lunedì 6 agosto 2018

H.W. Sinn: perché non possiamo banalizzare i saldi Target (parte seconda)

Sulle pagine della FAZ.net va in onda l'ennesima puntata dell'interminabile dibattito sulla natura dei saldi Target. Questa volta il prof. Sinn risponde a Martin Hellwig e a tutti gli economisti tedeschi che continuano a minimizzare l'importanza dei saldi Target, si arriva da qui. Dalla Faz.net


Le regole per il rimborso dei saldi sono state dimenticate


Nell'euro le regole per il rimborso dei saldi Target sono state "dimenticate". E' quindi perfettamente comprensibile che i vertici dei paesi attualmente in crisi abbiano trovato molto vantaggioso farsi stampare sempre piu' denaro dalla propria banca centrale, invece di farselo prestare negli altri paesi alle normali condizioni di mercato. Centinaia di miliardi di euro sono stati prestati alle banche commerciali locali mediante i crediti Ela e Anfa, con una decisione presa in proprio, e allo stesso tempo i paesi in crisi grazie ai loro voti nel consiglio BCE hanno deciso che le banche centrali nazionali per la concessione dei prestiti di rifinanziamento potevano accontentasi di garanzie sempre peggiori. Hanno potuto accettare perfino titoli spazzatura con un rating BBB. Il margine discrezionale per la definizione dei criteri è stato molto ampio.


Le banche commerciali dei paesi sovra-indebitati hanno poi trasferito all'economia privata, a condizioni estremamente favorevoli rispetto a quelle di mercato, tutta questa liquidità stampata nella tipografia nazionale. Cio' ha permesso di fare sempre piu' trasferimenti netti verso gli altri paesi senza che la liquidità nazionale si prosciugasse. Si tratta di un aspetto decisivo di cui Hellwig non si occupa. Le banche centrali del sud, con la loro enorme creazione di credito, hanno marginalizzato gli investitori internazionali i quali hanno sviluppato una sempre maggiore riluttanza a finanziare il crescente debito pubblico e privato nell'Europa meridionale.

La marginalizzazione del mercato dei capitali privato attraverso la rinuncia ad un premio di rischio adeguato per uno specifico paese rappresenta una distorsione fondamentale nella allocazione del capitale che nel lungo periodo rende l'Europa piu' debole. Non è un problema transitorio e nemmeno una questione di eredità del passato, piuttosto un problema strutturale e permanente che puo' affondare l'Europa se non viene risolto.

La creazione asimmetrica di moneta è solo una delle ragioni della crescita dei saldi Target. Dal 2015 si sono poi aggiunti gli acquisti nell'ambito del programma di QE che nel frattempo hanno raggiunto i 2.4 trilioni di euro e che per circa la metà del loro importo hanno riguardato investitori non appartenenti all'area dell'euro. Poiché gli investitori hanno trasferito i loro proventi soprattutto in alcuni paesi del nord dell'eurozona, soprattutto in Germania, per poter poi investire il loro denaro in questi paesi, le  banche centrali coinvolte si sono trovate costrette a fornire la liquidità richiesta, fatto che ha portato ad un ulteriore aumento dei saldi Target.

Scambio fra i titoli di debito pubblico cartolarizzati e debiti Target

Il procedimento tecnico di cui la BCE in questo contesto parla volentieri implica che nel portafoglio degli investitori di tutto il mondo una grande quantità di titoli di stato del sud-Europa sia stata sostituita da attività di ogni tipo provenienti dalla Germania, mentre i venditori residenti in Germania, incluse le banche, che hanno messo a disposizione dei loro clienti i conti bancari hanno ricevuto in cambio dei pagamenti in euro dalla Bundesbank, la quale a sua volta è stata compensata con dei crediti Target nei confronti dell'eurosistema. Si tratta di una enorme azione di ristrutturazione del debito a cui la Bundesbank ha dovuto partecipare forzosamente.

I paesi sovra-indebitati dell'Eurozona hanno potuto sostituire il loro debito pubblico cartolarizzato verso investitori privati, i quali a volte possono anche diventare noiosi, con dei comodi debiti Target nei confronti dell'eurosistema e quindi sostituire indirettamente i creditori privati con la Bundesbank. Allo stesso tempo gli investitori di tutto il mondo hanno avuto la possibilità di scambiare i loro titoli di stato del sud-Europa con delle azioni, delle aziende, delle partecipazioni o altre attività. Certamente fra i portafogli salvati ce n'era anche qualcuno tedesco, cosa che avrà sicuramente fatto rallegrare alcuni gestori di fondi tedeschi. Questi tuttavia avrebbero potuto essere salvati in maniera diretta risparmiando molto denaro, se solo lo si fosse voluto. Non era certo necessario salvare tutti i fondi pensione investiti nell'Europa del sud. Il giubilo che il programma di QE ha scatenato a Wall Street e a Londra dovrebbe destare qualche preoccupazione.

Draghi: l'Italia deve saldare per intero il debito Target

In particolare il pericolo si materializzerebbe se un paese o piu' paesi dovessero lasciare l'eurosistema. Se l'eurosistema nel complesso dovesse collassare, la parte tedesca dell'area valutaria si troverebbe su di un enorme montagna di moneta creata dalla banca centrale, troppo grande per un solo paese e con enormi rischi di inflazione. La Bundesbank dovrebbe quindi avviare una riforma monetaria oppure incassare il denaro per poi bruciarlo, ad esempio vendendo titoli pubblici che in precedenza aveva ricevuto in regalo dal tesoro tedesco. Questo scenario è la minaccia con l'aiuto della quale la Germania nei prossimi anni potrebbe essere costretta ad entrare in una unione di trasferimento. Le perdite in quel caso si manifesterebbero nel bilancio dello stato.

