venerdì 1 settembre 2017

La fine della contrattazione collettiva

Il governo risponde ad un'interrogazione parlamentare della Linke sul tema della contrattazione collettiva. Emerge un altro tassello nella strategia di riduzione del costo del lavoro: meno della metà dei lavoratori tedeschi è inquadrata secondo un contratto di categoria, con l'avanzata dei minijob, dei contratti d'opera e del lavoro interinale si restringe l'aria di applicazione dei contratti di categoria. Un trend non secondario, visto che i contratti di categoria garantiscono retribuzioni e adeguamenti salariali molto piu' alti della media. Dalla Frankfurter Rundschau 



Lavorare senza la copertura di un contratto collettivo ormai è la nuova normalità. Mentre solo 20 anni fa in Germania piu' di due terzi degli occupati erano inquadrati secondo un contratto collettivo, lo scorso anno nei Laender dell'ovest lo erano solo il 51% dei lavoratori, nei Laender dell'est solo il 36%. Sono i dati che emergono da una risposta del governo federale ad una interrogazione parlamentare della Linke. 

Notevole riduzione della copertura dei contratti collettivi 

Il confronto di lungo periodo chiarisce le dimensioni della riduzione della copertura dei contratti collettivi negli ultimi 2 decenni. Secondo i dati dello IAB di Norinberga (Institut für Arbeitsmarkt-und Berufsforschung) nel 1995 il 72 % dei lavoratori dell'ovest era ancora impiegato e retribuito secondo un contratto collettivo di categoria. Nel 2009 secondo il governo questa percentuale era scesa al 56%. Con il 51% degli occupati il 2016 segna un nuovo valore minimo. Nell'est la quota degli occupati coperti da un contratto collettivo di categoria è scesa ancora piu' in basso: verso la metà degli anni '90 erano circa due terzi, lo scorso anno poco piu' di un terzo (36%). 

Particolarmente colpito dalla non applicazione di un contratto collettivo è il settore dei servizi: nel commercio (ovest) solo il 25% delle aziende e il 36% degli occupati sono coperti da un contratto di categoria. Nell'est sono rispettivamente il 15% e il 23%. Situazione simile nel settore dell'ospitalità. In questi, come in molti altri settori, dal 2009 continua a calare il livello di copertura dei contratti collettivi. 

I contratti aziendali tuttavia non riescono a compensare questo sviluppo. Al contrario: anche l'aria di applicazione dei contratti aziendali si riduce. Nell'ovest il numero degli occupati impiegati secondo un contratto aziendale dal 2009 allo scorso anno è sceso di un quinto ed ha raggiunto l'8%. Nell'est è stata registrata una diminuzione simile, la copertura è passata dal 14 all'11%. "Il nucleo tariffario ben regolato è sempre piu' piccolo mentre le zone libere oppure debolmente regolate sono sempre piu' ampie", cosi' ha commentato Jutta Krellmann, portavoce del gruppo parlamentare della Linke al Bundestag sui temi di politica sindacale. 

Le conseguenze di questa tendenza: sempre piu' occupati ricevono un salario piu' basso di quanto spetterebbe loro se fossero impiegati secondo un contratto collettivo. Tra i redditi da lavoro legati ad un contratto collettivo e quelli non coperti dalla contrattazione collettiva vi è un notevole divario. Mentre il potere di acquisto reale dei salari coperti da un contratto collettivo fra il 2000 e il 2016 è cresciuto di quasi il 16%, i salari lordi reali complessivi sono aumentati solo del 6%. E questa è solo una parte della differenza, visto che nella media dei salari lordi complessivi confluiscono anche i salari regolati dai contratti collettivi e in questo modo contribuiscono ad alzare il livello medio. Se si prendessero in considerazione solo i salari non legati ad un contratto collettivo, la differenza sarebbe ancora maggiore. Mancano tuttavia i dati necessari per una tale statistica. 

Interrogazione della Linke al Bundestag 

Il governo federale tuttavia, alla luce di questo sviluppo, non vede alcun motivo di preoccupazione: "non è possibile individuare una erosione del sistema della contrattazione di categoria", è scritto nella risposta del governo all'interrograzione. L'atteggiamento del governo potrebbe anche essere dovuto al tentativo di distogliere l'attenzione dai propri errori legislativi. La "legge per il rafforzamento dell'autonomia tariffaria" del 2014 era stata approvata proprio con l'obiettivo esplicito di estendere l'ambito di applicazione dei contratti di categoria. Per questa ragione era stata semplificata la proceduara con la quale gli accordi contrattuali possono essere dichiarati universalmente vincolanti. 

La legge tuttavia non ha funzionato: una ricerca sugli effetti della riforma condotta dal ricercatore Thorsten Schulte e pubblicata lo scorso marzo dalla Hans-Böckler-Stiftung evidenzia un drastico arretramento delle dichiarazioni con le quali gli accordi di categoria vengono resi vincolanti per le parti (AVE). Secondo lo studio, nei sei anni dopo il 1999 c'erano state in Germania 376 dichiarazioni AVE, negli ultimi 6 anni solo 166 nuovi AVE.




martedì 29 agosto 2017

Jobwunder e Hartz IV, qualcuno crede ancora ai miracoli?

Sulle riforme Hartz ci sono da sempre pareri discordanti, ma qual'è stato il loro effetto sul mercato del lavoro? Il Jobwunder, il miracolo del lavoro, è davvero merito delle leggi Hartz e dell'Agenda 2010? Osservando i dati con più attenzione sono in molti ad avere qualche dubbio sui veri effetti delle riforme introdotte dai governi rosso-verdi. Da Monitor sulla WDR, emittente pubblica di Colonia, una riflessione sul rapporto fra Hartz IV e Jobwunder.



Nonostante le molte differenze fra Angela Merkel e Martin Schulz, c'è almeno un tema su cui i due candidati sono sorprendentemente d'accordo: il giudizio sulla cosiddetta politica dell'Agenda dell'ex Cancelliere Gerhard Schröder. Un grande successo, sostengono entrambi, anche se qua e là ogni tanto affiorano delle critiche. E comunque non si stancano di ripetere che grazie alle riforme Hartz il numero dei disoccupati in Germania è stato dimezzato. Bellissima storia - con un piccolo errore pero': le cose non stanno esattamente cosi'. Almeno volendo fare i conti in maniera un po' piu' precisa.

Bochum, sono le 6 del mattino. Siamo da Birgit Runge. La 62enne in realtà avrebbe anche una qualifica.

Impiegata nel commercio all'ingrosso. Ma sin dai tempi delle riforme Hartz riesce solo a passare da un lavoro all'altro

Birgit Runge: "Il bilancio personale è che le cose possono solo andare peggio. E questo ha un effetto molto forte sulla psiche, perché hai sempre un pensiero fisso: il prossimo mese riuscirò' ad avere un lavoro oppure no?"

