sabato 25 aprile 2020

Olaf Scholz - Fondi in cambio di una maggiore integrazione europea

Intervista molto interessante al Ministro delle Finanze tedesco Olaf Scholz della radio pubblica DLF durante la quale il vice-cancelliere socialdemocratico fa trapelare, senza tuttavia fornire dettagli, che il "recovery fund" di cui si è parlato nell'ultimo consiglio europeo sarà di natura temporanea e sottoposto a delle specifiche condizionalità. Per Scholz prima di mettere sul tavolo dei fondi si dovranno fare dei passi aggiuntivi verso un'ulteriore integrazione europea. Da Deutschlandfunk.de

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(...) Quindi la Germania quanto sarebbe disposta a trasferire in più a Bruxelles?

Scholz: si tratta di un discorso molto concreto che non dobbiamo fare in questa intervista e che ovviamente dovrà essere fatto con coloro che sono coinvolti - penso che questa non sia la sede adatta. Ma abbiamo detto che siamo pronti a pagare di più rispetto al passato, e grazie a Dio a farlo anche all'inizio di questo periodo legislativo. Avrà un senso agire nel modo in cui ci siamo preposti.

Münchenberg: I ​​dati della Commissione europea tuttavia sono già disponibili, lì si parla almeno del 2 % del PIL anziché solo dell'1,2 %. Sarebbe un numero accettabile anche per lei?

Scholz: credo che dobbiamo essere molto chiari sul fatto che attualmente ci troviamo in una fase decisiva. Il punto non è che ora possiamo operare con grandi numeri, ma che prima bisogna definire quello che sarà effettivamente necessario. Come ho detto, non si tratta di definire ora cosa ci sarà nei prossimi sette anni, ma in particolare, come sarà effettivamente possibile raccogliere piu' denaro, almeno nella fase iniziale. Questo è un compito completamente diverso, e quindi si dovrà definire quanto effettivamente sarà necessario e in che modo ciò dovrà essere fatto. Una cosa mi è assolutamente chiara: quello che sta accadendo ora non potrà andare avanti senza una ulteriore integrazione europea. Farci carico di ulteriori compiti senza prima aver sviluppato entrate e forme di finanziamento comuni, senza affrontare il dumping fiscale nell'UE, senza fare in modo che ci siano dei compiti comuni da affrontare insieme, non potrà funzionare. 

Dobbiamo spingere in avanti il processo di unificazione e integrazione europea. Solidarietà significa anche che quello che sta accadendo ora, altrimenti non funzionerà, sostanzialmente non è mai stato fatto in nessuna parte del mondo e nella storia. Chi ora non capisce che questo in pratica è il momento in cui l'integrazione europea dovrà compiere un decisivo passo in avanti non sarà in grado di risolvere nessuno dei problemi attuali.

Münchenberg: Herr Scholz, quando afferma che è necessaria una maggiore integrazione europea, significa anche un maggiore controllo, ad esempio, su quello che si dovrà fare con i soldi che l'UE metterà a disposizione nel corso della crisi?

Scholz: Sì, infatti non ha senso mettere sul tavolo grandi somme di denaro senza prima definire a cosa serviranno. Non si tratta di finanziare i bilanci, si tratta di qualcosa di simile a quello che abbiamo appena fatto, ad esempio. Abbiamo dato alla Commissione europea l'opportunità di prendere in prestito fino a 100 miliardi di euro, ad esempio per finanziare il programma di "Kurzarbeit" di breve periodo che abbiamo anche qui in Germania, e che in altri paesi attualmente non sarebbero in grado di finanziare da soli. E dobbiamo essere specifici e precisi come in quel caso, e quindi è probabile che si possano generare somme che sono molto più grandi di quanto è stato discusso in passato, ma forse non sono così alte come quelle impressionanti che ora alcuni stanno sparando un po' a caso.

Münchenberg: C'è anche un altro punto in discussione, queste somme sono sovvenzioni oppure prestiti - qual è la posizione del governo federale?

Scholz: Suppongo che sarà un mix fra le diverse opzioni, ed è chiaro che quello che stiamo facendo ora è garantire che i diversi paesi siano in grado di svolgere i loro compiti per i loro cittadini, come mantenere i posti di lavoro e finanziare le imprese. Ciò farà aumentare il debito pubblico ovunque, anche da noi. Siamo riusciti a ridurre il nostro debito al di sotto del 60 % del PIL, e quindi possiamo far fronte a un aumento al 75 % che al momento è il livello che stiamo prendendo in considerazione, anche al di sotto rispetto all'ultima crisi finanziaria, quando avevamo più dell'80% cento. Altri paesi partono dal 100 % o più di debito, e questa è sicuramete una grande sfida per quei paesi. È quindi importante affrontare il problema generale e tenerlo d'occhio.

Münchenberg: Herr Scholz, ora ci vorrà un po 'di tempo prima che questo fondo per la ricostruzione venga creato e che se ne conoscano tutti i dettagli. La politica forse non può farsi da parte perché alla fine potrà affidarsi alle banche centrali, in particolare alla Banca centrale europea, che alla fine pomperà ancora un trilione di euro nei mercati entro la fine dell'anno?

Scholz: la BCE fa parte dell'Eurosistema e svolge un ruolo essenziale, proprio come stanno facendo attualmente le banche centrali di tutti i paesi. Dovrà avere la forza necessaria. Le decisioni di cui abbiamo parlato all'inizio, messe in piedi dai ministri delle finanze, significano, ad esempio, che i paesi avranno la possibilità di mobilitare dei fondi aggiuntivi attraverso il meccanismo europeo di stabilità. Ciò significa che mentre la banca centrale sostiene il finanziamento pubblico, si aprirà una buona opportunità di combinazione in maniera ordinata con le attività della banca centrale. Credo questa volta sia stato tutto organizzato in maniera molto piu' saggia rispetto a quanto non fosse accaduto dieci anni fa, perché sia ​​con la politica fiscale sia con le capacità della banca centrale, possiamo assicurarci di superare al meglio questo momento molto difficile.

Münchenberg: Ciononostante la BCE per un certo periodo acquisterà obbligazioni spazzatura, ovvero titoli che sono stati declassati allo status di spazzatura dalle agenzie di rating. Non si sta spingendo un po' troppo lontano?