Sarebbe molto scomodo anche se un singolo paese come l'Italia dovesse minacciare l'uscita. In una lettera a 2 deputati Cinque Stelle Mario Draghi ha dichiarato che l'Italia in caso di uscita dalla moneta unica avrebbe dovuto saldare interamente il suo debito Target. Secondo Martin Hellwig, tuttavia, non vi è alcuna base giuridica per fare cio', e anche se fosse obbligata a farlo, di fatto Banca d'Italia potrebbe anche non adempiere ai suoi obblighi perché i suoi attivi sarebbero costituiti da lire svalutate e sul lato del passivo del bilancio ci sarebbero i debiti Target in euro. In un modo o nell'altro la Germania dovrebbe sopportare una perdita in proporzione pari al 31% del debito Target italiano mentre non sarebbe possibile annullare né l'acquisto dei titoli di stato fatto da Banca d'Italia né il trasferimento di merci e attività tedesche agli stranieri.

Che lo stato italiano in questo caso sia solvente o meno, contrariamente all'opinione di Hellwig, non ha alcuna importanza, perché i titoli di stato italiani che Banca d'Italia ha acquistato appartengono solo a lei, e non sono garantiti dall'eurosistema. Si tratta in primo luogo degli stessi saldi Target.

Avrei preferito che ad occuparsi dei saldi Target al posto dei tecnocrati dell'eurosistema almeno una volta nella storia dell'eurozona vi fossero stati dei rappresentanti eletti democraticamente affinché l'opinione pubblica possa finalmente capire cosa sta realmente accadendo.

H.W. Sinn: non possiamo banalizzare i saldi Target (prima parte)

Sulle pagine della FAZ.net va in onda l'ennesima puntata dell'interminabile dibattito sulla natura dei saldi Target. Questa volta il prof. Sinn risponde a Martin Hellwig e a tutti gli economisti tedeschi che continuano a minimizzare l'importanza dei saldi Target . Dalla Faz.net


La crescita dei saldi Target obbliga la BCE a fare chiarezza. Il suo presidente cerca di schivare le domande relative al loro rimborso, ad una loro limitazione o alle garanzie e accusa ogni critico di volere la fine l'euro. Il presidente del DIW nonché ex-dipendente della BCE Marcel Fratzscher ritiene invece che i critici della BCE siano vicini ad AfD e li accusa di voler creare il panico. Altri ipotizzano almeno un sentimento anti-europeo. Molti giornalisti in previsione del superamento del limite del trilione di euro hanno preso parte ad un'azione di rassicurazione concordata e preventiva. Evidentemente il nervosismo sta crescendo. 

Anche  Martin Hellwig si unisce alle loro fila. Quando il tema dei saldi Target emerse per la prima volta egli lavorava alla BCE come responsabile per il monitoraggio dei rischi macroeconomici. Anche allora per lui si trattava solo di banali saldi. Ora si difende, ma senza portare argomenti convincenti.


I crediti Target della Bundesbank sono un attivo, ovvero un credito non garantito nei confronti dell'eurosistema sul lato sinistro del bilancio (dare), compensato dalle passività delle altre banche centrali sul lato destro (avere). Cosi' la banca centrale spagnola al momento conta circa 400 miliardi di euro e quella italiana circa 500 miliardi di euro di debiti Target. La stessa Francia si trova con 80 miliardi di euro in terreno negativo.

I saldi Target sono molto piu' di semplici operazioni di compensazione

Continuare a parlare di semplici operazioni di compensazione nel contesto del sistema di pagamento Target è una banalizzazione fuorviante, in quanto i saldi Target misurano i trasferimenti netti da altri paesi verso la Germania. Trasferimenti che hanno obbligato la Bundesbank ad eseguire degli ordini di pagamento per conto delle altre banche centrali. Sono stati rimborsati dei debiti in Germania e poi con il denaro incassato sono stati realizzati degli acquisti nel paese. In questo modo è finita in mani estere una quantità netta di beni e attività come azioni, titoli di debito, società, case e conti bancari per un valore complessivo di circa 1.000 miliardi di euro, senza che per questo sia tornata indietro alcuna sostanza reale. I crediti della Bundesbank nelle statistiche della bilancia dei pagamenti sono registrati come una parte del patrimonio estero tedesco e corrispondono alla metà delle attività estere nette complessive della Germania.

La Bundesbank con gli ordini di trasferimento produce del cosiddetto "denaro esterno" (Außengeld), per il quale a differenza del "denaro interno" (Innengeld), prestato alle banche nazionali, riceve un credito Target nei confronti dell'eurosistema e quindi indirettamente nei confronti delle altre banche centrali dell'eurosistema. Dal punto di vista dei singoli beneficiari tedeschi dei pagamenti, l'origine del denaro è indifferente, tuttavia quello che ricevono è denaro della banca centrale: un credito nei confronti della propria banca centrale e quindi nei confronti di un'istituzione che appartiene a loro in quanto cittadini.

Se i crediti Target nei confronti delle altre banche centrali dovessero venire meno, la Germania non sarebbe in alcun modo rimborsata per i beni e le attività, compresi i titoli di debito rimborsati, che sono stato trasferiti agli stranieri. In questo caso i contribuenti tedeschi avrebbero rimborsato i debiti degli stranieri e avrebbero pagato per gli stessi beni e le attività patrimoniali consegnate. Per le eventuali perdite della Bundesbank sarà il contribuente tedesco a dover essere responsabile, sia rinunciando alla distribuzione degli utili che attraverso una ricapitalizzazione della Bundesbank, fra loro equivalenti.

Un fido bancario

Secondo la mia interpretazione i crediti Target della Bundesbank sono paragonabili ad un fido bancario nell'ambito dei rapporti dell'eurosistema, simili ai diritti speciali di prelievo del FMI oppure ai limiti di credito concessi alle banche centrali nell'ambito dei sistemi a cambio fisso.

