Adesso è ufficiale, Berlino fa finta di non capire le logiche della crisi Euro e si rifiuta di cooperare alla sua soluzione. Le prove: la risposta del governo federale ad un'interrogazione parlamentare dei Verdi. Da Flassbeck Economics.
Il 20-03-2013 il governo federale ha risposto ad una interrogazione del gruppo parlamentare dei Verdi (BÜNDNIS 90/DIE GRÜNEN) sul "Coordinamento delle politiche salariali e la riduzione degli squilibri delle partite correnti" (Lohnpolitische Koordinierung und Abbau von Leistungsbilanzungleichgewichten). La risposta, grazie a una domanda molto precisa, è sia un interessante documento sulle posizioni del governo federale, che una testimonianza delle barriere intellettuali che impediscono una soluzione pacifica dell'Eurocrisi. Il riassunto del documento è: il governo federale non è disponibile a riconoscere la logica delle relazioni macroeconomiche generali. Se questo rifiuto sia basato su tattiche elettorali e riflessioni strategiche sull'Europa oppure sia una convinzione profonda, non è dato capirlo.
Per i nostri lettori riassumiamo le 13 pagine di questo documento e le commentiamo affinché possa emergere il nostro crescente scetticismo sulla possibilità di un salvataggio della moneta unica nella sua forma attuale. L'unico raggio di luce che abbiamo potuto scorgere nella dichiarazione del governo è l'ammissione che i temi al centro dell'Eurocrisi sono gli squilibri delle partite correnti e le politiche salariali. Chi ha avviato l'interrogazione almeno avrà questo merito.
Il tema centrale della tesi governativa, con cui si puo' già mostrare la parte principale dell'inconsistenza logica, l'abbiamo menzionata nel titolo di questo contributo. E sarebbe: "Alti e persistenti deficit delle partite correnti sono piu' critici rispetto ad elevati e duraturi avanzi correnti". Da un punto di vista microeconomico l'affermazione puo' essere spiegata solo se si considerano i paesi come singole persone all'interno di un mondo piu' grande fatto anche di altri individui. Sempre da un punto di vista microeconomico è chiaro che un risparmiatore non avrà mai un problema sul mercato dei capitali in quanto sarà considerato solvibile. Non avendo vissuto al di sopra dei propri mezzi, il risparmiatore non potrà essere accusato di aver causato una crisi di debito. Soprattutto egli è in condizione di generare un reddito cosi' alto, da poterne mettere da parte una parte per i periodi piu' difficili. Si suppone che economicamente non gli sia andata male.
Al contrario, da un punto di vista microeconomico, un debitore puo' finire in difficoltà per i suoi debiti quando la solvibilità viene meno oppure quando nessuno crede piu' alla sua capacità di ripagare i debiti, fatto che puo' avere a che fare con il livello di indebitamento raggiunto. Fare debiti significa vivere al di sopra dei propri mezzi, spendere piu' di quanto si incassi, oppure consumare piu' di quanto il proprio reddito possa permettere. Da un punto di vista microeconomico, vivere al di sopra dei propri mezzi in maniera duratura porta alla creazione di debito. E dal suo comportamento dipende anche il fatto che un giorno i suoi debiti saranno cosi' alti che nessuno vorrà piu' prestargli denaro. Il debitore non avrà avuto un successo economico tale da potersi garantire lo standard di vita che si era scelto.
Per il governo federale, senza alcun dubbio, i "buoni risparmiatori" sono i paesi con un avanzo delle partite correnti mentre i "cattivi debitori" i paesi con un disavanzo delle partite correnti. Da un punto di vista puramente contabile è infatti vero che un saldo positivo delle partite correnti aumenta la posizione attiva verso l'estero, mentre un disavanzo corrisponde ad un aumento dei debiti. Se consideriamo i singoli paesi come se fossero dei risparmiatori, sia che si tratti di fare avanzi o disavanzi delle partite correnti, secondo questa logica microeconomica sarà subito chiaro di chi è la colpa quando ci saranno problemi di bilancia dei pagamenti e conseguenti problemi di stabilità: il debitore, vale a dire il paese con il persistente disavanzo delle partite correnti. Per questa ragione, alti e persistenti deficit delle partite correnti devono essere valutati in maniera piu' critica rispetto ai corrispondenti avanzi delle partite correnti. E per questa ragione nel “Six-Pack" del 2011, a entrambe le forme di squilibrio sono state assegnate diverse soglie di allarme: sulla media degli ultimi 3 anni i deficit delle partite correnti sono considerati un pericolo se superano il 4 % del PIL, gli avanzi solo se superiori al 6 % del PIL.
