venerdì 19 maggio 2023

I tedeschi di Rheinmetall protagonisti del riarmo ucraino

I tedeschi di Rheinmetall sono ormai pronti a portare la produzione di carri armati direttamente sul territtorio ucraino, impensabile che ciò avvenga senza la copertura del governo di Berlino. A meno di 80 anni dalla fine della seconda guerra mondiale i tedeschi sono pronti a raccogliere il testimone dagli americani nel contenimento della potenza russa nell'Europa dell'est. Ne scrive il sempre ben informato German Foreign Policy


UkrOboronProm

Il produttore di armi Rheinmetall, con sede a Düsseldorf, non è il primo gruppo occidentale ad aver avviato una stretta collaborazione con UkrOboronProm dall'inizio della guerra. Il conglomerato ucraino, infatti, è stato fondato solo nel 2010 - come gruppo ombrello per oltre un centinaio di aziende ucraine produttrici di armi, tra cui il produttore di aerei Antonov e diversi costruttori di carri armati e missili, la maggior parte dei quali aveva ancora origine nell'Unione Sovietica. UkrOboronProm avrebbe dovuto aiutare l'industria della difesa ucraina, in difficoltà, a rimettersi in piedi promuovendono la modernizzazione. Finora non ha avuto successo: nella classifica delle più grandi aziende di armamenti al mondo, pubblicata regolarmente dall'Istituto di ricerca di Stoccolma SIPRI, l'azienda recentemente è scesa al 79° posto. A titolo di paragone, il gruppo tedesco Hensoldt si trovava al 69° posto. Quasi due anni fa, il parlamento ucraino ha deciso di convertire il conglomerato statale in una società per azioni per imprimere una svolta all'industria. Il governo ucraino ha approvato un decreto in tal senso il 21 marzo. Il primo ministro ucraino Denys Shmyhal ha spiegato che Kiev vuole creare "una delle più potenti industrie della difesa al mondo". [1] Secondo i dati ufficiali, UkrOboronProm ha circa 65.000 dipendenti.



Produzione all'estero nella NATO

La guerra ha portato per UkrOboronProm a condizioni di lavoro e di produzione disastrose. Numerosi stabilimenti sono stati gravemente danneggiati o addirittura completamente distrutti dagli attacchi russi. A marzo è stato riferito che l'azienda era riuscita a riparare circa 3.000 veicoli blindati danneggiati nei combattimenti contro la Russia. Tuttavia, fino al 95% di tutti i veicoli sono stati riparati da squadre di riparazione mobili vicino al fronte. Già nel settembre 2022, l'azienda statunitense Honeywell aveva concluso un accordo di cooperazione con UkrOboronProm. Alla fine del 2022, è stato riferito che le aziende di difesa di sei Paesi avevano firmato dei contratti di collaborazione con il conglomerato per lo sviluppo e la produzione congiunta di armi pesanti e altri equipaggiamenti di difesa. A febbraio, UkrOboronProm ha annunciato di aver iniziato a produrre munizioni insieme a un'azienda di un Paese della NATO. L'azienda non ha specificato di quale Paese si trattasse. Ad aprile è stato annunciato che l'azienda stava collaborando anche con il produttore di armi Polska Grupa Zbrojeniowa nella produzione di munizioni. Sempre secondo UkrOboronProm, per evitare che gli impianti di produzione vengano distrutti dagli attacchi russi, la produzione viene effettuata in Polonia. [3]



Carri armati Rheinmetall in Ucraina

La scorsa settimana Rheinmetall ha confermato le notizie secondo cui il produttore di armi di Düsseldorf avvierà una stretta collaborazione con UkrOboronProm. Inizialmente sarà costituita una joint venture, che dovrebbe essere operativa già a metà luglio. Rheinmetall deterrà una quota di maggioranza del 51% e sarà anche responsabile della gestione aziendale. In una prima fase, la joint venture Rheinmetall-UkrOboronProm riparerà i veicoli militari, in particolare quelli forniti dall'UE. [4] Nel lungo periodo, invece, le due aziende con la loro joint venture intendono produrre veicoli blindati Rheinmetall in Ucraina. Secondo i rapporti, si potrebbe iniziare con il carro armato su ruote Fuchs, che potrebbe essere utilizzato come carro da trasporto o come unità di commando. [5] Potrebbe essere seguito dal veicolo da combattimento per la fanteria Lynx (KF41) e dal nuovo carro armato principale Panther (KF51). In particolare, la produzione del Panther in Ucraina è vista negli ambienti industriali tedeschi come un colpo di grande importanza per Rheinmetall. L'azienda, infatti, ha sviluppato il veicolo come possibile successore del Leopard 2 ed è in competizione con l'MGCS franco-tedesco, sviluppato da Krauss-Maffei Wegmann (KMW) in collaborazione con la francese Nexter. [6] Con l'Ucraina, Rheinmetall avrebbe il suo primo grande cliente - un vantaggio competitivo non trascurabile.



Munizioni e sistemi di difesa aerea

La cooperazione tra Rheinmetall e UkrOboronProm non si limiterà alla produzione di veicoli blindati. Sono previste altre due joint venture, che saranno realizzate a breve e produrranno munizioni e sistemi di difesa aerea. Sebbene Rheinmetall sia nota soprattutto per il suo coinvolgimento nella produzione del Leopard e di altri veicoli blindati, di recente ha investito molto anche nello sviluppo dei nuovi sistemi di difesa aerea. Questi includono sistemi moderni che non solo disturbano i droni e utilizzano la mimetizzazione elettronica, ma anche altri che distruggono i proiettili in avvicinamento con il laser o con una nebbia di trucioli di tungsteno. [7] L'Ucraina non sarebbe solo un cliente riconoscente per l'implementazione di tali sistemi di difesa aerea. La loro installazione nel Paese potrebbe rivelarsi un successo di pubbliche relazioni per Rheinmetall. La Russia, infatti, ha minacciato che se l'azienda tedesca dovesse costruire una fabbrica di carri armati in Ucraina durante la guerra, questa verrebbe immediatamente distrutta. Rheinmetall controbatte e spiega che può proteggere con successo la fabbrica grazie alla propria tecnologia utilizzata anche per proteggere i campi delle forze armate regolari da potenziali attacchi. Anche se i sistemi antiaerei fossero installati dopo la fine della guerra, la misura attirerebbe probabilmente una grande attenzione internazionale.



"Difendere il Paese"

Con la nuove joint venture Rheinmetall-UkrOboronProm, sta diventando sempre piu' evidente che l'azienda tedesca potrebbe diventare uno dei più importanti fornitori delle forze armate terrestri ucraine. "Coperte dalla difesa aerea mobile e dall'artiglieria" di Rheinmetall, "unità di fanteria e carri armati", anch'esse prodotte da Rheinmetall, "potrebbero difendere il Paese dagli aggressori russi", almeno secondo un rapporto: con l'aiuto del produttore di armi con sede a Düsseldorf, infatti, l'Ucraina riceverebbe una base industriale di armamenti al livello più moderno per equipaggiare le sue forze armate in larga misura in modo indipendente e con armi ad alta tecnologia. [8] Rheinmetall aggiunge che le armi prodotte congiuntamente in Ucraina, come il carro armato principale Panther, potrebbero essere esportate con profitto in Paesi terzi. È probabile che i piani possano accelerare l'ulteriore ascesa di Rheinmetall nell'industria globale degli armamenti. Inoltre, aprono opzioni per l'eventualità, già presa in considerazione mesi fa nelle capitali occidentali, che l'avvicinarsi della campagna elettorale statunitense renda consigliabile per l'amministrazione Biden negoziare la fine della guerra e che l'adesione alla NATO per l'Ucraina non sia fattibile ([9]). Un massiccio riarmo secondo gli standard della NATO potrebbe contribuire alle garanzie di sicurezza richieste da Kiev.


