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martedì 14 luglio 2020

E se l'oro tedesco a Londra e New York fosse perduto?

Metà dell'oro tedesco ancora oggi è custodito a New York e Londra, e anche se la Bundesbank fra il 2013 e il 2016 ha cercato di riportare in patria quanto piu' oro possibile, britannici ed americani, dopo una breve collaborazione iniziale, dal 2016 hanno bloccato le consegne. Solo i francesi hanno acconsentito a far rimpatriare tutto l'oro tedesco custodito a Parigi. Dopo la recente sentenza dell'Alta corte britannica che impedisce la consegna dell'oro venezuelano al governo Chavista di Maduro, il giornalista di Handelsblatt Norbert Haering si chiede se dopo questo verdetto, anche le oltre 1.600 tonnellate di oro tedesco custodite fra New York e Londra non siano ormai irrecuperabili. Ne scrive l'ottimo Norbert Haering


Non dovrebbe esserci piu' alcun dubbio ormai sul fatto che la Bundesbank nel 2013 con il suo "concetto sul deposito dell'oro all'estero", di fatto ha rinunciato a metà delle riserve auree tedesche immagazzinate a New York e a Londra. E comunque ogni dubbio sull'argomento è stato messo da parte da quando un tribunale britannico ha deciso che il governo del Venezuela non potrà piu' riavere indietro l'oro immagazzinato presso la Banca d'Inghilterra - semplicemente perché così ha deciso il governo britannico.


Le riserve ufficiali d'oro tedesche ammontano a circa 3.367 tonnellate e al prezzo odierno di 1.581 euro per oncia, valgono ben 170 miliardi di euro .

Con circa 1.656 tonnellate, quasi la metà dell'oro è immagazzinata all'estero, tre quarti a New York e un quarto a Londra. L'oro all'estero vale attualmente circa 84 miliardi di dollari.

Ma per la Bundesbank qual'è il valore effettivo dell'essere titolare di questo patrimonio, se poi di fatto non ne è in possesso, non può accedervi, e non può nemmeno andare a controllare se l'oro è ancora lì? Non è poi molto di più che una bella voce sullo stato patrimoniale della banca centrale.


L'Alta Corte di Londra (più o meno l'equivalente della Corte Suprema Federale) recentemente ha stabilito che il governo venezuelano non avrà indietro il suo oro perché il governo britannico, invece del governo Maduro, riconosce il contro-governo fantoccio istituito e appoggiato dagli USA sotto l'autoproclamato "presidente ad interim" Juan Guaidó.

Il quale, per dare una minuscola parvenza di legalità all'intera operazione, ha nominato appositamente per l'Alta Corte britannica un consiglio di amministrazione della contro-banca centrale, un'azione totalmente ridicola, se non fosse così triste.

Ora si potrebbe argomentare che la Germania non è il Venezuela. I nostri amici di Londra, Washington e New York, non ci tratterebbero mai in questo modo. Ma sarebbe molto ingenuo, per almeno due motivi.




- In primo luogo, basta guardare all'uso che il governo degli Stati Uniti fa del diritto internazionale quando minaccia il sindaco di Ruegen con sanzioni economiche e l'arresto se dovesse far entrare una nave posatubi russa in un porto di cui è responsabile. Non vi è stata alcuna significativa resistenza da parte del governo tedesco. Ci sono innumerevoli esempi del modo in cui gli Stati Uniti hanno messo la propria legislazione al di sopra del diritto internazionale. È un programma che gli Stati Uniti hanno chiarito già da molto tempo.

- In secondo luogo, invece, è dal 2016 che la Bundesbank ha smesso di ritirare oro, a parte delle piccole dosi omeopatiche di oro estero che negli anni scorsi hanno potuto lasciare i depositi della Federal Reserve di New York. In tre anni e mezzo un totale di 47 tonnellate (su 7.800 tonnellate). Sospetto che questo stop alle spedizioni valga anche per Londra. In ogni caso, secondo quanto riportato dalla stampa, Guaidó non vuole avere l'oro indietro, ma intende lasciarlo alla Banca d'Inghilterra.

Probabilmente il principale delitto di Maduro in questo caso è stato quello di non aver tenuto conto dell'indicazione informale secondo la quale tutto l'oro estero custodito a New York e Londra, di fatto è come se fosse stato congelato. Nel caso di Maduro, questa ammissione può essere evitata tirando in ballo la farsa del contro-governo. Quando la Bundesbank, sotto la pressione di una perizia - forse ordinata - dalla Corte dei conti federale, ha chiesto pubblicamente di riavere indietro l'oro da New York, non ci è riuscita. Pertanto, dopo lunghe e difficili trattative, gli Stati Uniti tra il 2013 e il 2016 hanno fatto uscire dai loro depositi 300 tonnellate di oro tedesco. In cambio hanno ricevuto una promessa pubblica da parte della Bundesbank, ridefinita poi "concetto sul deposito dell'oro all'estero", di non fare più una simile richiesta così sfacciata.


Il valore dell'oro che gli Stati Uniti e il Regno Unito sottraggono al controllo dei loro proprietari è considerevole, ma in realtà non si tratta di questo, tranne in casi come quello del Venezuela, dove si possono fare dei danni enormi al governo debole di un paese povero. In altri casi, come nel caso della grande quantità di oro tedesco, si tratta di mantenere sotto il proprio controllo delle enormi riserve auree.

Non è del resto un caso il fatto che il prezzo dell'oro espresso in dollari abbia segnato dei nuovi record, perché sempre meno persone si fidano di un sistema monetario fondato sul dollaro nel quale la Federal Reserve statunitense mette in circolazione un numero quasi illimitato di dollari per acquistare titoli di stato statunitensi. Così tanti dollari che la Federal Reserve, e quindi in ultima analisi il governo degli Stati Uniti, sono diventati di gran lunga il maggiore detentore di titoli di Stato statunitensi.

Controllando grandi quantità di oro di proprietà di altre nazioni, si potrebbe impedire che questi paesi si facciano venire in mente l'idea di coprire la propria valuta con l'oro offrendola come alternativa al dollaro. Gli Stati Uniti potrebbero anche fare riferimento ad una sorta di diritto, nel caso in cui dovessero negare pubblicamente a questi paesi l'accesso al loro oro. Su richiesta degli Stati Uniti, infatti, già mezzo secolo fa tutti i Paesi membri del Fondo monetario internazionale si erano impegnati a "demonetarizzare" l'oro, cioè a rinunciare a coprire la moneta con l'oro.

