giovedì 21 novembre 2013

Posen: le politiche imposte dalla Germania hanno causato sofferenze inutili nel sud-Europa

Il grande economista Adam Posen intervistato da Handelsblatt lo dice senza giri di parole: i paesi del nord-Europa hanno causato sofferenze inutili ai paesi del sud. Da Handelsblatt.de
HB: Herr Posen, lei è un critico molto severo della politica economica tedesca. Perché?

Posen: Si', in primo luogo lo stato e le imprese tedesche investono poco. Secondo, pagano i loro lavoratori troppo poco. Entrambi i fattori causano squilibri globali e mettono gli altri paesi in difficoltà - soprattutto in Europa. Negli ultimi 15 anni gli aumenti salariali in Germania non hanno quasi mai recuperato gli aumenti di produttività.

HB: Ma se paragonati ai colleghi americani, i lavoratori tedeschi non se la passano male...

Posen: Questo non è il punto. In rapporto alla produttività i salari in Germania sono troppo bassi. I lavoratori vengono truffati. La Germania non fa concorrenza sulla qualità, ma sui prezzi, altrimenti i salari non sarebbero cosi' bassi.

HB: Gli avanzi commerciali tedeschi non sono il risultato di un piano statale. I salari sono determinati dalla contrattazione collettiva tra datori di lavoro e sindacati. Lo stato non puo' fare molto.

Posen: Invece è proprio una pianificazione statale. Lo stato in Germania ha una forte influenza sulle parti sociali. Puo' aumentare i salari nel settore pubblico oppure rafforzare la competitività nel settore privato. Al momento gli investimenti sono troppo bassi e c'è troppo denaro che resta fermo nelle aziende.

HB: Perché i sindacati tedeschi avrebbero accettato dei salari troppo bassi?

Posen: I sindacati avevano paura di perdere iscritti. Molte aziende hanno spostato una parte della loro produzione verso l'Europa orientale, per questa ragione i sindacati si sono trovati sotto pressione ed hanno dovuto fare delle concessioni. Per poter mantenere il loro numero di iscritti, hanno sacrificato tutto il resto

HB: Salari piu' alti indebolirebbero la competitività tedesca. Non è certo nell'interesse della Germania...

Posen: Fondamentalmente possiamo dire che l'economia tedesca avrebbe dei grandi benefici se il lavoratore medio avesse piu' denaro in tasca da spendere. Sarebbe un aiuto anche per gli investimenti delle imprese.

HB: La popolazione tedesca è sempre piu' anziana. Molti economisti tedeschi sostengono che gli avanzi commerciali attuali sono necessari per compensare i deficit futuri dovuti all'invecchiamento della popolazione. Non c'è qualcosa di vero?

Posen: E' un errore, se si tengono i salari dei lavoratori troppo bassi e si investe troppo poco, il reddito futuro è destinato a calare

HB: Il nuovo governo tedesco potrebbe introdurre un salario minimo di 8.5 € l'ora. Molti economisti tedeschi mettono in guardia dalla perdita di posti di lavoro - soprattutto nella Germania dell'est. Che cosa ne pensa?

Posen: Da un aumento salariale cosi' piccolo non vedo alcun rischio per la competitività della Germania dell'est. Esiste già un mercato del lavoro unico per l'intera Germania. Se al governo sta a cuore la Germania dell'est, potrà garantire maggiori trasferimenti finanziari a queste regioni

HB: Secondo le stime di alcuni economisti, circa un terzo degli occupati nella Germania dell'est guadagna meno di 8.5 € lordi l'ora. Lei non crede che molti posti di lavoro sarebbero a rischio se i salari fossero aumentati in un colpo solo come accadde dopo la riunificazione?

Posen: Le stime degli economisti variano molto. Guardi cosa dice il DIW (Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung). Sono molto piu' moderati, ed io credo ai loro dati.

HB: Ma anche gli economisti del DIW avvertono che un salario minimo troppo alto potrebbe costare posti di lavoro.

Posen: In alcuni casi il salario minimo costerà dei posti di lavoro - in altri casi invece, grazie ad una domanda aggiuntiva, si creeranno nuovi posti di lavoro. Una cosa del genere è normale in una economia di mercato. Introdurre un salario minimo ha delle conseguenze, come del resto evitare di introdurlo. Tutte le democrazie sviluppate del mondo hanno un salario minimo. E' impensabile che un salario minimo possa causare danni solo in Germania.

HB: Secondo lei cosa deve ancora cambiare nella politica economica tedesca - oltre ai salari piu' alti?

Posen: In primo luogo sono necessari piu' investimenti. La Germania poi, attraverso l'UE, dovrebbe mettere a disposizione piu' denaro per i progetti pubblici europei. In secondo luogo dovrebbe tassare di piu' le aziende che dispongono di grandi riserve di liquidità. Terzo, i tedeschi dovrebbero finalmente capire che la BCE ha un mandato per la difesa della stabilità dei prezzi.

HB: Nessuno lo mette in dubbio...

Posen: No, stabilità dei prezzi significa che la BCE deve garantire un'inflazione vicina al 2%. I tedeschi dovrebbero finalmente smetterla di tentare di impedire alla BCE di aumentare l'inflazione in Europa. Io pero' temo: non riusciranno mai a capirlo.

HB: I tedeschi sono molto critici verso una politica monetaria molto espansiva. Temono che sui paesi in crisi si possa ridurre la pressione per fare le riforme. Lei non vede questo pericolo?

