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giovedì 9 agosto 2012

L'export tedesco continua a crescere


Lo Statistisches Bundesamt pubblica i dati sul commercio estero del primo semestre. A sorpresa scopriamo che la bilancia commerciale con l'Eurozona è quasi in pareggio e le esportazioni verso i paesi della moneta unica rappresentano ormai solo il 38.5% del totale. Fortissima crescita delle esportazioni verso i paesi extra EU. Restano intatti i giganteschi avanzi commerciali


Nel giugno 2012 la Germania ha esportato merci per un valore di 94.6 miliardi di Euro mentre l'import è stato di 76.7 miliardi di Euro. Rispetto al giugno 2011 le esportazioni tedesche in giugno sono cresciute del 7.4 % mentre le importazioni dell'1.5%. Rispetto a maggio 2012 le esportazioni destagionalizzate sono scese dell'1.5 % e le importazioni del 3%.

La bilancia commerciale di giugno 2012 ha chiuso con un surplus di 17.9 miliardi di Euro. Nel giugno 2011 il saldo era stato di 12.5 miliardi di Euro. L'avanzo commerciale di giugno 2012 destagionalizzato è di 16.2 miliardi di Euro.

Nel giugno 2012 verso gli stati EU sono state inviate merci  per un valore di 53.6 miliardi di Euro e ricevute merci per un valore di 49.3 miliardi di Euro. Rispetto al giugno 2011 le esportazioni verso i paesi EU sono scese dello 0.5% e le importazioni dell'1.4%. Nei paesi dell'Eurozona sono stati spediti beni per un valore di 35.5 miliardi di Euro (-3%) e sono stati importati beni per un  valore 34.9 miliardi di Euro (-2.8%). Nei paesi EU non appartenenti all'Eurozona nel giugno 2012 sono state esportate merci per un valore di 18 miliardi di Euro (+4.8%) e importate per 14.4 miliardi di Euro (+2.2%).

Nei paesi al di fuori dell'UE (paesi terzi) nel giugno 2012 sono state esportate merci per 41.1 miliardi di Euro e importate merci per un valore di 27.5 miliardi di Euro. In rapporto a giugno 2011 l'export verso i paesi terzi è cresciuto del 19.8 % e l'importo del 7.2%.








venerdì 3 agosto 2012

Non possiamo chiedere alla Germania di rinunciare alla sua competitività

Sarà per timidezza, pavidità o complessi di inferiorità, ma durante questa crisi i leader europei ce l'hanno ripetuto piu' volte: sono i sud Europei a dover recuperare competitività. Un recente studio americano, rilanciato da Die Welt, ci dice che è in corso un riequilibrio fra i paesi in crisi. Studio davvero credibile

Un istituto di ricerca americano certifica che Spagna, Irlanda e perfino la Grecia hanno recuperato competitività. Grazie a questo processo la produttività in Europa potrebbe tornare in equilibrio.

La crisi mostra i suoi effetti - ma questa volta positivi. Fino ad ora agli stati indebitati si è rimproverato: i vostri sforzi di riforma non hanno avuto nessun effetto visibile. Ma non è piu' vero.

Paesi come Irlanda o Spagna dall'inizio della crisi sono diventati sensibilmente piu' competitivi. E ciò ha principalmente una ragione: "Il costo del lavoro per unità di prodotto (Lohnstückkosten) è chiaramente diminuito", chiariscono Bert Colijin e Bert Van Ark nel loro studio, realizzato per l'istituto di ricerca americano "The Conference Board".

Il costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP) viene considerato l'indicatore piu' importante per la competitività di un paese. Si tratta essenzialmente dei costi per il personale, relativi alla produzione di una merce. Nei paesi altamente sviluppati, nonostante l'alto costo del lavoro, il Clup resta alquanto basso: i lavoratori grazie ad una buona formazione e a macchinari ed attrezzature moderne producono in maniera efficiente.


Un segnale incoraggiante

"Il risultato di questo studio è un segnale incoraggiante per il futuro dei paesi in crisi", chiarisce l'autore dello studio Van Ark. Poichè Clup troppo elevati sono considerati il motivo principale della crisi. Soprattutto nel sud Europa, i salari nei primi anni del decennio sono cresciuti eccessivamente. In Spagna dal 1999 al 2010 sono cresciuti di oltre il 30%. A confronto: la media EU è stata del 21%, in Germania appena del 5%.