[1] Illia Ponomarenko: Ukraine’s state defense conglomerate UkrOboronProm transformed into stock company. kyivindependent.com 29.03.2023.

[2] Ukroboronprom and six Nato nations to jointly produce military equipment. army-technology.com 21.11.2022.

[3] Ukraine, Poland to produce Soviet-era tank shells together. news.yahoo.com 06.04.2023.

[4] Strategische Kooperation in der Ukraine: Rheinmetall und Ukroboronprom vereinbaren Zusammenarbeit. rheinmetall.com 13.05.2023.

[5] Larissa Holzki, Martin Murphy: Rheinmetall repariert und baut Panzer in der Ukraine – Aktie legt zu. handelsblatt.com 12.05.2023.

[6] S. dazu Der Panthersprung nach Kiew und Eine neue Epoche der Konfrontation.

[7] Rüdiger Kiani-Kreß, Max Biederbeck-Ketterer: Warum Rheinmetall eine Fabrik in der Ukraine baut. wiwo.de 15.05.2023.

[8] Larissa Holzki, Martin Murphy: Rheinmetall repariert und baut Panzer in der Ukraine – Aktie legt zu. handelsblatt.com 12.05.2023.

[9] S. dazu „Untragbare Opfer“ und Nach der Offensive.



giovedì 18 maggio 2023

Heiner Flassbeck - La fine dell'inflazione in Germania

Il grande economista tedesco Heiner Flassbeck sulla base dei dati appena pubblicati dall'Ufficio Federale di Statistica tedesco chiede che la BCE modifichi rapidamente la politica monetaria restrittiva in quanto l'attuale livello dei tassi sta gravemente danneggiando l'economia dell'unione monetaria. Ne scrive Heiner Flassbeck su Relevante Oekonomik 


I nuovi dati dell'Ufficio Federale di Statistica (si vedano i comunicati stampa) chiariscono la situazione anche agli ultimi dubbiosi: la breve fase di forte aumento dei prezzi appartiene al passato e la completa normalizzazione dell'andamento dei prezzi al consumo è solo questione di pochi mesi.

L'Ufficio ha rivisto al ribasso i prezzi alla produzione industriale e ha pubblicato i prezzi all'ingrosso per il mese di aprile. La scorsa settimana inoltre sono stati pubblicati i prezzi alla produzione dei prodotti agricoli per il mese di marzo. La Figura 1 mostra i tassi di crescita su base annua di questi tre indici di prezzo. Il risultato è evidente: i forti aumenti dei prezzi sono stati un evento temporaneo, i prezzi all'ingrosso stanno già scendendo e gli altri seguiranno a breve. Non sembrano esserci nuovi impulsi a nessun livello per consentire una ripresa di quello che molti hanno visto come un processo inflazionistico.

Figura 1

Se si osserva l'andamento dei prezzi alla produzione e all'ingrosso e dei prezzi al consumo sul lungo periodo (Figura 2), si può notare chiaramente come i prezzi al consumo seguano regolarmente e in maniera attenuata i prezzi alla produzione e all'ingrosso.



In particolare, le fluttuazioni nel corso della crisi finanziaria globale del 2008/2009 dimostrano che i prezzi al consumo sono in ritardo rispetto agli altri due indici con un disallineamento più o meno ampio. Nel 2011, ad esempio, i prezzi alla produzione e i prezzi all'ingrosso erano già in ritirata, ma i prezzi al consumo hanno continuato a crescere ancora per un po'. Il calo di questi prezzi prima della pandemia è arrivato con un certo ritardo anche ai prezzi al consumo.


Poiché tali sviluppi, come mostrato in questa sede, possono essere osservati anche in tutto il resto dell'unione monetaria, si può solo ribadire ancora una volta che l'affermazione della BCE secondo cui ci sarebbe una pressione inflazionistica persistente non ha alcun fondamento. Se si considera che la stessa BCE ipotizza un ritardo di 18-24 mesi negli effetti della sua politica, la questione relativa all'adeguatezza dell'attuale politica monetaria e ancor più degli annunciati ulteriori aumenti dei tassi di interesse diventa sempre più urgente.

Se i responsabili della BCE sono preoccupati per la politica salariale in alcuni piccoli Paesi membri dell'unione monetaria, dovrebbero parlare con le parti negoziali e contribuire a trovare soluzioni ai problemi sociali derivanti dall'estrema impennata dei prezzi (parola chiave: compressione della struttura salariale). Danneggiare l'unione monetaria nel suo complesso frenandone l'attività di investimento non aiuterà affatto i Paesi con politiche salariali non orientate alla stabilità. Infatti, la loro perdita di competitività internazionale sarà tanto più negativa quanto più l'economia europea sarà indebolita dalla politica monetaria. In questo contesto, le attuali previsioni della Commissione europea sono come il proverbiale fischio nella foresta.

mercoledì 17 maggio 2023

Wolfgang Streeck - La leadership militare tedesca in Ucraina e il ruolo della Germania nel nuovo ordine mondiale

"Macron e i precedenti presidenti francesi hanno sempre saputo che per dominare l'Unione Europea, la Francia ha bisogno della Germania al suo fianco, o nel gergo di Bruxelles: sul sedile posteriore di un tandem franco-tedesco. Il problema è che ora la Germania sembra essere finalmente uscita da questa visione. Sotto la guida dei Verdi, sogna, insieme alla Polonia e agli Stati baltici, di portare Putin davanti alla Corte penale internazionale dell'Aia, il che presuppone che i carri armati ucraino-tedeschi entrino a Mosca proprio come un tempo i carri armati sovietici sono entrati a Berlino" scrive il grande intellettuale tedesco Wolfgang Streeck. 

La politica estera tedesca dominata dai Verdi e dalla Baerbock è ormai completamente appiattita sulle posizioni degli Stati Uniti, tanto che i tedeschi, secondo Streck, stanno per assumere la leadership militare in Ucraina e dovranno dare il cambio agli americani che invece si stanno concentrando sul Pacifico nello scontro esistenziale con la potenza cinese. Un'analisi molto interessante del grande intellettuale tedesco Wolfgang Streeck da Makroskop.de

rapporti Cina Germania e leadership tedesca

Gli italiani, si dice, coltivano una visione della politica che chiamano dietrismo. Il dietrismo sarebbe la convinzione abituale che ciò che si vede serve a nascondere qualcosa che non si vede dietro ad un sipario che divide il mondo in un palcoscenico anteriore e in un palcoscenico posteriore - quest'ultimo il luogo dove si svolge la vera azione, il primo invece è il luogo dove tutto viene artatamente travisato. Si legge qualcosa, si sente qualcosa alla radio o alla televisione e da dietrista praticante ci si chiede non tanto cosa ci viene detto, ma perché e perché proprio ora.


In questi giorni, dopo tre anni di Covid e un anno di guerra in Ucraina, sembra che siamo diventati tutti italiani: dietrismo ovunque, come la pasta. Sempre più spesso leggiamo le "narrazioni" prodotte a nostro uso e consumo dai governi e dalla stampa mainstream, non per quello che ci dicono, ma per quello che non ci dicono - come i prigionieri della caverna di Platone ormai diffidenti verso tutto e tutti che cercano di dare un senso nascosto alle ombre proiettate sulla parete davanti a loro.

wolfgang streeck leadership militare tedesca in Ucrina
Wolfgang Streeck



Prendiamo, ad esempio, il rapporto semi-ufficiale sul sabotaggio dei gasdotti Nord Stream pubblicato dal New York Times e fatto trapelare al settimanale tedesco Die Zeit: sei persone ancora sconosciute su uno yacht polacco, affittato da qualche parte nella Germania dell'Est, che ovviamente avrebbero lasciato sul tavolo della cucina dell'imbarcazione le tracce dell'esplosivo che avevano trasportato sulla scena del crimine.