E se le cose si mettessero davvero male, il dollaro o la moneta che gli dovrebbe succedere potrebbe essere garantita dall'oro di cui ci si è impossessati. Per farlo non c'è nemmeno bisogno di espropriare ufficialmente i proprietari dell'oro. È sufficiente avere un accesso informale all'oro. I proprietari hanno tutte le ragioni per tacere. Perché solo fino a quando non ammetteranno di non avere più accesso all'oro, potranno continuare ad elencarlo nei loro bilanci e nelle loro riserve monetarie.

Questo probabilmente è anche il motivo per cui la Bundesbank dal 2016 sull'argomento ha fatto buon viso a cattivo gioco.

giovedì 9 luglio 2020

I crediti Target della Bundesbank a un passo dal trilione di euro

I crediti Target della Bundesbank e i debiti Target di Banca d'Italia continuano a crescere senza sosta e se è vero, come molti sostengono, che i saldi Target dell'eurosistema possono essere considerati il termometro in grado di misurare la febbre dell'eurozona, allora è anche probabile che la moneta unica non goda di ottima salute. Ne scrive Tichys Einblick


A giugno, il cosiddetto saldo Target-2 della Bundesbank ha raggiunto i 995 miliardi di euro - una crescita molto forte nel giro di pochi mesi. Il 30 giugno 2020 il saldo si è attestato esattamente a 995.082.753.544 euro.

Ancora a marzo il conto di compensazione all'interno dell'eurosistema denominato Target 2 registrava per la Germania un saldo a credito di 935 miliardi di euro. I saldi Target (Trans-European Automated Real-time Gross Settlement Express Transfer System) sono un sistema per il regolamento delle operazioni di pagamento tra le banche centrali dell'Eurosistema. Se, ad esempio, un cliente in Italia acquista un macchinario da un produttore tedesco, il denaro per il pagamento passa dalla Bundesbank tedesca alla banca del produttore del macchinario; in cambio, la Bundesbank crea un credito nei confronti della banca centrale italiana, che sarà poi liquidato quando il cliente pagherà. Quando si esporta dall'Italia alla Germania, avviene lo stesso processo, ma con il segno opposto. Quando il sistema Target fu istituito, sistema peraltro non menzionato nel Trattato di Maastricht, la maggior parte degli economisti non si aspettava dei saldi cosi' elevati, ma si supponeva che ci sarebbe stato un riequilibrio costante attraverso dei flussi di pagamento reciproci. In realtà, invece, la Bundesbank ha accumulato molto rapidamente un saldo sotto forma di crediti nei confronti delle altre banche centrali. La Bundesbank di fatto ha concesso alle altre banche centrali dell'eurozona una linea di credito senza interessi e senza limiti di scoperto.

"Il sistema Target è un accordo tra le banche centrali e per la sua istituzione non sono mai stati sottoscritti dei trattati internazionali nei quali siano stati coinvolti anche i parlamenti nazionali", critica l'economista Hans-Werner Sinn, che da anni chiede un limite ai saldi Target 2 e una corrispondente collateralizzazione.



A giugno non è cresciuto solo il saldo Target 2 della Bundesbank, sfiorando il trilione di euro. Anche il passivo della banca centrale italiana ha raggiunto i 537 miliardi di euro. La banca centrale italiana, nell'ambito del sistema Target 2, ormai è il principale debitore della Bundesbank .

Nel 2019 il saldo Target-2 tedesco era addirittura sceso in modo significativo fino a toccare gli 837 miliardi di euro nell'ottobre di quell'anno. Il motivo non era stato un miglioramento dei flussi di capitale verso l'Italia, ma un afflusso di denaro dalle banche commerciali tedesche verso l'Italia - anche se la causa di fondo non era quella di un'ambiente attraente per gli investimenti internazionali. Il motivo era stato piuttosto il cosiddetto tiering della Banca centrale europea: la BCE non imponeva interessi negativi su tutte le eccedenze di liquidità delle banche commerciali, ma consentiva una franchigia fino ad una certa somma. Poiché le grandi banche tedesche avevano esaurito la loro franchigia a causa delle elevate eccedenze, e molte banche italiane invece non si trovavano nella stessa situazione, gli istituti di credito tedeschi avevano depositato denaro in Italia per evitare di pagare degli interessi negativi. Questo flusso di denaro ha portato ad una riduzione puramente aritmetica dei crediti tedeschi.

Ancora più degno di nota è il forte aumento del saldo Target della Bundesbank nel 2020, che nell'arco di soli sei mesi è salito di diverse centinaia di miliardi di euro. Evidentemente questo andamento riflette anche il calo di produzione e la riduzione della forza dell'export di molte aziende italiane durante la crisi causata dal Coronavirus.

Sinn, ma anche altri economisti come Marcel Fratzscher del DIW, sottolineano che i rischi finanziari per la Germania aumentano al crescere degli importi dei saldi Target della Bundesbank: se l'Italia dovesse uscire dall'euro, i crediti Target andrebbero quasi certamente perduti.


martedì 7 aprile 2020

I crediti Target della Bundesbank verso il trilione di euro

Mentre a Berlino la politica si sforza di concedere qualche decina di miliardi di euro di prestiti condizionati attraverso il MES e fa di tutto per non perdere la faccia davanti agli elettori tedeschi, i crediti Target della Bundesbank nel solo mese di marzo e dopo appena un mese di crisi sono cresciuti di 113,6 miliardi di euro raggiungendo i 935 miliardi. Secondo la Bundesbank il trilione è dietro l'angolo.  Da Handelsblatt.de


Con l'ampliamento del programma di acquisto di obbligazioni da parte della BCE, i crediti della Bundesbank nei confronti del sistema di pagamento delle banche centrali dell'eurozona si avvicina alla soglia del trilione. L'indicatore, noto con il nome tecnico di saldo Target-2, a marzo è aumentato di 113,6 miliardi di euro raggiungendo i 935,1 miliardi di euro complessivi, il livello più alto da giugno 2019, come annunciato martedì dalla Bundesbank.

