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giovedì 10 ottobre 2013

Apprendisti tedeschi e cetrioli spagnoli

Che la presunta mancanza di forza lavoro qualificata fosse piu' che altro propaganda, lo sospettavamo, adesso c'è una prova in piu', ed arriva dalla Turingia. Da thueringer-allgemeine.de
Nessuna conoscenza di tedesco a 2000 km da casa: 128 giovani spagnoli di età fra i 18 e i 35 anni piantati in asso ad Erfurt.

Nel loro paese gli era stata promessa una formazione professionale, un posto di lavoro e un buon alloggio, ci racconta Luciano Mera Palermo. Il trentenne arriva da Madrid e parla a nome del gruppo di giovani spagnoli che si sentono ingannati e traditi. Gli avevano parlato di camere doppie con bagno, riscaldamento e internet. Ora invece dormono in 10 in una stanza.

Dopo il loro arrivo ad Erfurt solo sette giovani spagnoli hanno iniziato un corso di tedesco, ma poco dopo sono stati esclusi per le fatture non saldate, dice Mera Palermo. La maggior parte aspetta ancora la formazione professionale e i posti di lavoro promessi. Nel frattempo, solo grazie all'intervento dell'Ambasciata spagnola in Germania i giovani hanno sottoscritto i primi accordi per i tirocinii.

In Spagna la società Sphinx Consulting SL di Madrid ha fatto una grande pubblicità ai lavori in Turingia: raccontavano che proprio in quel periodo in Turingia si stavano cercando degli apprendisti nella ristorazione. Tramite un programma di finanziamento del governo federale tedesco sarebbe stato possibile avere anche un sostegno per i costi di viaggio e di trasloco. In verità molti di loro hanno dovuto pagare di tasca propria anche i 150 € per un mese di corso di tedesco in Spagna. Anche l'aereo per Francoforte e il biglietto del treno fino ad Erfurt li hanno pagati di tasca propria, racconta Mera Palermo. Ora invece stanno pagando per l'alloggio e non hanno alcuna speranza di rivedere indietro i soldi.

Nel frattempo l'ambasciata si è attivata e ha spiegato ai giovani che avrebbero dovuto presentare i formulari per le domande di sovvenzione in Spagna, prima di partire.

Queste iniziative private non sarebbero una prassi aziendale affidabile, dichiara il ministro dell'economia della Turingia Matthias Machnig (SPD). In tali progetti sarebbe consigliabile entrare in contatto con i responsabili locali e chiarire le condizioni generali prima di partire.

mercoledì 22 maggio 2013

Apprendisti tedeschi


Il Ministro del Lavoro tedesco, Ursula von der Leyen, a Madrid firma un accordo per ricevere ogni anno 5.000 giovani spagnoli da inserire nel sistema formativo tedesco. Ennesima operazione d'immagine del governo tedesco, colonialismo demografico oppure un aiuto concreto? Da Deutschlandfunk
Spagna e Germania intendono avviare una stretta collaborazione sul tema della formazione. I due ministri del lavoro hanno appena firmato un accordo. Ma i critici accusano entrambi i governi di agire in chiave puramente politica.

Suona molto bene l'accordo firmato oggi dal Ministro del lavoro spagnolo Fátima Báñez e dal suo omologo tedesco Ursula von der Leyen: nello spirito di una collaborazione amichevole dovranno essere migliorati la conoscenza reciproca e il mutuo apprendimento. L'obiettivo sarà portare i giovani nel mondo del lavoro.

E il Ministro del lavoro spagnolo, dopo aver firmato il protocollo d'intesa, ha portato al centro del discorso i giovani:

"Io credo che questo accordo apra ai giovani spagnoli molte possibilità che in questo periodo in Spagna non potrebbero avere. Per questo motivo il mio ringraziamento va al Ministro per il suo impegno e per la sua sensibilità. Grazie a lei, che ogni anno darà a 5.000 giovani spagnoli una possibilità in Germania, nella formazione o come lavoratori specializzati".

