venerdì 29 maggio 2020

Anche i falchi possono diventare colombe

Anche i falchi bavaresi della CSU possono diventare colombe. Markus Soeder, il presidente della ricca Baviera e possibile futuro Cancelliere, l'uomo che per anni ha accusato gli scrocconi berlinesi di vivere grazie ai trasferimenti degli operosi bavaresi, questa volta non attacca il recovery fund e a sorpresa si fa colomba con gli europei del sud. In una intervista alla FAZ ci spiega che se la Germania vuole avere un ruolo strategico e uno spazio geopolitico deve aprire i cordoni della borsa. Se dessero ascolto alla Corte di Karlsruhe e agli apparati statali i tedeschi probabilmente risparmierebbero diverse centinaia di miliardi di euro, ma la Germania sarebbe destinata a restare come la Svizzera, solo un po' piu' grande. Alcuni passaggi dall'intervista alla Faz.net

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FAZ: (...) la Cancelliera e il Presidente francese propongono che la Commissione europea emetta fino a 500 miliardi di euro di nuovo debito, e che ogni paese se ne faccia carico in base alla sua quota sul bilancio dell'UE. Sarebbe quel debito comune che finora la Germania ha sempre rifiutato?

Markus Soeder: la condivisione del debito ci sarebbe stata se avessimo introdotto i coronabond. Sarebbe stata quindi la Germania ad avere una responsabilità illimitata sui vecchi debiti degli altri paesi. Ma se ci si mettesse a ripianare i deficit di bilancio degli altri paesi, allora per l'Europa non si tratterebbe di una ripartenza. E questo non è ragionevole. Soprattutto, nel lungo periodo finirebbe per indebolire il nostro paese. Anche la Germania quindi non potrebbe restare un partner affidabile in grado di aiutare gli altri paesi. Rispetto alle obbligazioni o all'emissione di debito l'idea della Cancelliera e del Presidente francese è quella piu' sostenibile. Posso immaginare che il fondo per la ricostruzione sarà una combinazione fra sovvenzioni e prestiti. L'importante è: non dovrebbero essere soldi messi li' per pagare i vecchi debiti, ma per realizzare nuove idee sulla digitalizzazione, la tecnologia e l'infrastruttura. Questo è l'unico aiuto permanente possibile. Se non aiutiamo i partner europei particolarmente colpiti dal Coronavirus, l'Europa alla fine andrà in pezzi. Il nostro continente non ne uscirebbe sconfitto solo dal punto di vista economico, ma potrebbe diventare una palla da gioco per le altre potenze.

FAZ:  quali?

Markus Soeder: tutti sanno quali sono gli interessi in campo. L'Europa deve continuare ad autodeterminarsi e restare unita nel processo internazionale. Al momento c'è il rischio che l'Europa esca dalla scena mondiale. Sarebbe un passo indietro per la difesa dei nostri valori come la libertà, i diritti umani e la democrazia. Se la Germania aiuta Italia e Spagna, allora stiamo aiutando noi stessi - e non solo economicamente, ma anche politicamente e culturalmente. Perché noi tutti siamo l'Europa.

FAZ: alcuni dei suoi colleghi di partito sembrano temere una messa in comune dei debiti

Markus Soeder: capisco tale scetticismo. Il sentiero è molto stretto. Sono somme che naturalmente fanno venire il mal di stomaco. Molto dipenderà dal modo in cui i fondi saranno pensati. Un rifiuto totale purtroppo non ci aiuterebbe molto. Perché una disintegrazione dell'Europa e quindi del mercato interno, anche solo dal punto di vista finanziario, sarebbe un rischio enorme. Già ora stiamo vedendo quale fallimento economico abbiamo a causa del Coronavirus, solo perché le catene di approvvigionamento dall'Europa meridionale non stanno funzionando. Se esitiamo ora e sottovalutiamo l'impatto psicologico, c'è il rischio di una seconda Brexit in Italia. Ma un'Europa senza l'Italia o senza la Spagna non sarebbe piu' l'Europa che conosciamo. L'UE non avrebbe piu' senso.

FAZ: pensa che sia realistico uno scenario in cui uno dei paesi del sud potrebbe lasciare l'UE se non dovesse piu' riuscire a risollevarsi economicamente?

Markus Soeder: molti non pensavano che la Gran Bretagna facesse sul serio. Ma la Brexit ora è in corso. Non riesco ancora a immaginare un'Europa forte senza la Gran Bretagna. Ma senza l'Italia resterebbe poco dell'idea originale. La base dell'UE erano i trattati di Roma. L'Italia è il nucleo culturale e storico d'Europa e rappresenta il grande desiderio dei Tedeschi. Il coronavirus ha profondamente colpito e ferito l'Italia. Semplicemente non possiamo lasciare il paese ai populisti come Salvini. Quello che sta accadendo in Italia ci colpisce tutti. Per questo meglio aiutare con ragionevolezza e intelligenza, invece di girarsi dall'altra parte per poi ritrovarsi di fronte alle macerie d'Europa. Si tratta di un importante fase storica in Europa. E qui non possiamo fallire. (...)


mercoledì 27 maggio 2020

Cosa dicono le statistiche tedesche sui decessi da coronavirus?

In Germania ci sono stati piu' decessi per l'ondata di influenza del 2018 che per la pandemia da coronavirus del 2020. Non siamo su un blog complottista o negazionista, ma dati alla mano è quello che emerge dalle rilevazioni preliminari diffuse pochi giorni fa dall'Ufficio federale di statistica . 


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L'Ufficio di statistica tedesco il 22 maggio ha pubblicato i dati sui decessi avvenuti in Germania fino alla fine di aprile. Secondo quanto dichiarato dall'istituto di statistica si tratta di dati non definitivi e quindi non necessariamente completi.

