giovedì 17 agosto 2017

La riscossa del risparmiatore tedesco

La Corte Costituzionale tedesca martedi' ha chiesto alla Corte di Giustizia Europea di pronunciarsi sul programma di acquisto titoli della BCE segnalando in questo modo un certo dissenso nei confronti della BCE a guida italiana. Holger Zschäpitz su Die Welt saluta questa decisione come l'inizio della riscossa del risparmiatore tedesco, in questi lunghi anni tradito dalla politica dei tassi a zero. E' necessario che i giudici europei indichino chiaramente quali sono i limiti della BCE. Holger Zschäpitz Die Welt



Che la Corte Costituzionale abbia delle preoccupazioni in merito al programma di acquisto di obbligazioni della BCE è un fatto sicuramente positivo. In questo modo Karlsruhe costringe la Corte di Giustizia Europea a mostrare alla BCE quali sono i limiti del suo mandato. 

Impotenti! Cosi' si sentono molti risparmiatori quando pensano alla BCE. A causa della politica dei tassi a zero, nonostante il boom economico, da anni ormai non ottengono alcun ritorno sui loro risparmi e ora devono addirittura pagare alle banche dei costi esorbitanti per la gestione del conto corrente.

Anche molti parlamentari tedeschi si sentono impotenti. Restano a guardare mentre la BCE con il suo programma di acquisti accumula trilioni di rischi per il contribuente tedesco, senza poter dire una parola.

In nome della politica monetaria sembra che le autorità monetarie possano fare e disfare a piacimento, prive di qualsiasi forma di legittimazione democratica. La BCE si è sviluppata come uno stato nello stato, si arroga sempre nuove competenze, come alcuni giuristi criticamente hanno fatto notare. 

Questa volta pero' la Corte Costituzionale ha dato un segnale chiaro. Ha espresso dei dubbi sulla costituzionalità della politica anti-crisi della BCE e in considerazione dei rischi assunti chiede un esame accelerato da parte della Corte di Giustizia Europea in Lussemburgo. Con il programma di acquisto dei titoli, la BCE potrebbe aver superato il proprio mandato, argomenta Karlsruhe.

Fine dello svenimento

Nessuno puo' davvero aspettarsi che i giudici costituzionali europei possano bocciare il programma e decidano che l'acquisto di titoli di per sé è illecito. Una decisione cosi' estrema potrebbe far scivolare l'Eurozona in una nuova crisi esistenziale. Una conseguenza di cui probabilmente nemmeno Karlsruhe vuole sentirsi responsabile.

Inoltre i giudici del Lussemburgo sono molto piu' benevoli nei confronti della BCE rispetto ai loro colleghi di Karlsruhe. Tuttavia la decisione della giustizia tedesca obbliga la Corte Europea a prendere una posizione sulla condotta della BCE. Sottolineando i loro dubbi, i giudici tedeschi esercitano una pressione sulla Corte di Giustizia Europea affinchè questa mostri alla BCE i limiti del suo spazio di azione.

Ed è proprio quello che ora deve accadere: spiegare chiaramente alle istituzioni monetarie che in materia di politica monetaria non hanno una libertà completa. Solo cosi' i risparmiatori e i parlamentari potranno risvegliarsi dal loro stato di svenimento.

mercoledì 16 agosto 2017

Buone notizie per il Lumpenproletariat: le sanzioni Hartz IV potrebbero avere i giorni contati

Il sistema sanzionatorio Hartz IV, pensato per punire chi non rispetta le prescrizioni dei Jobcenter, potrebbe avere i giorni contati. Un tribunale della Turingia ha infatti presentato un ricorso alla Corte Costituzionale tedesca che a breve dovrebbe pronunciarsi sulla presunta incostituzionalità delle sanzioni. Se la Corte dovesse accogliere il ricorso, il sussidio Hartz IV, sebbene di importo ridotto, potrebbe trasformarsi in un reddito di cittadinanza incondizionato. RT Deutsch prova a spiegare le motivazioni che stanno dietro il ricorso alla Corte Costituzionale. Susan Bonath da RT Deutsch


Non tutti insistono sul mercato del lavoro e non tutti ne hanno bisogno. Indipendentemente da cio' pero' il legislatore continua a vessare i disoccupati e chi ha un basso salario con un enorme e costoso apparato punitivo. I Jobcenter sanzionano ogni anni molte piu' persone di quelle a cui nello stesso periodo riescono a trovare un lavoro. Solo nel 2016 hanno ridotto per almeno 3 mesi l'indennità minima di sussistenza a 416.000 persone in 940.000 occasioni. Ad essere colpiti sono stati ancora una volta un decimo di tutti i percettori di sussidio in età lavorativa. Non ci sono solo le associazioni dei disoccupati e le organizzazioni sociali a ritenere le sanzioni incostituzionali. Anche i sindacati, i giudici e gli avvocati nel frattempo hanno iniziato a condividere questo punto di vista.