Molto piu' realista l'analisi del quotidiano spagnolo El Mundo - si tratta per entrambi i governi di una tragica situazione "win-win", scrive il giornale con un certo sarcasmo: i giovani spagnoli pagheranno le pensioni tedesche, e il governo Rajoy sarà felice di far sparire qualche disoccupato dalle statistiche.

Nell'accordo quadro fra il ministro spagnolo e quello tedesco sono stati identificati 7 punti su cui ci sarà uno scambio intensivo di esperienze e opinioni. Le parole d'ordine saranno la mobilità e la formazione sul posto di lavoro. Il Ministro del Lavoro Von der Leyen a Madrid ha illustrato i vantaggi del sistema formativo duale tedesco:

"Le aziende sanno anche insegnare, oppure rendere disponibili degli apprendistati che abbiano un futuro e che possano avvicinare la tecnologia ai giovani".

Da tempo la formazione spagnola è ritenuta troppo scolastica - e per questo da circa un anno c'è un accordo fra entrambi i ministri del lavoro per promuovere lo scambio fra i sistemi di istruzione. Ci sono già tuttavia dei progetti pilota per un sistema formativo piu' vicino alla pratica. Il fatto che adesso il dialogo avverrà all'interno di un ragionevole quadro giuridico, ad esempio i  contratti di formazione, potrebbe dare un nuovo impulso.

E Ursula von der Leyen a Madrid fa di tutto per non dare l'impressione che la Germania stia agendo nel proprio interesse, con il solo obiettivo di attrarre lavoratori qualificati. Di mezzo c'è l'ideale europeo, dice il Ministro del lavoro:

"Che all'interno dell'Europa si possa studiare e viaggiare liberamente, ma anche lavorare e avere una libertà di formazione, e che la mobilità e le buone esperienze che facciamo insieme nei diversi paesi aiutino a creare amicizie e a rimuovere i pregiudizi, col tempo porteranno l'idea europea fino alla prossima generazione".

La maggior parte degli spagnoli, tuttavia, avrebbe assistito ad una migliore promozione dell'ideale europeo se l'unione bancaria fosse stata portata avanti con piu' convinzione, e se invece di proseguire con la dottrina dell'austerità, si fossero ascoltati gli appelli per un maggior stimolo dell'economia. Di fronte ai 2 milioni di giovani che in Spagna non hanno un lavoro, 5.000 possibilità in Germania, nella migliore delle ipotesi, saranno solo una goccia nel mare.

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domenica 5 agosto 2012

Optimal currency area! Was??


Era il sogno dei padri fondatori: un mercato del lavoro europeo in grado di assorbire le inevitabili crisi regionali dovute alla moneta unica. Purtroppo alla prova dei fatti le cose sono andate diversamente, e un mercato  europeo resta un miraggio. Una riflessione su FAZ.net
L'Unione Europea non ha incoraggiato l'emigrazione all'interno dell'Europa. Con l'introduzione della moneta unica i flussi sono addirittura rallentati. Anche durante la crisi gli europei restano poco mobili.

Alla fine ci sarà un'ondata! L'agenzia per il lavoro di Schwäbisch-Hall nel febbraio di quest'anno ha ricevuto 15.000 candidature dal Portogallo in crisi. I media si erano precipatati a Schwäbisch-Hall, scrivendo che la tanto attesa emigrazione di massa dai paesi in crisi del sud-Europa era imminente. In città in realtà di portoghesi ne sono arrivati pochi.

La marea di candidature è stata causata da una descrizione esuberante delle possibilità di lavoro e guadagno a Schwäbisch-Hall fatta da una rivista economica portoghese: la disoccupazione è al 3%, ci sono 2.500 posti vacanti, si offrono alti salari e alloggi a prezzi accessibili.