Dai dati (preliminari) emerge che l'ondata di coronavirus ha causato delle fluttuazioni diverse rispetto alla mortalità registrata negli anni precedenti.

Nel 2020 fino alla 17a settimana di calendario, infatti, sono morte 328.209 persone, vale a dire 1.250 persone in più rispetto allo stesso periodo del 2019 (326.963). Nello stesso periodo del 2018 i deceduti in totale erano stati 354.924, nel 2017 339.910 e 312.246 nel 2016.

Scrive l'ufficio tedesco di statistica a proposito: 

"Quando nelle statistiche si considera l'andamento della mortalità, è necessario prendere in considerazione le tipiche fluttuazioni legate al periodo dell'influenza che va da metà dicembre a metà aprile. Ciò diventa chiaro quando si osservano i dati degli anni precedenti: a marzo 2019, ad esempio, sono morte circa 86.400 persone. Nel marzo 2018, cioè in un anno in cui l'influenza è stata particolarmente grave, i decessi erano stati 107.100. Anche senza la pandemia causata dal coronavirus, nel tipico periodo dell'influenza, il numero dei decessi può variare in maniera notevole. Il numero dei decessi nella fascia d'età oltre i 65  anni è particolarmente influenzato da queste fluttuazioni.

Secondo i dati preliminari sulla mortalità, gli effetti dell'ondata di influenza nel 2020 sono stati molto lievi rispetto agli anni precedenti. Secondo il conteggio preliminare, infatti, nel gennaio 2020 sono morte circa 85.150 persone. Nel febbraio 2020 ci sono stati 79.600 decessi. Anche nel marzo 2020 con un totale di almeno 86.600 decessi, l'aumento mensile mostra che non vi è stata una crescita notevole del numero di morti rispetto agli anni precedenti.

A partire dall'ultima settimana di marzo, tuttavia, i numeri dei decessi sono stati superiori rispetto alla media relativa agli anni che vanno dal 2016 al 2019. Questa deviazione verso l'alto ha raggiunto il picco nella 15a settimana di calendario (dal 6 al 12 aprile). Nella sedicesima e diciassettesima settimana di calendario, tuttavia, il numero dei decessi è diminuito in maniera significativa rispetto alle settimane precedenti, i decessi sono rimasti comunque superiori rispetto alla media degli anni precedenti.


Kalenderwoche Media 2016 - 2019 2018 2020 Differenza 2020/Media 2016-19
KW1 19339 19342 18845 -494
KW2 19593 18770 19394 -199
KW3 19524 19187 19119 -405
KW4 19855 19171 18896 -959
KW5 20366 19558 19716 -650
KW6 20319 20086 18944 -1375
KW7 20636 21254 19541 -1095
KW8 20988 22888 18850 -2138
KW9 21532 25535 19345 -2187
KW10 21288 26777 19501 -1787
KW11 20440 24385 19695 -745
KW12 19555 22777 19527 -28
KW13 18939 20906 19494 555
KW14 18480 20038 20368 1888
KW15 17893 19165 20144 2251
KW16 17357 17992 18856 1499
KW17 17407 17093 17974 567
Totale 333511 354924 328209 -5302



martedì 26 maggio 2020

Perché i tedeschi temono l'unione di trasferimento

Dopo l'accordo tra Francia e Germania sul recovery fund la stampa conservatrice prende di mira la Cancelliera tedesca accusandola di aver aperto la strada alla temutissima unione di trasferimento con il sud-Europa e di non aver tenuto conto dei veri interessi tedeschi. Se Merkel sul Recovery fund fa sul serio allora è anche probabile che non abbia nessuna intenzione di ricandidarsi, perché dalla stampa popolare e conservatrice le arrivano attacchi molto duri. Per una volta, forse, il governo tedesco ha preferito i libri di storia ai sondaggi sugli ultimi trend elettorali. Quattro riflessioni sull'accordo franco-tedesco dalla FAZ, da Tichys Einblick, da WirtschaftsWoche, e da Focus.


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Anche sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung, quotidiano con una linea spesso filo-merkeliana, il condirettore Berthold Kohler esprime dei forti dubbi sulla sostenibilità politica dell'unione di trasferimento:

(...) Perché anche quelli che vorrebbero svuotare gli stati nazionali dall'oggi al domani privando di ogni potere i loro organi fino anche alle corti supreme, in realtà stanno solo danneggiando l'ideale europeo. Si può anche andare in estasi per il fatto che il piano Merkel-Macron ha posto la "prima pietra di una nuova Europa" - ma i popoli europei vivono ancora molto volentieri nelle loro splendide e antiche costruzioni, gli stati nazionali. Che poi sono anche la patria della democrazia. Lì, il popolo sovrano ha ancora un'influenza maggiore e più diretta sulle decisioni politiche rispetto a quanto accade a Bruxelles. Anche il sentimento di appartenenza a un destino comune, per il quale sacrificarsi quando le circostanze lo rendono necessario, resta molto piu' forte negli stati nazionali.

Il più grande difetto del processo di unificazione

Non esiste ancora a livello europeo un simile sentimento di unità. E questa è la piu' grande mancanza del processo di integrazione. I tedeschi non sono certo felici di dover pagare sin dai tempi della riunificazione il "Soli" (imposta di solidarietà con l'est), ma continuano comunque a pagarlo con diligenza. Se un politico tedesco chiedesse un simile contributo di solidarietà per la Spagna o l'Italia sperimenterebbe un perfetto "shitstorm", anche se a dire il vero molti tedeschi preferirebbero vivere in Toscana piuttosto che in Sachsen-Anhalt.