E' quanto emerge da un documento presentato alla Corte Costituzionale tedesca e a disposizione di chi scrive. I giudici costituzionali infatti a breve saranno chiamati a decidere se il regime sanzionatorio di Hartz IV, messo in pratica negli ultimi dodici anni e mezzo, è compatibile con la Costituzione tedesca. La Corte Sociale di Gotha in Turingia si è rivolta alla corte di Karlsruhe in quanto ritiene che il sistema sanzionatorio leda i principi fondamentali dello stato sociale, la dignità umana, l'integrità fisica e il diritto alla libera scelta di un lavoro.

Puniti peggio dei criminali 

Fra le 19 istituzioni che hanno presentato il documento alla Corte Costituzionale, 13 fanno riferimento a prove esistenti relative ad alcune gravi violazioni costituzionali. Fra queste la Confederazione Sindacale Tedesca (DGB), che già 15 anni fa aveva partecipato alla Commissione Peter Hartz incaricata della redazione della cosiddetta Agenda 2010. Anche se in passato aveva formulato critiche alquanto titubanti, questa volta si è espressa in maniera chiara: 

"Una punizione, che sarebbe incostituzionale anche se venisse commesso un crimine grave, in caso di violazione di un obbligo che non costituisce nemmeno un illecito amministrativo, non puo' in alcun modo essere considerata come accettabile o proporzionata"

La DGB si riferisce ad una sentenza della Corte Costituzionale del 1977, secondo la quale lo stato ha il dovere di garantire anche ai detenuti il diritto al riparo, al cibo, ai vestiti e all'assistenza medica. Anche l'aver commesso un grave crimine non deve in alcun modo condurre alla perdita della dignità umana. 

Al contrario il diritto sociale in vigore punisce con la riduzione o l'azzeramento del salario minimo di sussistenza dei comportamenti sicuramente discutibili, ma certamente non gravi, come ad esempio il non presentarsi ad un appuntamento al centro per l'impiego, l’invio di un numero insufficiente di candidature, il rifiuto di partecipare a misure di formazione professionale oppure la non accettazione di un lavoro. Il legislatore, in ultima istanza, aveva messo in conto le leggi Hartz IV, quindi non dovrebbe contemplare la decurtazione del sussidio, indipendentemente dallo stato di bisogno effettivo della persona. Lo spazio di manovra che l'Agenda 2010 mette a disposizione dei Jobcenter dovrebbe finire laddove inizia lo stato di necessità dei disoccupati.

Bisogni fondamentali fisici cancellati

Anche l'associazione sociale “Deutsche Sozialgerichtstag” ha modificato la sua posizione sul tema e oggi ritiene che ridurre un sostegno erogato per garantire i bisogni fisici essenziali sia incostituzionale. E questo accadrebbe ogni volta che il sussidio viene tagliato in misura superiore al 30%, sottolineano i giuristi. Le prestazioni previste dalla legge, nel caso in cui vengano comminate delle sanzioni, non garantiscono affatto la dignità delle persone. E su questo punto, secondo l’associazione, fino ad ora non si era indagato a sufficienza.

Le prestazioni in natura erogate in caso di riduzione dell'indennità di sussistenza consistono in buoni per il cibo e in alcuni casi anche per l'igiene, come riferito a chi scrive da un rappresentante della Bundesagentur für Arbeit (BA). In caso di decurtazione totale del sussidio i Jobcenter possono erogare dei buoni alimentari fino alla metà del valore della tariffa standard. Per una persona singola si tratta di 205 € al mese.

Prima di tutto i buoni non sono una prestazione obbligatoria. Secondo non sono accettati da tutti i supermercati. Terzo le persone colpite non ci possono pagare né l'affitto, né il riscaldamento, né l'elettricità. Per la Corte Costituzionale, come scritto in una sentenza del 2010, si tratterebbe di necessità fisiche di base.

Dall'Arbeitsamt riferiscono anche che in caso sia minacciato il taglio dell'energia elettrica, il Jobcenter puo’ pagare la bolletta direttamente al fornitore. Se le persone colpite si dichiarano disponibili "ad adempiere ai loro obblighi", le sanzioni possono essere mitigate e l'affitto arretrato saldato dal Centro per l’Impiego. Se cio’ non accade, e in caso di minaccia di sfratto, il Jobcenter puo' pagare l'affitto, ma solo in forma di prestito. Vale a dire: il debito con lo stato in seguito dovrà essere rimborsato a rate.