Nessun'onda, solo un rivolo

Su Facebook il testo ha ricevuto una rapida diffusione fra i portoghesi. Anche la candidatura era facile, e il testo forniva un link all'agenzia per il lavoro di Schwäbisch-Hall.

Dopo 6 mesi la disillusione: i contratti di lavoro siglati fra portoghesi e datori di lavoro tedeschi sono stati in totale 26 - nonostante l'onda, alla fine è rimasto un ruscello. Qualcosa in Europa ancora non funziona correttamente, l'emigrazione intraeuropea è ferma.

Questo non è un dettaglio: la libertà di movimento della forza lavoro all'interno dell'Europa era una delle grandi idee dei padri fondatori dell'Unione Europea. Avrebbe dovuto avvicinare i popoli del continente, offrire migliori prospettive agli abitanti delle zone disagiate e ridurre nel lungo periodo le differenze di reddito.

Per gli architetti della zona Euro la mobilità del "fattore lavoro" era di importanza economica vitale - come buffer anti crisi. L'intera Eurozona dovrebbe fondarsi su questa mobilità, e Brussel ha cercato di incrementarla con numerose iniziative, ci dice l'economista ed esperto di migrazione Klaus Zimmermann. Perchè la migrazione è il prerequisito per una "area valutaria ottimale", come gli economisti dicono.

Ma gli economisti vedevano nell'introduzione dell'Euro un grande pericolo: da allora infatti i singoli paesi non possono piu' svalutare e in questo modo tornare alla crescita. Le crisi regionali sono la conseguenza inevitabile. Per le vittime della crisi, resta la speranza, così si pensava, di emigrare in un paese forte. Questa era l'idea.

I padri dell'Euro erano anche consapevoli che l'Eurozona aveva sin dall'inizio una grossa ipoteca: gli europei non emigrano volentieri in altri paesi. Già dal 1973 in Germania non vengono reclutati piu' Gastarbeiter.


I lavoratori migranti tornano in patria

Se confrontati con gli americani, gli europei restano sedentari, sebbene non vi siano barriere giuridiche al trasferimento fra un paese UE e un altro (eccezioni sono le norme transitorie per i nuovi paesi UE).

Così la grande idea si è bloccata. Solo il 2% degli abitanti UE sono stranieri provenienti da altri paesi UE, ci dice Alfonso Sousa-Poza, economista all'Università di Hohenheim - nonostante la libertà di movimento e l'emigrazione degli anni '50 e '60.

E' successo qualcosa che in molti non avevano considerato: con l'introduzione dell'Euro la migrazione da un paese all'altro è addirittura diminuita, invece di crescere. Sono stati molti di piu' i Gastarbeiter che sono tornati nel loro paese. Così molti spagnoli, dopo l'ingresso del loro paese nell'UE sono tornati indietro, secondo un rapporto di DB Research.

La crisi ha cambiato di poco la disponibilità alla mobilità nell'UE.

Il motivo è chiaro: grazie all'Euro i classici paesi di emigrazione, Grecia, Italia, Irlanda, Portogallo e Spagna hanno vissuto una congiuntura positiva, che oggi sappiamo era stata costruita sulla sabbia. Il risultato è bizzarro: in una delle regioni con maggiori possibilità di movimento, la mobilità dei lavoratori fra gli stati si è quasi fermata. E questo è accaduto in una fase, in cui un gran numero di persone, come mai accaduto prima, è stato in movimento.

E ora? La stessa crisi non ha cambiato la scarsa disponibilità alla mobilità, come documentato da un confronto internazionale. Nel 2010, nei travagliati Stati Uniti d'America il 2.4 %, ovvero 7.5 milioni di abitanti hanno lasciato il loro stato federale di residenza per cercare la felicità e il successo in un altro stato federale. 