La risposta del governo alla domanda sulla responsabilità tedesca negli squilibri delle partite correnti degli stati EMU è la seguente: "gli avanzi delle partite correnti devono essere considerati non problematici, quando - come nel caso della Germania - sono il risultato di un elevato livello di competitività delle imprese in mercati mondiali altamente concorrenziali". Di conseguenza il governo considera un obiettivo chiave del processo di aggiustamento concordato dalla Troika con i paesi membri "il miglioramento della competitività e della performance economica, in particolar modo dell'export". Tradotto nella logica microeconomica, questo significa che tutti dovranno diventare risparmiatori.
Come cio' debba essere raggiunto ce lo spiega sempre il governo federale: poichè "il problema centrale per la competitività dei paesi in crisi...è stata una dinamica salariale non sufficientemente orientata allo sviluppo della produttività", "le riforme del mercato del lavoro concordate con i paesi in crisi...fra l'altro hanno l'obiettivo della flessibilizzazione del salario, che in futuro dovrà essere orientato allo sviluppo della produttività. Questo è un requisito fondamentale per garantire l'occupazione e aumentarla".
Potrebbe sembrare in qualche modo coerente, ma non lo è. Il modo piu' semplice per capirlo, è considerare la specularità degli avanzi e dei deficit delle partite correnti. La loro somma (in tutto il mondo) deve essere sempre pari a zero. Nella trattazione microeconomica non sembra cosi' chiaro poiché si pensa sempre ad un singolo risparmiatore e ad un singolo debitore. Non si riflette abbastanza sul fatto che se il mondo fosse composto da un solo risparmiatore e da un solo debitore, uno non potrebbe risparmiare, se l'altro non si indebitasse. Se qualcuno vuole vivere al di sotto dei propri mezzi, ha bisogno di qualcuno che voglia vivere al di sopra dei propri mezzi. Se il risparmiatore non trova qualcuno cosi', allora o non potrà risparmiare (dovrà consumare tutto il reddito da sé) oppure dovrà necessariamente cambiare il proprio comportamento.
E poiché questa logica macroeconomica, a dispetto di tutte le categorie morali usate come "debitore" e "vivere al di sopra dei propri mezzi", non potrà essere abrogata allo stesso modo in cui non puo' esserlo la forza di gravità su questa terra, la trattazione microeconomica, secondo la prospettiva della "casalinga sveva" è necessariamente fuorviante, se si ha l'intenzione di risolvere la crisi Euro.
Una difesa degli avanzi commerciali, definiti come "non problematici" poiché basati sulla competitività, è semplicmente assurda, in quanto tautologica. Su cos'altro dovrebbero basarsi gli avanzi commerciali? L'accresciuta competitività di un paese nei confronti dei suoi vicini puo' essere dovuta a piu' fattori, ad esempio un aumento della produttività che non si è trasferito in maniera completa sui salari reali, oppure al dumping salariale, al ricatto dei fornitori, alla corruzione, all'evasione fiscale oppure ad altri fattori che tengono i prezzi piu' bassi rispetto ai paesi concorrenti.
Oppure si verifica perché un paese si è attenuto all'obiettivo standard di inflazione dell'unione monetaria, ma un altro membro non lo ha fatto. Allora, e solo allora, questa competitività relativa e i conseguenti avanzi commerciali potranno essere in qualche modo giustificati. E quel membro dell'unione monetaria potrà argomentare: sono stati gli altri membri che avrebbero dovuto con la loro politica salariale attenersi all'obiettivo di inflazione concordato.
