martedì 12 settembre 2023

Perchè la Riester-Rente per i lavoratori è stata una fregatura totale, ma un grande successo per banche, assicurazioni e fondi

 L'uomo della strada l'aveva capito da tempo, ora ci arrivano anche i giornaloni: la Riester-rente, la previdenza complementare tedesca, è un fallimento in quanto garantisce rendimenti magri ai lavoratori e serve piu' che altro a foraggiare banche e assicurazioni grazie a commissioni e caricamenti esosi. E' arrivato il momento di porre rimedio ad una truffa legalizzata a danno dei lavoratori. Ne scrive il Tagesschau


riester-rente in Germania


Le promesse erano ottime, ma i risultati sono stati più che magri. La pensione Riester doveva essere una pensione integrativa in età avanzata, invece sono state soprattutto le banche e le compagnie di assicurazione a fare la cresta.

Quando Gerhard Kegreiss va in pensione, il suo piano di risparmio del fondo Riester presso la Union Investment giunge a scadenza. Ha versato per quasi 17 anni, insieme al sussidio statale, più di 36.000 euro. All'epoca gli era stato prospettato un risparmio di circa 70.000 euro e una Riester-Rente mensile di 360 euro, ma la realtà è stata un po' diversa. La società di fondi Union Investment non ha guadagnato un solo centesimo di rendimento sul suo denaro. Kegreiss riceverà quindi solo 72 euro al mese.

Un euro su quattro per le commissioni. 

Ma non sono solo i fondi e i piani di risparmio bancari ad andare male. Nel 2020, il movimento di cittadini Finanzwende ha analizzato i dati fondamentali di 65 polizze assicurative Riester. I risultati sono sconfortanti: in una polizza Riester media con 30 anni di risparmi, in media il 24% del denaro versato va in commissioni, ovvero quasi un euro su quattro. Una polizza Riester su tre costa addirittura il 30% di commissioni. Si tratta di commissioni, stipendi milionari per i membri del consiglio di amministrazione, pubblicità e rendimenti per gli azionisti.

 Per fare un paragone: nel caso della pensione obbligatoria, i costi amministrativi ammontano a circa il tre per cento. Inoltre, dalla sua nascita 50 miliardi di denaro dei contribuenti sono confluiti nella Riester. I sostenitori dei consumatori ritengono che il concetto di fondo della Riester sia fallito dopo diverse riforme infruttuose. Chiedono un nuovo approccio e auspicano un cambiamento di sistema: un prodotto pensionistico organizzato dallo Stato per tutti, sul modello del fondo svedese.

La Svezia come modello

In Svezia esiste una pensione a quota obbligatoria. Ogni lavoratore paga al fondo statale. Chi nega il consenso può cercare un fornitore privato. "Ma quasi nessuno lo fa", dice Werner Bareis del centro di consulenza per i consumatori del Baden-Württemberg. "Il settore privato non è in grado di farlo. Inoltre, i costi in Svezia sono 15 volte più bassi che in Germania". "Negli ultimi 20 anni, il fondo svedese ha generato un rendimento medio di circa l'undici per cento". "Se il signor Kegreiss avesse investito lì il suo denaro, oggi ne avrebbe ricevuto più del doppio", afferma Bareis. 

La "Riester" sta diventando sempre più impopolare in Germania. L'anno scorso gli assicuratori tedeschi hanno registrato solo 125.200 nuove polizze, con un calo di quasi il 60% rispetto all'anno precedente. Nel 2009, i nuovi contratti erano ancora più di un milione.

"Mentre i centri per la difesa dei consumatori vedono un problema strutturale - ovvero che questi prodotti non sono sempre offerti in base alle esigenze dei clienti ma in base all'ammontare delle commissioni - un gruppo di esperti del Bundestag intende mantenere la previdenza privata nelle mani dell'industria finanziaria.

 "Abbiamo a che fare con un'assicurazione privata volontaria, che non deve essere obbligatoria", afferma Oskar Goecke, attuario e membro della commissione. "Inoltre, il know-how è presso le banche e le compagnie di assicurazione; la partecipazione dello Stato è nel primo pilastro, la pensione obbligatoria. La previdenza privata deve essere resa più semplice, più trasparente e più flessibile". 

Le proposte della Commissione per migliorare la previdenza privata sono le seguenti: opzioni di investimento con rischi più elevati, ma anche rendimenti più alti e una migliore comparabilità dei prodotti.

Rafforzare la pensione obbligatoria

Jutta Schmitz-Kießler, ricercatrice sulla previdenza sociale presso l'Università di Duisburg Essen, non è molto convinta dei piani. "La previdenza privata rimarrà sempre frammentaria perché è volontaria, e rimarrà costosa perché ci sono attori che vogliono guadagnarci qualcosa". 

L'autrice punta su un rafforzamento dell'assicurazione pensionistica obbligatoria: "In Germania lo facciamo da molto tempo. In modo congiunto, cioè con la partecipazione dei lavoratori, dei datori di lavoro e dello Stato sociale. Questa alleanza è stata interrotta nel 2001, ma potremmo rivitalizzarla e quindi ripristinare un livello pensionistico migliore", afferma Schmitz-Kießler. 

Ciò sarebbe possibile, ad esempio, se anche i dipendenti pubblici e i lavoratori autonomi versassero nelle casse previdenziali  pubbliche, se venisse abolito il massimale di valutazione dei contributi, se venissero aumentati i salari e, soprattutto, se fosse incentivato il tasso di partecipazione delle donne alla forza lavoro. Dopotutto, attualmente in Germania ci sono 45 milioni di persone che lavorano, un numero mai raggiunto prima.


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Prosegue il boom delle Tafel in Germania: sempre piu' bisognosi, sempre meno cibo da distribuire

 Cresce il numero di persone in difficoltà obbligate a rivolgersi alle Tafel in Germania per mettere insieme il pranzo con la cena. I banchi alimentari però hanno sempre meno cibo da distribuire e sono costretti a bloccare le nuove iscrizioni. Ne scrive il Tagesschau



Più di 960 banchi alimentari sostengono due milioni di persone bisognose in tutta la Germania. Le persone in difficoltà sono in aumento. Allo stesso tempo, però c'è meno personale e meno cibo. In molti luoghi, lo stop alle nuove registrazioni non è più un'eccezione.

Combattere lo spreco di cibo: è per questo che sono stati fondati i primi banchi alimentari in Germania. All'inizio, chiunque poteva ritirare il cibo raccolto presso i punti di distribuzione, ma la situazione è cambiata con le riforme Hartz all'inizio degli anni 2000. 

A causa dell'aumento del bisogno sociale, la distribuzione di cibo è stata limitata solo ai piu' bisognosi. Da quel momento in poi sono stati fondati sempre più banchi alimentari. Oggi i banchi alimentari hanno un carattere più assistenziale. 

25 anni fa, Uwe Bußmann ha co-fondato il banco alimentare di Saarbrücken pensando alla protezione dell'ambiente. Per oltre dieci anni, il 74enne ne è stato il primo presidente. 

Le risorse scarseggiano

La Saarbrücken Tafel da sola rifornisce un totale di circa 900 famiglie. La maggior parte di coloro che arrivano qui sono rifugiati dall'Ucraina e dal Medio Oriente, beneficiari del reddito di cittadinanza, anziani in condizioni di povertà e lavoratori a basso reddito. 

Altre 200 famiglie sono ancora in lista d'attesa, perché da maggio la Tafel ha dovuto nuovamente imporre un blocco delle nuove ammissioni - fino alla fine dell'anno. "Il bisogno è superiore a quello che possiamo soddisfare", afferma Bußmann. Sempre meno soccorritori devono rifornire sempre più persone bisognose con sempre meno cibo. Al momento, l'unico modo per entrare è che un'altra famiglia liberi il suo spazio - ad esempio, se qualcuno si trasferisce, muore o dichiara di non avere più bisogno.

Negli ultimi 25 anni è successo poco nel settore sociale, dice Bußmann. I politici sono troppo preoccupati per se stessi e non ci aiutano, critica l'ex presidente di Tafel. "I poveri non riescono più a provvedere a se stessi in modo sufficiente e non ricevono abbastanza risorse". Il fatto che i banchi alimentari esistano è un fallimento della politica, afferma, aggiungendo che anche la mentalità di coloro che vengono assistiti è cambiata. Mentre gli anziani, in particolare, si vergognano di dipendere dai banchi alimentari perché le loro pensioni sono troppo basse, il concetto della distribuzione di cibo sta diventando sempre più ovvio per le generazioni più giovani - ed è associato a una sorta di atteggiamento esigente. "Molti pensano di averne diritto", dice Bußmann.