Da un punto di vista statistico il livello resta molto basso

Nell'Unione Europea nello stesso periodo di tempo 1.5 milioni di persone ovvero lo 0.3 % della popolazione complessiva si sono messi in movimento, per poter vivere o lavorare in uno dei 26 stati della UE. Sicuramente negli ultimi tempi è cresciuto il numero di spagnoli, italiani, portoghesi e greci che hanno lasciato il loro paese, ma da un punto di vista statistico il livello resta molto basso.

Il caso spagnolo illustra molto bene quello che invece è accaduto. Nel 2007 dopo molti anni è scoppiata la bolla immobiliare. Da allora la disoccupazione è cresciuta rapidamente, oggi un quarto degli spagnoli è disoccupato, fra i giovani addirittura uno su due. Non senza conseguenze.

Così nel 2010 circa 400.000 persone hanno deciso di lasciare il paese. Nel 2011 sono state addirittura 500.000. Tuttavia in entrambi gli anni in Spagna sono arrivati un numero simile di immigrati. Per la prima volta nel 2011, anche se di poco, la Spagna è tornata ad essere un paese di emigrazione invece che di immigrazione.

Sono arrivati, hanno costruito e poi sono andati a casa

Un'altra cosa è degna di nota. Fra gli emigranti in uscita solo il 12-13% è spagnolo. Questo mette in evidenza un modo particolare di far fronte ai momenti di crisi e di boom nel paese. Negli anni della crescita fino al 2007 la Spagna ha attratto così tanti migranti come nessun'altro paese in Europa. Sono arrivati in massa dal Sud America, dal Marocco e dalla Romania - detto in maniera semplice - per tirare su quegli immobili che ora vuoti ai margini delle città fantasma stanno cadendo a pezzi.

E poiché non c'è piu' lavoro nelle costruzioni, tornano di nuovo a casa. I ricercatori parlano di migrazione circolare: il lavoratore dell'Ecuador, che emigra verso la Spagna, torna indietro, e poi forse, in seguito tornerà ad emigrare verso la Spagna. Questo gruppo si assume il peso degli aggiustamenti congiunturali nel mercato del lavoro spagnolo.

La distanza gioca un ruolo fondamentale

E infine c'è un'altra anomalia: se gli spagnoli emigrano, non è necessariamente verso un paese dell'unione monetaria. Questo è legato al motivo centrale dell'emigrazione stessa: gli studi dicono che gli emigranti nel paese di destinazione cercano un livello salariale, che sia di almeno il 35% superiore a quello del paese di origine. Si spostano piu' facilmente se nel paese di arrivo le persone locali sono in grado di fornire aiuto e dare informazioni. E alla fine la distanza e i mezzi di trasporto giocano un ruolo importante. 

In questo senso ad un primo sguardo sembrerebbe che gli spagnoli siano predestinati ad emigrare in Germania. Da noi i datori di lavoro affermano di essere alla ricerca di forza lavoro, c'è già una significatica comunità spagnola stabilitasi da molto tempo e una serie di associazioni e istituzioni che possono aiutare con l'inserimento. E i collegamenti aerei sono buoni.

Il denaro si muove molto piu' facilmente delle persone

L'ostacolo principale resta la lingua: per i sud europei è abbastanza difficile imparare il tedesco, è sicuramente piu' facile con l'inglese. Il riconoscimento delle qualificazioni professionali non è scontato. I costi sociali dell'emigrazione sono sempre significativi. I sud europei sono inseriti nelle loro famiglie piu' di quanto non accada ai nord europei. Lasciarle è molto piu' difficile. E alla fine dietro alla decisione di restare potrebbe esserci anche un calcolo. Se l'Unione Europea dovesse espellere i paesi in crisi, per molti potenziali migranti vale la pena aspettare.

Di fatto recentemente sono arrivati in Germania molti sud europei in piu' di quanto non accadesse in passato, ma sicuramente meno di quanti ne arrivino da Polonia, Romania o Bulgaria. Solo una minoranza degli emigranti spagnoli sceglie la zona Euro, e in Europa la Gran Bretagna resta per loro piu' vicina. Alcuni spagnoli si orientano verso le vecchie colonie. Accade anche per i portoghesi che cercano rifugio in Brasile, Mozambico e Angola.