L'identità europea tuttavia non può in alcun modo competere con il senso di comunità che esiste negli stati nazionali, che non è emerso solo ai tempi del nazionalismo, ma è nato come una forma di netta demarcazione dagli altri popoli. In un mondo di risorse limitate, pertanto, ogni atto di aiuto finanziario che comporta una rinuncia da parte del donatore, deve avere una giustificazione persino maggiore, ad esempio, della perequazione finanziaria fra le regioni tedesche. 

Perché anche in un paese ben disposto nei confronti dell'integrazione, come lo è la Germania, se i cittadini avessero la sensazione di essere relegati in eterno nel ruolo dell'ufficiale pagatore, l'umore potrebbe cambiare alla svelta. Sarebbe sciocco pensare che in nome dei vantaggi economici e politici offerti dall'integrazione europea, i tedeschi non possano fare altro che dichiararsi "solidali" a suon di miliardi di euro. Anche se il valore della pace e della prosperità garantiti da un'Europa senza confini potesse essere trasformato in numeri, la solidarietà non è il risultato di un conto fra profitti e perdite, ma una questione di atteggiamento e di sentimenti. E in Italia, Francia, Spagna e in altri paesi europei non dovrebbero dimentichare che i sentimenti, specialmente quando si infiamma l'indignazione nei confronti dei presunti teutonici non solidali, li hanno anche i tedeschi.


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Su WirtschaftsWoche invece Malte Fischer spera, come molti milioni di tedeschi, che i paesi frugalisti, guidati da Austria e Olanda, alla fine riescano ad imporsi sul duo franco-tedesco:


(...) Con il fondo per la ricostruzione, Macron si è ulteriormente avvicinato al suo obiettivo di trasformare l'UE, grazie a una propaganda sulla solidarietà molto efficace in termini di presa sull'opione pubblica, spingendola nella direzione sempre voluta e ricercata dalla Francia: da una comunità di Stati auto-responsabili a un'unione di trasferimento che sviluppa un potere statale determinato dalle ambizioni di potere dei francesi e finanziato dalla Germania in quanto principale fonte dei trasferimenti. L'emissione di obbligazioni proprie, tramite le quali l'UE per la prima volta può prendere denaro in prestito come se fosse uno stato, è anche un passo verso quella statalità sovranazionale che le élite europee hanno sempre sognato.

I contribuenti tedeschi dovranno pagare a caro prezzo il fatto che Merkel ha deciso di dare il via libera ad una trasformazione dell'UE in una unione di trasferimento. L'argomento secondo il quale i trasferimenti dalla Germania verso "Italia e Co." servirebbero a garantire dal punto di vista economico degli importanti mercati di esportazione e sarebbero quindi nell'interesse della Germania non ci deve ingannare. Se l'argomento fosse vero, allora la Germania dovrebbe trasferire risorse anche verso gli Stati Uniti e la Cina. Decisamente folle. In ogni caso, l'argomento dal punto di vista economico è simile al tentativo di un proprietario di un chiosco di panini di aumentare le vendite regalando ai suoi clienti delle banconote in modo che questi poi possano acquistare le sue salsicce.

Una simile economia vudù negli ambienti politici di Berlino potrebbe anche abbagliare qualcuno. I contribuenti tedeschi tuttavia non devono farsi ingannare. Gli resta solo la speranza dell'opposizione di Vienna o dell'Aia. Lì non sono certo entusiasti per l'iniziativa di Macron e Merkel. Il primo ministro austriaco Sebastian Kurz, infatti, dopo aver consultato il suo collega olandese ha immediatamente annunciato l'opposizione al piano di Macron. Insieme a Danimarca e Svezia, entrambi i paesi insistono affinché il denaro proveniente dal fondo per la ricostruzione venga concesso solo sotto forma di prestiti. Entrambi i paesi pertanto a breve presenteranno una proposta alternativa.

Gli epigoni di Machiavelli dell'Europa del sud non hanno ancora raggiunto il loro obiettivo. Soprattutto dal momento in cui l'istituzione di un fondo per la ricostruzione dovrà essere deciso all'unanimità da tutti i 27 paesi dell'UE. Per i contribuenti tedeschi, quindi, incrociamo le dita sperando che Austria e Paesi Bassi restino a rappresentare gli interessi dei contributori netti, per i quali apparentemente a Berlino non ci sono sostenitori.


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Anche su Tichys Einblick, il grande intellettuale e pubblicista tedesco Klaus-Rüdiger Mai ci va giu' duro e attacca Merkel accusandola di aver ignorato i veri interessi tedeschi:

(...) In parole povere, questo significa che i paesi del nord, in particolare la Germania, finanzieranno Spagna, Italia e Francia, e questo perché una situazione di grave difficolta finanziaria sarebbe un disastro per le banche francesi, fortemente investite in Italia. A questo punto va ricordato che la ricchezza media dei cittadini della "ricca" Germania, secondo un'analisi di WELT, è inferiore alla ricchezza media dei cittadini di Italia e Francia, ma saranno i cittadini della "ricca" Germania a dover pagare per la  voglia di spendere soldi di Merkel.


Ma se sai che Macron proviene dal settore finanziario francese, allora sai anche quali interessi sta rappresentando. Sarà però il contribuente tedesco a dover sborsare soldi per coprire la crisi del settore finanziario francese nei decenni a venire. La Cancelliera tedesca ha accettato questo piano - e nient'altro - in un vertice con il presidente francese.