Da giugno Birgit Runge ha di nuovo un lavoro. Solo negli ultimi 11 anni ha avuto 10 datori di lavoro diversi. Call center, bassi salari, principalmente lavoro interinale. E fra un lavoro e l'altro, sempre disoccupata. 

Runge: "Ti fanno sempre contratti da uno o due mesi, che eventualmente possono anche essere prolungati. E poi altri contratti a termine. Nel migliore dei casi fino a due anni. Ora ho un contratto a tempo determinato per 3 mesi, e questo è tutto".

Birgit Runge è per cosi' dire un esempio perfetto del nuovo miracolo del lavoro tedesco. Ogni volta riesce a trovare un lavoro prima di scivolare in Hartz IV. Un miracolo che la politica rivende come una conseguenza delle riforme Hartz introdotte dall'ex Cancelliere Schröder. Il suo successore alla Cancelleria non ha mancato di celebrarlo anche nell'attuale campagna elettorale.

Angela Merkel, 25.02.2017: "E' il concetto che ha permesso alle persone di accedere con maggiore facilità al mercato del lavoro, che ha dato la possibilità a molte persone di trovare un lavoro. E il risultato di questa politica è ben conosciuto: la disoccupazione è stata dimezzata"

Dimezzamento della disoccupazione? Si', nel 2005 in Germania c'era una disoccupazione record di 4.9 milioni di disoccupati, oggi ufficialmente sono circa 2 milioni e mezzo. Ma questo ha davvero a che fare con l'Agenda 2010 e le riforme Hartz? 

Peter Bofinger è uno fra i piu' importanti economisti tedeschi. E' anche uno dei 5 "saggi economici" che consigliano il governo tedesco. Ha svolto delle ricerche sugli effetti delle riforme Hartz nel mercato del lavoro ed è arrivato ad una conclusione: il risultato è decisamente inferiore rispetto a quanto generalmente viene ipotizzato.

Prof. Peter Bofinger, Università di Würzburg: "Nel complesso si tratta di un grande mito. Mi ricorda la storia dei nove vestiti del Kaiser, dove tutti si convincono fra loro che sono molto belli. Ad un'analisi piu' accurata dei dati si puo' dedurre che naturalmente anche nella intermediazione del lavoro ci sono stati degli effetti positivi, ma nel complesso questo grande risultato di cui tanto si parla non è individuabile".

L'accusa di Bofinger: la politica confronta le mele con le pere, oppure detto diversamente, gli anni sbagliati. Come base per il confronto la politica prende sempre in considerazione l'anno di crisi 2005, l'anno delle ultime riforme Hartz. Si tratta tuttavia di una sciocchezza. Perchè nel 2005 la Germania si trovava in una crisi profonda.

Bofinger: "Si tratta di ignoranza economica, quando si confronta un anno di recessione come il 2005 con un anno di boom come il 2016".

Per questa ragione Bofinger preferisce confrontare i dati attuali con quelli del 2001 - prima delle riforme Hartz. Nel 2001 l'andamento della congiuntura era ugualmente buono - eravamo in una fase di boom. Il risultato è sorprendente: nella Germania dell'ovest la riduzione del numero dei disoccupati invece di essere di 1.3 milioni come quella registrata fra il 2005 e il 2016, è stata di 340.000, se si prende il 2001 come anno di confronto. E nella Germania dell'est c'è un esercito di disoccupati che nel frattempo è andato in pensione. 

Bofinger: "Nella Germania dell'est il calo della disoccupazione è stato molto forte, e questo non ha a che fare con le leggi Hartz, ma semplicemente con il fatto che le conseguenze negative della riconversione dell'economia dell'est stanno gradualmente scomparendo. Chi negli anni '90 nella Germania dell'est ha perso il proprio lavoro, gradualmente è uscito dalla vita lavorativa". 

Un risultato magro per una riforma con un enorme potenziale esplosivo dal punto di vista sociale. La pensa allo stesso modo anche l'economista Klaus Wälde, che sulle conseguenze delle riforme Hartz nel mercato del lavoro ha fatto diverse ricerche.

Prof. Klaus Wälde, Universität Mainz: "Se ci si chiede dove sono finiti tutti i disoccupati, allora ci si accorge che sono in pochi quelli impiegati con un regolare rapporto di lavoro. Ci accorgiamo invece che sono molti di piu' quelli finiti in misure per la creazione di lavoro sovvenzionate dallo stato e che molti altri hanno un'occupazione marginale, un mini-job oppure un midi-job. Nel complesso le riforme Hartz, si potrebbe argomentare, hanno contribuito ad una ulteriore polarizzazione della società e alla creazione di povertà".

Birgit Runge conosce molto bene questa situazione. Nel 2006 ha perso il suo impiego di lunga data in un negozio all'ingrosso di elettronica e da allora non ha piu' ritrovato un lavoro fisso. E' rimasta bloccata nella trappola dei bassi salari e dell'occupazione precaria.

Birgit Runge: "Non ho grandi speranze. Le cose andranno piu' o meno cosi': alla fine di agosto sarò di nuovo disoccupata, e poi dovrò di nuovo tornare a lottare per trovare un lavoro. Probabilmente finirò ancora una volta nel lavoro interinale".

La politica ha voluto che fosse cosi'. Chi è disoccupato deve uscire quanto prima dalla statistica e trovarsi un nuovo lavoro. Per questo i soldi e i sussidi vengono concessi solo in cambio di pressione. "Aiutare e pretendere", come si dice da allora. Ad una persona come Birgit Runge non c'era alcun bisogno di chiedere un maggiore impegno nella ricerca di un lavoro, si è sempre occupata da sola della ricerca, anche se in realtà non ha mai avuto un lavoro che le permettesse di vivere bene. Negli ultimi anni ha sempre lavorato per 1.100 o 1.200 euro netti al mese, nel 2003 ha fatto la sua ultima vacanza, una settimana sull'Ostsee. Come Birgit Runde ce ne sono tanti altri. Il numero delle persone occupate ma a rischio povertà dall'avvio delle riforme Hartz è cresciuto del 100%. Come in nessun'altro paese dell'UE.

Prof. Georg Vobruba, Universität Leipzig: "si tratta di lavori che implicano il rischio di trovarsi in una situazione di povertà: si tratta dei cosiddetti "working poor". Dall' altro c'è il rischio che non si riescano a maturare gli anni di lavoro necessari per avere diritto ad una pensione dignitosa, e cioè una povertà in vecchiaia programmata". 

Birgit Runge ha cresciuto due figli, si è presa cura di suo marito malato, fino alla sua morte, e si è sempre occupata di se stessa. Fra 3 anni andrà in pensione, per lei saranno 850 euro lordi al mese. Sempre che riesca a trovarsi un altro lavoro.

lunedì 28 agosto 2017

La strada di Weidmann verso la BCE è lastricata di Eurobond

Merkel e Schäuble in segreto lavorano per portare Jens Weidmann alla presidenza della BCE, ma i loro sforzi potrebbero non bastare: per avere finalmente una BCE a guida tedesca e vincere le resistenze dei francesi e dei sud-europei potrebbe essere necessaria qualche concessione sul terreno dei tanto odiati Eurobond. German Foreign Policy racconta il dibattito in corso.
 