Hellwig mette in dubbio la natura creditizia dei saldi Target in quanto egli ritiene che la Bundesbank sia una filiale della BCE, e considera "semanticamente priva di senso" un'analisi dei flussi di pagamento internazionali basata sull'economia tedesca, in quanto, dietro ai pagamenti ci sono sempre delle persone e delle istituzioni, la cui classificazione per nazionalità, secondo lui, non è importante.

In questo modo egli porta il corso della storia molto avanti, perchè lo stato europeo, che forse consentirebbe una tacita rinuncia nei confronti delle rivendicazioni verso gli altri paesi, in Europa non è stato ancora fondato. Fino ad ora i beni della Bundesbank appartengono ancora allo stato tedesco. La Corte Costituzionale tedesca ha ripetutamente sottolineato che la Bundesbank non deve sottomettersi ad un meccanismo di pagamento a favore di altri paesi.

Anche gli Stati Uniti, che sono uno stato unico, vengono divisi in ulteriori 12 distretti della banca centrale con un proprio bilancio. I saldi Target (li' denominati saldi Isa) negli Stati Uniti vengono compensati annualmente attraverso il trasferimento di titoli fruttiferi negoziabili. Di conseguenza molti trasferimenti inter-distrettuali per compensare i deficit di finanziamento locali vengono realizzati dalle banche commerciali alle condizioni di mercato.

Le regole per i rimborsi sono state dimenticate

Nell'euro le regole per il rimborso dei saldi sono state "dimenticate". E' quindi comprensibile che i vertici dei paesi attualmente in crisi abbiano trovato molto attraente farsi stampare sempre piu' denaro dalla propria banca centrale, invece di farselo prestare negli altri paesi alle normali condizioni di mercato. Centinaia di miliardi di euro sono stati prestati alle banche commerciali locali mediante i crediti Ela e Anfa, con una decisione propria, e allo stesso tempo i paesi in crisi grazie ai loro voti nel consiglio BCE hanno deciso che le banche centrali nazionali potevano accontentasi di garanzie sempre peggiori per la concessione dei prestiti di rifinanziamento. Hanno potuto accettare perfino titoli spazzatura con un rating BBB. Il margine discrezionale per la definizione dei criteri è stato molto ampio.

CONTINUA (parte seconda)>>



domenica 5 agosto 2018

Il nuovo esperimento migratorio tedesco

L'economia tedesca ha fame di manodopera a basso costo non particolarmente qualificata e allora il governo si fa dettare dalle associazioni dei datori di lavoro una nuova legge sull'immigrazione fatta apposta per portare in Germania un'altra ondata di Gastarbeiter. Invece di rendere i posti di lavoro piu' attraenti aumentando lo stipendio e riducendo il carico di lavoro gli industriali e il governo preferiscono reclutare da tutto il mondo forza lavoro altamente ricattabile. Il modello per il futuro saranno le leggi per l'immigrazione dai Balcani occidentali. Ne parla die Welt


La domanda della Bundesagentur für Arbeit (BA) è molto diretta: "Stai pensando di costruirti un futuro in Germania?". Cosi' è scritto su di un sito web rivolto ai cittadini dei Balcani occidentali. C'è anche il riferimento al fatto che le domande di asilo provenienti da questi paesi "praticamente non hanno nessuna possibilità di successo". Ma c'è una controproposta: le persone interessate possono provare a venire in Germania attraverso il cosiddetto regolamento per i Balcani occidentali. Per farlo c'è bisogno di solo 2 cose: un contratto di lavoro e un visto.

Questo regolamento in vigore dal 2016 è un esperimento di politica migratoria: al culmine della crisi dei rifugiati il governo federale ha allentato le norme per i lavoratori migranti provenienti da Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Macedonia, Montenegro e Serbia. Da allora in Germania possono fare quasi tutti i lavori, di ostacoli ce ne sono pochi. La BA deve tuttavia prima verificare se per la stessa posizione si è candidato anche un tedesco. Inoltre dal regolamento sono escluse le persone che nei 2 anni precedenti hanno fatto domanda di asilo. L'obiettivo dell'esperimento: frenare la migrazione irregolare da questi paesi e alleggerire il peso per il sistema di asilo tedesco.

Pare che abbia funzionato, perché il governo federale ne sta attualmente considerando l'estensione. Il regolamento per i Balcani occidentali potrebbe essere il "prototipo per accordi con altri paesi", ha affermato la cancelliera Angela Merkel (CDU) nella sua conferenza stampa estiva a metà luglio. Di quali paesi dovrebbe trattarsi tuttavia non lo ha detto. Ma ad essere presi in considerazione sono soprattutto quelli dell'Africa occidentale. Dopotutto da questi paesi un numero molto elevato di persone vorrebbe raggiungere l'Europa. Ma il regolamento per i Balcani occidentali è adatto come modello? Quali sono le sfide?

In effetti il numero dei richiedenti asilo provenienti dai Balcani occidentali dopo l'introduzione del regolamento è diminuito drasticamente: dai 141.000 del 2015 ai 20.000 dello scorso anno. Diversi fattori sono responsabili: nel frattempo questi paesi sono stati riclassificati come paesi di origine sicuri. Oppure sono state le campagne informative in luogo con le quali il governo federale mette in guardia dalla bassa probabilità di successo di una domanda di asilo.

Ma la migrazione nell'ambito del regolamento per i Balcani occidentali ha funzionato anche come una valvola. Solo lo scorso anno oltre 25.000 Gastarbeiter provenienti dai paesi della regione hanno ottenuto un visto per la Germania. L'interesse principale è stato per le costruzioni, l'ospitalità e la sanità. Si tratta di settori che soffrono in maniera particolare per la mancanza di personale.

