello che gli passa per la testa oppure l'ideologo di una campagna anti-euro e nazionalista che serve solo a portare acqua al mulino di AfD? Risponde il grande economista Heiner Flassbeck, il quale consiglia ai suoi colleghi di prendere le distanze da Sinn e dai suoi toni nazionalisti e razzisti. Da Makroskop.eu


Avevo già posto questa domanda nel contesto della nostra discussione sui saldi Target, e cioè: qual'è il senso dei continui avvertimenti lanciati dagli economisti allarmisti i quali tuttavia non parlano mai delle cause della miseria? Questa volta è il leader indiscusso di questa specie, il prof. Hans Werner Sinn, a prendere ancora la parola in occasione del ventennale dell'euro per affermare apparentemente senza senso che l'euro non sarebbe stata una storia di successo. Bisogna pertanto chiedersi a questo punto: qual'è l'agenda politica seguita dall'uomo che ama profilarsi come uno scienziato neutrale?

Sinn nella suo commento su Handelsblatt scrive:

"Se consideriamo come punto di inizio la fissazione dei tassi di cambio nel maggio 1998, l'euro ha 20 anni. Nel primo decennio nel sud-europa c'è stato un lungo party, nel secondo invece a dominare sono state le conseguenze della sbornia - il terzo decennio inizia invece nel segno di una crescente radicalizzazione politica".

I quattro quinti delle osservazioni dell'uomo, che ricordiamolo voleva imporre alla Germania una radicale riduzione salariale, sono rivolte al sud-Europa, che per lui è composto da Italia, Spagna, Portogallo e Grecia. Il sud-Europa con i suoi "party", secondo Sinn, nei primi 10 anni avrebbe gettato le basi per la crisi dell'Eurozona che poi è continuata fino ad oggi, soprattutto a causa della politica irresponsabile della BCE e a causa dei saldi Target, chiaramente a spese dei tedeschi. 

Sulla Francia non fa una parola e il disastroso ruolo tenuto dalla Germania durante tutta la crisi viene ovviamente taciuto dal "grande" economista tedesco. Solo gli altri - secondo Sinn - con una certa leggerezza avrebbero perso la loro competitività e ora non ne vogliono sapere di assumersi la responsabilità delle conseguenze.

Dove a "governare sono i socialisti radicali"

Che l'analisi economica di Sinn sia priva di senso, lo abbiamo mostrato  molte volte (qui ad es.), motivo per cui non voglio ripeterlo. L'analisi fatta dal professore emerito di macroeconomia tuttavia è alquanto grottesca. Si rammarica per la situazione economica ancora miserabile nei 4 paesi del sud-Europa riferendosi soprattutto al basso livello di produzione industriale e all'ancora elevato livello di disoccupazione giovanile. Ma poi arriva ad una valutazione politica che ci mostra una volta per tutte quale sia il suo orientamento politico. Egli scrive:

"in questi paesi governano dei socialisti radicali che non vogliono saperne della disciplina di bilancio, in Italia i vecchi partiti sono stati spazzati via. Il governo radicale composto da Lega e Cinque Stelle con la protezione degli altri paesi della zona euro vorrebbe prendere in prestito molto piu' denaro di quanto non stia già facendo e minaccia di lasciare l'euro, se l'UE dovesse negarglielo".

E' piu' che assurdo, si tratta di una perfida e senza dubbio deliberata distorsione della situazione politica. In Grecia, come sanno anche i bambini, da tempo non governano più' i socialdemocratici eletti democraticamente per la prima volta nel gennaio 2015, ma la Troika, che ha allontanato i socialisti da ogni forma di socialdemocrazia e ha imposto una rigorosa politica neoliberista. In Portogallo, il partito socialista di Antonio Costa è salito al potere nel 2015 perché il precedente governo conservatore stava spingendo il paese sempre piu' in crisi. Da allora l'economia per la prima volta ha iniziato a stabilizzarsi. Il ministro delle finanze di questo governo nel frattempo è diventato il capo dell'Eurogruppo, fatto che sicuramente non avvalora la tesi che in questo paese vi siano al potere i socialisti radicali.

Ancora piu' incredibile è l'analsi delle condizioni politiche in Spagna fatta da Sinn. Li' i socialdemocratici di Pedro Sánchez, poco meno di due mesi fa, hanno preso il potere dai conservatori (con un voto di sfiducia), i quali erano rimasti al potere dal 2011 al 2018 con Mariano Rajoy. Ma non è tutto. Anche il nuovo governo italiano viene considerato fra i socialisti perché vorrebbe aumentare l'indebitamento.