 
Berlino rivendica la presidenza della Banca Centrale Europea (BCE), vacante dal 2019, per poter massimizzare l'influenza tedesca sulla politica monetaria nell'Eurozona. Già in maggio Der Spiegel riferiva che la Cancelliera Angela Merkel e il Ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble stavano prendendo in considerazione la candidatura di Jens Weidmann per la successione dell'attuale presidente italiano della BCE Mario Draghi. Le chance di Weidmann di ottenere la posizione di vertice "non sarebbero poi cosi' cattive", scriveva Der Spiegel. [1] La Frankfurter Allgemeine Zeitung giustificava invece la richiesta di Berlino sottolineando che "Weidmann sarebbe stato il primo tedesco al vertice della banca centrale dalla sua fondazione nel 1998"; la "piu' grande economia dell'Eurozona", fino ad ora "non è stata presa in considerazione per questa posizione cosi' importante". [2] Il Ministro Schäuble rivendica questa posizione per la Germania nel contesto di un piu' ampio ricambio di personale ai vertici dell'UE. Della discussione farebbero parte anche il ruolo di presidente dell'Eurogruppo, attualmente ricoperto dall'olandese Jeroen Dijsselbloem, da sempre un sodale di Schäuble, e la posizione di Vicepresidente della BCE, attualmente ricoperta dal portoghese Vítor Constâncio. Il Ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, come nuovo capo dell'Eurogruppo "sarebbe compatibile con Weidmann nell'ambito di un pacchetto franco-tedesco", era scritto sulla FAZ, mentre la Spagna chiederebbe l'attuale posizione di Constancio. 

Controversie sulla politica monetaria

Nella situazione attuale, tuttavia, l'ampio ricambio ai vertici potrebbe non bastare per superare la massiccia resistenza nei confronti di una presidenza Weidmann. Sin dall'inizio dell'Eurocrisi il corso monetario della BCE è stato criticato da piu' parti, sebbene la Germania con la sua richiesta di porre fine alla politica monetaria espansiva fino ad ora non sia riuscita ad imporsi. Weidmann è considerato come uno dei piu' convinti oppositori della attuale linea monetaria della BCE, che con i bassi tassi di interesse e l'acquisto massiccio di titoli di stato ha cercato di alleviare nell'Europa del sud i disastrosi effetti dei diktat tedeschi. I critici dell'austerità tedesca temono che con Weidmann al vertice della BCE, oltre ad una forte influenza sulla politica economica e finanziaria, Berlino potrà finalmente dominare anche la politica monetaria dei paesi della zona Euro.

Rivolta nella banca centrale

La prospettiva di una presidenza Weidmann "fa paura a molti funzionari della BCE", cosi' il Financial Times ad inizio luglio commentava le crescenti divergenze politiche dietro le quinte. [3] Il problema principale è rappresentato dal suo costante tentativo di affondare pubblicamente il corso politico della BCE, chiarisce un insider: "Der Jens", è sicuramente un "ragazzo simpatico", tuttavia "non ha mai difeso la BCE davanti all'opinione pubblica tedesca". Deve ancora dimostrare "di essere in grado di parlare per tutti", e questa è una "grande debolezza se si vuole diventare il presidente di una istituzione multilaterale". Molti responsabili politici nell'UE temono soprattutto che Weidmann presidente della BCE "non saprà agire in maniera tempestiva e decisa" nel caso in cui "in futuro una escalation della crisi dovesse rendere l'Eurozona vulnerabile". Per questo alla banca centrale si "sentirebbero piu' sicuri" se l'UE rafforzasse l'unione bancaria oppure introducesse gli eurobond "prima di mettere nelle mani di un tedesco la responsabilità della banca centrale". Già nel 2012 era stato piu' volte riferito che Weidmann avrebbe "preso in considerazione la possibilità di dare le dimissioni" come segno di protesta nei confronti della politica imposta dalla maggioranza nel consiglio della BCE. [4]

Concessioni inevitabili

Per superare le resistenze dei paesi dell'Europa del sud nei confronti di un mandato a Weidmann, secondo i commentatori economici tedeschi, saranno inevitabili delle concessioni da parte della Germania. Prima di tutto l'attuale vice-presidente della vigilanza bancaria europea, la tedesca Sabine Lautenschläger, potrebbe rinunciare alla sua candidatura per la posizione di vertice alla vigilanza in modo da segnalare che "la Germania non intende dominare la banca centrale", cosi' scriveva Handelsblatt. [4] Lautenschläger dopo l'elezione di Weidmann potrebbe ritirarsi dalla BCE e prendere il posto di Weidmann al vertice della Bundesbank. Il governo federale, tuttavia, probabilmente non sarà in grado di evitare l'introduzione degli Eurobond - "uno strumento da sempre osteggiato da parte del governo tedesco". [6] Recentemente sono stati soprattutto i politici francesi a chiederli - e fino ad ora sono sempre stati rifiutato da Berlino in quanto ritenuti "una messa in comune del debito" . [7]

Il prezzo per l'euro

Con la scelta di Weidmann sembra che Berlino abbia finalmente formulato il prezzo necessario per il mantenimento dell'euro e per una parziale presa in considerazione degli interessi francesi: vale a dire il controllo della BCE. Il riavvicinamento fra Francia e Germania, di cui si parla con molta enfasi dall'elezione di Macron, potrebbe finalmente compiersi dopo le elezioni federali tedesche, nella misura in cui sarà possibile ridurre i grandi squilibri all'interno dell'Eurozona.

Fino alla prossima crisi

Il Ministro delle Finanze Schäuble si rifiuta da sempre di tentare di ridurre le conseguenze dell'offensiva dell'export tedesca attraverso qualsiasi forma di trasferimento. In questo modo Berlino ha ampliato la distanza economica fra la Repubblica Federale e il resto dell'UE, destabilizzando l'unione monetaria. Con l'introduzione degli Eurobond, di cui a Berlino si discute internamente, pare ci sia la volontà da parte della Germania di andare incontro alle richieste di Parigi arginando gli effetti centrifughi derivanti dalla sua politica socio-economica e quindi mantenere in vita la zona Euro, almeno nel medio periodo - se il prezzo da pagare si rivelerà adeguato. Gli Eurobond permetterebbero alle economie del sud-Europa, fiaccate dopo molti anni di crisi, di beneficiare dei bassi tassi di interesse di cui gode la Repubblica Federale. Si tratterebbe di un modo per ridurre almeno parzialmente gli squilibri nella zona Euro, sempre nella prospettiva di una egemonia tedesca un po' piu' stabile, prolungando l'esistenza della moneta unica - almeno fino alla prossima crisi.