Non c'era bisogno di riflettere a lungo per capire che la storia era stata inventata per sovrapporsi al rapporto pubblicato da Seymour Hersh, l'immortale reporter investigativo. La cosa eccitante per la mente del dietrista è che la narrazione sostitutiva era così palesemente ridicola da far pensare che la sua ridicolaggine non fosse il risultato di incompetenza - nemmeno la CIA potrebbe essere così stupida - ma intenzionale, il che porta a chiedersi quale potesse essere il suo scopo reale. Forse, secondo i piu' cinici, l'intenzione era quella di umiliare il governo tedesco e i suoi procuratori federali e di affossare la loro volontà di fare chiarezza facendogli dichiarare pubblicamente un'evidente assurdità come se si trattasse di una pista preziosa nel loro incessante sforzo di svelare il mistero dell'attentato al Nord Stream; una sorta di sadismo politico.


Panico a Kiev

Un altro aspetto ancora più interessante della storia è che i presunti noleggiatori della barca sarebbero in qualche modo legati a dei "gruppi filo-ucraini". Sempre secondo il rapporto, anche se non c'era alcuna indicazione che si trattasse di legami con il governo o l'esercito ucraino, qualsiasi conoscitore di Le Carré sa bene che quando sono coinvolte le agenzie di intelligence, qualsiasi tipo di prova può essere facilmente trovata se si rende necessario. Non sorprende che il rapporto abbia scatenato il panico a Kiev, dove è stato inteso - probabilmente in maniera corretta - come un segnale da parte degli Stati Uniti sul fatto che la loro pazienza nei confronti dell'Ucraina e della sua attuale leadership non è illimitata.

Tanto più che, più o meno nello stesso periodo, si andavano accumulando notizie su fatti di corruzione in Ucraina, sempre provenienti dagli Stati Uniti, che rafforzavano la crescente opposizione dei repubblicani al Congresso a dirottare somme sempre maggiori verso il bilancio militare ucraino - come se la corruzione in Ucraina non fosse da sempre ben nota (si veda la trovata di mettere Hunter Biden come esperto di politica energetica nel consiglio di amministrazione della Burisma Holdings Ltd). A gennaio, ad esempio, il Washington Post e il New York Times avevano pubblicato una serie di articoli sulle malefatte ucraine, come i comandanti dell'esercito che usavano i dollari americani per comprare il diesel russo a basso costo per i carri armati ucraini intascandosi la differenza. In preda al panico, lo scioccato Selenskyj, come ha fatto sapere, aveva licenziato due o tre funzionari di alto livello promettendo di licenziarne degli altri in seguito.



Perché questa è stata interpretata come una notizia improvvisa e sorprendente, quando da tempo è noto che l'Ucraina è uno dei Paesi più corrotti al mondo? A ciò che deve essere sembrato sempre più come un'inquietante profezia, si sono aggiunti i documenti segreti americani trapelati nella seconda metà di aprile, i quali mostrano come la fiducia dei militari americani nella capacità dell'Ucraina di organizzare una controffensiva di successo in primavera, o addirittura di vincere la guerra come il governo ucraino aveva promesso ai suoi cittadini e agli sponsor internazionali, fosse ai minimi storici.


Per gli oppositori americani della guerra, sia repubblicani che democratici, questa sembra essere la conferma che mantenere l'esercito ucraino potrebbe avere costi proibitivi, soprattutto perché entrambi i partiti politici negli Stati Uniti concordano sul fatto che il loro paese prima o poi dovrà prepararsi a una guerra molto più grande contro la Cina nel Pacifico. (Entro la fine del 2022, infatti, si stima che gli Stati Uniti avranno speso 51 miliardi di dollari per sostenere lo sforzo bellico ucraino; altri 55 miliardi di dollari sono stati versati dall'Europa occidentale. Si prevede che, con il progredire della guerra, ne serviranno molti di più, attualmente serve un miliardo di euro solo per le munizioni da utilizzare nell'offensiva di primavera ucraina). Per gli ucraini e i loro sostenitori europei, la conclusione sembra ovvia: si sta avvicinando il momento in cui gli Stati Uniti si congederanno dal campo di battaglia e consegneranno i loro affari europei incompiuti ai locali.



Rispetto all'Afghanistan, alla Siria, alla Libia e a luoghi simili, ciò che gli americani probabilmente quest'estate lasceranno in Ucraina non è in uno stato altrettanto caotico. In collaborazione con gli Stati baltici e la Polonia, negli ultimi mesi gli Stati Uniti sono riusciti a spingere la Germania sempre piu' verso un ruolo di leadership europea, facendo assumere al paese la responsabilità di organizzare e, soprattutto, finanziare il contributo europeo alla guerra ucraina. Nel primo anno di guerra, l'UE è stata gradualmente trasformata in una forza ausiliaria della NATO, responsabile della guerra economica, mentre la NATO è diventata più che mai uno strumento della politica americana, con il marchio "occidentale".



Quando il Segretario Generale della NATO Stoltenberg sarà ricompensato per il suo duro lavoro con un meritato incarico, la presidenza della Banca Centrale Norvegese, a metà del 2023, si dice che a succedergli sarà Ursula von der Leyen, attualmente presidente della Commissione Europea. Ciò completerà la subordinazione dell'UE alla NATO, vale a dire l'altra organizzazione internazionale molto più potente con sede a Bruxelles e che, a differenza dell'UE, comprende ed è dominata dagli Stati Uniti. Nella sua vita precedente, come è noto, la von der Leyen è stata il ministro della Difesa tedesco sotto il governo Merkel. E in questa veste, è in parte responsabile del presunto stato di desolazione delle forze armate tedesche all'inizio della guerra in Ucraina; a quanto pare, però, le è stato perdonato tutto a causa del suo ardente americanismo in quanto europeista o europeismo in quanto americanista. In ogni caso, nel gennaio 2023, l'UE e la NATO hanno firmato un documento per una più stretta cooperazione, resa possibile anche dalla rinuncia di Finlandia e Svezia alla loro neutralità per entrare nella NATO. Secondo la FAZ, l'accordo "sancisce in modo inequivocabile il primato dell'Alleanza nella difesa collettiva dell'Europa" e conferma così il ruolo guida degli Stati Uniti non solo nella politica di sicurezza europea.



Per quanto riguarda la Germania, il suo governo è attualmente impegnato ad assemblare divisioni di carri armati pronti per il combattimento dai vari produttori europei (gli M1 Abrams americani arriveranno in Europa tra "pochi mesi", secondo l'amministrazione Biden, e i loro equipaggi ucraini saranno addestrati nelle basi militari tedesche). Presto la Germania fornirà e manterrà anche i jet da combattimento che ancora si rifiuta di consegnare nell'ambito degli accordi con gli Stati Uniti, anche se, come dimostra l'esperienza, non per molto ancora.



Nel frattempo, Rheinmetall ha annunciato che costruirà in Ucraina una fabbrica di carri armati con una capacità di 400 carri di ultima generazione all'anno: secondo gli esperti, un investimento enorme, sia dal punto di vista tecnico che finanziario, che sembra impensabile senza garanzie da parte del governo tedesco. Inoltre, alla vigilia della riunione del Ramstein Support Group del 21 aprile, la Germania ha firmato un accordo con la Polonia e l'Ucraina per la creazione di un'officina di riparazione per i carri armati Leopard danneggiati sul fronte ucraino, che sarà ubicata in Polonia e che entrerà in funzione alla fine del 2023 (apparentemente partendo dal presupposto, che sembra essere diventato ovvio tra gli strateghi, vale a dire che la guerra non sarà finita per allora). A ciò si aggiunge la promessa della von der Leyen, liberamente rinnovata più e più volte in nome dell'Unione Europea, che l'Ucraina dopo la guerra sarà ricostruita a spese europee, cioè in pratica tedesche - tra l'altro senza alcuna menzione di un contributo da parte degli oligarchi ucraini, che non sono certo numerosi ma proprio per questo motivo più ricchi. In effetti, la visita del Ministro dell'Economia tedesco Habeck a Kiev all'inizio di aprile, insieme a una delegazione di amministratori delegati di grandi aziende tedesche, è stata l'occasione per sondare le future opportunità commerciali per la ricostruzione dell'Ucraina dopo la fine della guerra.