Volontari sovraccarichi

Da quando esiste la Tafel di Saarbrücken, il 74enne ha sempre sperato che a un certo punto non sarebbe più stato necessario. Come per la prima Tafel di Berlino, che all'inizio voleva combattere lo spreco di cibo. A livello nazionale, la situazione dei banchi alimentari è altrettanto tesa. La pandemia è stata molto onerosa per tutti, afferma Andreas Steppuhn, presidente di Tafel Germania. 

L'alto costo della vita e l'inflazione sin dall'inizio della guerra in Ucraina hanno fatto sì che le Tafel servissero più persone che mai: più di una Tafel su tre in Germania dice di aver introdotto dei blocchi all'ingresso. Più della metà sta distribuendo meno cibo ai singoli clienti. A ciò si aggiunge l'elevato carico di lavoro per i volontari. Oltre allo sforzo fisico, come il trasporto di un numero sempre maggiore di scatole, il lavoro si sta facendo sentire anche a livello psicologico.

"Respingere le persone bisognose non è facile per nessuno", spiega il presidente dell'associazione. Steppuhn vede anche un fallimento nell'amministrazione e nella politica: "Non è giusto che gli uffici pubblici ora indirizzino le persone colpite dalla povertà ai banchi alimentari". Steppuhn accoglie con favore misure come l'aumento del reddito di cittadinanza a 563 euro e il previsto assegno di base per i figli. Ma non sono sufficienti per tenere sotto controllo la povertà in Germania nel lungo periodo.


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lunedì 11 settembre 2023

Sahra Wagenknecht pronta a fondare un nuovo partito!

 Se ne parla da mesi ma ora potrebbe essere arrivato il momento giusto per il nuovo partito guidato da Sahra Wagenknecht, ormai sempre piu' lontana dal corso politico della Linke. Del resto la grande impopolarità della Ampel sta alimentando la crescita di AfD che i sondaggi danno ampiamente sopra il 20% dei consensi. E per la nuova formazione guidata dalla Wagenknecht ci sarebbero quindi importanti spazi elettorali e politici per dare vita ad un progetto di sinistra capace di intercettare il voto di protesta che finora ha gonfiato AfD. Sahra Wagenknecht intervistata dalla Noz.de


Sahra Wagenknecht pronta a fondare un nuovo partito


Sempre più cittadini non si sentono rappresentati dai partiti del Bundestag, afferma Sahra Wagenknecht. La popolare deputata della Linke vuole cambiare le cose. Chiede un approccio diverso ad AfD e delle alternative, ad esempio attraverso un nuovo partito.

Sahra Wagenknecht non si sottrae allo scontro. La deputata del Bundestag viene considerata un fattore di disturbo nel suo partito, la Linke, perché mescola posizioni di sinistra con elementi conservatori. Al più tardi dal suo discorso critico sulle sanzioni alla Russia tenuto al Bundestag, di circa un anno fa, c'è stata una spaccatura all'interno del gruppo parlamentare.

Wagenknecht si sta allontanando dalla linea del partito anche su altre questioni, diventando così popolare ben oltre il nucleo dell'elettorato di sinistra. In un'intervista con la nostra redazione, si lamenta della cultura del dibattito in merito al tema della migrazione in questo Paese e dice: "Chiunque sollevi dei problemi è sospettato di essere vicino ad AfD e razzista". La leader della  Linke chiede una forte limitazione per l'immigrazione e mette in guardia dalla demonizzazione di AfD.

L'icona della sinistra tedesca è già stata invitata più volte da altri membri a lasciare il partito. La sua risposta è: la politica ha bisogno di un nuovo movimento per raggiungere gli insoddisfatti e i non votanti. Sarà lei a guidare questo nuovo partito? Wagenknecht lo rivela in un'intervista:



Signora Wagenknecht, l'economia sta entrando in recessione, le infrastrutture sono in difficoltà e le casse previdenziali sono vuote. Eppure la Ampel si sta dedicando a questioni come la legge sull'autodeterminazione o la liberalizzazione della cannabis. Il governo di Berlino ha perso il contatto con i cittadini?

Raramente c'è stato un governo federale così lontano dai problemi e dalle preoccupazioni dei cittadini comuni come quello della Ampelkoalition Questa settimana, nel suo discorso sul bilancio, il Cancelliere Scholz ha affermato che non c'è pericolo di una deindustrializzazione. È un'affermazione fuori dal mondo. C'è una grave crisi economica che incombe e non si risolve tagliando le pensioni, l'istruzione e la sanità. Servono grandi investimenti e una diversa politica energetica.

Heiner Flassbeck - La recessione tedesca è sempre più profonda

"Fino a quando la situazione dei tassi di interesse elevati e la deflazione dei prezzi a livello dei produttori interni resterà invariata, non ci sarà alcun segnale di ripresa" scrive il grande economista tedesco Heiner Flassbeck, e prosegue: "a meno che i responsabili della BCE non comprendano rapidamente che la loro visione delle cose è inadeguata, non possiamo escludere una crisi economica prolungata". Un articolo molto interessante di Heiner Flassbeck da Relevante Oekonomik



Prosegue il rallentamento dell'economia tedesa. Anche nel primo mese del terzo trimestre, la produzione e gli ordini dell'industria tedesca stanno attraversando una fase recessiva. Gli indicatori di sentimento più recenti, come l'indice ifo e il PMI markit, rilevati ad agosto, sono chiaramente in diminuzione. Non è quindi più possibile escludere che la recessione assuma dimensioni più ampie.

Il Ministro federale dell'Economia definisce la situazione "sfidante", ma non rende giustizia alla realtà quando si limita a parlare di una fase attuale di debolezza economica e ammonisce contro le critiche rivolte alla Germania in quanto luogo di produzione. Sia il governo che l'opposizione continuano a credere che possano affrontare questa enorme sfida, originata dalla politica errata della BCE in materia di tassi di interesse (come recentemente spiegato qui), con una miscela eterogenea di misure (di recente denominate "Patto per la Germania" dal Cancelliere). E questo è un errore fondamentale.

Ulteriore calo nei nuovi ordini e nella produzione

I nuovi ordinativi nell'industria tedesca sono noti per la loro elevata volatilità (Figura 1) a causa dell'incidenza periodica di grandi ordini, presumibilmente legati a contratti governativi nel settore della difesa, che spesso distorcono la tendenza ciclica di base verso il basso.

nuovi ordini andamento germania
Andamento nuovi ordini Germania 

Senza l'influenza dei grandi ordini, è possibile osservare una tendenza più chiara, soprattutto tra le piccole imprese e le PMI (Piccola e Media Impresa) (Figura 2). Attualmente, questo indicatore è inferiore di quasi il 15% rispetto ai picchi registrati nel 2017 e nel 2021. Dal 2022, si osserva una costante tendenza al ribasso. Questo ribasso riguarda sia l'indicatore generale, che riflette l'industria manifatturiera nel suo complesso, che il sottoindicatore dell'industria produttrice di beni strumentali.

Ordinativi senza grandi ordini

Nel caso degli ordini di beni strumentali, escludendo i grandi ordini dal mercato interno (le due curve più scure nella Figura 3), è evidente l'assenza di una tendenza alla stabilizzazione. Considerando che questo indice aveva una base di 100 nel 2015, un valore attuale inferiore al 90 riflette quanto sia in difficoltà l'attività di investimento in Germania, nonostante tutti i programmi istituzionali a livello nazionale e comunitario per promuovere la transizione ecologica dell'economia.

Investimenti nei beni strumentali

La diminuzione della domanda sta iniziando a influire sulla produzione: la stagnazione degli ordini nell'industria e nell'edilizia sta diventando evidente, e a causa della mancanza di nuovi ordini, la produzione sta gradualmente diminuendo. Questa tendenza si riflette chiaramente anche nel settore dei beni strumentali. Tuttavia, poiché questo indicatore non distingue tra grandi ordini e andamento delle vendite, è probabile che l'andamento sia ancora più negativo di quanto sembri, il che è significativo per le prospettive di cambiamento strutturale e di crescita della produttività.