[1] An der Reihe. Der Spiegel 2017/21.
[2] Bald erstmals ein Deutscher an der Spitze der EZB? faz.net, 19.05.2017.
[3] Prospect of Weidmann in top job raises hackles at ECB. ft.com 03.07.2017.
[4] Bundesbank chief Jens Weidmann 'considered resigning over ECB bond buying'. telegraph.co.uk 31.08.2012.
[5], [6] Merkel's ECB Candidate. handelsblatt.com 21.05.2017.
[7] Große Koalition lehnt Macrons Ideen geschlossen ab. faz.net 09.05.2017.

La Germania ha un problema salariale

Non si tratta di un documento uscito da un collettivo di sinistra né da una cellula di estrema destra dell'est, ma di una presa di posizione del Ministero dell'Economia tedesco sul tema della disuguaglianza sociale in Germania. La forbice retributiva continua a crescere, una larga parte dei lavoratori è rimasta esclusa dal boom degli ultimi anni. La Süddeutsche Zeitung fa riferimento ad un documento ufficiale del Ministero dell'Economia.



L'economia tedesca continua a crescere, le esportazioni anno dopo anno raggiungono nuovi record e la disoccupazione è cosi' bassa come non accadeva da anni. La ripresa è arrivata anche per i lavoratori, questo almeno suggeriscono le statistiche ufficiali. Nel 2016 secondo l'Ufficio di Statistica i salari nominali sono cresciuti del 2.3 %. Documenti interni al Ministero dell'Economia guidato da Brigitte Zypries (SPD) tuttavia indicano che al ministero si teme che il divario fra i redditi possa continuare ad aumentare. "La disuguaglianza salariale resta ad un livello storicamente molto elevato", cosi' almeno è scritto in un documento informativo uscito dal Ministero dell'Economia.

"Tutto cio' oltre ad essere profondamente ingiusto, rappresenta un serio pericolo per la coesione sociale in Germania", dice il sottosegretario all'economica Matthias Machnig alla Süddeutsche Zeitung. Al Ministero dell'Economia, anche dopo la recente ripresa dei salari in termini reali, non vedono alcuna ragione per far rientrare il segnale di allarme. "La Germania continua ad avere un problema salariale", è scritto nel documento. Soprattutto i percettori di un basso salario o di un salario medio, per un lungo periodo di tempo non hanno tratto alcun beneficio dalla crescita economica. "Nel 2015 i salari reali del 40% dei lavoratori situati nella parte piu' bassa della distribuzione erano significativamente piu' bassi rispetto al 1995", è scritto nel documento. Oggi la loro retribuzione ha un potere d'acquisto inferiore rispetto a quello di 20 anni fa. Cio' significa che una "gran parte della popolazione nel nostro paese non sta facendo passi avanti" avverte Machning. "La situazione dei figli è decisamente peggiore rispetto a quella dei loro genitori".

Al contrario il 60% dei lavoratori collocati nella parte piu' alta della distribuzione dei salari ha potuto registrare un miglioramento significativo. "La forbice nelle retribuzioni ha continuato ad ampliarsi", osservano gli esperti del Ministero. Senza dubbio i salari reali in Germania dal 2013 ad oggi sono cresciuti in media dell'1.8%, tuttavia "resta immutata la necessità di recuperare in termini di aumenti salariali".



Con questa presa di posizione anche il Ministero dell'Economia, in piena campagna elettorale, fa il suo ingresso nel dibattito sulla redistribuzione del reddito e chiede un ripensamento sul tema. "Ci sono spazi per un miglioramento salariale. E devono essere utilizzati", dice Machnig. "La tassazione sui redditi piu' bassi deve diminuire. Per le donne deve finalmente valere il principio dello stesso salario per lo stesso lavoro. Ci sono ancora troppe persone, in un paese benestante come il nostro, a cui le cose vanno molto peggio di come dovrebbero andare". I miglioramenti salariali per i lavoratori dipendenti in realtà sono stati molto meno positivi rispetto a quanto lascerebbero ipotizzare gli elevati aumenti salariali ottenuti nelle contrattazioni collettive. Nella chimica le retribuzioni previste dai contratti collettivi sono salite di oltre il 5%, nella meccanica i lavoratori hanno ottenuto un 4.8% di aumento. Poichè il mercato del lavoro per i lavoratori specializzati in molti casi è caratterizzato dalla carenza di figure professionali, i lavoratori si sono trovati in una posizione contrattuale decisamente migliore.

Che la situazione retributiva non sia buona per tutti è dovuto soprattutto al fatto che sempre meno lavoratori beneficiano della protezione dei contratti collettivi. L'arretramento della percentuale di lavoratori coperti dalla contrattazione collettiva continua da anni e oggi questa percentuale ha raggiunto il 56%. Inoltre è continuata la crescita dei lavori a tempo determinato e dei cosiddetti minijob. Una quota sempre maggiore di lavoratori in Germania ha un basso salario
. 



mercoledì 23 agosto 2017

Il vero obiettivo della "unioncina di trasferimento" di cui si parla a Berlino

Su Makroskop.eu, il sito web di Heiner Flassbeck, un articolo molto interessante di Andreas Nölke prova a far luce sul vero obiettivo della "unioncina di trasferimento" secondo i piani tedeschi: usare i trasferimenti del nord per indebolire le opposizioni euroscettiche nel sud-Europa e supportare gli "sforzi riformatori" dei governi filo-UE.  Andreas Nölke da Makroskop.de


Consapevoli del limitato sostegno di cui godono i piani fiscali dell'UE nell'opinione pubblica tedesca, i grandi partiti non vogliono fornire ad AfD (Alternative fuer Deutschland) nuove munizioni per la campagna elettorale. Dal punto di vista della tattica politica potrebbe anche essere un approccio razionale, non sembra pero' essere una strategia adeguata se l’obiettivo è quello di ridurre la grande distanza che c'è fra i partiti rappresentati al Bundestag e l'opinione pubblica sui temi della politica europea, né sembra essere di aiuto alla fragile legittimazione democratica dell'UE.

Giustificazione e realizzazione di una unione di trasferimento

Per i progressisti la parola chiave "unione di trasferimento" suona bene: senza dubbio il sostegno economico alle debolezze sociali ed economiche altrui è un importante obbligo morale. E cio' è ancora piu' vero se i vantaggi di un'impresa comune sono suddivisi in maniera cosi' disomogenea come nell'Eurozona, di cui la Germania è il principale beneficiario, a scapito dei paesi del sud-Europa. Nell'Europa del sud servirebbero risorse fiscali aggiuntive, come ad esempio quelle necessarie per finanziare una politica di innovazione che possa contrastare l'avanzato processo di deindustrializzazione.