Posen: Se il governo tedesco vuole imporre una politica di riforme, lo deve fare fare a livello dei ministri delle finanze europei oppur nel Consiglio europeo. Non puo' certo nascondersi dietro la BCE. Si tratta di una decisione politica, che devono prendere rappresentanti eletti democraticamente - e non i rappresentanti non eletti della BCE. Se la Germania mina le fondamenta della BCE per imporre la sua politica economica, tradisce l'Europa.

HB: Nella crisi Euro ci sono dei progressi. Paesi periferici come la Spagna, il Portogallo o la Grecia hanno portato le loro partite correnti in pareggio. Questo non dimostra forse che il corso intrapreso ha avuto successo?

Posen: No, la Germania e gli altri paesi del nord con le politiche imposte agli altri paesi, Portogallo, Spagna o Irlanda, hanno solo causato sofferenze inutili.

HB: Perché?

Posen: In tutti i paesi periferici c'era un eccesso di debito nel settore privato. Si doveva offrire la possibilità di tagliare una parte di questi debiti. Invece si è preferito imporre ai paesi colpiti degli aggiustamenti troppo rapidi ed una politica di austerità eccessiva. Nella valutazione di una strategia non si tratta solo di raggiungere un obiettivo. Ma è anche importante capire se il percorso scelto è il migliore fra quelli disponibili.

HB: Sui temi importanti di politica economica, lei ed alcuni dei suoi colleghi americani avete posizioni molto diverse da quelle della maggioranza degli economisti tedeschi. Lei pensa che le posizioni possano presto convergere?

Posen: Lo stato delle cose è il seguente: nessuno in Germania crede al main-stream economico. Gli argomenti di cui abbiamo discusso, ad esempio l'invecchiamento della popolazione, sono utilizzati come un pretesto per spostare piu' avanti i veri problemi. Per questo ho poca speranza che qualcosa possa cambiare nella politica tedesca. Non dovrebbe pero' impedire almeno di tentarci.

A Bruxelles va bene solo cio' che danneggia la Germania

La stampa popolare racconta ai tedeschi un'altra versione della crisi: a Bruxelles i "germanoscettici" stanno tramando per danneggiare gli interessi tedeschi. Ai confini del trash. Da Focus.de
Il meglio dell'integrazione europea è alle nostre spalle. Nel presente assistiamo alla rinascita dell'odio dal fantasma della cooperazione fra i popoli. A Bruxelles funziona solo cio' che danneggia la Germania. 

L'idea sembrava buona, ma il mondo non era pronto: chi voleva essere un buon europeo, doveva essere un amico di lunga data dell'Unione Europea. Questa avrebbe dovuto ridare fiducia ad un continente devastato da due guerre mondiali, un futuro di pace e la sensazione di far parte della stessa comunità. Ancora oggi, nessun discorso della domenica puo' fare a meno di queste formule incantatorie. Ma il meglio dell'UE ormai è dietro di noi. Oggi assistiamo alla rinascita dell'odio dal fantasma della cooperazione fra i popoli.

I mediocri si alleano contro i migliori

Naturalmente fra gli stati europei c'è un'ampia solidarietà. I mediocri se la prendono con i piu' bravi, la periferia contro il centro, le norme contro la concorrenza, e poi tutti insieme attaccano i tedeschi. Perché i tedeschi si distinguono economicamente, sono al centro del continente, e si fanno vessare dalle regole appositamente create con l'obiettivo di creare disturbo e fargli pagare il conto finale: questa purtroppo è l'impressione che si ha osservando l'agenda politica.

In Gran Bretagna la ricorrenza della prima guerra mondiale viene utilizzata con tutti i mezzi possibili per ancorare nella memoria il ricordo dei cattivi tedeschi e dei prussiani armati. In una Francia ormai economicamente a terra, piu' passano gli anni piu' ci si inebria con la grandeur passata. L'esplosione di odio contro i tedeschi ad Atene risale a pochi mesi fa. E a Bruxelles invece, apertamente e giorno dopo giorno cresce il gruppo dei germanoscettici.

Per l'Europa è un bene solo cio' che danneggia la Germania?

La recente proposta della Commissione europea di punire la Germania con una multa per i suoi avanzi commerciali, per il suo successo economico, puo' anche essere stata comunicata in maniera maldestra. Ma offre una scuola di pensiero per i comodi burocrati di Bruxelles: per l'Europa va bene solo cio' che danneggia la Germania. Il suggeritore di questa visione del mondo è il premio Nobel per l'economia americano Paul Krugman, che dal New York Times ha lanciato il suo goffo anatema: la Germania "sta spingendo i suoi vicini sul lastrico". Gli avanzi commerciali sono la causa principale delle sofferenze dei paesi in crisi come la Spagna.

Che cosa fare? La Grosse Koalition in arrivo vuole tentare la strada di una negoziazione di basso profilo e lontano dai riflettori. Sorprendentemente nella vicenda NSA si è parlato costantemente di "interessi nazionali" da difendere, incompatibili con lo spionaggio degli Stati Uniti. E' sicuramente vero. Ma sulla vicenda di Bruxelles non c'è alcun politico tedesco che osi parlare ad alta voce di interesse nazionale, tanto meno di rappresentarlo. Inconsapevolmente la generazione politica attuale ha interiorizzato lo strumento con il quale puo' andare avanti l'integrazione europea: le briglie necessarie per tenere a freno il Gulliver tedesco. E cosi' Merkel, Gabriel e Steinmeier non hanno nulla da dire quando Bruxelles rimprovera, minaccia e pretende - e la Germania si adatta.