"Il regolamento per i Balcani occidentali ha aiutato il settore delle costruzioni" afferma Felix Pakleppa, presidente della Zentralverband Deutsches Baugewerbe (ZDB). "Siamo molto soddisfatti" con le qualifiche e l'impegno dei lavoratori. Cose simili si possono ascoltare anche dall'Associazione tedesca degli hotel e dei ristoranti (Dehoga). "E' naturale" che le imprese del settore ricorrano al regolamento per i Balcani occidentali, racconta Ingrid Hartges, presidente dell'Associazione federale Dehoga. Per l'associazione il modello è il prototipo per una nuova legge sull'immigrazione di lavoratori qualificati: "l'orientamento verso un contratto di lavoro concreto e controllabile presenta dei vantaggi rispetto ad un sistema a punti astratto".

Cresce la pressione sui lavoratori poco qualificati

Stephan Thomae, leader del gruppo parlamentare della FDP al Bundestag accoglie con favore il modello: il regolamento per i Balcani occidentali è uno "strumento adeguato per facilitare la migrazione legata al mercato del lavoro e allo stesso tempo limitare l'accumularsi delle domande di asilo". Matthias Lücke, esperto di migrazione presso l'Institut für Weltwirtschaft (IfW) è piu' prudente nella sua valutazione del regolamento. Anche lui ritiene che l'apertura del mercato del lavoro possa essere uno strumento per limitare l'immigrazione irregolare. E' tuttavia necessario monitorarne "l'impatto sul mercato del lavoro e i possibili abusi".

Lücke sottolinea che i lavoratori poco qualificati già in Germania potrebbero subire una certa pressione. In considerazione dell'attuale congiuntura economica 20.000 visti di lavoro non sono un problema. Se dovessero essere molti di piu' bisognerebbe allora verificare se c'è un impatto negativo sulle persone con qualifiche professionali simili. E Lücke ci vede un altro problema. I Gastarbeiter sono estremamente dipendenti dal datore di lavoro, afferma il ricercatore. Avrebbero paura di essere espulsi nel caso in cui dovessero perdere il loro lavoro. "Le possibilità di abuso sono evidenti".

A cio' si aggiunge quanto racconta Dragana Bubulj del centro di consulenza del sindacato confederale tedesco di Mannheim „Faire Mobilität“. Ogni mese si presentano da noi dalle 3 alle 5 persone arrivate in Germania nell'ambito del regolamento dei Balcani Occidentali. "Ci segnalano problemi con l'alloggio e gli alti canoni di locazione, oppure ci raccontano che devono lavorare oltre 10 ore al giorno e fare straordinari che non vengono pagati". Spesso in busta paga si ritrovano delle detrazioni ingiustificate.

Bubulj ci parla di un caso estremo in cui la BA ha dato all'imprenditore istruzioni precise concernenti l'orario di lavoro e l'ammontare della retribuzione: "il datore di lavoro semplicemente non vi si era attenuto e aveva registrato il contratto come un mini-job". Il Gastarbeiter percepiva 450 euro al mese - per un lavoro a tempo pieno.

Non esiste una statistica sui casi di abuso. La Bundesagentur für Arbeit comunica che fino ad ora ci sono stati solo singoli rapporti di lavoro con caratteristiche discutibili. La BA raccoglie regolarmente i dati presso le aziende che impiegano un lavoratore nel quadro del regolamento dei Balcani occidentali. Tuttavia cio' avviene solo per scritto.

C'è anche un altro problema fondamentale concernente l'attuazione del regolamento dei Balcani occidentali: non tutti i migranti che hanno un contratto di lavoro con un'azienda tedesca ce la fanno ad arrivare in Germania. Le ambasciate tedesche sono piu' che sovraccarche con il trattamento delle domande di visto. Il tempo di attesa per un appuntamento arriva fino ad un anno.

Per l'economia questo è il vero punto debole del sistema. E' soprattutto l'occupazione stagionale a soffrirne, afferma Ingrid Hartges dell'Associazione federale Dehoga. "Se il visto e il permesso di lavoro sono disponibili solo durante o verso la fine della stagione, non sarà piu' possibile un impiego ragionevole della forza lavoro".

Anche il governo federale ritiene necessaria una riforma. Si cerca di ridurre i tempi di attesa aumentando il personale nelle ambasciate e nei consolati, è scritto in una recente risposta del governo ad una interrogazione parlamentare della Linke. I locali disponibili presso gli uffici per il rilascio dei visti sono già "pienamente utilizzati". A Pristina, la capitale del Kosovo, è in programma la locazione di un ulteriore edificio.

Se l'espansione nel lungo periodo valga la pena, è tuttavia discutibile. Per il momento la scadenza del regolamento dei Balcani occidentali è prevista per il 2020.

sabato 4 agosto 2018

Flassbeck: qual'è la vera agenda politica di Hans Werner Sinn?

Hans Werner Sinn è solo un professore in pensione con la libertà di dire tutto quello che gli passa per la testa oppure l'ideologo di una campagna anti-euro e nazionalista che serve solo a portare acqua al mulino di AfD? Risponde il grande economista Heiner Flassbeck, il quale consiglia ai suoi colleghi di prendere le distanze da Sinn e dai suoi toni nazionalisti e razzisti. Da Makroskop.eu


Avevo già posto questa domanda nel contesto della nostra discussione sui saldi Target, e cioè: qual'è il senso dei continui avvertimenti lanciati dagli economisti allarmisti i quali tuttavia non parlano mai delle cause della miseria? Questa volta è il leader indiscusso di questa specie, il prof. Hans Werner Sinn, a prendere ancora la parola in occasione del ventennale dell'euro per affermare apparentemente senza senso che l'euro non sarebbe stata una storia di successo. Bisogna pertanto chiedersi a questo punto: qual'è l'agenda politica seguita dall'uomo che ama profilarsi come uno scienziato neutrale?

Sinn nella suo commento su Handelsblatt scrive:

"Se consideriamo come punto di inizio la fissazione dei tassi di cambio nel maggio 1998, l'euro ha 20 anni. Nel primo decennio nel sud-europa c'è stato un lungo party, nel secondo invece a dominare sono state le conseguenze della sbornia - il terzo decennio inizia invece nel segno di una crescente radicalizzazione politica".

