Mentre Merkel e Macron a Parigi cercano un accordo per riformare la zona euro, a Berlino alcuni economisti tedeschi di spicco si riuniscono per discutere la stesura di un piano di emergenza da usare per gestire l'uscita di uno o piu' paesi dalla zona euro. Segno tangibile che le richieste di Macron, ma anche il risultato delle elezioni italiane, in Germania non fanno dormire sonni tranquilli. Ne parla Die Welt
Hans-Werner Sinn è tornato e parlare, e lo fa con una certa rabbia. Agita con forza le mani, si potrebbe pensare che stia quasi per decollare. Sta parlando di una cifra - 914 miliardi di euro. Il cosiddetto saldo del sistema Target-2 ha raggiunto questa incredibile cifra. Si tratta dei crediti che all'interno dell'eurosistema nel corso degli anni la Bundesbank ha accumulato nei confronti delle altre banche centrali del sud. 914 miliardi equivalgono a circa un terzo del PIL tedesco. "Sono davvero tanti soldi", dice Sinn. "Io non so se l'euro sia sostenibile, ma il sistema che sta dietro l'euro sicuramente non lo è", dice l'ex presidente dell'Ifo davanti al pubblico.
La performance emotiva di Sinn mostra che l'Eurozona è lontana dall'aver superato le difficoltà, come la politica e i media spesso vorrebbero far credere. A Berlino alcuni economisti molto noti martedì si sono riuniti per discuterne. Il loro obiettivo era quello di sviluppare un piano di emergenza a cui ricorrere in caso di disintegrazione della moneta unica. Con il titolo „Is the Euro sustainable – and what if not“ alcuni importanti economisti tedeschi e internazionali si sono trovati per discutere i costi e le conseguenze di un possibile collasso dell'euro, le riforme che potrebbero facilitare l'uscita di un paese e le esperienze storiche relative alla caduta delle precedenti unioni monetarie.
L'invito a Berlino è arrivato dal'università privata ESMT e dal Max-Planck-Institut per il diritto fiscale e la scienza delle finanze. E' possibile che la situazione nell'unione monetaria si sia stabilizzata grazie alla ripresa economica congiunta, ma i saldi Target in continua crescita evidenziano le fratture economiche all'interno della zona euro. E le elezioni italiane hanno mostrato che il pericolo di una dissoluzione dell'euro è tutt'altro che scomparso. In Italia il capo della Lega Italiana, il partito populista di destra - uno dei vincitori delle elezioni - ha dichiarato che solo la morte è irreversibile, una moneta certamente non lo è. Mentre la politica si preoccupa di stabilizzare l'eurozona, gli economisti vorrebbero invece essere preparati nel caso in cui la moneta unica dovesse fallire.
"La probabilità che l'euro finisca non è pari a zero. Come economisti dobbiamo prenderla in considerazione", ha detto Kai Konrad, esperto di finanza presso il Planck-Institut. Ad assecondarlo c'era il presidente del Consiglio dei Saggi Economici (Sachverständigenrat), Christoph Schmidt: "bisogna essere preparati anche ad eventi alquanto improbabili".
E' necessario discutere una clausola di uscita
Secondo gli economisti presenti ci sarebbero tre scenari di uscita ipotizzabili: l'uscita di un paese senza il consenso degli altri, l'uscita con il consenso degli altri, oppure l'esclusione di un paese contro la volontà del paese uscente. Per tutti questi scenari non esiste un quadro giuridico chiaro, afferma Clemens Fuest, presidente dell'Ifo.
Sebbene l'eurozona con l'articolo 50 del trattato UE abbia previsto una clausola di uscita, l'abbandono della moneta unica nei trattati resta legato indissolubilmente anche all'uscita dall'UE. Non è desiderabile, dice Fuest: "al momento l'uscita di un paese non è all'ordine del giorno, proprio per questa ragione sarebbe il momento buono per discutere una clausola di uscita dall'euro", dice Fuest. Potrebbe essere incluso nei trattati nell'ambito dell'attuale processo di riforma. Fuest tuttavia non raccomanderebbe a nessun paese di uscire. Secondo Fuest una tale clausola potrebbe avere un'influenza disciplinante. "L'adesione all'euro è accompagnata dal fatto che il paese deve accettare le regole della zona euro", dice Fuest, riferendosi soprattutto all'Italia. Li' il capo della Lega Salvini ha chiesto che l'Italia ignori gli accordi di politica fiscale che l'Italia stessa ha sottoscritto. "Questo è incompatibile con l'appartenenza all'area dell'euro", dice Fuest.
Alcuni economisti vorrebbero far uscire dall'euro chi infrange in maniera seriale le regole comuni. I trattati al momento non contemplano la possibilità che alcuni paesi si difendano dall'obbligo di dover trasferire risorse agli altri paesi tramite una opzione di uscita, ma per il futuro non sarebbe da escludere.
E' necessario che ci siano regole per l'uscita
"I vantaggi derivanti dall'avere regole di uscita chiare consisterebbero nel ridurre i costi macroeconomici legati all'uscita, compresa l'incertezza, rendendo i conflitti fra gli stati meno probabili", afferma Fuest. Potrebbe esserci maggiore incertezza sul futuro dell'eurozona. "Tutto questo spinge verso la creazione di ostacoli procedurali elevati che rendano difficile l'uscita, ma non per un'assenza di una procedura di uscita", dice Fuest.
Le clausole di uscita potrebbero servire come protezione contro la redistribuzione delle risorse a spese dei singoli stati. Paesi piu' ricchi come la Germania o l'Olanda, grazie ad una clausola di uscita, potrebbero difendersi dalla trasformazione dell'eurozona in una unione di trasferimento. Una clausola di uscita potrebbe aiutare anche i paesi piu' deboli, come l'Italia, che con una loro moneta nazionale, potrebbero tornare nuovamente competitivi.
Quanto siano grandi le differenze lo ha illustrato chiaramente Sinn. Affinché i paesi piu' deboli possano raggiungere la Germania in termini di prezzi, la Germania dovrebbe avere un'inflazione del 4.5% piu' alta rispetto a quella degli altri paesi della zona euro per i prossimi 10 anni.
I migliori economisti su un terreno politico minato
L'uscita di un paese sarebbe costosa anche per la Germania. Se un paese dovesse uscire, la Bundesbank finirebbe per perdere i suoi crediti Target nei confronti del paese uscente. La sola Italia attualmente ha un debito verso l'eurosistema pari a 444 miliardi di euro.
Se ad uscire fosse invece la Germania, ad essere coinvolto sarebbe l'intero importo dei 900 miliardi di crediti Target. In questo caso sarebbe infondata la preoccupazione di una eccessiva sopravvalutazione del nuovo D-Mark: "la Bundesbank, secondo il modello della Banca Nazionale Svizzera, potrebbe intervenire con acquisti massicci per mantenerne basso il valore", ha affermato Fuest.
Ma gli storici dell'economia mettono in guardia dall'accettare con troppa semplicità uno scenario di rottura dell'euro. La storia mostra che il crollo di un'unione monetaria porta con sé delle turbolenze. "Di solito, il crollo di un'unione monetaria causa anche il crollo della corrispondente unione doganale", ha detto Albert Ritschl, storico economico della London School of Economics.
E questa è stata la quintessenza della euro-conferenza. Anche se un piano generale ancora non c'è: dopo tutto era il primo incontro fra economisti di alto livello a muoversi su di un terreno politicamente minato.