sabato 24 marzo 2018

La Germania fra la peste dell'unione di trasferimento e il colera della fine dell'euro

Le élite politiche ed economiche tedesche sono di fronte ad un bivio: da un lato la peste dell'unione di trasferimento dall'altro il colera delle conseguenze politiche e geo-strategiche della fine della moneta unica. Ne parla in 140 pagine uno studio appena pubblicato dal Feri Cognitive Finance Institute di Francoforte e rilanciato da WirtschaftsWoche in un articolo le cui conclusioni sono alquanto chiare: l'equilibrio della moneta unica è molto precario, la fine dell'euro non è da escludere. Da wiwo.de


Fino al 2015, almeno fino all'escalation della crisi dei migranti, non c'era una domanda che occupasse la politica europea piu' di questa: l'unione monetaria può' essere tenuta in piedi senza che i membri vacillanti, la Grecia in primo luogo, debbano lasciare l'eurozona? La questione sembrava aver ricevuto una risposta definitva: la fine dell'unione monetaria non è piu' all'ordine del giorno. O almeno questo è il messaggio che da allora i governanti di Bruxelles e delle capitali dell'eurozona e della BCE di Francoforte continuano a proclamare in maniera piu' o meno credibile. Anche al prossimo vertice UE di giovedì e in quello dell'eurozona di venerdi' nessun capo di governo esprimerà dei dubbi ad alta voce.

Dall'inizio della crisi greca nel 2010 il rimedio è sempre stato lo stesso, come ha recentemente spiegato Hans-Werner Sinn al presentatore televisivo Markus Lanz: "la crisi è sempre stata superata mettendo sul tavolo il portafogli del contribuente, essenzialmente di quello tedesco. E nel farlo è stato detto: non abbiate paura investitori, mettete pure i soldi sulla Grecia & Co., nel dubbio saranno i tedeschi a ridarveli  indietro". Insieme alla politica di enorme espansione monetaria della BCE, si è trattato più' che altro di una sospensione o di un tentativo di gestione della crisi, ma non c'è stata una reale rimozione delle cause sottostanti.

Un recente studio del Feri Cognitive Finance Institute di Francoforte accompagna in circa 140 pagine le profezie della Cassandra Sinn verso il vertice UE di questa settimana. La conclusione di questa indagine argomentativa basata sulla teoria dei giochi è la seguente: "Il crollo della moneta unica non è affatto da escludere".

Le proposte di riforma fatte dal Presidente francese Macron, tanto celebrate anche in Germania, secondo l'autore dello studio nonché presidente del Feri-Instituts, Heinz-Werner Rapp, non sono affatto risolutive: l'unione monetaria è un "cantiere incompleto" i cui principali "difetti di costruzione" e "il rischio incidente" non possono in alcun modo essere rimossi, al massimo nascosti. Anche nelle attuali proposte di Parigi si tratterebbe piu' che altro di reperire nuove risorse finanziarie per continuare a spingere l'attuale politica "sia attraverso nuove opportunità per la creazione di debito pubblico, oppure piu' pericolosamente - attraverso la socializzazione dei rischi". Nel grande discorso alla Sorbona di Macron del settembre scorso si diceva letteralmente: "abbiamo il dovere di finanziare i beni comuni, al cui vertice c'è la moneta unica. Abbiamo quindi bisogno di maggiori investimenti e di mezzi per la stabilizzazione in caso di crisi economiche". Investimenti, risorse - quindi denaro.

I motivi principali per "la fragilità concettuale, istituzionale ed economica" dell'euro sono fondamentalmente i conflitti di interesse, le incomprensioni e le contraddizioni "concettuali e filosofiche" fra Germania e Francia, in quanto principali paesi dell'eurozona. Queste contraddizioni, accettate con garbo e leggerezza nell'ambito del primato della politica nella fase iniziale della moneta unica costituiscono ora un "terreno pericoloso denso di fratture e complessi fattori di rischio", che mettono a repentaglio l'esistenza stessa dell'unione monetaria.

Rapp individua diverse linee di rottura. Prima di tutto morali - nel caso estremo, l'inganno deliberato in merito alla situazione delle finanze greche al momento dell'ingresso nell'unione monetaria. Ancora piu' profonda: l'eterogeneità economica degli stati membri in relazione alla competitività, all'indebitamento e alla flessibilità delle istituzioni e delle strutture. E ancora strettamente collegata è la linea di rottura concettuale che è stata aperta dal sistema dei saldi Target: originariamente inteso come un sistema di compensazione interno per i flussi di pagamento, in seguito si è trasformato in un sistema di lettere di credito senza controllo. Un sistema fatto "di prestiti per la creazione di denaro", come indica lo studio citando Hans-Werner Sinn. Ed è altamente improbabile che la Bundesbank tedesca, di fatto il principale creditore, sarà mai in grado di incassare questi prestiti vantati nei confronti del sud-europa.

A ciò' si aggiungono le "linee di faglia sistemiche". Sono diventate evidenti durante l'eurocrisi, soprattutto nelle misure di aggiustamento e con le evidenti tracce lasciate nella struttura istituzionale dell'unione monetaria (non ultimo il pacchetto di salvataggio ESM). Queste misure svalutano l'insieme originale delle regole del trattato di Maastricht - soprattutto la clausola centrale del "No-bail-out" che proibiva esattamente tali misure di salvataggio.

Al di là delle proteste ufficiali, queste misure hanno liberato i governi dei paesi in crisi dalla pressione immediata di dover agire. In termini di teoria dei giochi: l'esperienza di un giocatore, le cui violazioni aperte delle regole non gli procurano nessuna punizione, ma al contrario, gli garantiscono il supporto degli altri giocatori, conduce direttamente all'azzardo morale, in altre parole al free-riding. 