Questo la dice lunga sull'omogeneità dell'Europa. La lingua divide la struttura sociale e l'orientamento geografico. I paesi Euro per i migranti dei paesi Euro non sono la meta desiderata. Si potrebbe anche dire: il denaro si sposta attraverso le frontiere molto piu' facilmente di quanto non accada per le persone.

mercoledì 6 giugno 2012

Ognuno salvi le proprie banche


La FAZ ci regala un altro commento contro l'unione bancaria: quotidiano conservatore oppure house organ della Bundesbank? Christian Siedenbiedel, redattore di FAZ.net
Gli stati EU devono salvare insieme le loro banche? Non è certo una buona idea. Avremmo un aiuto senza controlli.

Una nuova parola si aggira fra le istituzioni europee occupate a salvare l'unione monetaria:  unione bancaria. Barroso, il presidente della commissione EU, si batte per questo obiettivo. Il presidente BCE Mario Draghi lo sostiene. E anche il FMI si è pronunciato a favore.

Che cosa c'è dietro? E che cosa dobbiamo pensarne? Dietro il concetto di unione bancaria c'è l'idea di creare gli Stati Uniti d'Europa almeno in ambito bancario, per poter superare le difficoltà degli istituti del sud-Europa. Tre sono gli elementi costituenti di una unione bancaria: primo, un controllo bancario unitario per tutti gli stati europei. Secondo, la possibilità di concedere direttamente prestiti alle banche in difficoltà - non solo attraverso la finzione del denaro dato agli stati, poi girato alle banche in difficoltà. Terzo, una fusione di tutti i sistemi di assicurazione dei risparmi nell'area Euro - per fare in modo che le garanzie sul risparmio tedesche possano correre in aiuto quando i depositi nelle banche del sud Europa sono a rischio.

Gli stati devono rinunciare alla sovranità, ma non intendono farlo

L'unione bancaria è di fronte allo stesso dilemma, come quasi tutte le altre proposte per la soluzione della crisi Euro: se ai problemi dell'Europa intendiamo proporre come soluzione una maggiore centralizzazione delle decisioni, i singoli stati dovranno rinunciare ad una parte della loro sovranità. Prima di fare questo, bisognerebbe però chiedere ai popoli se intendono farlo. E molti elementi ci fanno credere che non intendano farlo.

Ma se si rinuncia a centralizzare le decisioni, allora non sarà possibile che tutti siano responsabili per tutti. E' un principio dell'economia di mercato - ed è comprensibile e ragionevole -  chiunque prenda una decisione, deve assumersi anche le responsabilità delle consequenze. Solo quando le decisioni e le responsabilità sono vicine fra loro, si potrà avere una legittima speranza che coloro che prendono le decisioni, siano consapevoli delle conseguenze e agiscano in maniera responsabile.

E questo è evidente nelle tre idee che sostengono l'unione bancaria. Particolarmente evidente è nella proposta di unire le garanzie sui depositi a livello europeo. Che cosa significherebbe? Paesi con banche solide dovrebbero garantire per i paesi con banche in difficoltà. E senza avere alcuna influenza sulla condotta futura di queste banche. Le vittime sarebbero allora i risparmiatori nei paesi con le banche solide, il cui risparmio diverrebbe meno sicuro. Non è particolarmente tranquillizzante a tal proposito il fatto che alcune banche spagnole stiano trasformando i depositi in titoli di credito, visto che su questi non devono pagare alcun contributo al locale fondo di garanzia sui depositi.

Stessa situazione con la proposta di sostenere in futuro le banche in maniera diretta con il supporto del fondo di salvataggio. Giustamente il governo federale è contrario. Sarebbe "aiuto senza controllo", come l'economista di Oxford Clemens Fuest l'ha formulato: la Germania fornirebbe miliardi per le banche in difficoltà del sud Europa, mentre le decisioni sul risanamento dei sistemi bancari falliti e sul loro controllo resterebbe nei paesi del Sud-Europa.