Solo una saggia politica di difesa dei propri interessi, e un sano egoismo nazionale potrebbero ovviare a questo problema. Alla lunga sarà rispettato solo colui che sarà capace di stare in piedi, e non di cadere mentre va avanti. Visto cosi', il sempre piu' forte sentimento anti-tedesco in alcuni paesi europei è il risultato di politiche sbagliate. Gli anni della troppa spavalderia, del tentativo di imporsi, del voler essere il primo della classe, ora sono diventati l'esatto opposto: una mancanza di assertività e capacità di negoziazione. Le generazioni future ne pagheranno il prezzo.

martedì 19 novembre 2013

Il tentativo di Merkel di imporre l'Agenda 2010 a tutta l'Eurozona è destinato a fallire

Eric Bonse, columnist della Tageszeitung ed esperto di affari europei, ci annuncia che il primo fallimento della Grosse Koalition sarà in Europa: non riusciranno ad estendere l'Agenda 2010 all'Eurozona per mancanza di risorse, ma soprattutto per mancanza di soliderietà. Da TAZ.de


Angela Merkel sta fallendo nel suo tentativo di imporre agli altri paesi UE le riforme strutturali ispirate al modello tedesco. Senza un incentivo finanziario nessun paese imboccherà questa strada  - e i soldi semplicemente non ci sono.


La trasformazione dell'Eurozona in una "vera unione monetaria" si sta arenando. Dopo che la Grosse Koalition ha preso definitivamente le distanze dagli Euro-bond, anche un'altra iniziativa alquanto controversa portata avanti da Angela Merkel rischia di fermarsi ancora prima di partire: per i cosiddetti trattati di riforma, con i quali tutti i paesi della zona Euro dovrebbero impegnarsi in maniera formale ad introdurre riforme strutturali sul modello dell'Agenda 2010, semplicemente non ci sono i soldi.

Merkel circa un anno fa aveva tirato fuori dal cilindro i nuovi trattati per spingere sulla strada delle riforme paesi riluttanti come Italia e Francia. Dopo una lunga esitazione il presidente francese Hollande aveva accettato, chiedendo pero' in cambio la messa a disposizione di risorse finanziare per sostenere le riforme. Recentemente il presidente socialista ha chiesto un'assicurazione comune contro la disoccupazione per tutti i 17 paesi Euro. Il Parlamento europeo e la Commissione hanno messo al lavoro i gruppi di esperti per la preparazione del progetto.

Ma ora è arrivato lo stop al progetto - almeno per il momento: di una cassa comune contro la disoccupazione a Bruxelles non si parla piu', come riportano gli esperti della Commissione. Anche il "meccanismo di solidarietà" annunciato al vertice UE di ottobre, con il quale si dovrebbero sostenere finanziariamente le riforme, non fa passi avanti. Fino ad ora non si è nemmeno accennato ad una somma per finanziare il progetto.

Anche per il prossimo vertice di dicembre non possiamo aspettarci nessuna decisione, come riportano le fonti TAZ negli ambienti UE. Da un lato Merkel vorrebbe che la Francia e gli altri paesi dell'Eurozona dessero avvio alle riforme. Nel vertice di dicembre si cercherà di trovare un accordo sui punti fondamentali di questi accordi, si dice a Bruxelles. Da un altro lato molto semplicemente non c'è abbastanza denaro. Il budget UE 2014-2020, che il Parlamento europeo finalmente approverà questa settimana dopo una lunga battaglia, non lascia spazi di manovra. Finora nessun paese europeo si è dimostrato disponibile a mettere sul piatto denaro extra per finanziare un meccanismo europeo di solidarietà.

Nel frattempo gli esperti di Bruxelles cercano una soluzione creativa. In discussione c'è un mix di sovvenzioni e di crediti con il quale riempire il "meccanismo di solidarietà". Ma la solidarietà si ferma immediatamente davanti  alla fatidica domanda: chi dovrebbe finanziare i prestiti agli stati intenzionati ad avviare le riforme? Senza un budget europeo la disponibilità di Italia e Francia ad impegnarsi formalmente su di un programma di riforme potrebbe essere vicina a zero.

Cosi la Grosse Koalition conoscerà il suo primo fallimento proprio sulla politica europea. Nel capitolo dedicato all'Europa dell'accordo di coalizione attualmente in discussione, CDU/CSU e SPD si pronunciano unanimemente a favore del progetto di riforma proposto da Merkel. Al contrario, le voci che arrivano dalla società civile parlano di "un'estensione dell'Agenda 2010 a tutta l'Europa". Dopo i paesi in crisi del sud, ora saranno tutti i paesi della zona Euro a dover ridurre le garanzie sociali e ad impegnarsi in una concorrenza senza limiti.

Senza il Parlamento

Anche i Verdi prendono le distanze. Merkel con il suo tentativo di imporre una riforma a livello europeo avrebbe avviato un "corso pericoloso", scrivono in un documento comune il deputato dei Verdi al Bundestag Manuel Sarrazin e il parlamentare europeo Reinhard Bütikofer. In questo modo "la Commissione UE è stata messa in secondo piano e il Parlamento europeo completamente scavalcato". Senza considerare che un paese come la Polonia fuori dall'area Euro resterebbe completamente escluso.

