domenica 17 giugno 2018

Sie schaffte es nicht, ovvero la promessa non mantenuta di Merkel

All'apice della crisi dei migranti nel 2015 Merkel aveva solennemente promesso ai tedeschi: "wir schaffen das!". Lo scandalo Bamf ha mostrato invece l'inadeguatezza del governo nel gestire le richieste di asilo: il Bamf di Brema ha concesso lo status di rifugiato a migliaia di migranti senza che ne esistessero le condizioni giuridiche. Il brutale omicidio della bambina di Magonza ha ulteriormente contribuito a cambiare il quadro complessivo e ora Merkel deve fare i conti con chi l'accusa di aver fallito politicamente. Ne parla un ottimo Petr Bystron su The European.

Fu Merkel a decidere di aprire i confini. Ed è stata sempre Merkel a voler spostare su di sé anche i relativi processi decisionali - delegati all'allora capo della Cancelleria Peter Altmaier. Sebbene il piano operativo per la protezione delle frontiere fosse già stato definito, Merkel, senza preavviso, scelse di aprire le frontiere. Presumibilmente per ragioni umanitarie. O anche per evitare che nei media si diffondessero brutte immagini di migranti respinti alle frontiere.

Tutti probabilmente sono d'accordo sul fatto che nelle situazioni di estremo bisogno si possano garantire aiuti umanitari. Anche la FDP recentemente ha fatto sapere che per loro "alcuni giorni di apertura" sarebbero stati sufficienti. Merkel invece scelse i "confini aperti per tutti" e in maniera illimitata. Si tratta piu o meno della linea ufficiale della Linke. Qualcosa del genere sarebbe applaudito anche dall'estrema sinistra dei Verdi e della SPD. Negli ambienti borghesi e conservatori probabilmente nessuno aveva realmente capito il vero significato dell'apertura illimitata, con tutte le sue sfortunate conseguenze.

Le dimensioni del problema che la valanga dei migranti avrebbe causato probabilmente erano note fin dall'inizio. Invece di cercare una soluzione adeguata ai problemi, Merkel ha preferito nascondersi dietro uno slogan infantile: "possiamo farcela!" (Wir schaffen das!). E' probabilmente un caso unico nella storia delle democrazie occidentali: un capo di governo di un paese industriale che per gestire una crisi profonda fa affidamento sul motto di "Bob dem Baumaister" - un cartone animato per i bambini fra i 3 e i 5 anni.

La promessa di Merkel „Wir schaffen das!“ si orientava in due direzioni. Da un lato voleva dire ai tedeschi: possiamo affrontare e vincere questa enorme sfida. In altri tempi, recitata da un'altra persona e con un pathos diverso, sarebbe stato uno stimolo per la società a mobilitare tutte le forze, a restare unita e ad aiutarsi a vicenda. Ma la narrazione mancava di credibilità. Una nazione è in grado di fare grandi cose quando le motivazioni di fondo sono serie e vere. I tedeschi lo hanno già fatto piu' volte nella loro storia: nel 1945 hanno accolto milioni di sfollati dall'est, nel 1956 hanno integrato i rifugiati dall'Ungheria, nel 1986 quelli dalla Cecoslovacchia. Negli anni '90 molti rifugiati provenienti dalla Jugoslavia in guerra hanno trovato rifugio in Germania.

Ma per i migranti del Nord-Africa e del Medio Oriente, prevalentemente giovani, sin dall'inizio la domanda è stata solo una: se stavano fuggendo da una presunta persecuzione nel loro paese d'origine, per quale ragione dovevano assolutamente arrivare in Germania? Nella loro "fuga" hanno attraversato diversi paesi, paesi nei quali noi stessi andiamo in vacanza - fra questi l'Austria, la Croazia e l'Italia. Si' i tedeschi nella loro storia hanno già fatto molto - ma questa sfida non volevano proprio raccoglierla.

Gli unici che negli ultimi tre anni in nome della carità hanno continuato a chiedere piu' "integrazione" e che davanti ad ogni ragazza violentata o assassinata continuano a chiudere gli occhi, sono i profittatori dell'industria dell'asilo. Gli applauditori della stazione di Monaco erano stati reclutati proprio da questi ambienti, come del resto gli organizzatori delle "manifestazioni per i rifugiati" contro i respingimenti. Sono professionisti della sinistra che da anni difendono la loro ideologia a spese del nostro stato e della nostra politica. 

Ma Merkel, con il suo "wir schaffen das", è naufragata anche nella seconda direzione della promessa. Si trattava infatti di una promessa fatta al popolo tedesco, ma anche al mondo intero: i nostri funzionari, le nostre autorità, riusciranno a gestire l'assalto dei migranti. Con l'efficienza, la diligenza e l'accuratezza tedesche riusciremo a far fronte a questo problema - il Bamf in questo senso aveva un ruolo centrale. Come appare sempre piu' chiaro, il Bamf non ce l'ha fatta. La Cancelliera ha scaricato sul paese un compito impossibile. E questo è il vero fallimento di Merkel. Dopo 3 anni di cattiva gestione, bisogna dire: "Sie schaffte es nicht!"

sabato 16 giugno 2018

Perché Merkel sul tema dei migranti è sempre piu' isolata

Nel 2015 Merkel decise unilateralmente di aprire le frontiere a centinaia di migliaia di migranti e profughi. Ora invece, dopo lo scandalo Bamf e l'omicidio della bambina di Magonza, il ministro degli interni Seehofer vorrebbe farla finita con la politica delle frontiere aperte della Cancelliera. Merkel sembra aver perso il contatto con la realtà del paese, ed è sempre piu' vicina alla fine politica. Cosa accadrà nei prossimi giorni? Prova a rispondere Epoch Times analizzando la stampa tedesca. 


Si potrebbe quasi dire che Berlino si trova in stato di emergenza. Da quando la Cancelliera Angela Merkel ha deciso di affrontare il suo ministro degli interni Horst Seehofer (oppure viceversa), la tensione nell'ambiente politico continua a salire. Fa davvero sul serio Horst Seehofer quando chiede controlli severi alle frontiere, oppure i suoi piani sono "solo fumogeni da campagna elettorale", come accusa Alice Weidel di AfD?

Riuscirà Seehofer con la sua forzatura a scavalcare la Cancelliera? Una cosa è certa, il ministro degli Interni, con la sua richiesta di respingere al confine tedesco i richiedenti asilo già registrati in un altro paese, negli ambienti dell'Unione trova più sostegno di Merkel, che invece non vuole affatto smuoversi e continua a puntare su una soluzione europea.

Ma anche in Europa nessuno sembra voler giocare la stessa partita della Cancelliera e la domanda si fa sempre piu' forte: che cosa la spinge ad andare avanti da sola? Ansgar Graw su Die Welt commenta il corso politico da solista di Merkel in Europa e scrive:

"Merkel, da allora, è stata e resta ancora da sola in Europa. A parte la promessa iniziale di prendersi dei piccoli contingenti (la Francia aveva accettato di accogliere 1000 rifugiati, la Danimarca 40), in seguito è venuta meno la volontà di seguire la Cancelliera nella sua politica delle frontiere aperte. Non solo la Polonia o l'Ungheria, ma anche gli austriaci, i danesi e i francesi hanno adottato una politica sempre più restrittiva. Emmanuel Macron, ad esempio, fa una chiara distinzione tra rifugiati politici e migranti economici".