Costretti alla prostituzione e alla criminalità

L'associazione Sozialgerichtstag cita anche altri rilevanti aspetti sociali: molte persone sanzionate non sarebbero fisicamente e mentalmente in grado di lavorare per un periodo di tempo duraturo. Questo pero' non sembrerebbe interessare molto agli impiegati dei Jobcenter:

"i Jobcenter piuttosto, in una situazione esistenziale complessa e difficile, vorrebbero spingere verso un determinato comportamento oppure far accettare una situazione di carenza attraverso il ricorso a scenari di minaccia e coercizione"

Sono soprattutto i giovani disoccupati a trovarsi in una situazione disperata. Alcuni diventano senzatetto. La scarsa nutrizione diventa un pericolo. Alcuni, per cercare di restare a galla finiscono nella prostituzione o nella criminalità. "Non c'è alcun collegamento con il concetto di “protezione per la comunità", scrivono i giuristi ai loro colleghi della Corte Costituzionale di Karlsruhe.

Malati di mente puniti con maggiore frequenza 

Anche l'Associazione degli Avvocati tedeschi ha una visione simile. I Jobcenter si accaniscono soprattutto sulle persone con problemi mentali, sui tossicodipendenti, sui giovani con importanti problemi personali o addirittura con le persone gravemente disabili. Le persone colpite da sanzioni spesso non sono in grado di modificare il loro comportamento. I centri per l'impiego sanzionano i genitori single perché magari hanno rifiutato un lavoro a turni, oppure costringono persone depresse ad accettare un lavoro che in realtà non sono in grado di svolgere.

"Si ha come l'impressione, nel caso di persone con problemi comportamentali, che dietro alle sanzioni ci siano considerazioni da parte dei dipendenti del jobcenter estranee al caso in questione",

rimproverano i giuristi, che poi sottolineano: le famiglie bisognose, che non vogliono far morire di fame il familiare sanzionato, sono di fatto anch'esse colpite. Questa pena, estesa ai membri della famiglia, porta tutti i partecipanti ad "un regolare e significativo peggioramento della condizione di vita dell'intera famiglia".

Costringere le persone ad un determinato comportamento

Apparentemente i destini delle persone colpite non interessano né il governo, né i centri per l'impiego, né i rappresentanti dell'economia e nemmeno le città metropolitane o le province. Le loro prese di posizione lo fanno capire molto chiaramente.

Lo studio legale Redeker Sellner Dahs a nome del Ministero del Lavoro e degli affari sociali guidato da Andrea Nahles (SPD) chiarisce che nel diritto sociale le condizioni necessarie per ottenere un sussidio Hartz IV sono sullo stesso piano della dignità umana. La riduzione totale dell'indennità di sussistenza, oppure la sua totale decurtazione, è quindi da considerarsi pienamente legittima.

"si tratta di strumenti per impedire o costringere ad un determinato comportamento i beneficiari di un sussidio"

Concretamente: il governo concede un diritto fondamentale solo ai disoccupati obbedienti. Se le persone colpite da una sanzione non si piegano all'obbedienza, si tratta della loro volontà, sempre secondo il rappresentante legale del Ministero del Lavoro. In quanto "misure di legge finalizzate ad ottenere un determinato comportamento fanno abitualmente parte del diritto".

Minimo del minimo?

Sicuramente il governo federale ha calcolato il sussidio Hartz IV come un minimo esistenziale, lo studio legale che rappresenta il Ministero tuttavia nega questa tesi. Il limite insuperabile si troverebbe molto al di sotto, sostengono, senza pero' menzionare una somma precisa. La pensano allo stesso modo anche gli uffici del lavoro. Cosi' cercano di giustificare la loro posizione: solo il 37% delle obiezioni e il 40 % dei ricorsi vengono risolti a favore dei beneficiari, "testimonianza felice di un basso tasso di errore".

La Bundesvereinigung Deutscher Arbeitgeberverbände (BDA - Associazione dei datori di lavoro) ha addirittura elogiato le dure sanzioni previste per i disoccupati fra i 15 e i 24 anni. Alla minima irregolarità c'è la minaccia di una decurtazione del 100% dell'indennità. Probabilmente credevano di essere degli educatori quando alla BDA hanno dichiarato: sono proprio i piu' giovani a non doversi abituare ad una solidarietà da parte della collettività senza che da loro ci si aspetti una controprestazione. Anche l'associazione dei circondari (Landkreis) ritiene che l'intero catalogo delle punizioni sia "socialmente e politicamente necessario". L'associazione delle città teme invece che la perdita della casa potrebbe alla fine ostacolare l'inserimento lavorativo dei disoccupati. 

lunedì 14 agosto 2017

Prosegue il boom del lavoro interinale che continua ad essere pagato molto meno rispetto al lavoro dei dipendenti diretti delle aziende

Il governo risponde ad una interrogazione parlamentare della Linke sul lavoro interinale. Dai dati emerge che in Germania il boom del lavoro a tempo prosegue indisturbato e che il salario dei lavoratori interinali resta molto piu' basso rispetto a quello dei lavoratori dipendenti assunti dalle aziende. Anche con le nuove leggi il principio della "parità di retribuzione per lo stesso lavoro" sarà valido solo dopo nove mesi. L'obbligo di assunzione dopo 18 mesi è destinato a restare solo sulla carta e probabilmente non avrà alcun effetto. Da deutschlandfunk.de


Un lavoratore interinale riceve solo il 58% del salario mediano generale. Per frenare l'abuso delle forme di lavoro temporaneo la Grande Coalizione nei mesi scorsi ha introdotto una riforma del lavoro interinale. Secondo la Linke, per la maggior parte dei lavoratori questa legge non servirà a nulla.