I quattro quinti delle osservazioni dell'uomo, che ricordiamolo voleva imporre alla Germania una radicale riduzione salariale, sono rivolte al sud-Europa, che per lui è composto da Italia, Spagna, Portogallo e Grecia. Il sud-Europa con i suoi "party", secondo Sinn, nei primi 10 anni avrebbe gettato le basi per la crisi dell'Eurozona che poi è continuata fino ad oggi, soprattutto a causa della politica irresponsabile della BCE e a causa dei saldi Target, chiaramente a spese dei tedeschi. 

Sulla Francia non fa una parola e il disastroso ruolo tenuto dalla Germania durante tutta la crisi viene ovviamente taciuto dal "grande" economista tedesco. Solo gli altri - secondo Sinn - con una certa leggerezza avrebbero perso la loro competitività e ora non ne vogliono sapere di assumersi la responsabilità delle conseguenze.

Dove a "governare sono i socialisti radicali"

Che l'analisi economica di Sinn sia priva di senso, lo abbiamo mostrato  molte volte (qui ad es.), motivo per cui non voglio ripeterlo. L'analisi fatta dal professore emerito di macroeconomia tuttavia è alquanto grottesca. Si rammarica per la situazione economica ancora miserabile nei 4 paesi del sud-Europa riferendosi soprattutto al basso livello di produzione industriale e all'ancora elevato livello di disoccupazione giovanile. Ma poi arriva ad una valutazione politica che ci mostra una volta per tutte quale sia il suo orientamento politico. Egli scrive:

"in questi paesi governano dei socialisti radicali che non vogliono saperne della disciplina di bilancio, in Italia i vecchi partiti sono stati spazzati via. Il governo radicale composto da Lega e Cinque Stelle con la protezione degli altri paesi della zona euro vorrebbe prendere in prestito molto piu' denaro di quanto non stia già facendo e minaccia di lasciare l'euro, se l'UE dovesse negarglielo".

E' piu' che assurdo, si tratta di una perfida e senza dubbio deliberata distorsione della situazione politica. In Grecia, come sanno anche i bambini, da tempo non governano più' i socialdemocratici eletti democraticamente per la prima volta nel gennaio 2015, ma la Troika, che ha allontanato i socialisti da ogni forma di socialdemocrazia e ha imposto una rigorosa politica neoliberista. In Portogallo, il partito socialista di Antonio Costa è salito al potere nel 2015 perché il precedente governo conservatore stava spingendo il paese sempre piu' in crisi. Da allora l'economia per la prima volta ha iniziato a stabilizzarsi. Il ministro delle finanze di questo governo nel frattempo è diventato il capo dell'Eurogruppo, fatto che sicuramente non avvalora la tesi che in questo paese vi siano al potere i socialisti radicali.

Ancora piu' incredibile è l'analsi delle condizioni politiche in Spagna fatta da Sinn. Li' i socialdemocratici di Pedro Sánchez, poco meno di due mesi fa, hanno preso il potere dai conservatori (con un voto di sfiducia), i quali erano rimasti al potere dal 2011 al 2018 con Mariano Rajoy. Ma non è tutto. Anche il nuovo governo italiano viene considerato fra i socialisti perché vorrebbe aumentare l'indebitamento.

L'agenda politica è nazionalista

E' tutto cosi' assurdo che non c'è altro da dire in merito. Ma cio' mostra chiaramente quale sia l'agenda politica di chi scrive tali assurdità. Non diversamente da quanto accade con il dibattito sui saldi Target, sotto l'apparenza delle scienziato, il vero obiettivo è quello di fare campagna contro l'euro. In questo modo pero' sta facendo propaganda, sicuramente in maniera consapevole, per coloro che da una prospettiva tedesco-nazionalista chiedono la fine dell'euro e che sulle loro bandiere hanno scritto un programma economico neoliberista. L'intero vertice di AfD con Meuthen, Gauland e Weidel saluta e ringrazia.

Negando ogni colpa tedesca, alimentando il risentimento oggettivo nei confronti delle altre nazioni e dando tutte le colpe ai socialisti si prendono piu' piccioni con una fava. Se lo fai dietro dall'apparenza di uno scienziato funziona particolarmente bene, perché la grande massa della popolazione è entusiasta quando i suoi pregiudizi possono essere confermati scientificamente. 

Di quanto tempo ancora avranno bisogno gli scienziati attivi nelle università tedesche per capirlo e per prendere le distanze da uno di loro che da sempre è al limite della serietà ma che ora sembra aver palesemente superato questo limite e che si è messo alla guida di una campagna politica nazionalista?

martedì 31 luglio 2018

Sogno di una bomba di mezza estate

Die Welt riapre il dibattito, in realtà mai chiuso, sulla necessità di dotare la Germania di una propria bomba atomica. Per ora sembra piu' che altro una discussione buona per le pagine estive dei quotidiani, ma in futuro potrebbe trasformarsi in qualcosa di molto piu' concreto, soprattutto se i francesi fossero d'accordo. La campagna per una bomba atomica tedesca va avanti da anni, ne avevamo parlato qui e anche qui, e sicuramente la cosiddetta "stampa di qualità" tornerà a parlarne. Ne scrive Die Welt


La Germania ha bisogno della bomba? Si', afferma il politologo Christian Hacke. Per lui la difesa nazionale in futuro avrà bisogno di una propria capacità di deterrenza. Dopo le uscite del presidente americano Donald Trump al Vertice Nato e i suoi attacchi verbali nei confronti della Germania, secondo Hacke, i tedeschi dovrebbero rendere la loro sicurezza indipendente da quella degli americani. 