Certo, potrebbe volerci del tempo prima di allora. I documenti americani recentemente trapelati e le dichiarazioni dei commentatori americani semi-ufficiali indicano che non ci si può aspettare una vittoria finale ucraina a breve, se mai ci sarà. Le forniture occidentali di equipaggiamento militare sembrano essere calibrate per consentire all'esercito ucraino di mantenere la posizione; se i russi dovessero guadagnare territorio, l'Ucraina riceverà tutta l'artiglieria, le munizioni, i carri armati e gli aerei da combattimento di cui ha bisogno per respingerli. Tuttavia, una vittoria ucraina, dichiarata dal partito al governo ucraino come vitale per la sopravvivenza del popolo ucraino, non sembra più essere sulla lista della spesa americana. Se si guarda ai piani di consegna dei carri armati Abrams e dei cacciabombardieri, per quanto si possa evincere dagli annunci ufficiali, ci si aspetta piuttosto qualcosa di simile a una prolungata guerra di trincea, con un corrispondente prolungato spargimento di sangue da entrambe le parti. È interessante in questo contesto che Selenskyj, in un momento apparentemente sconsiderato durante uno dei suoi discorsi televisivi quotidiani, abbia chiesto un sostegno militare più massiccio da parte dell'Occidente, sostenendo che l'Ucraina deve vincere la guerra prima della fine del 2023 perché il popolo ucraino potrebbe non essere disposto a sostenere il peso della guerra per molto tempo ancora.



Mentre gli Stati Uniti europeizzano la guerra, spetterà alla Germania non solo organizzare il sostegno occidentale all'Ucraina, ma anche, a un certo punto, far capire al governo ucraino che alla fine questo sostegno non sarà sufficiente per una pace vittoriosa. In quanto franchisee degli Stati Uniti per la guerra ucraina, la Germania sarà incolpata come il capro espiatorio più di tutti gli altri paesi se l'esito della guerra non sarà all'altezza delle aspettative dell'opinione pubblica in Europa orientale, negli Stati Uniti, tra gli attivisti tedeschi pro-ucraini e certamente nella stessa Ucraina.

carri armati leopard tedeschi
Carri  armati Leopard tedeschi




"Swing verso l'Asia"



Questa prospettiva deve sembrare alquanto scomoda per il governo tedesco, perché ora sembra sempre più improbabile che una decisione sulla fine della guerra venga presa proprio in Europa. Un attore potenzialmente decisivo sullo sfondo sarà la Cina, che rifiuta qualsiasi uso delle armi nucleari e in linea di principio non fornisce armi ai Paesi in guerra, compresa la Russia. Dopo una breve visita a Pechino lo scorso novembre, Scholz ha affermato che si trattava di una concessione alla Germania; la corrispondente politica cinese in realtà è molto più antica. La riluttanza americana a permettere all'Ucraina di vincere in modo definitivo e l'emergente intenzione degli Stati Uniti di consegnare alla Germania la riabilitazione postbellica dell'Ucraina potrebbero essere motivate dal desiderio di permettere alla Cina di attenersi alla sua politica di non interferenza, cosa che probabilmente non sarebbe in grado di fare se la Russia e il suo regime alla fine venissero messi con le spalle al muro. Se si tratta in realtà di qualcosa di più di un accordo tacito, come potrebbe essere un qualche tipo di accordo negoziato, è improbabile che venga reso pubblico in un momento in cui l'amministrazione Biden si sta preparando alla guerra con la Cina.



I supernazionalisti al potere a Kiev iniziano a sentire puzza di bruciato. Poco dopo la riunione del gruppo di sostegno di Ramstein, il viceministro degli Esteri ucraino Andrei Melnyk, rappresentante del classico elemento fascista filo-Bandera nel governo ucraino, ha ringraziato educatamente per la promessa di una consegna di armi. Allo stesso tempo, ha fatto sapere che queste armi erano del tutto insufficienti per una vittoria ucraina nel corso del 2023; per questo, secondo Melnyk, sarebbero stati necessari non meno di dieci volte il numero di carri armati, aerei, obici e simili rispetto a quelli promessi. Melnyk, che ha studiato all'Università di Harvard, doveva sapere che ciò avrebbe irritato profondamente i suoi padroni americani. Il fatto che questo non sembri preoccuparlo piu' di tanto lascia ipotizzare che lui e i suoi coadiutori ritengono che gli Stati Uniti siano da tempo impegnati nel loro "swing to Asia". Può anche essere visto come un segno della disperazione della destra ucraina al potere di fronte alle prospettive di una guerra molto lunga e della sua volontà di combatterla comunque fino in fondo - nella convinzione nazionalista radicale che le vere nazioni crescano sul campo di battaglia, nutrendosi del sangue dei loro migliori eroi.



Un nuovo ordine mondiale: bipolare o multipolare?

La crisi emergente dell'ultranazionalismo ucraino è legata alla lotta appena iniziata per definire un nuovo ordine globale, i cui contorni, compreso il posto dell'Europa e dell'Unione Europea in esso, possono essere compresi solo inserendo la Cina nel quadro generale.



Gli Stati Uniti, nel processo di riorientamento verso l'Asia, sono alla ricerca di un'alleanza globale che circondi la Cina e le impedisca di mettere in discussione il controllo americano del Pacifico conquistato con la Seconda guerra mondiale. In questo modo verrebbe rimpiazzato il mondo unipolare del "Progetto per un nuovo secolo americano" neoconservatore, senza successo, con un mondo bipolare: la globalizzazione, anzi l'iperglobalizzazione, ora con due centri invece di uno, come accaduto nella Guerra Fredda, ma con la Cina al posto dell'Unione Sovietica, e con la lontana prospettiva di un ritorno, forse dopo una guerra calda, a un solo centro, una "Neue Weltordnung Mark II". (Per quanto riguarda il capitalismo, esso si è assicurato per due volte in modo decisivo la propria sopravvivenza lasciandosi ricostruire in maniera sostanziale negli anni successivi alle due grandi guerre del XX secolo, dopo il 1918 e il 1945, in un modo che non si pensava possibile in tempi normali; si può ipotizzare che nei centri capitalistici di pensiero strategico ci sia ancora memoria dell'effetto ringiovanente che la guerra ha avuto sul capitalismo in crisi).



Il progetto geostrategico della Cina, d'altra parte, sembra equivalere a un mondo multipolare. Sia per motivi geografici che per le capacità militari ancora in via di sviluppo, l'obiettivo della politica estera e di sicurezza cinese non può essere un ordine mondiale bipolare nel quale il paese combatte con gli Stati Uniti per il dominio globale, forse anche con l'obiettivo finale di un mondo unipolare con la Cina al centro. Essendo una potenza terrestre circondata da una moltitudine di vicini, la Cina ha bisogno innanzitutto di qualcosa di simile a un cordone sanitario di Paesi che si tengano lontani da alleanze con potenziali rivali - sulla falsariga di una Dottrina Monroe regionale, se vogliamo, in contrapposizione al desiderio degli Stati Uniti di globalizzare la propria Dottrina Monroe. (Gli Stati Uniti hanno solo due vicini, Canada e Messico, e possono stare tranquilli che non saranno mai alleati della Cina).



Un fronte di sicurezza cinese potrebbe essere tenuto insieme da infrastrutture fisiche transfrontaliere e da prestiti generosi. Al di là del suo spazio geografico, la Cina sembra poter contare sulla formazione di una lega di altre potenze regionali non allineate come il Brasile, il Sudafrica o l'India: se vogliamo, possiamo ipotizzare un nuovo Terzo Mondo che resti fuori dall'incombente confronto USA-Cina e, in particolare, si rifiuti di aderire alle sanzioni economiche americane contro la Cina e il suo nuovo protetto russo.