I saldi Target 2 mostrano le passività e i crediti fra le banche centrali nazionali emersi nell'ambito delle transazioni transfrontaliere fra i diversi istituti di credito, che nella zona euro vengono gestiti tramite il sistema di compensazione Target. La Germania è il principale creditore.

Alcuni esperti considerano i saldi Target un pericolo: temono che la Bundesbank possa subire delle perdite su quei crediti nel caso di una rottura dell'area valutaria. Altri economisti invece pensano che queste paure siano esagerate.

La Bundesbank riconduce l'aumento del saldo Target-2 di marzo a diversi fattori: "Fra questi ci sono i consueti effetti tecnici alquanto pronunciati legati alla fine del trimestre", afferma la banca centrale tedesca. "Inoltre, anche gli effetti delle misure di politica monetaria, in particolare l'estensione del programma di acquisto titoli, hanno contribuito all'aumento." La Bundesbank, infatti, si aspetta che i crediti della Bundesbank nell'ambito del sistema di pagamento fra le banche centrali dell'euro continuino ad aumentare: "Nel medio termine, la politica monetaria e le condizioni di mercato restano decisive".

La Banca centrale europea (BCE) a marzo ha comprato titoli di stato dell'eurozona per un valore di 33,75 miliardi di EUR nell'ambito del suo programma di acquisto titoli attivo dal 2015. Le obbligazioni italiane da sole hanno rappresentato circa il 35 % degli acquisti complessivi. Per il paese duramente colpito dalla crisi causata dal coronavirus, è significativamente molto più di quanto stabilito dalle regole della BCE. Con gli acquisti le autorità monetarie tengono sotto controllo i rendimenti delle obbligazioni. In tal modo, fanno in modo che i paesi dell'eurozona possano continuare a rifinanziarsi sul mercato dei capitali ad un costo relativamente basso.
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lunedì 27 gennaio 2020

Il governo tedesco ha risparmiato oltre 400 miliardi di euro di interessi

Secondo i calcoli della Bundesbank il governo tedesco, grazie ai tanto criticati tassi a zero della BCE a guida italiana, ha risparmiamo nel corso degli anni oltre 400 miliardi di euro di interessi. Ne scrive NTV su dati Bundesbank


I risparmiatori sono infastiditi, le banche sono insoddisfatte, ma il governo federale può fare un bel sorriso: grazie ai continui ribassi dei tassi di interesse, lo stato tedesco ha risparmiato un bel po' di soldi per il servizio del debito. Dal 2008 al 2019, secondo gli ultimi calcoli, saranno più di 400 miliardi di euro.

Lo stato tedesco grazie alla lunga stagione dei bassi tassi di interesse a partire dalla crisi finanziaria ha risparmiato oltre quattrocento miliardi di euro. Tra il 2008 e la fine del 2019 i risparmi sugli interessi passivi sono stati circa 436 miliardi di euro, come dimostrano i calcoli della Bundesbank.

La banca centrale tedesca è arrivata a questi numeri confrontando le spese effettivamente sostenute per il servizio al debito, con i valori ipotetici che sarebbero risultati da un tasso di interesse medio invariato rispetto a quello del 2007. I risparmi per il solo 2019 sono stati di circa 58 miliardi di euro. Secondo i dati, nel 2007 il tasso di interesse medio era del 4,23  %. Nel 2019, invece, sul suo debito lo stato edesco ha dovuto pagare in media solo l'1,40 per cento.



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domenica 24 novembre 2019

Bundesbank: il boom immobiliare mette a rischio il sistema bancario tedesco

Siamo probabilmente vicini alla fine del lungo boom immobiliare iniziato nel lontano 2010 e la Bundesbank è seriamente preoccupata per la situazione delle banche tedesche. Ne scrive Die Welt su dati Bundesbank


La Bundesbank mette in guardia dalla crescente vulnerabilità del settore finanziario tedesco. In Germania ormai ogni 2 prestiti concessi, uno viene utilizzato per finanziare appartamenti o immobili. Se il livello dei tassi di interesse dovesse cambiare, la situazione diventerebbe critica. 

La Bundesbank mette in guardia dai crescenti rischi per la stabilità del sistema bancario tedesco. In particolare è la situazione del mercato immobiliare ad essere una fonte di crescente preoccupazione.

I prezzi delle case e degli appartamenti continuano a crescere con forza. Di conseguenza il volume dei prestiti immobiliari concessi sta crescendo al tasso più rapido degli ultimi decenni. "La vulnerabilità è aumentata", ha dichiarato il vicepresidente di Bundesbank Claudia Buch in occasione della presentazione del Rapporto sulla stabilità finanziaria a Francoforte. "Un crollo economico imprevisto o un aumento repentino del premio al rischio potrebbero avere effetti sensibili sul sistema finanziario tedesco."


Nel frattempo in Germania, ogni 2 prestiti erogati - a società e famiglie - uno viene utilizzato per finanziare immobili. Ancora peggio: oltre il 50 % dei mutui residenziali ha una durata superiore ai dieci anni.

Ciò comporta un rischio considerevole per le banche. Molte banche utilizzano i soldi dei depositi a breve termine dei clienti per erogare prestiti a lungo termine. Questa cosiddetta "trasformazione delle scadenze" funziona bene finché il livello dei tassi di interesse non cambia. Qualora dovesse eventualmente arrivare un'inversione di tendenza sui tassi, gli istituti potrebbero dover affrontare un disastro sui tassi di interesse.


Un altro rischio risiede nella valutazione degli immobili e degli appartamenti utilizzati come garanzia per tali prestiti immobiliari. Se queste ipotesi si dovessero rivelare troppo ottimistiche, cosa che può facilmente accadere in tempi di prezzi in rapido aumento, c'è il rischio di svalutazioni pesanti.

Un tale scenario potrebbe colpire le banche e trovarle relativamente impreparate: come emerge dall'indagine della Bundesbank, gli accantonamenti per possibili perdite future su prestiti sono bassi come non lo erano mai stati per decenni. Le banche hanno accantonato meno dell'uno percento del volume dei crediti erogati. All'inizio del millennio il valore era del 2,5 %.