Scholz: questo è un messaggio che non corrisponde esattamente a ciò che ha deciso la BCE. Ha fatto qualcosa che penso sia facilmente comprensibile, e cioè affermare che le obbligazioni che erano buone e che ora non possono piu' essere considerate buone perché la loro valutazione è diventata improvvisamente difficile a causa della situazione attuale, dovranno esere considerate come prima. Questo è qualcosa che la normale attività commerciale fa ovunque. Se hai un buon rapporto con i tuoi clienti, se sei ragionevole, come azienda cercherai di tenerti i tuoi clienti e di attraversare questa crisi con loro, la si può vedere anche in questo modo. (...)


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L'export italiano stava asfaltando quello tedesco...

Breve post per ricordare come la congiuntura del settore industriale tedesco anche prima del Covid-19 non fosse affatto buona, mentre sul fronte italiano c'erano segnali incoraggianti. E infatti nei primi 2 mesi del 2020 l'export italiano era partito molto bene proseguendo il trend positivo del 2019 e registrando un ottimo +4,7% rispetto ai primi 2 mesi del 2019, mentre l'export tedesco nei primi due mesi dell'anno scendeva addirittura in territorio negativo segnando un -0,1%, coerentemente con il risultato decisamente deludente dell'export germanico nel corso di tutto il 2019.


Qui sotto i dati relativi all'export tedesco nei primi due mesi dell'anno (fonte Destatis.de). L'export passa dai 217,7 miliardi di euro nei primi mesi del 2019 ai 216 miliardi del 2020. 







lunedì 20 aprile 2020

Il progetto europeo si sgretola sul confine franco-tedesco

A metà marzo il governo tedesco ha deciso di chiudere il confine con la Francia, ufficialmente nel tentativo di arginare l'epidemia. A poco piu' di un mese da quella decisione, sul lato tedesco si registra un crescendo di toni nazionalisti, con episodi di lancio di uova contro le auto francesi e insulti razzisti contro gli alsaziani. In questo clima di rinnovato spirito nazionalista, il progetto europeo è ancora attuale? Ne scrivono l'ottimo Albrecht Müller sulle Nachdenkseiten e la Frankfurter Allgemeine Zeitung


Francis Joerger da 30 anni è il sindaco del villaggio di Scheibenhard in Alsazia, e da sempre lavora in favore della comprensione e della collaborazione tra francesi e tedeschi. Instancabilmente e con grande impegno. Nella foto qui sotto si trova sul ponte tra Scheibenhard (Alsazia) e Scheibenhardt (Palatinato meridionale) di fronte a una barriera costruita su lato tedesco del confine - apparentemente in accordo con il governo francese. Francis Joerger non può piu' visitare la comunità gemella nella parte tedesca. Anche la tradizionale festa del ponte, un simbolo di comprensione reciproca e riappacificazione, che non sempre è stata facile, quest'anno non si terrà.


Secondo l'opinione del mio amico Francis, con la recente chiusura del confine sono stati fatti dei danni enormi. Egli infatti registra con attenzione e preoccupazione un crescendo di toni nazionalisti. I vertici politici continuano a parlare di una forte amicizia, ma la situazione in basso invece è molto diversa. L'animosità tra il di qua e il di là sembra essere in crescita. Gli alsaziani che lavorano in Germania se fanno acquisti in un supermercato tedesco rischiano una multa. Come del resto risulta anche a noi, egli registra degli insulti alquanto stupidi provenienti dalla parte tedesca, ad esempio al confine tra Francia e Saar.

La chiusura delle frontiere è stata fatta senza considerare le interdipendenze che si sono create nel corso degli ultimi decenni. Lavoratori francesi, alsaziani e lorenesi che lavorano in Germania e viceversa. Ci sono tedeschi che vivono in Francia. I francesi che lavorano in Germania, invece, devono percorrere lunghe distanze a causa della chiusura dei piccoli valichi di frontiera.

Le chiusure sono assurde, sopratutto dal momento in cui sono state emanate regole di base relativamente rigide in tutti i paesi. Ad esempio, Francis Joerger, come tutti gli altri alsaziani che non vanno a lavoro, è autorizzato a lasciare casa sua solo per un breve periodo di tempo e può spostarsi solo entro 1 km. Allora perché gli viene impedito di passare il confine? È ragionevole, necessario e privo di rischio che questi possano essere riaperti il ​​più rapidamente possibile a Scheibenhard(t), come in molti altri luoghi tra l'Alsazia e la Lorena da un lato, e il Baden, il Palatinato e la Saarland dall'altro.

Ma è improbabile che i governi centrali e regionali se ne accorgano. Alcuni di loro potrebbero persino credere che il solo attraversamento del confine fra un Land e l'altro o una visita al Mar Baltico possano diffondere il virus.

Le modalità con le quali l'Europa si sta sgretolando su larga scala, si capiscono da quanto poco e in maniera esitante i singoli stati si siano aiutati in termini di assistenza sanitaria, e anche perché le mosse dei singoli stati alla fine non siano state coordinate fra loro. Affrontare la crisi causata dal Coronavirus mette in luce gli Stati nazionali. La pacca sulla spalla nazionalista è diventata ormai di uso comune. "Oh, come siamo stati bravi. Siamo stati cosi' previdenti e non abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi”. Questa è la sottile e inconscia melodia dei tedeschi. Da Peter Altmaier fino all'emissione televisiva sulla borsa prima delle otto.

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Il ponte dell'amicizia tra Kleinblittersdorf e Grosbliederstroff, che collega la Saarland con la Lorena, presto dovrebbe tornare ad avere giustizia per il nome che porta. Il primo ministro della Saar Tobias Hans (CDU) venerdì 17 aprile, infatti, ha annunciato di voler riaprire il ponte per i pendolari transfrontalieri. "La cooperazione transfrontaliera nelle regioni di confine è particolarmente importante nonostante e anche a causa della pandemia di corona-virus", afferma Hans. Non bisogna creare ulteriori ostacoli a coloro che ogni giorno attraversano i confini  per andare a lavorare.

"Questo è un segnale importante", afferma il deputato francese Christophe Arend del partito presidenziale La République en marche. "Ma il nostro obiettivo deve essere quello di riaprire tutti i valichi di frontiera", ha detto alla FAZ. Arend dirige il gruppo inter-parlamentare franco-tedesco e la nuova assemblea parlamentare franco-tedesca ed è preoccupato per la battuta d'arresto negli scambi transfrontalieri. “Il virus non conosce confini. Abbiamo urgentemente bisogno di regole comuni e non di una gara fra chi si chiude di piu'", afferma.