E' probabilmente la parola tabu' per eccellenza nel mercato del lavoro moderno: lavoro interinale. Nessuno vorrebbe finirci, ma sono sempre di piu' le persone che lavorano per un'agenzia interinale, come indicato da una risposta del governo federale ad una interrogazione parlamentare della Linke. 

Nel dicembre 2016 in Germania c'erano 990.000 lavoratori interinali, il 4% in piu' rispetto all'anno precedente. La risposta del governo evidenzia in maniera chiara che il trend continua ad andare verso l'alto. Perchè è cosi'?

"Le agenzie di lavoro sono come uno scalda acqua istantaneo"

Karl Brenke, esperto di mercato del lavoro presso il Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung di Berlino: "l'industria assume sempre piu' spesso lavoratori interinali, attualmente è un business in pieno boom, soprattutto per quanto riguarda gli ordini legati alle esportazioni. A cio' si aggiunge un altro aspetto, e cioè che i centri per l'impiego fungono da "scalda acqua istantaneo" per le agenzie interinali: le agenzie di lavoro temporaneo hanno bisogno di lavoratori poco qualificati, e i centri per l'impiego glieli inviano subito".

Nel lavoro temporaneo il lavoratore dipendente viene prestato dalla società di lavoro interinale ad un datore di lavoro in cambio di denaro. Indipendentemente da luogo in cui si svolge il lavoro, il lavoratore in prestito viene pagato dal fornitore di lavoro a tempo. Secondo la risposta del governo nel 2016 la retribuzione mediana mensile di un lavoratore interinale era pari al 58% di quella mediana di tutti i lavoratori con assicurazione sociale.


Riforma del lavoro interinale

Per cercare di frenare l'abuso di questa forma di occupazione, la Grande Coalizione (CDU e SPD) ha introdotto una riforma del lavoro interinale entrata in vigore nell'aprile 2017. La legge tuttavia non sembra aver avuto alcun effetto sui numeri reali.

Secondo la nuova legge, un lavoratore temporaneo al massimo dopo nove mesi dovrebbe ricevere la stessa retribuzione dei dipendenti dell'azienda con la stessa qualifica. Inoltre il lavoratore temporaneo puo' essere dato in prestito alla stessa azienda per un massimo di 18 mesi. Dopodiché dovrà cambiare azienda oppure essere assunto dall'azienda per la quale ha lavorato. Gli accordi fra le associazioni dei datori di lavoro e i sindacati possono derogare la legge.

Katja Mast, portavoce della SPD sui temi del lavoro e degli affari sociali, considera la legge un passo giusto e importante, ai microfoni di DF ha detto:

"Possiamo già vedere i primi effetti positivi della riforma, ci sono infatti dei nuovi contratti collettivi nel metalmeccanico, nell'elettronica e nella chimica che già ora recepiscono le nuove leggi e prevedono una migliore regolamentazione del lavoro interinale. Nel complesso, il numero complessivo degli occupati coperti da assicurazione sociale è cresciuto, e se lo si confronta con il lavoro interinale, la crescita è costante".

"La legge non riguarda la maggior parte dei lavoratori interinali"

Secondo la Linke invece con la nuova legge le condizioni dei lavoratori interinali sono peggiorate, come sostenuto dal vice capo-gruppo Klaus Ernst ai nostri microfoni.

"Il problema con la nuova legge è che il principio dello "stesso lavoro, stesso salario" vale solo dopo 9 mesi, ma solo il 25% dei lavoratori temporanei resta cosi' a lungo presso la stessa azienda. La nuova legge non li riguarda affatto. Continueranno ad essere pagati meno degli altri".

Quali saranno i prossimi cambiamenti che interesseranno il lavoro interinale lo si potrà capire solo dopo le elezioni politiche di settembre. Di promesse sull'argomento ne sono state fatto abbastanza.

La Linke chiede nel lungo periodo una abolizione totale del lavoro interinale: nel breve periodo una retribuzione identica a quella del personale permanente, piu' una indennità di flessibilità. I Verdi la vedono allo stesso modo. Anche la SPD promette che in futuro il lavoro interinale, sin dal primo giorno, debba essere pagato tanto quanto il lavoro del personale dipendente dell'azienda con la stessa mansione. Inoltre chiede che i consigli di fabbrica abbiano una maggiore possibilità di intervento. L'Unione nel suo programma elettorale scrive invece che in  merito al lavoro interinale e ai contratti d'opera, grazie alla regolamentazione esistente, sono già stati raggiunti degli importanti miglioramenti.

mercoledì 9 agosto 2017

7.6 milioni di mini-job: un lavoratore dipendente su 5 è un minijobber

Il governo risponde ad una interrogazione parlamentare della Linke sul tema dei mini-job e fornisce dati sorprendenti: dopo una lieve flessione nel 2015, i mini-job sono tornati a crescere e i mini-jobber sono ormai pari al 23% di tutti i lavoratori dipendenti con assicurazione sociale, sempre di piu' le donne e gli anziani. Impressionante il numero di mini-jobber ultra 65enni, piu' di un milione. Dalla Rheinische Post.