In effetti, ci sono segnali che indicano che la Cina preferirebbe essere vista come una potenza neutrale tra le altre, piuttosto che uno dei due contendenti per il dominio del mondo - almeno fino a quando non sarà sicura di non perdere una guerra contro gli Stati Uniti. Il desiderio di evitare un nuovo bipolarismo sulla falsariga della vecchia Guerra Fredda spiegherebbe anche il rifiuto della Cina di fornire armi alla Russia, che persiste tuttora, mentre allo stesso tempo l'Ucraina viene armata fino ai denti dagli Stati Uniti. (La Cina può permettersi di farlo perché la Russia non ha altra scelta che unirsi alla Cina, armi o meno, qualunque sia il prezzo richiesto dalla Cina per la sua protezione).



In questo contesto, la conversazione telefonica di un'ora tra Xi e Selenskyj del 26 aprile, di cui i media mainstream europei hanno parlato solo di sfuggita, potrebbe aver rappresentato una sorta di svolta. Sembra che Xi si sia offerto come mediatore nella guerra russo-ucraina, sulla base di un piano di pace cinese in dodici punti che era stato liquidato come banale e inutile dai leader occidentali, ammesso che ne avessero tenuto conto. Selenskyj ha descritto la conversazione come "significativa" e ha dichiarato che "è stata prestata particolare attenzione alle possibilità di cooperazione per creare una pace giusta e duratura per l'Ucraina". Se l'intervento cinese avrà successo - il che richiederebbe che Selenskyj sia in grado di rimuovere i suoi integralisti dal governo e che gli Stati Uniti si sentano costretti ad accettare le condizioni per un qualsiasi motivo - potrebbe avere un'importanza costitutente per l'ordine globale emergente dopo la fine della storia. Soprattutto sullo sfondo degli sforzi compiuti con successo dalla diplomazia cinese per riconciliare gli Stati fra loro nemici dell'Iran e dell'Arabia Saudita, è probabile che la conversazione tra Selenskij e Xi a Washington abbia suscitato un certo scalpore.

La delicata linea di Baerbock



Negli ultimi mesi, il ministro degli Esteri tedesco Baerbock ha girato il mondo nel tentativo di coinvolgere il maggior numero possibile di Paesi nel progetto americano di rinnovato bipolarismo attraverso appelli ai valori "occidentali", offerte di sostegno diplomatico, economico e militare e minacce di sanzioni economiche. La credibilità della Baerbock come ambasciatrice giramondo del progetto americano del "Nuovo Ordine Mondiale Mark II" presuppone, è vero, che il suo Paese segua rigorosamente la linea americana, compresa l'esclusione della Cina dall'economia mondiale. Questo, tuttavia, è in conflitto con gli interessi dell'industria tedesca e quindi della Germania in quanto Paese, il che costringe la Baerbock a perseguire una linea delicata, a volte addirittura contraddittoria, nei confronti della Cina. Ad esempio, mentre ha accompagnato la sua recente visita a Pechino con una retorica aggressiva e decisamente ostile, sia prima del suo arrivo che dopo la sua partenza - tanto che la sua controparte cinese si è sentita in dovere di dirle, durante una conferenza stampa congiunta, che l'ultima cosa di cui la Cina aveva bisogno erano le lezioni dell'Occidente -, sembra che durante il suo soggiorno in Cina abbia accennato al fatto che le sanzioni tedesche potrebbero essere selettive piuttosto che onnicomprensive, con relazioni commerciali in alcuni settori industriali che continuerebbero più o meno senza interruzioni.



Tra l'altro, sembra abbastanza probabile che Scholz sia riuscito prima a convincere gli Stati Uniti a concedere alla Germania un certo margine di manovra nelle relazioni con il suo più importante mercato di esportazione, come ricompensa per aver coordinato lo sforzo bellico europeo in Ucraina in linea con le richieste americane. Se gli Stati Uniti sono davvero interessati a un ruolo di mediazione della Cina nella guerra ucraina, difficilmente potrebbero comunque sostenere una dura politica di boicottaggio nei confronti della Cina.

D'altra parte, recentemente i produttori tedeschi sembrano aver perso quote di mercato in Cina in misura drammatica nel settore automobilistico, dove i clienti cinesi stanno evitando i nuovi veicoli elettrici tedeschi in favore di quelli cinesi. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che i modelli tedeschi sono meno attraenti dei loro concorrenti cinesi, ma anche alla retorica anticinese tedesca in un Paese con forti sentimenti nazionalisti e anti-occidentali. Se così fosse, il problema dell'eccessiva dipendenza dell'industria tedesca dalla Cina come mercato di esportazione potrebbe presto risolversi da solo.



La politica anticinese della Germania, in linea con gli Stati Uniti e il loro progetto politico mondiale bipolare, sfocia in conflitti non solo interni ma anche internazionali. Ciò è particolarmente vero per il rapporto con la Francia, che minaccia di dividere l'Unione Europea ancora di più di quanto non lo sia già. Le aspirazioni francesi verso una "autonomia strategica" per l'"Europa" (e allo stesso tempo di "sovranità strategica" per la Francia) hanno una chance solo in un mondo multipolare con un gran numero di Paesi non allineati politicamente pesanti, esattamente nello spirito di ciò a cui sembrano aspirare i cinesi. Fino a che punto questo implichi una sorta di equidistanza dagli Stati Uniti da un lato e dalla Cina dall'altro è una questione che il presidente francese Emmanuel Macron lascia aperta - in modo del tutto intenzionale, si può supporre; a volte sembra chiedere l'equidistanza, a volte no. In ogni caso, l'equidistanza è un anatema come il non allineamento tra i militanti filo-occidentali, in Germania in particolare fra i Verdi, che attualmente controllano la politica estera tedesca. Essi diffidano profondamente delle occasionali proteste di Macron secondo cui l'"autonomia strategica" sarebbe compatibile con la lealtà transatlantica, in un momento di crescente confronto tra "l'Occidente" e il nuovo impero del male in Asia orientale.



Macron e i precedenti presidenti francesi hanno sempre saputo che per dominare l'Unione Europea, la Francia ha bisogno della Germania al suo fianco, o nel gergo di Bruxelles: sul sedile posteriore di un tandem franco-tedesco. Il problema è che ora la Germania sembra esserne finalmente uscita da questa visione. Sotto la guida dei Verdi, sogna, insieme alla Polonia e agli Stati baltici, di portare Putin davanti alla Corte penale internazionale dell'Aia, il che presuppone che i carri armati ucraino-tedeschi entrino a Mosca proprio come un tempo i carri armati sovietici sono entrati a Berlino. Macron, invece, vuole dare a Putin l'opportunità di "salvare la faccia" e tenersi aperta la possibilità di offrire alla Russia una ripresa delle relazioni economiche, dopo un cessate il fuoco mediato, se non dalla Francia, forse da una coalizione di Paesi non allineati del "Sud globale" o addirittura dalla Cina.



Il crepuscolo dell'alleanza franco-tedesca alla guida dell'UE e la trasformazione delle sue rovine in un'infrastruttura economica e militare anti-russa, gestita dai Paesi dell'Europa orientale in nome del transatlantismo americano, non è mai stato così evidente come durante il viaggio di Macron in Cina del 6 aprile, dopo Scholz (4 novembre) e prima di Baerbock (13 aprile). Curiosamente, Macron si è fatto accompagnare dalla von der Leyen, secondo alcuni come controlloare tedesco per impedirgli di abbracciare Xi in modo troppo appassionato, secondo altri per dimostrare ai cinesi che un presidente dell'UE non è un vero presidente.