Ci sono diversi approcci all'unione di trasferimento in discussione nell'Eurozona: dall'assicurazione paneuropea contro la disoccupazione alle varie forme di eurobond, o un'assicurazione europea sui depositi bancari, fino ai trasferimenti diretti da un bilancio comune europeo finanziato con la tassazione ("capacità fiscale" oppure "funzione di stabilizzazione macroeconomica"). Tuttavia anche il candidato super-eurofilo Schulz al momento non sembrerebbe pronto ad investire molto capitale politico in queste iniziative. Se ne riparlerà piu’ concretamente solo dopo le elezioni federali di settembre e dopo le elezioni per il parlamento austriaco, ma anche dopo le elezioni del prossimo parlamento italiano, si tratta di una strategia di medio periodo.

Il lato negativo: l'approfondimento del lato autoritario dell'Unione

I progressisti pero’ non dovrebbero esultare troppo presto. Innanzitutto le forme di solidarietà supplementare all'interno dell'Eurozona saranno sempre piu’ legate ad ulteriori diritti di interferenza europea nella politica interna dei paesi destinatari dei trasferimenti. E queste misure saranno tanto piu' draconiane, quanto maggiore sarà il denaro in gioco („The larger and more generous the mechanism, the more national discretion will need to be limited“, cosi' scrive il capo dell’importante Think Tank Bruegel).

Ogni forma di aiuto nella storia degli eurosalvataggi è sempre stata collegata a delle condizioni ben precise, dal primo pacchetto di aiuti per la Grecia fino alla creazione del Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM), la cui possibilità di utilizzo era condizionata dalla ratifica del Fiskalpakt. La prima vittima di questi trasferimenti è sempre stata la democrazia negli stati riceventi, come il caso della Grecia ha chiaramente mostrato anche agli osservatori meno informati sui temi del diritto europeo.


Anche le iniziative attuali mirano ad intensificare i diritti di intervento dell'Unione nel processo decisionale dei singoli paesi membri. Tutti gli accordi raggiunti fino ad ora, dal Six-pack ald Two-pack fino al Fiskalpakt, per i sostenitori di una tale sovranazionalizzazione, non sembrano tuttavia essere sufficienti affinché i paesi del sud-Europa e la Francia si attengano realmente ai programmi di convergenza strutturale. Le abituali formulazioni dei politici francesi e italiani, sulla assurdità economica delle regole europee, indicano che le premesse fondamentali non sono state ancora sufficientemente interiorizzate.

La parola chiave del momento nella lunga serie di misure disciplinari dell'UE è il "Ministero delle Finanze Europeo". Mentre nel sud-Europa questo termine è associato con la creazione di una capacità fiscale per il sostegno dei paesi membri in difficoltà economiche, dal punto di vista tedesco la sua funzione dovrebbe essere quella di vigilare sulla politica di bilancio dei paesi membri. E questo sarebbe un altro crimine nei confronti della democrazia in Europa. Ci dovremmo ricordare che i parlamenti nazionali restano ancora le istituzioni politiche piu' legittime - soprattutto se confrontate con un Ministro Europeo delle Finanze, indipendentemente da come sarà determinato – nella misura in cui la legge di bilancio resta il potere principale di cui dispone ogni parlamento.

Il modo in cui la Germania e i suoi alleati cercano di strumentalizzare i trasferimenti per disciplinare i parlamenti dei paesi europei piu’ riottosi è ben visibile in questi giorni, soprattutto in riferimento all'Europa dell'est e al finanziamento delle politiche di coesione di medio periodo. Per obbligare i parlamenti dell'Europa dell'est ad accettare i rifugiati, oppure per dissuadere la maggioranza di governo polacca dall'applicare la riforma del sistema giudiziario, si fa intendere che i paesi insubordinati nella prossima programmazione dei fondi di coesione saranno trattati in maniera meno generosa. E su questo punto ad esempio si ignora che i paesi in questione, nell'accoglienza del grande contingente di rifugiati arrivato nel 2015, una scelta unilaterale del governo tedesco, non hanno avuto alcuna voce in capitolo. E anche in Germania le maggioranze parlamentari e i governi, sia a livello federale che regionale, da sempre si prendono la libertà di influenzare la nomina dei giudici. E’ di conseguenza assurdo voler mettere la Polonia sotto pressione, senza considerare che la nomina dei giudici da parte dei partiti, praticata dal precedente governo liberale polacco, non ha danneggiato in alcun modo l'UE. E alla fine si dimentica che la pianificazione dei fondi strutturali e di coesione non è un atto di clemenza dei paesi ricchi dell'UE, ma uno degli accordi principali all'intero dell'UE con il quale i paesi economicamente piu' deboli consentono alle imprese dei paesi piu' forti un ampio accesso al mercato e in cambio ricevono i mezzi per la modernizzazione della loro economia. 

L'utilità limitata di una "unioncina di trasferimento"

Ma anche se vogliamo ignorare l’egemonia dei paesi donatori in quanto lato spiacevole di ogni unione di trasferimento, restano nelle proposte attuali un certo numero di aspetti che gli osservatori progressisti dovrebbero guardare con scetticismo. In primo luogo il volume dei trasferimenti sostenibile a livello politico sarà sempre troppo limitato per poter ottenere un miglioramento significativo nelle economie dell'Europa meridionale. Si tratterà sempre di una "unioncina di trasferimento".

L'attuale rapporto mensile del Ministero delle Finanze tedesco rende piu' che chiara la totale avversione del governo federale tedesco ad ogni forma di ampia unione di trasferimento all'interno dell'UE. E se sul tema i socialdemocratici, i verdi o anche i liberali, in quanto partito di coalizione della CDU, riuscissero ad imporre prestazioni piu' alte, le dimensioni dei trasferimenti resterebbero comunque insufficienti, data la scarsa popolarità di ogni aumento delle tasse o del debito, oppure dei tagli di spesa presso gli elettori tedeschi, olandesi e austriaci.

Ma anche gli stessi effetti positivi dei possibili trasferimenti non sono affatto risolutivi. I trasferimenti realizzati fino ad ora nell'ambito degli eurosalvataggi non sono mai arrivati alla popolazione in difficoltà, sono serviti principalmente per il salvataggio delle banche. I trasferimenti sarebbero inoltre incompatibili con la strategia della convergenza strutturale, strategia che vorrebbe rimodellare le economie del sud-Europa secondo l’esempio del capitalismo tedesco. Anche se per buone ragioni si considera questa strategia sbagliata, per lo meno è coerente; in pratica tuttavia verrebbe contrastata con dei trasferimenti pubblici, fatto che metterebbe in discussione il processo di restringimento dei settori vicini allo stato nelle economie del sud-Europa. Nel lungo periodo c'è il rischio di sviluppare un grande Mezzogiorno europeo, permanentemente dipendente dai trasferimenti del nord, con lamentele reciproche e continue fra gli “avidi” paesi donatori e i paesi beneficiari "senza vergogna".