"Nel suo nuovo ruolo di nemico numero uno del presidente americano, la Germania dovrà ripensare radicalmente la sua politica di sicurezza", scrive Hacke in un suo contributo sulla "WELT am SONNTAG". Non c'è bisogno di fare allarmismo, tuttavia bisogna affermare con sobrietà: "per la prima volta dal 1949 la Germania si trova senza lo scudo nucleare degli Stati Uniti e in caso estremo oggi sarebbe vulnerabile". In considerazione di questa nuova situazione dovremmo porci la domanda: "come dovremmo gestire una potenziale potenza nucleare tedesca?".

Hacke sostiene la necessità di un'arma nucleare per la Germania. "Affinchè gli USA e la Nato riconoscano la necessità di difendere la Germania, i tedeschi dovranno pensare e agire in maniera lungimirante prendendo in considerazione anche il deterrente nucleare". Sarebbe ottimale "poter scoraggiare ogni potenziale aggressore con un deterrente nucleare". Inoltre le armi nucleari avrebbero soprattutto una funzione politica: "proteggere un paese in situazione di crisi dalla ricattabilità. La diplomazia di crisi ha successo solo se ha un potente sostegno militare", cosi' Hacke.

Sono pochi tuttavia i diplomatici, i militari e gli scienziati a condividere la tesi di Hacke. Sono in molti tuttavia a ritenere necessario un dibattito sul tema. La riflessione sul tema del nucleare deve comunque essere affrontata, afferma lo storico e giornalista Michael Wolffsohn: "altrimenti la Germania finirà per essere una palla da gioco anziché un giocatore della politica mondiale. Si tratta in definitiva della sopravvivenza della Germania".

Anche l'ex diplomatico nonché attuale vice-capogruppo parlamentare della FDP Alexander Graf Lambsdorff ritiene importante "discutere pubblicamente la questione delle armi nucleari. Perché con la fine della Guerra Fredda, in realtà non è finita l'era delle armi nucleari - puo' anche non piacere, ma la realtà è questa".

La Germania potenza nucleare non aumenterebbe tuttavia la sicurezza dell'Europa, piuttosto causerebbe ulteriori danni all'ordine mondiale multilaterale. "Non solo dovremmo uscire dal Trattato di non proliferazione, ma anche il trattato "due piu' quattro" impone alla Germania dei limiti al riarmo. Alla luce della storia i nostri vicini hanno dato grande valore a questo tema", secondo Lambsdorff.

L'ipotesi che i timori dei vicini siano stati superati è sbagliata: "la Germania viene vista ancora con sospetto". Cio' è dovuto principalmente al fatto che Berlino, anche dopo la riunificazione, sulle questioni strategiche internazionali non ha sviluppato una cultura della discussione che va al di là dei circoli di esperti, anche dopo la riunificazione. "Cio' rende piu' difficile per gli altri paesi valutare le reali intenzioni della Germania. Dobbiamo articolare piu' chiaramente il modo in cui ci immaginiamo la sicurezza della Germania nell'alleanza. Il mormorio sospetto nella tenda della birra di Trudering oppure il Trump-bashing alla Heiko Maas non possono sostituire una linea chiara e netta", afferma Lambsdorff.

Dal punto di vista della FDP la sicurezza della Germania in ogni caso è garantita dalla Nato e dall'UE. "I nostri alleati li' ci conoscono, e li' dobbiamo mettere in chiaro che noi condividiamo la dottrina nucleare dell'alleanza, e che non stiamo rincorrendo una nostra arma nucleare".

"Berlino si isolerebbe a livello internazionale"

Anche l'ex consigliere della Cancelleria Horst Teltschik respinge le riflessioni di Hacke bollandole come "stimolanti e provocatorie". "Il riarmo nucleare della Germania sarebbe in politica interna una dura prova e scuoterebbe gli equilibri di potere generali nell'UE e in tutta Europa". Teltschik si pronuncia invece in favore di un maggior impegno nel disarmo e nel controllo delle armi: "purtroppo l'argomento è scomparso dall'agenda internazionale. Cio' deve essere modificato".

Per Peter Ammon, ex ambasciatore a Washington e a Londra, l'acquisizione di un proprio deterrente nucleare sarebbe una chiara rottura con i trattati internazionali. "La Germania resterebbe isolata e diverrebbe l'obiettivo delle critiche dei suoi partner e presumibilmente anche delle sanzioni degli Stati Uniti. Anche a livello internazionale Berlino si metterebbe dalla parte del torto e si isolerebbe: facendo l'opposto di quello che è stato il filo conduttore della politica estera tedesca nel dopoguerra".

Inoltre, lo sviluppo di una capacità nucleare richiederebbe molti anni: "in questo periodo, dal punto di vista della sicurezza politica, ci troveremmo nel peggiore dei mondi possibili".

Ammon sconsiglia vivamente di portare avanti il tema dell'arma nucleare in Germania: "I tweet folli del presidente americano Trump non sarebbero certo accettati dai nostri alleati come un motivo sufficiente per distruggere il regime globale di non proliferazione delle armi che è da sempre un interesse chiave della Germania. La perdita di fiducia sarebbe catastrofica".

Tuttavia le antiche certezze della politica di sicurezza devono essere messe in discussione. Se gli USA non dovessero piu' garantire la sicurezza nazionale tedesca, egli sarebbe favorevole ad "una soluzione europea radicale", vale a dire: "un accordo fondamentale e coraggioso con la Francia che preveda una profonda integrazione fra i  2 stati". Una politica di difesa di entrambi gli stati che comprenda anche le forze nucleari francesi.

"Piani simili che oggi a prima vista potrebbero sembrare sorprendentemente radicali, erano già stati formulati negli anni '50. Abbiamo bisogno del coraggio di pensare in una nuova dimensione, anche in politica estera", afferma Ammon. In effetti, secondo un rapporto del servizio scientifico del Bundestag del 2017, dal punto di vista del diritto internazionale sarebbe possibile cofinanziare le armi nucleari francesi o britanniche per poi partecipare in seguito a questo scudo difensivo.