I dipendenti francesi devono rimanere a casa

Su sua richiesta, il valico tra Großrosseln e Petite-Rosselle è stato riaperto, ma solo durante il giorno. Non è una soluzione soddisfacente per i pendolari con un turno di mattina o di notte. "C'è voluta una quantità infinita di sforzi ed energia per riuscire a fare un passo così piccolo", afferma Arend. La chiusura unilaterale del confine imposta dalla Germania il 16 marzo ha messo alla prova l'amicizia franco-tedesca, in quanto va a colpire tutte le abitudini quotidiane.

Nel suo collegio elettorale della Lorena, i pendolari spesso gli hanno riferito di dover fare fino a 50 chilometri di deviazione per raggiungere il posto di lavoro nella Saarland. "I francesi inizialmente sono stati  trattati come dei lebbrosi", afferma Arend. La situazione  ora sembra essere migliorata. Ma per i 2.000 dipendenti francesi del fornitore automobilistico ZF a Saarbrücken è stato molto difficile quando senza preavviso gli hanno chiesto di restare lontani dal posto di lavoro. ZF ora ha ripreso la produzione, ma solo per i dipendenti tedeschi.

I pendolari, fra cui 150 dipendenti francesi della Clinica di Saarbrücken, devono affrontare delle lunghe deviazioni. La stampa francese ha anche riferito di reazioni ostili con cui i francesi della Saarland devono fare i conti. Qualche giorno fa, Michael Clivot, sindaco del comune di confine di Gersheim, ha suscitato scalpore perché si è rivolto alla popolazione con un videomessaggio: "Si era diffuso un certo livello di ostilità nei confronti dei nostri amici francesi". Alcuni francesi sarebbero stati insultati o fermati per strada. Clivot afferma che alcuni francesi vengono in Germania per fare acquisti senza essere autorizzati, ma anche gli abitanti della Saarland fanno lo stesso in Francia.

Il pregiudizio dello "sporco francese"

Anche il ministro degli esteri Heiko Maas, originario della Saarland, e il vice Primo Ministro della Saarland, Anke Rehlinger (entrambi SPD), si sono espressi criticando con forza tali incidenti. Arend ha affermato di essere preoccupato per la rapidità con cui sono tornati i pregiudizi sugli "sporchi francesi". Il console generale francese a Saarbrücken, Catherine Robinet, ha confermato che si tratta di "casi individuali".

Sono state lanciate uova contro le auto con targhe francesi, i clienti di lingua francese nei supermercati tedeschi sono stati insultati ed è stato chiesto loro di tornare in "Corona-Francia". Robinet ha anche riferito di dipendenti di un'impresa di pulizie tedesca della Saarland, che si dice abbia negato l'accesso ai dipendenti francesi durante la notte.

(...) Il deputato Andreas Jung (CDU) sottolinea la difficile situazione dei genitori franco-tedeschi divorziati che condividono la custodia dei figli. Ci sono stati casi simili di difficoltà anche tra le famiglie che vogliono visitare parenti anziani dall'altra parte del confine. Situazioni che non dovrebbero essere lasciate alla discrezione degli agenti di polizia, ma dovrebbe essere sempre chiaro quando è consentito oltrepassare la frontiera. Si dice che un ufficiale di polizia abbia insultato un francese al confine tra Großrosseln e Petite-Rosselle. Almeno questa è l'accusa della parte lesa. Nel frattempo, sono stati avviati procedimenti penali contro ignoti.

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domenica 19 aprile 2020

La lotta tra Francia e Germania per il potere nell'UE

"Loro sono per l'Europa quando si tratta di esportare le merci che fabbricano. Loro sono per l'Europa quando si tratta di procurarsi manodopera a basso costo. Ma non sono per l'Europa quando si tratta di condividere i debiti. Non è possibile". Non sono le parole di un blogger sovranaro qualsiasi, ma quelle usate dal presidente francese nell'intervista al FT di venerdì per descrivere l'atteggiamento dei tedeschi in Europa. La lotta per il primato nell'UE del dopo pandemia è iniziata. Ne scrive Lost in Europe


Fra Berlino e Parigi è scoppiata una dura lotta di potere per dettare il futuro dell'UE. Fondamentalmente la controversia dovrebbe riguardare la battaglia per la solidarietà finanziaria e i "corona-bonds". In verità, si tratta di più, di molto di più.

Al giorno d'oggi bisogna leggere i giornali per avere il polso di quello che succede nell'UE. Ai tempi del corona-virus e delle videoconferenze, la politica europea si fa con le interviste, sempre che si continui a farla. Il presidente del Consiglio dell'UE Michel ha rilasciato a tal proposito un' intervista alla FAZ. L'introduzione dei cosiddetti corona-bonds non è piu' in programma. "Ci sono sensibilità diverse all'interno del Consiglio", ha detto Michel alla "FAZ".

In questo modo il belga ha mostrato una strana concezione del suo ufficio. Come presidente del Consiglio non dovrebbe andare in cerca delle "sensibilità", ma piuttosto guidare l'organo più importante dell'UE. Dovrebbe fare in modo che la struttura continui a funzionare, non correre dietro ad essa.

Come si fa ad accendere l'UE, tuttavia, è un arte che nessuno conosce meglio del presidente francese Macron. "Ora è il momento della verità, in cui si tratta di stabilire se l'Unione Europea è un progetto politico o solo un mercato", ha detto al "FT".

A differenza di Michel, Macron ancora una volta si è pronunciato in favore di trasferimenti finanziari e di nuovi prestiti. E allo stesso tempo, si è espresso energicamente contro la cancelliera Merkel e contro la politica europea dei tedeschi e degli olandesi, ha detto infatti in un'intervista al FT:

"Loro sono per l'Europa quando si tratta di esportare le merci che fabbricano. Loro sono per l'Europa quando si tratta di procurarsi manodopera a basso costo", ha detto Macron. “Ma non sono per l'Europa quando si tratta di condividere i debiti. Non è possibile"

Macron in passato si era già espresso con toni simili. Ma questa volta, nel bel mezzo della peggiore crisi economica degli ultimi cento anni (secono l'ex presidente Von Rompuy), le sue parole sembrano quasi minacciose.

Macron ha anche messo in guarda dai danni ingenti al mercato interno causati dalle misure di sostegno nazionali - anche in questo caso si riferiva alla Germania. Dopo questa crisi non potrà esserci un semplice "proseguiamo così".

La ragione di fondo apparentemente è la preoccupazione che la Germania e la sua economia possano emergere ancora più forti dalla pandemia, mentre la Francia ancora piu' indebolita. Il mercato interno allora diventerebbe solo un mercato tedesco, e l'UE sarebbe sicuramente una "Europa tedesca".