Il vero obiettivo del progetto

Il progetto dell'unione di trasferimento non comporterà un sostanziale miglioramento economico o sociale per le economie piu' deboli dell'Unione (altrimenti si potrebbe sostenere direttamente le economie piu' povere dell’UE, che si trovano tutte fuori dall'unione monetaria). La funzione principale di questo progetto è il miglioramento dell'immagine della Germania e dell'Eurozona nei paesi dell’Europa del sud. L'obiettivo è il sostegno politico ai governi in carica in Francia, Italia e Spagna in modo che possano continuare a portare avanti il processo di convergenza strutturale, anche contro una resistenza crescente. Il riferimento ai trasferimenti dalla Germania, e dagli altri paesi, in questa situazione sarà molto utile per mettere a tacere le critiche verso l'UE da parte dei gruppi e dei partiti di opposizione.

La "unioncina di trasferimento" si farà, anche se Schäuble dovesse opporsi e Söder mettersi di traverso, una opposizione tutta di facciata, per non regalare voti ad AfD. La unioncina di trasferimento – grazie alla politica interna degli stati menzionati - porterà ad una temporanea stabilizzazione della zona Euro. Nel medio periodo pero' la delusione sarà inevitabile su entrambi i lati - da una parte il sud per la mancanza di un vero miglioramento della situazione economica, dall'altro lato il nord per l'ingratitudine degli europei meridionali. La legittimità politica e la stabilità dell'Unione Europea subiranno pertanto ulteriori danni.

Gli amici dell'Europa nel campo progressista hanno fondamentalmente ragione. Un sostegno finanziario al sud da parte del nord è piu' che necessario, in considerazione dei benefici cosi' diversi che i paesi europei hanno ottenuto dalla moneta comune. La potenziale disponibilità alla solidarietà finanziaria nelle società del nord dovrebbe tuttavia essere utilizzata con un altro obiettivo: rendere piu' facile l'uscita dall'euro e la fase di passaggio ad un nuovo sistema monetario, tramite un ampio programma di sostegno finanziario (incluso un taglio del debito), per quei paesi del sud che soffrono e hanno sofferto a causa della loro adesione all'Euro. D'altra parte una duratura unione di trasferimento è politicamente meno popolare ed economicamente non sarà d'aiuto, ma servirà solo a danneggiare in maniera duratura la democrazia in Europa e nel medio termine contribuirà a rafforzare le tensioni fra gli stati membri dell'unione monetaria.

martedì 22 agosto 2017

10,78 miliardi di euro di sussidi sociali Hartz IV che somigliano tanto a sovvenzioni statali per le imprese

Lo stato sociale tedesco tramite Hartz IV garantisce sussidi sociali ai lavoratori che non raggiungono il minimo previsto dalle tabelle Hartz. A fine 2016 oltre 1.150.000 lavoratori percepivano una integrazione salariale dallo stato perché il loro stipendio era troppo basso, il salario minimo lordo per legge nel 2017 è di 8.84 € l'ora. L'introduzione di un minimo salariale nel 2015 ha invertito la tendenza degli ultimi anni, tuttavia sono in molti a considerare le integrazioni salariali un aiuto di stato indiretto alle imprese tedesche le quali possono continuare ad offrire salari al minimo di legge perché tanto sarà lo stato a dover integrare gli stipendi. Un'analisi della situazione da o-ton-arbeitsmarkt.de


Nel 2016 i percettori di un sussidio sociale Hartz IV con un'occupazione hanno ricevuto dallo stato tedesco prestazioni assistenziali per un valore di 10.78 miliardi di euro. I pagamenti agli Aufstocker (occupati che percepiscono un sussidio sociale Hartz IV) rispetto all'anno precedente sono cresciuti di circa 250 milioni di euro, come mostrano gli ultimi dati pubblicati dell'Agenza Federale per il lavoro. Dopo l'introduzione del salario minimo sono stati soprattutto i dipendenti provvisti di assicurazione sociale a dover integrare il loro reddito con un sussidio Hartz IV.

Nel corso del 2016 lo stato in totale ha pagato circa 10.78 miliardi di euro a famiglie di Aufstocker per poter mantenere il loro reddito al livello previsto da Hartz IV. Si tratta di circa 250 milioni di euro in piu' rispetto all'anno precedente - sebbene il numero di famiglie con almeno un Aufstocker sia diminuito. Nel primo anno di applicazione del salario minimo per legge, il 2015, i pagamenti agli Aufstocker, dopo diversi anni di crescita, per la prima volta erano scesi.

L'aumento dei pagamenti agli Aufstocker non puo' essere spiegato solo con l'aumento degli importi dei sussidi Hartz IV previsti dalla legge. Le famiglie degli Aufstocker in media nel 2016 hanno infatti ricevuto 831 euro al mese - 49 euro in piu' rispetto all'anno precedente. Dal 2015 l'importo mensile del sussidio mensile Hartz IV è stato aumentato di 5 euro all'anno. 

Meno Aufstocker con un minijob, piu' lavoratori con assicurazione sociale

Dall'introduzione del salario minimo ad inizio 2015 è diventato chiaro: fra gli Aufstocker ci sono sempre meno minijobber. Nel dicembre 2014 la metà degli Aufstocker erano minijobber. Da allora al gennaio 2017 il loro numero è sceso da 570.000 ad appena 383.000. Fra gli occupati che percepiscono un sussidio Hartz IV, la maggioranza è composta da lavoratori con un'assicurazione sociale. Sebbene nello stesso periodo di tempo il numero degli Aufstocker sia sceso, nel gennaio 2017 c'erano ancora 570.00 lavoratori con un'assicurazione sociale a dover integrare il loro salario con una prestazione Hartz IV.

Il salario minimo sembra aver determinato un cambiamento nella quantità di ore lavorate e nel reddito. In molti sono passati da un minijob ad un lavoro con assicurazione sociale, mentre molti lavoratori dipendenti con un lavoro provvisto di assicurazione sociale sono usciti dalla condizione di Aufstocker. E' possibile anche che molti lavori minori (minijob) siano stati completamente eliminati - e le persone precedentemente occupate siano tornate a dipendere completamente dalle prestazioni Hartz IV.




domenica 20 agosto 2017

Hans Werner Sinn: il QE per la Germania è stato un disastro

Il Professor Hans Werner Sinn, anche se ormai in pensione, non molla e sulla FAZ torna ad attaccare il suo bersaglio preferito: la BCE a guida italiana. Per Sinn la Corte Costituzionale tedesca ha pienamente ragione: la BCE è andata oltre il proprio mandato e per la Bundesbank c'è il rischio concreto di incorrere in perdite che poi dovranno essere coperte dal contribuente tedesco. Per il professore il QE  è stato un disastro e in Germania urge una riflessione profonda sul senso dell'euro-esperimento. Da FAZ.net
La Corte Costituzionale tedesca non molla. Ancora una volta ha voluto ribadire la sua opinione: la BCE con il suo programma di acquisti ha superato i limiti del proprio mandato. E ancora una volta ha formulato una proposta di decisione per la Corte di Giustizia Europea che va direttamente al centro della questione. Questa volta la corte suprema tedesca ha criticato il programma della BCE usando gli stessi argomenti che la Corte Europea aveva formulato per respingere le preoccupazioni tedesche sull'OMT. Mentre il programma OMT è di fatto un'assicurazione gratuita offerta agli acquirenti dei titoli di stato, in quanto la BCE promette agli investitori di ricomprare i loro titoli tossici prima dell'arrivo della prossima crisi del debito sovrano, il programma QE prevede che le banche centrali dell'Eurozona acquistino effettivamente i titoli di stato sul mercato. Entro la fine dell'anno saranno stati acquistati titoli di stato, con del denaro fresco di stampa, per un valore di circa 1.8 trilioni di euro. 