La Grosse Koalition rischia il suo primo fallimento sulla politica europea.

lunedì 18 novembre 2013

La fine dell'amiciza franco-tedesca

Il tramonto della moneta unica corrisponde anche alla fine di un'amicizia che durava da oltre 50 anni e di una lunga fase di riconciliazione. Il segno tangibile è il ritiro della brigata franco-tedesca operato dai francesi: ufficialmente per motivi di bilancio, in realtà per una divergenza sempre piu' profonda fra i due paesi. Da German Foreign Policy
La stampa tedesca commenta con titoli canzonatori la recente visita della Cancelliera a Parigi: "la grande vincitrice incontra un Hollande impotente", titolava la stampa del gruppo Springer. Riferendosi alla drammatica situazione economica francese scriveva: "il paese si avvicina al baratro". Dall'altro lato gli esperti constatano una profonda divergenza fra l'economia tedesca e quella francese. Berlino con le riforme Hartz - riduzioni salariali e compressione della spesa sociale - ha garantito all'industria tedesca un vantaggio tangibile, si scrive nell'analisi. La resistenza contro i programmi di austerità in Francia è molto forte. Le differenze economiche fra Francia e Germania sono ormai molto ampie ed è sempre piu' forte il dubbio che vi siano ancora "basi sufficientemente solide per una cooperazione franco-tedesca", si scrive in una recente analisi della Deutschen Gesellschaft für Auswärtige Politik (DGAP). Come prova ulteriore dell'erosione dei legami fra Germania e Francia gli osservatori indicano la recente decisione del governo di Parigi di ritirare dalla Germania una parte importante della brigata franco-tedesca.

Un certo ritardo

Il diverso andamento economico registrato da Francia e Germania da quando Berlino si è imposta su Parigi nella battaglia per il potere all'interno dell'UE, viene definito dagli esperti francesi come un "disaccopiamento" ("decrochage") dell'economia del loro paese. Il tema è stato oggetto di una recente analisi che Henrik Uterwedde, direttore del Deutsch-Französisches Institut di Ludwigsburg, ha appena pubblicato presso la Deutsche Gesellschaft für Auswärtige Politik (DGAP). Secondo il documento "la Francia sarebbe sempre piu' in ritardo". Mentre l'economia tedesca continua a crescere, quella francese è in stagnazione; mentre la disoccupazione in Germania è scesa fino al 5.4%, in Francia ha raggiunto l'11%. L'export tedesco è in una fase di boom, la Francia è in profondo rosso. [2] Inoltre, sempre secondo Uterwedde l'industria francese "sta perdendo di peso": "nel 2000 il valore aggiunto creato dall'industria francese era pari al 50% di quello tedesco; 10 anni piu' tardi il rapporto era scesa al 40%" [3]. I consulenti del governo tedesco constatano apertamente che "il peso relativo della Germania sta crescendo, mentre la Francia sta perdendo influenza".

Taglio salariale: "capacità di cooperazione"

Secondo Unterwedde "non c'è alcun dubbio" che le riforme Hartz realizzate dai governi rosso-verdi abbiano creato delle condizioni favorevoli per l'economia tedesca - condizioni che alla fine hanno permesso all'industria tedesca di imporsi contro la concorrenza francese. La situazione francese di oggi ricorda "sotto molti aspetti" la situazione in cui si trovava la Germania prima delle riforme Hartz, sempre secondo Uterwedde. Tuttavia Parigi fino ad ora avrebbe ritardato le "importanti riforme strutturali" - anche a causa delle "massicce proteste politiche".  In merito all'accettazione dei tagli salariali e delle riduzioni di spesa sociale da parte dei sindacati tedeschi, nell'ambito delle riforme Hartz [5], scrive l'autore "gli accordi aziendali per la difesa del lavoro e della competitività che il management e i consigli di fabbrica hanno siglato in numerose imprese di grandi dimensioni sin dagli anni '90" hanno avuto molto successo; l'elemento determinante è stato "la capacità di cooperazione per il superamento dei problemi, da sempre presente in Germania". Considerando la propensione alla lotta tipica dei sindacati francesi, sempre secondo il documento "in Francia tale capacità di cooperazione è molto limitata".[6]

Resistenza francese

Di fatto la critica alle riforme Hartz e alla loro impronta neoliberista, al loro effetto nell'ampliamento delle differenze fra ricchi e poveri, che in Germania hanno addirittura contribuito ad ampliare le differenze di aspettativa di vita fra ricchi e poveri, in Francia è molto diffusa.[7] In una "parte considerevole della società francese c'è una forte resistenza contro queste misure neoliberiste", ammette Uterwedde. "Oltre alla valutazione negativa della politica economica tedesca", si sono aggiunte nel frattempo "le critiche verso l'egemonia economica e la politica tedesca per l'Eurozona". Quest'ultima, si dice in Francia, è rivolta in "maniera univoca a una politica di austerità". Le speranze "di un cambiamento di governo a Berlino e di un nuovo corso nella politica europea" sono andate in frantumi; in Francia dalla Grosse Koalition si aspettano "solo dei cambiamenti marginali rispetto alla precedente linea politica". A livello governativo il tentativo di resistenza francese non ha avuto buon fine: "il tentativo del presidente francese di organizzare una maggioranza in Europa senza, oppure contro la Germania, è fallito, ed ormai appartiene al passato" [8 ]