Nonostante l'introduzione del salario minimo per legge nel gennaio 2015, il numero dei mini-jobber in Germania è tornato a crescere. Nel dicembre 2016 era del 2.2% piu' alto rispetto al marzo 2015. Circa 7.63 milioni di persone alla fine dello scorso anno avevano un "rapporto di lavoro minore" (mini-job). Vale a dire il 23% di tutti i lavoratori dipendenti (con assicurazione sociale). Il dato emerge da una risposta del governo federale ad una richiesta del gruppo parlamentare della Linke.

I mini-job sono esentasse fino al limite previsto dalla legge di 450 € al mese. Per questa ragione per molti lavoratori restano un'opportunità attraente. Per circa un terzo dei mini-jobber si tratta di un secondo lavoro. I lavoratori dipendenti che hanno solo un mini-job - e quindi senza altri lavori che prevedano il pagamento dei contributi sociali - sono circa 4.8 milioni. Molti, ma non tutti, lo fanno per integrare la pensione o magari per pagarsi gli studi - oppure si tratta ad esempio di casalinghe che vogliono migliorare il reddito familiare.


Chi è inquadrato secondo un "rapporto di lavoro minore" non è necessariamente coperto dal mini-job per quanto riguarda la cassa malattia e la previdenza sociale (non è prevista l'assicurazione contro la disoccupazione). Dal 2013 il mini-job prevede il versamento dei contributi pensionistici, ma su domanda del lavoratore è possibile richiedere l'esenzione dall'obbligo assicurativo, opzione a cui molti dipendenti fanno ricorso. Per il datore di lavoro è previsto il pagamento di un contributo forfettario tra il 25 e il 30% della retribuzione lorda per l'assicurazione pensionistica, la cassa malattia e le imposte sul reddito.

Molti mini-jobber sono donne e hanno piu' di 60 anni

Le critiche nei confronti dei numeri raggiunti dai mini-job, oltre 7 milioni, sono sempre piu' forti: sarebbero uno strumento per comprimere i salari nonché una delle principali cause di povertà in vecchiaia, visto che i contributi versati daranno diritto ad una pensione estremamente bassa.

Secondo i dati forniti dal governo, oltre 3 milioni di mini-jobber, quasi il 60%, nel 2016 erano donne. Per molte di loro, a causa dei contributi pensionistici troppo bassi, la povertà in vecchiaia è già un problema estremamente attuale.

Il 22% dei mini-jobber nel 2016 aveva piu' di 60 anni. La percentuale di anziani con un'occupazione minore è cresciuta del 48% rispetto al livello di dieci anni fa. Anche il numero dei mini-jobber in età pensionabile con oltre 65 anni è cresciuto del 35% rispetto al 2006, e oggi sono piu' di un milione.

Secondo il documento del governo, i mini-jobber lavorano in media 11.8 ore per settimana. Il loro salario medio nel 2014 era di 9.4 € lordi l'ora. Nell'ovest un mini-jobber guadagnava in media 9.58 € l'ora, nell'est solo 7.86 € l'ora. La retribuzione media di un mini-jobber era del 55% inferiore rispetto alla retribuzione lorda media complessiva di tutti i dipendenti, pari a 16.57 € lordi l'ora. Dai dati forniti dal governo emerge che con l'introduzione del salario minimo di 8.5 € lordi l'ora, all'inizio del 2015, il numero dei mini-job è sceso di 93.000 unità. Nei mesi successivi tuttavia sono tornati a crescere fino alla fine del 2016.

"E' una trappola soprattutto per le donne"

Secondo i dati del governo la maggior parte dei mini-jobber lo scorso anno lavorava nella vendita al dettaglio. 895.000 mini-jobber lavoravano nel commercio, seguivano la gastronomia con 780.000 occupati, la pulizia degli edifici (circa 600.000) e la sanità (433.000). I lavoratori senza una qualifica fra i mini-jobber sono il 21.5% e sono quindi sovrarappresentati rispetto al totale degli occupati. Sorprendentemente alte sono le attività da aiutante generico con una quota del 45 % sul totale, sempre secondo i dati del governo.