Andamento produzione nell'industria tedesca

Questo scenario deve essere considerato alla luce del fatto che le imprese industriali in Germania e nell'intera area dell'euro si trovano a fronteggiare prezzi che sono pressoché stagnanti o addirittura in calo, mentre i tassi di interesse rimangono relativamente alti. Le differenze nei tassi di crescita dei prezzi alla produzione tra i quattro principali paesi dell'UE sono essenzialmente attribuibili al settore dell'energia, come evidenziato nel confronto tra le figure 5 e 6. Escludendo l'energia, i tassi di crescita dei prezzi alla produzione in Germania, Francia, Italia e Spagna seguono un andamento praticamente parallelo (Figura 6). Le differenze nei dati complessivi (Figura 5) sono principalmente dovute alla variazione dei prezzi nel settore energetico. Inoltre, in questo confronto tra paesi, la Germania non registra l'aumento più significativo dei prezzi durante la crisi energetica.

Figura- Prezzi alla produzione nei principali paesi UE

Prezzi alla produzione senza energia

Il tasso di crescita dei prezzi alla produzione nell'intera area dell'euro (Figura 7) è ora inferiore al due percento, se si esclude il settore energetico, mentre includendo l'energia, la cifra arriva al -7,6 percento. Tuttavia, ciò che è veramente rilevante per le imprese è la variazione dei prezzi da un mese all'altro (Figura 8).

Figura 7

Figura 8

In questo caso, i tassi senza l'energia sono già negativi, e lo sono comunque quando si considera l'energia. Nonostante i responsabili della BCE abbiano sottolineato l'importanza delle aspettative di inflazione dei cittadini per il comportamento futuro, sembrano ignorare la probabilità che attualmente le aspettative di prezzo delle imprese siano negative. In questo contesto, i tassi di interesse appaiono chiaramente troppo elevati per sostenere qualsiasi forma di sentiment positivo per gli investimenti senza un massiccio sostegno pubblico.

Heiner Flassbeck


A meno che i responsabili della BCE non comprendano rapidamente che la loro visione delle cose è inadeguata, non possiamo escludere una crisi economica prolungata. Come mostra il grafico 9, un'analisi basata sul trend mensile non suggerisce alcuna minaccia inflazionistica nell'area dell'euro.

Figura 9

Infine, vale la pena notare che le previsioni per il 2024 dovrebbero essere affrontate con grande cautela. È prassi comune per molti analisti economici presentare cifre positive alla fine del loro orizzonte di previsione, anche se le condizioni iniziali erano sfavorevoli. E questo crea una sorta di effetto "luce alla fine del tunnel". Tuttavia, è importante sottolineare che la direzione attuale dell'economia è chiaramente in discesa. Un'inversione di tendenza richiede impulsi, dato che un'economia di mercato non può stabilizzarsi autonomamente solo grazie all'azione parallela dei singoli attori economici privati. Questo è stato dimostrato dalla "recessione invernale leggera" che si è verificata a partire dal quarto trimestre del 2022, la quale ha mostrato che non esiste un meccanismo automatico che riporti l'economia sulla via della crescita. Rimanere inattivi nella speranza che tutto si risolva da solo, seguendo l'idea che "ciò che scende, prima o poi risale" o che "alti e bassi sono parte integrante del ciclo economico", rappresenta una strategia economica errata basata su una comprensione distorta dei processi economici globali e delle relative dinamiche.

Le recenti previsioni di vari istituti (IfW a Kiel, IWH a Halle e ifo a Monaco) condividono tutte una prospettiva di ripresa rapida delle esportazioni tedesche, con un aumento del surplus della bilancia commerciale al di sopra del 6% per l'anno in corso, dopo il 4,2% del 2022, e una previsione di superare addirittura il 7% nel 2024 (IfW e ifo). Tutti e tre gli istituti prevedono che l'attività di investimento privato in attrezzature non sarà frenata nell'anno in corso, nonostante l'alto livello dei tassi di interesse e la contrazione dell'attività economica. Tuttavia, come dimostrano gli indicatori precedentemente menzionati nel settore dei beni strumentali in Germania, questa prospettiva sembra basarsi su un'ottimismo infondato. È ancora incerto se l'estero, in particolare l'Europa, soggetta alla stessa politica dei tassi di interesse della Germania, sarà in grado di generare una domanda sufficientemente robusta da consentire ai produttori tedeschi di esportare nei volumi previsti.

Fino a quando la situazione di tassi di interesse elevati e la deflazione dei prezzi a livello di produttori interni rimarrà invariata, non ci sarà alcun segnale di una ripresa. Gli uomini politici saggi farebbero bene a coordinarsi con i loro colleghi europei e ad interrogare la BCE all'interno dell'Eurogruppo.


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"Proteggere gli interessi tedeschi"

 L'industria tedesca degli armamenti ha strinto una nuova alleanza per la costruzione di nuovi carri armati, questa volta però senza la Francia. La cooperazione franco-tedesca in materia di armamenti è a un passo dal naufragio, Berlino infatti ha scelto di dare priorità agli interessi nazionali. Ne scrive il sempre ben informato German Foreign Policy


L'industria della difesa tedesca sta attualmente lavorando su una nuova alleanza per la produzione di carri armati, mettendo in discussione un progetto emblematico di cooperazione franco-tedesca nel settore della difesa, valutato diversi miliardi di euro. Secondo un recente rapporto, i produttori di armi Krauss-Maffei Wegmann (KMW) e Rheinmetall stanno attualmente cercando di collaborare con Leonardo (Italia), Saab (Svezia) e un'azienda spagnola per lo sviluppo di un nuovo carro armato che possa succedere al Leopard 2. Questo veicolo, noto come Main Ground Combat System (MGCS), è un sistema di combattimento ad alta tecnologia che dovrebbe diventare il fulcro delle forze terrestri europee e contribuire alla fusione dell'industria della difesa europea. Il progetto è stato al centro di controversie per anni. L'alleanza per il nuovo carro armato potrebbe ora annunciare la sua fine e forse influenzare anche il secondo grande progetto franco-tedesco, il Future Combat Air System (FCAS). Questa scelta segna ulteriormente il declino della cooperazione tra Berlino e Parigi sotto il cancelliere Olaf Scholz, che, secondo alcune voci, sta dando priorità agli "interessi tedeschi".

La Nuova Alleanza dei Carri Armati

L'industria della difesa tedesca sta attualmente pianificando la formazione di una nuova alleanza per la produzione di carri armati finalizzata allo sviluppo di un successore del Leopard 2, come riportato dal Handelsblatt. I due principali produttori di armi, Krauss-Maffei Wegmann (KMW) e Rheinmetall, noti per la loro lunga collaborazione nella produzione della serie Leopard, intendono unire le forze con le aziende di difesa Leonardo (Italia) e Saab (Svezia), oltre a una società spagnola non specificata. Gli esperti ritengono che questa società potrebbe essere Santa Bárbara Sistemas o TESS Defence. Secondo il rapporto, i primi contratti per il progetto sono stati firmati solo "pochi giorni fa". Il prossimo passo prevede la richiesta di un finanziamento al Fondo europeo per la difesa (FES), che ha stanziato otto miliardi di euro per il periodo 2021-2027, di cui 5,3 miliardi sono destinati allo sviluppo di nuovi sistemi d'arma. L'alleanza dei carri armati, composta da quattro Paesi UE, auspica di ricevere finanziamenti per centinaia di milioni.

Disaccordi sull'MGCS

Il lancio della nuova alleanza per i carri armati potrebbe segnare la fine di un progetto che un tempo rappresentava un faro nella cooperazione europea nel settore degli armamenti: il Main Ground Combat System (MGCS). Questo sistema di combattimento, connesso tramite una rete dati, era concepito attorno a un carro armato di ultima generazione, destinato a includere una varietà di altri equipaggiamenti, tra cui i robot da combattimento. Germania e Francia avevano concordato ufficialmente nel luglio 2017 di costruire congiuntamente l'MGCS. Secondo i piani originali, avrebbe dovuto essere operativo entro il 2035, sostituendo sia il Leopard 2 tedesco che il carro armato principale Leclerc francese. Per attuare questa visione, KMW e il produttore francese di carri armati Nexter avevano formato la joint venture KNDS. Tuttavia, a causa delle dispute tra Germania e Francia, il progetto non è ancora decollato completamente. Una delle principali fonti di tensione è stato il fatto che Rheinmetall sia riuscita a garantirsi una quota nell'MGCS, mettendo a rischio l'equilibrio industriale a scapito della Francia. Attualmente, il progetto è ancora in fase di pianificazione.