E' particolarmente significativo il fatto che la Corte Costituzionale abbia sottolineato che la BCE non è autorizzata a perseguire una politica che possa causare perdite nel bilancio della Bundesbank. Perdite che poi si trasformeranno necessariamente in un minor reddito da trasferire allo stato tedesco oppure in una ricapitalizzazione della Bundesbank da parte dello stato. Sono accettabili solo minusvalenze dovute alle variazioni del prezzo dei titoli acquistati e che difficilmente potevano essere prevedibili. La Corte Costituzionale si sta chiaramente pronunciando contro l'acquisto di titoli di stato tedeschi da parte della Bundesbank, nel caso in cui questi titoli abbiano a scadenza un rendimento negativo.

Cio' è molto importante perché fino ad ora era sempre stata sostenuta la tesi secondo cui non ci sarebbe nulla da obiettare se la BCE, acquistando titoli tossici, dovesse incorrere in perdite in conto capitale, visto che l'ottenimento di un profitto non appartiene al mandato della BCE. I sostenitori di questa posizione non hanno piu' a disposizione un argomento che fino ad ora avevano ampiamente utilizzato per mettere a tacere chi la pensava diversamente da loro.

Un aspetto che la Corte Costituzionale non discute, ma che prevedibilmente in futuro porterà a delle perdite, sono i saldi all'interno del sistema Target: a causa del programma di Quantitative Easing (QE) da 3 anni continuano a salire e i crediti Target della Bundesbank recentemente hanno raggiunto 857 miliardi di euro. Anche una insolvenza parziale su questi crediti potrebbe essere un multiplo di cio' che la Bundesbank puo' sopportare senza dover essere ricapitalizzata a spese del contribuente. Nel caso di una perdita sul capitale proprio, sempre secondo la Corte Costituzionale tedesca, una ricapitalizzazione pubblica sarebbe inevitabile in quanto è lo stato tedesco ad avere l'onere di ricapitalizzare la Bundesbank in modo da permetterle un adeguato svolgimento della sua attività, come previsto dalla legge.

I crediti Target della Bundesbank erano cresciuti drammaticamente fino ad agosto 2012, quando avevano raggiunto i 751 miliardi di euro, poi  pero' erano scesi fino a 444 miliardi di euro nell'estate del 2014. La risalita a quasi il doppio del valore non puo' che destare una profonda preoccupazione visto che si tratta di crediti probabilmente non del tutto recuperabili. 

Il rifiuto da parte dei mercati finanziari internazionali di continuare a finanziare i disavanzi delle partite correnti dei paesi del sud e dell'Irlanda è stata la ragione principale per l'aumento dei crediti Target fino all'estate 2012. In una tale situazione di emergenza i paesi in crisi hanno iniziato a stamparsi da soli il denaro di cui avevano bisogno per poter adempiere ai loro obblighi di pagamento. Cosi' hanno potuto continuare ad importare piu' merce di quanta non ne esportassero, rimborsare i debiti scaduti che i loro creditori esteri non intendevano piu' rinnovare, e permettere ai loro cittadini piu' abbienti di comprare immobili, titoli e aziende all'estero in modo da poter mettere al sicuro il loro patrimonio. I trasferimenti netti effettuati con il denaro fresco di stampa sono ben visibili nei saldi Target, nella misura in cui spiegano i rapporti debitorii fra le varie banche centrali nazionali.

Questo self-service con la macchina da stampa è stato reso possibile principalmente dal fatto che il consiglio direttivo della BCE ha abbassato al livello spazzatura i requisiti minimi per la qualità delle garanzie richieste in deposito alle banche per poter ottenere liquidità dalla BCE. Le banche centrali dei paesi in crisi hanno elargito a loro piacimento centinaia di miliardi di euro di prestiti di emergenza ELA e hanno sfruttato le possibilità offerte dall'accordo segreto ANFA. La sola banca centrale italiana ha acquistato piu' di 100 miliardi di euro di titoli di stato italiani con denaro auto-stampato.

Il self-service con la macchina da stampa è naturalmente un processo interamente elettronico. Nel concreto erano le banche centrali nazionali a prestare alle banche del loro paese il denaro fresco di stampa, denaro che metteva le banche e i loro clienti in condizione di realizzare ordini di pagamento all'estero senza correre il rischio di diventare illiquide. E' in questa situazione che la Bundesbank si è trovata a dover rifinanziare i crediti speciali elargiti originariamente dalle banche centrali nazionali. 

Con il programma OMT i mercati dei capitali si sono calmati e sono tornati a concedere nuovo credito ai paesi in crisi, fatto che ha riportato i trasferimenti privati alla normalità e causato una riduzione dei saldi Target.

La gioia per la caduta dei saldi Target tuttavia non è durata molto. Dall'estate 2014 i saldi sono tornati a salire costantemente. Come la BCE ha  piu' volte sottolineato, non si trattava piu' di una fuga di capitali, ma di un effetto voluto della sua politica di QE. Spiegazione che la BCE ripete ogni volta solo per calmare l'opinione pubblica. In realtà l'opinione pubblica avrebbe tutte le ragioni per essere preoccupata: la nuova crescita dei saldi Target è il risultato di un gigantesco programma di ristrutturazione del debito in cui i creditori privati sono stati sostituiti dalle banche centrali degli altri paesi.

Poiché ogni banca centrale acquista titoli in proporzione alla dimensione del paese ed è anche responsabile nei confronti dell'Eurosistema per la stessa cifra, a prima vista si potrebbe considerare l'operazione come non problematica. Tuttavia da un lato la Corte Costituzionale sottolinea che la responsabilità autonoma delle singole banche centrali, fortemente voluta dalla Bundesbank, puo' essere revocata in qualsiasi momento dal board della BCE, e dall'altro i titoli oggetto dell'acquisto non sono distribuiti uniformemente nel mondo. Cosi' i possessori dei titoli dei paesi in crisi risiedono in buona parte all'estero, in quanto questi paesi prima della crisi avevano finanziato i loro disavanzi commerciali vendendo le obbligazioni ad investitori stranieri. A causa di questa asimmetria, il riacquisto dei titoli da parte delle banche centrali dei rispettivi paesi di origine ha portato a nuovi trasferimenti netti fra i diversi paesi che hanno fatto nuovamente aumentare i saldi Target.