Secondo Graw, era stata lei in solitario, il 4 settembre del 2015 dopo una telefonata con Vienna, ad aver "fatto aprire le frontiere per 7.000 o al massimo 9.000 rifugiati". Il giorno successivo pero' aveva poi chiesto ai costernati governi di Francia, Belgio e Danimarca se erano disposti ad accettare una parte dei 20.000 migranti effettivamente arrivati solo nel primo fine settimana.

Crisi di governo dopo 3 mesi di coalizione

L'oppositore politico di Merkel, Horst Seehofer, deve affrontare le elezioni in Baviera e quindi non ha altra "scelta". Lunedì vuole presentare un provvedimento ministeriale che prima deve essere approvato dalla segreteria della CSU.

Jörg Kürschner commenta sulla "Junge Freiheit": "Con un tale corso politico da solista, Seehofer vorrebbe scavalcare le competenze della Cancelliera previste dalla Costituzione. Se Seehofer nelle prossime settimane dovesse fare sul serio in merito al suo provvedimento ministeriale, la Cancelliera, per non perdere la faccia, dovrebbe licenziare il suo ministro degli interni. Il risultato sarebbe una crisi di governo con possibili nuove elezioni. Uno scenario realistico tre mesi dopo la formazione della coalizione fra CDU, CSU e SPD. Se si arriverà davvero a questo punto, lo si capirà nei prossimi giorni. In ogni caso la CSU è compatta dietro il suo segretario di partito".

Inoltre, Kürschner scrive anche che la Cancelliera dovrebbe riflettere sul suo futuro politico. La sua perdita di popolarità è immensa. Con la sua politica sui rifugiati ha diviso la Germania, ha diviso l'Europa, e ora è sul punto di dividere la CDU e la CSU, che a causa delle loro profonde differenze oggi hanno tenuto due riunioni separate.

Sbattere fuori Seehofer - governo alla fine?

E anche la "Bild" mette in guardia la Cancelliera chiedendole di fare una "inversione di marcia" - perché se Seehofer lunedi' dovesse imporre la sua posizione, la Cancelliera dovrà farlo fuori. Il governo sarebbe alla fine. E prosegue:

"Su questo tema Angela Merkel mette a rischio la stabilità politica del paese, del governo eletto, l'unità del suo fiero partito e rischia nuove elezioni con un'ulteriore crescita delle forze radicali. Tutto questo per una politica che la stragrande maggioranza delle persone in Germania, e il suo stesso partito, non vogliono piu"

La CSU con la propria testardaggine rischia molto, ma sul tema ha ragione, giudica la Bild. Non è piu' ragionevole "andare avanti con una politica le cui conseguenze non possono piu' essere affrontate dalle nostre autorità".

"La soluzione europea, che Merkel persegue ormai da tre anni, fino ad ora non c'è stata. E' ancora in condizione di poter tornare indietro e di salvare la faccia", cosi' secondo il giornale.

Una cosa del genere non è probabilmente mai avvenuta nella politica tedesca

La "Tagesspiegel" parla di una netta "cesura". La Cancelliera non appoggia il suo Ministro degli Interni e nel fare cio' non solo si mette contro la CSU, ma anche una gran parte della CDU. Merkel continua ad insistere sulla sua "soluzione europea".

Stephan-Andreas Casdorff commenta cosi': "La gestione del problema da parte di Merkel porta alla crisi. Merkel nei confronti della maggioranza dell'Unione si comporta come se ignorasse le obiezioni. Secondo il motto, non può essere ciò che non è permesso. Lei non spiega le sue idee, non fa campagna, non combatte, ma cerca piuttosto di far coalizzare nel corso del tempo".

"In questo modo tuttavia la Cancelliera, secondo un numero sempre crescente di critici, sta perseguendo una triplice divisione: quella dal suo stesso partito, quella fra CDU e CSU, e anche lei stessa si sta allontanando sempre piu' dalla realtà".

Se Merkel insiste con il suo atteggiamento, prosegue Casdorff, resterà isolata anche fra le sue fila. Se resta isolata, il suo potere sarà seriamente in pericolo. La CSU è "determinata al massimo", cosi' ha dichiarato il segretario generale Markus Blume. "Forse lo è anche la Cancelliera, almeno fino al punto di perdere la sua posizione", cosi' Casdff.

venerdì 15 giugno 2018

Perché anche in Germania il vento è cambiato

Sono davvero lontani i tempi in cui Angela Merkel prometteva ai tedeschi: "wir schaffen das".  Dopo lo scandalo Bamf e il brutale omicidio della ragazza di Magonza, il sentiero per la Cancelliera è sempre piu' stretto: da un lato l'avanzata inarrestabile di AfD, dall'altro un alleato bavarese sempre piu' inquieto. Una cosa è certa, i tedeschi non la seguono piu'. Dal fuoco amico della FAZ.net, un commento molto interessante di Berthold Kohler


La CSU non vuol concedere alla Cancelliera nemmeno un'altra quindicina di giorni per trovare quella "soluzione europea" alla questione migratoria che da tanto tempo sta cercando. Il presidente bavarese Söder, il quale teme per le sorti del suo partito nella fase decisiva delle elezioni regionali, ha detto che "siamo alla partita finale per la credibilità". La paura della CSU di perdere la maggioranza assoluta in Baviera non è la sola a spingere Söder e Seehofer a schierarsi in un tandem insolitamente affiatato contro Merkel. Le raffinate antenne della CSU segnalano che dopo lo scandalo Bamf e l'omicidio di Susanna F., anche al di là dei confini bavaresi, molti tedeschi non ne vogliono piu' sapere di dover attendere soluzioni che potrebbero essere migliori - ma che, considerando le turbolenze presenti in molti paesi dell'UE, potrebbero anche non arrivare mai.

La CSU in ogni caso non vuole aspettare che la rivolta si diffonda anche in Germania sconvolgendone il panorama politico. Perché non solo i precedenti del Bamf e dell'omicidio della bambina di Mainz mostrano che molte delle rassicurazioni e delle previsioni lusinghiere fatte durante la luna di miele della "cultura del benvenuto" sono lontane dalla realtà, persino fuorvianti. Non si trattava solo di rifugiati vulnerabili, ma anche di criminali, predicatori di odio e terroristi. C'erano medici e infermieri, ma anche decine di migliaia di analfabeti. Sono arrivate anche persone disposte a integrarsi, ma anche molti migranti che volevano solo entrare nel sistema sociale tedesco.

Errori, omissioni, fallimenti

Anche nelle fasi successive del piano Merkel, quel "wir schaffen das" alle orecchie di molti tedeschi, è suonato sempre piu' come una presa in giro. Perché la Germania fino ad ora non ce l'ha fatta ad esaminare in maniera rapida e completa l'enorme massa di domande di asilo e a respingere coerentemente i richiedenti asilo le cui domande non erano state accolte. Lo scandalo Bamf, che ha chiaramente messo in luce il sovraccarico di lavoro causato dall'immigrazione di massa, ha fatto traboccare il vaso dell'incomprensione. Ma la peggiore accusa nei confronti degli errori, delle omissioni e dei fallimenti è arrivata dopo l'omicidio di Susanna F, presumibilmente commesso da un iracheno, il quale è riuscito poi a fuggire nel suo paese natale, verso il quale pero' in precedenza non si era riusciti ad espellerlo.