Mai fino ad ora nella storia della Repubblica Federale un Cancelliere aveva ignorato in questo modo gli interessi tedeschi, aveva mostrato così poca empatia per la vita dei cittadini, per la prosperità della nazione e per la felicità e il futuro dei nostri figli, come invece sta facendo ora Angela Merkel. Mai prima d'ora nella storia tedesca un Cancelliere aveva rinunciato alla sovranità della Germania  indebitandosi tanto da pesare gravemente sul paese e sui suoi cittadini per generazioni, portandoci solo alla rovina economica e all'impoverimento. Il sogno di Macron dei campioni europei, che saranno i campioni francesi, spezzerà la spina dorsale delle piccole e medie imprese tedesche. Le quali però saranno chiamate a finanziare questo sogno.

Al momento, i cittadini tedeschi possono solo sperare in una resistenza a oltranza da parte dei capi di governo di Finlandia, Paesi Bassi e Austria. Ma forse anche questa speranza è solo un'illusione, perché potrebbe anche essere che questi stati rinuncino alle loro riserve se la Cancelliera dichiarasse che la Germania si assumerà la responsabilità e la quota del rimborso per i tre stati. Certo, è un'idea assurda, ma negli ultimi anni l'assurdità non è forse diventata realtà e la realtà non é diventata un'assurdità?



Non poteva mancare ovviamente Focus, che con un commento di Hugo Müller-Vogg si schiera decisamente contro ogni forma di unione di trasferimento a danno degli operosi e diligenti contribuenti tedeschi:


(...) L'Italia, d'altra parte, ha lasciato trascorrere gli ultimi anni molto positivi senza aver fatto nulla per risanare le sue finanze publiche disastrate. Allo stesso tempo, la ricchezza privata in Italia ha raggiunto nuovi massimi. Secondo i calcoli del Credit Suisse, la ricchezza privata italiana è 5,5 volte il PIL. In Germania, invece la ricchezza privata è solo 3,8 volte il PIL. Ciò ha anche a che fare con il fatto che nessun governo italiano cerca seriamente di riscuotere le tasse con la stessa meticolosità con la quale lo fanno le autorità fiscali tedesche.

E il risultato è grottesco: i tedeschi sono più poveri degli italiani - in base alla loro ricchezza pro capite - mentre lo stato tedesco finanziariamente  è molto più forte di quello italiano. Di conseguenza i "poveri" contribuenti tedeschi dovrebbero sostenere il "povero" stato italiano. Mentre i ricchi italiani preferiscono investire le proprie attività finanziarie al di fuori dei loro confini.

Merkel e Macron posano la "pietra angolare per una nuova Europa"

Emanuel Macron e Angela Merkel ritengono che il fondo per la ricostruzione rappresenti "la pietra angolare per una nuova Europa". La loro nuova Europa sarà come la precedente, e dovrà fare affidamento sulla solidarietà intergovernativa. La solidarietà tuttavia non dovrebbe essere vista come un affare unilaterale, cioè come l'impegno dei paesi economicamente più forti in favore di quelli più deboli. La solidarietà, se correttamente interpretata, riguarda anche gli sforzi di coloro che si aspettano di ricevere l'aiuto. Altrimenti tra coloro che devono aiutare cresce l'insoddisfazione, che potrebbe anche trasformarsi rapidamente in risentimento.

L'UE sosterrà i paesi in difficoltà, indipendentemente dal nome che lo strumento di finanziamento porta. Se negli altri paesi non dovesse cambiare nulla, accadrà che il contribuente tedesco cofinanzierà indirettamente delle prestazioni sociali che la Germania stessa non si può permettere. La Spagna ad esempio vuole introdurre un reddito di base incondizionato che invece noi non abbiamo. L'Italia si fa sfuggire miliardi di euro di gettito fiscale e lascia l'età pensionabile a 65 anni (donne: 60), mentre le autorità fiscali tedesche intervengono senza pietà e i tedeschi si stanno muovendo verso la pensione a 67 anni.

La Francia a sua volta garantisce ai lavoratori dipendenti il ​​secondo salario minimo più alto dell'UE con 10,14 euro l'ora, che molte aziende possono pagare solo grazie a dei sussidi statali. I lavoratori a basso reddito tedeschi, invece, devono accontentarsi di 9,35 euro lordi l'ora. Macron  inoltre vorrebbe ottenere l'approvazione della sua riforma delle pensioni, di cui c'è urgente bisogno, garantendo una pensione minima di 1.000 euro al mese. La nostra pensione di base minima non può tenere il passo.

I cittadini dei paesi donatori hanno il diritto di avere la solidarietà dei destinatari degli aiuti

Su una cosa non c'è dubbio: il mercato comune non va a svantaggio della Germania. In cambio, però la Repubblica federale finora è stato l'ufficiale pagatore d'Europa. I contribuenti tedeschi hanno ampiamente accettato questo "scambio". Alla luce  degli sconvolgimenti economici causati dal coronavirus, degli imminenti fallimenti e dei modelli di business in pericolo, potrebbe però venire meno la volontà di mostrare solidarietà con gli altri paesi, soprattutto se ai beneficiari dovesse mancare il "contegno di chi riceve solidarietà".

L'Europa non può funzionare senza solidarietà. Ma anche i cittadini dei paesi donatori hanno il diritto di avere la solidarietà dei destinatari.


domenica 24 maggio 2020

"Lo sfruttamento nei macelli tedeschi è sistematico e tollerato"

"Da un lato ci sono le potenti associazioni degli industriali della carne di maiale con degli ottimi contatti nella politica regionale e federale. Dall'altra invece ci sono i rumeni e i bulgari, che qui in Germania hanno una lobby decisamente meno influente rispetto a quella dei maiali che macellano" scrive Manfred Götzke su DLF commentando l'ondata di contagi da Covid-19  che nei macelli tedeschi ha colpito migliaia di lavoratori migranti provenienti dall'Europa dell'est. Da Deutschlandfkunk.de

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Quello che sta succedendo nei macelli tedeschi in realtà non è mai stato un segreto: e il vero scandalo, nello scandalo della carne, è che da anni quasi nessuno se ne era mai interessato.