Ma ora questo trend sembra essersi invertito. Anche Nazioni come il Portogallo o la Grecia hanno migliorato la loro competitività. Il costo del lavoro in questi paesi è cresciuto fino al 2009. Ma sempre in questi paesi negli ultimi anni il costo del lavoro è sceso in maniera continuativa. Le grandi differenze nella competitività sono una delle principali cause della divisione economica dell'Europa, che ha condotto fino alla crisi del debito. "La frattura fra nord e sud Europa ha reso la crisi piu' acuta ed è la ragione principale, per cui la crisi ancora persiste", chiarisce l'economista Van Ark.

Il fatto che questa forbice tenda a ridursi, è determinato anche dalle grandi economie come Germania e Francia. Qui il costo del lavoro negli ultimi 3 anni è chiaramente cresciuto - nel nostro paese di quasi il 9%. Il conseguente peggioramento relativo della competitività ha dunque una ragione.

La Grecia deve restare nell'Euro

La nostra economia si è ripresa molto piu' rapidamente dalla crisi finanziaria di quanto non abbiano fatto le altre. Per questa ragione non abbiamo avuto grandi riduzioni salariali.  Agli occhi degli autori dello studio, la Germania assume in questo processo un ruolo particolarmente importante. Con gli accordi salariali appena siglati e quelli ancora da firmare non si ribilancia solo la produttività. I salari in crescita dei "ricchi" tedeschi sono un importante fattore di domanda interna per l'intera Europa.

Gli economisti di "The Conference Board" si pronunciano chiaramente contro un'uscita della Grecia dall'Euro. "Nel breve periodo, la competitività crescerebbe nettamente grazie ad una svalutazione della moneta. Ma già dopo uno o due anni il costo del lavoro sarebbe di nuovo allo stesso livello, come prima dell'uscita", chiarisce l'esperto Van Ark. Dicendo questo, contraddice molti colleghi che sostengono da sempre: un'uscita di Atene renderebbe i prodotti greci molto piu' economici - fatto che a sua volta renderebbe le imprese locali molto piu' forti. 

La tesi di Van Ark è sostenuta dal fatto che il costo del lavoro per unità di prodotto in Grecia negli ultimi 2 anni, anche con l'Euro, è chiaramente sceso. Non a causa di stipendi in diminuzione, ma bensì grazie ad una maggiore produttività. La pressione per le riforme da parte di EU, FMI e BCE sembra per una volta avere effetti chiari - finalmente positivi.

venerdì 22 giugno 2012

La Germania sta perdendo competitività?


Se lo chiede il Financial Times Deutschland, che anticipando i dati di uno studio, con sorpresa arriva ad affermare: gli squilibri regionali nell'area Euro si stanno ricomponendo e il sud recupera competitività. L'analisi è veramente credibile? 
L'economia tedesca come pilastro della competitività europea? Nemmeno per idea. Secondo uno studio i paesi Euro in crisi tornano ad essere competitivi - e l'industria tedesca in Europa è  la piu' penalizzata.

I paesi periferici dell'Eurozona recuperano competitività nei confronti dei paesi core. E' quanto emerge da uno studio non ancora pubblicato della società di ricerca The Conference Board, che Financial Times Deutschland anticipa. Secondo lo studio, sarebbero in particolare Irlanda e Spagna ad aver recuperato chiaramente competitività a partire dal 2008. Dal 2010 anche Grecia e Portogallo hanno iniziato un riequilibrio ad un passo piu' sostenuto.

"Il costo del lavoro per unità di prodotto (Lohnstückkosten) nei paesi periferici scende rapidamente - uno primo raggio di sole per l'intero continente", ha dichiarato Bart van Ark, capo economista di The Conference Board e coautore dello studio. Poiché i costi per unità di prodotto nell'industria tedesca e negli altri paesi del nord crescono con forza, procede all'interno dell'Eurozona il processo di riequilibrio macroeconomico.

Gli economisti che hanno preparato lo studio sono in disaccordo con quanti in Germania sono scettici sulla possibilità per i paesi del sud di tornare ad essere competitivi all'interno della zona Euro - e che quindi propongono un'uscita della Grecia dall'unione monetaria.