"L'evidenza che i rischi sui crediti erogati possano essere sottovalutati si sta intensificando", ha affermato Buch. C'è il rischio "che gli operatori di mercato continuino a essere troppo ottimisti rispetto al passato, sopravvalutando il valore delle garanzie", ha affermato Buch.

Il rischio di una recessione inattesa

Ciò non riguarda solo il mercato immobiliare. "Le banche finanziano anche molte altre aziende, le quali sarebbero le prime a riscontrare dei problemi in caso di una recessione economica inattesa". In caso di recessione le banche pertanto potrebbero essere gravate in maniera ancora piu' pesante da svalutazioni e da inadempienze sui prestiti.


"I bassi tassi di interesse stanno esercitando delle forti pressioni sui margini di interesse applicati dalle banche, mettono sotto pressione la loro redditività e quindi a rischio la stabilità finanziaria", ha aggiunto Joachim Wuermeling, membro del consiglio di amministrazione della Bundesbank e responsabile della vigilanza bancaria.

C'è comunque almeno una debole consolazione. Perché i prezzi degli appartamenti e delle case in molte città secondo la Bundesbank sono sopravvalutati fra il 15 e il 30 percento. Tuttavia, la Bundesbank al momento non vede "nessuna prova del fatto che sul mercato vi sia una dinamica speculativa alimentata dal credito", afferma Buch.

Il riferimento è alla pericolosa combinazione fra il forte aumento dei prezzi delle case, la crescita eccessiva dei prestiti immobiliari e la  riduzione degli standard per l'erogazione del credito, i quali possono fornire il terreno fertile per una crisi immobiliare.



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sabato 28 settembre 2019

Welt - Tempi sempre piu' duri per il risparmiatore tedesco

Prosegue la retorica del risparmiatore tedesco tradito ed espropriato da una BCE ormai saldamente in mano ai latini, questa volta è Die Welt a incensare il contributo di Sabine Lautenschläger e a rammaricarsi per la sua partenza anticipata dalla BCE. Ne scrivono su Die Welt i soliti Anja Ettel e Holger Zschäpitz


Sabine Lautenschläger, membro del board della BCE, si dimette in anticipo sulla scadenza del suo mandato. È già la terza tedesca a gettare la spugna. Secondo le informazioni disponibili a Die Welt, era sempre più frustrata per lo stile autoritario della leadership di Draghi.

Può sembrare paradossale, ma ad inizio anno la quota tedesca della Banca Centrale Europea è salita dal 25,5 al 26,4 %. Dal punto di vista dei contenuti, tuttavia, continua a ridursi l'influenza del maggiore azionista. Il fatto che la Germania al momento all'interno della BCE si trovi sulla difensiva, lo si può  leggere anche nella recente decisione.

Sabine Lautenschläger, il rappresentante tedesco nel consiglio di amministrazione della BCE, ha dato le dimissioni. La ex vicepresidente della Bundesbank lascerà l'incarico a fine di ottobre, due anni prima di quanto previsto dal suo mandato.

Le ragioni della sorprendente decisione, nel secco comunicato stampa della BCE, non sono state indicate. Secondo quanto risulta a Die Welt, tuttavia, Lautenschläger non era più d'accordo con il corso della BCE e apparentemente sempre più frustrata a causa dello stile di leadership autoritario del presidente Mario Draghi. La recente decisione del Consiglio direttivo di tagliare ulteriormente i tassi di interesse e rilanciare il controverso programma di acquisto delle obbligazioni sarebbe stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

"Le dimissioni non sono state una sorpresa, Sabine Lautenschläger da molto tempo ormai nella BCE si trova in un ruolo di opposizione interna e per questo è stata emarginata nella comunicazione", afferma l'ex capo-economista della BCE Jürgen Stark, il quale aveva lasciato prematuramente la banca centrale nel 2011. "Se con i propri argomenti alla lunga non si riesce ad incidere, si può restare fedeli e accettare la situazione. Ma poi devi anche essere in grado di guardarti allo specchio".

Lautenschläger lascerà la BCE esattamente insieme a Draghi. Il mandato del terzo presidente della BCE durerà regolarmente fino al 31 ottobre. Sebbene il successore Christine Lagarde sia considerata piu' conciliante nei modi e nella comunicazione, si può tuttavia supporre che Lagarde  - la cui permanenza dal punto di vista temporale supera di gran lunga la partenza di Draghi - sia probabilmente d'accordo con la decisione presa a settembre. Lagarde, soprattutto, durante la sua audizione al parlamento europeo, ha lasciato intendere che vede ancora spazi di azione aggiuntivi nella politica monetaria della BCE.

Una comprensione completamente diversa della politica monetaria

Il fatto che Lautenschläger per il prossimo futuro non potesse sperare in alcun modo in un cambiamento sostanziale della politica monetaria potrebbe aver contribuito alla decisione. Il modo in cui la decisione è stata comunicata fornisce una visione più profonda dei fatti. Alle 19:45, dopo il normale orario di ufficio, la banca centrale ha informato della decisione di Lautenschläger con sette brevi righe di comunicato.



Lautenschläger è il terzo membro tedesco che in soli due decenni di storia della BCE sceglie di lasciare prematuramente il lavoro nel board della BCE. Nel dicembre 2011, era stato l'allora capo economista Stark a lasciare il consiglio in quanto non voleva sostenere il corso di salvataggio dei paesi in difficoltà avviato dall'allora presidente Jean-Claude Trichet.

In particolare, la frattura allora si era consumata sul programma di acquisto di obbligazioni SMP. Stark come Segretario di Stato presso il Ministero delle finanze aveva svolto un ruolo chiave nella redazione del Patto di stabilità dell'UE tra il 1995 e il 1998 e in qualità di capo economista della BCE non voleva partecipare allo smantellamento del suo lavoro.

"Il problema che spinge i rappresentanti tedeschi a lasciare la BCE mostra chiaramente quanto siano cambiate l'unione monetaria e la BCE", afferma Stark. Chiunque sia cresciuto nella Bundesbank ha una comprensione completamente diversa della politica monetaria e di cosa faccia parte del mandato della banca centrale - e di cosa no.