Rimane la terza proposta, un'autorità comune di controllo in Europa. Questa è senza dubbio una buona idea. In parte viene già attuata e potrebbe essere sicuramente ancora migliorata. Va tuttavia a toccare il principio di sovranità degli stati. Le principlai decisioni sovrane - ad esempio la scissione di una grossa banca - riguarderanno direttamente proprio quelli che in seguito saranno responsabili per le sue conseguenze. Questa volta politicamente - alle elezioni successive.

martedì 5 giugno 2012

Come aiutiamo le banche spagnole?

Mark Schieritz, dal suo blog su Die Zeit, ci dice che la proposta di Merkel e Schäuble di portare la Spagna sotto la protezione EFSF/ESM potrebbe far affondare il paese.
Nel governo federale tedesco vi è la crescente convinzione che la Spagna deve poter contare su di un aiuto esterno. Ma in che modo questo potrà essere realizzato? I tedeschi sostengono che la Spagna deve prendere in considerazione l'aiuto del fondo EFSF/ESM. Quello che si propone a Berlino non è forzare la Spagna a chiedere la protezione del fondo, ma incoraggiare il suo governo, a richiederne l'aiuto se fosse chiaro che da soli non ce la potranno fare.

Riflessione: un aiuto per le banche sarebbe prima di tutto un trasferimento e perciò problematico; in secondo luogo il coretto utilizzo dei fondi non sarebbe controllabile. Questo è vero, perché attualmente non esiste nessuna autorità di controllo europea e il fondo EFSF/ESM non è progettato per il salvataggio delle banche.

Il problema è che anche l'utilizzo del fondo EFSF/ESM ha i suoi svantaggi.  Prima di tutto crescerebbe la quota di debito spagnola - e probabilmente supererebbe la linea che i mercati considerano ancora accettabile. Alla fine per la ricapitalizzazione non si potrà lesinare e sarà necessario mettere mano a una cifra fra i 100 e i 200 miliardi di Euro.

Secondo: l'ESM ha lo status di un creditore privilegiato, cosa che potrebbe spaventare gli investitori. Dovranno infatti fare i conti, con il fatto che le risorse del paese prima di tutto saranno usate per ripagare i crediti ESM e quindi potrebbero non rimanere risorse per i loro crediti.

Nel breve periodo il fondo di salvataggio potrebbe avere anche un effetto negativo sulla capacità della Spagna di avere accesso al mercato dei capitali. L'esperienza con i paesi che fino ad ora hanno fatto ricorso al fondo di salvataggio, ci dice che l'effetto sui tassi di interesse è stato negativo. 

Ciò significa , che probabilmente una piccola soluzione non è possibile e il paese dovrà essere finanziato per intero attraverso il fondo ESM/EFSF, non appena la richiesta di aiuto sarà presentata. Allora dovremmo parlare di un classico programma di finanziamento, ma questo sarebbe davvero caro.

martedì 29 maggio 2012

I rischi spagnoli delle banche tedesche

Faz.de (Frankfurter Allgemeine Zeitung) ci dà i numeri sull'esposizione bancaria tedesca verso la Spagna. 112 miliardi sono ancora nel paese iberico, ma il disimpegno è in corso. Cosa sarebbe successo a questi crediti se la BCE non avesse fornito liquidità illimitata?
Dopo lo scoppio della bolla immobiliare le banche tedesche hanno ridotto la loro esposizione in Spagna, hanno ancora tuttavia 112 miliardi di Euro al fuoco. I prestiti piu' grandi li ha fatti la Deutsche Bank. Anche lo stato federale tedesco sarebbe colpito dalla crisi spagnola