Anche il progetto di redistribuzione dei migranti con diritto di soggiorno all'interno dell'UE, proposto dalla Cancelliera, non si è mai concretizzato. Invece la disputa sulla politica migratoria è proseguita, e come ha detto l'ex presidente del consiglio italiano Prodi, si è trasformata "nella piu' grande bomba sull'orizzonte europeo".

L'esplosione di questa polveriera ora minaccia l'Unione (CDU+CSU) e quindi la Cancelliera Merkel. La miccia ha iniziato a bruciare nel giorno in cui a Seehofer è stato affidato il ministero dell'interno. Che il capo della CSU potesse dimenticare tutto quello che aveva detto in precedenza sulla politica per i rifugiati della Cancelliera, nonostante la sua famosa flessibilità, non poteva aspettarselo nessuno - soprattutto in un anno elettorale in cui la CSU ritiene di trovarsi sull'orlo del baratro.

Se la CSU e la Cancelliera si irrigidiranno sulle loro posizioni, sostenute per ovvie ragioni anche dai loro deputati, allora il raggruppamento dell'Unione e la coalizione di governo saranno alla fine. La CSU vorrà davvero rischiare - solo per due settimane? A onor del vero bisogna anche dire che Merkel ha avuto a disposizione 3 anni  per prendere le distanze da una politica sbagliata. Nei suoi 4 mandati da Cancelliera tuttavia non si è mai aggrappata a nessuna decisione come invece sta facendo ora con quelle prese durante "l'autunno del benvenuto".

sabato 26 maggio 2018

Perché il ricatto BCE è già iniziato

I cosiddetti "media di qualità" tedeschi nei giorni scorsi hanno parlato del presunto atteggiamento ricattatorio italiano, ma il vero ricatto probabilmente è già in corso ed è quello della BCE. Le parole, nemmeno troppo velate, di Vítor Constancio lo confermano e il copione sembra essere lo stesso della crisi greca del 2015. Ne parla Paul Steinhardt su Makroskop 


Nel mio ultimo contributo ho espresso la speranza che la BCE non si lasci piu' strumentalizzare politicamente "dalla Germania e dagli altri falchi del deficit". Le dichiarazioni in arrivo dagli ambienti della BCE e la crescita dei rendimenti sui titoli di stato italiani a 10 anni fanno tutavia temere che la BCE, come è già accaduto in Grecia, intenda dettare la politica di bilancio ad un governo eletto democraticamente.

Proprio nell'ultima „Financial Stabilty Review" (FSR) di ieri è contenuta la dichiarazione secondo la quale la "condotta di bilancio" di alcuni paesi con un elevato rapporto debito/pil potrebbe avere degli effetti sui rendimenti dei titoli di stato dell'area dell'euro. E' noto che il rapporto debito/PIL italiano, pari al 132% del PIL, nell'eurozona è superato solo dalla Grecia. Si tratta di una minaccia per niente velata da parte della BCE nei confronti del nuovo governo italiano: se non proseguite con l'austerità, allora lasceremo che i rendimenti sui titoli di stato italiani aumentino.

Il vicepresidente uscente della BCE Vítor Constancio conferma, in maniera non proprio diplomatica, la mia interpretazione in questo passaggio della FSR:

“Italy should keep within EU rules on its fiscal policy. That’s the message.”

Che questa affermazione non sia una vuota minaccia lo dimostra il confronto fra Germania e Italia sull'andamento negli ultimi 6 mesi del differenziale di rendimento dei titoli a 10 anni.


Naturalmente i media mainstream e la casta politica neoliberale dell'eurozona preferiscono interpretare la divergenza dei rendimenti come una preoccupazione e un avvertimento del "mercato dei capitali". Poiché BCE e Banca d'Italia tramite l'acquisto dei titoli di stato italiani possono influenzare i rendimenti a piacere, l'attuale differenziale di rendimento del 2% è chiaramente identificabile come un attacco politicamente motivato da parte di una BCE non legittimata democraticamente nei confronti di un governo eletto dalla maggioranza degli italiani.

La BCE in questo modo cerca di affondare i tagli fiscali e tutti i provvedimenti di politica sociale annunciati, che fra le altre cose comprendono un reddito di base per tutti i disoccupati, con l'argomento che i piani sarebbero in contrasto con gli obiettivi di bilancio dell'UEM. Non sorprende in questo contesto che ad esempio la Spagna tra il 2009 e il 2016 abbia registrato un deficit di bilancio compreso fra l'11% e il 5%. Ancora una volta viene dimostrato che non sono solo gli obiettivi di deficit ad essere arbitrari per i paesi dell'UEM, ma che è il sistema nel suo complesso ad essere arbitrario.

La caratterizzazione dell'euro come di una "prigione", fatta da Paolo Savona, attualmente in discussione come nuovo Ministro dell'Economia e delle Finanze, viene ancora una volta confermata da questo modo di operare. Resta solo da sperare che la democrazia italiana possa uscire da questa prigione alla svelta.

Flassbeck: la situazione italiana è una conseguenza delle politiche tedesche

Heiner Flassbeck è uno fra i pochi economisti a non essersi unito alla Strafexpedition della cosiddetta "stampa di qualità" tedesca nei confronti di chi ha avuto il coraggio di mettere in discussione gli interessi del paese dominante. Intervistato da Sputniknews, il grande economista ribadisce il suo punto di vista: il sud Europa non puo' convivere con l'arroganza e l'ignoranza dei nord-europei, mentre l'errore storico dei francesi è stato quello di voler spalleggiare i tedeschi. Da sputniknews.com 


Sputnik: Herr Flassbeck, il nuovo governo italiano vorrebbe spendere molti soldi: maggiori spese sociali, abbassamento delle teasse e cancellazione della riforma delle pensioni. Sembrerebbe una cosa buona per il popolo. Ma chi dovrebbe pagare tutto questo?

Flassbeck: Se vuoi stimolare un'economia come quella italiana, e questa deve essere stimolata, perché dietro di sé ha 6 anni di recessione, allora devi spendere soldi. E per farlo bisogna spendere. E questo in Germania e nel nord Europa non lo si vuol capire. Anche l'economia tedesca vive del fatto che da qualche parte vengano fatti dei debiti. Noi facciamo affidamento sul fatto che qualcuno si indebiti, ma da un'altra parte pero'. Questo percorso è invece precluso all'Italia, perché la Germania lo blocca. Per questo devono fare debiti da soli.

Sputnik: Ma l'Italia è già pesantemente indebitata

Flassbeck: Ma questo non importa. In Giappone l'indebitamento è il doppio di quello italiano. E anche in quel paese non c'è altro modo per stimolare l'economia, è lo stato a doverlo fare. Chi dovrebbe farlo altrimenti? C'è anche la possibilità che a fare i debiti siano le imprese. E questo è cio' che la BCE sta cercando di raggiungere, abbassando i tassi a zero, ma le imprese non si indebitano. Puo' farlo solo lo stato. E questo è ciò che viene definito populismo. E' l'unico modo possibile. Non c'è altra possibilità.