Nel 2011 si era dimesso anche il capo della Bundesbank Axel Weber. Weber all'epoca era considerato il candidato più probabile per la successione di Trichet, il cui mandato terminava nel 2011. In quell'occasione tuttavia fu l'italiano Draghi a diventare il capo della BCE. Persino il successore di Stark, Jörg Asmussen, trasferitosi dal Ministero delle finanze al Comitato esecutivo della BCE, ha resistito solo 2 anni a Francoforte. La sua partenza, tuttavia, aveva probabilmente a che fare con dei motivi di carriera. Asmussen nel 2014 è tornato nella politica di Berlino.

La BCE perde una sostenitrice della politica monetaria più dura

Lautenschläger, invece, che aveva preso il suo posto nel board, lascia dopo soli cinque anni. La giurista è considerata una profonda conoscitrice delle banche. Si era occupata di vigilanza bancaria già presso la Bundesbank, compito per il quale era stata responsabile anche a livello europeo, fino a febbraio di quest'anno, in qualità di vicepresidente della supervisione bancaria della BCE .

Anche i risparmiatori ne subiranno le conseguenze. La possibile inversione nella tendenza dei tassi di interesse potrebbe essere ulteriormente rimandata. Con la partenza di Lautenschläger, la BCE perde un sostenitore convinto di una politica monetaria più dura. Il predominio delle cosiddette colombe continuerà ad espandersi.

Le prime reazioni del mercato sono state abbastanza chiare: l'euro è sceso al livello più basso dal 2017, in quanto le attese di una politica monetaria più conciliante rendono la moneta unica meno attraente. Allo stesso tempo anche i rendimenti dei titoli di stato a lunga scadenza sono fortemente diminuiti, è probabile infatti che i tassi di interesse rimangano bassi a lungo. In borsa invece hanno perso valore i titoli degli istituti di credito che vivono di interessi. Le azioni di Deutsche Bank sono scese dell'1,5 per cento.

Ora ci si inizia a chiedere chi sarà il successore di Lautenschläger. La Germania, come la Francia e l'Italia, tradizionalmente ambisce ad avere uno dei sei seggi del Consiglio Direttivo. La variante più probabile è che il governo federale invii nel direttorio un'altra donna. Tra i possibili candidati vi sono l'attuale vicepresidente della Bundesbank Claudia Buch o l'economista di Bonn Isabel Schnabel, che è anche un membro del cosiddetto Consiglio dei saggi economici.

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giovedì 20 giugno 2019

Verso la recessione?

L'ipotesi di una recessione si fa largo anche fra le parole, di solito prudenti, dei grandi centri di ricerca e della Bundesbank. Si parla con insistenza della frenata dell'economia italiana, ma anche l'economia tedesca è ferma, e il secondo trimestre molto probabilmente avrà il segno negativo. Ne scrivono le Deutsche Wirtschafts Nachrichten e la Reuters



Il PIL della Germania, secondo le previsioni della Bundesbank, nel corso del secondo trimestre diminuirà. "La produzione economica tedesca nella primavera del 2019 potrebbe registrare un lieve calo", ha anticipato la Bundesbank nel suo rapporto mensile pubblicato lunedì. "Gli effetti straordinari che hanno contribuito a un notevole aumento del PIL nel primo trimestre dell'anno in corso stanno finendo o addirittura si stanno invertendo", chiariscono gli esperti della Bundesbank. Da gennaio a marzo di quest'anno l'economia era cresciuta dello 0,4%.

Il settore delle costruzioni nel trimestre in corso dovrebbe registrare un certo "effetto rimbalzo", dopo che l'attività invernale era stata notevolmente espansa a causa del clima particolarmente mite. "Inoltre, a causa delle difficoltà di consegna dovute all'introduzione del nuovo test sulle emissioni WLTP dello scorso autunno, gli acquisti di auto che per questo motivo erano stati posticipati, nel frattempo potrebbero essere già stati realizzati", afferma la Bundesbank.

Le esportazioni tedesche nel Regno Unito - uno dei principali mercati di sbocco - rischiano di soffrire per il caos della Brexit.

Nel complesso l'andamento economico di base rimane debole. "Il fattore decisivo resta la continua flessione del settore industriale", sottolinea la Bundesbank. L'industria soffre per i conflitti commerciali, a causa di un'economia globale più debole e dei rischi come la Brexit.

"Lo slancio dell'economia interna, tuttavia, resta fondamentalmente invariato", sottolinea la Bundesbank in considerazione di un livello occupazionale record, di salari crescenti e di bassa inflazione. "In questo senso perdura un quadro congiunturale diviso a metà."

Ad inizio giugno la Bundesbank aveva ridotto le sue previsioni di crescita per l'economia tedesca. Per quest'anno ci si aspetta una crescita dello 0,6 %, che nel 2020 dovrebbe raddoppiare passando all'1,2 %. Nel dicembre 2018, la banca centrale ipotizzava una crescita dell'1,6% per entrambi gli anni.




Secondo le previsioni dell'Istituto Ifo, l'economia tedesca nel trimestre in corso rallenterà. Il prodotto interno lordo nel periodo da aprile a giugno, infatti, dovrebbe diminuire dello 0,1% rispetto al trimestre precedente, come indicato martedì dal responsabile per le previsioni economiche dell'Ifo, Timo Wollmershäuser. Nell'estate del 2018, il PIL tedesco era sceso dello 0,2%. In seguito l'economia ha ristagnato, prima di registrare una ripartenza all'inizio dell'anno. Nonostante la difficile situazione in primavera, l'esperto dell'Ifo non si aspetta che ci siano due trimestri consecutivi negativi: "non abbiamo indicazioni per poter parlare di una recessione".

In considerazione dei conflitti sui dazi, del pericolo di una Brexit forse disordinata e delle crescenti tensioni tra Stati Uniti e Iran, le aspettative economiche degli investitori continuano a precipitare. Il barometro dello ZEW di Mannheim a giugno è sceso di 19 punti passando a - 21,1 punti. Al pessimismo generale contribuisce "anche una congiuntura economica tedesca sostanzialmente peggiore" all'inizio del secondo trimestre, ha detto il presidente dello ZEW Achim Wambach. Anche la Bundesbank recentemente si è aggiunta al coro dei pessimisti prevedendo un calo della produzione economica nel secondo trimestre. Da gennaio a marzo, il PIL è cresciuto dello 0,4 %.