I cinesi, che probabilmente hanno ben interpretato i segnali di Macron, gli hanno riservato un trattamento di riguardo, pur essendo indubbiamente consapevoli dei suoi problemi interni; a von der Leyen, invece, nota come integralista transatlantica, è stato riservato un non trattamento speciale. Durante il volo di ritorno con il suo aereo, senza la von der Leyen, che è volata altrove, Macron ha dichiarato alla stampa che gli alleati americani non sono vassalli americani, il che è stato interpretato ancora una volta come una richiesta all'Europa di mantenere la stessa distanza dalla Cina e dagli Stati Uniti. La Germania, in primis il suo ministro degli Esteri, è rimasta sconcertata e lo ha fatto sapere senza mezzi termini, seguita - doverosamente e unanimemente, come è consuetudine di questi tempi - dai media tedeschi.



Pochi giorni dopo, l'11 aprile, Baerbock ha partecipato alla riunione dei ministri degli Esteri del G7 in Giappone. Lì ha convinto i suoi colleghi, compreso quello francese, a giurare il più possibile fedeltà alla bandiera americana, che come sappiamo rappresenta un mondo indivisibile con libertà e giustizia per tutti. A quel punto, Macron, constatando che la sua spinta retorica contro il vassallaggio franco-europeo aveva riscosso scarso interesse da parte degli oppositori della sua riforma pensionistica, aveva già fatto marcia indietro e riaffermato la sua perenne fedeltà alla NATO e agli Stati Uniti. Non c'è motivo tuttavia di credere che questo fermerà la svolta dell'Unione Europea in atto dalla guerra in Ucraina: una crescente spaccatura tra Francia e Germania e l'ascesa dei paesi membri dell'Europa dell'Est in seguito al ritorno degli Stati Uniti in Europa sotto la guida di Biden, nel quadro di una preparazione ad un confronto globale con il Paese di Xi sulla scia dell'implacabile spinta americana a rendere il mondo piu' sicuro per la democrazia.


Leggi gli altri articoli di Wolfgang Streeck -->>



mercoledì 10 maggio 2023

La fine dell'asse franco-tedesco e l'inizio dell'era del confronto aperto

I progetti di cooperazione nel settore militare fra Parigi e Berlino vanno avanti a rilento e sono a rischio fallimento, ormai l'asse franco-tedesco è solo un ricordo e i tedeschi sembrano completamente appiattiti sulle posizioni atlantiste, tanto da far parlare gli esperti di relazioni internazionali di un nuovo scenario di confronto-scontro fra Parigi e Berlino. Ne scrive il sempre ben informato German Foreign Policy

Amicizia franco-tedesca

"Ripensamento dei sistemi" nella guerra terrestre

I lavori per la realizzazione del Main Ground Combat System (MGCS) ufficialmente sono iniziati nel 2017. L'MGCS solitamente viene definito come un "carro armato di nuova generazione" - e nel settore si parla di questo progetto come di un salto qualitativo, simile, ad esempio, a quello fatto nel passaggio dagli aerei a elica agli aerei a reazione. Ralf Ketzel, amministratore delegato dell'azienda attiva nel settore della difesa Krauss-Maffei Wegmann (KMW), in autunno aveva esplicitamente dichiarato che il progetto "non sarà un carro armato" [1]. Le differenze sono grandi, aveva detto; non solo la torretta - il luogo con il maggior rischio di essere uccisi durante il combattimento - in futuro sarà senza equipaggio; sono previsti anche elementi completamente nuovi, come un robot e i dispositivi di monitoraggio controllati a distanza, che saranno strettamente collegati in una rete digitale e formeranno una sorta di sistema da combattimento connesso. L'MGCS, che dovrebbe essere sviluppato in stretta collaborazione con gli "utenti" - in pratica con la Bundeswehr - porterebbe a un profondo "ripensamento del sistema" in cui viene condotta una guerra terrestre. Strategie dettagliate in questa direzione erano già state sviluppate e presentate pubblicamente dall'esercito tedesco diversi anni fa, compresi i concetti che utilizzano l'intelligenza artificiale (AI) per la guerra [2].



Ritardi di diversi anni

L'MGCS è stato esplicitamente concepito come un progetto franco-tedesco: da un lato, perché i costi sono estremamente elevati - sono stimati in 100 miliardi di euro - e, dall'altro, doveva servire a far progredire l'integrazione fra i produttori di armi nazionali dell'UE verso una base industriale di respiro continentale. Finora non ci si è riusciti, anzi il futuro del progetto è più che mai incerto. Per attuare il progetto, infatti, Berlino e Parigi alcuni anni fa hanno spinto verso una fusione fra i produttori di carri armati KMW (Germania) e Nexter (Francia) per dare vita a KNDS; anche Rheinmetall (Germania) è coinvolta nel progetto. Recentemente, un rapporto confidenziale del Ministero della Difesa tedesco affermava che in quattro degli otto "campi tecnologici" centrali ancora non è stato definito quale gruppo industriale sarà il contraente principale. [3] Mentre la parte tedesca chiede un "leadership chiara nelle tecnologie di punta tedesche", in Francia ci sono pesanti "obiezioni" in merito. Le "questioni finora controverse" non sono state "ancora risolte". Poiché ci sono stati "ritardi di diversi anni rispetto al programma originale", il completamento del progetto dell'MGCS originariamente previsto per il 2035 "non è più realizzabile in quei tempi". Il completamento viene ora previsto non prima del 2040.



Soluzioni nazionali

Nel frattempo, non si può più escludere un completo fallimento del progetto. Pierre Schill, Capo di Stato Maggiore dell'Esercito francese, ha recentemente dichiarato che la produzione di un successore del carro armato principale Leclerc è una "questione strategica" per Parigi; se l'MGCS non decolla, si dovrà ricorrere a un modello puramente francese. [4] Da parte sua, Hans-Peter Bartels (SPD), ex Commissario del Bundestag per la Difesa, ha dichiarato: "L'industria tedesca non ha bisogno del sostegno francese per sviluppare un nuovo carro armato". C'è anche una disputa tra le aziende tedesche KMW e Rheinmetall. La Rheinmetall, ad esempio, è andata avanti con un nuovo carro armato, che porta il nome di Panther - nome ripreso da un carro armato della Wehrmacht - e che probabilmente sarà costruito in un suo nuovo stabilimento in Ucraina [5]. KMW invece afferma che il modello è di fatto un "telaio Leopard" con una torretta convenzionale con equipaggio - "una rappresentazione rivestita di uno sviluppo di cannoni già presentato anni fa": in altre parole, niente di nuovo. [6] Per colmare il vuoto lasciato fino al completamento dell'MGCS, si sta pianificando anche un ulteriore sviluppo del vecchio Leopard 2 nel Leopard 2A8. [7]



Gli Stati Uniti al posto della Francia

Le divergenze sull'MGCS sarebbero ancora più gravi perché gli osservatori le considerano solo un sintomo di un piu' ampio conflitto franco-tedesco. Da anni, infatti, ci sono controversie anche sul jet da combattimento franco-tedesco di nuova generazione, il FCAS (Future Combat Air System). A Parigi, infatti, il forte risentimento era stato causato dal fatto che Berlino sta pianificando di costruire un sistema di difesa aerea europeo utilizzando modelli statunitensi e israeliani, ma non uno sviluppo franco-italiano, cioè europeo. [9] In Francia, inoltre, si critica fortemente il fatto che il governo tedesco stia utilizzando il suo programma speciale di armamento da 100 miliardi di euro principalmente per l'acquisto di armamenti statunitensi come il caccia F-35. In precedenza, nel giugno 2021, Berlino aveva deciso di abbandonare completamente lo sviluppo originariamente previsto di un sistema per la guerra aerea marittima franco-tedesco (MAWS) e di acquistare al suo posto il Boeing P-8 Poseidon statunitense. Attualmente si teme che l'annuncio fatto dal Ministro della Difesa Boris Pistorius di voler acquistare prodotti finiti invece di intraprendere nuovi e complessi sviluppi possa indebolire ulteriormente i piani franco-tedeschi.