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sabato 18 aprile 2020

Jörg Meuthen: se italiani, francesi e spagnoli sono piu' ricchi dei tedeschi, perché dovremmo pagare per i loro debiti?

Questo non è il blog di AfD in lingua italiana, ma ogni tanto vale la pena andare a sbirciare cosa scrivono i vertici di AfD, vale a dire il partito che in Germania nella battaglia contro gli eurobond probabilmente detta la linea alla FdP, alla CDU e alla CSU.  Il leader di AfD Jörg Meuthen su FB



Cari lettori, per favore provate a fare una stima: qual'è la ricchezza mediana del tedesco "medio" (adulto) (cioè quella esattamente nel mezzo tra la metà più povera e più ricca del nostro paese)?

E qual'è invece la ricchezza mediana dell'italiano, dello spagnolo, e del francese?

Allora deve essere proprio vero che il tedesco medio è molto più ricco degli altri europei, giusto? Dopotutto, ce lo hanno inculcato per anni: da una parte i ricchi tedeschi, dall'altra gli altri europei piu' poveri (in parte). Poveri europei che, nonostante la loro povertà, hanno anche finanziato la nostra prosperità acquistando i nostri prodotti.

E ora in questi tempi di Corona-virus, è arrivato il momento di dare finalmente qualcosa in cambio e di mostrare la nostra solidarietà, non è vero, soccorritori europei riuniti?

Quindi ora per dare una risposta alla domanda posta. Ci sono varie statistiche su questo argomento, ma tutte, senza eccezioni, puntano nella stessa direzione. Ora citerò una statistica che è persino usata su Wikipedia (nota per essere piuttosto di sinistra).

Secondo queste statistiche, l'italiano medio ha un patrimonio netto mediano, dedotti i suoi debiti, di circa 84.500 euro.

Lo spagnolo ha un patrimonio mediano netto di circa 87.700 euro.

Il francese addirittura ha una fortuna mediana corrispondente a circa 93.700 euro.

Tutti questi importi, ovviamente, non sono nulla in confronto al presunto "ricco" tedesco: questo egoista che si occupa solo del proprio benessere, può dire di avere accumulato solo circa 32.500 euro.

Sì, avete letto bene, non manca uno zero e non è uno scherzo: in tutti i paesi citati, la ricchezza pro-capite mediana è più di due volte, e nel caso della Francia, è quasi tre volte più alta che in Germania.

Chi non ci crede, vada a leggersi la colonna mediana (tenere presente che i valori indicati sono in dollari USA, mentre i valori menzionati sopra sono già stati convertiti in euro):

Non ci hanno forse sempre detto che siamo noi tedeschi a trarre i maggiori benefici dall'euro? Come è possibile che siamo rimasti cosi' indietro rispetto ai paesi la cui performance economica è inferiore rispetto alla nostra?

Oltre ad alcuni fattori - come ad esempio un livello di tassazione più basso rispetto alla Germania (motivo per cui questi paesi hanno piu' debito pubblico di noi, che ora vorrebbero scaricare su di noi!) - ad essere responsabili per questa situazione sono stati gli errori di progettazione dell'euro, che ora gravano su di noi.

Proprio all'inizio della mia carriera professionale, quando ero consulente presso il Ministero delle finanze dell'Assia, avevo messo in guardia molto chiaramente dalle enormi difficoltà che sarebbero sorte con questa valuta e che il Trattato di Maastricht non valeva nemmeno la carta su cui era scritto.

In quella fase, avevo anche sperimentato personalmente come Theo Waigel, ovviamente proprio come lo era Helmut Kohl, si era completamente disinteressato alla politica monetaria, avviando una campagna per l'introduzione dell'euro.

L'euro, insieme ad altri effetti estremamente spiacevoli, fa in modo che, ad esempio, noi tedeschi fortemente orientati all'export, garantiamo ai paesi abituati ad una valuta debole nel sud del nostro continente (ma anche sostanzialmente a tutti coloro che vogliono utilizzare il sistema per se stessi) una struttura di scoperto di conto corrente completamente illimitata e anche completamente non garantita all'interno del quadro dei sistemi di pagamento dell'eurozona. 

Questo scoperto illimitato, tuttavia, non viene chiamato "scoperto illimitato" ma "saldo Target II".

Ed è così che funziona: se, ad esempio, un italiano acquista una nuova auto da uno dei nostri produttori tedeschi, non c'è un flusso di denaro che passa direttamente da un conto bancario italiano a un conto bancario tedesco, ma la tedesca Bundesbank, che deve inviare l'importo al produttore in Germania, riceve un messaggio dalla BCE secondo il quale ora ha un credito corrispondente nei confronti della banca centrale italiana. È così facile!

Ed è così facile spennare un paese orientato all'export. L'importo totale dei crediti nei confronti degli altri paesi, già maturato, è quasi di 1 trilione (!) di euro. Niente di tutto ciò, nemmeno un centesimo, sarà recuperabile se l'eurozona dovesse rompersi.

Ora, dopo la crisi finanziaria e la crisi greca, abbiamo già la prossima crisi (c'erano davvero così tante crisi ai tempi del D-Mark?), e ancora una volta sarà a spese nostre. In maniera spudorata e in parte con parole che ricordano la retorica di guerra, i paesi citati all'inizio chiedono a noi tedeschi di garantire la prossima orgia del debito appena iniziata.

In Germania, a dare sostegno a questo progetto ci sono prima di tutto i politici dell'area verde e di sinistra che probabilmente non otterranno molto dall'usare il loro lavoro in favore di altri paesi - paesi in cui la ricchezza pro capite è più alta e l'età pensionabile è più bassa. Quanto si può essere ciechi? (...)

E' arrivato il momento di avere una valuta in grado di aiutare il nostro paese invece di danneggiarlo. E' il momento di porre fine al prolungamento dell'insolvenza degli stati a spese dei paesi del nord. Tempo per #AfD.