Industria in recessione

Secondo l'Istituto Ifo l'economia tedesca crescerà meno della metà rispetto al 2018. Il prodotto interno lordo aumenterà solo dello 0,6%. L'istituto di ricerca RWI di Essen nelle sue previsioni ipotizza un aumento dello 0,8 %. "Segnali sempre piu' forti indicano che la crescita dell'economia tedesca sta rallentando", ha dichiarato Roland Döhrn, Chief Economist di RWI. "Ciò emerge, tra le altre cose, dall'andamento negativo degli ordini nel settore industriale e da una più debole creazione di nuovi posti nel mercato del lavoro".

Secondo l'esperto di congiuntura dell'Ifo Wollmershäuser, la produzione nel settore manifatturiero fortemente orientato all'export, dove viene generato un quarto del valore aggiunto, attualmente si trova in recessione. Allo stesso tempo i fornitori di servizi operanti sul mercato interno e il settore delle costruzioni, tuttavia, stanno registrando una crescita robusta. L'Istituto di Monaco prevede che l'economia tornerà a crescere e che la crescita dei prossimi trimestri sarà dello 0,3%. (...)

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giovedì 13 giugno 2019

Bundesbank: "il sistema Target2 resta un elemento irrinunciabile dell'unione monetaria"

In Germania prosegue il dibattito sulla natura dei saldi Target2 e in una recente audizione presso la commissione finanze del Bundestag, la Bundesbank conferma la sua piena fiducia nel sistema Target2 e nei suoi giganteschi saldi contabili. Per le banche tedesche invece il tema resta alquanto controverso. Ne scrive Finanztreff.de


Il sistema di pagamento Target 2, secondo la Bundesbank, resta un elemento indispensabile dell'Unione monetaria europea, le cui potenzialità non dovranno essere in alcun modo limitate. Secondo quanto emerge dal testo di un'audizione pubblica della Commissione finanze del Bundestag, la Bundesbank tuttavia ritiene che la recente crescita dei saldi Target2 debba essere considerata il sintomo di una politica economica sbagliata. Le banche tedesche, come emerge dalla stessa audizione, suggeriscono invece di considerare i saldi Target2 di segno positivo, quelli della Bundesbank, come un aiuto offerto alla bilancia delle partite correnti dei paesi con un saldo negativo. 

Secondo la Bundesbank, l'unione monetaria si fonda sul principio della libera circolazione dei capitali, e il Target2 contribuisce a ciò garantendo un mercato monetario unico. "Le misure che potrebbero limitare la libera circolazione dei capitali tra i paesi europei, in linea di principio sarebbero in conflitto con i principi dell'Unione monetaria europea", si legge nella dichiarazione. Target2 resta "un elemento irrinunciabile della nostra unione monetaria". 


La Bundesbank riconduce l'aumento dei saldi Target2, avvenuto sulla scia della crisi finanziaria, alla fuga di capitali dalla periferia verso i paesi core dell'area valutaria. La crescita registrata a partire dal 2015, d'altro canto, viene spiegata come un effetto collaterale degli acquisti di obbligazioni da parte delle banche centrali dell'Eurosistema, che in larga misura sono stati effettuati tramite la Germania. Secondo la Bundesbank, tuttavia, il fatto che i capitali arrivati in Germania successivamente non siano stati redistribuiti ha delle cause politiche. 

Bundesbank: gli investitori preferiscono evitare alcuni paesi 

"Ad esempio, vi possono essere dei dubbi in merito alla sostenibilità della politica economica e delle finanze pubbliche, alla mancanza di competitività oppure al fatto che i problemi di rifinanziamento bancario possano impedire la realizzazione dei corrispondenti investimenti sul mercato dei capitali del paese in questione" si legge nella dichiarazione. 

Per ridurre i saldi Target2 secondo la Bundesbabk è di importanza decisiva il fatto che l'area dell'euro nel suo complesso e, in particolare, gli stati membri con dei saldi negativi molto elevati tornino ad essere percepiti dagli investitori internazionali come dei paesi attraenti per gli investimenti. "In questo ambito svolgeranno un ruolo decisivo una politica di bilancio orientata alla stabilità che assicuri la sostenibilità delle finanze pubbliche in linea con le regole di bilancio europee e nazionali, ed una politica economica che rafforzi la capacità di crescita economica e la resilienza delle rispettive economie e che in questo modo contribuisca a ridurre i saldi contabili accumulati", è scritto nel documento. 

Le banche tedesche propongono di trattare i saldi Target2 positivi, come quelli della Bundesbank, come un aiuto di conto corrente per i paesi con dei saldi negativi. Nella presa di posizione delle banche private si afferma infatti: "In definitiva, i saldi Target2 sono una sorta di "stabilizzatore integrato" per i problemi di bilancia dei pagamenti". 

Banche: il meccanismo Target2 è uno stabilizzatore automatico 

Secondo l’associazione bancaria tedesca BdB, questo punto dovrebbe godere di maggiore considerazione nell’ambito del dibattito attualmente in corso sull'ulteriore sviluppo dell'unione monetaria. "In primo luogo, in questo modo sarà possibile ridurre le preoccupazioni in merito al fatto che l'unione monetaria non dispone ancora di strumenti automatici di stabilizzazione, e in secondo luogo, servirà a relativizzare l'ammontare finanziario necessario per la costruzione degli ulteriori stabilizzatori automatici di cui spesso si parla”. 

Le casse di risparmio, le banche cooperative e le banche pubbliche si spingono ancora oltre: secondo il loro punto di vista, nel caso di una nuova condivisione del rischio transnazionale (Fondo monetario europeo, fondi di risoluzione, assicurazione sui depositi Edis), i saldi Target2 dovranno essere esplicitamente considerati e ricalcolati come una copertura. "Ciò spingerebbe verso un uso piu’ ragionevole dei saldi e porterebbe ad una loro potenziale riduzione evitando un doppio onere", sostengono gli istituti di credito. 

I saldi positivi esistenti potrebbero quindi essere calcolati come dei contributi già versati. E continua: "Solo i paesi in deficit sarebbero quindi obbligati attivamente a riempire i nuovi fondi di garanzia. Alla luce delle situazioni di rischio sarebbe adeguato e compatibile con gli incentivi. Perché sono questi paesi e i loro sistemi bancari a generare anche i rischi più significativi, a dare luogo a fughe di capitali oppure a creare la necessità di interventi di stabilizzazione da parte della banca centrale" .





martedì 28 agosto 2018

"Perché i tedeschi non possono avere un presidente della BCE?"