Niente più compromessi

Le controversie franco-tedesche abbondano anche su altri temi [10]. Già a febbraio, Camille Grand dell'European Council on Foreign Relations (ECFR) aveva sottolineato che sulla guerra in Ucraina, Berlino si stava coordinando in maniera sempre piu' stretta con Washington che non con Parigi, facendo così capiere in maniera chiara che il governo tedesco era più interessato a "tornare a una relazione solida con Washington rispetto alla possibilità di sviluppare una forte agenda europea insieme a Parigi". [11] Landry Charrier, ricercatore alla Sorbona, scriveva a marzo che la guerra in Ucraina potrebbe aver "saldato l'alleanza transatlantica": "Per Germania e Francia, invece, è diventata una questione divisiva" [12] Entrambi gli Stati da molto tempo sono consapevoli di avere risposte diverse alle sfide globali; ora, tuttavia, "i tempi in cui era possibile elaborare compromessi" sono finiti. "Dal punto di vista francese, il Cancelliere sta perseguendo una strategia che rende l'Europa dipendente dagli Stati Uniti e che alla fine mette a repentaglio la sua stessa capacità di azione", spiega Charrier: "Da qui la durezza che Macron sta mostrando nei confronti della Germania". Tra Germania e Francia sta nascendo una "nuova era: l'era del confronto aperto".

[1] „MGCS wird kein Panzer sein“. wehrtechnik.info 26.10.2022.
[2] S. dazu Drohnenschwärme im Zukunftskrieg und Kriegführung mit Künstlicher Intelligenz.
[3] Thomas Steinmann: Deutsch-französischer Superpanzer kommt später als geplant. capital.de 11.04.2023.
[4] Sarah Werner: Geheimer Bericht offenbart den Machtkampf um unseren neuen Superpanzer. focus.de 29.04.2023.
[5] S. dazu Der Panthersprung nach Kiew.
[6] „MGCS wird kein Panzer sein“. wehrtechnik.info 26.10.2022.
[7] Waldemar Geiger, Gerhard Heiming: Neue Kampfpanzer – Bundeswehr soll Leopard 2 A8 erhalten. esut.de 14.04.2023.
[8] Oliver Neuroth: Spanien steigt bei FCAS ein. tagesschau.de 28.04.2023.
[9] S. dazu Auf Kosten Frankreichs.
[10] S. dazu Die deutsch-französische „Freundschaft“.
[11] Camille Grand: Ohne europäische Dimension? internationalepolitik.de 24.02.2023.
[12] Landry Charrier: Gebrochene Achse. ipg-journal.de 20.03.2023.


lunedì 8 maggio 2023

Nuove truppe e nuova potenza per la Bundeswehr

Prosegue l'integrazione delle forze armate olandesi sotto il comando della Bundeswehr che grazie all'apporto dell'esercito dei Paesi Bassi acquisisce un ruolo centrale nell'ambito della NATO e nell'espansione verso est del patto atlantico. Ne parla il sempre ben informato German Foreign Policy



Il Corpo tedesco-olandese

La Germania ormai da molti anni promuove l'integrazione delle forze armate tedesche e olandesi. Il primo passo in questa direzione è stata nel 1995 la fondazione del Corpo tedesco-olandese. La struttura, con sede a Münster, è composta da 1.100 soldati, ma "in caso di emergenza" è destinata a guidare fino a 100.000 militari [1] - ad esempio nel quadro dell'UE. Nel 2002, il Corpo è stato certificato come "Quartier Generale NATO a dispiegamento rapido" e da allora può essere dispiegato anche nell'ambito dell'alleanza militare transatlantica ([2]). In totale, nella struttura militare sono coinvolti una dozzina di Paesi; il comando, tuttavia, viene condiviso tra Berlino e L'Aia con un ciclo triennale.

Funzioni di comando

In passato, il Corpo aveva partecipato, fra l'altro, anche alla guerra in Afghanistan. Nel 2014, si era addestrato in scenari che prevedevano lo scoppio di insurrezioni e che avevano delle similitudini con i combattimenti in corso in quel momento in Ucraina [3]. Secondo la Bundeswehr, il Corpo sarebbe ora in grado di "guidare diverse brigate [multinazionali] e di coordinare simultaneamente componenti navali, dell'aviazione e delle forze speciali" [4] Quest'anno funge inoltre da quartier generale della componente terrestre della Forza di reazione rapida della NATO. [5] Se la NATO dovesse entrare in guerra in Ucraina nel corso del 2023, il Corpo tedesco-olandese ne sarebbe al comando. Per quanto riguarda le forze di terra svolge una funzione simile a quella svolta dal Baltic Maritime Component Command di Rostock per le operazioni marittime dell'Alleanza nel Mar Baltico [6].

Rafforzamento delle capacità operative attraverso la cooperazione

Per far progredire ulteriormente la cooperazione militare, nel 2013 Berlino e L'Aia hanno adottato un memorandum d'intesa con diverse decine di singoli progetti [7]. Da allora, i due Paesi, fra le altre cose, nel corso del 2015 hanno istituito un battaglione di carri armati congiunto (Panzerbataillon 414), integrato il Gruppo missilistico tedesco di difesa aerea nel Comando di difesa aerea terrestre olandese nel corso del 2018 e nel corso del 2019 hanno inserito un battaglione marittimo tedesco nel Corpo della marina olandese. In cambio del passaggio di uno dei suoi battaglioni marittimi sotto il comando olandese, la Bundeswehr si è assicurata "l'ingresso nei progetti per la costruzione di una capacità per il trasporto marittimo sicuro e di lungo raggio", secondo quanto dichiarato dal Ministero della Difesa. [8] Sempre secondo quanto riferito, l'aumento della cooperazione navale darà a Berlino l'accesso al "supporto navale olandese per il trasporto di personale e materiale". Secondo la Bundeswehr, si sono già svolti negoziati su "possibili forme di cooperazione" nello spazio cibernetico e dell'informazione.

Tutte le unità di combattimento

In occasione delle consultazioni governative tedesco-olandesi di fine marzo, Berlino e L'Aia si sono impegnate a "intensificare ulteriormente" la loro cooperazione militare binazionale. [9] In questo contesto si inserisce anche la decisione di integrare la 13ª Brigata leggera dei Paesi Bassi nella 10ª Divisione corazzata tedesca. Ufficiali militari tedeschi, infatti, già dal 2014 sono al comando dei primi contingenti delle forze terrestri olandesi, vale a dire quando la 1ª Brigata mobile aerea dei Paesi Bassi è stata integrata nella Divisione delle forze veloci tedesche [10]. A ciò ha fatto seguito nel 2016 la subordinazione della 43ª Brigata meccanizzata olandese alla 1ª Divisione corazzata della Bundeswehr. È anche vero che ci sono singole strutture di truppe della Bundeswehr a loro volta sotto il comando olandese. Con l'integrazione della 13a Brigata leggera, tuttavia, tutte le unità da combattimento dell'esercito olandese si trovano ora sotto il comando tedesco. Ma la fusione tra l'esercito olandese e quello tedesco non avviene affatto su un piano di parità. Nel 2013, infatti, gli esperti di politica di sicurezza avevano espresso scetticismo sui piani di una cooperazione militare altrettanto stretta con la Francia o con la Gran Bretagna, paesi con i quali il rapporto di forza sarebbe stato meno favorevole alla Repubblica federale. "Qualsiasi iniziativa tedesca dovrebbe... rivolgersi a partner più piccoli", avevano affermato all'epoca.[11]