FCAS verso la fine del progetto
Progetto FCAS verso il fallimento


"Sviluppare ulteriormente un equipaggiamento collaudato".

Nel luglio scorso, i ministri della Difesa dei due Paesi, Boris Pistorius e Sébastien Lecornu, avevano cercato di raggiungere un accordo e di spianare la strada al proseguimento del progetto. Pistorius aveva affermato all'epoca: "Vogliamo questo progetto comune"; Lecornu si era associato: "Vogliamo farlo insieme"[4] Gli esperti tuttavia dubitavano del fatto che all'epoca fosse davvero possibile risolvere la controversia. I media francesi riportano una dichiarazione del deputato SPD Andreas Schwarz, che lunedì ha dichiarato sulla piattaforma X (ex Twitter) che con il Leopard 2 avremmo avuto "un dispositivo collaudato": "da sviluppare ulteriormente". L'ultima notizia era che per settembre erano previsti ulteriori colloqui sul futuro dell'MGCS, in cui le forze armate tedesche e francesi avrebbero dovuto coordinare in modo più preciso le loro esigenze. Parigi, si diceva, era favorevole a dei carri armati più leggeri e manovrabili con una protezione più debole, mentre Berlino insisteva per una protezione ottimale, anche se a scapito della mobilità dell'equipaggiamento.[5] Un accordo sembra essere sempre più in dubbio.

Leopard 2A8, Panther

Questo anche perché i produttori di armi tedeschi stanno da tempo sviluppando alternative provvisorie. KMW, ad esempio, sta costruendo un ulteriore sviluppo dell'ultimo modello di Leopard 2A7, il Leopard 2A8. Sebbene sia considerato solo un "passo intermedio" frettolosamente costruito sulla strada di un vero e proprio nuovo sviluppo, potrebbe coprire l'attuale domanda derivante dalla guerra in Ucraina, dicono [6]. Le forze armate tedesche hanno ordinato 18 Leopard 2A8 al prezzo di oltre mezzo miliardo di euro; la Repubblica Ceca vuole acquistarne 77, la Norvegia 54 [7], l'Italia 125 [8]. Anche i Paesi Bassi e la Lituania hanno espresso interesse. Rheinmetall, da parte sua, ha sviluppato un proprio modello, il carro armato principale da combattimento KF51 Panther, che sarà prodotto in futuro, soprattutto in Ucraina. Da un lato, è destinato a coprire la domanda ucraina, considerata immensa, ma dall'altro è anche destinato all'esportazione a lungo termine, anche perché il livello salariale ucraino rende possibile una commercializzazione più economica.[9] Sia il Leopard 2A8 che il Panther garantiscono che Berlino non dipenderà dall'MGCS nel prossimo futuro.

Controversia sul FCAS

Il fallimento dell'MGCS, sempre piu' vicino con il lancio della nuova alleanza dei carri armati, potrebbe avere conseguenze anche sul secondo importante progetto di riarmo franco-tedesco: il Future Combat Air System (FCAS), un sistema di combattimento aereo incentrato su un jet da combattimento di ultimissima generazione, di sesta generazione e - collegato in rete tramite una cloud di dati - operante in combinazione con droni, sciami di droni ed eventualmente altri equipaggiamenti. L'FCAS è considerato la controparte dell'MGCS. Tuttavia, nell'ambito del suo sviluppo sono già sorte delle serie controversie franco-tedesche che, come nel caso dell'MGCS, riguardano le quote industriali, ma anche i segreti industriali. Mentre l'industria tedesca ha alternative per l'MGCS, lo stesso vale per l'FCAS da parte francese: il produttore di jet da combattimento Dassault sta portando avanti il proprio progetto, il Rafale F5, che, secondo i piani attuali dell'azienda, dovrebbe avere la priorità sull'FCAS ed essere sviluppato ad un ritmo accelerato. [10] Se l'FCAS dovesse fallire, Parigi potrebbe contare su un proprio jet da combattimento, mentre Berlino, al contrario, sarebbe costretta a ricorrere all'acquisto di jet da combattimento statunitensi.

Interessi tedeschi

Con la possibile fine dell'MGCS prosegue il rapido declino della cooperazione franco-tedesca in materia di armamenti sotto l'attuale governo tedesco. Alla fine anche il progetto di costruire un aereo da ricognizione marittima franco-tedesco era già stato accantonato sotto la cancelliera Angela Merkel. Sotto il cancelliere Olaf Scholz, tra l'altro, è stata interrotta la modernizzazione congiunta dell'elicottero da combattimento Tiger. Berlino ha anche organizzato la costruzione di un sistema di difesa aerea europeo (European Sky Shield Initiative, ESSI) senza coinvolgere la Francia - ufficialmente uno dei più stretti alleati della Repubblica Federale - nell'importante progetto e senza utilizzare i prodotti dell'industria della difesa franco-italiana; al suo posto sono stati acquistati sistemi statunitensi e israeliani per diversi miliardi. [11] Ora Berlino sta mettendo in discussione anche l'MGCS e indirettamente il FCAS. Mentre l'apparente "amicizia franco-tedesca" viene regolarmente invocata in pubblico, il governo tedesco sotto il cancelliere Scholz, come notano gli osservatori, si è mosso per "dare priorità agli interessi tedeschi", anche "se le relazioni franco-tedesche ne risentono". [12] Il governo tedesco sta ora cercando di "proteggere gli interessi tedeschi".


Leggi gli altri articoli sulle divergenze franco-tedesche-->>


[1] Martin Murphy, Moritz Koch, Frank Specht, Gregor Waschinski: Deutschland startet neue Kampfpanzer-Allianz. handelsblatt.com 07.09.2023.

[2] Laurent Lagneau: Berlin porte un coup sans doute fatal au projet de char franco-allemand de nouvelle generation. opex360.com 07.09.2023.

[3] Pascal Samama: Un parlementaire allemand propose d’en finir avec le MGCS, le char du futur franco-allemand. bfmtv.com 05.09.2023.

[4] Martin Murphy, Frank Specht, Gregor Waschinski, Christian Wermke: Dem neuen deutsch-französischen Kampfpanzer droht das Aus. handelsblatt.com 06.09.2023.

[5] Martin Murphy, Moritz Koch, Frank Specht, Gregor Waschinski: Deutschland startet neue Kampfpanzer-Allianz. handelsblatt.com 07.09.2023.

[6] S. dazu Panzer für Europa.

[7] Norwegian Armed Forces to receive Leopard 2A8NOR tanks with Trophy APS. defence-industry.eu 13.06.2023.

[8] Italien könnte Kampfpanzer Leopard 2A8 bestellen. esut.de 18.07.2023.

[9] S. dazu Eine rüstungsindustrielle Basis für die Ukraine.

[10] Martin Murphy, Moritz Koch, Frank Specht, Gregor Waschinski: Deutschland startet neue Kampfpanzer-Allianz. handelsblatt.com 07.09.2023.

[11] S. dazu Deutsch-französische Konflikte und Die deutsch-französische „Freundschaft“.

[12] Martin Murphy, Moritz Koch, Frank Specht, Gregor Waschinski: Deutschland startet neue Kampfpanzer-Allianz. handelsblatt.com 07.09.2023.




Günther Grunert - E' ora di fermare la follia dello Schuldenbremse!