L'Europa potrà affermarsi nei confronti della Russia, della Cina e degli Stati Uniti solo se la Germania è politicamente, economicamente e militarmente forte, analizza Harald Kujat, ex ispettore generale della Bundeswehr. Per garantire la propria sicurezza, anche nel nuovo mondo multipolare, la Germania deve restare ancorata all'alleanza nord-atlantica: "un corso solitario da potenza nucleare metterebbe a repentaglio queste solide basi della nostra sicurezza", secondo Kujat. "Perché la Russia costruirebbe un contrappeso nucleare eurostrategico, con rischi politici e strategici significativi per la nostra sicurezza e quella dei nostri alleati".

domenica 29 luglio 2018

Perché il ricalcolo delle quote BCE sarebbe un problema per il debito italiano

Ai tedeschi il programma di acquisto titoli della BCE non piace proprio e in previsione del ricalcolo delle quote di capitale nel 2019 Die Welt si lascia andare allo Schadenfreude: nella nuova BCE la Germania sarà ancora piu' forte e si potranno acquistare sempre meno titoli italiani, non è da escludere una nuova crisi debitoria nel sud-Europa. Ne parla Holger Zschäpitz su Die Welt


(...) Ironia della sorte, proprio nel sesto anniversario del „whatever it takes“, la promessa con cui Draghi nel 2012 in solitaria ha praticamente salvato l'euro e ha garantito alla zona euro un programma anti-crisi durato fino ad oggi, il presidente della BCE è sembrato alquanto abbottonato quando gli è stato chiesto come dovrebbe avvenire concretamente l'uscita dal programma di acquisto titoli.

Il tempo a disposizione del consiglio BCE sta per scadere. Dal 2015 la BCE ha messo nei suoi libri 2.1 trilioni di euro solo in titoli di stato. A questi bisogna aggiungere molte obbligazioni societarie e i titoli coperti da proprietà immobiliari.

Nel frattempo alcune di queste obbligazioni sono già scadute, e la BCE ha reinvestito il denaro incassato per il riacquisto. Cio' dovrebbe continuare anche se la BCE, come previsto, dovesse smettere di acquistare nuovi titoli dall'inizio del prossimo anno. 

Per quanto tempo la BCE continuerà a sostituire le obbligazioni in scadenza?

Le molte questioni sollevate da questa strategia tuttavia fino ad ora sono rimaste senza risposta: ad esempio, per quanto tempo la BCE intende sostituire le obbligazioni in scadenza con quelle nuove. O ancora piu' urgente, verso quali titoli il denaro dovrebbe continuare a fluire. Dopotutto si tratta di miliardi di euro che potrebbero turbare i mercati.

"Non ne abbiamo discusso", ha fatto notare Draghi a chi glielo ha chiesto e si è sforzato di smorzare qualsiasi discussione in merito: "non abbiamo nemmeno parlato di quando ne dovremo discutere". Alla fine tuttavia ha annunciato che i reinvestimenti saranno basati sulla partecipazione al capitale delle banche centrali.


Ma questo è cio' che rende l'argomento ancora piu' esplosivo. A partire dal 1 ° gennaio 2019, infatti, come previsto, la BCE aggiusterà la composizione del proprio capitale. Al fine di mantenerla indipendente dall'influenza politica, all'inizio dell'unione monetaria si era deciso che sarebbero state le banche centrali nazionali ad essere le proprietarie della BCE. Le diverse banche centrali detengono infatti una percentuale del capitale della BCE.

La dimensione della partecipazione al capitale dipende infatti dalla popolazione e dal PIL. Il PIL e il numero di abitanti di ogni paese vengono messi in relazione al PIL totale a alla popolazione dell'intera unione monetaria. Da entrambe le quote viene determinato un valore medio. 

Alla Germania spetterà una quota maggiore della BCE

Secondo questo sistema di calcolo la Germania attualmente ha una quota del 25.7%. Poichè negli ultimi 5 anni in Germania la popolazione e il PIL sono cresciuti al di sopra della media, a partire dal prossimo anno, dopo il ricalcolo, la quota tedesca dovrebbe aumentare. Nella realtà concreta della politica monetaria fino al 2015 la partecipazione al capitale di ogni paese non aveva alcun ruolo: in seno al consiglio BCE, sulle questioni di politica monetaria ogni membro ha diritto ad un voto. Cio' continuerà a valere.

Ma dal momento che gli acquisti di bond e i reinvestimenti sono orientati alla partecipazione al capitale di ogni singolo paese - per indebolire l'accusa di finanziamento monetario agli stati - i miliardi vengono movimentati esattamente sulla base di queste percentuali. Se al momento si acquistano 30 miliardi di euro di titoli al mese, circa un quarto finisce in titoli di stato tedeschi.

Il ricalcolo delle quote di capitale tuttavia potrebbe avere delle conseguenze importanti. Secondo i calcoli fatti da Die Welt, la quota tedesca dovrebbe salire al 26.8%, cio' significa che la BCE potrà mettere piu' Bund nel suo bilancio in rapporto al volume totale degli acquisti. Esattamente il contrario accadrà con  l'Italia, la cui economia negli ultimi anni si è contratta: la quota di capitale italiana dovrebbe passare dal 17.5% al 16.5%. Anche la quota spagnola dovrebbe scendere dal 12.6% al 12.1%.

Per entrambi i paesi si tratta di un cambiamento significativo. Dopotutto con la fine degli acquisti della BCE dal prossimo anno non si tratterà solo dell'uscita dal mercato del piu' importante acquirente. La modifica delle quote di capitale potrebbe anche implicare la mancanza di un riacquisto di pari importo dopo la scadenza del titolo. Vale a dire: i paesi interessati dovranno trovare dei nuovi acquirenti per le loro obbligazioni.