"I mini-job sono una forma di occupazione precaria, a bassa retribuzione e portano dritti ad una mini-pensione. Sono una trappola soprattutto per le donne", scrive Jutta Krellmann della Linke. 4.3 milioni di mini-jobber, secondo i dati del governo, avrebbero almeno una qualifica professionale. E' un indizio del fatto che per queste persone probabilmente sarebbe possibile trovare qualcosa di meglio rispetto ad una semplice attività da aiutante. "E' davvero uno scandalo se oltre un milione di persone con piu' di 65 anni ha bisogno di un mini-job per assicurarsi il sostentamento", ha dichiarato sempre la Krellmann. I mini-job non stanno creando nuovo lavoro, lo stanno solo redistribuendo fra piu' lavoratori.


lunedì 7 agosto 2017

Come una giornalista della televisione pubblica WDR ha perso il lavoro per aver detto la verità sulla crisi dei migranti

Secondo alcune classifiche internazionali molto in voga, in quanto a libertà di stampa l'Italia sarebbe dietro il Burkina Faso, la Germania stabilmente nella parte alta della classifica, le cose probabilmente non stanno cosi'. Ce lo mostra il caso di Claudia Zimmermann, una giornalista della WDR che dopo una lunga collaborazione con l'emittente di Colonia ha perso il lavoro per aver detto ai microfoni di una radio olandese quello che tutti sanno: sulla questione dei migranti il governo tedesco pretende dalla televisione pubblica una rappresentazione dei fatti favorevole e vicina alle posizioni governative. Da meedia.de
Circa un anno e mezzo fa il caso della giornalista della WDR Claudia Zimmermann aveva fatto scalpore. Durante un programma radiofonico su di una emittente olandese, nel pieno della crisi dei migranti, aveva affermato che ai "media pubblici tedeschi viene chiesto di offrire una rappresentazione dei fatti favorevole al governo". La WDR aveva reagito con indignazione smentendo l'accusa, la signora Zimmermann aveva poi provato a fare marcia indietro. Oggi ci dice: "La mia carriera giornalistica in Germania dopo questa dichiarazione è finita". Con la WDR sta negoziando i dettagli della separazione professionale. 

Claudia Zimmermann si è fatta viva a MEEDIA solo dopo aver letto i risultati dello studio condotto dall'esperto di comunicazione di massa Michael Haller. Il Prof. Haller, insieme all'Università di Leipzig e alla Hamburg Media School, analizzando migliaia di articoli di giornale, ha realizzato uno studio su larga scala in merito alla rappresentazione mediatica della crisi dei migranti nel 2015 e 2016. Risultato centrale dell'analisi: i media, o almeno i quotidiani, hanno assunto in larghissima parte la prospettiva della politica.

La Sig.ra Zimmerman si è sentita confermata dai risultati dello studio, soprattutto in relazione alle critiche espresse circa un anno e mezzo fa nei confronti dei media pubblici. All'epoca aveva anche cercato di smentire la sua affermazione: i giornalisti della televisione pubblica riceverebbero istruzioni dirette per la redazione dei loro servizi. Oggi invece conferma la critica generale nei confronti della radiodiffusione pubblica: "soprattutto le grandi reti televisive ARD e ZDF vengono sempre criticate in quanto televisioni di stato, e secondo me a ragione. Non viene espressa alcuna critica nei confronti del governo. Non sono i giornalisti ad essere cattivi. E' il sistema che funziona dall'alto verso il basso. I redattori capo o i direttori di redazione fanno in modo che i servizi critici non vengano mandati in onda".

Durante la sua conversazione con MEEDIA la sig.ra Zimmermann ha voluto sottolineare che lei non intende criticare i singoli giornalisti, che secondo lei di solito fanno un buon lavoro. Anche la sola politica di assunzione dell'emittente pubblico e la totale dipendenza del personale esterno fisso (lei aveva questo contratto nei suoi rapporti con WDR) impediscono, secondo lei, che l'operato del governo e la questione dei migranti siano raccontati in maniera troppo critica. "Se qualcuno prova a raccontare in maniera critica la questione dei migranti, viene subito considerato di destra. La problematica con i profughi e i migranti è rappresentata in maniera troppo positiva", ha detto a MEEDIA.

Per lei invece la dichiarazione di un anno e mezzo fa ai microfoni di una radio olandese ha avuto conseguenze drastiche: "La WDR ha dichiarato che di fatto non sono stata licenziata. E questo è vero, non mi hanno licenziata. Da allora pero' non ho piu' lavorato. Sono da circa 25 anni alla WDR e in precedenza ogni 10 proposte tematiche riuscivo a venderne almeno 8. Dopo questa dichiarazione ho già fatto 10 proposte e nessuna di queste è stata acquistata. E cio' ha fatto sì che io ora soffra di burn-out".

Dopo la sua dichiarazione controversa, anche all'interno della redazione della WDR improvvisamente sono cambiate le responsabilità: "normalmente le proposte tematiche venivano acquistate da un redattore-capo. Dopo la mia dichiarazione del gennaio 2016, per le mie proposte tematiche mi sono sempre dovuta rivolgere alla direzione dello studio. E li' naturalmente nessuno vuol dire che le mie proposte vengono rifiutate a causa della mia dichiarazione. Trovano sempre un motivo: troppo complicato, troppo nazionale, oppure mi dicono che hanno già affrontato un tema simile, etc".