La prospettiva di forti sconvolgimenti economici e soprattutto politici, che potrebbero esserci in caso di totale rottura della zona euro, potrebbero tuttavia non essere un motivo sufficiente per spingere i politici al governo, soprattutto in Germania, "a fare almeno quei passi minimi che potrebbero ancora evitare una rottura della zona euro".

La prospettiva futura piu' probabile per l'unione monetaria "è una graduale transizione verso una costosa ed inefficiente unione di trasferimento". In considerazione di queste riflessioni legate alla teoria dei giochi, Rapp ipotizza che nel frattempo una riforma di fondo che introduca trasferimenti crescenti e dalla durata incondizionata diventi sempre piu' improbabile, poiché gli incentivi per gli attori nazionali tendono a ridursi. Le conseguenze implicite sarebbero: "un significativo aumento dei trasferimenti e un aumento costante dei rischi futuri, soprattutto per la Germania".

La via verso l'unione di trasferimento perciò' secondo Rapp "non è solo una dichiarazione di bancarotta nei confronti di tutte le precedenti promesse di voler creare un'unione monetaria stabile; l'unione di trasferimento porta con sé ulteriori perturbazioni nella zona euro". I trasferimenti non potrebbero stabilizzare in maniera definitiva e a lungo termine l'unione monetaria, ma causerebbero sempre nuove crisi, generate da violazioni delle regole rimaste impunite. Risultato: una unione di trasferimento fragile. 

L'alternativa all'unione di trasferimento permanente, non necessariamente impossibile, sarebbe l'uscita dei singoli stati membri. A poterlo fare sarebbero, secondo Rapp, i membri piu' piccoli ed economicamente forti come l'Austria o la Finlandia, perché per loro a un certo punto l'incentivo a lasciare l'unione potrebbe diventare piu' forte rispetto al vantaggio di rimanere, che invece imporrebbe obblighi crescenti.

Una tale riduzione di perimetro oppure il completo collasso dell'eurozona è ipotizzabile anche come uno scenario di lungo periodo all'interno di una unione monetaria da tempo sempre infruttuosa e sempre piu' costosa. Per la Germania, economicamente forte, ma per ragioni politiche senza opzioni di uscita - l'unione monetaria in futuro significherà sempre piu' una scelta fra la peste e il colera - oppure entrambe le malattie uno dietro l'altra.

Alla peste dell'unione di trasferimento e al colera dei possibili sconvoglimenti causati dal crollo dell'euro, per la Germania, ma alla fine anche per il resto d'Europa, si aggiunge un'altra malattia, che temporaneamente potrebbe coincidere con le altre due, come chiarito da Hans-Werner Sinn nella trasmissione di Markus Lanz: cosa succederà fra 15 anni in Germania quando i babyboomer andranno in pensione e vorranno ricevere una pensione finanziata da quei figli che non hanno mai avuto? Le richieste di trasferimento dei beneficiari interni si troveranno a concorrere con quelle degli altri paesi europei. E entrambi dovranno affrontare gli interessi del gruppo sempre piu' debole, che invece dovrà finanziare tutti: il contribuente.

giovedì 22 marzo 2018

In Germania quasi il 10% della popolazione percepisce un sussidio di base

Da sozialpolitik-aktuell.de, il sito del prestigioso IAQ di Duisburg (Institut Arbeit und Qualifikation), rilanciamo una breve ma interessante analisi sui dati relativi ai percettori di un sussidio sociale minimo in Germania: 7.9 milioni di persone pari al 9.7% della popolazione complessiva percepiscono sotto diverse forme un sussidio sociale minimo, in forte crescita il numero degli stranieri. Da sozialpolitik-aktuell.de

Fonti: Bundesagentur für Arbeit (2018), Statistische Ämter des Bundes und der Länder (2017), Sozialberichterstattung

- Nella discussione su quanto accaduto presso la Tafel di Essen (blocco dell'accettazione per i non tedeschi) non si possono ignorare le condizioni quadro all'interno delle quali si svolge il conflitto: la società è caratterizzata da una crescente divisione sociale. Nonostante la buona congiuntura economica, l'aumento dell'occupazione, la diminuzione della disoccupazione e il surplus del bilancio pubblico, quasi il 10% della popolazione ha un reddito cosi' basso da dover richiedere l'erogazione di un sussidio per la "sicurezza di base".


- Le prestazioni previste dalla "sicurezza di base" (Grundsicherung) sono cosi' basse che sempre piu' persone devono fare ricorso agli aiuti messi a disposizione dalla società civile e dalle Tafel, il cui volume pero' è alquanto limitato. In questo modo i confitti per la redistribuzione sono strutturalmente programmati tanto che in una società benestante è necessario porsi la domanda: chi ha diritto a ricevere il cibo scaduto?

- La media nazionale di quasi il 10% della popolazione nasconde pero' un fatto: in molte regioni e città della Germania c'è una dipendenza ancora maggiore dai sussidi di base e molta piu' povertà. Questo è particolarmente vero per le città dell'area della Ruhr, sulla costa e nei nuovi Bundeslaender. Cosi' nella città di Essen nel 2016 il 21.2% della popolazione era classificato a rischio povertà, vale a dire il loro reddito era inferiore al 60% del reddito mediano tedesco calcolato a livello nazionale. Fra questi è sempre piu' alta la percentuale delle persone prive di cittadinanza tedesca.

- La parte piu' significativa dei percettori di un sussidio di base è rappresentata dai disoccupati nell'ambito del SGB II (Sozialgesetzbuch Zwei) con l'indennità Arbeitslosengeld II (Hartz IV) e il Sozialgeld (assistenza per chi è impossibilitato a lavorare). La media nazionale dei beneficiari di prestazioni secondo il SGB II nel 2017 era pari al 9.3% della popolazione complessiva. Nella città di Essen la percentuale di destinatari di un sussidio nell'ottobre 2017 era pari al 20.4%. Quasi il 40% dei beneficiari di SGBII in questa città sono stranieri.

