W. Münchau su Der Spiegel continua a commentare la campagna elettorale tedesca e questa volta si rivolge alla SPD: avete perso l'identità, non avete una narrazione economica da contrapporre al rigorismo merkeliano. Da Der Spiegel
Risparmiare, tagliare, comprimere: sui temi di politica economica i socialdemocratici non offrono alcuna alternativa ideologica rispetto alla coalizione di governo – e per questa ragione non riscuotono successo fra gli elettori. Peer Steinbrück dovrebbe far riscoprire il Keynesismo al suo partito.
Il problema fondamentale della SPD e dei loro sfortunati candidati alla Cancelleria consiste nell’aver perso ogni contatto con le grandi narrazioni della politica economica. Con cio’ mi riferisco ad una ideologia economica autonoma, che si differenzia da quella dei partiti conservatori. Fino agli anni ’90 la SPD ne aveva una: il Keynesismo, nella tradizione del famoso economista britannico John Maynard Keynes, secondo cui allo stato dovrebbe essere riservato un ruolo maggiore rispetto a quello che gli economisti liberali gli attribuiscono.
E cio' era stato molto utile nei momenti decisivi, come ad esempio nel 1969, quando Willy Brandt e Karl Schiller, proponendo una politica economica completamente diversa, per poco non vinsero le elezioni. Pochi mesi dopo ci fu una rivalutazione del Marco, contro cui l’Unione si era sempre pronunciata. Sostenevano infatti che una rivalutazione avrebbe danneggiato la competitività dell’economia. Anche allora l’Unione guardava all’economia con la lente della competitività nazionale.
All'epoca invece i socialdemocratici pensavano ancora in termini Keynesiani. E anche Helmut Schmidt in seguito ha continuato nella stessa tradizione, proponendo nella seconda metà degli anni ’70 una politica economica fondata sulla domanda e sul rilancio della crescita. Oggi invece, il limite all’indebitamento (Schuldenbremse), introdotto con i voti della SPD, impedirebbe un simile piano di sviluppo.
In tutto il mondo il Keynesianismo sta vivendo una rinascita.
E’ passato molto tempo. Da un punto di vista economico ci sono paralleli fra la situazione economica del 1969 e quella di oggi. La competitività della Germania sta schiacciando gli altri paesi dell'unione monetaria. Le politiche di salvataggio imposte obbligano gli stati, nel mezzo di una recessione, a ridurre la spesa pubblica – con i risultati previsti esattamente da Keynes: i tassi sono prossimi allo zero. L’economia è bloccata in una trappola della liquidità, esattamente come nella descrizione della grande depressione fatta da Keynes.
Gli ultimi 5 anni, in quasi tutto il mondo, sono stati un periodo di rinascita Keynesiana. Ad eccezione della Germania. Nel nostro paese solo la Linke puo’ ancora definirsi tale. Nella SPD degli anni ’90, ad un certo punto, il Keynesianismo è andato perduto. Da allora sono state interiorizzate le politiche economiche sul lato dell'offerta tipiche dei partiti conservatori. Per me il punto critico è stata l'uscita di Oskar Lafontaine dalla SPD e le sue dimissioni dalla carica di Ministro delle Finanze. All’epoca, infatti, era l’unico nel vertice della SPD a rappresentare una posizione macroeconomica aggressivamente Keynesiana. Perse la lotta di potere con Gerhard Schröder, e da allora le teorie conservatrici centrate sull'offerta sono diventate egemoniche all’interno della SPD. Le riforme Hartz sono solo l'estrema conseguenze di questa strategia.
Queste riforme sono state oggetto di controversia anche fra gli economisti, soprattutto all'estero. Cosi' scrive lo stimato economista americano Adam Posen, presidente del Peterson Institute di Washington, sul Financial Times questa settimana: aver concentrato tutti gli sforzi sulla competitività non è stato un vantaggio né per la Germania, né per l'Europa. Il Jobwunder tedesco è fondato sul lavoro a basso costo.
La tanto decantata forza economica è solo apparente. La Germania ha il tasso di investimento piu' basso fra tutti i paesi industrializzati. Anche la crescita della produttività è nella parte piu' bassa della graduatoria. Questa strategia non puo' funzionare. Ma per l'economista americano Posen non è stato un problema opporsi intellettualmente ad Angela Merkel. Per la SPD e Peer Steinbrück sembrerebbe invece molto piu' difficile. Oggi fra i due partiti le sole differenze che restano sono nelle sfumature, nei luoghi comuni, nei giochetti sulla redistribuzione, ma niente di realmente eccezionale o fondamentale.
Il dibattito televisivo è stato un duetto
Da un punto di vista economico, il dibattito televisivo fra Merkel e Steinbrück è stato un dialogo costruttivo tra due economisti dell'offerta. Non c'è da meravigliarsi se poi i media hanno parlato di un duetto. Quaranta anni fa nessuno avrebbe mai pensato di chiamare duetto un dibattito fra Franz Josef Strauß e Schiller. La differenza fra i due era profonda.
Dopo le elezioni la SPD dovrà chiedersi se anche in futuro intende sprofondare al centro nella vana ricerca di un consenso politico, oppure se invece vuole riscoprire la politica economica Keynesiana in una sua nuova variante moderna. Mi auguro la seconda. Ma cio' significherebbe anche un allontanamento dalle riforme Hartz di Schröder. Per questo cambiamento servirebbe un'altra leadership. Dopo le elezioni la SPD dovrebbe avere il coraggio di affrontare un profondo rinnovamento, da mettere in pratica nelle prossime legislature. Dovrebbe finalmente pensare ad un modello economico alternativo che non sia fondato solo sul consolidamento fiscale, la compressione salariale permanente e un conseguente miglioramento della competitività a spese dei lavoratori.
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