Il cortile tedesco

Gli stessi dubbi vengono ora espressi non solo in ambito economico e di politica finanziaria, ma anche nel dibattito sulla politica estera e militare. Cosi' uno sguardo alla storia della politica estera e degli interventi militari dell'UE mostrano che sin dagli anni '90 sono serviti a difendere gli interessi tedeschi nell'Europa dell'est e del sud-est: con la guerra in Jugoslavia, l'allargamento ad est dell'UE e il "partenariato orientale", che a fine novembre dovrebbe essere incoronato da un accordo per una piu' stretta integrazione fra i diversi paesi dell'Europa orientale e del Caucaso con l'UE. Gli interessi francesi in Africa sono stati messi da parte, indimenticabile è l'intervista all'allora ministro della difesa federale Volker Rühe nel 1994: "L'Eurokorp non è un Afrikacorp"[9], oppure il fallimento pilotato da Berlino dell'Unione mediterranea proposta da Parigi[10]. La Francia nei suoi tradizionali bacini di influenza in Africa è sempre piu' debole, scrivevano già 2 anni fa i consiglieri del governo di Berlino; nel lungo periodo "la distanza fra Parigi e i paesi del Mediterraneo potrebbe diventare ancora piu' grande".[11] Il contrario accade invece per le posizioni tedesche nei suoi tradizionali bacini di influenza nell'Europa dell'est e del sud-est.

La brigata franco-tedesca

In questo contesto Parigi alla fine di ottobre ha deciso di ridimensionare drasticamente la brigata franco-tedesca. La sua fondazione risale ad un accordo tra Helmut Kohl e François Mitterrand nel 1987; nel 1989 è stata istituita come simbolo della riconciliazione franco-tedesca. La Francia ha piu' volte sollecitato l'utilizzo della brigata; la Repubblica Federale l'ha sempre impedito, non per ragioni pacifiste, piuttosto perché la Germania se avvia un'operazione militare lo fa nel suo interesse, non per difendere gli interessi francesi. La linea ufficiale di Parigi recita: a causa di risparmi inevitabili, il prossimo anno il 110° Reggimento di fanteria sarà ritirato dalla caserma di Donaueschingen in Baden-württemberg. Si tratta di una parte importante della brigata franco-tedesca. Di fatto, nella decisione di ritiro, la motivazione principale è stata il riconoscimento che la parte tedesca nel progetto binazionale segue solo i propri interessi e non è interessata ad un ribilanciamento. Gli osservatori confermano che la Francia, invece, nelle ex-colonie non ha sacrificato le sue basi militari. L'imposizione degli interessi  tedeschi ha condotto a tagli nei progetti bilaterali - anche nella brigata franco-tedesca.

Dubbi

Come scrive Henrik Uterwedde in riferimento alle questioni economiche e finanziarie, negli ultimi tempi "ci sono sempre piu' dubbi sul fatto che vi siano le condizioni minime per il proseguimento della cooperazione franco-tedesca" [12]. Dubbi di questo genere sono emersi anche in ambiti molto diversi - tutti risultati del tentativo di imporre un'egemonia tedesca.

[1] s. dazu Am längeren Hebel, Germanische Strenge und Ein Tabubruch
[2] s. dazu Hartz IV für alle
[3] Henrik Uterwedde: Ende der Divergenzen? Perspektiven der deutschen und französischen Wirtschaftspolitik, DGAPanalyse No. 11, November 2013
[4] s. dazu s. dazu Die Dominanz über Europa
[5] s. dazu Sparen für Deutschland
[6] Henrik Uterwedde: Ende der Divergenzen? Perspektiven der deutschen und französischen Wirtschaftspolitik, DGAPanalyse No. 11, November 2013
[7] Soziale Schere geht weiter auseinander - Arme sterben fünf Jahre früher als Reiche; www.rtl.de 10.10.2013
[8] Henrik Uterwedde: Ende der Divergenzen? Perspektiven der deutschen und französischen Wirtschaftspolitik, DGAPanalyse No. 11, November 2013
[9] s. dazu Ein Land am Abgrund
[10] s. dazu Kein Gegenpol
[11] s. dazu Kulturkämpfe

[12] Henrik Uterwedde: Ende der Divergenzen? Perspektiven der deutschen und französischen Wirtschaftspolitik, DGAPanalyse No. 11, November 2013

giovedì 14 novembre 2013

CSU: fuori gli euro-deboli dalla moneta unica

Horst Seehofer, il leader dei cristiano-sociali bavaresi, nelle trattative per la formazione del governo fa uscire un documento in forte contrasto con il corso europeista di Merkel: fuori gli euro-deboli dalla moneta unica. Dopo la sconfitta della FDP, la CSU affila le armi in vista delle europee del 2014. AfD fa paura. Da Der Spiegel
La Cancelliera vuole unità sulla politica europea, ma è proprio la CSU a mettersi di mezzo. Nei negoziati per la formazione del governo, i cristiano-sociali insistono su di un protocollo separato. La richiesta fondamentale: una linea dura contro i debitori nel sud dell'Euro-zona.

Quando i 3 segretari generali di CDU, CSU e SPD mercoledì pomeriggio hanno parlato davanti alla stampa in merito ai primi risultati dei negoziati per la formazione del governo, avevano soprattutto un obiettivo: dopo numerosi annunci di liti fra Unione e SPD, volevano solo mostrare l'armonia che regna all'interno della Grosse Koalition. Basta con le storie di sessioni interrotte o di minacce arrivate a tarda notte.