La WDR in seguito ad una richiesta di MEEDIA smentisce che la sig.ra Zimmermann non abbia piu' abbia avuto la possibilità di lavorare per l'emittente. Una portavoce ci ha detto: "non è vero, ed è dimostrabile, il fatto che la sig.ra Zimmermann da allora non abbia piu' ricevuto alcun ordine dalla WDR. Che la direzione dell'emittente venga coinvolta nella scelta dei temi poi non è affatto inusuale".

Claudia Zimmermann ha detto a MEEDIA che dopo la sua dichiarazione ha potuto realizzare solo 2 piccoli e brevi cosiddetti "Off maz" (servizi televisivi) di 30 secondi ciascuno senza il nome dell'autore. Fino alla fine del 2016 ha proposto settimanalmente dei nuovi temi, nessuno dei quali però è mai stato acquistato".

Nel frattempo la sig.ra Zimmermann ha iniziato a trattare con WDR la chiusura del rapporto contrattuale. Secondo quanto lei ci ha detto, da allora non è piu' riuscita a rivendere le sue proposte a nessun'altro editore o emittente televisivo in Germania. Claudia Zimmermann continua tuttavia a pubblicare in Olanda e ha recentemente scritto un libro sulle macchinazioni e le trame dei broker online dal titolo "Terroristi dei mercati finanziari".

sabato 5 agosto 2017

Una storia di ordinario lobbismo

Lo scandalo delle emissioni diesel è anche e soprattutto una storia di ordinario lobbismo a Berlino e a Bruxelles: senza la stretta collaborazione del governo con la lobby dell'auto tedesca non si sarebbe mai arrivati a questo punto. Lo mostra chiaramente uno scambio di e-mail fra il lobbista capo di Daimler, Eckart von Klaeden, ex Ministro tedesco, e gli uffici della Cancelleria di Berlino. Da Der Spiegel
Il lobbista capo di Daimler, Eckart von Klaeden, è riuscito ad intervenire con successo presso la Cancelleria tedesca nella definizione delle regole sui test per la misurazione delle emissioni - per farlo l'ex ministro ha utilizzato i suoi vecchi contatti.

Lo scandalo delle emissioni diesel, senza la vicinanza fra il governo tedesco e il settore automobilistico non sarebbe stato affatto pensabile. Cosi' anche il lobbista capo di Daimler, Eckart von Klaeden, si è speso con successo per ottenere dal governo tedesco dei test sulle emissioni dei diesel meno severi. 

Il 18 marzo 2015 Klaeden scrive una e-mail al capo del Dipartimento di Politica Economica presso la Cancelleria, Lars-Hendrik Röller. Nella mail chiede al governo federale "di riconsiderare" la propria posizione nei confronti dei piani della Commissione UE.

Appena una settimana dopo gli stati membri dell'UE intendevano infatti votare sui nuovi metodi di misurazione delle emissioni RDE ("Real Driving Emissions"), con i quali le auto prima di essere ammesse alla circolazione dovevano essere testate in condizioni di guida reali. Klaeden nella mail metteva in guardia: "cio' che potrebbe sembrare in un primo momento solo come una decisione tecnica minore, potrebbe invece avere enormi conseguenze per l'industria automobilistica tedesca, nella misura in cui influenzerà il futuro utilizzo dei motori diesel". La proposta della Commissione UE "non poteva essere accettata".

Lo stesso giorno di Klaeden, presso il capo dell'ufficio di Cancelleria  Peter Altmaier si fa sentire per e-mail anche il Presidente dell'Associazione Automobilistica tedesca (VDA), Matthias Wissmann, il quale si dichiara a favore di un "pacchetto complessivo realistico". I funzionari della Cancelleria redigono allora per Altmaier una "presa di posizione" nella quale è scritto che in occasione della riunione a Bruxelles si chiederà al Ministero dell'Ambiente e al Ministero dei Trasporti "di affrontare esplicitamente le preoccupazioni espresse da VDA e Daimler" in merito ai metodi di misurazione e di "prendere in considerazione, all'interno di ulteriori discussioni", il concetto di un "pacchetto complessivo realistico", proposto da Wissmann.

Il governo federale tedesco dopo l'intervento dei lobbisti ha poi modificato la sua linea politica cancellando la data specifica per l'introduzione dei test RDE dalla sua proposta. Anche nella decisione in merito al regolamento finale, presa nell'autunno 2015, il governo è andato incontro alle necessità dei produttori di auto.

Eckart von Klaeden dal 2009 al 2013 è stato Ministro di Stato presso la Cancelleria, prima di passare alla casa automobilistica di Stoccarda Daimler. La transizione immediata del politico della CDU, all'epoca aveva causato un certo risentimento, anche all'interno del suo stesso partito.

