NachDenkSeiten.de intervista Mag Wompel, giornalista, sociologa ed attivista sindacale, impegnata nella difesa dei diritti dei lavoratori interinali.
Fra i meccanismi che nel nostro paese favoriscono l'impoverimento e la diffusione della miseria, accanto ad Hartz IV, c'è soprattutto il cosiddetto lavoro in affitto (Leiharbeit), con il quale i lavoratori vengono dati in affitto, come se fossero merci, e spesso sono costretti a vivere in condizioni precarie e in povertà. Nonostante la posizione espressa dalla confederazione sindacale DGB, stesso salario per lo stesso lavoro, c'è da temere che anche la prossima tornata di contrattazione collettiva non cambi la situazione. Intervista alla giornalista e attivista sindacale Mag Wompel.
Frau Wompel, abbiamo già parlato piu' volte della logica disumana di Hartz IV, e del fatto che con Hartz IV le élite abbiano aperto il fuoco automatico sui salariati. Quali sono le conseguenze concrete?
Io preferisco parlare di leggi Hartz, poiché l'Agenda 2010, in tema di politica sociale e del lavoro, non si è occupata solamente di ridurre i diritti dei disoccupati, al suo interno contiene infatti anche norme di deregolamentazione massiccia, ad esempio per quanto riguarda il lavoro interinale. Si tratta di un elemento particolarmente significativo in quanto i lavoratori possono essere messi sotto pressione con due morse: da un lato la paura della disoccupazione, dall'altro la paura dell'impoverimento e della privazione dei diritti nei periodi di disoccupazione.
Vorrei ribadire che nel nostro paese ci sono circa 5 milioni di persone che non possono vivere del loro salario e che per questo devono chiedere un sussidio Hartz IV. Detto diversamente, e considero questo punto importante, le aziende possono permettersi di pagare uno "stipendio" insufficiente per vivere. Prima, in queste condizioni, dovevano presentare istanza di fallimento, oggi al contrario fanno degli extra-profitti. Perchè? Perché noi lavoratori paghiamo una parte dei loro costi del personale. L'economia di mercato funziona in maniera splendida - soprattutto per il capitale, perché il rischio d'impresa è a carico delle vittime del sistema.
Questa crescita massiccia della dipendenza dal salario è stata agevolata anche dalla condotta dei sindacati, sotto l'influenza del "feticcio del lavoro", come lo chiamo io: per loro "qualsiasi posto di lavoro" era molto piu' importante, ad esempio, della qualità della vita. E anche oggi, dopo molti anni, motivano la loro ridotta capacità di mobilitazione ripetendo che le leggi Hartz IV ne sarebbero la vera causa: tagli salariali, povertà, intensificazione del lavoro, straordinari non pagati, enormi disturbi da stress - tutto cio' per molti è sempre meglio dello spettro di Hartz IV.
E la situazione continua a peggiorare, perché una volta che la ricattabilità dei salariati è stata riconosciuta, non è facile levarsela di dosso. E non dobbiamo dimenticarlo: in piu' di 10 anni di leggi Hartz, oltre 10 milioni di persone sono entrate nell'inferno dei Jobcenter come clienti.
Lei parla del lavoro in affitto come di un elemento molto importante in questo contesto. Che cosa si intende per lavoro temporaneo - e come si è sviluppato nel nostro paese?
Legalmente si parla di lavoro temporaneo per nascondere il fatto che le persone sono date in affitto come se fossero merci: da un prestatore ad un altro che le prende in prestito. Noi invece preferiamo parlare di moderna "tratta degli schiavi". E come in ogni commercio anche qui alla fine ci deve essere un guadagno, che infatti i lavoratori interinali pagano con un salario che è fino al 40% inferiore rispetto a quello dei dipendenti a tempo indeterminato.
La diffusione dei bassi salari anche nel settore del lavoro interinale favorisce sempre piu' una sostituzione dei lavoratori fissi con i lavoratori temporanei. Molte aziende hanno un loro bacino di lavoratori da cui attingono. Quello del lavoro in affitto è stato un settore relativamente stabile e di nicchia fino al 2003: nel 1996 i lavoratori temporanei erano 177.935 mentre nel 2003 erano saliti a 327.789. Hanno continuato a crescere fino a triplicare nel 2011, mentre alla fine del 2016 gli interinali saranno probabilmente piu' di un milione.
Possiamo dire che senza il consenso dei sindacati non ci sarebbe stato il boom del lavoro in affitto?
La risposta piu' semplice è si'. Ma da un lato bisogna anche aggiungere che il lavoro temporaneo non è la sola forma di precarizzazione. La precarizzazione, in quanto condizione di vita e di lavoro non sicura e non pianificabile, inizia con i contratti di lavoro a tempo determinato, passa attraverso le clausole tariffarie diversificate e finisce con i contratti d'opera. Gli ultimi dati disponibili ci dicono che nel 2014 i contratti collettivi si applicavano solo al 45 % degli occupati.
Per i lavoratori a tempo quali sono gli elementi piu' negativi in questa situazione?
Possiamo dire che cosi' come i disoccupati e i migranti sono utilizzati contro la forza lavoro per ottenere rinunce salariali e peggiori condizioni, i lavoratori interinali svolgono lo stesso ruolo all'interno delle aziende nei confronti degli occupati stabili, a volte sono usati anche come "crumiri".
Il lavoro temporaneo non ha una buona reputazione, ed è normale che sia cosi'. I lavoratori interinali spesso non hanno un'alternativa, in quanto la maggioranza delle posizioni aperte sono nel lavoro interinale e i Jobcenter le propongono ai disoccupati sotto la minaccia di sanzioni. Fino al 40% di salario in meno - con una forte differenziazione a seconda del settore - spesso senza alcun elemento salariale accessorio aggiuntivo e meno diritti. Dei loro pochi diritti la maggior parte non sa nulla, oppure se li conoscono vi rinunciano volontariamente, per paura di perdere il lavoro.
Dalle aziende sono considerati come un fattore per la riduzione del costo del lavoro, fanno paura ai lavoratori dipendenti stabili e in piu' sono un carico di lavoro aggiuntivo perché ogni volta devono ricevere la formazione necessaria. L'economia del lavoro temporaneo al contrario vive di queste differenze salariali e dell'arte di sottrarre una parte del salario alle sue vittime. Anche la nuova legge sui contratti a tempo non cambierà molto.
Vuole aggiungere un'ultima parola?
Per uscire dalla trappola della ricattabilità di ogni posto di lavoro, che di fatto spinge i sindacati a considerare ogni lavoro temporaneo qualcosa che è sempre meglio della disoccupazione, dovremmo modificare il centro della nostra attenzione. L'immenso settore a basso salario, la diffusione della povertà fra i lavoratori, le divisioni che ci paralizzano, si fondano sull'accettazione su larga scala e a qualsiasi prezzo della dipendenza da un lavoro salariato.
I sindacati, e non solo, hanno perso di vista il fatto che il lavoro ha un senso sociale solo quando riesce a garantire le funzioni di sostentamento e di socializzazione e i suoi frutti hanno un'utilità sociale. Sappiamo che cio' molto spesso non accade. Perché allora non rimettiamo al centro la qualità della vita, e non iniziamo a valutare la qualità del lavoro secondo questo parametro?