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venerdì 17 aprile 2020

Heiner Flassbeck - Le gravi responsabilità della Germania nella crisi economica del sud Europa

"Se gli sforzi in termini di austerità dello stato italiano non hanno funzionato, la responsabilità diretta è dei paesi in surplus del nordChi non se ne accorge e fa finta che tutto dipende solo dalla volontà politica del paese in questione...difetta della necessaria competenza, e forse anche della necessaria comprensione", scrive il grande economista tedesco Heiner Flassbeck, il quale poi si chiede: "I paesi del nord proveranno ancora una volta a scaricare sui paesi del sud il prezzo del loro dumping salariale e dei conseguenti avanzi delle partite correnti?". Un ottimo Heiner Flassbeck da Makroskop.eu



"In caso di necessità, l'audacia si fa saggezza", scriveva Niccolò Machiavelli - e aveva ragione. Nei momenti di bisogno emerge l'animo delle persone e si capisce di chi ci si può fidare e di chi no. Diventa evidente anche chi ha la capacità intellettuale di andare oltre le proprie ombre e di mettere in discussione i propri dogmi. Germania, Paesi Bassi e Austria mostrano di non disporre dell'audacia che si fa saggezza. Ci sarà una vendetta amara. 

Per sapere esattamente di cosa si tratta, basta ascoltare l'intervista rilasciata ieri dal Ministro dell'economia Altmaier. Ancora una volta è chiaro che solo quelli che in Europa "negli ultimi anni hanno veramente fatto uno sforzo" ora potranno avere l'opportunità di farsi prestare senza problemi i soldi di cui hanno bisogno per combattere la crisi causata dal Coronavirus e senza dover subire alcun aumento in termini di tassi di interesse. Altmaier lo ha detto letteralmente: 

"Lo stato ... siamo tutti noi. Ma grazie al pareggio di bilancio e al consolidamento delle finanze pubbliche degli ultimi anni, abbiamo creato le condizioni grazie alle quali ora possiamo prendere soldi in prestito, soldi che ci permettono di aumentare temporaneamente la spesa pubblica in maniera significativa in modo da salvare le imprese e quindi salvare i posti di lavoro e con essi la prosperità del Paese ". 

Al contrario, questo significa solo che "gli altri" che non si sono comportati esattamente in questo modo, ora non potranno mettere mano al portafoglio perché non hanno le risorse per farlo. Non hanno creato le condizioni per salvare la loro economia. 


E i media tedeschi – e non poteva andare diversamente - sono saltati su questo carro governativo. In una trasmissione speciale della ZDF di questa settimana (dal minuto 11) sono stati ripetutamente menzionati i paesi "più deboli" del sud e i paesi "economicamente forti" del nord, i quali dovrebbero garantire per i paesi del sud. Su Ntv, invece, non si vergognano affatto di parlare addirittura della "tossicodipendenza da debito" del sud. Ma anche Die Zeit scrive che i paesi tenuti a galla dalla BCE potrebbero "fallire" se i tassi di interesse non restassero per sempre bassi. 

La debolezza della logica dei "forti" 

"Debole" e "forte" sembrano essere delle categorie quasi naturali. I paesi considerati deboli sono quelli che dopo la crisi finanziaria del 2008/2009 non sono riusciti a consolidare i loro bilanci nazionali e a ridurre il loro debito pubblico. E questo nonostante il fatto che un paese come l'Italia abbia compiuto i maggiori sforzi in termini di austerità rispetto a qualsiasi altro paese europeo. "Forti" sarebbero invece quei paesi che come Austria, Paesi Bassi e Germania, hanno usato il "bel tempo" per prepararsi a un'emergenza come quella attuale. 

Tutto ciò, a voler essere precisi, è la visione alquanto ristretta dei tedeschi, una visione che non ha assolutamente nulla a che fare con la logica macroeconomica e quindi non ha nulla a che fare con la realtà nell'Unione monetaria. È anche un'impressionante prova di totale fallimento intellettuale. L'errore di fondo per molti anni è stato il rifiuto da parte della politica tedesca e dei media tedeschi di prendere atto dell'importanza e delle conseguenze causate dal surplus delle partite correnti tedesche. La possibilità o meno di ridurre i disavanzi pubblici, nella attuale situazione economica globale, dipende quasi esclusivamente dalla possibilità o meno di accumulare avanzi delle partite correnti. 

Proprio su questo punto c'è una restrizione logica sotto forma di un gioco a somma zero, perché non tutti i paesi del mondo possono avere contemporaneamente un avanzo delle partite correnti. L'unione monetaria nel suo complesso non può accumulare delle enormi eccedenze delle partite correnti perché cosi’ facendo provocherebbe delle contro-reazioni nel resto del mondo, in particolare negli Stati Uniti. L'euro si apprezzerebbe e così si impedirebbe una strategia di accumulo delle eccedenze delle partite correnti delle stesse dimensioni che la Germania e i Paesi Bassi hanno avuto per anni. Proprio perché ogni paese in surplus ha bisogno dei paesi in deficit, non dovrebbe essere permessa l'arroganza dei paesi in avanzo. La categorizzazione in forte e debole è priva di senso sin dalle fondamenta. 

La stessa logica si applica all'argomento della competitività (ad esempio, Wolfgang Reitzle su WELT). Si sostiene, infatti, che i paesi del sud avrebbero perso competitività e si fa finta che questa sia la loro unica colpa. Chiunque capisca che l’unione monetaria non può continuare ad avere grandi eccedenze delle partite correnti nei confronti del resto del mondo, comprenderà anche quanto è assurda l'idea secondo la quale tutti i paesi avrebbero dovuto e potuto migliorare la loro competitività nel quadro dell'unione monetaria. Questa idea tuttavia non è diventata più logica nel corso degli anni solo per il fatto di essere stata ripetuta come se fosse una preghiera dalla maggior parte dei politici tedeschi, soprattutto da Angela Merkel, oppure perché è stata presa sul serio e considerata una strategia di politica economica per l'Europa e continua ad esserlo ancora oggi. 

Proprio perché, per motivi logici, non tutti i membri dell'unione monetaria possono diventare contemporaneamente più competitivi, i paesi del nord dell'unione monetaria avevano necessariamente bisogno della perdita di competitività dei paesi del sud, altrimenti non avrebbero mai potuto aumentare la propria competitività in maniera così forte. E come è stato possibile? Contrariamente alle regole economiche dell'eurozona, i paesi del nord non hanno aumentato i loro salari quanto sarebbe stato appropriato, dato l'obiettivo di inflazione concordato in maniera congiunta. Se tutti i paesi sin dall'inizio avessero tentato di attuare la stessa politica di contenimento dei salari, l'unione monetaria ben presto si sarebbe trovata in una situazione deflazionistica e nessun paese avrebbe migliorato la propria competitività. L'affermazione sulla competitività (chi la aumenta si comporta correttamente, chi la reduce si comporta in modo sbagliato) è assurda, come lo è quella sui saldi delle partite correnti (i paesi in surplus fanno bene, i paesi in deficit fanno male). 