"I deficit di bilancio possono essere sostenuti indefinitamente senza generare pressioni inflazionistiche, a condizione che la domanda aggregata non superi la crescita delle capacità produttive. Sarebbe sensato quindi abolire il "freno al debito" il più rapidamente possibile, ma ciò richiederebbe un emendamento costituzionale, che richiede a sua volta una maggioranza qualificata dei due terzi nel Bundestag. E questo probabilmente non accadrà nell'immediato futuro...la discussione quindi continuerà, accompagnata da bilanci ombra che aggirano il "freno al debito" in modi creativi, come ad esempio i fondi speciali miliardari." scrive l'economista tedesco Guenther Grunert su Makroskop. Una riflessione molto interessante sull'assurdità del cosiddetto freno al debito, lo Schuldenbremse, vale a dire il pareggio di bilancio aggiustato per il ciclo, un vero tabu' intoccabile della politica tedesca, ora difeso anche dalla Ampelkoalition. Da Makroskop.eu


schwarze Null, zero nero, schauble

Cresce l'incertezza in merito alle regole sullo Schuldenbremse. Alcuni ne chiedono una nuova sospensione a causa degli investimenti statali necessari durante le crisi economica. Tuttavia, la maggioranza continua a sostenere la regola suldebito,  basandosi essenzialmente sull'argomento della giustizia intergenerazionale.

L'ex ministro delle Finanze della SPD, Peer Steinbrück, quando gli è stata posta la domanda su cosa ricorderà del suo mandato, ha risposto: "Il freno al debito. Ne sono orgoglioso". E questo sembra essere un successo, ma in realtà lo strumento del freno all'indebitamento è stato controverso fin dall'inizio ed è ora nuovamente al centro di un acceso dibattito.

Il freno all'indebitamento venne introdotto nel 2009 e stabilisce che la Federazione e i Länder hanno l'obbligo fondamentale di chiudere i propri bilanci in pareggio, tenendo conto delle condizioni economiche. Per il governo federale, la regola del bilancio strutturalmente equilibrato è considerata rispettata se il deficit strutturale, cioè il nuovo debito depurato dalle fluttuazioni cicliche, non supera lo 0,35% del prodotto interno lordo (PIL).

A differenza dell'approccio dello "schwarze Null", che implica un divieto generale di indebitamento per lo Stato, indipendentemente dalla situazione economica, il freno al debito consente un certo margine di manovra per l'assunzione di prestiti statali in periodi di recessione, con l'obiettivo di ripagare il debito nella successiva fase di ripresa. In definitiva, ciò comporta un divieto di indebitamento a medio termine nel corso del ciclo economico.

leader della ampelkoalition


Posizioni contrastanti e alleanze insolite

Dopo una pausa di tre anni dovuta alla pandemia di COVID-19 e alle conseguenze della guerra in Ucraina, il freno al debito dovrà essere nuovamente rispettato. Tuttavia, si sta verificando una resistenza.

Nonostante i partiti della Ampelkoalition abbiano concordato nell'accordo di coalizione di rispettare la regola sul debito, questa potrà essere sospesa in caso di catastrofi naturali o altre situazioni di emergenza straordinarie "che sfuggono al controllo dello Stato e che incidono significativamente sulla situazione finanziaria dello Stato".

Gli oppositori di un ritorno allo Schuldenbremse fanno appello a questa clausola. Ad esempio, il capo del governo di Berlino, Kai Wegner (CDU), ha proposto di sospendere la norma per (altri) cinque anni per consentire gli investimenti necessari, come nuove scuole, aiuti per l'edilizia residenziale e l'accesso all'energia economica. Wegner ha ottenuto il sostegno di Michael Hüther, capo dell'Istituto dell'economia tedesca (IW), vicino ai datori di lavoro, il quale in un'intervista a Der Spiegel ha affermato che "sono necessari ulteriori investimenti statali, per i quali dovremmo contrarre nuovi prestiti in modo mirato".

Come già sottolineato da Malte Kornfeld su MAKROSKOP, si stanno udendo toni insoliti nel dibattito attuale. In passato, membri della CDU ed economisti vicini ai datori di lavoro erano noti per sostenere il risparmio e opporsi all'indebitamento pubblico. Quindi, il nuovo orientamento rappresenta una sorpresa, soprattutto considerando che il Cancelliere Olaf Scholz (SPD) ha recentemente appoggiato in maniera chiara lo Schuldenbremse nella legge di bilancio. Ha dichiarato che i limiti all'indebitamento previsti nel progetto di bilancio sono "un passo nella giusta direzione" e ha affermato che il bilancio è ora "sulla giusta strada".

Anche il Ministro dell'Economia Robert Habeck (Verdi) ha respinto le richieste di sospensione del freno al debito in una recente intervista, sempre che non accadano eventi imprevisti. Egli ritiene che la sospensione "non sia giustificata dai dati economici né dall'accordo di coalizione".

Tuttavia, è da notare che questa nuova dinamica non ha completamente ribaltato le posizioni politiche. Alcuni membri della SPD, come Franziska Giffey, leader della SPD di Berlino, e il membro del Bundestag Sebastian Roloff, sostengono la sospensione temporanea del freno al debito. D'altro canto, molti politici della CDU si oppongono fermamente a qualsiasi modifica al freno al debito, tra questi il segretario generale della CDU Carsten Linnemann, il segretario generale della CDU/CSU Thorsten Frei e il presidente federale della JU Johannes Winkel.

Anche Habeck difende lo Schuldenbremse


Tuttavia, come osserva giustamente Malte Kornfeld, le tradizionali linee di demarcazione tra conservatori, che solitamente sostenevano una rigorosa disciplina di bilancio, e la sinistra sociale, che spesso ha visto la spesa pubblica finanziata dal debito come necessaria e sensata, stanno diventando sempre più sfocate. L'unico partito che sembra coeso nella sua opposizione al cambiamento del freno al debito è l'FDP. Al contrario, i Verdi, con la leader Ricarda Lang in testa, non chiedono l'abolizione dello Schuldenbremse ma piuttosto la sua elusione.

E questa rappresenta una differenza chiave rispetto a una precedente commissione di esperti dei Verdi guidata da Anja Hajduk, che aveva in passato chiesto un rafforzamento del freno al debito e un avanzo di bilancio permanente "di almeno l'1% del PIL all'anno".

I sostenitori della FDP giustificano la loro posizione sostenendo l'argomento della "giustizia intergenerazionale". La FDP bavarese sottolinea che una politica di bilancio sostenibile implica anche la giustizia tra le generazioni, sostenendo che il rispetto del freno al debito serve a proteggere le future generazioni dalle tasse necessarie per ripagare il debito contratto oggi. Lo stesso argomento è fatto proprio anche dalla CDU, con membri come Thorsten Frei e Christian Haase che vedono il freno al debito come un modo per evitare di gravare eccessivamente sulle spalle delle generazioni future.

In sintesi, il dibattito sul freno al debito è diventato più complesso, con una crescente sfumatura di posizioni tra i diversi partiti politici. La giustizia intergenerazionale rimane un argomento centrale nel dibattito.

È sorprendente che l'argomento riguardante il debito accumulato dalla generazione attuale a scapito delle future generazioni sia stato propagato per decenni, nonostante possa essere facilmente smentito dalla realtà. Ad esempio, negli Stati Uniti, dove sono disponibili dati storici completi e affidabili, durante la Seconda Guerra Mondiale, la spesa pubblica ha portato a deficit di bilancio enormi, superando il 20% del PIL in alcuni casi. Questi deficit hanno triplicato il debito nazionale, passando dal 38,6% del PIL nel 1941 al 116% nel 1945, secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale (FMI). Secondo l'argomento del debito futuro, questa situazione avrebbe dovuto causare un onere insostenibile per le generazioni successive.

Tuttavia, la realtà è stata diversa. Né i "baby boomers" nati tra il 1946 e il 1964 né i loro genitori sono stati gravati dal debito pubblico accumulato durante la guerra. Anzi, tra il 1950 e il 1973, hanno vissuto un periodo di crescita economica elevata, aumento dei redditi, bassa disoccupazione e bassa inflazione, noto come l'"età dell'oro del capitalismo".

Questo è stato possibile perché il debito pubblico non è stato ripagato direttamente attraverso tasse più elevate che avrebbero ridotto i redditi privati. Il debito pubblico, infatti, viene spesso "rollato", ovvero quando scadono i titoli di Stato, ne vengono emessi di nuovi per rimborsare quelli scaduti. In pratica, l'ammontare totale del debito pubblico di solito non diminuisce significativamente e cresce più o meno in linea con l'economia. Questa pratica è comune non solo negli Stati Uniti ma in tutti i Paesi sviluppati.

Pertanto, l'idea che il governo possa risparmiare in modo discrezionale per ridurre il debito è errata. La posizione di bilancio è influenzata da molti fattori, tra cui lo sviluppo economico e gli equilibri fiscali settoriali. Non è unicamente determinata dalla volontà di risparmiare del governo.