Sputnik: Un taglio del debito non sarebbe un modo per fare si' che nel suo complesso alla fine il bilancio non sia cosi' male?

Flassbeck: Non c'è alcun bisogno di farlo. Nell'eurozona non dovrebbe esserci alcun taglio del debito. In questo modo stiamo solo distruggendo il sistema monetario. Questa è una sciocchezza.

Sputnik: E cosa accadrà con l'euro? L'uscita dall'euro avrebbe un senso per gli italiani?

Flassbeck: Se i tedeschi ancora una volta impazziranno per i debiti degli italiani, come già ora sta accadendo, prima o poi si romperà tutto. Ma quanto sta accadendo è colpa dei tedeschi e non degli italiani. Abbiamo messo gli altri paesi europei in una situazione tale in cui solo un aumento dell'indebitamento pubblico puo' dare una spinta all'economia. Questa strada pero' ora vogliamo che resti bloccata per l'Italia. E' pazzesco. E a causa di questa folle politica tedesca ed europea, dopo 6 anni di recessione, in Italia è stato eletto questo governo. Questa è la conseguenza diretta.

Sputnik: Ancora una volta: l'uscita dall'euro avrebbe un senso per gli italiani?

Flassbeck: Si tratta di una domanda complicata. Alla fine potrebbe non esserci un'altra opzione. Perché il sud Europa non puo' convivere con questo nord e con la sua ignoranza e arroganza.

Sputnik: Quindi dividere l'Europa in sud e nord?

Flassbeck: Per fare questo c'è un paese che deve decidere cosa vuole diventare - nord o sud - e questo paese è la Francia. Questo è il punto critico. Se la Francia capisse di appartenere al sud, allora la situazione potrebbe essere ancora chiarita. Se Francia e Italia insieme dicessero alla Germania: cosi' non andiamo avanti, dovete cambiare, solo in questo modo ci sarebbe ancora una possibilità di salvare il tutto. Ma non mi pare che sia cosi'. L'errore storico dei francesi nel XXI secolo è stato quello di voler spalleggiare la Germania.

Sputnik: Il presidente francese Macron nel suo ambizioso piano di riforma dell'UE, non aveva forse in mente proprio l'Italia?

Flassbeck: Quello che Macron vuole è poter dire di si'. Vuole pacificare e recintare la Germania e ottenere qualcosa dai tedeschi. Semplicemente non capisce che non potrà mai averlo dalla Germania. Non puo' rilanciare l'economia solo con le riforme del mercato del lavoro, deve anche indebitarsi. Per lui le cose si stanno mettendo piu' o meno come per l'Italia

Sputnik: I due nuovi partiti di governo, Lega e 5 Stelle, sono considerati come euroscettici ed eurocritici. Ma l'Italia vuole restare nell'UE, giusto?

Flassbeck: Questo dipende dagli sviluppi politici. Se andiamo avanti sulla stessa strada, ad arrivare al potere ci saranno partiti ancora piu' radicali  - e l'UE non sarà piu' nemmeno un argomento di discussione. Con la nostra politica economica spingiamo i paesi verso l'estremismo nazionalista.

Sputnik: Entrambi i partiti di governo arrivano dalla periferia politica, non dal centro. Come spiega il loro successo politico?

Flassbeck: Dopo 6 anni di recessione i vecchi partiti sul piano economico hanno fallito. Renzi ha fatto tutte le riforme che gli hanno chiesto di fare, e non ha funzionato. Perchè queste si basavano su di un'analisi sbagliata. Ed è proprio cosi' che non si viene rieletti. Le persone sono frustrate e votano in maniera radicale - sinistra o destra - in questo caso non è cosi' importante.

Sputnik: Il nuovo governo italiano vorrebbe anche migliorare le relazioni con la Russia. Al momento non sembra molto in voga in Europa.

Flassbeck: Questo fa parte del pacchetto globale con il quale si sono presentati. Non vogliono preservare le vecchie condizioni create da questo neoliberalismo. E questo mi pare perfettamente legittimo.

venerdì 25 maggio 2018

Jan Fleischhauer: gli scrocconi di Roma

Jan Fleischhauer su Der Spiegel torna ad occuparsi di Italia e si unisce alla "spedizione punitiva" dei cosiddetti "media di qualità" tedeschi. Per il brillante giornalista di Amburgo gli italiani sarebbero degli scrocconi desiderosi di finanziare il "dolce far niente" a spese dei laboriosi nord-europei mentre l'atteggiamento del paese sarebbe piu' o meno quello di un mendicante ingrato. Da Der Spiegel

Jan Fleischhauer der Spiegel gli scrocconi di Roma

In una recente intervista fatta dal favoloso Sven Michaelsen a Rem Koolhaas, l'architetto ha parlato della devastazione che ormai regna anche sulle montagne svizzere. Gli chalet dei ricchi designer milanesi sarebbero ormai ovunque. E' difficile vedere gente del posto. Non ci sarebbe piu' il tipico odore di sterco di vacca perché non ci sono piu' le mucche.

Quando lunedì a Roma è stato presentato il primo ministro entrante, non ho potuto fare a meno di pensare a questa frase sulla ricchezza italiana. Il nuovo governo ha promesso agli italiani il paradiso sulla terra: meno tasse, pensionamenti anticipati e un reddito di base per tutti. Secondo le prime stime, la spesa per queste opere buone dovrebbe essere fra i 100 e i 125 miliardi di euro all'anno.

Non è un paese povero

Poiché le forze della coalizione non sono riuscite a mettersi d'accordo su quali voci di spesa risparmiare, hanno deciso di inviare il conto ai vicini di casa. I partner europei dovrebbero condonare agli italiani 250 miliardi di euro di debito, cosi' almeno è scritto nel testo originale dell'accordo di coalizione negoziato fra i vertici della Lega e dei Cinque Stelle.

Nel frattempo il condono sul debito si è spostato nella parte invisibile del contratto. Il presidente della Repubblica italiana, che deve ancora approvare la faccenda, non è un amico degli affari fatti a spese degli altri, dicono. Ma l'idea non è affatto scomparsa dal tavolo. Bisogna solo aspettare che l'inchiostro sul documento di nomina sia asciutto per farlo riapparire di nuovo .

L'Italia non è un paese povero. Il nord del paese è una fra le regioni piu' ricche del mondo. Uno sguardo alla distribuzione della ricchezza mostra che gli italiani sono anche significativamente piu' ricchi dei tedeschi. Secondo la London School of Economics una famiglia italiana possiede in media 275.205 euro - 80.035 euro in piu' della controparte tedesca. Di fatto l'Italia, se il governo decidesse di coinvolgere seriamente i propri cittadini nel risanamento del bilancio dello stato, potrebbe ripagare i propri debiti da sola. Si farebbe davvero un grosso passo in avanti se gli italiani si sforzassero di abbandonare la loro etica fiscale lassista.