Lo ripeto un'altra volta con la massima chiarezza: da anni, decine di migliaia di europei dell'est vengono sfruttati con modalità che assomigliano a una forma di schiavitù moderna. Si indebitano per venire in Germania, pagano delle spese di intermediazione a delle aziende tedesche alquanto dubbie per poi lavorare fino allo sfinimento nei macelli tedeschi.

Dieci o dodici ore al giorno, sei giorni alla settimana, per poi dover dormire in catapecchie ammuffite, per le quali devono anche dedurre dallo stipendio diverse centinaia di euro di "affitto" da pagare al subappaltatore.

Lo sfruttamento è sistematico ed è tollerato

I lavoratori spesso ottengono solo sulla carta il salario minimo stabilito dalla legge, gli straordinari non vengono pagati, ci sono detrazioni per gli abiti e le scarpe da lavoro e altre cose che in realtà non vengono neanche fornite. Il salario minimo fissato dalla legge di 9,35 euro l'ora per un lavoro fisico molto duro? Un po' troppo. Alla fine sono solo rumeni, a casa loro prenderebbero anche meno.

Qui non stiamo parlando di un paio di pecore nere del settore: perché questo sfruttamento è sistematico e viene tollerato dalla politica - se non addirittura voluto. Perché per l'industria della carne è estremamente facile esternalizzare lo sfruttamento a un gruppo di subappaltatori alquanto dubbi.

I rumeni e i bulgari non hanno una lobby

Lo sfruttamento organizzato e tollerato politicamente ha un nome preciso: contratti d'opera. Invece di impiegare direttamente gli operai, pagandoli in maniera adeguata e impiegandoli secondo il diritto del lavoro tedesco, quasi tutti i grandi macelli assegnano dei contratti d'opera a dei subappaltatori che truffano sui salari, e quando possono imbrogliano i loro dipendenti.

Tutto ciò potrebbe essere facilmente prevenuto dalla legge semplicemente vietando l'applicazione dei contratti d'opera per le attività core dell'azienda. Perché invece fino ad ora non è mai accaduto? Lobbismo.

Da un lato ci sono le associazioni degli industriali della carne molto potenti e con degli ottimi contatti nella politica regionale e federale. Dall'altra invece ci sono i rumeni e i bulgari, che qui in Germania hanno una lobby decisamente meno potente rispetto a quella dei maiali che macellano.

Ancora una volta non cambierà nulla

Il fatto che ora l'indignazione sia così grande ha poco a che fare con una qualche forma di empatia per i lavoratori. A causa delle infezioni da Coronavirus registrate nelle baracche dei lavoratori, alcuni distretti semplicemente dovranno aspettare un po' piu' a lungo prima di assistere alle tanto attese riaperture. Si tratta piu' che altro dell'interesse personale.

Anche se il ministro del lavoro del NRW Laumann (CDU) ancora una volta afferma di aver perso la pazienza con l'industria della carne. Anche se il Bundestag ancora una volta ha discusso del grave problema sociale. Temo che alla fine non cambierà nulla: i tedeschi semplicemente se ne fregano dei rumeni.

Marcel Fratzscher - Perché la sentenza della Corte di Karlsruhe è sbagliata

Il grande economista tedesco Marcel Fratzscher, direttore del prestigioso Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung di Berlino, su Handelsblatt risponde a H. W. Sinn e ci spiega perché c'è bisogno di un chiarimento profondo e definitivo fra la Corte di Karlsruhe e la BCE e perché a questo punto l'unico modo per uscire dallo scontro istituzionale è una modifica dei trattati europei. Auguri! Marcel Fratzscher risponde a Sinn su Handelsblatt

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Dopo la sentenza della Corte costituzionale tedesca sull'operato della BCE, la Commissione europea sta esaminando la possibilità di aprire una procedura di infrazione contro la Germania. Ciò dimostra ancora una volta quanto sia stata esplosiva questa sentenza. Oltre a tre gravi errori economici, la sentenza contiene anche dei punti critici legittimi che devono essere affrontati quanto prima per poter disinnescare questo conflitto strisciante che rischia di esplodere da un momento all'altro, senza tuttavia indebolire ulteriormente l'euro.

Il punto critico di fondo sollevato dalla Corte costituzionale federale è che il programma per l'acquisto di obbligazioni PSPP della BCE non soddisfa il requisito della proporzionalità. La Corte lamenta il fatto che il programma della BCE comporterebbe dei costi sproporzionati per i risparmiatori, per alcune aziende e per altri gruppi e aiuterebbe in maniera eccessiva i governi nel rifinanziamento del loro debito pubblico.

Questa accusa mostra una comprensione dell'economia decisamente insufficiente. Una banca centrale può adempiere al proprio mandato di perseguire la stabilità dei prezzi in maniera sostenibile solo se l'occupazione è elevata, la crescita è solida e il sistema finanziario è stabile. In altre parole, una banca centrale non sarà mai in grado di adempiere al proprio mandato se dovessero prosperare le aziende zombie, i risparmiatori vengono espropriati e il sistema bancario crolla.

L'accusa quindi è una contraddizione in termini. In breve: per la Bundesbank o la BCE sarà abbastanza facile dimostrare la proporzionalità della politica monetaria, come del resto già fanno nelle loro previsioni trimestrali.

Il secondo punto debole nel verdetto della Corte di Karlsruhe è la richiesta fatta alla BCE di non perseguire ad ogni costo l'obiettivo della stabilità dei prezzi previsto dai trattati UE, ma di considerare se in ogni singolo caso vale davvero la pena tentare di raggiungere questo obiettivo. Si tratta alla fine di un invito a violare il mandato della banca centrale. Dopotutto, secondo i trattati europei, la stabilità dei prezzi è l'unico mandato primario della BCE.