La dipendenza dall'andamento economico influisce notevolmente sul saldo di bilancio, il quale non è sotto il controllo diretto dei responsabili politici. Mentre i politici possono stabilire alcune spese, fissare aliquote fiscali e fare previsioni sul totale delle entrate e delle spese a fine anno, non possono influenzare attivamente le dinamiche di bilancio durante l'anno. Il saldo fiscale, che può essere avanzo, pareggio o deficit, è un risultato residuale del processo economico.

Poiché il saldo di bilancio è ampiamente determinato dalle esigenze del sistema economico, non può essere fissato arbitrariamente come un obiettivo in anticipo. L'uso di regole fiscali rigide e arbitrarie, come i limiti al deficit, non ha senso. Ad esempio, se il governo federale taglia la spesa durante una recessione economica per evitare di superare un limite prefissato di deficit, ciò può peggiorare e prolungare la recessione a causa degli effetti in termini di feedback negativi. E questo può creare un circolo vizioso di tagli alla spesa federale, calo della crescita economica, aumento della disoccupazione, riduzione delle entrate fiscali, aumento della spesa sociale, aumento del deficit di bilancio e nuove misure di riduzione della spesa.



È importante considerare anche gli equilibri fiscali settoriali, poiché esiste un'interdipendenza tra i saldi dei vari settori economici. I saldi finanziari dei settori economici devono sempre sommarsi a zero.

Se il governo federale punta a un saldo di bilancio che non è compatibile con il saldo di bilancio desiderato dal settore non federale, il reddito nazionale si aggiusta verso l'alto o verso il basso quando i sottosettori del settore non federale modificano i loro livelli di spesa. Gli stabilizzatori automatici portano quindi il saldo di bilancio verso il livello desiderato dal settore non federale.

In sintesi, il saldo fiscale e la crescita del debito pubblico sono influenzati principalmente dal desiderio del settore privato nazionale e di altri settori di accumulare attività finanziarie nette. I disavanzi pubblici vengono assimilati da questi settori come entrate, e solitamente essi desiderano risparmiare parte di queste entrate in modo netto per ragioni di sicurezza finanziaria o preparazione alle emergenze, come la disoccupazione o le spese mediche, o per il risparmio previdenziale.

Gli aumenti del debito pubblico spesso suscitano preoccupazioni, sostenendo erroneamente che innalzino i tassi di interesse, rallentino la crescita economica e alimentino l'inflazione. Tuttavia, questa valutazione non solo è imprecisa ma sottostima anche i benefici che i deficit di bilancio e il debito pubblico apportano all'economia.

In primo luogo, i deficit di bilancio supportano i redditi privati, poiché aumentano la liquidità nell'economia più di quanto venga prelevato attraverso le tasse. Inoltre, rafforzano gli investimenti privati stabilizzando i volumi delle vendite previsti e l'utilizzo delle capacità produttive, che sono i principali driver degli investimenti aziendali.

In secondo luogo, i deficit di bilancio si riflettono nel debito pubblico, ma i titoli di stato sono strumenti finanziari privi di rischio e altamente liquidi, essenziali per il sistema finanziario. Consentono al settore non federale di investire in modo sicuro e fungono da garanzie per le banche e altre istituzioni finanziarie, come i fondi pensione.

In terzo luogo, non esiste una correlazione tra il bilancio del governo e i tassi di interesse. I deficit di bilancio non innalzano i tassi di interesse, mentre i surplus di bilancio non li abbassano. I tassi di interesse sono determinati dalla politica monetaria della banca centrale, con i tassi d'interesse nominali come principale strumento.

La banca centrale regola i tassi d'interesse a breve termine e influenza notevolmente quelli a lungo termine. Anche se la banca centrale non interviene direttamente nei mercati obbligazionari, di solito i tassi d'interesse a lungo termine seguono quelli a breve termine. La banca centrale può acquistare o vendere titoli di stato per influenzare i tassi a lungo termine.

In quarto luogo, il legame spesso sottolineato tra deficit di bilancio e inflazione non è valido. I deficit elevati, come durante la Seconda Guerra Mondiale o la pandemia di COVID-19, non sono correlati a un'alta inflazione. I deficit di bilancio regolari inferiori al 5% del PIL sono associati a diverse dinamiche dei prezzi, tra cui alta inflazione e deflazione. Un deficit può essere inflazionistico solo se le risorse reali (lavoro, capacità produttiva, tecnologia, materie prime) sono limitate, e se non si prendono misure per contrastare l'inflazione quando si raggiunge la piena occupazione.

In conclusione, le preoccupazioni riguardo alle conseguenze dei deficit elevati e dell'indebitamento pubblico crescente sono infondate. Il governo dovrebbe invece cercare di adattare il proprio bilancio alle esigenze del settore non pubblico in termini di risparmio netto e per mantenere la piena occupazione. I deficit di bilancio possono essere sostenuti indefinitamente senza generare pressioni inflazionistiche, a condizione che la domanda aggregata non superi la crescita delle capacità produttive.

Sarebbe sensato quindi abolire il "freno al debito" il più rapidamente possibile, ma ciò richiederebbe un emendamento costituzionale, che richiede a usa volta una maggioranza qualificata del due terzi nel Bundestag. Attualmente, sembra che questo non possa avvenire nell'immediato futuro, quindi la discussione continuerà, accompagnata da bilanci ombra che aggirano il "freno al debito" in modi creativi, come ad esempio i fondi speciali miliardari.


Günther Grunert è socio-economista e scienziato sociale. Ha lavorato presso le scuole professionali della città di Osnabrück fino al 2020 e pubblica regolarmente su temi macroeconomici. La sua ricerca si concentra sulla teoria monetaria e sulla politica economica.



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domenica 10 settembre 2023

Rivalità franco-tedesche per il controllo della Romania

 Germania e Francia si contendono l'influenza sulla Romania: un paese che da sempre è luogo di scontro fra le potenze europee in quanto tassello fondamentale per controllare il sud-est europeo e contenere le ambizioni russe e neo-ottomane sulla regione. Ne scrive il sempre ben informato German Foreign Policy

scontro franco-tedesco per il controllo della romania

Le rivalità franco-tedesche accompagnano il rafforzamento militare della Romania nella lotta di potere contro la Russia. La Bundeswehr infatti già da anni collabora strettamente con le forze armate rumene: ha sostenuto la sorveglianza aerea rumena con gli Eurofighter all'inizio dell'anno scorso e sta inviando soldati per costruire il Corpo multinazionale Sud-Est in Romania, attualmente in fase di costituzione. La Francia, da parte sua, sta guidando un gruppo tattico della NATO nel Paese dell'Europa sud-orientale - e sta ora considerando, come recentemente riportato il quotidiano francese Le Monde, di inviare altrii soldati in Romania in caso di un ulteriore ritiro delle truppe dall'Africa occidentale, al fine di rafforzare non solo le posizioni della NATO contro la Russia, ma anche la propria posizione in loco. La rivalità europea per l'influenza sulla Romania è antica. Risale ai primi decenni del XIX secolo, quando ancora non esisteva uno Stato rumeno. Oltre alla Francia e all'economia tedesca o, dal 1871, all'Impero tedesco, anche la Russia e la Gran Bretagna sono state coinvolte nella rivalità. Le lotte di potere si sono poi trascinate fino alla fine della Seconda guerra mondiale.