Come documentato dai dati di Van Ark e del collega Bert Colijin, il riequilibrio macroeconomico fra il sud Europa e il nord Europa è già a buon punto. Dall'inizio del 2008 alla fine del 2011 la competitività dei paesi in crisi è chiaramente cresciuta in rapporto a quella dei paesi core. I piu' grandi progressi da allora li hanno fatti l'Irlanda e la Spagna, dove i costi per ogni unità di prodotto nell'industria e nei servizi sono cresciuti rispettivamente del 6.3 e 4.4 %.

In Irlanda la flessibilità del mercato del lavoro ha sostenuto questo sviluppo - le imprese durante la recessione possono infatti reagire rapidamente licenziando i dipendenti. Il successo iberico, secondo i ricercatori, è da attribuire ad un maggiore ricorso al lavoro part time.

Da inizio 2010 anche Grecia e Portogallo stanno facendo sensibili progressi. "In Grecia i costi per unità di prodotto fra il 2010 e il 2011 sono scesi di oltre il 5% -  è un dato molto importante", secondo Van Ark. Il miglioramento è da attribuire in primo luogo alla riduzione dei salari.  In questo modo l'economia ellenica ha aumentato la propria competitività negli ultimi 2 anni piu' di ogni altro paese nella moneta unica".

Ancora migliori sono i ritmi di recupero della periferia nei confronti dei paesi core del continente nei settori importanti per l'industria dell'export. Secondo lo studio i costi unitari nel settore manifatturiero irlandese dal 2008 ad oggi sono scesi del 41.5 %. In questo modo un bene prodotto in quel paese costa quasi la metà di quanto non lo si pagasse prima della crisi finanziaria. Anche la Spagna ha ottenuto una riduzione a due cifre.

Al contrario, i paesi del nord, considerati competitivamente i piu' forti nell'unione monetaria, dal 2008 hanno invece perso competitività. In nessun paese i costi per unità di prodotto sono cresciuti piu' che nell'industria tedesca - esattamente del 14%. Anche in Austria e Finlandia gli aumenti sono stati considerevoli. "Gli aumenti in Germania e Austria sono da ricondurre prima di tutto al Kurzaarbeit (contratti di solidarietà durante i periodi di crisi) a cui hanno fatto ricorso molte aziende nel corso della recessione del 2009", così ci dice l'economista Van Ark. Invece di licenziare i dipendenti, molte imprese, nonostante la crisi, hanno scelto di tenerli in azienda - facendoli tuttavia lavorare poche ore la settimana. Questo ha messo sotto pressione la produttività, fino ad oggi. "Gli aumenti salariarli legati ai rinnovi contrattuali nell'industria tedesca possono rendere il riequilibrio in Europa ancora piu' facile", ci dice Van Ark. Poiché gli esportatori tedeschi sono sempre piu' legati alla domanda proveniente dai paesi emergenti,  gli aumenti salariali non dovrebbero avere un impatto così negativo - allo stesso tempo tuttavia la produttività dovrà continuare a crescere.

Con gli aumenti di produttività del sud e la riduzione del nord, secondo Van Ark, si dovrebbe raggiungere nel lungo periodo il necessario riequilibrio macroeconomico. Allo stesso tempo ci mette in guarda da un'uscita di Atene dall'unione monetaria. "Se questo accadesse, nel medio periodo ne risentirebbe non solo la competitività greca, ma anche quella degli altri paesi Euro". Sicuramente la Grecia, con una svalutazione della nuova moneta, nel breve periodo tornerebbe ad essere piu' competitiva  e a far crescere la propria economia. Nel lungo periodo gli svantaggi sarebbero superiori ai vantaggi - anche perché le riforme non potrebbero aiutare il paese.

Per il resto dei paesi Euro, un'uscita della Grecia secondo Van Ark causerebbe prevedibilmente una recessione massiccia e ad una crescente disoccupazione. Secondo gli esperti, se i capi di governo dell'Eurozona nelle prossime settimane dovessero trovare un accordo sull'unione fiscale, la competitività di tutti gli stati nell'unione monetaria ne trarrebbe grande vantaggio.