Se lo chiede Holger Steltzner sulla FAZ, uno dei direttori del quotidiano, il quale critica la decisione di sacrificare la candidatura del fido Jens Weidmann e propone una spiegazione per inquadrare la scelta della Cancelliera: Merkel vuole la presidenza della commissione per poter imporre a livello europeo la redistribuzione dei migranti. Dalla FAZ.net


La Cancelliera Angela Merkel ridicolizza un altro presidente della Bundesbank. In passato aveva già negato ad Axel Weber il suo sostegno politico per il passaggio al vertice della BCE, aprendo in questo modo la strada a Mario Draghi, il quale poi con i tassi di interesse negativi ha svalutato i risparmi e ha pompato i prezzi delle attività sul mercato immobiliare.

Ciononostante, molti continuano a celebrare il presidente italiano della BCE come il "salvatore" dell'euro, sebbene abbia messo la BCE al servizio della politica, oppure proprio per questa ragione. A Draghi non interessava che alla banca centrale fosse vietato finanziare gli stati. Con i giganteschi acquisti di titoli di stato ha trasformato la BCE nel piu' grande creditore dei paesi dell'eurozona.

La Germania ora aveva di nuovo la possibilità di esprimere il presidente della BCE. Il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, in quanto eccellente politico monetario, sarebbe stato un ottimo candidato per la successione a Draghi. Weidmann se avesse scelto di mettere la BCE sulla strada della normalizzazione della politica monetaria avrebbe potuto riconciliare i tedeschi con l'euro. La Cancelliera nonostante il rifiuto proveniente dall'Italia avrebbe comunque potuto imporre Weidmann - ma Merkel ancora una volta non vuole avere un tedesco al vertice della BCE. Il fatto che un tedesco non sia candidabile per questa posizione ci dice molto sullo stato di salute dell'unione monetaria. L'Italia ha di fatto un diritto di veto sulla nomina del presidente della BCE? Puo' diventare presidente della BCE solo chi è disposto ad acquistare obbligazioni governative?

Merkel non ha alcun interesse ad avviare un diverso corso della BCE

E a dimostrare l'incapacità del governo federale c'è il fatto che anche Berlino preferisce avere a Francoforte qualcuno che fa politica per i debitori e che non si preoccupa delle conseguenze per i risparmiatori e per le pensioni. Nelle interviste domenicali i politici tedeschi ci dicono che si riconoscono nei valori della Bundesbank. In realtà il governo federale si è schierato sul fronte opposto. Davanti alla Corte Costituzionale tedesca, quando si discuteva dei tanto contestati acquisti dei titoli di stato, i rappresentanti di Berlino erano palesemente seduti a fianco della BCE. Ovviamente per Merkel le preoccupazioni dei risparmiatori sono totalmente irrilevanti, esattamente quanto lo è il divieto di finanziamento monetario degli stati per Draghi.

Nel nostro paese sono in molti a pensare che la Germania per poter esprimere un presidente della BCE dovrebbe pagare un prezzo elevato. In politica è normale che ci si batta duramente per poter occupare le posizioni di vertice. Vengono creati dei pacchetti da scambiare e nuove posizioni da mettere sul piatto della bilancia: come ad esempio la presidenza della commissione o la presidenza del consiglio o i 3 nuovi posti da direttore alla BCE. E' anche vero che nulla è veramente deciso fino a quando l'intero pacchetto non è pronto.

Ma che la Germania debba pagare un prezzo aggiuntivo per Weidmann, al di là del solito mercanteggiamento, è una tipica considerazione tedesca, una forma di obbedienza anticipata che esiste solo in questo paese. Gli olandesi, i francesi o gli italiani non avrebbero mai avuto l'idea di dover pagare un "prezzo" politico per il loro presidente della BCE.

Altmaier mette sul piatto della bilancia un peso politico all'altezza?

Merkel, invece di un presidente della BCE, sarà soprattutto in grado di mettere alla presidenza della prossima commissione europea una persona fidata? Chi ritiene che un presidente di commissione sia piu' importante del presidente della BCE ha dimenticato quale è stato l'attore piu' capace durante la crisi dell'euro. Draghi ha mostrato che un presidente BCE consapevole del proprio potere in 8 anni ottiene molto di piu' di un presidente della commissione in cinque.

Gli ultimi presidenti di commissione erano tutti ex capi di governo. Il ministro della difesa o dell'economia del nostro paese avranno un peso politico sufficiente in quanto potenziali candidati? Qual'è la forza trainante di un parlamentare europeo poco conosciuto fuori da Bruxelles nel ruolo di candidato principale di Merkel per il Partito Popolare Europeo?

Merkel ha deciso contro Weidmann. E' sicuramente un suo diritto, ed è politicamente persino comprensibile. Perché al centro della sua politica non ci sono i risparmiatori o i contribuenti, ma i rifugiati. Vorrebbe continuare la sua politica sui rifugiati a livello europeo e in futuro redistribuire i migranti all'interno dell'UE. Per questo progetto, contro il quale c'è una forte resistenza non solo nell'Europa centro-orientale e in Scandinavia, le sarebbe utile avere un presidente della commissione di fiducia. Naturalmente è lecito che la Cancelliera prenda tali decisioni relative alle posizioni da occupare. Con un "candidato" tedesco alla presidenza della commissione puo' anche sperare di portare piu' voti alla CDU alle prossime elezioni europee.

Ma per fare cio' deve per forza rinnegare il suo compagno di viaggio di lunga data Weidmann? Invece di preparare in segreto l'intero pacchetto, l'Unione prima con dei commenti saccenti ha candidato Weidmann alla successione di Draghi, per poi bruciarlo rendendo pubblica una conversazione privata con Merkel. Cio' che resta è un altro presidente della Bundesbank danneggiato.