Aziende che risparmiano e maniaci del surplus come partner commerciali 

Poiché per ragioni logiche il governo può risparmiare e consolidare le finanze pubbliche solo se un altro settore è pronto a sostenerne il debito, i paesi con un deficit delle partite correnti ora si trovano in una situazione senza speranza. Il disavanzo delle partite correnti significa che un paese "assorbe" le eccedenze di risparmio di un altro paese attraverso l'indebitamento (sia del settore privato che dello stato). In altre parole: il divario in termini di domanda del paese in deficit viene ampliato dai paesi in surplus. Tuttavia, poiché quasi ovunque nel mondo il settore delle imprese private è diventato un risparmiatore netto e nessuno stato democratico può costringere le sue società private a indebitarsi, un paese in deficit, i cui partner commerciali stanno facendo tutto il possibile per mantenere o addirittura espandere le eccedenze delle proprie partite correnti, non avrà più alcuna possibilità di limitare il proprio deficit di bilancio publico. 

E ciò significa nient'altro che i paesi in surplus del nord sono direttamente responsabili del fatto che gli sforzi in termini di austerità dello stato italiano non abbiano funzionato. Chiunque non se ne accorga e fa finta che ciò dipenda solo dalla volontà politica del paese in questione, e dal fatto che ci sia o meno un consolidamento delle finanze, difetta della competenza necessaria, e forse anche della necessaria comprensione. Se un paese del sud ha come partner commerciale i maniaci del surplus commerciale del nord e si trova insieme a loro in una unione monetaria, dovrà sperare che nei paesi del nord o almeno nella Commissione europea ci sia un numero sufficiente di persone intelligenti in grado di capire queste connessioni e di sostenere i paesi in deficit. In caso contrario, il paese è perduto, soprattutto in una crisi economica globale come quella attuale. 

Debiti elevati, sempre e ovunque 

Un'altra conseguenza puramente logica di questa crisi sfugge anche alla maggior parte degli osservatori. Si sostiene, ad esempio, che un rapporto debito/PIL al 100 % sarà problematico come lo sarebbe stato all'inizio di quest'anno (sempre che lo sia mai stato). Per l’Italia si calcola già un 180 % e ci si sorprende per questo numero enorme. Il numero comunque ci dice molto poco, ma anche secondo la dottrina dominante, ci potrebbe dire solo qualcosa in relazione al dato corrispondente per gli altri paesi. 

Se, sulla scia della crisi globale causata dal corona-virus, il rapporto debito pubblico/PIL dovesse aumentare di 30 o 40 punti percentuali in quasi tutti i paesi, la valutazione a livello macroeconomico del livello di indebitamento di un paese riguarderà il confronto con gli altri paesi, ma non il confronto dei semplici numeri di un determinato paese con delle norme valide in precedenza. Anche l’UE dovrà capirlo, in relazione alla sua norma sul rapporto al 60% fra debito e Pil. Chiunque insista sul fatto che dopo questa crisi tutti i paesi dovranno tornare a questo standard - il Ministro federale dell'economia (vedi l'intervista sopra) sembra davvero crederci - commetterà un grave errore. 

Anche nel Trattato di Maastricht non c'è mai stata una giustificazione sostanziale per un rapporto debito/pil al 60%. Il tentativo di costringere l'intera zona euro a ridurre i deficit pubblici verso l’obiettivo del 60% dopo la crisi causata dal Coronavirus non avrà alcuna possibilità di successo a causa del ruolo di risparmiatore netto assunto dal settore delle imprese private. Piuttosto, qualsiasi tentativo in questa direzione rafforzerà ulteriormente il desiderio di risparmio del settore delle imprese e delle famiglie, in quanto renderanno ancora piu’ difficile qualsiasi sviluppo macroeconomico positivo dopo la crisi e quindi ogni singolo operatore economico cercherà di difendere il proprio denaro. I paesi del nord proveranno ancora una volta a scaricare sui paesi del sud il prezzo del dumping salariale e dei conseguenti avanzi delle partite correnti frutto del loro tentativo di voler apparire buoni e forti? 

Si tratta di qualcosa evidentemente assurdo, e chi proverà a farlo avrà l'Europa sulla propria coscienza. Se ciò dovesse accadere, i paesi del sud, compresa la Francia, dovranno insistere affinché i nordici "virtuosi" escano dall'euro per sostenere le conseguenze delle loro misure di austerità sotto forma di una valuta forte che si aprezza e di una disoccupazione di massa. 

Anche la politica monetaria rimane tabù 

La Bank of England ha recentemente annunciato che in via temporanea, cioè per superare il periodo della crisi, finanzierà direttamente lo stato, in modo che non sia piu’ necessario percorrere la strada che porta al mercato dei capitali. Questo atteggiamento pragmatico della banca centrale inglese, esplicitamente indicato come una misura anti-crisi, ci mostra ancora una volta che osare durante una crisi può essere saggio. D'altra parte, nella zona euro, e in particolare in Germania, è ancora un tabù parlare del ruolo della politica monetaria e del fatto che la politica monetaria deve e ovviamente finanzierà gli Stati durante la crisi. 

Ancora una volta, il dogma dell'indipendenza della banca centrale e della autoresponsabilità della politica finanziaria ostacolano un approccio sobrio e appropriato. Invece di discutere dei corona-bonds, i ministri delle finanze dovrebbero essere così audaci e affermare che la BCE farà in modo che tutti i paesi possano prendere in prestito esattamente allo stesso tasso di interesse perché non c'è alcun merito proveniente dal passato che possa dare agli attori sul mercato dei capitali il diritto di classificare i paesi in base ad una qualsiasi scala e di farli giocare l’uno contro l'altro, in modo da arricchirsi con questo gioco. Poiché non c'è né buono né cattivo, né forte né debole, avrebbero dovuto dire: abbiamo deciso di fare esattamente ciò che è necessario, ovvero dare a tutti i paesi dell'Unione monetaria la possibilità di aiutare le persone in un momento così straordinariamente difficile e di proteggerle dalle conseguenze economiche di un disastro naturale.
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lunedì 13 aprile 2020

Der Elefant im Raum - Voci dalla stampa tedesca sui corona-bonds

Prosegue sulla stampa tedesca il dibattito sugli Eurobonds e sui limiti della solidarietà in Europa, fra i quotidiani schierati decisamente in favore dei titoli di stato europei c'è la TAZ, di orientamento ambientalista ed europeista, che con l'ottima Petra Reski, giornalista e scrittrice italo-tedesca, si schiera a fianco dei paesi del sud e titola: "Non piantiamo in asso l'Italia".