Protettorato russo

In seguito alla Convenzione russo-ottomana di Akkerman del 1826, lo Zardom russo fu in grado di stabilire un protettorato de facto sui due principati ancora nominalmente ottomani di Valacchia e Moldavia, nell'attuale Romania. Due anni dopo, la Russia occupò i due principati danubiani. [1] Nel 1829, la pace di Adrianopoli pose fine all'ottava guerra russo-ottomana (1828-1899) e garantì alla Russia la possibilità di occupare la Valacchia e la Moldavia per altri anni ancora. I due principati danubiani divennero così protettorati russi per un lungo periodo. Come forma di resistenza al sistema imposto dall'Impero zarista, fiorì il nazionalismo rumeno. [2]

Interessi britannici

Negli anni Quaranta del XIX secolo, il commercio britannico con la regione del Mar Nero subì un cambiamento fondamentale. Fino ad allora, infatti, i commercianti britannici avevano acquistato grano soprattutto in Russia, ma a partire da questo decennio la loro attenzione si spostò sulla Valacchia e sulla Moldavia. In quanto principati autonomi de jure dell'Impero Ottomano, vi si applicavano gli stessi trattati di libero scambio dell'impero ottomano. [3] In Europa occidentale, la domanda di grano aumentava a causa dell'industrializzazione, dell'urbanizzazione e della rapida crescita demografica. Le élite politiche della Gran Bretagna volevano quindi assicurarsi il territorio dell'attuale Romania in quanto fornitore per la popolazione britannica. [4]

Sogni tedeschi

Parallelamente all'incipiente lotta russo-britannica per l'influenza in Valacchia e Moldavia, iniziarono i piani tedeschi per influenzare quella che sarebbe poi diventata la Romania. Nel 1845, sull'Augsburger Allgemeine Zeitung, il più importante quotidiano politico tedesco dell'epoca, apparve un articolo in cui un autore chiedeva che i principi tedeschi fossero elevati al trono principesco della Moldavia e della Valacchia. [5] Anche l'influente professore di economia di Gottinga Wilhelm Roscher (1817-1894) sostenne in un articolo del 1848 che i due principati danubiani avrebbero dovuto diventare "in futuro (...) patrimonio della Germania". Concentrando gli emigranti tedeschi nella regione, "una nuova Germania potrebbe emergere attraverso una loro conquista pacifica". [6] Anche prima della fondazione di un Impero tedesco unificato, c'era l'ambizione di assicurarsi la Romania come retroterra tedesco.

Consiglieri francesi

Nel 1859, la Valacchia e la Moldavia si unirono per formare la Piccola Romania (ufficialmente "Principato di Romania"). Appena un anno dopo, l'imperatore francese Napoleone III decise di inviare una missione militare nel neonato principato, L'obiettivo, secondo un diplomatico di Baden, era quello di trasformare il Paese dell'Europa sud-orientale in un "[terribile] [strumento] alle spalle dell'Austria". [Nel 1865, un consorzio franco-britannico fondò la Banca di Romania, che divenne una delle banche più importanti del Paese. [9] Gran Bretagna e Francia si trovavano anche in competizione per l'accesso alle materie prime rumene. [10] Insieme alla Russia, due potenze dell'Europa occidentale si stavano contendendo l'influenza nel Paese dell'Europa sud-orientale.

Monarca tedesco

Nell'aprile del 1866, Carlo di Hohenzollern-Sigmaringen assunse la corona principesca rumena e si fece chiamare Carol I. Dopo il suo arrivo in Romania, dichiarò di essere d'ora in poi romeno; politicamente, tuttavia, rimase fedele alla Germania. [11] Il principe Carol I era considerato il "bastione prussiano in Oriente", al quale la Romania eveniva solitamente annoverata nel XIX secolo. [12] Con la trasformazione del principato in regno nel 1881, Carol I salì al rango di re. Il reggente di origine tedesca del Paese dell'Europa sud-orientale cercò continuamente di stringere relazioni con l'Impero tedesco, fondato nel 1871 sotto la guida della Prussia. [13] Nel 1883 la Romania aderì alla Triplice Alleanza con la Germania e l'Austria-Ungheria. Il governo e il re rumeno, tuttavia, mantennero segreto l'accordo, poiché la maggior parte dei politici e dell'opinione pubblica del Paese era favorevole alla Francia. [14]

Prima guerra mondiale

Dopo l'inizio della Prima Guerra Mondiale, il governo tedesco cercò di portare la Romania dalla parte delle Potenze Centrali. Al governo di Bucarest fu promesso che la Romania sarebbe stata autorizzata ad annettere la Bessarabia; in futuro, un Granducato di Ucraina sarebbe servito da cuscinetto per il Paese nei confronti della Russia. [15] Tuttavia, ciò non fu sufficiente per l'élite politica di Bucarest e nell'agosto del 1916 la Romania entrò nella Prima guerra mondiale al fianco dell'Intesa. Una missione militare francese guidata dal generale Henri Berthelot (1861-1931) raggiunse la Romania e addestrò le truppe rumene. [16] Le offensive dell'esercito rumeno e le controffensive delle Potenze Centrali si conclusero con un disastro per la Romania; già nel dicembre 1916, le Potenze Centrali riuscirono a occupare tutta la Valacchia, compresa Bucarest. [Nel dicembre 1917, con l'armistizio di Focșani, la Romania uscì dalla Prima guerra mondiale. [18] Le ostilità terminarono e iniziarono i negoziati per un trattato di pace. Nel maggio 1918, i rappresentanti di entrambe le parti conclusero il Trattato di Bucarest, che tuttavia fu successivamente annullato.

Periodo interbellico

Dopo l'armistizio della fine del 1918, il Ministero degli Esteri sviluppò una strategia secondo la quale l'Ucraina e la Romania avrebbero dovuto formare un blocco filotedesco sul Mar Nero. Questo era il modo con il quale Berlino intendeva mantenere la propria influenza nella regione. [19] Dopo la perdita delle colonie tedesche a seguito della prima guerra mondiale, l'economia tedesca si concentrò più di prima sul raggiungimento dell'egemonia economica nell'Europa sud-orientale.[20] Nei primi anni del dopoguerra questa strategia non ebbe successo, ma già a metà degli anni Venti la situazione cambiò. Nel 1925, il rappresentante diplomatico tedesco in Romania dichiarò che "le possibilità economiche dell'industria tedesca in Romania" erano "maggiori (...) che in qualsiasi altro Paese dell'Europa orientale"[21].

La rinnovata concorrenza francese

Come i due principati danubiani di Moldavia e Valacchia nel XIX secolo, anche la Francia cercò di espandere la propria influenza in Romania. Negli anni Venti, infatti, diversi governi rumeni si orientarono politicamente verso la Francia e la Gran Bretagna come pilastri dell'ordine di pace di Versailles. [22] Il Paese faceva allora parte della Piccola Intesa anti-revisionista con la Jugoslavia e la Cecoslovacchia. Nel 1925, gruppi francesi parteciparono alla fondazione del gruppo rumeno Industria Aeronautică Română (IAR), punto fermo nello sviluppo dell'industria aeronautica rumena. [23] Soprattutto nelle forze armate rumene, la Francia acquisì un'"influenza onnipresente (...)".[24] 

Influenza offensiva

In una dichiarazione governativa del 1928, il cancelliere tedesco Hermann Müller (SPD) dichiarò che era un "compito essenziale" del governo della Repubblica di Weimar dell'epoca sviluppare le relazioni della Germania con i paesi dell'Europa sudorientale, compresa la Romania. [Nel 1931 iniziò una metamorfosi dell'organizzazione lobbistica Mitteleuropäischer Wirtschaftstag (MWT), che si concluse con la nascita di "una nuova organizzazione con il vecchio nome". [26] Da quel momento in poi, l'MWT gettò le basi per una "politica (fascista) dell'Europa sudorientale di grande successo". [27] Nell'MWT, i principali rappresentanti dell'economia lavoravano insieme al personale del Ministero degli Esteri. Per garantire l'approvvigionamento alimentare tedesco, a partire dal 1933 la IG Farben iniziò a coltivare sempre più soia in Romania. [28] Il Reich tedesco continuò a espandere la propria influenza in Romania.