Il ricalcolo delle quote di capitale è un problema per l'Italia

Se i mercati non fossero disposti ad acquistare questi titoli, cio' porterebbe con sé inevitabilmente dei tassi di interesse significativamente piu' alti e aumenterebbe i costi di finanziamento di questi paesi sul debito in emissione. In particolare per l'Italia i rischi sono elevati perché la BCE è rimasta uno degli ultimi acquirenti dei titoli di stato di Roma. Non si puo' escludere una nuova crisi dell'euro in formato ridotto.

"Dopo la pausa estiva la BCE dovrà accelerare l'uscita dal programma di acquisto titoli", afferma Friedrich Heinemann, economista presso il Mannheimer Forschungsinstitut. E' chiaro che la quota italiana e spagnola nel capitale BCE dopo il ricalcolo del 2019 scenderà notevolmente.

"Cio' in realtà significa che le obbligazioni di questi paesi in scadenza non verranno riacquistate per un importo equivalente, e saranno in parte sostituite dall'acquisto di titoli di altri stati membri", ha affermato Heinemann. "Su questo punto la BCE nei prossimi mesi dovrà dimostrare che sta realizzando il suo programma di acquisto titoli con neutralità monetaria e non come un programma di finanziamento per gli stati membri dell'eurozona fortemente indebitati".

Draghi potrebbe essere consapevole dell'esplosività dell'argomento. Poco prima della pausa estiva evidentemente il capo della BCE non ha voluto preoccupare i mercati.

sabato 28 luglio 2018

Perché il FMI mette sotto accusa la Germania

Un report del FMI mette sotto accusa i giganteschi avanzi commerciali tedeschi: sono ormai una minaccia per l'economia mondiale, i tedeschi devono rilanciare gli investimenti e la spesa per dare una mano ai pesi in deficit. Ne parla Holger Zschäpitz su Die Welt


Il momento non potrebbe essere piu' sfavorevole per Berlino. Proprio nei giorni in cui Jean-Claude Juncker, il capo della Commissione Europea, si reca a Washington per i negoziati commerciali, il FMI mette sotto accusa la Germania. Il motivo sono gli orrendi avanzi commerciali che la Germania realizza nel commercio mondiale.

Nella lista nera del FMI, in cui gli economisti hanno messo i paesi che con i loro squilibri minacciano la stabilità dell'ordine mondiale, la Germania occupa il primo posto davanti ai soliti sospetti Cina, Giappone e Corea del Sud, che nelle scorse settimane erano stati al centro degli anatemi di Donald Trump.

Ora il presidente americano, nella sua campagna contro la Germania, riceve nuove munizioni dal FMI. Che a farlo sia proprio un'autorità sovranazionale, per lui sempre sospette, non manca certo di ironia.


I numeri sono alquanto impressionanti. Secondo i dati la Germania lo scorso anno con il suo modello basato sull'export ha generato un avanzo delle partite correnti di 296.4 miliardi di dollari. Corrispondente all'8% del PIL tedesco e allo 0.4% del PIL mondiale.

La Germania ha il piu' grande avanzo commerciale

Nessun'altro paese si avvicina a tali valori. Il Giappone, secondo paese nell'elenco del FMI, ha un surplus delle partite correnti di 196.1 miliardi di dollari, pari allo 0.2% del PIL mondiale del 2017. La Cina, con la quale Trump si trova già in uno stadio avanzato di guerra commerciale, con poco meno di 165 miliardi di dollari, è solo al terzo posto.

Il Regno di Mezzo contribuisce agli squilibri globali solo con lo 0.2% del pil mondiale. I 165 miliardi di dollari di avanzo rappresentano solo l'1.4% dell'economia della Cina.


Il report del FMI sembra confermare le riserve del presidente americano nei confronti della Germania. La valuta tedesca è sottovalutata fra il 10 e il 20%, misurata sulla base dell'elevato surplus delle partite correnti si potrebbe parlare anche di una sopravvalutazione fra il 15 e il 30%. Che la Germania fa parte dell'eurozona e perciò non ha alcun impatto sul valore esterno dell'euro, Trump tuttavia puo' anche ignorarlo.

Per gli economisti del FMI la ragione principale di cio' è l'austerità praticata da Berlino. Se la Germania utilizzasse il suo margine fiscale e spendesse di piu' per gli investimenti, le dimensioni del problema si ridurrebbero. Il governo federale e le regioni potrebbero spendere circa un punto percentuale di PIL in piu'.

La Germania dovrebbe continuare ad aumentare l'età pensionabile

Gli esperti del FMI chiedono inoltre un aumento dell'età pensionabile. Cio' significa che le persone dovrebbero risparmiare di meno. Maggiori consumi ridurrebbero anche gli avanzi nel commercio estero.

Ma non c'è solo la politica ad essere considerata responsabile del surplus. Anche i gruppi industriali tedeschi vengono criticati dal FMI. Avrebbero dei tassi di risparmio troppo elevati e quindi esacerberebbero gli squilibri. Salari piu' alti, tasse piu' elevate e maggiori investimenti potrebbero aiutare a ridurre questo surplus (...).

Gli avanzi delle partite correnti non sono di per sé negativi

(...) Gli squilibri delle partite correnti non sono  di per sé negativi, come sottolineato dal FMI. Possono servire anche a mitigare gli shock asimmetrici come l'aggiustamento strutturale di un determinato paese in crisi.

Gli squilibri diventano pericolosi quando non sono di natura temporanea o ciclica, ma permanenti. I singoli paesi vengono spinti in deficit con l'estero da quelli in eccedenza. Se i singoli paesi generano grandi eccedenze, ci saranno altri paesi che automaticamente saranno costretti a fare dei deficit.

Il FMI ha calcolato dei livelli equi per la situazione economica dei singoli stati. E secondo questi dati la Germania dovrebbe realizzare un avanzo delle partite correnti del 2.8 % del PIL a livello globale. Vale a dire: un buon 5% del surplus tedesco secondo il FMI contribuisce agli squilibri globali. E per questa ragione la Germania ora si trova sotto accusa.