Il mantenimento di un obiettivo di inflazione in sé non ci dice se il livello di competitività verso l'estero è giusto oppure no. Non ci dice nulla sui mezzi con cui l'inflazione obiettivo è stata raggiunta, se questi sono corretti o meno. Se ad esempio in un paese si applica il dumping salariale, oppure se le imprese private devono pagare tangenti per tenere le fabbriche aperte e nonostante cio' i prezzi dei prodotti salgono coerentemente con l'obiettivo di inflazione e il paese resta competitivo. La società di questo paese ha tuttavia un problema di redistribuzione e di giustizia sociale al proprio interno.
Una divergenza fra la competitività di alcuni paesi che rispettano gli obiettivi e altri che non lo fanno, non puo' essere "Non problematica". Poiché inevitabilmente il problema del debito prima o poi emergerà. Ma cio' puo' accadere solo quando la banca centrale dell'unione monetaria dorme. Poiché non appena si percepisce che ci sono due tipi di paesi, quelli che mantengono i loro obiettivi di inflazione, e altri che restano al di sopra, sarà chiaro che il tasso di inflazione fissato collettivamente non viene rispettato. E allora si dovrebbe intervenire con una politica dei tassi orientata alla stabilità, in modo da evitare tali divergenze permanenti.
Ma il costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP) tedesco è di circa il 20% inferiore rispetto agli obiettivi della BCE e inferiore rispetto al CLUP dei paesi in crisi, che in parte sono già impegnati in un processo deflattivo con tutti gli effetti catastrofici sulla rispettiva domanda interna. Se i paesi in crisi vogliono uscire dalla loro posizione di indebitamento per poter tornare un giorno sul mercato dei capitali, dovranno smetterla di accumulare ulteriori disavanzi delle partite correnti, riportandole in territorio positivo. Vale a dire ripagare i loro debiti esteri. Questo richiede pero' necessariamente che gli altri paesi, preferibilmente quelli che fino ad ora sono stati in avanzo, facciano dei deficit.
In questo scenario è privo di ogni logica economica il fatto che la Germania difenda i suoi avanzi commerciali e si opponga alle sanzioni, come accaduto nel trattamento asimmetrico dei deficit e dei disavanzi nel "Six-pack". Quanto alla fine sia contradditoria la posizione del governo lo si puo' vedere anche nel documento ufficiale in questione, laddove si cita un'analisi della Commissione Europea e un rapporto mensile della Deutsche Bundesbank: da una parte si dice che un aumento dei salari tedeschi non causerebbe necessariamente un peggioramento delle partite correnti tedesche, o addirittura un loro miglioramento, dall'altro si dice che nei paesi in crisi lo sviluppo dei salari nominali non collegato alla produttività è stata la causa principale per la loro bassa campetitività.
Se tutta l'Europa dovesse copiare la strategia tedesca, come del resto il governo federale spera apertamente, la mancanza di una logica prima o poi verrà fuori. Non tutti i paesi potranno migliorare la loro competitività. La competitività - non lo si ripete mai abbastanza - è un concetto relativo. Fare finta di credere che tutti possano emulare la Germania è irresponsabile perchè cio' porterà a dei duri conflitti con i paesi che già ora stanno facendo degli sforzi, e che presto capiranno che questi sforzi non hanno portato a nulla.
La Cancelliera nel suo discorso a Davos del 24 gennaio ha sostenuto che l'Europa nel suo complesso dovrà diventare piu' competitiva, e cio' significa che l'Europa e l'unione monetaria nel lungo periodo dovranno accumulare degli avanzi commerciali con il resto del mondo. Ma tutto cio' è falso, e lo abbiamo detto piu' volte: il resto del mondo avrà sempre la possibiltà di svalutare la propria moneta nei confronti dell'Euro. E di questa possibilità farà sicuramente uso se dovesse trovarsi a rischio di una crisi di debito come accaduto ai pesi del sud Europa. Anche questo tema monetario, non è difficile prevederlo, ci terrà occupati ancora per molto tempo.