Almeno il mendicante ti dice grazie

Come si dovrebbe definire il comportamento di una nazione che prima tende la mano per farsi finanziare da qualcun'altro il proverbiale dolce far niente - e poi minaccia di prenderti a bastonate quando si tratta di rimborsare il debito? Accattonaggio sarebbe il termine sbagliato. Il mendicante almeno ti dice grazie se gli riempi il borsello. Scrocco aggressivo, in questo caso sarebbe una descrizione piu' adeguata.

In realtà la cosa equivale a un ricatto. O le nostre richieste vengono soddisfatte, oppure facciamo saltare per aria l'intero negozio: è la minaccia inespressa dietro la decisione di porre fine a tutte le regole sul debito per l'Italia. A confronto con l'Italia, la Grecia era una sciocchezza. L'Italia è la terza economia dell'area euro, quasi un quarto del debito complessivo dei paesi della zona euro è debito italiano. Se gli italiani decidono di non voler piu' rispettare i loro obblighi di pagamento, l'euro è finito e i tedeschi perderanno tutti i soldi spesi fino ad ora per il suo salvataggio.

L'uomo che ha messo l'arma nelle mani del fronte trasversale di Roma, arma con la quale ora sta prendendo di mira i vicini, siede a Francoforte. Quando i tedeschi si renderanno conto che con i loro titoli di debito non possono comprare nulla, dovranno ricordarsi di Mario Draghi, l'uomo che li ha ridicolizzati facendoli passare per dei fifoni, mentre egli svalutava le loro assicurazioni sulla vita e i loro risparmi.

Esperimento di politica post-nazionale

Faremo tutto il necessario per salvare l'euro, aveva promesso Draghi al culmine della crisi dell'euro: "Whatever it takes". La promessa a Roma se la sono annotata. E' di 390 miliardi infatti il valore dei titoli di stato italiani che sui tortuosi percorsi del sistema monetario hanno trovato l'ingresso delle cantine della banca centrale europea. Ora la BCE non ha altra scelta che continuare con la propria politica, perché qualsiasi aumento significativo dei tassi di interesse porterebbe il governo italiano all'insolvenza. 

Non sono contrario al fatto che le persone possano vivere al di sopra dei propri mezzi. Per quanto mi riguarda in Italia possono tranquillamente continuare a praticare lo sport piu' popolare del paese, cioè l'evasione fiscale. Trovo tuttavia indecente che il costo delle decisioni politiche venga scaricato su altri, su chi ha un'idea molto diversa della politica e quando viene chiamato a votare, vota anche corrispondentemente. E questo è difficile da conciliare con il mio concetto di democrazia.

Ma forse l'avventura italiana deve essere considerata un esperimento di politica post-nazionale. Nessun paese, che abbia anche a cuore la propria reputazione pretenderebbe di essere aiutato dagli altri se puo' farlo da solo. Chi vuole essere considerato uno scroccone? Gli italiani, a quanto pare, sono già oltre questa forma di orgoglio nazionale.

giovedì 24 maggio 2018

Heiner Flassbeck: le nuove idee italiane sono ragionevoli e i tedeschi devono avviare un dialogo con il nuovo governo

Per il grande economista Heiner Flassbeck le nuove idee italiane sono ragionevoli e giuste mentre i leader politici del nuovo governo hanno gli attributi per sfidare l'arroganza tedesca. Frau Merkel farebbe bene ad aprire un dialogo con gli italiani, prima che sia troppo tardi, per la Germania e per l'Europa. Da Makroskop.eu


Non è chiaro se Petra Gerster fosse consapevole di cio' che stava dicendo durante la trasmissione Heute della ZDF (qui) quando ha aperto il primo servizio affermando che l'Italia ha attualmente 2.300 miliardi di euro di debito e i nuovi populisti, arrivati al potere a Roma, in realtà vorrebbero fare solo delle riforme molto costose. Il suo collega Claus Kleber, con il suo ineguagliabile mix di ignoranza e arroganza, un po' piu' tardi ha detto che gli italiani dovranno essere "messi alla briglia" da Bruxelles, se vogliamo che l'eurozona continui ad esistere.

In questi giorni la stupidità macroeconomica ancora una volta celebra il suo momento piu' alto. E chiamarla stupidità non è un eccesso, piuttosto un eufemismo. Certo, si tratta ancora della stupidità della casalinga sveva che non riesce a capire che non puo' esserci alcun miglioramento economico senza un aumento del debito. In particolare non vuole capire che anche in Germania la situazione economica migliora solo quando il debito aumenta. Ma per noi è indifferente, ci arrabbiamo solo quando - oh orrore - improvvisamente ci rendiamo conto che gli altri sono ancora piu' indebitati di prima.

E' molto pericoloso

Fino ad ora per le persone illuminate questo dibattito era stato piu' che altro una ragione sufficiente per lamentarsi dell'ignoranza della politica e della società in materia di economia, ma ora il senso del dibattito sta cambiando radicalmente. Perché ora la stupidità collettiva del nord Europa, massicciamente rafforzata dai media, degenera in una controversia politica che potrebbe danneggiare non solo l'Europa, ma presumibilmente anche la democrazia, se non addirittura finire per distruggerla.

Le sciocchezze strombazzate ogni giorno nei "moralissimi" e "avanzatissimi" paesi del nord, questa volta non riguardano un piccolo governo ingenuo e alla fine arrendevole come quello greco. Questa volta si tratta del governo di un grande paese che è stato esplicitamente votato dai cittadini per rivedere il coinvolgimento dell'Italia in Europa ed eventualmente metterlo in discussione nel caso in cui non sia piu' possibile negoziare una modifica di tale coinvolgimento. E si tratta - almeno nel caso della Lega - di un partito che ha le competenze economiche per misurarsi anche intellettualmente con l'Europa tradizionale, il che non significa altro che poter chiamare apertamente la stupidità nordica per quello che è, appunto stupidità.

Quando gli "estremisti di destra" sono spinti al radicalismo

Ancora piu' importante è che la Lega di Matteo Salvini ha un segretario con la faccia tosta e la brutalità necessaria per non farsi intimidire dai burocrati di Bruxelles e dai diplomatici degli altri paesi. Per lui la resistenza del Nord Europa significa solo affidarsi alla prossima opportunità, vale a dire nuove elezioni, per diventare cosi' forte da non doversi piu' interessare degli appellativi del nord, come "xenofobo" o "radicale di destra".

Non voglio ripetere quello che ho detto altrove sulla situazione economica italiana e sulle sue prospettive (link). Tuttavia, il rifiuto da parte del nord di riflettere sulle legittime preoccupazioni del sud ci ha portato esattamente al punto in cui ci troviamo oggi.

E questo era chiaramente prevedibile il 5.12 del 2016 (dopo il referendum) quando scrivevo:

"La Germania, con la sua insistenza sulle regole del patto di stabilità e crescita, per ragioni puramente ideologiche blocca ogni tentativo di uscire dalla crisi dal lato della domanda.

La via di uscita dalla crisi europea porta direttamente al nazionalismo. Per questo non è esagerato dire che la Germania è direttamente responsabile del nazionalismo nel sud-Europa. Del nazionalismo del nord è responsabile solo indirettamente: soprattutto per aver mentito ai tedeschi raccontando che il sud pigro dipende dai trasferimenti del nord, aprendo quindi la strada ai partiti di destra. 