Il presidente dell'Associazione delle banche tedesche  (BDB), Andreaz Schmitz parla di un'esposizione significativa delle banche tedesche in Spagna. I dati appena pubblicati della Bundesbank, tuttavia, mostrano che il termine significativo è un po' riduttivo. Alla fine di febbraio le banche tedesche avevano un'esposizione verso la Spagna per 112 miliardi di Euro. E' il volume di credito piu' alto che le banche tedesche hanno verso un paese europeo in crisi. In Italia sono 100 miliardi di Euro, in Irlanda 71 miliardi, in Portogallo e Grecia 22 miliardi ciascuno. Nell'unione monetaria il settore bancario tedesco è esposto per una cifra maggiore solo verso la Francia (146 miliardi di Euro), e verso l'Olanda (121 miliardi di Euro).

Dopo lo scoppio della bolla e l'escalation della crisi, le banche tedesche hanno fatto rientrare parte dei loro capitali dalla Spagna. Nei 12 mesi precedenti al febbraio 2012 il rischio è stato ridotto del 14%.  I crediti verso le banche spagnole sono stati ridotti del 19%, fino a 42 miliardi, quelli verso le imprese del 9.5% fino a 52 miliardi di Euro, e nei confronti del settore pubblico del 15 % fino a 18 miliardi di Euro. Il valore dei crediti immobiliari, quelli piu' a rischio, non è individuabile dai dati della Bundesbank. Dovrebbero tuttavia entrare nel settore dei crediti alle imprese. 

A fine marzo la Commerzbank ha dichiarato di avere 4 miliardi di crediti verso il settore immobiliare spagnolo. Questo è il volume piu' alto conosciuto per una banca tedesca. Motivo di preoccupazione per Commerzbank è la controllata Eurohypo, concentrata sul finanziamento immobiliare e statale. Nel complesso la Commerzbank ha concesso in Spagna crediti per 14.2 miliardi di Euro. Di questi 4.4 miliardi alle banche, 2.9 miliardi allo stato e 3 miliardi alle imprese. 

I crediti piu' rilevanti verso la Spagna li ha Deutsche Bank (DB). Il volume a fine marzo era pari a 29 miliardi di Euro. Da sola Deutsche Bank ha prestato 11.4 miliardi di Euro a privati cittadini. A causa della recesione e dell'alta disoccupazione la banca dovrà fare i conti con probabili perdite. Anche nei confronti delle banche, con 6.4 miliardi DB è l'istituto tedesco con la maggiore esposizione; verso le imprese spagnole ha 9.7 miliardi di crediti, e nei confronti dello stato 1.4 miliardi. Queste sono tuttavia cifre lorde. Attraverso garanzie, assicurazioni e coperture, il rischio spagnolo si riduce da 29 a 14 miliardi di Euro. Vistosa è la riduzione del rischio verso le persone private, che passa da 11.4 miliardi a 1.9 miliardi di Euro.

Anche lo stato tedesco potrebbe essere coinvolto dalla crisi spagnola. Il fondo per lo sviluppo della nazionalizzata Hypo Real Estate, la FMS Wertmanagement, a fine giugno 2011 aveva verso la Spagna crediti per 11 miliardi di Euro. Il maggiore importo è  per 9.9 miliardi di Euro verso il settore pubblico. I finanziamenti verso il settore immobiliare ammontano a 900 milioni di Euro. Per i rischi della FMS Wertmanagement garantisce il fondo statale per il salvataggio bancario Soffin.

La terza banca tedesca, la DZ Bank, alla fine del 2011 aveva crediti verso la Spagna pari a 7.6 miliardi di Euro. Le obbligazioni rappresentavano la parte principale, con una somma pari a 7.1 miliardi. 3.1 miliardi di Euro sono verso il settore pubblico, e 4 miliardi verso le imprese o le banche. La Landesbank Baden-Württemberg (LBBW) all'inizio del 2011 aveva un impegno verso la Spagna per 5.9 miliardi di Euro, 2.6 di questi verso le banche.