Ci sono anche altre banche centrali, come ad esempio la banca centrale americana, che oltre alla stabilità dei prezzi, hanno l'obiettivo di perseguire la piena occupazione. La revisione della sua strategia, prevista per quest'anno, offrirà sicuramente alla BCE la possibilità di affrontare alcune delle critiche formulate da Karlsruhe. Ma un cambiamento fondamentale del suo mandato richiederebbe un adeguamento dei trattati europei.

Il terzo punto debole è la richiesta che la BCE giudichi gli effetti redistribuivi della sua politica monetaria, non solo all'interno dei singoli paesi, ma anche fra i paesi dell'eurozona. Questa sentenza non è la prima sentenza con la quale la Corte costituzionale federale si lamenta del fatto che la BCE sta assumendo dei rischi quasi fiscali e che implicitamente sta mettendo in carico alla Germania dei rischi relativi ad altri paesi. Una tale condivisione del rischio è un elemento necessario in qualsiasi unione economica e monetaria, dalla quale alla fine traggono vantaggio tutti i partecipanti, poiché ciò riduce i rischi per tutti i membri.

La Corte costituzionale federale ha ragione quando dice che attraverso la sua politica monetaria la BCE si sta facendo carico di molti di questi rischi, acquistando titoli di Stato e offrendo molta liquidità alle banche, in particolare dei paesi più deboli. In effetti, se l'area dell'euro avesse un'unione fiscale adeguata e un mercato dei capitali unico, la BCE dovrebbe assumersi minori rischi.

La più grande contraddizione dei molti critici della BCE tedeschi è che vorrebbero ridurre la capacità di agire della BCE, ma allo stesso tempo rifiutano le misure necessarie per creare una unione fiscale e un mercato dei capitali. Molti dei critici della BCE, sono anche fra coloro che ora stanno attaccando il programma di ricostruzione europeo proposto dalla cancelliera Merkel e dal presidente francese Macron per alleviare il peso che grava sulla BCE.

L'UE e il governo federale devono affrontare con urgenza questo conflitto con la Corte costituzionale federale. Questo conflitto strisciante ha causato enormi danni alla BCE. Perché in Germania la critica della Corte costituzionale viene condivisa da una larga parte dell'opinione pubblica, dei media e anche da alcuni economisti.

Il risultato è che in Germania a soffrirne enormemente è la fiducia nella BCE e in definitiva ne soffre anche la sua capacità di perseguire con successo una politica monetaria di lungo periodo. Gran parte delle critiche alla BCE possono essere considerate fondamentalmente sbagliate - e anche io la penso così - ma il conflitto alla fine dovrà essere chiarito per non causare ulteriori danni alla BCE e all'euro.

La giusta conclusione dopo la sentenza di Karlsruhe non dovrebbe essere l'abbandono da parte della BCE della sua posizione in materia di politica monetaria. Sarà invece necessario modificare i trattati europei che definiscono esplicitamente il mandato, gli strumenti politici consentiti e il quadro delle azioni della BCE.

Altrettanto importante è una riforma dell'unione economica e monetaria, attraverso strumenti fiscali comuni a livello europeo e il completamento del mercato interno. Entrambi i passaggi sono estremamente difficili da implementare. Il fallimento sarebbe catastrofico e potrebbe mettere in pericolo l'euro stesso.

sabato 23 maggio 2020

H. W. Sinn: perché la sentenza della Corte di Karlsruhe è giusta

Secondo Hans Werner Sinn la sentenza della Corte di Karlsruhe sugli acquisti di titoli di stato è giusta e soprattutto ribadisce un principio molto importante: l'integrazione europea non deve essere portata avanti né dalla BCE né dalla Corte di giustizia europea, ma dai parlamenti e dai governi nazionali. Poi dà un suggerimento al governo di Berlino: state attenti, perché i francesi vogliono salvare le loro banche e fare l'unione di trasferimento con i soldi dei tedeschi, ma non sono disposti a condividere la loro bomba atomica e il loro esercito. Prima parte del confronto fra i due grandi economisti tedeschi H. W. Sinn e Marcel Fratzscher su Handelsblatt



Le proteste di molti commentatori nei confronti della sentenza della Corte costituzionale tedesca, che accusa la Corte di giustizia europea di essere andata oltre il proprio mandato, ci mostrano che in questo caso i desideri e la realtà del diritto si confondono fra di loro con grande facilità. La gerarchia tra i tribunali non si applica in generale, ma solo in alcune aree.

Esiste chiaramente per le questioni di politica monetaria, ma non in altri ambiti politici, in particolare non per la debordante politica di salvataggio fiscale che la BCE ha perseguito negli ultimi anni tramite la stampa di moneta. Ai sensi dell'articolo 5 del trattato sull'Unione, infatti, la BCE avrebbe dovuto ricevere un'autorizzazione specifica a farlo. Ma non è accaduto.

Non si puo' in alcun modo sostenere che l'UE con le sue istituzioni sia sovrana, come ritiene ad esempio la presidente della Commissione. Dal punto di vista dei trattati, infatti, l'Europa si trova ancora molto distante dalla statalità forse desiderabile che darebbe alla BCE e alla Corte di giustizia europea un livello di potere paragonabile a quello di altri paesi o altre confederazioni del mondo.

Gli stati nazionali in Europa sono ancora i padroni dei trattati e in base a questi trattati, i massimi tribunali di Danimarca e Repubblica Ceca in altre occasioni sono riusciti a dichiarare ultra-vires alcune sentenze della Corte di giustizia europea.