Ora bisogna guardare a come i politici e i media tedeschi, considerando questi fatti, gestiranno la questione europea e le responsabilità tedesche. Potremo cosi' capire qual'è il livello di confusione in Europa. Unire i punti che permettono alla politica di fare qualche passo nella giusta direzione è un compito molto difficile. Il terremoto italiano e l'ascesa del nazionalismo austriaco con un po' piu' di lungimiranza potevano essere evitati. Ma la lungimiranza e la comprensione non sono qualcosa che possiamo aspettarci dal sistema politico, mediatico ed accademico, in Germania e in Europa" 

Ed è andata esattamente cosi'. Ma di una tale riflessione nel nord non c'è alcuna traccia. Sempre la stessa attitudine testarda, l'insistere sempre sulle stesse regole (obiettivamente false), ignorando pero' quelle che invece riguardano la Germania stessa. Ma il modo in cui la Germania, insieme alla sua "stampa libera" e alla sua "scienza libera" continua a non tenere affatto conto delle regole previste in merito alla limitazione degli avanzi delle partite correnti, difficilmente puo' essere espresso a parole.

Siamo certamente l'incarnazione della saggezza e della solidità e per questo ci guardiamo bene anche solo dall'avviare un dialogo con gli altri sui possibili errori del passato. Ma chi oggi si rifiuta di entrare in un dialogo dal risultato aperto con un nuovo governo eletto democraticamente, di qualsiasi colore esso sia, nonostante la richiesta sia economicamente motivata, finirà per raccogliere una tempesta fascio-nazionalista, che a confronto, cio' che stiamo vivendo ora è solo una leggera brezza.

mercoledì 23 maggio 2018

Hans-Werner Sinn: l'Italia non ha fatto nulla per rilanciare la propria competitività

Dopo aver ascoltato e letto le nuove idee sull'euro in arrivo dall'Italia, la stampa tedesca lancia la Strafexpedition. La FAZ schiera subito un pezzo da novanta come Hans Werne Sinn il quale non ha dubbi: il boom dei partiti eurocritici è dovuto al fatto che in Italia si è fatta poca austerità e poca moderazione salariale. Dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung


La spettacolare ascesa dei partiti radicali in Italia, e il loro tentativo di mettersi in mostra promettendo incredibili benefici economici, sarebbe una conseguenza degli errori commessi durante gli euro-salvataggi. E' questa la tesi sostenuta dall'economista Hans-Werner Sinn, l'ex presidente dell'istituto Ifo di Monaco, nella sua ultima analisi sullo sviluppo del sud-europa dall'inizio dell'eurocrisi che verrà pubblicata a breve dal Ces-Ifo come documento di lavoro dal titolo"The ECB’s Fiscal Policy“.

I risultati di questo studio, pubblicati in anticipo dalla FAZ, sono spiazzanti: la relazione fra la forte crescita dei partiti estremisti nell'Europa meridionale e le difficoltà economiche dovute alla crisi dell'euro è piu' un'illusione che una verità. La colpa di quanto accaduto, secondo Sinn, sarebbe invece degli stati europei e della Banca Centrale Europea (BCE) i quali si sarebbero addentrati sempre piu' in una "spirale interventista" fino ad arrivare al QE e all'acquisto dei titoli di stato da parte della banca centrale, uscendo quindi dal campo della politica monetaria per entrare in quello della politica fiscale. 

Solo la Grecia, la Spagna e la Francia hanno fatto progressi

La ripresa che a partire dall'eurocrisi puo' essere osservata nell'Europa meridionale, Sinn la definisce un "Flash Keynesiano";  un fuoco di paglia creato dai salvataggi, dalle misure di sostegno, dall'abbassamento artificiale dei tassi di interesse e dai diversi programmi di acquisto titoli della BCE. Questo stimolo economico avrebbe portato ad una certa ripresa nell'Europa del sud, soprattutto nel settore dei beni non commerciabili e dei servizi locali. Cio' tuttavia avrebbe impedito l'aggiustamento verso il basso dell'eccessivo livello salariale e in parte avrebbe garantito anche degli aumenti salariali. Al contrario, in questi paesi il settore internazionale dei beni commerciabili e l'industria non ne avrebbero affatto beneficiato. Non è vero che in questi paesi ci sarebbero al momento delle difficoltà, nonostante la falsa ripresa - le difficoltà persistono, in parte, proprio per questa ragione.

"I problemi di competitività restano", scrive Sinn. Lo mostra un confronto tra i tassi di cambio reale, cioè il prezzo dei beni auto-prodotti in questi paesi in rapporto al resto dell'eurozona. "Italia e Portogallo in 10 anni non hanno fatto nulla di concreto per migliorare la loro competitività", dice Sinn. Solo la Grecia e la Spagna - "e in parte anche la Francia" - avrebbero fatto qualche passo in avanti. "Per la Grecia e la Spagna tuttavia lo sforzo per l'adeguamento è particolarmente grande e il percorso particolarmente lungo", afferma Sinn. Entrambi i paesi, sotto l'influenza dei programmi di aiuto, avrebbero cessato ogni sforzo per diventare piu' competitivi.

L'Irlanda è un caso eccezionale

Se si confronta il prodotto interno lordo reale di oggi e quello di prima della crisi, l'Italia con un meno 5% è al penultimo posto in Europa prima della Grecia. La Germania è cresciuta del 13%, la Francia è a un piu' 8%, la Spagna al 4% e il Portogallo intorno allo zero %.

Considerando solo la produzione dell'industria e del settore manifatturiero („Manufacturing output“) nei rispettivi paesi rispetto a prima della crisi dell'euro, il dato per l'Italia sarebbe ancora peggiore con un meno 17%. La Germania in questo confronto avrebbe un piu' 9%, la Francia segna un meno 9%, Grecia e Spagna addirittura un meno 20% ciascuna. "Queste cifre gettano una luce sui problemi economici che hanno portato al violento e drammatico aumento dei partiti estremisti in questi paesi negli ultimi anni", afferma Sinn.

Un caso notevole è l'Irlanda, sottolinea l'economista. L'Irlanda è stato il paese con la maggiore svalutazione reale e allo stesso tempo è riuscita a ripristinare la propria competitività. "Non è successo grazie agli aiuti, ma perché il paese è entrato in crisi già alla fine del 2006, non ha ricevuto nessun aiuto ed è stato costretto a tirare la cinghia - con una riduzione dei prezzi e dei salari", dice Sinn. Quando nel 2011 sono arrivati i salvataggi,  l'auto-aiuto irlandese è cessato immediatamente: "fortunatamente il lavoro era già stato fatto".

Le reazioni all'appello degli economisti

L'accorato appello dei 154 economisti trova divesi sostenitori nella politica e qualche scettico sia nella SPD che fra gli economisti. Ne parla la FAZ.net


L'appello dei 154 professori di economia contro la messa in comune delle responsabilità all'interno dell'area euro divide la coalizione di governo. Dall'Unione arriva approvazione, qualche critica invece dalla SPD. "Vogliamo piu' Europa, ma non al prezzo di dover annacquare e spostare le responsabilità", ha detto il portavoce sui temi di bilancio del gruppo parlamentare dell'Unione, Eckhardt Rehberg, alla FAZ. L'assunzione di rischi da parte di uno stato deve essere collegato alle responsabilità di quello stato membro. A questo proposito le valutazioni sulle promesse elettorali italiane di oltre 100 miliardi di euro, considerando il rapporto debito/PIL oltre il 130%, sarebbero contrarie alla razionalità economica. "L'Italia sta giocando pesante", ha detto il politico della CDU. "Evidentemente in alcuni stati europei l'ultima crisi del debito è già stata completamente dimenticata".