Sui temi piu' importanti ci sarebbe già una larga intesa, si rallegra il segretario generale della CDU Hermann Gröhe. Come esempio porta quello della politica europea. Il segretario generale della SPD Andrea Nahles è d'accordo con lui.

Cio' che entrambi hanno taciuto: nel documento di 12 pagine che i corrispondenti gruppi di lavoro hanno negoziato, la CSU ha aggiunto un piccolo protocollo che Spiegel Online vi mostra. Nel documento i Cristiano-sociali chiedono che i debitori del sud dell'Euro-zona possano uscire dall'Euro: "la CSU si impegna a fare in modo che gli stati membri che nel prossimo futuro non riusciranno ad essere in condizione di soddisfare i criteri di stabilità previsti dal Trattato di Maastricht, possano lasciare l'Euro", si afferma. CDU e SPD la vedono in maniera diversa. Di un compromesso nessuna traccia.

Sicuramente la formulazione - se confrontata con il tipico tono dei bavaresi - è alquanto sobria. Ma il messaggio è chiaro: i paesi in bancarotta dovranno uscire dall'Euro. Cosi' ha deciso la CSU all'unanimità nel suo congresso dello scorso anno. Per la Cancelliera Merkel (CDU), che preferirebbe guidare la politica europea dal suo ufficio di Cancelleria senza il rumore fastidioso degli accompagnatori, non è una buona notizia. Anche in futuro il piccolo partito fratello non intende seguire la Cancelliera nel suo cammino europeo.

E questo vale anche per una lunga serie di argomenti. Impassibile, nel suo protocollo la CSU ha rilanciato la sua richiesta di un referendum nazionale sulle "decisioni di politica europea di particolare importanza". I cristiano-sociali chiedono inoltre il ritorno a livello nazionale di alcune competenze oggi delegate a Bruxelles e un procedimento comune per la ristrutturazione del debito sovrano.

La breve dichiarazione non mostra solo che la CSU e la CDU nei negoziati di coalizione ormai da tempo non hanno piu' una sola voce. Conferma anche che la CSU di Horst Seehofer ha già iniziato a prepararsi per le elezioni europee del prossimo maggio: il suo obiettivo è fermare l'avanzata degli Euro-contrari di AfD. Per questa ragione vuole ad ogni costo evitare di mostrare approvazione verso le formule troppo morbide tipiche delle trattative di coalizione.

Nel documento la CSU chiede anche una riduzione del numero di commissari UE: "ci deve essere una concentrazione degli ambiti di competenza", secondo il portavoce della CSU ed esperto UE dei cristiano-sociali Thomas Silberhorn, che negozia per conto della CSU nel gruppo di lavoro sull'Europa. "Governi di queste dimensioni esistono solo in Africa, dove nella formazione del governo si deve tenere conto di tutte le tribu'", continua Silberhorn.

In questo clima non sorprende che il segretario generale della CSU Alexander Dobrindt sia stato un po' disturbato dai toni usati dai suoi colleghi mercoledi' pomeriggio: "non vogliamo che la nostra cultura del confronto sia rovinata da questa atmosfera di armonia", ha detto con aria di sufficienza. Sui temi europei è sicuramente il caso.

martedì 12 novembre 2013

Sinn: il boom immobiliare tedesco durerà a lungo

Questa volta Hans Werner Sinn dalle colonne della conservatrice WirtschaftsWoche ci spiega che il boom immobiliare tedesco durerà ancora a lungo: almeno fino a quando i sud-europei avranno il controllo della BCE. H.W. Sinn da WirtschaftsWoche
I prezzi degli immobili in Germania negli ultimi anni sono cresciuti. Non possiamo tuttavia parlare di una bolla speculativa. Se facciamo un confronto internazionale, il mercato immobiliare tedesco non puo' essere considerato sopravvalutato. E fino a quando la BCE manterrà la sua politica dei bassi tassi di interesse, gli immobili resteranno un buon investimento.

Nel maggio e nel giugno 2010, al culmine della crisi Euro, in una delle mie colonne su WirtschaftsWoche, avevo già previsto un boom nel settore delle costruzioni: gli investitori tedeschi infatti non avevano piu' fiducia nei mercati esteri. Nessuno allora mi aveva creduto. Ci sono voluti mesi affinché considerazioni simili provenienti da altre fonti fossero prese sul serio.

Ora è evidente: il boom è arrivato. Dalla metà del 2010 fino alla metà del 2013 i prezzi sono saliti del 9%. L'occupazione nel settore delle costruzioni è cresciuta dell'1.5%, gli investimenti sono cresciuti del 4.2%. Gli ordinativi per la costruzione di nuove abitazioni sono cresciuti del 36%. Il numero di abitazioni completate nel 2012 è stato del 25% superiore rispetto al 2010. I prezzi per l'acquisto di case nuove sono cresciuti, soprattutto nelle grandi città. A Berlino in questi 3 anni sono cresciuti di quasi il 40%, ad Amburgo, a seconda del tipo di abitazione dal 17 al 40%, a Stoccarda di circa il 25%, a Monaco fra il 20 e il 35% e a Colonia fra il 14 e il 17%.

La Bundesbank mette in guardia

La Bundesbank ha recentemente messo in guardia da un surriscaldamento del mercato. L'aumento dei prezzi, soprattutto nelle aree urbane, "è difficile da giustificare", scrive nel suo rapporto mensile di ottobre e mette in guardia da possibili "e tangibili perdite patrimoniali", sebbene nel giudizio complessivo non rilevi alcuna sopravvalutazione.