- Il tasso di copertura della "sicurezza di base" fra il 2006 e il 2012 è sceso leggermente. Poiché il numero dei disoccupati nello stesso periodo è diminuito significativamente, lo sviluppo di questo trend è sorprendente. I dati indicano che una parte crescente dei beneficiari di prestazioni sociali nell'ambito di SGB II non è disoccupata.

- Dal 2013 si puo' notare un nuovo aumento sia del numero dei beneficiari sia della percentuale dei destinatari di un sussidio di base. Cio' è riconducibile alla forte crescita degli aventi diritto fra i richiedenti asilo nell'ambito del grande afflusso di profughi. Nel 2016 circa 728.000 persone hanno ricevuto prestazioni ai sensi della legge sul diritto di asilo.

- Anche la struttura dei destinatari delle prestazioni nell'ambito del SGBII è cambiata. Mentre dal 2007 la dipendenza fra i tedeschi ha continuato a scendere - raggiungendo nel 2016 il 6.4% - fra la popolazione straniera si puo' individuare la tendenza opposta: la percentuale di percettori cresce e nel 2016 ha raggiunto un valore del 17.7%. La distanza fra i tedeschi e gli stranieri nel 2016 era di 11.5% punti percentuali.


mercoledì 21 marzo 2018

Il doppio gioco di Merkel

Secondo Lost in Europe, un blog ben informato, Merkel nel confronto con Macron, avrebbe chiesto ad Altmaier (CDU) di spalleggiare il gruppo intransigente del nord guidato dall'olandese Rutte (qui la lettera uscita sulla stampa tedesca) per ritagliarsi un ruolo di mediazione con il fronte dei sud-europei, guidato da Macron, e per frenare ogni passo verso la temuta unione di trasferimento. Da Lost in Europe


E questo signori è stato "il motore franco-tedesco": poco prima del vertice UE di giovedì fonti vicine agli ambienti del governo di Berlino confermano che la Cancelliera Merkel appocggia l'iniziativa anti-Macron del Nord Europa.

In precedenza era trapelato che il braccio destro di Merkel - l'ex Capoufficio alla Cancelleria Altmaier - aveva partecipato a due dei tre incontri del gruppo guidato dal primo ministro olandese Rutte.

Si tratta del gruppo di paesi del nord che si oppone all'approfondimento dell'unione monetaria, come invece chiede Macron. Il gruppo inoltre è contrario ad un aumento dei contributi UE, come invece annuncia la "GroKo" nel contratto di coalizione.

"Ci fa sempre piacere partecipare quando si parla del futuro dell'UE", si dice in ambito governativo. Il NO del gruppo Nord al "piu' Europa" sarebbe "un contributo positivo al dibattito attuale".

Merkel sta cercando di posizionarsi come mediatrice - a metà fra gli intransigenti olandesi e il capo di stato francese. Non esiste un monopolio franco-tedesco, almeno cosi' si dice.

In verità Merkel vorrebbe solo rallentare Macron e preservare lo status quo all'interno dell'UE, cosi' favorevole alla Germania. Gioca un doppio ruolo che serve piu' che altro a rallentare la prevista riforma dell'UE.

E cio' farà in modo che dal vertice UE di giovedì e venerdì non ci si potrà aspettare nessun progresso concreto. "L'agenda dei leader" semplicemente non porta da nessuna parte.

Macron tuttavia è riuscito a mettere due temi all'ordine del giorno: una nuova tassa europea sulle società internet - e un vertice europeo nel quale si parlerà del futuro dell'unione monetaria.

Ovviamente Berlino frena anche su questi temi, non ci si puo' aspettare nessuna decisione...


martedì 20 marzo 2018

Vita di una madre Hartz IV: 5 euro al giorno per mangiare

Per chi in Italia sogna un reddito di cittadinanza vale la pena dare uno sguardo al dibattito tedesco su Hartz IV: Jens Spahn, politico CDU e neoministro alla sanità nel governo Merkel, nei giorni scorsi ha dichiarato che in fondo ai percettori di Hartz IV non manca nulla. Risponde Sandra S., una giovane madre destinataria di Hartz IV che dopo aver lanciato una petizione online contro Jens Spahn, spiega alla FAZ quanto sia difficile la vita di chi è costretto a sopravvivere con il sussidio di base, ovviamente in una costosa città dell'ovest. Dalla FAZ.net


Lo scorso fine settimana Jens Spahn, politico CDU, in un'intervista ha affermato che essere un Hartz IV non significa vivere in povertà e che con Hartz IV "tutti ricevono ciò di cui hanno bisogno". Sandra S., che è una madre single e da 5 anni dipende da Hartz IV, si è molto arrabbiata.

"Quando sui media ne ho sentito parlare ho provato tanta rabbia". Per la quarantenne certe affermazioni sono "ingiuste, irrispettose e lontane da qualsiasi realtà". Secondo lei Spahn sta spingendo la gente a pensare male dei percettori di Hartz IV. Un'amica le ha quindi consigliato di lanciare una petizione online: su change.org ha chiesto a Spahn di gestire per un mese la sua vita quotidiana secondo le regole e con il budget previsto da Hartz IV.

Il sussidio standard è di 416 € al mese ed è composto da diverse voci. Sandra stima quanto il Jobcenter calcola per le diverse uscite e quanto la somma prevista possa essere realistica: per gli alimenti ci sono 145,04 euro al mese, appena  5 euro al giorno. Sandra deve quindi gestire il budget. "Non è possibile farlo senza un piano", ci dice, e ci racconta che scandaglia le brochure dei supermercati alla ricerca di offerte speciali e fa la spesa la sera dopo le 18 perché la frutta e la verdura a volte sono piu' economiche. Si puo' anche sopravvivere con questa somma per il cibo e gli alimenti, ma "ci sono altri ambiti in cui ti fanno sentire davvero povero".