Il vicepresidente del gruppo parlamentare della SPD, Achim Post, ha cercato invece di abbassare i toni: "In un momento cosi' importante per il futuro d'Europa mi piacerebbe vedere appelli che abbiano anche la capacità di mostrare un progetto futuro per l'Europa, invece di accontentarsi di elencare preoccupazioni e dubbi di ogni tipo".

Naturalmente le riforme devono essere attentamente considerate e ponderate in termini di rischi. Inoltre, non tutte le idee di riforma attualmente in discussione sono già abbastanza mature: "una maggiore coesione nell'eurozona non rappresenta un rischio per la sicurezza, al contrario, puo' e deve contribuire a rendere l'Eurozona ancora piu' a prova di crisi. E cio' sarebbe anche nell'interesse tedesco", ha detto il politico della SPD.

Il politico di AfD von Storch si rallegra

Il gruppo della FDP si sente confermato dall'appello. "Gli aiuti nell'eurozona devono essere sempre l'ultima ratio e non possono portare ad una messa in comune dei debiti", ha detto il vicepresidente  Christian Dürr. C'è il rischio di minare la sovranità fiscale nazionale e indebolire i criteri di stabilità, qualora le proposte di Macron e Junkcer venissero semplicemente applicate. "Il governo federale deve finalmente diventare l'avvocato dei contribuenti e dei risparmiatori", ha chiesto il politico della FDP.

Fra gli economisti ci sono state anche delle obiezioni. Marcel Fratzscher, il presidente del Deutsches Instituts für Wirtschaftsforschung (DIW), ha twittato scrivendo che i firmatari dell'appello respingono la maggior parte delle riforme europee sulla base del fatto che creerebbero un "azzardo morale", una sorta di tentazione morale: "se a prevalere fossero queste posizioni, allora l'euro finirà e si arriverà ad una profonda depressione".

Il professore di economia di Francoforte Jan Pieter Krahnen ha parlato di "semplici argomentazioni in bianco e nero" definendo "sorprendente" che gli economisti vi si prestino. "Gran parte della mia professione non condivide queste posizioni", ha invece sottolineato la professoressa di economia di Bonn e membro del consiglio dei saggi economici, Isabel Schnadel. Dopotutto fra i firmatari c'era anche un ex presidente del Consiglio dei Saggi Economici, Juergen B. Donges.

Clemens Fuest, il presidente dell'istituto Ifo di Monaco ha dichiarato: "E' chiaro che nessuno vuole una messa in comune delle responsabilità - quello che secondo me manca all'appello è un piano convincente su come impedire l'estensione delle garanzie di solidarietà e su come si possano convincere gli altri stati ad appoggiare queste riforme". Il suo predecessore, l'ex presidente Ifo Hans-Werner Sinn, è fra i firmatari dell'appello. "Se si teme che le cose vadano sempre per il peggio e lo si considera anche probabile, allora si pone una questione esistenziale per l'euro - il documento lascia perplessi", scrive Michael Hüther, il direttore dell'Instituts der deutschen Wirtschaft (IW) di Colonia. Il macroeconomista Rüdiger Bachmann ha twittato che è significativo quali siano stati gli economisti a non firmare - ad esempio Fuest, Hüther e lui.

Gli ex politici di AfD nonché attuali parlamentari europei del gruppo dei Liberal-conservatori e riformisti, i professori di economia Bernd Lucke e Joachim Starbatty hanno appoggiato l'appello, sebbene in quanto politici non abbiano potuto firmare il documento. "Ci troviamo di fronte ad un importante momento di scelta nell'UE e il governo federale non si è ancora pronunciato in maniera sufficientemente chiara sul tema", ha affermato Lucke. E' "giusto e importante" che gli economisti mettano in guardia dai rischi di una euro-unione fondata sulla messa in comune delle responsabilità.

Starbatty, che a partire dal 1992 ha lanciato diverse azioni contro l'euro, ha peraltro espresso il suo scetticismo in merito alle prospettive di successo dell'attuale appello. "I professori non devono farsi alcuna illusione circa il successo dei loro appelli. Noi stessi siamo entrati in politica perché i nostri avvertimenti in merito ai pericoli dell'euro sono rimasti inascoltati". Il politico di AfD Beatrix von Storch ha twittato: "154 professori di economia chiedono urgentemente di votare per AfD - un po' tardi, ma è già qualcosa".

lunedì 21 maggio 2018

L'accorato appello dei 154 professori tedeschi

La Frankfurter Allgemeine Zeitung pubblica l'accoratissimo appello con il quale 154 professori tedeschi mettono in guardia dalla trasformazione dell'eurozona in una unione fondata sul debito e sulla condivisione della responsabilità, come previsto dai piani di Macron e Juncker. Fra i firmatari alcuni nomi molto noti: Hans Werner Sinn, Thomas Mayer e Jürgen Stark (ex BCE) e tanti altri. Il timing sembra perfetto per rispondere alle nuove proposte in arrivo dall'Italia. Dalla FAZ.net  


Noi - 154 professori di economia - mettiamo in guardia da un ulteriore sviluppo dell'unione monetaria e bancaria europea in direzione di una unione basata sulla messa in comune della responsabilità. Le proposte del presidente francese Macron e del presidente della Commissione Europea Juncker, menzionate nell'accordo di coalizione di Berlino, comportano dei grandi rischi per i cittadini europei.

1 Se il meccanismo di stabilità ESM, come previsto, dovesse essere utilizzato come una riassicurazione per il risanamento delle banche, verrebbe meno per gli istituti di credito e per le autorità di controllo ogni incentivo a ripulire i bilanci dai crediti inesigibili. Questo a spese della crescita e della stabilità finanziaria.

2. Se come previsto l'ESM dovesse essere trasferito all'interno del quadro legislativo dell'UE sotto forma di un Fondo Monetario Europeo (FME), il fondo finirebbe sotto l'influenza di paesi che non sono membri dell'eurozona. Poiché i singoli paesi perderebbero il diritto di veto sulle decisioni urgenti, i paesi creditori potrebbero essere messi in minoranza. Cosi' ad esempio il Bundestag tedesco perderebbe il suo diritto di controllo.

3. Se il sistema di garanzia dei depositi bancari, come previsto, venisse messo in comune, verrebbero socializzati anche i costi degli errori che le banche e i governi hanno commesso in passato.

4. Il previsto "Fondo europeo per gli investimenti per la stabilizzazione macroeconomica" e il "Fondo per il sostegno delle riforme strutturali" porteranno ad ulteriori trasferimenti e prestiti a favore di quei paesi della zona euro che in passato hanno evitato di fare le riforme necessarie. Sarebbe un errore premiare una condotta sbagliata. La Germania, all'interno del sistema di pagamento interbancario Target 2, ha già accettato piu' di 900 miliardi di euro di passività della BCE, sui quali non vengono pagati interessi e per i quali non è prevista alcuna scadenza o rimborso.