E quando si parla della disputa sugli acquisti dei titoli di stato, bisogna considerare che la Fed non ha mai acquistato i titoli di stato dei singoli stati americani, che invece in Europa sono l'oggetto della discordia. Quando la California, il Minnesota e l'Illinois sono stati sull'orlo della bancarotta, la Fed non è andata in loro soccorso. Al contrario, nell'eurozona la BCE ha consentito alle banche centrali nazionali di acquisire un terzo dei titoli di stato nazionali in circolazione.

Ciò ha salvato i detentori di questi titoli di stato da una perdita patrimoniale e, nonostante l'elevato livello di debito, ha garantito agli Stati dei bassi tassi di interesse che hanno poi portato a un indebitamento molto piu' alto. Nel fare ciò, tuttavia, la BCE non ha sostenuto la politica economica come invece le sarebbe stato permesso, ma l'ha contrastata minando i vari patti fiscali e debitori che erano stati conclusi per contrastare il debito pubblico crescente.

Anche se lo volesse il Bundestag non sarebbe nemmeno in grado di approvare con una maggioranza dei due terzi dei voti un trattato che consenta alla BCE di praticare una politica di salvataggio degli stati che implichi delle perdite prevedibili per i contribuenti dell'eurozona. La Repubblica federale tedesca piuttosto dovrebbe essere prima rifondata e poi bisognerebbe adottare anche una nuova costituzione tramite un referendum. L'UE e la Corte di Giustizia non hanno minimamente i mezzi per poterlo imporre legalmente.

Non sarebbe inoltre di grande aiuto l'avvio da parte dell'UE di una procedura di infrazione nei confronti della Germania, perché il governo tedesco non sarebbe in alcun modo tenuto a pagare una sanzione dell'UE per aver ignorato una sentenza della Corte di giustizia che invece la Corte costituzionale tedesca considera illegale. E naturalmente il caso non potrebbe essere portato davanti alla Corte di giustizia perché sarebbe l'oggetto del procedimento stesso (nemo judex in causa sua). Le conseguenze per la sopravvivenza dell'UE sarebbero devastanti.

La sentenza della Corte costituzionale federale era necessaria per chiarire a tutti i soggetti coinvolti che l'Europa è una comunità legale che non può continuare a svilupparsi attraverso l'ampia giurisprudenza della Corte di giustizia europea e nemmeno tramite le decisioni di un organo tecnocratico come il Consiglio direttivo della BCE, ma solo tramite gli stati nazionali.

Questi stati sovrani dovrebbero pertanto aiutarsi a vicenda e aiutare i paesi che sono stati particolarmente colpiti dalla crisi. Prima di tutto l'Italia, che ha avuto il maggior numero di morti ed è stata la prima ad essere colpita dall'epidemia. Oltre alle misure unilaterali di aiuto, che ciascuno Stato può decidere autonomamente e liberamente, gli Stati dovrebbero aumentare il bilancio dell'UE al fine di garantire un'assistenza speciale ai cittadini di questo paese e ai suoi ospedali.

E se ciò non bastasse, secondo le regole del Club di Parigi, si potrebbe decidere una moratoria sul debito in favore dell'Italia, come nel caso della Grecia, collegata al controllo dei capitali, sopratutto per contenere l'enorme fuga dei capitali dall'Italia verso la Germania e gli Stati Uniti osservabile sin da marzo.

Al di là di ciò, gli stati europei dovrebbero comunque sforzarsi di trovare un accordo per formare un'unione politica che realizzi effettivamente la sovranità desiderata. E questa non dovrebbe avere al primo posto la messa in comune dei portafogli, ma la condivisione degli eserciti europei con tutto ciò che ne consegue. Una semplice unione fiscale bloccherebbe la strada verso l'unione politica, perché mentre alcuni darebbero i soldi, altri invece terrebbero per sé la carta vincente della forza militare.

venerdì 22 maggio 2020

Perché i minijob sono un fallimento e perché dovrebbero essere aboliti

Ci avevano spiegato che i minijob alla tedesca erano una buona soluzione e che bisognava importarli anche in Italia. Ma con l'arrivo della crisi i minijob si sono mostrati per quello che sono: una forma di dumping salariale, non troppo diversa dalla legalizzazione del lavoro nero. Ne scrive David Gutensohn su Zeit.de





Prima della crisi, piu' di sette milioni di persone in Germania avevano un minijob, un cosiddetto "lavoro marginale". Marginale (Geringfügig) per il Duden è sinonimo di insignificante, irrilevante o esiguo. E proprio i lavori irrilevanti, apparentemente sono stati fra i primi ad essere colpiti dalla crisi da Coronavirus. Solo a marzo, infatti, sono stati licenziati 224.000 minijobber. Il periodo di preavviso di sei settimane, che si applica anche ai minijob, in molti casi è stato ignorato. La minijob-Zentrale parla di un "declino significativo" e  tra qualche settimana prevede anche una seconda ondata di licenziamenti. I minijob non sono a prova di crisi. È giunto il momento di liberarsene.

Chi ha un monijob guadagna fino a 450 euro mensili senza doverci pagare le tasse sopra. Non ci sono costi per l'assicurazione sanitaria, per quella contro l'invalidità o la disoccupazione. E il pagamento dei contributi pensionistici è solo su base volontaria. Per i dipendenti c'è un vantaggio decisivo: i salari lordi spesso corrispondono ai guadagni netti. Originariamente i minijob -  riformati in maniera sostanziale dal governo Schröder nel 2003 - erano stati pensati per contenere il lavoro nero nelle famiglie e nelle abitazioni private, ad esempio per le pulizie o le lezioni private.