L'agenda politica è nazionalista

E' tutto cosi' assurdo che non c'è altro da dire in merito. Ma cio' mostra chiaramente quale sia l'agenda politica di chi scrive tali assurdità. Non diversamente da quanto accade con il dibattito sui saldi Target, sotto l'apparenza delle scienziato, il vero obiettivo è quello di fare campagna contro l'euro. In questo modo pero' sta facendo propaganda, sicuramente in maniera consapevole, per coloro che da una prospettiva tedesco-nazionalista chiedono la fine dell'euro e che sulle loro bandiere hanno scritto un programma economico neoliberista. L'intero vertice di AfD con Meuthen, Gauland e Weidel saluta e ringrazia.

Negando ogni colpa tedesca, alimentando il risentimento oggettivo nei confronti delle altre nazioni e dando tutte le colpe ai socialisti si prendono piu' piccioni con una fava. Se lo fai dietro dall'apparenza di uno scienziato funziona particolarmente bene, perché la grande massa della popolazione è entusiasta quando i suoi pregiudizi possono essere confermati scientificamente. 

Di quanto tempo ancora avranno bisogno gli scienziati attivi nelle università tedesche per capirlo e per prendere le distanze da uno di loro che da sempre è al limite della serietà ma che ora sembra aver palesemente superato questo limite e che si è messo alla guida di una campagna politica nazionalista?

martedì 31 luglio 2018

Sogno di una bomba di mezza estate

Die Welt riapre il dibattito, in realtà mai chiuso, sulla necessità di dotare la Germania di una propria bomba atomica. Per ora sembra piu' che altro una discussione buona per le pagine estive dei quotidiani, ma in futuro potrebbe trasformarsi in qualcosa di molto piu' concreto, soprattutto se i francesi fossero d'accordo. La campagna per una bomba atomica tedesca va avanti da anni, ne avevamo parlato qui e anche qui, e sicuramente la cosiddetta "stampa di qualità" tornerà a parlarne. Ne scrive Die Welt


La Germania ha bisogno della bomba? Si', afferma il politologo Christian Hacke. Per lui la difesa nazionale in futuro avrà bisogno di una propria capacità di deterrenza. Dopo le uscite del presidente americano Donald Trump al Vertice Nato e i suoi attacchi verbali nei confronti della Germania, secondo Hacke, i tedeschi dovrebbero rendere la loro sicurezza indipendente da quella degli americani. 

"Nel suo nuovo ruolo di nemico numero uno del presidente americano, la Germania dovrà ripensare radicalmente la sua politica di sicurezza", scrive Hacke in un suo contributo sulla "WELT am SONNTAG". Non c'è bisogno di fare allarmismo, tuttavia bisogna affermare con sobrietà: "per la prima volta dal 1949 la Germania si trova senza lo scudo nucleare degli Stati Uniti e in caso estremo oggi sarebbe vulnerabile". In considerazione di questa nuova situazione dovremmo porci la domanda: "come dovremmo gestire una potenziale potenza nucleare tedesca?".

Hacke sostiene la necessità di un'arma nucleare per la Germania. "Affinchè gli USA e la Nato riconoscano la necessità di difendere la Germania, i tedeschi dovranno pensare e agire in maniera lungimirante prendendo in considerazione anche il deterrente nucleare". Sarebbe ottimale "poter scoraggiare ogni potenziale aggressore con un deterrente nucleare". Inoltre le armi nucleari avrebbero soprattutto una funzione politica: "proteggere un paese in situazione di crisi dalla ricattabilità. La diplomazia di crisi ha successo solo se ha un potente sostegno militare", cosi' Hacke.

Sono pochi tuttavia i diplomatici, i militari e gli scienziati a condividere la tesi di Hacke. Sono in molti tuttavia a ritenere necessario un dibattito sul tema. La riflessione sul tema del nucleare deve comunque essere affrontata, afferma lo storico e giornalista Michael Wolffsohn: "altrimenti la Germania finirà per essere una palla da gioco anziché un giocatore della politica mondiale. Si tratta in definitiva della sopravvivenza della Germania".

Anche l'ex diplomatico nonché attuale vice-capogruppo parlamentare della FDP Alexander Graf Lambsdorff ritiene importante "discutere pubblicamente la questione delle armi nucleari. Perché con la fine della Guerra Fredda, in realtà non è finita l'era delle armi nucleari - puo' anche non piacere, ma la realtà è questa".