Per renderlo piu' concreto dobbiamo ipotizzare l'esempio del riacquisto dei titoli di stato spagnoli posseduti da un'assicurazione sulla vita tedesca che li aveva acquistati prima della crisi con i mezzi finanziari che la Germania si era procurata grazie ai suoi avanzi commerciali. Per riacquistare il titolo, la banca centrale spagnola dà alla Bundesbank l'ordine diretto di creare nuovo denaro per poterlo bonificare all'assicuratore. La Bundesbank è obbligata ad accreditare un trasferimento e per farlo ottiene un credito-Target. Questa transazione è uno scambio di beni che trasforma un debito della Spagna nei confronti di un creditore estero, in questo caso l'assicuratore tedesco, su cui maturano degli interessi e da rimborsare ad una certa scadenza, in un debito puramente contabile all'interno dell'Eurosistema e quindi nei confronti della Bundesbank; un debito contabile che non andrà mai a scadenza e su cui si paga un tasso di interesse pari al tasso di rifinanziamento principale della banca centrale. Questo tasso di interesse, con il voto della maggioranza del board della BCE, composta da paesi con una posizione debitoria verso l'estero negativa, è stato portato a zero.

Non c'è dubbio che il debito pubblico spagnolo in quanto tale in questa transazione resta completamente invariato. Tuttavia il reddito da interessi generato dal titolo ed incassato dalla banca centrale sarà poi trasferito allo stato spagnolo. Se la mettiamo cosi' possiamo dire che il debito pubblico da un punto di vista economico è scomparso ed è stato trasformato in un debito contabile della banca centrale spagnola verso l'estero. In Germania l'assicuratore sulla vita ora avrà del denaro invece del titolo spagnolo, ma in realtà questo denaro è un credito nei confronti della BCE, garantito solamente da un credito all'interno del sistema Target. La Bundesbank è stata obbligata a finanziare in maniera retroattiva i precedenti disavanzi correnti della Spagna nei confronti della Germania.

Ma non c'è solo questo. La Bundesbank con il QE di fatto è stata obbligata a partecipare alla pulizia della situazione debitoria della Spagna nei confronti del resto del mondo. Quando ad esempio la banca centrale spagnola riacquista un titolo di stato da un investitore di Shangai e questo investitore con il ricavato acquista una società tedesca, la Bundesbank deve accreditare l'operazione. La Bundesbank resta con un credito Target verso l'Eurosistema, la banca centrale spagnola con un corrispondente debito Target. Il venditore tedesco ha incassato il denaro dalla Bundesbank, ha quindi un titolo nei suoi confronti. Tuttavia la proprietà dell'azienda tedesca ora è in Cina mentre il titolo di debito spagnolo si trova nuovamente in Spagna.

Questo è solo un esempio, tuttavia i venditori europei ed extra-europei dei titoli oggetto del QE spesso hanno scelto di acquistare beni in Germania. E questa è una delle principali ragioni dell'attuale surriscaldamento del mercato immobiliare, evidenziato dal valore record raggiunto dall'indice che misura gli ordini ricevuti dagli architetti e dall'aumento dei prezzi degli immobili. Il denaro creato dalla Bundesbank per coprire gli ordini di pagamento arrivati dall'estero ammonta al 30% di tutta la moneta creata dall'Eurosistema. 

Spesso si sente dire che in fondo le possibili perdite per l'economica tedesca derivanti dai saldi Target sarebbero trascurabili: si verificherebbero solo in caso di rottura dell'euro. Nel caso una banca centrale dell'Eurosistema dovesse diventare insolvente le perdite verrebbero condivise fraternamente. La Germania non si deve preoccupare.

Questa posizione tuttavia non vuole comprendere un elemento centrale: un credito che non ha scadenza e che attualmente e probabilmente per un periodo di tempo ancora molto lungo, definito a piacere dei debitori, corrisponderà un tasso di interesse pari a zero, di fatto non ha alcun valore. Una impresa privata lo metterebbe a bilancio con un valore probabilmente pari a 1 euro. In ogni caso l'obbligo collettivo dell'Eurosistema nei confornti della Bundesbank di corrispondere interessi pari a zero, di fatto non ha nessun valore.

La questione è ancora piu' problematica se si pensa che i saldi Target hanno ormai raggiunto un livello tale che le banche centrali di molti paesi in crisi non potrebbero sostenere nel caso di ritorno ad una normale politica monetaria e a tassi di interesse piu' alti. Se i crediti sottostanti dovessero diventare inesigibili, allora dovrebbero ricorrere al loro capitale proprio, ma non ne hanno abbastanza. In quel caso la garanzia delle singole banche centrali, prevista dagli accordi, non sarebbe molto utile: non si puo' mettere le mani nelle tasche di un uomo nudo. Anche gli stati nazionali non potrebbero fare molto perché una loro responsabilità diretta è esplicitamente esclusa dai trattati europei. E poi perchè dovrebbero farlo, come del resto lo stato tedesco, se l'obbligo di mantenimento delle banche centrali nazionali implica una quantità maggiore di risorse da trasferire ad un altro stato. Per questo io temo che né la banca centrale spagnola né quella italiana, con un debito target di circa 400 miliardi di euro a testa, sarebbero nelle condizioni di onorare i loro debiti nei confronti dell'Eurosistema nel caso in cui i titoli di stato acquistati dovessero perdere una parte del loro valore. E ovviamente all'interno dell'Eurosistema non potrebbero continuare a stampare denaro, visto che a stampare moneta potrebbero tranquillamente pensarci anche le banche centrali dei paesi creditori.

In un modo o nell'altro i crediti Target della Bundesbank già oggi sono solo dei numeri in aria e servono piu' che altro per un'operazione cosmetica sul bilancio, ma di fatto da tempo non riflettono piu' la realtà economica. Anche se l'euro dovesse continuare ad esistere, la Germania dovrebbe prepararsi a rinunciare ad una grossa parte dei suoi crediti Target. Dato che i crediti Target rappresentano la metà del totale delle attività nette sull'estero della Germania, saldo positivo creato grazie all'accumulo degli avanzi delle partite correnti con l'estero, è giusto porsi qualche domanda sul significato complessivo dell'euro-esperimento. La Germania deve finalmente riflettere su quanto dovrà restare aperto il negozio in cui invece di pagare si lascia un conto aperto, dove i crediti del negoziante non hanno mai una scadenza e in cui il proprietario del negozio non puo' pretendere il pagamento degli interessi.