Il boom è già finito? E' stata solo una fiammata temporanea? Io non credo. Diversi indicatori suggeriscono che il boom sta proseguendo. Uno dei piu' importanti è l'indice degli ordini ricevuti dagli architetti, che l'istituto IFO raccoglie e pubblica su base trimestrale. Sono tornati al livello del 1994/1995. All'epoca il boom che aveva seguito la riunificazione iniziava a raffreddarsi, anche se restava ancora forte. Negli ultimi 18 anni gli architetti non avevano mai avuto cosi' tanti ordini come adesso.

Non credo percio' ad una imminente fine del boom edilizio: le bolle immobiliari prima di scoppiare si gonfiano per circa 15 anni. L'ultimo boom immobiliare tedesco è durato dai primi anni '80 fino alla metà del decennio successivo. L'ultimo boom immobiliare americano è durato dalla fine degli anni '90 fino al 2007. Il boom immobiliare spagnolo si è protratto dalla metà degli anni novanta fino alla crisi Lehman del 2008. In ogni caso, non tutti i boom immobiliari si trasformano in una bolla che esplode. Spesso i prezzi raggiungono un determinato livello e li' rimangono per un po'. E anche se alla fine i prezzi iniziano a scendere, i primi 10 anni di crescita e di formazione della bolla sono alquanto piacevoli.

Inoltre, la crescita del prezzo degli immobili in Germania negli ultimi anni è stata sensibilmente piu' bassa rispetto a quanto accaduto nella maggior parte dei paesi oggi in crisi. Dal 1997 fino al 2000, il boom immobiliare causato dall'introduzione dell'Euro ha fatto aumentare i prezzi degli immobili francesi del 19%, in Spagna del 24% e in Irlanda addirittura dell'82%.

Negli anni precedenti, fra il 2000 e il 2007, i prezzi degli immobili tedeschi - anche se con differenze - hanno continuato a scendere, mentre in molti altri paesi europei stavano addirittura esplodendo. La necessità di una loro risalita è percio' ben fondata. I prezzi tedeschi nel confronto internazionale non sono particolarmente alti. Cosi' ad esempio i prezzi delle abitazioni in una metropoli come Francoforte sono piu' bassi rispetto a Barcellona, e naturalmente nessuna città tedesca regge il confronto con Parigi o Londra.

Questi sono i punti di riferimento che ogni investitore immobiliare dovrebbe tenere bene in considerazione. Le probabilità di fare un affare oggi non sono cosi' alte come potevano essere due anni fa. Tuttavia ci sono oggetti immobiliari che se scelti con intelligenza, in zone che attraggono nuovi abitanti, hanno buone opportunità di rivalutazione nel  futuro prossimo.

Nessuna inversione di tendenza

Naturalmente dobbiamo prendere sul serio l'avvertimento della Bundesbank. Ma si tratta piuttosto di un tentativo psicologico di frenare il mercato in anticipo. Che merita rispetto. Non bisogna pero' interpretare il segnale della Bundesbank come un consiglio di investimento all'interno di una economia di mercato. Mi aspetto una inversione di tendenza quando la BCE cambierà la sua politica dei bassi tassi. L'aumento dei costi di finanziamento potrebbe fermare il boom immobiliare. Ma fino a quando l'Euro esisterà, non potrà accadere, perché i costruttori hanno dei potenti alleati fra i rappresentanti della banca centrale espressi dai paesi super-indebitati del sud. Questi governatori siedono nel board BCE e faranno in modo che la stampa di denaro prosegua a pieni giri. A tal proposito non bisogna avere alcun timore per il valore dei propri immobili, almeno fino a quando i paesi del sud resteranno nella moneta unica.

Flassbeck: abbiamo disperatamente bisogno di debitori

Heiner Flassbeck, intervistato da Deutschlandfunk, torna a parlare della malattia profonda che affligge l'economia tedesca: troppo export e troppo risparmio. Abbiamo bisogno di debitori disposti ad assorbire i 180 miliardi di Euro di risparmio tedesco. Da dradio.de

Deutschlandradio: Heiner Flassbeck, pensioni piu' alte, piu' denaro per il sostegno ai figli, piu' soldi per le strade e i ponti, estensione della banda larga - cito solo alcuni dei punti su cui Unione e SPD avrebbero già trovato un accordo. E' già chiaro che alla fine di questa lista dei desideri non resterà molto?

Flassbeck: beh, dipende dal modo in cui si valuta la situazione generale, e la situazione generale è che la Germania non si trova in una fase di espansione economica, ma in una fase di stagnazione in un'Europa nel pieno di una profonda depressione. Prenda ad esempio il taglio dei tassi della BCE di ieri; ci mostra quanto disperata sia la situazione per l'Europa nel suo complesso. In una situazione come questa aumentare la spesa sarebbe molto utile, e lo stato non puo' tirarsi indietro. I bassi tassi della banca centrale indicano che non ci sono piu' debitori disponibili a fare nuovi debiti, in Europa e nel mondo. Lo stato non puo' certo dire, ora risparmiamo e non spendiamo piu' un Euro. Per il nostro futuro e per le generazioni che verranno dopo di noi, oggi invece di risparmiare, avrebbe molto piu' senso investire, perché di risparmiatori in giro ce ne sono già troppi.