Un'altra voce sono lo svago e la cultura. "Ti tieni lontano dalle attività sociali perché la cultura semplicemente è costosa e qui io posso risparmiare quando i soldi scarseggiano per altre necessità", chiarisce Sandra. Non le capita quasi mai di andare a mangiare fuori con gli amici e quando le hanno chiesto se voleva andare ad un concerto rock ha dovuto rifiutare. Il biglietto costava 80 euro, la tariffa standard prevede 39.91 euro al mese.

Con il "Karlsruhe Pass", che dovrebbe permettere ai piu' bisognosi di partecipare alla vita sociale, lei e suo figlio possono entrare gratuitamente allo zoo e hanno uno sconto per il museo. "Sono grata di avere questa possibilità, ma le attività costano comunque dei soldi e non dobbiamo andare necessariamente ogni fine settimana allo zoo, non ne abbiamo bisogno".

Anche le spese per gli altri bisogni sono molto contenute. Per i vestiti e le scarpe ci sono 36,45 euro. Per questa ragione fa acquisti in maniera anticiclica: in inverno i sandali e in estate le scarpe invernali.  Rovista nei negozi di seconda mano - "eccetto la biancheria intima!". E questo per lei è molto importante. E' molto piu' difficile invece per suo figlio. "Certo che vuole le scarpe di marca da 80 euro, ma non è possibile," dice Sandra S., e subito percepisci una certa sofferenza nella sua voce. Che pero' nella frase successiva scompare immediatamente in un leggero orgoglio: "cosi' impara che è una buona cosa risparmiare per poi un giorno poterselo permettere ".


Nessun soldo per i viaggi

Nel sussidio standard ci sono anche 36.89 euro per l'alloggio, l'energia e la manutenzione. L'affitto viene pagato in gran parte dall'Arbeitsamt, l'elettricità pero' deve pagarla lei. "Peccato, perché la mia tariffa costa 10 euro in più" commenta Sandra.

Anche i 25,64 euro per gli elettrodomestici e gli articoli per la casa non bastano mai. Sandra S. prega ogni giorno che la sua lavatrice arrugginita continui a funzionare ancora un po' e che al forno, che ha comprato quattro anni fa usato, non si rompano le piastre. Per comprarli nuovi semplicemente non ci sono i soldi.

All'elenco mancano ancora 32.99 euro per "altri beni e servizi", comprese le visite dal parrucchiere. Riceve inoltre 34.66 euro per i mezzi di trasporto. Bastano per il "Karlsruhe Sozialticket" (abbonamento scontato), che costa 22 euro, ma appena ci sono dei viaggi extra fuori città -  come ad esempio per i colloqui di lavoro - la situazione si fa immediatamente complicata.

Per la voce "salute e cura", Sandra riceve 15,80 euro al mese con cui deve coprire una parte dei costi degli articoli per l'igiene, sia dal medico che in farmacia. Raramente bastano. Il sussidio standard è completato poi dai 37.20 euro per i media, dai 10.35 euro per il ristorante o la Kneipe e da 1.06 euro per l'istruzione. "Quanta istruzione posso permettermi con questa cifra è abbastanza chiaro", ride amaramente.

Contratti pessimi, lavoro autonomo, poi la bancarotta

Sandra S. riceve dal centro per l'impiego piu' di quanto previsto dal sussidio di base, in totale sono 950 euro piu' i 194 euro di Kindergeld per suo figlio. In questo importo sono tuttavia compresi il contributo per l'affitto e i benefici che suo figlio riceve dall'Arbeitsamt. Il Kindergeld viene in parte detratto dal suo sussidio standard, quindi non riceve il sussidio pieno di 416 €. "È così complicato che devi aver studiato per capirlo", scherza mentre piega la ricevuta del mese scorso. Di norma per lei e suo figlio restano fra i 350 e i 400 euro al mese. "Non moriremo di fame, ma è povertà finanziaria!"

Sandra S. percepisce Hartz IV dal 2013. In precedenza aveva lavorato per 19 anni con piccole interruzioni. Dopo un tirocinio come impiegata d'ufficio ha lavorato come receptionist in un hotel, agente di call-center per un fornitore di energia elettrica e per il supporto tecnico di una compagnia di telecomunicazioni. Si trattava principalmente di contratti precari seguiti poi da altri contratti di lavoro vessatori.

Cinque anni fà per la prima volta non è piu' riuscita a trovare un lavoro. "Da allora cerco di uscire da questa situazione disastrosa", ci racconta. Poiché nessuna candidatura sembrava avere successo ha deciso di mettersi in proprio. Ha creato un suo negozio online di articoli da regalo „kleinpreiszauber.de“ con il quale riusciva almeno a guadagnare un po' di denaro. E' diventata cosi' "Aufstockerin" (percettore di un'integrazione salariale)". Dopo 3 anni pero' l'attività stava andando cosi' male che Sandra ha dovuto scegliere fra il prendere un prestito oppure rinunciare al suo portale. Ai suoi occhi un dilemma: "Ho un figlio, non posso accollarmi dei debiti". E' scivolata di nuovo e completamente in Hartz IV.

Quando ha iniziato a dubitare di se stessa è arrivato Jens Spahn

A causa di una sua malattia Sandra non ha potuto accettare anche quei lavori che avrebbe fatto volentieri: "non sarebbe stato difficile trovare qualcosa da fare con i bambini oppure qualcosa come badante, ma avrei avuto troppo stress emotivo". Poiché non voleva "sentirsi di peso per nessuno", Sandra ha continuato a candidarsi e nel 2018 ha iniziato a sperare quando un installatore le ha offerto un lavoro d'ufficio. L'ultimo giorno del periodo di prova pero' è arrivato il licenziamento. Come madre sono troppo poco flessibile, c'era scritto, cercavano qualcuno per un lavoro a tempo pieno. 