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domenica 29 luglio 2018

Perché il ricalcolo delle quote BCE sarebbe un problema per il debito italiano

Ai tedeschi il programma di acquisto titoli della BCE non piace proprio e in previsione del ricalcolo delle quote di capitale nel 2019 Die Welt si lascia andare allo Schadenfreude: nella nuova BCE la Germania sarà ancora piu' forte e si potranno acquistare sempre meno titoli italiani, non è da escludere una nuova crisi debitoria nel sud-Europa. Ne parla Holger Zschäpitz su Die Welt


(...) Ironia della sorte, proprio nel sesto anniversario del „whatever it takes“, la promessa con cui Draghi nel 2012 in solitaria ha praticamente salvato l'euro e ha garantito alla zona euro un programma anti-crisi durato fino ad oggi, il presidente della BCE è sembrato alquanto abbottonato quando gli è stato chiesto come dovrebbe avvenire concretamente l'uscita dal programma di acquisto titoli.

Il tempo a disposizione del consiglio BCE sta per scadere. Dal 2015 la BCE ha messo nei suoi libri 2.1 trilioni di euro solo in titoli di stato. A questi bisogna aggiungere molte obbligazioni societarie e i titoli coperti da proprietà immobiliari.

Nel frattempo alcune di queste obbligazioni sono già scadute, e la BCE ha reinvestito il denaro incassato per il riacquisto. Cio' dovrebbe continuare anche se la BCE, come previsto, dovesse smettere di acquistare nuovi titoli dall'inizio del prossimo anno. 

Per quanto tempo la BCE continuerà a sostituire le obbligazioni in scadenza?

Le molte questioni sollevate da questa strategia tuttavia fino ad ora sono rimaste senza risposta: ad esempio, per quanto tempo la BCE intende sostituire le obbligazioni in scadenza con quelle nuove. O ancora piu' urgente, verso quali titoli il denaro dovrebbe continuare a fluire. Dopotutto si tratta di miliardi di euro che potrebbero turbare i mercati.

"Non ne abbiamo discusso", ha fatto notare Draghi a chi glielo ha chiesto e si è sforzato di smorzare qualsiasi discussione in merito: "non abbiamo nemmeno parlato di quando ne dovremo discutere". Alla fine tuttavia ha annunciato che i reinvestimenti saranno basati sulla partecipazione al capitale delle banche centrali.


Ma questo è cio' che rende l'argomento ancora piu' esplosivo. A partire dal 1 ° gennaio 2019, infatti, come previsto, la BCE aggiusterà la composizione del proprio capitale. Al fine di mantenerla indipendente dall'influenza politica, all'inizio dell'unione monetaria si era deciso che sarebbero state le banche centrali nazionali ad essere le proprietarie della BCE. Le diverse banche centrali detengono infatti una percentuale del capitale della BCE.

La dimensione della partecipazione al capitale dipende infatti dalla popolazione e dal PIL. Il PIL e il numero di abitanti di ogni paese vengono messi in relazione al PIL totale a alla popolazione dell'intera unione monetaria. Da entrambe le quote viene determinato un valore medio. 

Alla Germania spetterà una quota maggiore della BCE

Secondo questo sistema di calcolo la Germania attualmente ha una quota del 25.7%. Poichè negli ultimi 5 anni in Germania la popolazione e il PIL sono cresciuti al di sopra della media, a partire dal prossimo anno, dopo il ricalcolo, la quota tedesca dovrebbe aumentare. Nella realtà concreta della politica monetaria fino al 2015 la partecipazione al capitale di ogni paese non aveva alcun ruolo: in seno al consiglio BCE, sulle questioni di politica monetaria ogni membro ha diritto ad un voto. Cio' continuerà a valere.

Ma dal momento che gli acquisti di bond e i reinvestimenti sono orientati alla partecipazione al capitale di ogni singolo paese - per indebolire l'accusa di finanziamento monetario agli stati - i miliardi vengono movimentati esattamente sulla base di queste percentuali. Se al momento si acquistano 30 miliardi di euro di titoli al mese, circa un quarto finisce in titoli di stato tedeschi.

Il ricalcolo delle quote di capitale tuttavia potrebbe avere delle conseguenze importanti. Secondo i calcoli fatti da Die Welt, la quota tedesca dovrebbe salire al 26.8%, cio' significa che la BCE potrà mettere piu' Bund nel suo bilancio in rapporto al volume totale degli acquisti. Esattamente il contrario accadrà con  l'Italia, la cui economia negli ultimi anni si è contratta: la quota di capitale italiana dovrebbe passare dal 17.5% al 16.5%. Anche la quota spagnola dovrebbe scendere dal 12.6% al 12.1%.

Per entrambi i paesi si tratta di un cambiamento significativo. Dopotutto con la fine degli acquisti della BCE dal prossimo anno non si tratterà solo dell'uscita dal mercato del piu' importante acquirente. La modifica delle quote di capitale potrebbe anche implicare la mancanza di un riacquisto di pari importo dopo la scadenza del titolo. Vale a dire: i paesi interessati dovranno trovare dei nuovi acquirenti per le loro obbligazioni.

Il ricalcolo delle quote di capitale è un problema per l'Italia

Se i mercati non fossero disposti ad acquistare questi titoli, cio' porterebbe con sé inevitabilmente dei tassi di interesse significativamente piu' alti e aumenterebbe i costi di finanziamento di questi paesi sul debito in emissione. In particolare per l'Italia i rischi sono elevati perché la BCE è rimasta uno degli ultimi acquirenti dei titoli di stato di Roma. Non si puo' escludere una nuova crisi dell'euro in formato ridotto.

"Dopo la pausa estiva la BCE dovrà accelerare l'uscita dal programma di acquisto titoli", afferma Friedrich Heinemann, economista presso il Mannheimer Forschungsinstitut. E' chiaro che la quota italiana e spagnola nel capitale BCE dopo il ricalcolo del 2019 scenderà notevolmente.

"Cio' in realtà significa che le obbligazioni di questi paesi in scadenza non verranno riacquistate per un importo equivalente, e saranno in parte sostituite dall'acquisto di titoli di altri stati membri", ha affermato Heinemann. "Su questo punto la BCE nei prossimi mesi dovrà dimostrare che sta realizzando il suo programma di acquisto titoli con neutralità monetaria e non come un programma di finanziamento per gli stati membri dell'eurozona fortemente indebitati".

Draghi potrebbe essere consapevole dell'esplosività dell'argomento. Poco prima della pausa estiva evidentemente il capo della BCE non ha voluto preoccupare i mercati.