5. Un Ministro europeo delle finanze dotato di una capacità di bilancio e con un ruolo di interlocutore della BCE contribuirebbe ad una ulteriore politicizzazione della politica monetaria. Gli ingenti acquisti di obbligazioni da parte della BCE (2.550 miliardi di euro fino a settembre 2018) già ora possono essere equiparati a una monetizzazione del debito da parte della banca centrale.

Il principio di responsabilità è una pietra miliare dell'economia sociale di mercato. L'unione fondata sulla messa in comune della responsabilità mina la crescita e minaccia la prosperità di tutta l'Europa. Cio' è evidente nel livello salariale sempre piu' basso, soprattutto fra i piu' giovani. Pertanto chiediamo al governo federale di tornare ai principi di base dell'economia sociale di mercato.

Invece di creare nuove linee di credito e incentivi verso cattive condotte economiche è importante promuovere riforme strutturali. Il privilegio garantito ai titoli di stato nella gestione del rischio delle banche deve essere abolito. L'eurozona ha bisogno di una procedura di insolvenza ordinata per gli stati e di una procedura per l'uscita ordinata. L'unione del mercato dei capitali deve essere completata - anche perché i movimenti di capitale compensano gli schock asimmetrici. Nel consiglio BCE è necessario collegare i diritti di voto con le responsabilità. I Saldi Target devono essere compensati con regolarità. Gli acquisti di titoli di stato devono cessare rapidamente.




Alle 154 Unterzeichner


Hanjo Allinger, Rainer Alt, Peter Altmiks, Niels Angermüller, Gerhard Arminger, Philipp Bagus, Hartwig Bartling, Christian Bauer, Alexander Baumeister, Dirk Baur, Hanno Beck, Peter Bernholz, Norbert Berthold, Dirk Bethmann, Ulrich Blum, Christoph Braunschweig, Gerrit Brösel, Martin-Peter Büch, Walter Buhr, Rolf Caesar, Ronald Clapham, Erich Dauenhauer, Frank Daumann, Dietrich Dickertmann, Leef Dierks, Gerd Diethelm, Alexander Dilger, Juergen B. Donges, Norbert Eickhof, Alexander Eisenkopf, Mathias Erlei, Rolf Eschenburg, Stefan Felder, Robert Fenge, Cay Folkers, Siegfried Franke, Jan Franke-Viebach, Michael Frenkel, Andreas Freytag, Wilfried Fuhrmann, Werner Gaab, Gerhard Gehrig, Thomas Glauben, Frank Gogoll, Robert Göötz, Christiane Goodfellow, Rüdiger Grascht, Alfred Greiner, Heinz Grossekettler, Andrea Gubitz, Gerd Habermann, Hendrik Hagedorn, Gerd Hansen, Rolf Hasse, Klaus-Dirk Henke, Henner Hentze, Thomas Hering, Bernhard Herz, Stefan Hoderlein, Stephan Hornig, Guido Hülsmann, Jost Jacoby, Hans-Joachim Jarchow, Thomas Jost, Markus C. Kerber, Henning Klodt, Michael Knittel, Leonard Knoll, Andreas Knorr, Manfred Königstein, Ulrich Koester, Stefan Kooths, Walter Krämer, Dietmar Krafft, Rainer Künzel, Britta Kuhn, Werner Lachmann, Enno Langfeldt, Andreas Löhr, Tim Lohse, Helga Luckenbach, Reinar Lüdeke, Dominik Maltritz, Gerald Mann, Thomas Mayer, Dirk Meyer, Renate Ohr, Michael Olbrich, Werner Pascha, Hans-Georg Petersen, Wolfgang Pfaffenberger, Ingo Pies, Werner Plumpe, Mattias Polborn, Thorsten Polleit, Niklas Potrafke, Bernd Raffelhüschen, Bernd-Thomas, Ramb, Richard Reichel, Hayo Reimers, Stefan Reitz, Rudolf Richter, Wolfram F. Richter, Gerhard Rösl, Roland Rollberg, Alexander Ruddies, Gerhard Rübel, Karlhans Sauernheimer, Stefan Schäfer, Wolf Schäfer, Malcolm Schauf, Bernd Scherer, Jörg Schimmelpfennig, Ingo Schmidt, Dieter Schmidtchen, Michael Schmitz, Gunther Schnabl, Jan Schnellenbach, Bruno Schönfelder, Siegfried Schoppe, Jürgen Schröder, Christian Schubert, Alfred Schüller, Peter M. Schulze, Thomas Schuster, Christian Seidl, Hans-Werner Sinn, Fritz Söllner, Peter Spahn, Jürgen Stark, Wolfgang Ströbele, Stefan Tangermann, H. Jörg Thieme, Stefan Traub, Dieter Tscheulin, Ulrich van Suntum, Roland Vaubel, Stefan Voigt, Hermann von Laer, Hans-Jürgen Vosgerau, Adolf Wagner, Heike Walterscheid, Gerhard Wegner, Rafael Weißbach, Heinz-Dieter Wenzel, Max Wewel, Hans Wielens, Otto Wiese, Rainer Willeke, Manfred Willms, Dietrich Winterhager, Michael Wohlgemuth, Hans-Werner Wohltmann, Achim Zink

domenica 20 maggio 2018

Avvertimenti tedeski

Dalla Germania arrivano i primi avvertimenti per il nascente governo italiano, sempre con un occhio alle elezioni bavaresi di settembre, dove una AfD tonica potrebbe superare una SPD sempre piu' in affanno. Del resto il sentiero per Frau Merkel e Herr Scholz è stretto, da un lato l'insostenibilità politica dell'unione di trasferimento, dall'altro l'impraticabilità, per ragioni politiche e storiche, dell'opzione uscita dall'euro. Per AfD si aprono autostrade elettorali. Da Handelsblatt.de


Il capogruppo della CSU Alexander Dobrindt commenta la formazione del governo italiano: "la nuova coalizione del debito in Italia è un avvertimento per tutta l'Europa. Il principio di stabilità dell'UE per noi non è negoziabile. La Germania non intende pagare il conto per il nuovo programma del debito italiano".


Il leader della FDP Christian Lindner invita la Cancelliera Angela Merkel a cambiare rotta. Poiché i populisti di destra in Italia vogliono allontanarsi dal corso di austerità seguito fino ad ora, Merkel da parte sua dovrebbe fare un riferimento alla responsabilità finanziaria dei singoli. "Invece di mettere sul tavolo un aumento delle garanzie tedesche per le banche italiane, dovrebbe invece mettere in chiaro che la Germania non accetta il ritorno ad una politica del debito", ha detto Lindner alla Bild.

Il leader di AfD Alexander Gauland chiede invece la fine ordinata della zona Euro. "Con una certa disinvoltura la già super-indebitata Italia vorrebbe continuare ad incrementare la spesa in maniera massiccia", ha detto Gauland in un comunicato stampa di sabato. "I piani del nuovo governo italiano mostrano in modo impressionante l'errore principale su cui si basa l'unione monetaria e del debito fondata appunto su una messa in comune delle garanzie".