"E' stata davvero una bella botta per me", ha detto, e per la prima volta ha perso la determinazione del passato e la sicurezza in se stessa. "Ho iniziato a chiedermi: ce la farai davvero?", oppure, "non è che alla fine hanno davvero ragione?".

E mentre la sua mente era invasa dai dubbi, lo scorso fine settimana è arrivato Jens Spahn.


domenica 18 marzo 2018

Hans Werner Sinn: la coalizione Jamaika è fallita a causa di Macron

Il Prof. Hans Werner Sinn, ormai in pensione, nei giorni scorsi è stato ospite di Markus Lanz sulla ZDF per parlare di Trump, dell'UE e dell'unione di trasferimento prossima ventura. Anche questa volta non ha deluso le aspettative e ha spiegato ai tedeschi la vera ragione dietro il fallimento della coalizione Jamaika. Ne parla epochtimes.de


Giovedì sera tardi, il più famoso e illustre economista tedesco è stato ospite di Markus Lanz.

Quello che il prof. Hans Werner Sinn ha detto, senza peli sulla lingua  e sempre in pieno accordo con il segretario della FDP Christian Lindner, anch'egli in studio, viene riportato di seguito.

Trump ha ragione con le sue accuse contro l'UE

Le auto americane, secondo il professore, partito subito in quarta, vengono importate nell'UE con dazi del 10%, le nostre auto vengono esportate negli USA solo con il 2.5% di dazio. Allo stesso tempo pero' l'UE accusa Trump di voler isolare gli Stati Uniti aumentando le tariffe doganali. In realtà accade il contrario, ha spiegato Hans Werner Sinn.

L'UE in realtà cerca di proteggersi applicando tariffe doganali molto alte con l'unico scopo di difendere gli interessi di una specifica lobby economica Tutto questo accade a spese dei consumatori europei e a spese degli Stati Uniti, ma anche del terzo mondo. Nella narrazione della stampa tedesca tuttavia i fatti vengono completamente travisati.

A spese dei consumatori europei, in particolare tedeschi

Lo stesso vale per i prezzi agricoli dell'UE. A causa delle barriere doganali i prezzi dei beni alimentari sono del 20% superiori rispetto ai prezzi presenti sul mercato mondiale e piu' alti rispetto ai prezzi degli Stati Uniti. Chi se ne avvantaggia e chi invece ci guadagna? A trarne vantaggio sono gli agricoltori europei che usano le loro lobby per convincere l'UE a proteggerli mediante alte tariffe doganali. E questo naturalmente a scapito dei consumatori tedeschi, che devono pagare di piu' per il cibo che comprano.

La carne bovina quando viene importata è sottoposta a un dazio del 69%, la carne di maiale al 26%. Negli Stati Uniti il cibo è molto piu' economico.

In un normale scambio libero da dazi, i consumatori ordinari, specialmente la gente comune, avrebbero enormi benefici. Spendendo gli stessi soldi, il loro tenore di vita sarebbe nettamente superiore, perché con prezzi alimentari piu' bassi potrebbero fare la spesa a prezzi decisamente piu' vantaggiosi.

La colpa è chiaramente dell'UE che ha una politica protezionista. E gli americani si sono stancati. Per questo Trump ha minacciato: se non la smettete tasseremo le vostre auto con un dazio piu' alto.

Perchè l'UE si comporta in questo modo? Cosa c'è dietro?

La risposta corretta sarebbe quella di non fare come vorrebbe fare l'UE, e cioè imporre tariffe punitive sulle Harley Davidson. La risposta giusta  sarebbe piuttosto quella di ridurre le proprie tariffe doganali e impegnarsi a praticare un commercio libero ed equo. Hans Werner Sinn ha spiegato anche perchè l'UE vuole elevate tariffe protezionistiche o punitive e addirittura ipotizza una guerra commerciale. 

Semplicemente perchè i dazi doganali finiscono nel bilancio dell'UE e costituiscono una parte importante del bilancio UE. Il Moloch-UE  grazie ai dazi doganali si finanzia autonomamente e perciò ha interesse ad aumentare le proprie entrate, ma a spese della propria popolazione, che deve pagare prezzi piu' alti.

Ma tutto cio' si spinge ancora piu' avanti. Tutti i regolamenti e le prescrizioni in cui i prodotti alimentari vengono descritti con esattezza, (come ad esempio la curvatura dei cetrioli, o le dimensioni delle mele e delle patata etc) servono ad un solo scopo: il mercato UE deve essere chiuso verso l'esterno a favore di determinate aziende e produttori (pura politica di lobby). E questo sempre a spese dei consumatori europei.

Il protezionismo dell'UE danneggia il terzo mondo più di ogni aiuto allo sviluppo

Alla domanda di Lanz, se tutto cio' non avvenga a scapito del Terzo Mondo, ad es. del piccolo contadino africano, l'economista ha risposto: si', certo. Un economista canadese ha fatto i calcoli.

Conclusione: gli aiuti allo sviluppo verso il terzo mondo sono molto inferiori rispetto al danno, causato al terzo mondo, dal fatto che i paesi sviluppati non facciano entrare i loro prodotti nei loro mercati, cioè che il commercio estero sia fortemente limitato. Questo vale soprattutto per i prodotti agricoli in cui il terzo mondo ha un vantaggio commerciale (di prezzo).

La discussione pubblica è completamente distorta. Si cerca di imporre ogni tipo di discorso moralizzeggiante per giustificare le tariffe protettive, che in realtà pero' finiscono per colpire solo la gente comune.