L'"ariete" tedesco

Il giorno dopo il ritiro dell'esercito rumeno dalla Bessarabia e dalla Bucovina settentrionale, nell'estate del 1940, il governo rumeno dichiarò ad Adolf Hitler che la Romania cercava una "stretta collaborazione con la Germania in tutti i campi". [29] Sempre nell'estate del 1940, la Kontinentale Öl-Aktiengesellschaft tedesca iniziò a rilevare l'industria petrolifera rumena. [30] Sebbene il governo rumeno fosse inizialmente riuscito a mantenere gran parte dell'economia del Paese sotto il controllo rumeno, [31] le società tedesche potevano essere utilizzate come "ariete" per accrescere l'influenza tedesca: Dopo l'annessione dell'Austria e la disgregazione della Cecoslovacchia, le società tedesche rilevarono le aziende e le banche del Paese assumendo quindi il controllo su parti importanti dell'industria pesante rumena. Inoltre, il governo di Berlino esercitò pressioni affinché il governo rumeno vendesse l'industria pesante alle società tedesche. [32]

"Operazione Barbarossa

D'ora in poi, il Reich tedesco poteva contare sulla Romania non solo economicamente, ma anche militarmente: il Paese dell'Europa sud-orientale fornì il secondo contingente di truppe più grande dopo la Germania per l'invasione dell'Unione Sovietica, l'Operazione Barbarossa. [33] Le truppe rumene riconquistarono la Bessarabia e presero anche la Bucovina settentrionale e la regione di Odessa. Quest'ultima divenne una colonia rumena con il nome di Transnistria. In essa, le truppe rumene commisero vari crimini di massa e uccisero oltre 200.000 ebrei rumeni. [34] Insieme ai soldati tedeschi, i soldati rumeni combatterono anche a Stalingrado. [35] Dopo le ritirate del 1943 e della prima metà del 1944, un colpo di Stato pose fine al governo del primo ministro filofascista Ion Antonescu; la Romania passò agli Alleati. Da quel momento in poi, l'influenza tedesca si ridusse al minimo. Solo a partire dalla fine dell'era del socialismo reale la Repubblica Federale è riuscita a riconquistare una maggiore influenza in Romania.


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[1] Barbara Jelavich: Russia and the Formation of the Romanian National State, 1821–1878, Cambridge 1984, S. 28.

[2] Victor Taki: Russian Occupation of Moldavia and Wallachia and the Plans for a “People's War” in the Balkans, in: Candan Badem (Hg.): The Routledge Handbook of the Crimean War, London 2023, S. 85–102 (hier: S. 97).

[3] Paul Hehn: Capitalism and the Revolutionary Factor in the Balkans and Crimean War Diplomacy, in: East European Quarterly, Jg. 18 (1984), Nr. 2, S. 155–184 (hier: S. 158).

[4] Ebenda, S. 155/156.

[5] Klaus Thörner: »Der ganze Südosten ist unser Hinterland« – Deutsche Südosteuropapläne von 1840 bis 1945, Freiburg 2008, S. 46.

[6] Klaus Thörner: „Der ganze Südosten ist unser Hinterland“ – Deutsche Südosteuropapläne von 1840 bis 1945, Diss., Oldenburg 2000, S. 21.

[7] Jonathan A. Grant: Rulers, Guns, and Money – The Global Arms Trade in the Age of Imperialism, Cambridge (MA) 2007, S. 39.

[8] Martin B. Winckler: Bismarcks Rumänienpolitik und die europäischen Großmächte 1878/79, in: Jahrbücher für Geschichte Osteuropas, Jg. 2 (1954), Nr. 1, S. 53–88 (hier: S. 58).

[9] Keith Hitchins: A Concise History of Romania, Cambridge 2014, S. 110.

[10] Ebenda, S. 87.

[11] Sorin Arhire: The Russian-Romanian Diplomatic Negotiations between 1914 and 1916 for Romania’s Entry into the First World War, in: Russian Historical Journal Bylye Gody, Jg. 54 (2019), Nr. 4, S. 1907–1917 (hier: S. 1912Fn1).

[12] Winckler: Bismarcks Rumänienpolitik und die europäischen Großmächte 1878/79, S. 59.

[13] Mayerhofer, Lisa: Zwischen Freund und Feind – Deutsche Besatzung in Rumänien 1916–1918, München 2010, S. 23–28.

[14] Hitchins: A Concise History of Romania, S. 149.

[15] Arhire: The Russian-Romanian Diplomatic Negotiations between 1914 and 1916 for Romania’s Entry into the First World War, S. 1910/1911.

[16] Glenn E. Torrey: Romania in the First World War: The Years of Engagement, 1916–1918, in: The International History Review, Jg. 14 (1992), Nr. 3, S. 462–479 (hier: S. 465).

[17] Glenn E. Torrey: The Entente and the Rumanian Campaign of 1916, in: Rumanian Studies, Jg. 4 (1976–1979), S. 174–191 (hier: S. 174).

[18] Glenn E. Torrey: Romania Leaves the War: The Decision to Sign an Armistice, December 1917, in: East European Quarterly, Jg. 23 (1989), Nr. 3, S. 283–292.

[19] David X. Noack: Germany’s Influence along the Black Sea Rim in the Wake of the First World War: Official German foreign policy views on the Black Sea Region in the “Shadow of Versailles“ November 1918–March 1921, in: Sorin Arhire/Tudor Roşu (Hgg.): The Paris Peace Conference (1919–1920) and Its Aftermath: Settlements, Problems and Perceptions, Newcastle upon Tyne 2020, S. 133–158 (hier: S. 142/143).

[20] Thörner: »Der ganze Südosten ist unser Hinterland«, S. 320/321.

[21] Thörner: „Der ganze Südosten ist unser Hinterland“, Diss., S. 372.

[22] Hitchins: A Concise History of Romania, S. 160.

[23] Alexander Statiev: Antonescu's Eagles against Stalin's Falcons: The Romanian Air Force, 1920–1941, in: The Journal of Military History, Jg. 66 (2002), Nr. 4, S. 1085–1113 (hier: S. 1086).

[24] Ebenda, S. 1089.

[25] Hans-Jürgen Schröder: Deutsche Südosteuropapolitik 1929–1936 – Zur Kontinuität deutscher Außenpolitik in der Weltwirtschaftskrise, in: Geschichte und Gesellschaft – Zeitschrift für historische Sozialwissenschaft, Jg. 2 (1976), S. 5–32 (hier: S. 10).

[26] Martin Seckendorf: Entwicklungshilfeorganisation oder Generalstab des deutschen Kapitals? Bedeutung und Grenzen des Mitteleuropäischen Wirtschaftstages, in: 1999 – Zeitschrift für Sozialgeschichte des 20. und 21. Jahrhunderts, Jg. 8 (1993), Nr. 3, S. 10–33 (hier: S. 13).

[27] Ebenda, S. 25.

[28] Roswitha Berndt: Wirtschaftliche Mitteleuropapläne des deutschen Imperialismus (1926–1931) – Zur Rolle des Mitteleuropäischen Wirtschaftstages und der Mitteleuropa-Institute in den imperialistischen deutschen Expansionsplänen, in: Gilbert Ziebura (Hg.): Grundfragen der deutschen Aussenpolitik seit 1871, Darmstadt 1975, S. 305–334 (hier: S. 333).

[29] Alexander Statiev: When an army becomes ‘merely a burden’: Romanian defense policy and strategy (1918–1941), in: The Journal of Slavic Military Studies, Jg. 13 (2000), Nr. 2, S. 67–85 (hier: S. 75).

[30] Anand Toprani: Germany’s Answer to Standard Oil: The Continental Oil Company and Nazi Grand Strategy, 1940–1942, in: Journal of Strategic Studies, Jg. 37 (2014), Nr. 6–7, S. 949–973 (hier: S. 961).

[31] R. J. Overy: Göring’s ‘Multi-national Empire’, in: Alice Teichova/P. L. Cottrell (Hgg.): International Business and Central Europa, 1918–1939, New York (NY) 1983, S. 269–298 (hier: S. 279).

[32] Richard J. Overy: German multinationals and the Nazi state in occupied Europe, in: Alice Teichova/Maurice Lévy-Leboyer/Helga Nussbaum (Hgg.): Multinational enterprise in historical perspective, Cambridge u.a. 1989, S. 299–325 (hier: S. 311).

[33] Grant T. Harward: “To the End of the Line”: The Romanian Army in Operation Barbarossa, in: The Journal of Slavic Military Studies, Jg. 34 (2021), Nr. 4, S. 599–618 (hier: S. 617).

[34] Wolfgang Benz: Der „vergessene Holocaust“ – Der Sonderfall Rumänien: Okkupation und Verfolgung von Minderheiten im Zweiten Weltkrieg, in: Mariana Hausleitner/Brigitte Mihok/Juliane Wetzel (Hgg.): Rumänien und der Holocaust – Zu den Massenverbrechen in Transnistrien 1941–1944, Berlin 2001, S. 9–13 (hier: S. 10).

[35] Grant T. Harward: Romania’s Holy War – Soldiers, Motivation, and the Holocaust, Ithaca (NY)/London 2021, S. 161–168.