Secondo gli ultimi dati ministeriali, l'integrazione nel mercato del lavoro tedesco dei rifugiati arrivati a partire dal 2015 sarebbe un successo inatteso. Ad un'analisi piu' attenta dei numeri, tuttavia, si può dire che appena il 20% dei rifugiati in età lavorativa arrivati a partire dall'autunno 2015 risulta occupato. Ne scrive Roland Springer su Tichys Einblick
Nella disputa tra i rappresentanti del fronte degli ottimisti e dei pessimisti in merito all'integrabilità dei richiedenti asilo provenienti dalle regioni di guerra e dalle ragioni povere del Medio Oriente e dell'Africa, ancora una volta i media mainstream hanno preferito dare spazio agli ottimisti, in particolare alla Commissaria del governo federale per l'integrazione, Annette Wiedmann-Mauz. Ad esempio, la Stuttgarter Zeitung (StZ) del 10 settembre riporta che questa collaboratrice della Cancelliera, sulla base degli ultimi dati della Bundesanstalt für Arbeit (BA) relativi all’occupazione fra i richiedenti asilo, ritiene che negli ultimi quattro anni la loro integrazione nel mercato del lavoro “sia andata decisamente meglio di quanto avevano previsto gli esperti”. Ad incoraggiarla, tra le altre cose, c’è l’esperto di mercato del lavoro dell’Institut für Arbeitsmarkt- und Berufsforschung (IAB) Herbert Brücker. Il Tagesschau del 9 settembre, infatti, fa riferimento ad una sua citazione quando scrive: "in autunno, è probabile che circa il 40% dei rifugiati in età lavorativa abbia un impiego".
Questa affermazione fa riferimento alle 399.000 persone provenienti dagli otto principali paesi di origine dei rifugiati, che a giugno 2019 alla BA erano registrate come occupate e coperte da assicurazione sociale (324.000 sozialversicherungspflichtig) oppure con un impiego marginale (75.000 geringfügig beschäftigt o minijobber). Secondo la BA, ciò corrisponderebbe a un tasso di occupazione di circa il 40% per i dipendenti soggetti ad assicurazione sociale, percentuale che viene ottenuta calcolando il rapporto tra gli occupati e tutte le persone tra i 15 ei 65 anni provenienti da questi otto paesi. Per tutti gli stranieri (senza cittadinanza tedesca), attualmente il tasso corrispondente è di circa il 52%, per i cittadini tedeschi del 69 %.
Tra le circa 400.000 persone provenienti dagli otto paesi che alla BA sono state registrate come assicurate o come minijobber, non vengono calcolati solo i "rifugiati" arrivati a partire dal 2015, ma anche quelli che erano arrivati in Germania già (molto) tempo prima del 2015 o come richiedenti asilo o come migranti regolari, oppure studenti. Fra queste persone ci sono inoltre anche coloro che sono arrivati in Germania da questi 8 paesi a partire dal 2015, ma grazie ad un altro titolo di soggiorno. Fra i circa 400.000 occupati citati da Widmann-Mauz e altri come una prova del successo non ci sono solo i richiedenti asilo arrivati in Germania dal 2015.
Le statistiche della BA infatti non mostrano le proporzioni dei vari gruppi di immigrati sul numero totale dei dipendenti degli otto paesi, a cui tuttavia gli esperti per le informazioni statistiche della BA a richiesta specifica rispondono. Nel giugno 2015, all'Agenzia federale del lavoro risultava un totale di 77.000 persone già registrate e soggette a contributi sociali (sozialversicherungspflichtig), e provenienti da questi paesi. A voler essere corretti, se l’obiettivo è quello di capire quale sia stato il successo dell’integrazione nel mercato del lavoro a partire dall'apertura delle frontiere del 2015, questi 77.000 dovrebbero essere detratti dalle 324.000 persone con assicurazione sociale dell'agosto 2019. Invece di 324.000, sarebbero quindi solo 250.000 le persone che dal 2015 sono arrivate dagli otto principali paesi di origine e che hanno un’occupazione coperta da contributi sociali, dei quali un'ampia maggioranza sicuramente arrivata come richiedente asilo e solo una piccola minoranza come migrante economico.