La vera ragione del fallimento della "Jamaica"

Il prof. Sinn ha quindi rivelato la vera ragione dietro il fallimento della coalizione Jamaica.

In verità si tratta dell'unione di trasferimento. Il  presidente francese Macron voleva un ministro delle finanze europeo, voleva le tasse europee, voleva la possibilità di mettere in comune il debito, un'assicurazione comune contro la disoccupazione, e un'assicurazione comune sui depositi etc.

Perchè Macron lo vuole e perché molti altri nell'UE lo vogliono?

Perché in questo modo potrebbero prosciugare il contribuente tedesco e il popolo tedesco. I quali sarebbero poi chiamati a rispondere dei debiti fatti dagli altri, a pagare per i disoccupati degli altri, e a garantire ogni volta per le loro banche pericolanti etc.

Macron: se Lindner entra nel governo, sono morto

Si tratta di grandi oneri a carico del contribuente tedesco. E Macron avrebbe anche detto: 

"Se Lindner entra nel governo, sono morto. "

E questo secondo Sinn sarebbe il vero motivo del fallimento della coalizione Jamaika: la Francia non avrebbe mai voluto la FDP al governo, perchè avrebbe ostacolato la trasformazione socialista dell'UE. 

L'Italia è a terra

In verità, afferma il Prof. Sinn con una certa decisione, la domanda finale che dobbiamo porci è questa: la Germania aprirà il portafoglio per sostenere i paesi non competitivi del sud attraverso una unione di trasferimento?

E su questo tema la FDP dice: Nein, non lo faremo. I contribuenti tedeschi non possono permetterselo. Non possono farlo, servirebbe una cifra troppo grande. Ognuno deve prendersi cura di se stesso.

E allo stesso tempo questi paesi, in particolare la Grecia, continuano ad avere una disoccupazione di massa perché non sono competitivi, perchè sono costretti a restare nell'euro.

Un problema ancora più grande della Grecia è l'Italia. In Italia, la frustrazione è al massimo. Il paese è a terra. La produzione industriale italiana è del 20% inferiore rispetto al livello di dieci anni fa. Un quarto delle aziende è fallito. Oggi gli italiani dicono: fuori i soldi oppure ce ne andiamo.

Il Professore non sa come se ne esce. Perché l'Italia non è la Grecia (oltre 60 milioni di abitanti rispetto a nemmeno gli 11 milioni della Grecia). In Grecia si è cercato di coprire tutto con il denaro, la causa dei problemi tuttavia non è stata rimossa. Il denaro per salvare l'Italia, come è stato fatto con la Grecia, semplicemente non c'è.

Dopo la Brexit è saltato l'equilibrio di potere fra nord e sud, il sud ora puo' fare quello che vuole

Il maggior problema della Brexit non è, come molti credono, il fatto che le esportazioni verso la Gran Bretagna potrebbero diminuire drasticamente, ma la scomparsa del pensiero liberista britannico all'interno dell'UE. Questa forma di pensiero e questa cultura economica sono invece decisivi. E a causa della Brexit potrebbero uscirne fortemente danneggiati.

In termini concreti: nel Consiglio Europeo c'è una minoranza di blocco per la quale è necessario avere il 35% della popolazione dell'UE. Fino ad ora abbiamo avuto un equilibro fra il nord (Germania, Regno Unito, Paesi Bassi, Austria, Paesi scandinavi ...) e Sud (Francia, Italia, Spagna, Portogallo, Grecia ...)

I paesi del nord fino ad ora avevano il 39%, i paesi del sud il 38 % della popolazione UE. Entrambi avevano una minoranza di blocco, il sud e il nord. Quando pero' la Gran Bretagna sarà uscita, il nord avrà solo il 30% della popolazione - e quindi non avrà piu' la minoranza di blocco - il sud avrà però il 43%. Cio' significa che in futuro il sud potrà fare ciò' che vuole.

I tedeschi si accorgeranno che i loro conti sono stati saccheggiati quando ormai sarà troppo tardi

Ma non potrà funzionare, secondo il Prof. Sinn. Lo spostamento dei rapporti di forza, verso un dominio del sud, è estremamente preoccupante. Stiamo andando verso una unione di trasferimento, dalla quale non potremo piu' difenderci, perché non avremo piu' una minoranza di blocco.

E tutto ciò è stato messo nero su bianco nell'accordo di coalizione fra CDU e SPD. Le crisi degli ultimi anni, a partire dal 2010, sono state "risolte" usando sempre lo stesso principio: in sostanza hanno messo il portafogli del contribuente tedesco sul tavolo e hanno detto: non abbiate paura, ci saranno sempre i tedeschi a pagare i debiti, anche se gli altri non dovessero essere in grado.

Ma cosa accadrà fra 15 anni, chiede Sinn, quando i baby boomer andranno in pensione e vorranno avere la loro pensione di vecchiaia dai figli, che in realtà non sono mai nati. Allora tutte le garanzie promesse all'interno dell'eurozona ci cadranno sui piedi. Che succede in Germania, chiede l'economista. Che i loro conti vengono saccheggiati, i tedeschi se ne accorgono sempre quando ormai è troppo tardi.


sabato 17 marzo 2018

Il piano di emergenza per l'uscita dall'euro

Mentre Merkel e Macron a Parigi cercano un accordo per riformare la zona euro, a Berlino alcuni economisti tedeschi di spicco si riuniscono per discutere la stesura di un piano di emergenza da usare per gestire l'uscita di uno o piu' paesi dalla zona euro. Segno tangibile che le richieste di Macron, ma anche il risultato delle elezioni italiane, in Germania non fanno dormire sonni tranquilli. Ne parla Die Welt


Hans-Werner Sinn è tornato e parlare, e lo fa con una certa rabbia. Agita con forza le mani, si potrebbe pensare che stia quasi per decollare. Sta parlando di una cifra - 914 miliardi di euro. Il cosiddetto saldo del sistema Target-2 ha raggiunto questa incredibile cifra. Si tratta dei crediti che all'interno dell'eurosistema nel corso degli anni la Bundesbank ha accumulato nei confronti delle altre banche centrali del sud. 914 miliardi equivalgono a circa un terzo del PIL tedesco. "Sono davvero tanti soldi", dice Sinn. "Io non so se l'euro sia sostenibile, ma il sistema che sta dietro l'euro sicuramente non lo è", dice l'ex presidente dell'Ifo davanti al pubblico.