4,4 milioni di persone dipendono dai minijob

Oggi, tuttavia, la maggior parte dei minijobber in Germania non lavora nelle abitazioni private, ma negli hotel, nelle fabbriche e nell'assistenza sanitaria. Per molti di loro il lavoro da 450 euro al mese non è affatto un piccolo reddito extra di cui facilmente possono fare a meno. 4,4 milioni di tedeschi, infatti, dipendono esclusivamente dalle entrate dei minijob, e non hanno nessun altro lavoro oltre a questo. Fra questi ci sono molti studenti, genitori single e pensionati.

Durante la crisi, tuttavia, il grande vantaggio dei minijob si è trasformato in uno svantaggio: perché i minijobber non pagano alcun contributo sociale, non hanno diritto a prestazioni sociali, né ai sussidi di disoccupazione, né alla cassa integrazione. Se perdono il lavoro, come sta accadendo a centinaia di migliaia di persone, hanno solo la sicurezza di base (Hartz IV). E la crisi attuale mostra anche che per i datori di lavoro alla fine il minijob non è redditizio: non è un caso che siano proprio questi lavoratori i primi ad essere stati scaricati. Contrariamente alla credenza popolare, il minijob per i datori di lavoro non è affatto più economico rispetto ai normali rapporti di lavoro. Per un normale dipendente, infatti, il datore di lavoro deve pagare circa il 20% in termini di tasse e imposte, per i minijob piu' del  30% sotto forma di tassa forfettaria. E questo anche se il minijobber non ha diritto alle prestazioni previste dalle assicurazioni sociali.

Le posizioni a tempo pieno sono state sostituite con dei minijob

Allo stesso tempo, un certo numero di datori di lavoro ha saputo sfruttare questo costrutto. Le imprese, alla ricerca di flessibilità, hanno sostituito le loro posizioni a tempo pieno con piu' minijob, sostiene il ricercatore in scienze sociali Stefan Sell della Hochschule Koblenz. Anche l'Institut für Arbeitsmarkt- und Berufsforschung afferma che molti minijob alla fine sono serviti solo per sostituire dei dipendenti a tempo pieno. Per questa ragione i minijob  da molto tempo ormai sono diventati il bersaglio di molte critiche. Invece di creare lavori più sicuri, ci sono sempre più minijob sottopagati. Invece di una cassiera a tempo pieno, in molti luoghi di lavoro hanno messo tre mini-jobber. Invece di assumere in maniera corretta i camerieri, i ristoranti preferiscono assumere tre studenti non sindacalizzati, che non fondano un Betriebsrat e non chiedono aumenti salariali.

In tempi di crisi, i datori di lavoro utilizzano questa flessibilità per poter ridurre il personale piu' rapidamente. E questa è una minaccia esistenziale, soprattutto per quelle persone per le quali il mini-job non rappresenta solo un piccolo extra-reddito.

Non ci sono aumenti salariali

E i minijob hanno anche un altro svantaggio: se in qualche settore aumentano i salari, i minijobber devono comunque restare al di sotto dei 450 euro mensili. Questo può essere fatto solo riducendo l'orario di lavoro. Per questo motivo, ad esempio, un certo numero di imprese di pulizia all'inizio di quest'anno hanno chiesto che i minijob venissero aboliti. Dal 1 ° gennaio, infatti, i salari per il personale addetto alle pulizie sono aumentati. Ma poiché nessuno può guadagnare più di 450 euro con un minijob, oltre 100.000 addetti alle pulizie hanno dovuto ridurre l'orario di lavoro. Se fosse stato solo il loro stipendio a crescere, avrebbero superato i 450 euro e sarebbero stati assoggettati a dei contributi previdenziali. Ma a causa di tasse e imposte non sarebbe rimasto quasi nulla di quell'aumento salariale. Anche per questo motivo, molti dipendenti del settore della ristorazione, dopo l'aumento del salario minimo hanno dovuto ridurre l'orario di lavoro.

Il succo della questione è che i minjobs possono essere usati per evitare gli aumenti salariali. Sostituiscono i lavori regolari e in tempi di crisi rappresentano un onere per i datori di lavoro. È arrivato il momento di rinunciare a questo modello di lavoro. Esperti come Enzo Weber  dell'Institut für Arbeitsmarkt- und Berufsforschung e i Verdi, ad esempio, suggeriscono di sostituire i minijob con dei lavori soggetti a dei contributi previdenziali. E questa è anche l'unica strada giusta.

Il lavoro dovrebbe prevenire la povertà in vecchiaia

Affinché le persone in futuro possano avere una maggiore protezione dai rischi, è necessario che i lavoratori versino dei fondi nelle casse della previdenza sociale in modo da maturare un diritto a delle prestazioni future. Sono necessari dei posti di lavoro in grado di prevenire la povertà in vecchiaia, perché con questi impieghi sarà possibile riempire le casse della previdenza sociale. E c'è bisogno anche di un altro modo di guadagnare un secondo reddito aggiuntivo, che sia anche esente da imposte e quindi attraente per i pensionati, gli studenti e i genitori single.

Per fare si' che ciò sia possibile, ogni ora lavorata dovrà essere coperta dalle assicurazioni sociali. Allo stesso tempo, lo stato dovrà sovvenzionare chi guadagna poco rinunciando a tassare queste persone, come fa ad esempio per i cosiddetti midijobs. Dal 2019 infatti è possibile guadagnare tra i 450 e 1.300 euro lordi al mese, con una bassa tassazione e con pochi contributi sociali, che però crescono all'aumentare dello stipendio. Contrariamente ai mini-jobs, questi posti di lavoro sono a prova di crisi: le aziende possono fare domanda per la cassa integrazione invece di licenziare i lavoratori. Alla fine tutti ne traggono un beneficio.