lunedì 18 gennaio 2021

Perché in Germania non si riescono piu' a trovare infermieri per la terapia intensiva

La pandemia ha evidenziato l'enorme mancanza di personale nei reparti di terapia intensiva, un articolo molto interessante della FAZ ci spiega perché in Germania abbondano macchinari e respiratori, ma non si riescono a trovare infermieri per le terapie intensive. Dalla Faz.net

A fare paura sono soprattutto le segnalazioni che indicano i reparti e il personale infermieristico ormai al limite. "La crisi evidenzia quello che già da anni era un problema", dice Lothar Ullrich, presidente della Società tedesca per l'assistenza infermieristica specializzata. "Non abbiamo personale a sufficienza e la professione sta diventando sempre meno attraente. Da anni sottolineamo questo stato desolante, ma finora i politici l'hanno sempre ignorato".

Proprio in questo periodo sta sperimentando un'altra volta quei giorni in cui dopo il turno non solo si sente fisicamente esausta, ma anche mentalmente, afferma Anke Messner. L'infermiera di terapia intensiva ha 33 anni e da 10 anni lavora in una unità di terapia intensiva, attualmente si trova all'ospedale universitario di Dresda. "Restiamo uniti sotto il motto 'Possiamo farcela' (Wir schaffen das)". Ma a forza di digrignare i denti a un certo punto puoi anche arrivare a crollare dal punto di vista psicologico.  Nessuno può immaginare come ci si sente quando non si riesce a dedicare abbastanza tempo ai pazienti gravemente ammalati".

"Medicina intensiva - l'assistenza ai malati è in pericolo", così l'anno scorso il medico di terapia intensiva Christian Karagiannidis dell'ospedale universitario di Colonia-Merheim metteva in guardia sul "Giornale medico tedesco". Nel 2018 con un sondaggio online aveva chiesto a 442 colleghi quante volte si erano trovati nella condizione di dover chiudere i letti a causa della mancanza di personale. In due unità di terapia intensiva su dieci accadeva ogni giorno, in molte di esse più volte al mese. Durante il giorno un'infermiera si occupava di circa due pazienti e mezzo, di notte tre. La cura 1 a 1 non si era quasi mai verificata.

"Né socialmente, né finanziariamente adeguatamente ricompensati".

Uno che ha fatto molte ricerche sulle cause della carenza di infermieri in terapia intensiva è Michael Isfort, professore di scienze infermieristiche e di ricerca sui servizi sanitari presso la Katholischen Hochschule in Nordrhein-Westfalia. Nel 2017 ha intervistato 2056 infermieri che in media avevano lavorato in terapia intensiva per 13 anni. Otto intervistati su dieci in linea di principio si dichiaravano soddisfatti della loro scelta professionale e dei contenuti del loro lavoro. Più di due su tre, tuttavia, erano insoddisfatti perché non erano stati in grado di curare i loro pazienti come avrebbero voluto. Anche le condizioni di lavoro vengono considerate un problema.

Le chiamate improvvise per chiedere se le infermiere possono fare un turno di lavoro sono la regola: una su tre nelle quattro settimane precedenti il sondaggio aveva fatto un turno di notte con poco preavviso, e una su quattro aveva preso un turno in quello che avrebbe dovuto essere un fine settimana libero. Solo un infermiere su tre era stato in grado di fare una pausa. Anche la cura del paziente ne aveva sofferto: solo uno su dieci ha affermato che in servizio c'era personale sufficiente per garantire la sicurezza del paziente e molto spesso, per esempio, non c'era stato nemmeno il tempo di disinfettare le mani come richiesto. Non c'è da stupirsi che uno su quattro spesso abbia preso in considerazione la possibilità di cambiare lavoro.

Altri sondaggi offrono sempre la stessa immagine: non sono i posti di lavoro in sé, ma le condizioni di lavoro ad essere poco attraenti. "Mi piace molto fare l'infermiera di terapia intensiva", dice Messner. "Ma quello che facciamo sia fisicamente che psicologicamente non è adeguatamente ricompensato, né socialmente né finanziariamente". Nella Germania ovest, un infermiere specializzato in classe fiscale I guadagna tra i 3200 e i 4000 euro lordi al mese, più circa 300-400 euro per il turno di notte o per le indennità di turno a rotazione. Per lei l'onorario riconosciuto rappresenta un elemento molto importante, dice Messner, ma quello che le manca ancora di più è il riconoscimento per il tipo di responsabilità che si assumono gli infermieri di terapia intensiva.

"E' come per i medici. Che vengono ancora considerati dei Dei con il camice bianco, purtroppo, mentre noi siamo solo degli aiutanti". Una delle cose più difficili, dice, è stabilire le priorità. "Per esempio, se sto spostando il paziente A e in quel momento il monitor del paziente B mi dice che il suo livello di ossigeno nel sangue sta calando pericolosamente, devo lasciare immediatamente il paziente A da solo e correre dal paziente B - e devo prendere questa decisione in una frazione di secondo". Il contatto quotidiano intenso con il paziente è prezioso, ma può anche essere psicologicamente molto faticoso se non si riesce a prenderne le distanze e se si continua a soffrire costantemente.

Gli esperti di scienze infermieristiche da anni propongono delle soluzioni 

Ci sono sicuramente dei fattori che rendono la professione poco attraente: ad esempio, la burocrazia crescente, l'enorme mole di documentazione oppure la tendenza all'iperterapia. "Se vediamo che i polmoni non funzionano e il cuore e i reni stanno perdendo le loro funzionalità, dobbiamo considerare se sia ancora nell'interesse del paziente andare avanti con il trattamento", dice Messner. "Tuttavia sperimento quasi quotidianamente il fatto che i parenti e anche i medici vogliano mantenere vivo il paziente con ogni mezzo. Vedere accadere una cosa del genere e poi essere lì presenti anche per i parenti, ha un impatto notevole sulla psicologia".

Il coronavirus sembra aver aumentato ulteriormente la tensione, come suggerito anche da un recente sondaggio online di Michael Isfort su 578 infermieri di terapia intensiva. Otto intervistati su dieci, infatti, temono o hanno temuto durante la crisi di non essere in grado di fornire assistenza infermieristica ai loro pazienti. Più di sette su dieci hanno detto che il gruppo di assistenza avrebbe avuto bisogno di un supporto psicologico. Dopo la crisi, sette su dieci si augurano uno stipendio più alto e nove su dieci chiedono un maggiore riconoscimento sociale. Quasi nessuno vorrebbe lavorare nelle stesse condizioni in cui lo ha fatto fino ad ora.


Un articolo interessante sulla ricerca di infermieri da parte del governo tedesco nell'Europa del sud-est: 

C'è chi dice no!

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