La performance emotiva di Sinn mostra che l'Eurozona è lontana dall'aver superato le difficoltà, come la politica e i media spesso vorrebbero far credere. A Berlino  alcuni economisti molto noti martedì si sono riuniti per discuterne. Il loro obiettivo era quello di sviluppare un piano di emergenza a cui ricorrere in caso di disintegrazione della moneta unica. Con il titolo „Is the Euro sustainable – and what if not“ alcuni importanti economisti tedeschi e internazionali si sono trovati per discutere i costi e le conseguenze di un possibile collasso dell'euro, le riforme che potrebbero facilitare l'uscita di un paese e le esperienze storiche relative alla caduta delle precedenti unioni monetarie.

L'invito a Berlino è arrivato dal'università privata ESMT e dal Max-Planck-Institut per il diritto fiscale e la scienza delle finanze. E' possibile che la  situazione nell'unione monetaria si sia stabilizzata grazie alla ripresa economica congiunta, ma i saldi Target in continua crescita evidenziano le fratture economiche all'interno della zona euro. E le elezioni italiane hanno mostrato che il pericolo di una dissoluzione dell'euro è tutt'altro che scomparso. In Italia il capo della Lega Italiana, il partito populista di destra - uno dei vincitori delle elezioni - ha  dichiarato che solo la morte è irreversibile, una moneta certamente non lo è. Mentre la politica si preoccupa di stabilizzare l'eurozona, gli economisti vorrebbero invece essere preparati nel caso in cui la moneta unica dovesse fallire.

"La probabilità che l'euro finisca non è pari a zero. Come economisti dobbiamo prenderla in considerazione", ha detto Kai Konrad, esperto di finanza presso il Planck-Institut. Ad assecondarlo c'era il presidente del Consiglio dei Saggi Economici (Sachverständigenrat), Christoph Schmidt: "bisogna essere preparati anche ad eventi alquanto improbabili".

E' necessario discutere una clausola di uscita

Secondo gli economisti presenti ci sarebbero tre scenari di uscita ipotizzabili: l'uscita di un paese senza il consenso degli altri, l'uscita con il consenso degli altri, oppure l'esclusione di un paese contro la volontà del paese uscente. Per tutti questi scenari non esiste un quadro giuridico chiaro, afferma Clemens Fuest, presidente dell'Ifo.

Sebbene l'eurozona con l'articolo 50 del trattato UE abbia previsto una clausola di uscita, l'abbandono della moneta unica nei trattati resta legato indissolubilmente anche all'uscita dall'UE. Non è desiderabile, dice Fuest: "al momento l'uscita di un paese non è all'ordine del giorno, proprio per questa ragione sarebbe il momento buono per discutere una clausola di uscita dall'euro", dice Fuest. Potrebbe essere incluso nei trattati nell'ambito dell'attuale processo di riforma. Fuest tuttavia non raccomanderebbe a nessun paese di uscire. Secondo Fuest una tale clausola potrebbe avere un'influenza disciplinante. "L'adesione all'euro è accompagnata dal fatto che il paese deve accettare le regole della zona euro", dice Fuest, riferendosi soprattutto all'Italia. Li' il capo della Lega Salvini ha chiesto che l'Italia ignori gli accordi di politica fiscale che l'Italia stessa ha sottoscritto. "Questo è incompatibile con l'appartenenza all'area dell'euro", dice Fuest.

Alcuni economisti vorrebbero far uscire dall'euro chi infrange in maniera seriale le regole comuni. I trattati al momento non contemplano la possibilità che alcuni paesi si difendano dall'obbligo di dover trasferire risorse agli altri paesi tramite una opzione di uscita, ma per il futuro non sarebbe da escludere.

E' necessario che ci siano regole per l'uscita

"I vantaggi derivanti dall'avere regole di uscita chiare consisterebbero nel ridurre i costi macroeconomici legati all'uscita, compresa l'incertezza, rendendo i conflitti fra gli stati meno probabili", afferma Fuest. Potrebbe esserci maggiore incertezza sul futuro dell'eurozona. "Tutto questo spinge verso la creazione di ostacoli procedurali elevati che rendano difficile l'uscita, ma non per un'assenza di una procedura di uscita", dice Fuest.

Le clausole di uscita potrebbero servire come protezione contro la redistribuzione delle risorse a spese dei singoli stati. Paesi piu' ricchi come la Germania o l'Olanda, grazie ad una clausola di uscita, potrebbero difendersi dalla trasformazione dell'eurozona in una unione di trasferimento. Una clausola di uscita potrebbe aiutare anche i paesi piu' deboli, come l'Italia, che con una loro moneta nazionale, potrebbero tornare nuovamente competitivi.

Quanto siano grandi le differenze lo ha illustrato chiaramente Sinn. Affinché i paesi piu' deboli possano raggiungere la Germania in termini di prezzi, la Germania dovrebbe avere un'inflazione del 4.5% piu' alta rispetto a quella degli altri paesi della zona euro per i prossimi 10 anni.