Una imbarazzante messa in scena

Su Die Zeit un commento molto interessante in merito al vertice sul diesel di mercoledì a Berlino: è stata una imbarazzante messa in scena che ha cercato di rivendere come un successo della politica un rimedio ampiamente insufficiente che probabilmente non servirà a nulla. E' evidente la totale collusione fra il lobbismo del settore auto e il governo tedesco. Petra Pinzler su Die Zeit.


Mettiamo che ci sia un panettiere che prepara del pane tossico. A causa di cio' alcune persone si sentono male. Molto probabilmente le autorità competenti si accanirebbero contro la sciatteria del forno. Ammonirebbero, infliggerebbero ammende e se le cose non dovessero cambiare chiuderebbero il panificio. Noi lo chiamiamo stato di diritto.

Ma se l'industria automobilistica per anni inquina l'aria facendo ammalare migliaia di persone, allora valgono altre regole, che da oggi sappiamo quali sono: le autorità competenti volgono lo sguardo da un'altra parte e modificano il diritto esistente fino a quando questo non si adatta perfettamente al reato commesso. Il Ministro dei Trasporti competente Alexander Dobrindt (CSU) non si è mai preoccupato di rivolgersi alle iniziative ambientali che hanno fatto emergere lo scandalo. Solo quando la truffa è diventata cosi' plateale da non poter essere piu' messa a tacere, ha deciso di organizzare a Berlino un vertice sul diesel insieme al Ministro dell'Ambiente Barbara Hendricks (SPD) e ai boss del settore auto.

Ma ancora prima di comparire davanti alla stampa, la VDA, l'associazione di categoria della lobby automobilistica, invia alla stampa il suo comunicato sui risultati del vertice. Ma dove siamo?

Non solo in Germania per alcuni si applica la legge mentre per altri si organizzano i vertici. Ma per il Ministro dei Trasporti è assolutamente indolore rivendere i risultati del meeting come se fosse stato un successo. (La campagna elettorale è alle porte). Come se avesse davvero ottenuto qualcosa a vantaggio dei cittadini. E il suo capo  Horst Seehofer (CSU) gli fa un assist rallegrandosi del fatto che "tutti i produttori si sono fatti carico delle loro responsabilità". Ci sarebbe da vergognarsi per loro.

Bisogna ricordarsi la sequenza degli avvenimenti per comprendere la gravità di questo comportamento: non solo c'è un'industria che truffa i suoi clienti vendendogli auto che non possono garantire le prestazioni che la pubblicità ha promesso. Un settore che con una condotta truffaldina costringe milioni di persone a respirare un'aria pericolosamente sporca ottenendo profitti record. E ora il governo federale gli permette ancora una volta di non rimediare ai danni fatti, ma di potersene uscire con misure del tutto inadeguate.

Rivendere un rimedio inadeguato come una generosità

Concretamente: cio' che il governo federale ha concordato con l'industria automobilistica tedesca non servirà a ripulire l'aria delle città. Non servirà a rientrare nei limiti. Il Ministro dell'Ambiente Barbara Hendricks lo ha addirittura ammesso dopo il vertice: "sui livelli di ossido di azoto anche in futuro probabilmente resterà  un gap da colmare".

E questo perché sui 5.3 milioni di veicoli diesel in circolazione i boss del settore auto si sono impegnati solo ad un modesto aggiornamento del software. Anche sui diesel che soddisfano le norme Euro 5 ed Euro 6. Tutti i possessori di auto piu' vecchie resteranno a bocca asciutta. "Abbiamo scelto di impegnarci nello sviluppo di nuovi modelli, invece di migliorare i vecchi motori", ha detto il capo di VW Matthias Müller. Gli altri leader del settore si sono mostrati d'accordo.

Una cosa è sembrata chiara: per i partecipanti al vertice i divieti di circolazione, anche per i diesel piu' vecchi, sono impensabili. Fortunatamente a decidere se l'aria è pulita come dovrebbe essere secondo la legge saranno i tribunali tedeschi. Ma affinché cio' sia anche solo ipotizzabile, i diesel in circolazione dovrebbero essere attrezzati con dei catalizzatori. E questo per i produttori, con costi di circa 1500 € per auto, è troppo oneroso. I costruttori vorrebbero offrire ai possessori di auto piu' vecchie la possibilità di comprare delle auto piu' moderne grazie a degli incentivi pubblici: non intendono in alcun modo pagare per i loro peccati, ma vorrebbero trasformare la truffa in un programma di stimolo per gli acquisti.

Resta come conclusione: i produttori di auto, anche dopo il vertice sul diesel, ancora una volta non faranno quello che le autorità competenti da tempo avrebbero dovuto imporre. Hanno cercato di rivendere come un atto di grande generosità un rimedio ampiamente insufficiente. E la politica ancora una volta accetta che l'industria dell'auto la  faccia franca. Che imbarazzante messa in scena.