Il tasso di occupazione del 40%, che secondo Brücker nel frattempo sarebbe stato raggiunto, è corretto se rapportato a tutte le persone occupabili provenienti dagli otto principali paesi di origine degli attuali richiedenti asilo, che vivono in Germania da anni o addirittura da decenni, ma non è corretto se riferito ai "rifugiati" arrivati in Germania da questi paesi a partire dal 2015. Quale sia questo dato, in realtà non è mostrato dalle statistiche della BA, ma può essere calcolato in maniera approssimativa usando altre statistiche. A fine 2018 secondo l'Ufficio federale di statistica in Germania c’erano circa 1,8 milioni di richiedenti asilo. È probabile che siano entrati quasi tutti a partire dal 2015. I dati sulle fasce di età mostrano che circa il 70% dei richiedenti asilo è in età lavorativa. Abbiamo quindi a che fare con circa 1,3 milioni di richiedenti asilo occupabili, arrivati in Germania a partire dal 2015. Il loro tasso di occupazione attuale, sulla base dei 250.000 occupati soggetti ad assicurazione sociale, dovrebbe essere quindi non del 40, ma piuttosto del 20 %. Se fosse effettivamente al 40 %, considerando i circa 1,8 milioni richiedenti asilo indicati dall'Ufficio federale di statistica, allora la persone in età lavoratoriva dovrebbero essere solo 625.000.
In altre parole: su base realistica, solo il 20 % dei richiedenti asilo arrivati dal 2015 è occupato con un’assicurazione sociale. Sempre meglio di nulla, ma tutt'altro che una conferma del successo delle politiche e delle idee della lobby dell'asilo presente nella politica, negli affari, nelle organizzazioni dei datori di lavoro, nei sindacati, nelle chiese, nell’associazionismo, nelle NGO, nei media, e grazie ai quali il costante abuso dell'articolo 16 della Legge fondamentale è servito a favorire l’immigrazione economica. A ciò si aggiunge il fatto che il tasso di occupazione viene calcolato come il rapporto fra occupati e forza lavoro. Non aumenta solo quando aumenta il numero degli occupati, ma anche quando diminuisce il numero dei lavoratori. Un aumento del tasso di occupazione fra i richiedenti asilo non deriva solo ed esclusivamente dalla crescente integrazione nel mercato del lavoro, ma può anche essere il risultato di un declino dell'immigrazione dei richiedenti asilo occupabili.
Entrambi i fenomeni in Germania sono riscontrabili a partire dal 2015. Il numero degli immigrati provenienti dagli otto principali paesi di origine e registrati come lavoratori con assicurazione sociale è aumentato passando dai 77.000 di giugno 2015 ai 324.000 di giugno 2019, la maggior parte dei quali sono richiedenti asilo. Nello stesso periodo, il numero di richieste di asilo presentate all'Ufficio federale per la migrazione e i rifugiati (BAMF) è sceso passando dalle 745.000 del 2016 alle 185.000 del 2018. Se l'arrivo dei richiedenti asilo si fosse fermato o se il numero si fosse ridotto a causa del rientro nei loro paesi d'origine, il tasso di occupazione dei richiedenti asilo rimasti nel paese sarebbe comunque cresciuto, anche nel caso di una lenta integrazione nel mercato del lavoro. In teoria potrebbe anche avvicinarsi a quello registrato fra tutti gli stranieri (52 %), che ovviamente, è piu' basso rispetto a quello registrato fra i cittadini tedeschi (69 %).
Certo, siamo ancora lontani da una situazione del genere. Sebbene il declino delle domande di asilo registrato a partire dal 2016 sia considerevole, il numero di richieste continua ad essere significativamente superiore rispetto a quello registrato negli anni fra il 2000 e il 2012. Allo stesso tempo, il rimpatrio dei richiedenti asilo (la cui domanda è stata respinta) è più lento che mai. L'arrivo di circa 200.000 richiedenti asilo all'anno, previsto dal contratto di coalizione, rende difficile o addirittura impedisce un aumento significativo del tasso di occupazione, e allo stesso tempo garantisce un costante aumento dei destinatari di Hartz IV. Il numero dei percettori di un sussidio fra i richiedenti asilo è più che raddoppiato, passando dai circa 290.000 del giugno 2016 ai circa 600.000 di agosto 2019. Tra i richiedenti asilo arrivati dal 2015 ci sono attualmente più di mezzo milione di destinatari di Hartz IV, a fronte di circa 250.000 occupati con un'assicurazione sociale.
Chi vuole considerare questo dato come una prova convincente di una integrazione riuscita nel mercato del lavoro, probabilmente pensa più alla giustificazione di una decisione sbagliata presa nel 2015 dalla Cancelleria che non ai richiedenti asilo attirati nel paese con false promesse o la soluzione di problemi del mercato del lavoro.
In materia di asilo e integrazione la poesia e la realtà spesso vengono fra loro confuse, non solo dai sostenitori dichiarati di una società etnicamente e culturalmente omogenea, ma anche dagli aperti sostenitori di una società etnicamente e culturalmente sempre più eterogenea.