I migliori economisti su un terreno politico minato

L'uscita di un paese sarebbe costosa anche per la Germania. Se un paese dovesse uscire, la Bundesbank finirebbe per perdere i suoi crediti Target nei confronti del paese uscente. La sola Italia attualmente ha un debito verso l'eurosistema pari a 444 miliardi di euro.

Se ad uscire fosse invece la Germania, ad essere coinvolto sarebbe l'intero importo dei 900 miliardi di crediti Target. In questo caso sarebbe infondata la preoccupazione di una eccessiva sopravvalutazione del nuovo D-Mark: "la Bundesbank, secondo il modello della Banca Nazionale Svizzera, potrebbe intervenire con acquisti massicci per mantenerne basso il valore", ha affermato Fuest.

Ma gli storici dell'economia mettono in guardia dall'accettare con troppa semplicità uno scenario di rottura dell'euro. La storia mostra che il crollo di un'unione monetaria porta con sé delle turbolenze. "Di solito, il crollo di un'unione monetaria causa anche il crollo della corrispondente unione doganale", ha detto Albert Ritschl, storico economico della London School of Economics.

E questa è stata la quintessenza della euro-conferenza. Anche se un piano generale ancora non c'è: dopo tutto era il primo incontro fra economisti di alto livello a muoversi su di un terreno politicamente minato.

giovedì 15 marzo 2018

Salvataggi alla tedeska: come è andata a finire?

HSH Nordbank è il piu' grande scandalo finanziario degli ultimi decenni, una banca pubblica zombie che nel corso degli ultimi anni è stata tenuta in vita con oltre 20 miliardi di euro di denaro pubblico. Dopo lunghi tentativi di vendita, nei giorni scorsi il fondo americano Cerberus e altri investitori hanno rilevato la parte sana della banca. Test.de intervista sulla vicenda Werner Marnette, ex ministro dello Schleswig-Holstein nonché profondo conoscitore della vicenda, il quale non ha dubbi: per i cittadini è una truffa, si tratta di una vendita fittizia. Da Test.de 


L'ex ministro per gli affari economici dello Schleswig-Holstein, Werner Marnette (CDU) aveva tempestivamente richiamato l'attenzione sui rischi che a causa di HSH Nordbank gravavano sui contribuenti. Si è dovuto dimettere dall'incarico perché nessuno nel governo regionale di Kiel aveva voluto ascoltare i suoi avvertimenti. "La vendita fittizia della banca è una truffa ai cittadini", dice Marnette in un'intervista a test.de - e ci spiega perché anche dopo la vendita della banca i problemi non sono affatto risolti.

Test: HSH Nordbank è stata venduta. Tutto è bene quel che finisce bene?

Marnette: No, non è una vera vendita, è una finzione. HSH Nordbank dal punto di vista aziendale è invendibile. Perché la banca nei suoi libri contabili ha ancora miliardi di euro di rischi. Per questo nessun'altra banca ha voluto rilevare HSH Nordbank. I crediti deteriorati e gli altri rischi non verranno rilevati dai nuovi proprietari, ma continueranno ad essere un enorme peso per i cittadini di Amburgo e dello Schleswig-Holstein. Perché le due regioni continueranno a garantire anche dopo la vendita.

Test: quali sono al momento gli oneri per i contribuenti?

Marnette: non conosciamo ancora tutti i rischi e gli oneri per i contribuenti. Probabilmente saranno piu' di 20 miliardi di euro. Di sicuro ci sono 13 miliardi di euro che sono già andati. Perchè HSH Nordbank ha già esaurito i 10 miliardi di euro di garanzia concessi dalle regioni di Amburgo e dello Schleswig-Holstein, oltre ai 3 miliardi di euro che entrambi i Laender avevano versato nel 2009 come iniezione di capitale. A cio' si aggiungono le rettifiche di valore e gli obblighi pensionistici di HSH Nordbank, per i quali garantiscono anche i contribuenti. Si tratta di almeno 1.5 miliardi di euro. E ci sono altri rischi. HSH Nordbank è una scatola nera, perché le perdite che potrebbe arrivare dal finanziamento delle flotte marittime ancora non si conoscono. I contribuenti vengono tenuti all'oscuro, non sanno cio' che potrebbe accadere. Neppure i deputati dei 2 parlamenti regionali conoscono le cifre. In aprile pero' saranno chiamati a votare sull'accordo di vendita deciso oggi.

Test: la banca pero' è sulla strada del miglioramento. Lo scorso anno dovrebbe aver realizzato 300 milioni di profitti

Marnette: non ci credo. La HSH Nordbank nel corso degli ultimi anni non ha mai realizzato profitti con le proprie forze. Le cifre positive ci sono state solo perché le garanzie delle regioni Amburgo e Schleswig-Holstein sono state utilizzate per compensare i rischi. Questo non sarebbe stato permesso a nessuna normale compagnia tedesca. Solo nel 2016 la banca ha subito una perdita di 6.2 miliardi di euro. Vale a dire: le perdite sono superiori al capitale proprio in bilancio. La banca già nel 2015 non era piu' solvibile e doveva essere liquidata.

Test: sarebbe stato meglio liquidare la banca invece di venderla?

Marnette: la banca doveva essere liquidata già diversi anni fa. A cosa serve incassare un miliardo di euro dalla vendita della banca se nel peggiore dei casi sul contribuente alla fine potrebbero gravare oltre 20 miliardi di euro? Sono soldi che mancheranno per gli asili, le scuole, le università e altri importanti compiti delle regioni. La vendita fittizia della banca è una truffa al cittadino perché ancora nessuno ha rivelato quali saranno i costi finali per la banca. I nuovi proprietari non scopriranno le carte. Assurdo è anche il fatto che i consulenti assunti per il processo di vendita alla fine avranno incassato quasi 200 milioni di euro.


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