Deutschlandradio: Herr Flassbeck, il suo suggerimento sarebbe quindi di fare piu' debiti e possibilmente aumentare anche le tasse?

Flassbeck: no. Aumentare le tasse in una situazione economica difficile non ha molto senso. Aumenti delle tasse hanno senso dal punto di vista della redistribuzione e anche da altri punti di vista, ma in questa  situazione specifica è necessario che la Germania stimoli la domanda interna. Dovrebbe essere la priorità assoluta. Abbiamo appena sentito l'avvertimento degli americani che ci hanno detto: così non potete andare avanti. La Germania non puo' continuare a vivere solo di export, e lo stesso vale per l'Europa e per il resto del mondo. Ovunque nel mondo abbiamo tassi vicini allo zero, e alla fine dovremo prendere atto di questo segnale. Qualcuno, in qualche luogo, prima o poi, deve fare dei debiti. Ora io non dico - e lei ha usato la bella parola "ordinato" - che lo stato deve "ordinatamente" spendere denaro. Io dico, qualcuno prima o poi dovrà fare dei debiti. Potremmo spingere le imprese tedesche a indebitarsi, che in realtà in una economia di  mercato sono il debitore naturale. Ma anche loro stanno risparmiando. E se tutti risparmiano le cose non possono funzionare, e non possiamo utilizzare sempre l'estero come un debitore, piuttosto, nel dubbio dovrebbe essere lo stato a fare qualche debito. Ci puo' essere risparmio, solo quando c'è qualcuno disposto a indebitarsi, per questa ragione non possiamo essere tutti dei risparmiatori. Dovremmo lentamente iniziare a tenere in considerazione questa semplice intuzione di contabilità macroeconomica. Discutiamo sempre come se fossimo completamente separati dal resto del mondo, ma invece non lo siamo.

Deutschlandradio: parliamo di altri argomenti di attualità. Li ripeto: pensioni piu' alte, assegni familiari piu' alti, investimenti per le infrastrutture, piu' banda larga. Misure che lei definirebbe sensate ed utili, indipendentemente dal modo in cui si potranno finanziare?

Flassbeck: gli investimenti in istruzione, infrastrutture e cura dell'ambiente sono assolutamente necessari ed utili, ed un'economia che sta andando ancora relativamente bene, dovrebbe impegnarsi in questi ambiti e fare qualcosa per il futuro. Lo ripeto ancora una volta: fare qualcosa per il futuro, oggi significa raccogliere i risparmi dei cittadini e investirli in maniera sensata. Fino ad ora i nostri risparmi sono andati sempre e solo verso l'estero, non puo' continuare in questo modo. E' il governo a dover decidere nel dettaglio quali sono le misure ragionevoli. Ma non dobbiamo perdere di vista il quadro economico generale. In materia di cura ambientale, infrastrutture generali, trasporti, ma soprattutto in materia di educazione, credo che in Germania ci sia bisogno di recuperare molto terreno, e ora è il momento giusto per affrontare questa necessità.

Deutschlandradio: poiché il gettito previsto in ogni caso non è sufficiente, si tratterà di...

Flassbeck: questo è il punto! Le entrate non sono sufficienti, vale a dire che lo stato in questo caso dovrebbe prendere a prestito e investire una parte di quei risparmi che sul mercato dei capitali non sanno dove andare, e che finirebbero altrimenti nelle operazioni da casino'. Questo sarebbe veramente sensato.

Deutschlandradio: questo significa fare altri debiti?

Flassbeck: si', certamente, fare altri debiti. Diciamolo ancora una volta in maniera chiara: quest'anno in Germania ci saranno altri 180 miliardi di risparmi aggiuntivi, che si aggiungono ovviamente ai risparmi già presenti! Devono andare da qualche parte. Lo stato non puo' dire: io non c'entro nulla, non ho alcuna intenzione di fare debiti. Chi dovrebbe essere allora ad utilizzare questi risparmi? Se questi risparmi non vengono assorbiti, l'economia tedesca avrà dei seri problemi. Fino ad ora è stato l'estero a fare debiti, ma ora gli altri paesi si sono stancati prendere a prestito. Noi non possiamo continuare a dire: noi non c'entriamo nulla, proseguiamo con il nostro modello economico. No, questo modello economico ci farà sbattere contro il muro. Dobbiamo capire che qualcuno deve fare dei debiti, e al primo posto ci sono le imprese tedesche, ma alla fine anche lo stato dovrà fare lo stesso.

Deutschlandradio: qualche debito lo abbiamo già, Herr Flassbeck. Il rimborso del debito non è piu' cosi' importante?

Flassbeck: vede, se 180 miliardi di risparmi arrivano sul mercato, è necessario che in qualche modo vengano impiegati. Non posso certo dire, beh ora ripaghiamo i vecchi debiti. In quel caso avremmo ancora piu' risparmio, avremmo allora 200 miliardi di Euro. Bisogna trovargli un impiego. Se non gli si trova un impiego, l'economia tedesca avrà dei seri problemi. Dobbiamo renderci conto che è necessario impiegare questi 180 miliardi di Euro. All'estero ormai sono in molti ad essere insolventi, non ne hanno piu' la possibilità. Abbiamo bisogno di investire da soli, e chi puo' farlo meglio delle imprese e dello stato? Ma per fare questo abbiamo bisogno di modificare la nostra politica economica, dobbiamo essere capaci di vedere queste relazioni. Altrimenti per l'economia tedesca non ci sarà un futuro.