                                                                                                                                  
Petra Reski sulla TAZ attacca duramente il fronte calvinista del nord: "Ancor più bigotto suona il fatto che nel ripugnante dibattito sui coronabond siano proprio Germania e Olanda a fare fronte comune – queste non solo sono le nazioni che, dopo l’Italia, hanno la maggiore presenza di clan sul proprio territorio, ma non prevedono neppure un tetto massimo per i pagamenti in contanti. Così facendo, praticamente, esse pubblicizzano il riciclaggio di denaro sporco nei loro Paesi. Che si tratti proprio delle nazioni che vigilano sulle finanze europee, appare come un’ironia della sorte. Un’ironia che vuole che l’Olanda interpreti il ruolo del poliziotto cattivo: sebbene il suo modello affaristico sia sostanzialmente quello del dumping fiscale, ha la sfacciataggine di tratteggiarsi come il frontman dell’austerità, tramite un ministro delle Finanze che in passato è stato un consulente aziendale e oggi pretende di esaminare i conti dei Paesi del Sud Europa per controllare se anch’essi abbiano risparmiato in modo sufficientemente rigoroso. In un’impresa come questa, senza correre il rischio di arrossire, possono riuscire solo i calvinisti."
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Posizione piu' sfumata quella di Die Zeit che con l'ottimo Mark Schieritz tesse le lodi di Christine Lagarde, l'unica che sta facendo qualcosa di concreto mentre la politica europea continua a chiacchierare, ma conferma la sua opposizione all'unione di trasferimento:


Scrive Schieritz su Die Zeit: "quindi, mentre i politici stanno ancora discutendo per trovare una risposta adeguata alla crisi, la presidente della banca centrale Christine Lagarde ha già risposto con i fatti" 


E prosegue: "l'intervento della banca centrale ha separato la dimensione finanziaria della crisi da quella istituzionale. Risolvendo il problema del finanziamento, Lagarde ha dato ai politici il tempo necessario per preparare con cura i prossimi passi. Non deve essere considerata una brutta notizia. Perché in questa crisi è giusto aiutare paesi come l'Italia, ma serebbe ugualmente problematico un automatismo che ci porta verso l'unione di trasferimento permanente, come richiesto da alcuni politici, specialmente nell'Europa del sud

Ciò richiederebbe un grado di statualità che l'Europa non ha ancora raggiunto. Se si desidera mettere in comune il debito, si dovrà anche rinunciare al controllo sui bilanci. Il trasferimento di sovranità necessario dovrà essere ottenuto attraverso lo scontro politico e in seguito imposto. In altre parole, questa crisi ha avviato un necessario dibattito sul futuro dell'unione monetaria, ma non può anticiparne il risultato."

Anche la Süddeutsche Zeitung conferma la sua linea europeista e giudica totalmente inadeguato l'accordo raggiunto la settimana scorsa dall'Eurogruppo e chiede al ministro Scholz di fare di piu':


"Il vero messaggio dei ministri delle finanze europei è quindi tra le righe. Olaf Scholz e i suoi colleghi hanno messo il destino dell'Europa nelle mani della Banca centrale europea. Alla fine, sarà lei a dover acquistare i titoli di Stato e a onorare la sua grande promessa di salvare l'euro - a qualsiasi prezzo".

Deutschlandfunk.de, importante radio pubblica, prosegue nella sua linea tendenzialmente europeista, con un'apprezzabile opera di informazione che va oltre il solito conformismo filo-governativo. 


Dlf.de riporta un importante passaggio di Eckard Rehberg, portavoce in materia di politica di bilancio del gruppo parlamentare dell'Unione al Bundestag, senza dubbio uno dei falchi dell'Unione:

“Consiglio vivamente a tutti coloro che hanno in mente i corona-bonds di leggere l'articolo 125 dei trattati UE, che esclude la responsabilità condivisa. E in Germania consiglio a tutti i politici di esaminare la Legge fondamentale e di esaminare le sentenze della Corte costituzionale federale. Chiunque parli di Eurobond in Germania sta mettendo in discussione la sovranità del Bundestag in materia di bilancio - e ciò non è conforme con la nostra Costituzione"

Sempre DLF intervista Elmar Brok uno dei pochi ribelli, forse l'unico, che dalle file della CDU ha il coraggio di chiedere un maggiore impegno della Germania in favore dei corona-bonds:


"Brok: Sì, credo che la decisione dei ministri delle finanze sia un passo importante, dal momento che la Banca centrale europea ha già adottato le misure necessarie per manifestare la solidarietà europea, ma allo stesso tempo bisogna mettere in chiaro che è anche nell'interesse della Germania uscire insieme agli altri paesi da una crisi di cui nessuno è responsabile. Anche in Germania ci sarà una ripresa economica se  i paesi in cui esportiamo gran parte dei nostri beni torneranno a funzionare, se resteranno in funzione le catene di approvvigionamento, se resteranno in piedi le catene di creazione del valore. Una ripresa tedesca dopo la crisi sarà possibile solo con l'Europa." (...)

"Brok: No, i corona-bonds hanno un obiettivo specifico, e sono per un tempo limitato e non servono a mettere in comune dei vecchi debiti già contratti. Gli Eurobond fanno in modo che l'intero debito venga messo in comune e reso unitario e fanno in modo che ciò avvenga anche in futuro senza alcuna limitazione. Ma questo non è il caso, in quanto i corona-bonds sarebbero una misura unica e limitata nel tempo per raggiungere un obiettivo, come lo era stato il piano Marshall all'epoca. E qui, per esempio, dobbiamo anche riflettere se questo denaro può essere dato solo agli stati, oppure anche alle istituzioni e alle aziende, e in alcuni casi possa funzionare come un revolving fund, in modo che le società o coloro che presentano le domande di aiuto in seguito possano rimborsare, in questo modo, non considerandolo unicamente come denaro regalato. E soprattutto, dobbiamo anche vedere che questo non è qualcosa dal quale solo gli altri paesi attingerebbero. Chi sa in Germania, ad esempio, che l'Italia è un contribuente netto all'interno dell'UE? Chi lo sa che la Francia dà un contributo netto all'UE? In Germania l'impressione è che a pagare siamo solo noi, che paghiamo tutto da soli. Questa è solo una sciocchezza e dobbiamo vederne le connessioni. L'Italia dodici anni fa non è stata coinvolta nella crisi finanziaria perché, a differenza delle banche tedesche, le banche italiane non avevano partecipato a questo rally finanziario. Allora non hanno chiesto denaro. L'Italia e la Francia non hanno ricevuto aiuti europei. Anche questo deve essere ricordato".