La Germania potenza nucleare non aumenterebbe tuttavia la sicurezza dell'Europa, piuttosto causerebbe ulteriori danni all'ordine mondiale multilaterale. "Non solo dovremmo uscire dal Trattato di non proliferazione, ma anche il trattato "due piu' quattro" impone alla Germania dei limiti al riarmo. Alla luce della storia i nostri vicini hanno dato grande valore a questo tema", secondo Lambsdorff.

L'ipotesi che i timori dei vicini siano stati superati è sbagliata: "la Germania viene vista ancora con sospetto". Cio' è dovuto principalmente al fatto che Berlino, anche dopo la riunificazione, sulle questioni strategiche internazionali non ha sviluppato una cultura della discussione che va al di là dei circoli di esperti, anche dopo la riunificazione. "Cio' rende piu' difficile per gli altri paesi valutare le reali intenzioni della Germania. Dobbiamo articolare piu' chiaramente il modo in cui ci immaginiamo la sicurezza della Germania nell'alleanza. Il mormorio sospetto nella tenda della birra di Trudering oppure il Trump-bashing alla Heiko Maas non possono sostituire una linea chiara e netta", afferma Lambsdorff.

Dal punto di vista della FDP la sicurezza della Germania in ogni caso è garantita dalla Nato e dall'UE. "I nostri alleati li' ci conoscono, e li' dobbiamo mettere in chiaro che noi condividiamo la dottrina nucleare dell'alleanza, e che non stiamo rincorrendo una nostra arma nucleare".

"Berlino si isolerebbe a livello internazionale"

Anche l'ex consigliere della Cancelleria Horst Teltschik respinge le riflessioni di Hacke bollandole come "stimolanti e provocatorie". "Il riarmo nucleare della Germania sarebbe in politica interna una dura prova e scuoterebbe gli equilibri di potere generali nell'UE e in tutta Europa". Teltschik si pronuncia invece in favore di un maggior impegno nel disarmo e nel controllo delle armi: "purtroppo l'argomento è scomparso dall'agenda internazionale. Cio' deve essere modificato".

Per Peter Ammon, ex ambasciatore a Washington e a Londra, l'acquisizione di un proprio deterrente nucleare sarebbe una chiara rottura con i trattati internazionali. "La Germania resterebbe isolata e diverrebbe l'obiettivo delle critiche dei suoi partner e presumibilmente anche delle sanzioni degli Stati Uniti. Anche a livello internazionale Berlino si metterebbe dalla parte del torto e si isolerebbe: facendo l'opposto di quello che è stato il filo conduttore della politica estera tedesca nel dopoguerra".

Inoltre, lo sviluppo di una capacità nucleare richiederebbe molti anni: "in questo periodo, dal punto di vista della sicurezza politica, ci troveremmo nel peggiore dei mondi possibili".

Ammon sconsiglia vivamente di portare avanti il tema dell'arma nucleare in Germania: "I tweet folli del presidente americano Trump non sarebbero certo accettati dai nostri alleati come un motivo sufficiente per distruggere il regime globale di non proliferazione delle armi che è da sempre un interesse chiave della Germania. La perdita di fiducia sarebbe catastrofica".

Tuttavia le antiche certezze della politica di sicurezza devono essere messe in discussione. Se gli USA non dovessero piu' garantire la sicurezza nazionale tedesca, egli sarebbe favorevole ad "una soluzione europea radicale", vale a dire: "un accordo fondamentale e coraggioso con la Francia che preveda una profonda integrazione fra i  2 stati". Una politica di difesa di entrambi gli stati che comprenda anche le forze nucleari francesi.

"Piani simili che oggi a prima vista potrebbero sembrare sorprendentemente radicali, erano già stati formulati negli anni '50. Abbiamo bisogno del coraggio di pensare in una nuova dimensione, anche in politica estera", afferma Ammon. In effetti, secondo un rapporto del servizio scientifico del Bundestag del 2017, dal punto di vista del diritto internazionale sarebbe possibile cofinanziare le armi nucleari francesi o britanniche per poi partecipare in seguito a questo scudo difensivo.

L'Europa potrà affermarsi nei confronti della Russia, della Cina e degli Stati Uniti solo se la Germania è politicamente, economicamente e militarmente forte, analizza Harald Kujat, ex ispettore generale della Bundeswehr. Per garantire la propria sicurezza, anche nel nuovo mondo multipolare, la Germania deve restare ancorata all'alleanza nord-atlantica: "un corso solitario da potenza nucleare metterebbe a repentaglio queste solide basi della nostra sicurezza", secondo Kujat. "Perché la Russia costruirebbe un contrappeso nucleare eurostrategico, con rischi politici e strategici significativi per la nostra sicurezza e quella dei nostri alleati".