Avanguardia europea

La subordinazione dell'esercito olandese al comando tedesco ha acquisito slancio in un momento in cui le élite tedesche di politica estera e militare si stavano muovendo in una direzione i cui contorni erano stati poi definiti nel corso del 2013 nell'ambito di un documento strategico di fondamentale importanza ("Nuovo potere, nuova responsabilità"). [12] In questo contesto, la pretesa di imporre una leadership politica e anche militare di Berlino è stata apertamente formulata e resa presentabile. La cooperazione militare tedesco-olandese viene quindi inquadrata dagli strateghi tedeschi come un progetto lungimirante sulla strada verso un esercito dell'UE e quindi verso una capacità strategica autonoma dell'UE capace di agire sotto la guida tedesca. Le richieste di una cosiddetta autonomia strategica dell'UE dall'inizio della guerra in Ucraina, tuttavia, in Germania si sono fatte più silenziose. Nella dichiarazione congiunta rilasciata in occasione delle consultazioni intergovernative tedesco-olandesi, Berlino e L'Aia si impegnano comunque in tal senso: l'"autonomia strategica" dell'UE resta "necessaria"; entrambe le parti intendono "rafforzare ulteriormente l'UE in maniera congiunta in quanto attore geopolitico". [13] Con il pretesto di voler consolidare il "pilastro europeo nella NATO" e con il ricorso all'esercito olandese, Berlino intende posizionarsi fermamente come leader militare di una potenza mondiale indipendente, l'UE.


venerdì 21 aprile 2023

Perchè l'appiattimento della Germania sulle posizioni atlantiste per i francesi è un problema

"Per quanto apprezzabili, le parole di Macron tuttavia non colgono il punto della situazione politica europea attuale. Soprattutto in Germania, la politica e i media mainstream preferiscono una fedeltà nibelunga all'impero d'oltreoceano" cosi' scrive l'ottimo Jens Berger che sulle Nachdenkseiten ci spiega perché l'attuale appiattimento della Germania sulle posizioni atlantiste segna una ulteriore frattura nel cosiddetto asse franco-tedesco. Dalle Nachdenkseiten




L'Europa dovrebbe lottare per avere una propria "autonomia strategica" e resistere alle pressioni che vorrebbero trasformarla nel "tirapiedi dell'America". Nella questione di Taiwan, non bisogna essere "subalterni". Altrimenti il rischio è quello di "diventare un vassallo degli Stati Uniti". Queste frasi non provengono da Oskar Lafontaine, che di recente aveva espresso posizioni simili sulle NachDenkSeiten, ma da Emmanuel Macron. Le reazioni sono state forti, soprattutto in Germania. Per quanto apprezzabili, le parole di Macron tuttavia non colgono il punto della situazione politica europea attuale. Soprattutto in Germania, la politica e i media mainstream preferiscono una fedeltà nibelunga all'impero d'oltreoceano. Di Jens Berger.

Bisogna riconoscere che il presidente francese Emmanuel Macron sa come sorprendere. Mentre le élite politiche tedesche fanno a gara nel dipingere la Cina come un "avversario del sistema" e un "rivale" con i toni più stridenti possibili, e nel consigliare all'economia tedesca di "diversificare i propri investimenti", il presidente francese si è recato nel Regno di Mezzo proprio nel periodo di Pasqua insieme ad una truppa di rappresentanti dell'economia dove ha discusso di investimenti per diversi miliardi di euro e parlato della situazione mondiale con il suo omologo cinese Xi, su un piano di parità e per ben sei ore. E già questo sembra notevole, visto che in Europa ormai sembra essere diventata prassi comune quella di comportarsi nel peggiore dei modi coloniali anche nei confronti di una potenza mondiale come la Cina.



Ma ancora più notevole, almeno per le orecchie tedesche, è stata l'intervista che Macron ha rilasciato sul volo di ritorno al portale mediatico statunitense "Politico", appartenente al gruppo Springer. Sembra quasi ricordare i tempi di De Gaulle, quando propagandava un'"Europa delle patrie" che distingueva chiaramente i suoi interessi - sotto la guida francese, ovviamente - da quelli degli Stati Uniti. Oggi in Germania si tende a dimenticare che l'integrazione europea, che in seguito avrebbe portato alla fondazione della Comunità europea con il Trattato di nascita della CE, è sempre stata intesa, soprattutto dalla Francia, come un modello opposto all'orientamento degli Stati Uniti e della NATO, come avveniva ad esempio in Gran Bretagna in quel periodo. De Gaulle vedeva la NATO come uno strumento degli interessi statunitensi, e infatti espulse le truppe NATO dal Paese e ritirò le truppe francesi dalle strutture militari della NATO nel 1966. Solo nel 2009, sotto Sarkozy, la Francia ha completato la piena reintegrazione delle sue strutture militari all'interno della NATO. I transatlantici hanno trionfato - anche se relativamente tardi - anche in Francia.

Tenendo presente questi contesti storici, le dichiarazioni di Macron appaiono meno sorprendenti. Che gli interessi di Francia e Germania non siano affatto congruenti con quelli degli Stati Uniti è ben noto, almeno ai lettori delle NachDenkSeiten. Soprattutto per quanto riguarda la Cina, le differenze sono evidenti. Mentre gli Stati Uniti vogliono disperatamente mantenere l'ordine mondiale unipolare con se stessi come unica superpotenza e - come nel caso dell'UE - conquistare tutti i concorrenti o, se ciò non è possibile - come nel caso della Cina - combatterli, l'UE, che dal punto di vista economico è strettamente interconnessa con la Cina, non può avere alcun interesse a essere trascinata in questo e altri conflitti al guinzaglio degli Stati Uniti.

L'Europa deve guardare ai propri interessi e anteporli a quelli degli Stati Uniti - questo è essenzialmente il messaggio di Macron. È chiaro che questo messaggio è diametralmente opposto non solo alle dottrine degli Stati Uniti, ma anche alle idee dei loro partigiani in Europa. Di conseguenza, non era difficile aspettarsi una dura critica alle dichiarazioni di Macron da parte dei media tedeschi fortemente influenzati dai potentati transatlantici e da parte dei politici tedeschi. Lo SPIEGEL ha immediatamente scritto che Macron è un "burattino della propaganda cinese" e i politici di tutti i principali partiti si sono superati nelle loro critiche al francese, secondo i quali avrebbe "perso il senno", come ha detto diplomaticamente il falco transatlantico Norbert Röttgen.

Macron ha perso il senno? Sì e no. In termini di contenuto, ovviamente, ha assolutamente ragione. Già nel 1987, lo storico Paul Kennedy, nel suo libro altamente raccomandato "The Rise and Fall of the Great Powers", aveva previsto i problemi legati all'ascesa della Cina e al relativo declino degli Stati Uniti e aveva messo in guardia dai cosiddetti "conflitti di erosione" in cui l'Europa non doveva farsi trascinare. Se ci si toglie le lenti del transatlantismo, le dichiarazioni di Macron sono poco spettacolari e in realtà anche poco controverse. Purtroppo, il resto dell'Europa indossa questi occhiali transatlantici ed è incapace di riconoscere i propri interessi. Non stiamo rischiando di diventare "vassalli", come dice Macron, ma lo siamo già.

Ed è proprio su questo punto che Macron probabilmente ha davvero perso il senno. Vorrebbe forse formulare una politica di sicurezza indipendente dagli Stati Uniti insieme alla Polonia? Buon divertimento. Vuole forse spiegare agli Stati baltici che i loro interessi non sono congruenti con quelli degli Stati Uniti? Divertitevi. Vuole convincere Annalena Baerbock che non è nell'interesse degli europei lasciare che gli Stati Uniti li trascinino nel conflitto di Taiwan? Mi sembra inutile.

Per questo l'intervento di Macron sembra soprattutto privo di efficiacia, un'eccezione "gollista" nel concerto transatlantico dei flauti dolci. Negli ultimi decenni si è parlato molto del tandem franco-tedesco che dovrebbe trainare l'Europa. Se prendiamo in parola Macron, però, risulta evidente che i componenti di questo tandem vogliono andare in direzioni opposte. Ma chi lo sa? Forse il "grande pasticcio" che la dottrina statunitense sta attualmente causando in Ucraina indurrà i politici tedeschi almeno a riaggiustare la bussola? Come tutti sappiamo, la speranza è l'ultima a morire.