Toni invece molto diversi sull'altra corazzata pubblica dell'informazione filo-governativa totalmente appiattita sulla linea dettata da Berlino, la Deutsche Welle, vale a dire la centrale del conformismo mediatico Made in Berlin. Per la commentatrice i paesi del sud sarebbero troppo pressanti e in questo modo danneggerebbero la posizione tedesca nel negoziato.


Scrive infatti la commentatrice: "Ma la solidarietà, come la definisce il sud, non può essere forzata e può danneggiare il nord". 

E prosegue: "Il ricatto non è un mezzo. Questo tentativo è comprensibile, ma il piede di porco politico utilizzato è sbagliato. Minacciare la caduta immediata dell'UE se non arriveranno immediatamente miliardi di euro di debiti condivisi per aiutare l'Italia e la Spagna è una mossa rozza e pericolosa. Ciò metterà i paesi del nord con le spalle al muro, risveglierà i riflessi difensivi tra i loro elettori e alla fine metterà in pericolo la stabilità dei paesi più forti. Questa non è persuasione, ma ricatto.

La creazione di un fondo per la ricostruzione finanziato con il debito comune come se fosse una fonte di denaro inesauribile e quasi incontrollabile è uno strumento pericoloso. Qualcosa del genere deve essere attentamente considerato e progettato. Chi dovrebbe controllarne l'utilizzo? Chi si occuperà del rimborso? E l'UE potrebbe impedire a un primo ministro italiano di nome Salvini di finanziare il suo stato populista? Una volta che i debiti comuni sono stati fatti il divieto sarebbe comunque infranto. Il nord potrebbe quindi effettivamente trovarsi nella condizione di dover finanziare le finanze pubbliche del sud su base permanente - fatto che prima o poi finirebbe per fare a pezzi l'Unione europea." (...)

"I paesi più ricchi, nel loro interesse, non si rifiuteranno di contribuire ad un fondo per la ricostruzione dopo il corona-virus. Ma bisogna arrivare ad un accordo secondo il libero arbitrio, per questo Italia e Spagna dovrebbero abbassare i toni. Perché puntare la pistola sul petto dei partner e chiedere: "Ora, per favore, sii solidale!" minaccia la coesione dell'UE, esattamente come una mancanza di solidarietà."



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sabato 11 aprile 2020

H. W. Sinn: con gli eurobonds una valanga di debiti e alla fine avremo solo odio e conflitti

Prosegue sulla stampa tedesca il dibattito sui limiti della solidarietà in Europa. Il grande economista tedesco Hans Werner Sinn, anche se ormai è in pensione e quindi può dire tutto quello che gli passa per la testa, in una recente intervista anticipa alcune delle condizioni che il conservatorismo tedesco potrebbe richiedere agli italiani prima di dare l'ok ad un eventuale piano di salvataggio: patrimoniale, ristrutturazione del debito pubblico  e ripristino dei meccanismi di mercato per i titoli di stato europei. H.W. Sinn intervistato da Focus


(...) Ora si parla dei cosiddetti coronabonds a livello europeo per sostenere l'Italia durante la crisi, fra le altre cose. Si tratterebbe di una condivisione del debito da cui lei ci ha sempre messo in guardia...

Sinn: I Coronabonds prima di tutto non sono a supporto dell'Italia, ma vanno in aiuto delle banche francesi, che detengono un numero particolarmente elevato di titoli di stato italiani. Distruggono il mercato europeo dei capitali perché mettono fuori gioco il meccanismo dei tassi di interesse. E minano il merito di credito tedesco, con il risultato che il nostro vantaggio in termini di tassi di interesse nei confronti degli Stati Uniti diminuisce. Lo si può già vedere chiaramente nel declino degli spread transatlantici. A lungo termine, queste politiche ci porteranno inevitabilmente una valanga di debiti che non lascerà altro che odio e conflitto, come era accaduto con la messa in comune dei debiti da parte di Alexander Hamilton negli Stati Uniti. I fallimenti di massa dei singoli stati negli anni successivi al 1835 sono il risultato diretto della politica di socializzazione del debito da lui iniziata.


Cosa propone allora?

Sinn: per sostenere l'Italia, penso che sarebbe meglio donare dei soldi allo stato italiano, e in particolare dei soldi per i suoi ospedali, in modo che possano acquistare il materiale necessario per le cure in Cina o dove è possibile farlo. Ogni singolo tedesco dovrebbe donare come può, e anche lo stato tedesco, nella sua piena libertà e senza aspettare il coordinamento con gli altri paesi europei, dovrebbe fare un dono generoso ai nostri fratelli italiani.

L'euro sopravviverà a questa crisi?

Sinn: lo spero, ma non al prezzo di una messa in comune dei debiti. Non ne vale la pena.

Un pacchetto di salvataggio qui, un'iniezione finanziaria lì. I governi di tutto il mondo sono già passati alla modalità del "qualunque cosa serva". Il debito sovrano, che è già elevato in tutto il mondo, sta raggiungendo proporzioni esorbitanti. Il nostro sistema economico quanto potrà ancora resistere?

Sinn: Grazie allo Schwarze Null degli ultimi anni, la Germania ha ancora margini di manovra, gli altri no. Ora sta diventando evidente che per disciplinare il debito non servono i divieti, ma lo si può fare solo attraverso il mercato. Se esageri con il  debito, dovrai pagare interessi piu' alti ai creditori. Solo questo meccanismo li riporta alla ragione. Spero che impareremo qualcosa dal tentativo della BCE di minare questa fondamentale legge di mercato. La BCE è responsabile per la creazione di questa valanga di debito. Con questa sua politica di riduzione degli spread, ha minato i patti sul debito stretti dai parlamenti. In questo modo ha violato il suo mandato.

Si attende un taglio del debito prima o poi?

Sinn:  penso che sarebbe meglio se fossero i contribuenti degli altri paesi a rimborsare o a garantire il debito. È proprio così: o in futuro si chiederà ai contribuenti di passare dalla cassa, oppure coloro che hanno speculato dovranno rinunciare a una parte dei loro crediti. La rinuncia a un taglio del debito fatto a spese dei contribuenti sarebbe una dinamite sociale che potrebbe far esplodere l'UE. Dalla seconda guerra mondiale, nel mondo, ci sono stati oltre 180 tagli al debito pubblico. Il mondo non è morto per questo. (...)